Le vie dei Carden

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Le Vie dei

guida naturalistica al percorso

CARDEN


Si ringrazia per la collaborazione nella revisione delle bozze: Mauro Canziani, Enrico Jacomella, Paolo Raineri

Coordinamento editoriale: Eleonora Mercuri Legambiente Lombardia Testi: Eleonora Mercuri Progetto grafico: Mottarella Studio Grafico www.mottarella.com Fotografie: Lodovico Mottarella Š2009


Le Vie dei

CARDEN

guida naturalistica al percorso

Un percorso lungo territori un tempo battuti da pastori, emigranti e contrabbandieri. Angoli di natura selvaggia e un susseguirsi di ambienti diversi, ricchi di un patrimonio architettonico unico e da salvare: i Carden.


Guida alla lettura Nell’ambito del progetto di cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Svizzera 20072013 “Le Vie dei Carden” è stata realizzata questa guida naturalistica con l’intento di informare e sensibilizzare gli amministratori locali, i cittadini e gli escursionisti che percorreranno questo trekking sulle sue caratteristiche ambientali e sull’importanza di tutelare e valorizzare in chiave turistica la natura di questi luoghi. Come premessa e prima di affrontare, tappa per tappa, le Vie dei Carden, la guida offre al lettore alcuni spunti di riflessione su tematiche ambientali di stringente attualità che vedono le Alpi al centro dell’attenzione e che devono essere portate alla conoscenza di tutti. La catena alpina è un territorio unico, a livello globale, per la sua ricchezza ambientale; contemporaneamente rappresenta anche un’area strategica in termini economici e politici, in un difficile equilibrio tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente. Per questo motivo non può mancare oggi una consapevolezza diffusa di questa ricchezza e di ciò che la minaccia, così da mettere in campo modelli di sviluppo adeguati: la Convenzione delle Alpi è il primo strumento da utilizzare, a livello internazionale, per l’attuazione di una moderna politica dello spazio alpino.

Venendo al trekking, la guida illustra gli elementi più interessanti dell’itinerario dal punto di vista naturalistico, aspetti che passano spesso inosservati oppure vengono semplicemente dati per scontati. Ma non deve essere così: dobbiamo riabituarci ad ammirare e godere della straordinaria bellezza della natura, anche laddove essa è severa, apparentemente modesta o trasformata dalle attività dell’uomo. I numerosi carden disseminati lungo il percorso,


La Convenzione delle Alpi

testimonianza della tradizionale architettura rurale di questi territori, cattureranno per primi la nostra attenzione, ma subito dopo non dovremo dimenticarci di rivolgere lo sguardo alla cornice che li contiene: saremo al cospetto di alcuni tra i paesaggi più suggestivi delle Alpi. La guida propone infine un decalogo di azioni ad uso e consumo degli escursionisti che si cimenteranno su questa come su altre vie alpine: piccoli gesti concreti da mettere in pratica per andare in montagna in sicurezza e nel rispetto dell’ambiente. Buon cammino!

La Convenzione delle Alpi è il primo accordo internazionale per la protezione e la promozione dello sviluppo sostenibile di una regione di montagna transfrontaliera. Essa mira a salvaguardare l’ecosistema naturale delle Alpi e a promuovere lo sviluppo sostenibile dell’area, tutelando al tempo stesso gli interessi economici e culturali delle popolazioni residenti nei paesi aderenti. La Convenzione delle Alpi è un passo verso il riconoscimento delle Alpi quale spazio unitario in una prospettiva globale, ovvero uno spazio caratterizzato dall’insieme e dall’interdipendenza di natura, economia e cultura, le cui diverse specificità si traducono in un’unica identità che richiede una tutela sopranazionale. Le Parti contraenti - Germania, Francia, Italia, Liechtenstein, Monaco, Austria, Svizzera, Slovenia e Unione Europea - si impegnano ad attuare una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole.


Le grandi tematiche ambientali delle Alpi I cambiamenti climatici Il paesaggio rurale alpino è caratterizzato da rilievi orografici talora estremi, forti sbalzi climatici ed ecosistemi molto delicati. Tutte queste peculiarità fanno si che le conseguenze dei cambiamenti climatici, in atto in tutto il Pianeta, si manifestino nel territorio alpino a ritmi molto più sostenuti e con effetti più visibili che altrove. Il ritiro dei ghiacciai, che è uno dei segnali più evidenti e leggibili dei cambiamenti in atto, causerà non solo problemi ecologici ma anche economici, dato il venir meno delle riserve idriche e la perdita della componente paesaggistica che tanto ha favorito il turismo alpino. Metà dei ghiacciai originari si sono già sciolti dal 1850 ad oggi e pochissimi sopravviveranno al 21° secolo. Meno neve e più pioggia caratterizzeranno gli inverni del futuro, il limite della neve sicura si alzerà sempre di più e nel 2050 si porterà a 1500 m s.l.m. con una parallela riduzione della durata della stagione con copertura nevosa. Contemporaneamente cambierà il volto dell’ambiente alpino, con l’innalzamento del limite del bosco e la trasformazione degli habitat. Questi cambiamenti non coinvolgeranno solo la sfera ecologica ed economica, ma genereranno anche problemi sociali in tutto lo spazio alpino.

La biodiversità 80 specie di mammiferi, 400 di uccelli, 21 di anfibi, 15 di rettili, 80 di pesci, 4500 specie di piante ed oltre 8000 di muschi, licheni e funghi fanno delle Alpi un autentico scrigno di vita, che per collocazione geografica - tra l’Europa continentale e il Mediterraneo - è unico al mondo. Tanta ricchezza è strettamente legata ad un tradizionale modello di sviluppo che ha plasmato nei secoli una notevole diversità di ecosistemi dai quali gli straordinari livelli di biodiversità tuttora dipendono. Il patrimonio naturale che caratterizza le Alpi non è dunque slegato dalla storia delle comunità locali, bensì è il risultato di una coevoluzione, fortemente influenzata dalle particolari caratteristiche ambientali e dalle complesse dinamiche socio–economiche che hanno interessato l’Europa centro-meridionale. L’attuale patrimonio di biodiversità è il risultato di un modello di sviluppo tramontato, oggi alla ricerca di una nuova identità. Dalla capacità di individuare un percorso in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con le ragioni dell’economia e la valorizzazione della specificità alpina dipende anche il futuro della biodiversità delle Alpi.


I grandi carnivori Dopo quasi un secolo dalla scomparsa dei grandi carnivori da gran parte del territorio alpino, dopo oltre mille anni di persecuzioni sul piano materiale e simbolico-culturale, sono ora in corso importanti dinamiche di riconquista dello spazio alpino. L’Orso bruno, al centro di un ambizioso programma di rilascio nel Parco Adamello Brenta, la Lince, grazie ad un programma di traslocazione in Svizzera, e il Lupo nell’ambito di spostamenti spontanei che muovono sia dalle Alpi occidentali sia dalle Alpi orientali, si stanno nuovamente affacciando ai territori montuosi della Lombardia. Le Alpi, insieme alle altre catene montuose del vecchio continente, costituiscono gli ultimi territori in Europa nei quali questi fenomeni sono ancora possibili, grazie ad una diffusa idoneità ambientale e ad una storia culturale che vive in stretta continuità con luoghi e tempi nei quali la convivenza tra uomo e grandi carnivori costituiva la quotidianità. L’intera comunità è dunque chiamata a costruire le condizioni per una nuova convivenza, basata sulla consapevolezza del valore biologico, culturale, estetico ed economico rappresentato dal ritorno dei grandi carnivori sulle più alte montagne d’Europa.

Il turismo sostenibile Le Alpi si presentano oggi come un laboratorio dove progettare e tradurre in realtà nuove modalità ed esperienze di viaggio che rispondano da una parte ai nuovi gusti e tendenze del mercato e dall’altra alla necessità di confezionare per i turisti un’offerta nuova, diversificata e ambientalmente sostenibile. È evidente il bisogno di mettere in campo proposte alternative e complementari a quella rappresentata dallo sci da discesa, un’industria traino che ha storicamente contribuito al successo delle Alpi quale destinazione turistica, ma che ha al contempo pesantemente modificato i suoi habitat. Fare turismo sostenibile significa partire dal territorio, rimettendo la qualità e la naturalità dei luoghi al centro dell’offerta, con la convinzione che un paesaggio intatto e interessante rappresenterà, anche in futuro, la maggiore risorsa su cui puntare. Le idee da sviluppare possono essere varie e molteplici e si basano su un approccio responsabile alla montagna e un atteggiamento di riscoperta dei luoghi: attraverso la pratica di sport dolci, il turismo rurale e d’alpeggio, il turismo storicoculturale e naturalistico e quello delle eccellenze enogastronomiche.


Inquadramento geografico Tra Italia e Svizzera, in posizione centrale nell’arco alpino, là dove le Alpi Occidentali incontrano quelle Orientali e le Alpi Lepontine si fondono con le Retiche, si snoda il percorso delle Vie dei Carden, che intercetta antiche vie di comunicazione e attraversa tre importanti valli, Val Mesolcina, Val San Giacomo (Spluga) e Val Bregaglia, accomunate da caratteristiche ambientali, storico-culturali e soprattutto architettoniche.

Il filo conduttore del percorso, da cui prende il nome, sono i carden, antichi edifici rurali costruiti con tronchi d’abete, larice o castagno, sovrapposti e incardinati ad incastro al loro estremo, utilizzati tanto come dimore che come stalle e fienili. La loro diffusione nell’arco alpino risale almeno all’età del bronzo: il nome Carden, assunto presso di noi, deriva dal latino ‘opus cardinatum’ poiché le travi sovrapposte sono tra loro ‘incardinate’ presso il loro estremo. Vitruvio lo descrive come “turris ex hac materia [lignea] alternis trabibus trasversis uti pyra inter se composita” [“torre (edificata) con questa materia (lignea) come pira intrecciata alternando travi trasverse”]. In tedesco questa


Percorrendo le Vie dei Carden si incontrano decine e decine di edifici costruiti con questa tecnica, alcuni dei quali conservati nei secoli, altri frutto di sapienti restauri conservativi, altri ancora in stato di disfacimento o recuperati alterandone la struttura originaria. Le Vie dei Carden sono percorsi escursionistici con un itinerario principale e alcune varianti secondarie (non presentate in questa guida), necessarie

foto archivio MUVIS

Il percorso

struttura viene definita Blockbau (costruzione a blocco). Questa tecnica costruttiva ha origini autoctone e si può dire rappresentasse in qualche modo una forma spontanea di bioarchitettura in quanto usava solo i materiali forniti dal territorio: legno e pietra. Nei carden ad uso civile veniva usato anche il muschio, che interposto come coibente tra le travi assicurava un ottimo isolamento termico. Questa architettura rappresenta oggi un’eredità del passato essendo stata in gran parte sostituita da nuove modalità costruttive.

per includere tutti i più significativi nuclei o esemplari di carden esistenti nel territorio. Muovendosi in direzione Ovest-Est l’itinerario parte da Mesocco, in Val Mesolcina, da dove due distinti percorsi condurranno fino a Campodolcino, in Val San Giacomo, prima tappa del trekking. Da qui si prosegue potendo scegliere tra un sentiero in quota, per escursionisti esperti ed allenati, e uno relativamente meno impegnativo a mezza costa fino all’abitato di Chiavenna e alla Val Bregaglia, da dove si prosegue lungo un sentiero panoramico che condurrà infine al paese di Stampa, punto d’arrivo del cammino.


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da Mesocco a Campodolcino da Pian S. Giacomo a Campodolcino da Campodolcino a Gualdera da Gualdera a Loreto da Gualdera a Savogno da Loreto a Savogno da Savogno a Soglio da Soglio a Stampa

T turistico E escursionistico EE escursionistico per esperti

foto archivio San Bernadino Vacanze

Le tappe


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da Mesocco a Campodolcino Partenza: Mesocco 769 m Arrivo: Campodolcino 1071 m Quota massima: bocchetta della Val Sancia 2581 m Livello escursionistico: EE Tempo di percorrenza: 8 ore Ambienti: prateria alpina, bosco di conifere

L’escursione parte da Mesocco e sale, lungo sentieri ben percorribili ma di una certa pendenza, fino all’Alpe di Barna e da qui alla bocchetta della Val Sancia. Dopo aver superato 2000 metri di dislivello inizia la discesa nella Valle di Starleggia, che condurrà prima all’Alpe di San Sisto, poi, superando Starleggia e Splughetta, a Campodolcino.

Pian dei Cavalli Altopiano calcareo, compreso tra i 2000 e i 2200 metri di altitudine, costituito in prevalenza da suoli basici colonizzati da specie protette quali le nigritelle e le stelle alpine. Ambiente caratterizzato da fenomeni carsici superficiali e dal Buco del Nido, grotta d’ingresso ad un sistema carsico di circa 4 km di sviluppo e 130 metri di dislivello. Il Pian dei Cavalli è anche un importante sito archeologico dove sono state rinvenute tracce di frequentazioni umane risalenti a 10.000 anni fa.

La Marmotta La Marmotta è il più grande roditore delle Alpi. Conduce una vita caratterizzata da fasi di attività diurne estive all’aperto e fasi di riposo notturne e invernali all’interno di rifugi sotterranei. Il periodo del letargo è influenzato dal sistema endocrino, da fattori meteorologici nonché dall’altitudine e dall’esposizione delle tane. Per osservare le marmotte è sufficiente farsi guidare dai forti fischi - udibili anche a grande distanza - che risuonano sulle praterie alpine: gli animali saranno facilmente individuabili in piedi, non lontani dagli ingressi delle tane.


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da Pian San Giacomo a Campodolcino Partenza: Pian San Giacomo 1203 m Arrivo: Campodolcino 1071 m Quota massima: Passo del Baldiscio 2353 m Livello escursionistico: E Tempo di percorrenza: 6 ore Ambienti: prateria e laghi alpini, bosco di conifere, torbiere

Da Pian San Giacomo, frazione di Mesocco, il sentiero sale lungo un ripido pendio fino al confine italo-svizzero e all’ampia e panoramica sella del Passo del Baldiscio. Superato il passo inizia la discesa lungo la quale si incontrano il Laghetto del Mót, il Lago Grande e l’Alpe Borghetto. Proseguendo lungo la Val Febbraro si giunge all’abitato di Isola e da qui, per la storica Via Spluga, a Campodolcino.

Val Febbraro

Ultima importante convalle sulla destra orografica della Val San Giacomo. Con andamento Est-Ovest parte da Isola e termina sul crinale spartiacque con la Val Mesolcina, e rappresenta una “bretella” naturale che permette di collegare facilmente due importanti vallate ed i loro strategici passi: San Bernardino e Spluga. Le testimonianze della presenza dell’uomo preistorico in Val Febbraro sono abbastanza numerose, specialmente nei pressi di Borghetto, piccolo nucleo alpestre posto circa a metà della valle e stazione probabilmente usata da tempo immemorabile per la pastorizia e come punto di sosta nei transiti. Dal punto di vista naturalistico la Val Febbraro si contraddistingue per l’abbondanza d’acqua che scende dalle cime tutto intorno e forma una cascata alla soglia della valle e per i diversi ambienti che vi si incontrano: radure di rododendri, fitte pinete, pascoli, praterie alpine dai 1900 metri dell’alpe Borghetto, fino ai laghi e alle zone umide dello spartiacque.


da Campodolcino a Gualdera

Partenza: Campodolcino 1071 m Arrivo: Gualdera 1420 m Quota massima: Gualdera 1420 m Livello escursionistico: T Tempo di percorrenza: 2 ore Ambienti: bosco misto di larici, pini e abeti, zona umida del Lägh de la Marsciüra

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Con partenza dal MuVis, il museo etnografico di Campodolcino in località Corti, il cammino riprende e lasciato sulla destra il vecchio ponte in pietra, detto “Romano”, sale attraverso il sentiero della Caurga fino all’abitato di Fraciscio. Da qui prosegue nell’ultimo tratto fino alla frazione di Gualdera.

La Caurga della Rabbiosa Profonda gola intagliata tra strapiombanti pareti in cui il torrente Rabbiosa precipita da Fraciscio a Campodolcino in una straordinaria successione di pozze, cascate e marmitte fluviali. In un ambiente naturale e incontaminato, benché vicino agli abitati, il tratto di sentiero di visita alla forra consente di ammirare una bella cascata, che costituisce il punto terminale della Caurga. Per le sue valenze naturalistiche e ambientali la Regione Lombardia ha istituito nel 2002 il Monumento Naturale “Caurga del Torrente Rabbiosa”.


da Gualdera a Loreto Partenza: Gualdera 1420 m Arrivo: Loreto 330 m Quota massima: Ávero 1678 m Livello escursionistico: E Tempo di percorrenza: 7 ore Ambienti: bosco misto di conifere e latifoglie, vigneti residuali nel tratto terminale

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Da Gualdera si sale verso Bóndeno e il Motto di Bóndeno, da dove un agevole sentiero a mezza costa conduce ad Ávero, nell’omonima valle. Attraversato il paese si imbocca un lungo traverso che conduce dapprima al panoramico Mótto, poi alla suggestiva ma impegnativa Val Zerta, superata la quale si sbuca sull’oasi prativa dell’Alpe Olcera. Da qui si prosegue con un percorso agevole e ben marcato verso il borgo di Dalò, scendendo poi, ormai in Val Bregaglia, fino a Pianazzola e infine a Loreto, grossa frazione sopra Chiavenna.

Cervi, caprioli e camosci Non è raro osservare nelle prime ore del mattino o nelle ultime ore della sera, appena prima del tramonto, piccoli gruppi di camosci pascolare tranquilli oltre il limite degli alberi o caprioli uscire silenziosi allo scoperto nelle piccole radure avvolte dai boschi. In autunno i possenti bramiti dei cervi garantiscono uno spettacolo straordinario. I maschi - impegnati a dimostrare la loro forza fisica a femmine e a rivali - sono più facilmente osservabili, tanto da costituire localmente importanti attrazioni turistiche.

Val Zerta Minuscola e scoscesa valle del versante orografico sinistro della Val San Giacomo, accessibile solo dal sentiero di mezza costa proveniente da Ávero, direzione nord-sud, o dall’Alpe di Olcera, direzione sud-nord. Ambiente severo di pareti e spaccature, di gole e rada vegetazione aggrappata alle asperità, la Val Zerta, per la sue caratteristiche naturali e per la sua importanza nella conservazione della biodiversità alpina, è stata catalogata tra i Siti di Interesse Comunitario (SIC) della provincia di Sondrio.


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da Gualdera a Savogno Partenza: Gualdera 1420 m Arrivo: Savogno 932 m Quota massima: Passo D’Ávero 2332 m Livello escursionistico: EE Tempo di percorrenza: 10 ore Ambienti: bosco misto di conifere, pascolo e laghi alpini, valanga di roccia, bosco misto di latifoglie nel tratto finale

Fino ad Ávero vale l’itinerario n° 4. Da qui il percorso sale ancora fino al Passo d’Ávero da dove un lungo traverso porta sopra Piangesca per poi iniziare la graduale discesa fino al laghetto omonimo e al più ampio Lago dell’Acquafraggia. Un sentiero dapprima su pendii scoscesi poi attraverso i pascoli pianeggianti dell’Alpigia condurrà infine al borgo di Savogno.

Lo Stambecco alpino Lo Stambecco delle Alpi è un ruminante appartenente al genere Capra, riconoscibile per via dell’aspetto compatto e del collo corto adatto a sostenere corna permanenti lunghe e pesanti, soprattutto nei maschi. Il suo ambiente tipico sono le pareti rocciose, frammiste a prati, poste oltre il limite della vegetazione arborea e i ripidi pendii sino all’orizzonte nivale. Lo stambecco è un arrampicatore capace di straordinarie acrobazie sulle rocce e sulle pietraie di alta montagna grazie alle corte zampe dotate di zoccoli larghi ed elastici.

L’Aquila reale L’Aquila reale è un simbolo delle Alpi incontaminate e selvagge, che costituiscono un’area chiave per la tutela della specie in Europa. E’ possibile osservarla oltre il limite del bosco, dove spesso caccia marmotte, piccoli ungulati, volpi e pernici bianche. Non è raro osservare il maestoso rapace inseguito da corvi imperiali o da rapaci come il Gheppio e la Poiana. Il fenomeno è chiamato “mobbing” e consiste nel disturbo di un predatore da parte delle potenziali prede, attive spesso in gruppo, al fine di allontanarlo dal proprio territorio.


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Da Loreto parte il tratto più dolce e accessibile delle Vie dei Carden. Abbandonata l’alta quota ci si muove dapprima ai piedi dei ripidi versanti vicini agli abitati, salendo poi a mezza costa per sentieri ben tracciati. Lasciata la frazione di Loreto il cammino si addentra sul versante orografico destro della Val Bregaglia italiana passando alle spalle degli insediamenti di San Carlo e Campedello, sale a Crana e quindi, oltre la Cànoa e attraversata l’Acquafraggia, raggiunge Savogno. Partenza: Loreto 350 m Arrivo: Savogno 932 m Quota massima: Dasile 1032 m Livello escursionistico: T Tempo di percorrenza: 4 ore Ambienti: bosco misto di latifoglie, carpini, castani, betulle e rade conifere

da Loreto a Savogno Cascate dell’Acquafraggia Il torrente dell’Acquafraggia ha origine dal Pizzo Lago a 3050 metri, spartiacque tra il Mare del Nord e il Mediterraneo. Dopo aver dato vita all’omonimo lago, supera un dislivello di 1800 metri con vari balzi; da ciò deriva il nome di origine latina “Acqua Fracta”, cioè acqua “spezzata” da cascate. Gli ultimi salti formano una doppia cascata di 170 metri presso l’abitato di Borgonuovo di Piuro, dove il torrente si getta nel fiume Mera. Dal 1984 le cascate dell’Acquafraggia sono state dichiarate dalla Regione Lombardia “Monumento Naturale”.


da Savogno a Soglio Partenza: Savogno 932 m Arrivo: Soglio 1090 m Quota massima: Lazàl 1190 m Livello escursionistico: E Tempo di percorrenza: 4,30 ore Ambienti: prati magri, castagneti, bosco misto di latifoglie e rade conifere

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Dal borgo di Savogno il cammino riprende con un itinerario a saliscendi, vario, piacevole e molto panoramico. Il sentiero attraversa maggenghi a volte semiabbandonati (Monte del Togno, Calestro), a volte ben curati (Galleggione, Valle, e Lazàl) e all’altezza del confine con la Svizzera supera la Val Lóvero, una valle profonda e selvaggia. Una volta in Svizzera si attraversa dapprima il bel terrazzo prativo di Dascciùn e si prosegue su una stradina fino a Soglio.

Il Lupo Esistono due lupi: uno è il prodotto culturale di miti e leggende secolari ed uno è un predatore in carne ed ossa. Le sorti del secondo sono state determinate dai connotati del primo, mutati nel corso della storia, anche in relazione a dinamiche culturali-religiose, economiche e sociali, fino all’estinzione sull’intero arco alpino. La recente espansione della popolazione appenninica, che nei primi anni Novanta ha permesso alla specie di fare nuovamente la sua comparsa nelle Alpi occidentali, interessa ormai anche le pendici boscose della provincia di Sondrio, dove negli ultimi dieci anni si sono concentrate buona parte dei segni di presenza della specie in Lombardia.

da Soglio a Stampa Partenza: Soglio 1090 m Arrivo: Stampa 1015 m Quota massima: Soglio 1090 m Livello escursionistico: T Tempo di percorrenza: 3 ore Ambienti: prati magri, bosco misto di latifoglie, rade conifere e zone umide

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L’ultima tappa del trekking è interamente nella Val Bregaglia svizzera. Soglio è certamente il paesino più pittoresco della valle in una posizione fantastica su un soleggiato terrazzo del fianco nord della valle da dove si gode una splendida vista sulle grandiose cime della Val Bondasca. Il sentiero scende gradualmente verso Coltura e quindi al paese di Stampa, terminando presso il Museo etnografico della Ciäsa Granda.


Val Bondasca Alle spalle del villaggio svizzero di Bondo si apre uno degli angoli più suggestivi delle Alpi, uno scenario di grande impatto emotivo, teatro di importantissime imprese della storia dell’alpinismo: la Val Bondasca. Tratto inconfondibile della valle sono le sue maestose architetture di granito, come lo spigolo lineare e perfetto del Pizzo Badile, la massa scura del Céngalo e le guglie, le fughe infinite di placche e i canaloni profondamente incisi del gruppo delle Sciore.

L’Orso bruno La Val Bregaglia viene segnalata come una delle aree certe di riproduzione della specie nelle Alpi Retiche. La cronaca fa risalire al 1899 in Val Bondasca l’ultima osservazione di Orso bruno, una femmina con due piccoli, mentre l’ultimo abbattimento accertato nella zona di Chiavenna risale al 1863, ultimo atto di un sistema di taglie che provocò da lì a poco la scomparsa della specie nelle Alpi lombarde. Negli ultimi anni sono però state registrate nuove osservazioni, dalla Bregaglia alla Val Masino, probabilmente legate all’incremento della vicina popolazione trentina oggetto di un importante programma di ripopolamento.


Decalogo per l'escursionista Munirsi di apposita cartina e di equipaggiamento adeguato Portarsi sempre una riserva d'acqua e cibo sufficiente Non abbandonare i sentieri ufficiali Non abbandonare i rifiuti in natura ma riportarli a valle Non disturbare la fauna locale e non dare cibo agli animali Non raccogliere fiori e piante appartenenti alle specie protette Non disturbare la quiete dei luoghi con rumori molesti Utilizzare quando possibile mezzi pubblici o collettivi per gli spostamenti Assaggiare piatti tipici e acquistare prodotti dell'artigianato e dell'enogastronomia locale Visitare i centri storici, i musei, i parchi e tutto quanto offre la storia locale



Info utili Mu.Vi.S.

Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo Palazz - Frazione Corti 23021 Campodolcino Tel./Fax +39 0343 50628 www.museoviaspluga.it

San Bernardino Vacanze CP 22 - 6565 San Bernardino Tel. +41 (0)91 832 12 14 Fax +41 (0)91 832 11 55 www.sanbernardino.ch

Ufficio Turistico di Campodolcino

Via Don Romeo Ballerini 2 23021 Campodolcino Tel. +39 0343 50611 Fax +39 0343 58661

Ufficio Turistico Madesimo Via Alle scuole 12 23024 Madesimo Tel. +39 0343 53015 Fax +39 0343 53782 www.madesimo.com

Consorzio Turistico Valchiavenna

Piazza Caduti della LibertĂ 23022 Chiavenna Tel. +39 0343 37485 Fax +39 0343 37361 www.valchiavenna.com

Ente Turistico Pro Bregaglia 7605 Stampa Tel. +41 (0)81 822 15 55 Fax +41 (0)81 822 16 44 www.bregaglia.ch

Rifugio Savogno

Savogno di Piuro Tel. +39 0343 34699 www.savogno.it

Legambiente Lombardia Onlus Via Mercadante 4 20124 Milano Tel. +39 02 87386480 Fax +39 02 87386487 www.legambiente.org


Stampato su carta ecologica FSC Fedrigoni


Progetto di cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Svizzera 2007-2013 “Le Vie dei Carden”

Le opportunità non hanno confini

Unione Europea Fondo Europeo di Sviluppo Regionale

Comunità Montana della Valchiavenna

Comune di Campodolcino

Comune di Madesimo

Comune di Piuro

Comune di San Giacomo Filippo


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