PARTE 1
Ai miei genitori
Amarcorderia
AMARCORDERIA Da relitto industriale ad approdo di nuove funzioni: rigenerazione dell’area periurbana dell’ex Corderia di Viserba (Rimini)
Laureanda Serena Corbelli
Relatori Nicola Marzot Paolo Iotti
Correlatore Gastone Ave
Tesi di laurea a.a. 2013-2014 Università degli Studi di Ferrara. Laurea Magistrale in Architettura
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Indice Abstract Introduzione
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...................................................Inquadramento ed Analisi 1. Consumo di Suolo
1.1 Italia Urbanizzata 1.2 Emilia-Romagna. Risorse Naturali ed Espansione Insediativa 1.3 Rimini Città Diffusa 1.4 Riscrivere il Territorio. Tra Dinamiche in Atto e Possibilità Future
2. Rimini Città
15 17 24 29 34
39
2.1 Accessibilità Urbana 2.2 Excursus. Dalle Origini al Turismo Di Massa 2.3 Strumenti Urbanistici 2.4 Rimini Venture 2027. Piano Strategico di Rimini 2.5 Una Variante al P.R.G. che Parte dal Piano Strategico
42 44 46 47 55
3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati
59
3.1 Rimini e gli Spazi Interdetti 3.2 La Pianificazione e le Aree Dismesse
63 67
4. Viserba
71
4.1 Cenni Storici 4.2 Evoluzione 4.3 La Fossa Viserba
73 80 84
5
5. Ex Corderia
91
5.1 Inquadramento 5.2 Era una Fabbrica 5.3 Dal Dopoguerra ai Giorni Nostri 5.4 P.U.A. “Ex Corderie”
93 95 106 108
6. Al di là del Muro
117
6.1 Contenuti Storici
136
7. Interventi Preliminari e Bonifiche
157
7.1 Bonifica da Ordigni Bellici 7.2 Bonifica Amianto 7.3 Bonifica del Terreno Contaminato
158 163 171
..............................................................................Progetto 8. Ripensando l’Area
173
8.1 Tra Margine e Argine: Il Periurbano 8.2 Connessioni Territoriali 8.3 Qualcosa è Cambiato 8.4 Congiuntura Attuale ed Economia Locale
175 177 179 181
9. Strategia di Progetto
189
9.1 Sinergie Autoctone 9.2 Nuove Funzioni 9.3 Strumenti e Azioni
191 192 194
10. Progetto
197
10.1 Attuazione per Stralci 10.2 Riferimenti 10.3 Idea di Progetto 10.4 Approfondimento
199 203 204 206
6
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................................................Schede di approfondimento SCHEDA 1 // ITALIA. DATI SUL CONSUMO DI SUOLO SCHEDA 2 // EMILIA-ROMAGNA. DATI SUL CONSUMO DI SUOLO SCHEDA 3 // RIMINI. DATI SUL CONSUMO DI SUOLO SCHEDA 4 // RIMINI. LE AREE DIMENTICATE SCHEDA 5 // VISERBA. LA PERIFERIA OGGI SCHEDA 6 // “SPIRITI DI OLIMPIA” SCHEDA 7 // ATMOSFERE SCHEDA 8 // ANALISI CRITICA DELLE PREESISTENZE SCHEDA 9 // IL PROGETTO
22 26 32 64 83 112 120 138 208
............................................................................................... Bibliografia
229
Sitografia
233
Elaborati Grafici
237
Ringraziamenti
263
8
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Abstract In una situazione di perdurante crisi, che si ripercuote in campo economico, sociale e
ambientale, le trasformazioni immobiliari studiate in circostanze e in tempi differenti stentano ad avviarsi. Si profilano nuove priorità, tra cui l’arresto del consumo di suolo, la rigenerazione urbana e il riuso edilizio. A Viserba, frazione di Rimini, la vasta area dell’ex Corderia giace in stato di abbandono da oltre 70 anni. Le sue strutture, romanticamente soffocate dalla natura e segnate dall’incuria, manifestano un avanzato stato di degrado. In passato l’indolenza della proprietà, la necessità di bonifiche preliminari a qualsiasi operazione, l’importanza storica della fabbrica, il vincolo di tutela apposto su sei dei suoi manufatti, le sue mura e i suoi recinti l’hanno protetta dall’abbattimento e dal cemento. Oggi la crisi e l’assenza di un programma adatto alla riattivazione dei suoi spazi ne impediscono la rigenerazione. L’abbandono dell’area periurbana diventa l’occasione per riflettere sulla riqualificazione di una zona industriale dismessa, una riserva di territorio naturale che si interpone tra città e campagna, collocata lungo la Fossa dei Mulini, in una posizione strategica per la prossimità al mare, al porto e alla stazione di Viserba. Allineando il progetto alla congiuntura immobiliare e alla politica adottata dall’Amministrazione Comunale le superfici destinate a residenziale vengono ridotte. In seguito ad un’accorta analisi del contesto, delle sue potenzialità, degli interessi dei cittadini e dei turisti, con l’attenzione rivolta al Piano Strategico di Rimini, lo spazio naturale che corre lungo il pennello d’acqua si dipinge come idoneo ad ospitare funzioni aggregative, produttive, creative e didattiche. Nel suo cuore trova spazio un centro enogastronomico e tessile, un luogo in cui formazione, produzione, promozione e socialità si intrecciano, tra la nuova architettura e l’esistente recuperato, tra i ruderi ed una cornice ambientale che valorizza e viene valorizzata dall’intervento.
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Introduzione O
ggi il patrimonio immobiliare italiano è in gran parte caratterizzato da fabbricati costruiti nel periodo dell’emergenza legata alla ricostruzione degli anni Cinquanta e Sessanta e da edifici dismessi che richiedono interventi di recupero e riqualificazione. Ci sono i vuoti urbani e le aree degradate spesso all’interno dei centri storici o in posizioni strategiche, che si configurano come “capitale morto”, inutilizzato, abbandonato o semplicemente suscettibile di trasformazione. Ma fino ad ora l’attenzione è stata posta su aree sempre più marginali per motivi di ordine speculativo e che fanno leva sul differenziale di valore dei terreni. Il consumo del suolo, la continua espansione urbana e lo sprawl non sono risposte plausibili e questo è emerso chiaramente dalle tematiche oggi più dibattute a scala globale, nazionale e locale. Rimini e le sue frazioni sono costituite da un paesaggio fortemente antropizzato, che mostra le cicatrici lasciate da quegli anni di costruzione privi di pianificazione, che hanno permesso lo sviluppo di una serie di nuclei costieri attigui, pressati in particolare all’interno dello spazio delimitato dal lungomare e dalla linea ferroviaria. Il caso di Viserba è emblematico, in quanto il suo territorio, estremamente parcellizzato e denso, rappresenta il risultato di una edilizia che ha seguito interessi prevalentemente di ordine privatistico e speculativo. Incolume, fino ad ora, è la verde area della ex Corderia, un cuneo delimitato da recinti e dalla storica Fossa dei Mulini, uno spazio interstiziale tra quartiere costruito e paesaggio agricolo. L’area oggetto di studio costituisce un’importante occasione di riqualificazione. Collocata in una posizione strategica all’interno della compagine urbana, con una buona accessibilità, presenta caratteristiche peculiari, che la rendono un luogo estremamente appetibile per la collocazione di un intervento di rigenerazione concreta del territorio, in grado di avere influenze positive sia per quanto riguarda l’assetto urbanistico della città, sia dal punto di vista sociale, economico e produttivo. È un’area su cui possono planare attività creative che possono alimentare la linfa e la vitalità dell’economia locale, ricucendo i rapporti col corso d’acqua che conduce ad 11
un mulino recentemente recuperato, in cui sono presenti atelier di stilisti, studi di architetti, fotografi e in cui si tengono occasionalmente eventi. Sull’importante riserva di territorio viserbese grava un PUA approvato in febbraio 2011, basato su un progetto concepito nel 2007 e su un PRG approvato nel 1999. Strumenti che non sono al passo coi tempi, a differenza del recente Piano Strategico della città di Rimini, le cui linee guida, pur non essendo prescrizioni di valore legislativo, assumono come premessa una frattura col passato, una transizione dalla quantità alla qualità dei progetti urbani. Prendendo atto della inadeguatezza del Piano Urbanistico Attuativo (che prevede residenze e un centro commerciale di tipo tradizionale, che si sovrapporrebbe ad altri già presenti e di recente costruzione) e della sua inattuabilità, la sfida che la tesi si pone come obiettivo è quella di cercare un innesco per l’area, delle funzioni che facciano da volano economico e che si integrino nel territorio e nella realtà locale; il tutto mantenendo delle tracce del passato, in certi casi proprio come “ruderi”, valorizzando il verde, la linea d’acqua, preservando il vero e proprio bosco posto nel cuore dell’area e ricucendo il fronte urbano.
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Consumo di Suolo
“La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa.” Franklin Delano Roosevelt
Ross Racine,
Death From Above
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1. Consumo di Suolo
Il consumo di suolo è un processo di trasformazione pressoché irreversibile, legato
alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, finita e non rinnovabile, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Tale fenomeno è connesso, pertanto, ad un incremento della copertura artificiale di terreno, causato dalle dinamiche insediative: costruzione di edifici, espansione incontrollata delle città, densificazione ed infrastrutturazione del territorio. Copertura e uso del suolo sono due concetti connessi, ma tra loro distinti.
La direttiva 2007/2/CE 1 definisce la copertura del suolo come la “copertura fisica e biologica della superficie terrestre comprese le superfici artificiali, le zone agricole, i boschi e le foreste, le aree (semi)naturali, le zone umide, i corpi idrici”. L’impermeabilizzazione del suolo non è che la forma più manifesta di copertura artificiale. L’uso del territorio viene invece definito, sempre dalla direttiva, come una “classificazione del territorio in base alla dimensione funzionale o alla destinazione socioeconomica presenti e programmate per il futuro”.
[1] DIRETTIVA 2007/2/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio datata 14 marzo 2007, che istituisce un’Infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (Inspire)
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1.1 Italia Urbanizzata
L
a cementificazione è un fenomeno globale, che si rivela in tutta la sua problematicità in paesi di vecchia ed intensa antropizzazione come l’Italia, in cui l’avanzata dell’urbanizzazione contende, e spesso strappa, il terreno al suo stato naturale, spingendosi verso aree sempre più marginali, talvolta nemmeno adeguate all’insediamento, come quelle a rischio idrogeologico.
“L’urbanizzazione si manifesta in forme sempre più pervasive e complesse e ha conosciuto, negli ultimi decenni, un’accelerazione senza precedenti, relativamente autonoma rispetto agli andamenti demografici ed economici recenti, e suggerisce, piuttosto, un’evoluzione in senso consumistico del rapporto della popolazione con il proprio territorio.” 2 La trasformazione del paesaggio del bel paese, dal secondo dopoguerra ad oggi, ha subito diversi scatti ed impennate per il sovrapporsi e il susseguirsi di svariate spinte.
[2] ISTAT, Rapporto annuale: La situazione del Paese nel 2008, p.148
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1. Consumo di Suolo
Francesco Erbani in “L’Italia maltrattata” racconta, in seguito all’ispezione dei luoghi e alle interviste ai protagonisti, otto estreme e drammatiche “storie di maltrattamento”. Tra queste figura quella del Villaggio Coppola, dietro la quale si rivelano dissennati distruttori del paesaggio che hanno operato in nome di una speculazione senza freni e senza vergogna. Durante la lettura ci si imbatte nel caso di devastazione del paesaggio della nuova Laviano (nell’Alta Valle del Sele), ricostruita, per mano di uno scellerato intreccio di interessi, con ingenti sperperi e pessima qualità urbanistica, dopo il terremoto del 1980. Non manca il reportage sulla “megalopoli padana” che, tradendo gli antichi modelli insediativi e seppellendo la campagna veneta sotto colate di cemento, riduce i territori agricoli a mere aree interstiziali, imponendo di fatto lo sprawl e definendo “il non luogo”. Un altro capitolo è dedicato al declino di Bologna quale “città modello”, un tramonto legato alla crisi del ‘77 e all’attuale Amministrazione che, secondo Erbani, ha assecondato il processo di decadenza perché composta da “professionisti della deregulation”. Il giornalista de “La Repubblica” passa in rassegna anche il caso degli squallidi grattacieli per poveri che deturpano la splendida Valle dei Templi di Agrigento. Protagonista indiscusso di queste e di altre tre vicende, che “L’Italia maltrattata” ripercorre scupolosamente, è il cemento che, sfrenato e dissoluto, ha distrutto, e in certi casi distrugge tutt’oggi, la storia ed il paesaggio. Nelle tensioni e nelle battaglie dei cittadini si manifestano gli antagonisti del cemento, ma questo ha anche dei fedeli complici e dei mandanti; dietro esso si celano questioni politiche ed elettoralistiche, accompagnate da una decrescita della coscienza civile e culturale, c’è la carenza di una lungimiranza urbanistica e amministrativa e ci sono anche i condoni edilizi e le depenalizzazioni che sollecitano all´abusivismo e alla violazione delle norme.
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“Più case si costruiscono, più ce ne vorrebbero, diceva Antonio Cederna sintetizzando l’illogicità di un meccanismo espansivo dell’edilizia che foderava il paese di cemento, ma che non soddisfaceva integralmente i bisogni e i cui orientamenti erano dettati o dalla rendita o dalla rapina o dal disordine. Mossa da diversi propulsori, l’attività edificatoria è stata l’industria che ha trascinato l’Italia fra le grandi potenze mondiali, ma che ha dissipato porzioni sempre più vaste e mai riproducibili di suolo. I risultati di questa potente intrapresa manipolatoria sono imponenti. Molte città italiane appaiono sformate, senza più bordi che ne definiscano il perimetro, circondate da una corona di quartieri la cui dominante fisica è offerta dalla casualità e dall’accumulo, e che, dopo pochi decenni di vita, entrano già nel rango del degrado e necessitano di risanamento.
[3] ERBANI Francesco, L’Italia Maltrattata, Laterza, Roma, 2003
Si è consumato suolo con un’edilizia che a sua volta si consuma perché esaurisce in poco tempo il proprio ciclo, realizzando lo scopo non nella durata, non nella stabilità o nel conforto dell’abitare, bensì nel soddisfacimento di un profitto immediato.” 3
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1. Consumo di Suolo
Partendo dalla ricostruzione post-bellica, inciampando nella speculazione edilizia, passando per il boom demografico conseguente a quello economico, cavalcando la cresta delle ondate immigratorie, avvalendosi della sempre maggior diffusione dell’automobile, le aree urbanizzate sono aumentate considerevolmente, spesso senza prudenza alcuna e a scapito della qualità urbana, al fine di soddisfare in fretta la richiesta di abitazioni, di edifici ad uso produttivo, terziario, commerciale e di infrastrutture. Tutte queste funzioni sono state protagoniste di un processo di espulsione progressiva, dai centri verso fasce sempre più esterne della città, causata in primis dalla spinta speculativa, che ha fatto leva sul differenziale di valore dei suoli. Lo sviluppo di tali processi ha lasciato dietro di sé numerosi vuoti urbani e spazi indecisi, dei punti interrogativi scritti tra le trame del territorio urbano, tra le vie dei centri storici. Arrestare il consumo di suolo ed incentivare l’espansione edilizia sulle aree già urbanizzate attraverso interventi di riqualificazione e trasformazione urbana è il leitmotiv che seguono i 9 articoli del disegno di legge “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 Dicembre 2013. Il fine ultimo di questo provvedimento è azzerare il consumo di suolo italiano entro il 2050, accogliendo la sfida lanciata dalla Commissione Europea. 4 Sebbene soltanto oggi qualcosa si stia muovendo in alcune realtà locali per contrastare nuove occupazioni, le nostre città risentono ancora della tendenza a cementificare suoli liberi, declinata nell’abusivismo edilizio (in particolare nel Sud), nella crescita a macchia di leopardo delle città e nell’intensa urbanizzazione di lunghi tratti costieri (in cui rientra il caso della riviera romagnola). Non può essere taciuta l’importante azione di informazione e sensibilizzazione, riguardo alle tematiche in questione, che negli ultimi anni è stata esercitata dagli appelli, dai dossier, dai convegni e dalle campagne di associazioni quali ad esempio, FAI, WWF e Legambiente. 5 È necessario riflettere sulle risorse naturali; queste, da intendersi come ciò che preesiste all’azione trasformativa dell’uomo, per formazione e caratteristiche, 20
[4] Documento “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo”, Commissione Europea [5] Campagna “Stop al cemento”, Legambiente; Campagna “Riutilizziamo l’Italia”, Wwf
amarcorderia
costituiscono il punto di partenza di ogni possibile processo di antropizzazione. Un progetto responsabile, oggigiorno più che in passato, non può prescindere da una relativa approfondita conoscenza e analisi. L’interessante video realizzato dallo studio 2A+P/A in collaborazione con Angelo Grasso e TSPOON 6 , organizza e rende ben comprensibili i dati elaborati nel corso degli anni da alcuni degli enti più impegnati e avveduti per quanto concerne le tematiche ambientali, per poi stabilire alcune linee guida per definire le trasformazioni delle città. Il filmato delinea dapprima la portata del fenomeno in Italia: “dal 1990 al 2005 sono scomparsi 3 milioni di ettari di superficie agricola pari all’estensione di Lazio ed Abruzzo”. L’occupazione di nuovi territori avviene, anzitutto, a danno delle risorse agricole e della biodiversità. Il video prosegue accennando alle spinte immobiliari e ai fattori economici che hanno permesso nuove costruzioni a discapito del recupero del patrimonio edilizio esistente. Oggi è importante porre dei limiti all’espansione edilizia e densificare le città attribuendo nuove funzioni ai manufatti in disuso, riattivando aree urbane degradate, favorendo il recupero ed evitando di costruire nuovi quartieri satellite. È fondamentale migliorare l’efficienza energetica degli edifici, “nel 2020 il mercato del recupero rappresenterà l’80% della produzione edilizia”. 7 La sostenibilità va dunque perseguita alle diverse scale, da quella della città, fino a quella dei singoli fabbricati.
[6] Video “5 minuti di recupero. Un’occasione per ripensare la crescita urbana”, frutto di una ricerca commissionata dal Padiglione Italia della 13. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, esposto all’interno della sezione Re-Made [7] Ibidem
21
1. Consumo di Suolo
SCHEDA 1 // ITALIA // DATI SUL CONSUMO DI SUOLO
S
econdo i dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il consumo del territorio italiano è passato dal 2,8% del 1956 al 6,9% del 2010, aumentando di oltre 1 milione di ettari, e il consumo di suolo pro capite è transitato, nei rispettivi anni, dai 170 mq/abitante ai 343 mq/abitante. Inoltre, nel 2010, l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto, il Lazio, la Campania e la Puglia, erano le regioni con il più elevato indice di consumo del suolo, che si presentava superiore all’8% dei rispettivi territori regionali.8
7%
Anno
6%
Percentuale di consumo
1956
2,8%
5%
1989
5,1%
4%
1996
5,7%
1998
5,9%
2006
6,6%
2010
6,9%
3% 2% 1% 0% 1950
1960
1970
1980
1990
2000
2010 [8] Fonte ISPRA, 2013
22
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percentuale di consumo del suolo
1956
percentuale di consumo del suolo
< 1,5 %
< 1,5 %
1,5% - 3%
1,5% - 3%
3% - 4,5%
3% - 4,5%
4,5% - 6%
4,5% - 6%
6% - 8%
6% - 8%
>8%
>8%
2010
23
1. Consumo di Suolo
1.2 Emilia-Romagna Risorse Naturali ed Espansione Insediativa
L’
Emilia-Romagna è stata segnata nel corso degli anni da un elevato consumo di suolo, benché le superfici agricole e quelle naturali siano tuttora nettamente preponderanti. L’impermeabilizzazione dei territori e l’espansione degli insediamenti sono la causa principale dei problemi idrogeologici che interessano la regione. La Legge Regionale 19/1998 “Norme in materia di riqualificazione urbana”, ha introdotto in Emilia-Romagna i Programmi di Riqualificazione Urbana (PRU), ed è stata la prima ed unica normativa che, a livello nazionale, ha tentato con successo una regionalizzazione dei processi di pianificazione complessi. In seguito la Regione ha adottato una serie di leggi regionali in materia di pianificazione territoriale e ambientale, alcune a modifica e integrazione delle precedenti 9, tra queste: la L.R. 20/2000, “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio” ha promosso la riqualificazione urbana e, allo stesso tempo, disincentivato la diffusione insediativa e il consumo di suolo; la L.R. 6/2009, “Governo e riqualificazione solidale del territorio” ha disciplinato le norme per la riqualificazione urbana, l’applicazione del cosiddetto ‘”Piano casa”, finalizzata al rilancio dell’attività edilizia e il monitoraggio dell’attuazione dei piani; la L.R. 3/2012, “Disciplina della procedura di valutazione dell’impatto ambientale” ha attribuito al Piano Regionale di Azione Ambientale il coordinamento dei piani in materia di aria, acqua, suolo, biodiversità, clima, rifiuti e la definizione degli obiettivi strategici. Ritornando al Programma di Riqualificazione Urbana, questo si presentò da subito come uno strumento innovativo, che prevedeva un programma di interventi tra loro integrati, concordato sinergicamente tra soggetti pubblici e privati (oltre ai Comuni vi hanno partecipato gli Acer e i soggetti attuatori privati); importante fu sicuramente lo stanziamento di fondi regionali, determinante per innescare le trasformazioni urbane. A dieci anni trascorsi dalla sua emanazione, la legge 19/1998 era stata sperimentata in una cinquantina di Comuni selezionati sulla base del Bando regionale emanato nel luglio del ‘99. Venne avviata la formazione di 60 PRU, approvati tramite la sottoscrizione di altrettanti Accordi di Programma, in seguito a procedure concorsuali e partecipative, dopo la verifica della concreta fattibilità economico-finanziarie e della 24
[9] Ad esempio l’innovazione del Documento programmatico della qualità urbana viene ripreso dalla L.R. 6/2009, superdando l’equivoco paragone del PRU ad un PUA, presente nel testo dell’art. A-11 dell’allegato alla L.R. 20/2000, assimilandolo giustamente al POC.
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sostenibilità. La pubblicazione “Dieci anni di Riqualificazione urbana in Emilia-Romagna: processi, progetti e risultati” fornisce una valutazione ex post dei PRU, raggruppando gli interventi in tre tipologie (quartieri ERP, centri minori e aree produttive dismesse). “A distanza di dieci anni si può dire che si sia trattato di una storia di successo”, afferma, nell’ultima parte del volume, Gianfranco Franz, professore di Economia Urbana e Regionale e di Politiche Urbane e Territoriali. Le esperienze accumulate, positive o negative che siano, possono mostrarsi estremamente utili per scelte future. Queste potranno compiersi prendendo esempio dai casi che hanno riscosso una buona riuscita, esaminando i motivi che ne hanno decretato il successo, oppure analizzando le ragioni che hanno comportato il fallimento degli interventi più sfortunati.
25
1. Consumo di Suolo
SCHEDA 2 // EMILIA-ROMAGNA // DATI SUL CONSUMO DI SUOLO
È piuttosto significativo e allarmante il confronto tra l’espansione urbana che ha aree urbanizzate anni ‘50
interessato le province della regione negli anni ’50 e quella degli anni 2000. aree urbanizzate anni 2000 Il territorio dell’Emilia-Romagna ha una superficie di circa 2.212.000 ettari.
Piacenza Ferrara
Parma
aree urbanizzate anni ‘50 Reggio-Emilia Modena
aree urbanizzate anni 2000 Bologna
Ravenna
Forlì-Cesena
Di questi, tra il 1976 e il 2008, ne sono stati edificati quasi 100.000 (dei quali più di 15.000 soltanto nel quinquennio 2003-2008) e i territori urbanizzati della regione, nei rispettivi anni, sono quasi raddoppiati, passando dal 4,8% al 9,3% dell’area totale. Gli ettari edificati nel 2008 ammontavano a circa 206.000.
Rimini
[Grafici] Rapporto 2010 -CRCS (Elaborazione) [Pianta] Osservatorio Nazionale sui Consuni del Suolo, Primo Rapporto 2009
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amarcorderia
Uso del suolo
Sempre tra il 1976 e il 2008 le superfici agricole sono state quelle maggiormente urbanizzate e hanno fatto registrare una diminuzione che sfiora 1976-2003 il 10 %. Tassi di variazione Nello stesso intervallo temporale le coperture naturali sono aumentate, passando dal Territori 77,1%aree agricole. 24,3% al 28,4%, anche in questo caso aurbanizza scapito prevalentemente delle
territori urbanizza territori agricoli territori naturali e seminaturali zone umide corpi idrici
0,8%
1,5%
4,8%
Tassi di variazione del consumo
24,3%
Territori urbanizza Territori agricoli Territori naturali e seminaturali Zone umide Corpi idrici
1976
urbanizza 106.389 ha
68,6%
1,1%
2,4%
8,5%
28,4%
Tassi di variazione del consumo
2003
urbanizza 187.353 ha
59,6%
1,2%
2,5%
9,3%
28,4%
Tassi di variazione del consumo
2008
urbanizza 206.369 ha
Territori urbanizza Territori agricoli Territori naturali e seminaturali Zone umide Corpi idrici
58,6%
Territori urbanizza Territori agricoli Territori naturali e seminaturali Zone umide Corpi idrici
Territori agricoli Territori naturali e seminaturali Tassi di variazione Zone umide Territori urbanizza Corpi idrici Territori agricoli Tassi di variazione 1976-2003 Territori naturali e seminaturali Territori urbanizza 77,1% Zone umide Territori -13,1% agricoli Corpi idrici 16,9% naturali e seminaturali Territori 37,5% Zone umide 60,0%di variazione Tassi Corpi idrici Territori urbanizza Territori agricoli Territori naturali e seminaturali Tassi di variazione Zone umide 2003-2008 Territori urbanizza Corpi 9,4%idrici Territori agricoli Tassi di variazione -1,7% Territori 0,0% naturali e seminaturali Territori urbanizza 9,1% Zone umide Territori 4,2% agricoli Corpi idrici Territori naturali e seminaturali Zone umide Corpi idrici Tassi di variazione
-13,1% 16,9% 1976-2003 37,5% 77,1% 60,0% -13,1% 1976-2003 16,9% 77,1% 37,5% -13,1% 60,0% 16,9% 37,5% 2003-2008 60,0% 9,4% -1,7% 0,0% 2003-2008 9,1% 9,4% 4,2% -1,7% 2003-2008 0,0% 9,4% 9,1% -1,7% 4,2% 0,0% 9,1% 4,2% 1976-2008
Territori urbanizza Territori agricoli 93,7% Territori naturali e seminaturali Tassi di variazione -14,6% Zone umide 16,9% Territori urbanizza 50,0%idrici Corpi Territori agricoli Tassi 66,7%di variazione Territori naturali e seminaturali Territori urbanizza Zone umide Territori agricoli Corpi idrici Territori naturali e seminaturali Zone umide Corpi idrici
93,7% -14,6% 16,9% 1976-2008 50,0% 93,7% 66,7% -14,6% 1976-2008 16,9% 93,7% 50,0% -14,6% 66,7% 16,9% 50,0% 66,7%
1976-2008
27
1. Consumo di Suolo
Inoltre il 59% del litorale regionale, pari a 82 chilometri di linea costiera, è stata trasformato inesorabilmente da interventi edilizi. Dal 1988 al 2011, in solo 23 anni, sono stati cancellati 7.000 metri di costa. Il boom del cemento stenta a diminuire col rischio di cancellare per sempre certe bellezze naturali della regione. Nei grafici ad anello sono stati riportati i dati relativi allâ&#x20AC;&#x2122;uso del suolo negli anni 1976, 2003 e 2008. Nelle tabelle i tassi di variazione del consumo rilevati dal confronto tra i tre anni.
percentuale di consumo del suolo 2003 2008
28
2003
2008
PC
6,0%
6,4%
PR
6,6%
7,2%
RE
10,9%
11,8%
MO
10,6%
11,6%
BO
9,7%
10,5%
FE
7,1%
7,5%
RA
10,0%
10,8%
FC
6,4%
7,1%
RN
19,8%
21,3%
Regione E-R
8,6%
9,3%
22% 20% 18% 16% 14% 12% 10% 8% 6% 4% 2% 0%
PC
PR
RE
MO
BO
FE
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RN Regione E-R
amarcorderia
1.3 Rimini Città Diffusa rete ferroviaria stazione di Rimini rete autostradale aeroporto “Federico Fellini” area ex Corderia
18941948
1957 1911 1911
L
e città si presenta come un sistema territoriale aperto, diffuso, definito solo dal mare Adriatico ad est, in bilico tra l’espansione urbana e la sostenibilità come sfida posta a tale processo. A1911 differenza delle altre provincie emiliano-romagnole, Rimini ha avuto uno sviluppo lineare, lungo il profilo della costa. Come emerge dall’analisi dell’evoluzione del costruito l’urbanizzazione, dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi, si è sviluppata andando a saturare diverse aree a mare e subito a monte della linea ferroviaria, per poi espandersi verso le aree più interne.
“La presenza e l’azione dell’uomo è ed è stata dominante sul paesaggio costiero mediterraneo, a volte con grande sapienza, equilibrio e rispetto dei luoghi, altre volte con devastante consumo e depauperamento dell’ambiente e delle sue risorse”. 10
1964 La città della riviera adriatica ha un trascorso emblematico. In seguito ai gravissimi danni subiti durante la seconda guerra mondiale è stata teatro di un processo di ricostruzione incontrollato, irrefrenabile, illogico e speculativo, un “delirio edificatorio” che ha alterato e in molti casi deturpato il suo volto cercando di sanare le indelebili cicatrici causate dal conflitto.
1973
29
stazione di Rimini
1. Consumo di Suolo
rete autostradale rete ferroviaria aeroporto “Federico Fellini” stazione di Rimini area ex Corderia rete autostradale aeroporto “Federico Fellini”
“Sono partito da Rimini nel ‘37. Ci sono tornato nel ‘46. Sono arrivato in un mare di mozziconi di case. Non c’era più niente. Veniva fuori dalle macerie soltanto il dialetto, la cadenza di sempre, un richiamo: ‘Duilio, Severino!’ quei nomi strani, curiosi. Molte delle case che avevo abitato non c’erano più. La gente parlava del fronte, delle grotte di San Marino in cui si erano rifugiati e io provavo la sensazione un po’ vergognosa di essere stato fuori dal disastro […]. Mi colpì l’operosità della gente annidata nelle baracche di legno: e che parlassero già di pensioni da costruire, di alberghi, alberghi, alberghi: questa voglia di tirar su le case”. 11
1948area ex Corderia 1948
1964 1964
A partire dal tramonto degli anni ’40 si iniziò impulsivamente a erigere sia edifici residenziali che hotel. Fu una frenesia edificatoria che trovò il consenso dell’Amministrazione Comunale, sedotta dall’idea di poter ricostruire in breve tempo una città più bella e moderna; così sulla costa, al posto di numerose villette e giardini, sorse una fitta agglomerazione di alberghi e pensioni. Nel secondo dopoguerra l’espansione di Rimini si realizzò principalmente tramite lottizzazioni isolate di piccoli proprietari agricoli, piuttosto che attraverso un disegno complessivo e unitario della morfologia del tessuto urbano, fatto imputabile anche 1973 all’assenza di un piano regolatore, approvato soltanto nel 1965. L’unico strumento urbanistico vigente fino ad allora fu il Piano di Ricostruzione del 1973 1945, la cui scarsa attenzione alle tipologie edilizie e alla forma urbana portò in molti casi all’attuazione di interventi che, pur rispettando il perimetro degli antichi isolati, [10] FARNE’ Elena, Nuovi paesaggi costieri: dal progetto del lungomare alla gestione integrata ne alterarono significativamente la volumetria.
delle coste, strategie per le città balneari, Quaderni sul Paesaggio, Regione Emilia-Romagna, 2007
30
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1973 1973
Tra il 1962 e il 1986 vennero progettati e costruiti i maggiori complessi di edilizia economica e popolare (III PEEP Celle, IV PEEP Marecchiese e V PEEP Ausa), entro i nuovi limiti urbani definiti dall’autostrada, dalla circonvallazione e dal deviatore del Marecchia. L’espansione delle nuove periferie, la compressione della fascia turistica con nuovo costruito e la definitiva saturazione della fascia a mare della linea ferrata portarono ad una saldatura dell’area urbana con le frazioni litoranee limitrofe e altri centri della riviera romagnola, col risultato di una conurbazione costiera che appare fitta e continua. Proprio per indicare il consumo selvaggio di suolo e la scarsità di pianificazione urbanistica è stata introdotto nel vocabolario italiano il sostantivo “riminizzazione”.12
2004 2004
Fino a pochi anni fa, nonostante le dichiarazioni di buona volontà che emergevano ciclicamente come grida manzoniane (stop al consumo del suolo, sviluppo sostenibile, ecc…), nulla era stato fatto per ottenere effetti concreti. Solo negli ultimi anni si è focalizzata davvero l’attenzione su aspetti appannati dalle logiche dominanti del turismo di massa e del divertimentificio, agendo sui vecchi ingranaggi di quella meravigliosa macchina balneare che stava continuando a distruggere se stessa. Frenare il consumo di suolo e recuperare l’esistente dismesso e degradato è l’asse strategico lungo il quale sta cercando di muoversi, non senza difficoltà, la città di Rimini.
[11] FELLINI Federico, La mia Rimini, Guaraldi, Rimini, 2007 [12] “Dizionario ragionato” della lingua italiana, di Angelo Gianni e Luciano Satta, 1988
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1. Consumo di Suolo
SCHEDA 3 // RIMINI // DATI SUL CONSUMO DI SUOLO Suddivisione amministra va territoriale Provincia di Rimini Comune di Rimini
aree urbanizzate anni â&#x20AC;&#x2DC;50 aree urbanizzate anni 2000
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La provincia di Rimini è quella che in regione ha fatto registrare il picco di suolo
urbanizzato con una percentuale che nel 2003 era del 19,8% e che nel 2008 ha raggiunto il 21,3% della superficie totale; questo indice di copertura è più che doppio rispetto alla media della regione a cui appartiene. La tendenza e il rischio potrebbero essere quelli di continuare a costruire, quasi per inerzia, senza reali necessità, come dimostra il fatto che in provincia siano presenti circa 15.000 appartamenti sfitti; ma sembra, giustamente, che si stiano muovendo i primi passi in un’altra direzione.
19,8 19,8 %
2003 2003
21,3 21,3 %
%
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2008 2008
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aree urbanizzate anni ‘50 aree urbanizzate anni 2000
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1. Consumo di Suolo
1.4 Riscrivere il Territorio, Tra Dinamiche in Atto e Possibilità Future
L
a crisi, declinata nei diversi settori, tra cui quello economico, immobiliare, ambientale ed energetico, determina situazioni bloccate su più fronti. Le ripercussioni di questo peggioramento si leggono tra le vie delle città italiane, in cui sono presenti immobili di recente costruzione invenduti, aree abbandonate e vuoti urbani. La continua espansione dell’edificato in aree sempre più esterne alla città non è una risposta alle contingenze e minaccia le già vulnerabili aree agricole e naturali dei territori periurbani e periferici; basti pensare che solo tra il 1990 e il 2005 l’Italia ha perso il 17,1% di suolo agricolo, circa 3 milioni di ettari, pari all’estensione di Lazio e Abruzzo. 13 Quelli riportati precedentemente nelle schede non sono altro che alcuni dei dati allarmanti, raccolti tramite analisi dai centri di ricerche, che dovrebbero accendere un certo interesse nei riguardi della questione de quo e scatenare alcuni quesiti circa le modalità di limitazione del fenomeno. In una situazione in cui gli equilibri appaiono compromessi, si rendono necessari interventi finalizzati a conseguire una nuova stabilità, cogliendo l’occasione per ripensare la crescita urbana. Il contenimento della pervasiva espansione edilizia e del crescente consumo di suolo dovrebbe configurarsi come priorità per le politiche territoriali del nostro Paese, delle nostre Regioni e, infine, delle nostre città. L’obiettivo è quello di costruire una visione coordinata, che integri le strategie di riduzione del consumo di suolo nelle politiche di gestione del territorio. In questo momento storico diversi centri urbani stanno ragionando, con tempistiche differenti, su se stessi e sulle strategie di rigenerazione che devono essere ineluttabilmente attuate per fronteggiare la persistente crisi.
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[13] Video “5 minuti di recupero. Un’occasione per ripensare la crescita urbana”, frutto di una ricerca commissionata dal Padiglione Italia della 13.Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, esposto all’interno della sezione ReMade
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Prima di edificare aree vergini è pertanto doveroso confrontarsi col patrimonio costruito, attraverso il recupero, la riqualificazione e la rigenerazione, aprendo un ventaglio di possibilità che investe il settore immobiliare, l’occupazione e quindi l’economia, in un momento difficile quale quello con cui si è portati a fare i conti.
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ECONOMIA
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Le tematiche ambientali rivestono un’importanza di prim’ordine, nel rispetto di queste possono poi articolarsi, sinergicamente, tutte le altre. Il paesaggio, il suolo agricolo e la biodiversità, se valorizzati e tutelati nel rispetto delle proprie intrinseche peculiarità, si rivelano essere un patrimonio per l‘intero Paese, in grado di produrre una concreta moltiplicazione di ricchezza e di benessere, “tra i principi della Convenzione Europea del Paesaggio risalta non a caso l’idea che la qualità del paesaggio possa fornire un contributo sostanziale al fondamentale ed imprescindibile equilibrio da ricercare tra le attività umane e le ragioni della natura”. 14 È necessario definire i limiti della città, garantire la presenza di una rete di risorse naturali che contengano lo sviluppo urbano, valorizzare le aree periurbane, integrare e preservare funzioni produttive, agricole e ricreative perseguendo un equilibrio ambientale ed economico. [14] Inforum n. 32, p. 10
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1. Consumo di Suolo
I temi attraverso i quali la sostenibilità deve incidere nella cultura e nella pianificazione urbanistica sono sostanzialmente tre:
»» l’uso del suolo, con le conseguenze energetiche connesse alle diverse densità e alle modalità di trasformazione delle città; »» il ricorso alle fonti rinnovabili; »» l’efficienza energetica dell’ambiente urbano.
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riuso e diliz ia e sist en te
Rigenerazione
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Un’azione importante riguarda il cambiamento progressivo della mobilità, fonte degli attuali elevati sprechi energetici, poiché affidata prevalentemente all’automobile e connessa a crescenti livelli di inquinamento e di congestione; si rende necessario potenziare e incentivare sistemi di spostamento collettivi e sostenibili, come quello ciclabile o quello su ferro. È certo necessario anche un cambiamento di mentalità. Il contributo della pianificazione, per quanto concerne l’uso del suolo, deve svilupparsi su due livelli, territoriale e urbano.
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A livello territoriale, contrastando ogni forma di diffusione insediativa, di sprawl, che comporta il più alto spreco energetico possibile, oltre che ambientale per il crescente consumo di suolo extraurbano. A livello urbano incentivando soluzioni insediative compatte, con tipologie adeguate, calibrando gli interventi con un adeguato mix funzionale, scongiurando la monofunzionalità, in grado di assicurare migliori condizioni di vivibilità, ma anche di ridurre gli spostamenti e di conseguenza la domanda di mobilità. La situazione presente offre l’opportunità di praticare, come sta gravosamente tentando di fare l’Amministrazione Comunale di Rimini, una politica edilizia ed urbanistica diversa, sovversiva, in ragione delle urgenti istanze cittadine che palesano la necessità di riqualificare l’esistente, cogliendo le occasioni di rilancio economico e occupazionale, salvaguardando l’ambiente, valorizzando la mobilità sostenibile, diminuendo e differendo la realizzazione di nuova edilizia residenziale nel tempo.
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2
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Rimini Città
“Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare. Lì la nostalgia si fa più limpida, specie il mare d’inverno, le creste bianche, il gran vento, come l’ho visto la prima volta.” Federico Fellini
Rimini,
Foto Satellitare
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2. Rimini CittĂ
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1.500.000
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1.400.000 1.300.000 1.200.000
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
età
Rimini è un comune che conta 146.856 abitanti , disteso lungo la costa adriatica, 1999 2000 2001 2002 2003 2004 20051 2006 2007 2008 2009 2010
nella parte sud-orientale della regione Emilia-Romagna. POPOLAZIONE RESIDENTE NEL COMUNE
2013
Andamento demografico
Età
150.000
100 Maschi
Femmine
75
145.000 140.000 135.000
50
130.000 25 0 6.000
125.000 120.000 3.000
0
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
3.000 6.000
Distribuzione popolazione età attraversata dal fiume Marecchia e da altri Affacciata sul mare,della dominata dalleper colline, corsi d’acqua minori, la città offre una variegatura di paesaggi posti a poca distanza. 2002 2013
Età
Età
Dopo la tranquillità invernale la città, nel periodo estivo, si traveste da metropoli. 100
Maschi
Femmine
100
Femmine Località turistica di fama internazionale, si estende perMaschi 15 chilometri lungo la riviera 75 con i suoi hotel, pensioni, negozi, locali notturni, attrezzature balneari e custodisce nel 75 suo centro storico importanti monumenti romani e rinascimentali. 50
50
Favorita sia dalla sua posizione geografica che dall’attrezzatura ricettiva di cui dispone,25 si è affermata negli ultimi anni come sede di uno dei principali poli fieristici e 25 congressuali d’Europa, luogo di eventi e convegni di rilievo. 0 6.000
3.000
0
3.000 6.000
0 6.000
3.000
0
3.000 6.000
[1] Dato Istat al 31 dicembre 2013
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2. Rimini Città
2.1 Accessibilità Urbana
Collegamenti stradali e autostradali Da Nord la città di Rimini si raggiunge tramite l’autostrada A14 da Bologna, dove confluiscono l’autostrada A1 del Sole, la A21 Torino-Piacenza e la A22 del Brennero. Provenendo da Venezia la direttrice principale è la SS 309 Romea, sulla quale si innestano le strade provenienti da Padova e Ferrara. Da Sud, oltre alle autostrade A1 e A14, i principali collegamenti carrabili sono la superstrada E45, che attraverso l’Appennino collega la limitrofa Cesena a Roma e la SS 16 Adriatica.
RN Mappa autostradale della regione Emilia-Romagna. L’A1 eMappa l’A14 tagliano diametralmente autostradale della regione la regione, la prima collega Bologna Emilia-Romagna. con Milano verso nord-ovest, la L’A1collega e l’A14 tagliano seconda Rimini a Bolognadiametralmente versola nord-ovest e ala Taranto verso regione, prima collega Bologna sud-est.
con Milano verso nord-ovest, la seconda collega Rimini a Bologna verso nord-ovest e a Taranto verso sud-est.
Collegamenti aerei L’aeroporto internazionale di Rimini “Federico Fellini” è collegato con varie città europee.
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amarcorderia
Collegamenti ferroviari Ă&#x2C6; facile raggiungere Rimini anche in treno, sia tramite la linea ferroviaria AnconaBologna che la Ferrara-Rimini.
area ex Corderia autostrada e uscite
ferrovia e stazioni
porto turis co
strade principali
aeroporto
porto e darsena
SS 16
Torre Pedrera
A 14
Viserba
Viserba
Rimini via Emilia
Rimini
Rimini fiera
SP 258 Miramare SS 72 SS 16 A 14
Collegamenti marittimi Giungendo via mare ci sono il Porto Canale, la Darsena di Rimini e il modesto porto di Viserba.
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2. Rimini Città
2.2 Excursus Dalle Origini al Turismo Di Massa
A
riminum (nome latino della città di Rimini) fu fondata dai Romani nel 268 a.C.. Era in origine una colonia rivolta verso l’entroterra, bagnata dal fiume Ariminus (Marecchia) ed ordita secondo le regole della centuriazione. Rimini è nata in una posizione importante, punto d’incontro di due vie romane: la via Emilia e la via Flaminia. La città vanta un patrimonio storico-culturale non indifferente che va dalle millenarie architetture romane dell’età imperiale, tra cui l’Arco d’Augusto e il Ponte di Tiberio, ai medievali Palazzo dell’Arengo e del Podestà, alle opere rinascimentali compiute sotto la signoria dei Malatesta, come il Tempio Malatestiano, ampliato e trasformato da artisti del calibro di Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Agostino di Duccio, fino alle più recenti e indimenticabili opere dell’attività da cineasta del riminese Federico Fellini. L’industria turistica, sorta con la fondazione dello “Stabilimento Bagni” nel 1843, si affermò in modo definitivo nel secolo successivo, perdendo in un secondo tempo l’originaria connotazione aristocratica. Lo scenario vacanziero si spense allo scoppio del primo conflitto mondiale, che colpì Rimini proprio il giorno in cui l’Italia entrò in guerra, il 24 maggio del 1915. Alla drammaticità degli scontri si aggiunse nel 1916 un forte terremoto, che danneggiò gravemente gli edifici della città. Il clima di fermento e di inquietudine del dopoguerra sfociò in un primo momento nell’affermazione del socialismo, alla guida della città in seguito alle elezioni del 1920, e poi, due anni dopo, nell’occupazione dei palazzi comunali da parte delle forze squadriste. Negli anni Trenta la politica fascista favorì l’esplosione del turismo balneare che perse la sua prerogativa di élite e divenne fenomeno di massa. Il regime dedicò al turismo le sue principali attenzioni.
44
amarcorderia
Mezzo di propaganda e di creazione del consenso popolare furono le colonie marine, architetture di stile razionalista, che sorsero lungo il litorale da Cattolica fino a Bellaria. Un capitolo particolarmente tragico fu quello del secondo conflitto mondiale, durante il quale la città fu teatro di duri scontri, in uno scenario di morte e distruzione, paura e violenza. Attraversata dalla Linea Gotica2 Rimini subì, dal 1 novembre del 1943 al 21 settembre del 1944 (giorno in cui la città venne liberata), aspri bombardamenti dal cielo, dalla terra e dal mare. Il 25 agosto del 1944 ebbe inizio la battaglia di Rimini per lo sfondamento della Linea Gotica, una delle più cruciali battaglie del secondo conflitto mondiale. Rasa praticamente al suolo, la città perse gran parte del patrimonio monumentale, artistico e storico.
“Morirono 607 civili (427 uomini e 180 donne), furono distrutti 4.189 fabbricati, danneggiati gravemente altri 3.155 e lesionati 1.997. In tutto 9.341 abitazioni: un coefficiente di distruzione dell’82 %, il più alto tra tutte le città italiane con più di 50.000 abitanti.” 3 [2] in tedesco Gotenstellung, in inglese Gothic Line. Fu la linea difensiva istituita dai tedeschi nel 1944 per tentare di rallentare l’avanzata dell’esercito alleato verso il nord Italia. La Linea Gotica si estendeva dall’attuale provincia di Massa e Carrara e, seguendo un fronte di oltre 300 chilometri sui rilievi delle Alpi Apuane, passando anche per l’Appennino bolognese e forlivese, terminava sul versante adriatico negli approntamenti difensivi tra Rimini e Pesaro. [3] GRADARA Mario, “Trecento giorni di distruzione e morte. Settembre ‘44: Rimini rialza la testa”, Il Resto del Carlino (ed. Rimini), 18 settembre 2014, p.6
La ricostruzione materiale, condotta a cavallo tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, consentì da una parte la rapida ripresa economica della città, dall’altra l’edificazione dissennata e frenetica trattata nel capitolo precedente. Negli anni del boom economico Rimini conobbe una notevole crescita demografica legata all’abbandono delle campagne da parte di intere famiglie, che si spostarono verso la riviera e si impegnarono nella conduzione di attività ristorative, commerciali, ludiche, ricettive e balneari che decretarono la fortuna e contribuirono a definire l’ospitalità del capoluogo. 45
2. Rimini Città
2.3 Strumenti Urbanistici
P.R.G. Piano Regolatore Generale Adottato con delibera di C.C. n. 234 del 08/11/94 successivamente modificato e integrato con delibere di C.C. n. 272 del 01/12/94, n. 102 del 13/03/95 e n. 15 del 22/02/96. Approvato con delibera di G.P. n.351 del 03/08/99 e n. 379 del 12/08/99 e successive varianti parziali.
1999
P.R.G.
scheda di progetto n. 4.3/A
2011
P.S.C. e R.U.E.
2012
Il PRG è tuttora vigente.
1999 PIANO STRATEGICO P.R.G.
scheda di progetto n. 4.3/A 2013
P.S.C. e R.U.E. Piano Strutturale Comunale e Regolamento Urbanistico Edilizio Adottati con delibera di C.C. n. 65 del 29/03/2011 P.S.C. e R.U.E., destinati a soppiantare il Piano Regolatore Generale, sono stati introdotti dalla legge regionale 20/2000.
VARIANTE ANTI CEMENTO 2011
P.S.C. e R.U.E.
2012
PIANO STRATEGICO
2013
Il Piano Strutturale Comunale, non ancora approvato, sosterrà in maniera più incisiva ed integrata gli obiettivi definiti dal Piano Strategico della città.
VARIANTE ANTI CEMENTO
[4] Nel 2000 viene pubblicato il documento “Torino internazionale, Piano strategico per la promozione della città”.
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1999
P.R.G.
scheda di progetto n. 4.3/A
2011
P.S.C. e R.U.E.
2012
PIANO STRATEGICO
2013
VARIANTE ANTI CEMENTO
2.4 Rimini Venture 2027 Piano Strategico di Rimini
Il Piano Strategico non è uno strumento urbanistico riconosciuto dalla legge, ma un
atto politico di indirizzo volontario, un processo di partecipazione condivisa, diventato il punto di riferimento di numerose amministrazioni locali per la progettazione dello sviluppo futuro delle città. Questo strumento di programmazione è intersettoriale e modificabile, aggiornabile secondo le mutate esigenze e fa riferimento ad un orizzonte temporale medio-lungo.
Il primo Piano Strategico nel panorama italiano è stato quello di Torino 4, che ha fatto da pioniere, da precursore a molti altri adottati successivamente da altre città, tra cui anche Rimini. La provincia romagnola, non immune dalla crisi economica e dall’elevata competizione, soprattutto nel panorama internazionale, si è trovata nella situazione di dover ripensare la sua immagine. Tradizionalmente associata al turismo balneare ed etichettata come “divertimentificio”, Rimini, oltre a voler innovare il rapporto col mare per rinnovare l’attrattività, ha intrapreso la via della destagionalizzazione coniugando tra loro la cultura, la valorizzazione dell’entroterra, il movimento fieristico-congressuale ed i grandi eventi al di là del periodo estivo.
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2. Rimini Città
“La scelta del Piano Strategico risponde soprattutto alla necessità di assumere, per uno sviluppo certo e di lunga durata, uno strumento di governance capace di superare i limiti riscontrati nella più diffusa pratica di governo territoriale basata sulla pianificazione ordinaria (dai lunghi tempi di elaborazione) e sulla progettualità quotidiana che, affrontata quasi sempre caso per caso, sfugge alla verifica di un quadro di coerenza e di efficacia.” 5
“Rimini Venture 2027” promuove la riqualificazione, rigenerazione e rivitalizzazione di parti rilevanti della città, innalzando la qualità della vita e puntando sulla mobilità sostenibile per collegare le aree urbane nevralgiche con i quartieri periferici tramite un sistema a rete, per una città più connessa e coesa. La data ufficiale di avvio del Piano strategico è il 2 luglio 2007, ma la discussione sull’opportunità di dotare il territorio riminese di questo strumento è nata nel 2005, data in cui il Comune organizzò un primo convegno. Il 29 novembre 2007 viene istituito il Comitato promotore, il 12 marzo 2008 l’Associazione Forum.
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[5] BOSCHI Filippo, “Il valore del piano strategico e l’esperienza di Rimini”, Ecoscienza, n.4, 2011
amarcorderia
L’approvazione del documento-proposta “Il Piano Strategico della città di Rimini e del suo territorio”, predisposto dall’associazione Forum Rimini Venture 2027, è avvenuta con voto unanime, da parte del Forum stesso, in data 2 marzo 2010. L’approvazione del Consiglio Comunale è stata il 13 maggio 2010, quella del Consiglio Provinciale il 26 luglio 2010, quella dell’assemblea della Fondazione della Cassa di Risparmio il 24 maggio 2010 e quella della Giunta della Camera di Commercio il 25 maggio 2010. L’avvio della fase di elaborazione è avvenuto il 25/05/11 e la presentazione alla cittadinanza si è tenuta in data 28/11/2012. Il Piano Strategico, per la sua natura poliedrica, considera la città nella sua globalità e prevede un’eterogenea tipologia di azioni sinergiche. Gli assi strategici individuano Rimini: »» città internazionale a forte identità relazionale; »» città accogliente e attrattiva; »» città sostenibile e innovativa.
Dagli assi, considerati singolarmente o combinati tra loro, discendono gli otto obiettivi strategici che indicano Rimini città: 1. che valorizza il patrimonio storico, culturale, paesaggistico e le tipicità; 2. delle relazioni internazionali e porta dell’Adriatico; 3. delle reti e delle infrastrutture tecnologiche; 4. mobile senz’auto; 5. delle imprese innovative e di qualità; 6. creativa e della conoscenza; 7. che soddisfa i bisogni di tutti i cittadini; 8. destinazione turistica e del benessere. 49
2. Rimini Città
Gli otto obiettivi strategici sono poi stati sintetizzati e accorpati in cinque ambiti di grande interesse: 1. nuovo rapporto con il mare. 2. la grande sfida della mobilità (il nuovo modello). 3. un sistema d’imprese fatto di persone e d’innovazione (territorio che attrae persone, imprese e innovazione). 4. la qualità di un territorio ricomposto e coeso. 5. la cultura che forma e informa le persone creando nuova immagine (vs l’immagine che omologa la cultura). Tra “I grandi temi di intervento” elencati all’interno di “Rimini Venture 2027” vengo annoverate anche le reti verdi ed i raggi d’acqua, in qualità di collegamenti urbani e territoriali. area ex Corderia idrografia
sistema verde
percorsi ciclopedonali principali sistema verde
fossa Sor e
fiume Marecchia deviatore Ausa
Riqualificazione ambientale delle linee d’acqua che permeano il territorio.
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Valorizzazione delle trame verdi, dei corridoi ecologici protesi verso l’interno del territorio e dei parchi.
Potenziamento del sistema di mobilità sostenibile che, dalla costa verso l’entroterra, risale lungo le vie d’acqua.
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Il Piano Strategico persegue il potenziamento e la valorizzazione dei sistemi naturali di penetrazione. La rigenerazione del verde rappresenta un impegno che potrà essere garantito attraverso la tutela dei parchi esistenti e gli interventi di recupero e riconnessione.
“Si prevede la creazione di un sistema di trame verdi a livello territoriale capaci di ricucire le eccellenze ambientali e di valorizzarle, mettendole in continuità e tutelandole.”
Il parco Marecchia è delineato come l’occasione di riconnessione con i corsi d’acqua minori al fine di incrementare il corridoio ecologico.
“Il sistema di connessioni che dal Parco del Mare si dispiega nella città e fino all’entroterra sotto forma di corridoi verdi rappresenterà un elemento portante del sistema di trame verdi che dovrà realizzarsi, oltre che su scala territoriale, a livello urbano attraverso la creazione di un anello verde in grado di collegare in una rete integrata le diverse aree urbane a valenza paesaggistico-ambientale, attualmente separate e frammentate.”
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2. Rimini Città
Il “Masterplan strategico. Interventi per la realizzazione di una città sostenibile”, approvato dal Consiglio Comunale il 13 dicembre 2012, è un atto di indirizzo basato sulla metodologia dell’approccio integrato ai temi della città.
Esso “integra e mette a sistema obiettivi e azioni inerenti la riqualificazione dell’immagine turistica, la ricucitura della città attraverso il potenziamento del sistema del verde, la riqualificazione della città storica e la riqualificazione di aree identitarie e strategiche”. 6
Il Masterplan, che è la guida concreta per l’attuazione del Piano Strategico, rappresenta un modello di sviluppo innovativo, fondato sulle peculiarità identitarie (patrimonio artistico, culturale, sistema universitario, paesaggio, enogastronomia) e sul potenziale creativo. Quest’ultimo ha i suoi punti di forza nel sapere legato all’ambito turistico, nell’arte e nelle produzioni culturali, nella ricerca, nell’innovazione e nel know-how delle piccole e medie imprese.
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Gli obiettivi generali del Masterplan sono: »» passare da una città fratturata ad una città coesa e circolare, riconnettendo le varie parti urbane, la marina e il forese alla città; »» riconnettere le frazioni al centro, attraverso collegamenti protetti e attraverso l’attribuzione di funzioni forti in grado di attribuire identità autonoma alle frazioni; »» innovare l’immagine turistica di Rimini con la riqualificazione del suo lungomare; »» recuperare un rapporto forte con il mare, attraverso la valorizzazione di luoghi identitari (porto, mercato del pesce,…); »» valorizzare porzioni della città storica e consolidata (il ponte di Tiberio come porta di accesso alla città storica, Piazza Malatesta, il sistema delle mura storiche,…); »» riqualificare e rigenerare l’edificato esistente; »» creare e innovare aree strategiche fortemente qualificanti e capaci di creare poli d’eccellenza per la città; »» sviluppare un modello di mobilità sostenibile. »» realizzare percorsi pedonali e ciclabili in sede propria, connessi a quelli esistenti verso la città o verso le frazioni e il territorio non urbanizzato.
Il Masterplan è strettamente collegato con le linee di mandato 2011-2016 del sindaco di Rimini, Andrea Gnassi.
[6] Si consulti il link http://www.riminifutura. i t / w p - c o n t e n t / u p l o a d s / 2 0 1 2 / 1 2 /A l l - C _ MasterplanStrategicoBrochureBreve.pdf
Queste individuano in primis le carenze strutturali della città, propongono successivamente le strategie con cui superare e risolvere le attuali criticità, infine definiscono un disegno organico e riqualificante della città, fondato sull’arresto del consumo di territorio e sulla limitazione della dispersione insediativa.
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2. Rimini Città
Il P.S.C. ed il R.U.E. sono posti nei cassetti dell’amministrazione perché in contrasto con le linee di fondo del Piano Strategico e con le nuove tendenze in atto. Il PSC prevede la realizzazione di nuovi insediamenti urbani pari a 525 mila metri quadrati con un mercato immobiliare che è saturo. Ci sono più di 15mila appartamenti sfitti (dato ufficializzato dal Comune), si è chiaramente costruito più del necessario. Per questo motivo e per l’attuale congiuntura economica molti dei Piani approvati in Consiglio Comunale alla scadere della scorsa amministrazione, come quello della ex Corderia di Viserba, sono rimasti fermi sulla carta.
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1999
P.R.G.
scheda di progetto n. 4.3/A
2011
P.S.C. e R.U.E.
amarcorderia
2.5 Una Variante al P.R.G. che Parte dal Piano Strategico
2012
PIANO STRATEGICO
2013
VARIANTE ANTI CEMENTO
L
a “variante anti cemento” approvata in Consiglio Comunale nell’aprile 2013 è esemplare. Questa definisce “nuove potenzialità edificatorie” e “l’introduzione di requisiti per prestazioni ambientali di nuovi insediamenti fino all’entrata in vigore dei nuovi strumenti urbanistici comunali”, ha tagliato oltre 300mila metri quadri di edificazione in tutta Rimini e ne sono escluse, per il momento, le aree per cui sono state sottoscritte delle convenzioni. Diversi i piani particolareggiati interessati da questo provvedimento, tra questi ad esempio quello di un’area in via Secchiano, zona Padulli, che prevedeva circa 5.000 mq di nuovi residenze, quello di via Borghi a Santa Giustina che prevedeva 8.000 mq di residenziale e quello in zona Celle, che prevedeva 5.000 mq da destinare a commerciale. Con sentenze depositate il 17 settembre 2014, il Tar dell’Emilia Romagna ha rigettato i ricorsi proposti dalle Società Immobiliare Marecchia Srl e Barbara Srl, titolari di due piani particolareggiati (rispettivamente 8000 mq di appartamenti a Santa Giustina il primo ed il piano, detto “ex Corial“ in zona Iper, che prevede 36mila mq di commerciale il secondo), avversi alla cosiddetta “variante anti cemento” al Prg. Con quel provvedimento il Comune di Rimini aveva quasi dimezzato le potenzialità edificatorie, con l’obiettivo dichiarato di porre un freno al consumo del territorio e cambiare definitivamente il modello di sviluppo della città.
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2. Rimini Città
“Queste sentenze del TAR - commenta il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi - non sono solo ottime notizie per l’amministrazione comunale ma soprattutto rappresentano l’alba, a questo punto certificata, di una stagione nuova che finalmente si apre per la comunità riminese”. Inoltre secondo l’amministrazione “il giudice ha spiegato che è potere dell’amministrazione adottare varianti urbanistiche per la salvaguardia del territorio”. Tale pronunciamento è quanto mai importante perché riconosce come una pubblica amministrazione abbia la facoltà di ripianificare il suo territorio anche al di là dei diritti acquisiti.
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amarcorderia
57
3
amarcorderia
Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati “Se si smette di guardare il paesaggio come l’oggetto di un’attività umana subito si scopre una quantità di spazi indecisi, privi di funzione ai quali è difficile dare un nome. Quest’insieme non appartiene né al territorio dell’ombra né a quello della luce. Si situa ai margini.” Gilles Clément
Rimini,
Ex Pastificio Ghigi
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3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati
Chiamate dalla letteratura aree grigie, brownfield land, friche industrielle sono un fenomeno diffuso a scala globale.
La rilevanza di questo non è un argomento innovativo, ma questo deve ancora essere in gran parte affrontato. La questione delle aree presenti nella città ma estranee da essa, degli spazi dismessi, abbandonati, disabitati, è senza dubbio, analogamente al consumo di suolo, un tema caldo e alquanto attuale. Diverse sono le consistenze di tali siti, le loro peculiarità, la loro storia, ma sono accomunati dallo stato di “vacuità” e di inutilizzo che li caratterizza. Questi luoghi sono sia fabbricati, sia zone verdi, parchi o giardini abbandonati, sia quegli interstizi anonimi che Gilles Clément definisce “spazi indecisi”, cioè lacerti di insediamenti naturali posti ai margini delle aree antropizzate, che s’insinuano nelle trame del territorio urbano e in particolare suburbano. Il processo, pur riguardando anche alcune aree rurali, si manifesta solitamente in ambiti urbani o periurbani. È evidente che la dismissione di attività produttive, economiche e di servizio, per motivi di varia natura, ma che spesso fanno capo ai processi di deindustrializzazione e decontrazione, ha lasciato dei vuoti rilevanti nel paesaggio costruito.
“Immense conchiglie lasciate sulla spiaggia della città dalla marea industriale che va rapidamente ritraendosi.” 1 Il fenomeno, che ha aperto il capitolo della desertificazione urbana, ha interessato inizialmente gli stabilimenti proto industriali, per poi investire le fabbriche più recenti, fino a coinvolgere le infrastrutture portuali, aeroportuali e ferroviarie, le aree militari, quelle pubbliche, gli edifici di attività commerciali, direzionali e residenziali. 60
[1] Frase del filosofo, scrittore e critico letterario Walter Benjamin
amarcorderia
“Viviamo in città vuote eppure ci ostiniamo a volerle più grandi. Siamo circondati da migliaia di appartamenti sfitti e di uffici dove non lavora più nessuno, eppure non pensiamo che a costruire e ricostruire nuove case, a come allargarle, alzarle, replicarle. (…) Basterebbe memorizzare le offerte di affitto e vendita sui portoni e soprattutto quelle infinite persiane chiuse delle abitazioni e degli uffici che - come palpebre di occhi che non vedono più - ci guardano con sospetta fissità nei nostri percorsi quotidiani in centro, in periferia, nella città diffusa.” 2 C’è un evidente nesso tra il consumo del territorio e la riqualificazione delle aree e dei fabbricati inutilizzati; la seconda è, potenzialmente, un valido strumento per la limitazione del primo. I progetti di riconversione dei siti in disuso dovrebbero segnare la transizione da una mentalità che incentiva la cementificazione ad una logica che propone la rivitalizzazione ed il riequilibrio dei rapporti con l’esistente e con il contesto. La rigenerazione e il recupero di questi “non luoghi” dovrebbero avere alla base le valutazioni sulle ricadute territoriali degli interventi, che dovranno essere volti ad un riutilizzo più consapevole ed assennato delle risorse ambientali disponibili.
[2] BOERI Stefano, “I colpevoli dei deserti urbani”, La Stampa, 18 marzo 2009
Questi spazi sospesi in un “limbo di negligenze” sono sostanzialmente delle riserve di territorio, delle occasioni che l’apatia di soggetti, diversi da caso a caso, ha condotto intaccate fino al momento attuale. I fattori principali che condizionano la riqualificazione di un sito sono il contesto locale, la presenza di risorse naturali da salvaguardare e valorizzare, l’esistenza di fabbricati vincolati o recuperabili e la profittabilità economica. L’ultimo aspetto incarna l’obiettivo del privato, il quale agisce in un quadro urbano e ambientale che fa capo all’interesse pubblico. 61
3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati
Nel caso di operazioni condotte da privati sarebbe auspicabile che lâ&#x20AC;&#x2122;operatore pubblico assuma un ruolo di indirizzo e di controllo, per scongiurare un intervento a mero ed esclusivo fine speculativo.
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3.1 Rimini e gli Spazi Interdetti
A
Rimini è consistente la presenza di spazi inutilizzati ed “indecisi”, che va dalle ex aree produttive alle vuote colonie marine. L’analisi condotta nel tessuto cittadino (comunale) ha portato all’individuazione dei principali siti abbandonati, un campione rappresentativo di ben 24 luoghi in disuso al momento attuale. Di questi 6 sono ex aree produttive, 7 ex fabbricati commerciali, 5 ex fabbricati ricettivi, 2 ex residenze signorili e 4 ex luoghi per l’intrattenimento. Ci sono alcune aree in riattivazione, altre fruibili saltuariamente in occasione di eventi temporanei e altre ancora occupate abusivamente. Ci sono cantieri fantasma, siti in cui gli interventi previsti rimangono sulla carta e altri luoghi “sospesi”, con una presenza assente nelle vie della città. Lo studio effettuato e la mappatura proposta non pretendono di essere esaustivi, ma possono fungere da punto di partenza per analisi più approfondite, che includano la disamina dell’intero patrimonio immobiliare dismesso e degli spazi vuoti che si trovano nella città.
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N scala 1:20.000 15
3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati area urbanizzata
SCHEDA 4 // RIMINI // LE AREE DIMENTICATE
centro storico area periurbana
classificazione delle aree dismesse ex aree produ ve ex fabbrica commerciali ex fabbrica rice vi
14
ex dimore storiche 13
ex luoghi/fabbrica per l’intra enimento
12
11
10
stato delle aree dismesse area in disuso
9 7
8
uso temporaneo/rigenerazione in corso
6
4 5
2 3
1
18 17
N
LEGENDA scala 1:20.000 scala 1:20.000
19
1
palazzo Le mi
2
ex cinema Fulgor
N
teatro Galliarea urbanizzata area3urbanizzata 4 ex ristorante centro storico centro storico 5 ex macello comunale area periurbana ex Granarolo area6periurbana 21
7
ex Mercato Ortofru colo
8
exclassificazione distributore di benzina delle aree dismesse classificazione delle aree dismesse 9 ex concessionaria auto ex 10 aree produ ve villla Manziex aree produ ve
11 ex Sacramora ex fabbrica commerciali stabile Sacramora ex 12 fabbrica commerciali 13 villa “Ombrosa” ex fabbrica rice vi ex 14 fabbrica EX rice vi CORDERIA 20 15 ex parco “Diver mondo” exGhigi dimore storiche pas ficio ex 16 dimoreexstoriche 17 ex cinema Astoria ex luoghi/fabbrica per l’intra enimento ex palacongressi ex 18 luoghi/fabbrica per l’intra enimento 22 19 ex tabacchificio 23 20 ex stabile commerciale
64
stato delle aree dismesse stato delle21areecolonia dismesse Murri 16
22
colonia Novarese
24
ex fabbrica commerciali
N
area in disuso
scala 1:20.000
ex fabbrica rice vi
amarcorderia
uso temporaneo/rigenerazione in corso
ex dimore storiche
area urbanizzata LEGENDA 1
palazzo Le mi
2
ex cinema Fulgor
3
teatro Galli
4
ex ristorante
5
ex macello comunale
6
ex Granarolo
7
ex Mercato Ortofru colo
8
ex distributore di benzina
9
ex concessionaria auto
10
villla Manzi
11
ex Sacramora
12
stabile Sacramora
13
villa “Ombrosa”
14
EX CORDERIA
15
ex parco “Diver mondo”
16
ex pas ficio Ghigi
17
ex cinema Astoria
18
ex palacongressi
19
ex tabacchificio
centro storico
ex luoghi/fabbrica per l’intra enimento
area periurbana
classificazione delle aree dismesse
stato delle aree dismesse area in disuso
ex aree produ ve
uso temporaneo/rigenerazione in corso
ex fabbrica commerciali ex fabbrica rice vi
LEGENDA ex dimore storiche ex luoghi/fabbrica per l’intra enimento
1
palazzo Le mi
2
ex cinema Fulgor
3
teatro Galli
4
ex ristorante
5
ex macello comunale
20
ex stabile commerciale
21
colonia Murri
22
colonia Novarese
23
colonia Bolognese
6
ex Granarolo
24
colonia Reggiana
7
ex Mercato Ortofru colo
8
ex distributore di benzina
9
ex concessionaria auto
stato delle aree dismesse area in disuso
beni di valore storico-monumentale
uso temporaneo/rigenerazione in corso
beni di valore storico-monumentale e paesaggis co
Delle 24 aree dismesse individuate
6 sono ex aree produ ve, 7 ex fabbrica commerciali, 5 ex fabbrica rice vi, 2 ex dimore storiche, 4 ex luoghi per l’intra enimento.
LEGENDA 1
palazzo Le mi
2
ex cinema Fulgor
3
teatro Galli
4
ex ristorante
5
ex macello comunale
6
ex Granarolo
7
ex Mercato Ortofru colo
8
ex distributore di benzina
10
villla Manzi
11
ex Sacramora
12
stabile Sacramora
13
villa “Ombrosa”
14
EX CORDERIA
15
ex parco “Diver mondo”
16
ex pas ficio Ghigi
17
ex cinema Astoria
18
ex palacongressi
19
ex tabacchificio
20
ex stabile commerciale
21
colonia Murri
65
uso temporaneo/rigenerazione in corso
ex fabbrica rice vi 3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati
ex dimore storiche
LEGENDA 1 2
palazzo Le mi ex luoghi/fabbrica per l’intra enimento ex cinema Fulgor
3
teatro Galli
4 delle stato aree dismesse ex ristorante 5 6 7
ex macello comunale area in disuso ex Granarolo
8
ex Mercato Ortofru colo usodistributore temporaneo/rigenerazione in corso ex di benzina
9
ex concessionaria auto
10
villla Manzi
11
ex Sacramora
LEGENDA 12 stabile Sacramora 1 13
palazzo Le mi villa “Ombrosa”
2 14 3 15
ex Fulgor EXcinema CORDERIA
4 16 5 17 6 18 7 19 8 20 9 21 10 22 11 23 12 24 13
palazzo Le mi
2
ex cinema Fulgor
3
teatro Galli
4
ex ristorante
5
ex macello comunale
6
ex Granarolo
7
ex Mercato Ortofru colo
8
ex distributore di benzina
9
ex concessionaria auto
10
villla Manzi
11
ex Sacramora
12
stabile Sacramora
13
villa “Ombrosa”
14
EX CORDERIA
15
ex parco “Diver mondo”
ex comunale ex macello cinema Astoria ex ex Granarolo palacongressi
16
ex pas ficio Ghigi
17
ex cinema Astoria
18
ex palacongressi
19
ex tabacchificio
20
ex stabile commerciale
21
colonia Murri
22
colonia Novarese
23
colonia Bolognese
24
colonia Reggiana
ex Ortofru colo ex Mercato tabacchificio ex di benzina ex distributore stabile commerciale ex concessionaria auto colonia Murri villla Manzi colonia Novarese ex Sacramora colonia Bolognese stabile Sacramora colonia Reggiana villa “Ombrosa”
EX CORDERIA beni di valore storico-monumentale
15 16
ex parco “Diver mondo” beni di valore storico-monumentale eexpaesaggis co pas ficio Ghigi
17
ex cinema Astoria
18
ex palacongressi
19 Delle ex 24tabacchificio aree dismesse individuate
beni di valore storico-monumentale beni di valore storico-monumentale e paesaggis co
ex stabile commerciale
Delle 24 aree dismesse individuate
colonia Bolognese
6 sono ex aree produ ve, 7 ex fabbrica commerciali,
6 sono ex aree produ ve, 66 21 colonia Murri 22 colonia Novarese 7 ex fabbrica commerciali, 23
1
teatro Galli ex parco “Diver mondo” ex ristorante ex pas ficio Ghigi
14
20
LEGENDA
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3.2 La Pianificazione e le Aree Dismesse
L’
ambito 5 del Piano Strategico “La cultura che forma e informa creando una nuova immagine” (Laboratorio L3) definisce come priorità il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione della storia di Rimini attraverso il “Piano di valorizzazione dei contenitori storici e delle architetture dismesse”. Una delle azioni basilari è la riqualificazione e la rigenerazione degli spazi urbani storici e a forte valenza identitaria.
“In primo luogo si propone di realizzare una mappatura ed una valutazione dei contenitori storici e delle architetture dismesse (una sorta di mappa in negativo che evidenzi i “vuoti” del paesaggio), non individuati esclusivamente tra i manufatti architettonici di eccellenza, ma in riferimento alla capacità di aggregazione, creatività sociale e culturale, relazione che si ritiene che tali edifici/comparti possano ingenerare. Su questa base, si ravvisa l’esigenza di elaborare un piano di valorizzazione capace di valutare l’effettiva possibilità/ necessità di recupero di tali architetture in rapporto alle opportunità reali di riutilizzo e rifunzionalizzazione che (si) presentano. Tra gli altri contenitori si segnalano i teatri dismessi, l’ex Astoria, palazzo Lettimi, l’ex Corderia, le colonie.” 3 [3] Si consulti http://www.riminiventure.it/ documents/quaderni/L3_ponteTiberio_vol0_ mod.pdf
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3. Spazi Dismessi, Degradati e Dimenticati
Il PSC, d’altro canto, recepisce nella Tav. 1.1 i seguenti elementi di interesse storicotestimoniale, individuati preventivamente dal PTCP: »» la viabilità storica extraurbana di rilevanza territoriale; »» il tracciato della Fossa Viserba (o Canale dei Mulini); »» il tracciato delle ex-ferrovie dismesse Rimini-S.Marino e RiminiNovafeltria.
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4
amarcorderia
Viserba “È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee.” Renzo Piano
Fotografia di una fontana
della Sacramora a Viserba
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4. Viserba
S
ita a nord del centro storico di Rimini, dal quale dista 4 chilometri, la frazione di Viserba si sviluppa in una zona pianeggiante parallela al litorale. Questa è divisa in due (Viserba mare e Viserba monte) dalla linea ferroviaria, che seziona tutta la cittĂ a circa un chilometro di distanza dalla costa. Ă&#x2C6; dotata di una propria stazione ferroviaria e di un porto turistico.
N
N
Italia in Miniatura
scala 1:20.000 scala 1:20.000 percorsi ciclopedonali percorsi ciclopedonali ex Corderia
Corderia
ferrovia
ferrovia
stazioni
stazioni
strade principali
strade principali
linea autobus
linea autobus
por
por
fiera
ra centro commerciale
ntro commerciale
centro storico
72 centro storico
centro storico
scala 1:20.000 percorsi ferrovia stazioni
strade pr
linea aut por
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4.1 Cenni Storici
N
el periodo della costruzione della consolare Popilia (132 a. C.), oggi più nota come via Romea, la zona venne bonificata dagli acquitrini e ripartita con il sistema della centuriazione ad opera dei romani. Quella viserbese era una terra alluvionale particolarmente fertile prodotta dalle esondazioni del vicino fiume Marecchia, le quali avevano depositato strati di argilla organica e torba argillosa insieme a strati sabbiosi. Nel sottosuolo era inoltre presente una falda acquifera che si esprimeva in prossimità della costa con polle zampillanti di acqua dolce (come quella del Sourcioun, tuttora “viva”).
N
ciclopedonali
Non è certa l’origine della denominazione della frazione di Rimini, ma è possibile che questa derivi dalla peculiare copiosità, floridezza e vigore dell’erba, cioè davis herbae.
rincipali
tobus
La crisi dell’impero Romano e le invasioni barbariche crearono grandi difficoltà sia agli insediamenti che alla coltivazione. La zona regredì, ritornò progressivamente ad assumere il carattere acquitrinoso originario, sia per il progressivo abbandono dei campi e della rete idrografica (cura degli argini, dei corsi d’acqua, dei canali, ecc.), sia per le avverse condizione climatiche che si manifestarono, tra il IV e l’VIII secolo, con un abbassamento delle temperature e un aumento della piovosità. Questa provocò l’innalzamento del greto del Marecchia e quindi nuove esondazioni, con la conseguente formazione di acquitrini. Ci fu poi nel X secolo il cambio dell’alveo del Marecchia, il quale generò un ramo che sfociava proprio sulla spiaggia di Viserba. La zona venne poi bonificata nuovamente dai monaci benedettini della Basilica di San Vitale di Ravenna, intorno all’anno Mille.
[1] LUZI Maria Pia, “C’era una volta Viserba… e c’è ancora, quantunque estranea a quella passata, a quando chiamata Abissinia…”, Il Ponte, 8 giugno 2009
È probabile risalga a questo periodo un’altra possibile origine del toponimo, ossia fundus viserbae, nel senso di “via acerba” cioè strada aspra, difficoltosa; venne definita Abissinia perché era tutta “dune di sabbia, rovi, marruche e pochi capanni per il ricovero dei pescatori”. 1
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4. Viserba
I terreni costieri, dopo alterne vicende, divennero orti stupendi che alimentarono nel tempo i traffici ed i commerci grazie agli ottimi prodotti ottenuti tramite la coltivazione. Tra le industrie di più lontana presenza, oltre alle antiche attività della pesca e del commercio marittimo, tre meritano di essere menzionate: »» l’opificio per la brillatura del riso fondata dopo il 1850 dalla famiglia Brisi di Ancona; »» la fabbrica di cordaminata nel 1871,che diede lavoro ad oltre cento operai; »» la Fonte Sacramora , sorgente di acqua minerale dalle note proprietà terapeutiche e diuretiche.
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amarcorderia
Attorno al 1885 l’ingegnere bolognese Giambattista Bavassano, infatuatosi della frazione di Rimini, si fece promotore del comitato pro-Viserba e nel lustro successivo, per merito suo e dei capimastri Sante Polazzi, Francesco Mancini e Graziosi di Santarcangelo, Viserba ebbe un significativo sviluppo edilizio. Si iniziò ad intravvedere la possibilità di incentivare la crescente diffusione della talassoterapia e della villeggiatura litoranea in una località intima e tranquilla, costruendo villini per i benestanti nobili e industriali bolognesi, che per primi hanno colonizzato la costa viserbese, e promuovendone l’assetto urbanistico e viario. Sante Polazzi ed i suoi colleghi costruirono senza sosta edifici pubblici e privati; sorsero così un teatro, delle sale di conversazione, di lettura e un bar. Nel 1909, a Viserba venne costruita la stazione ferroviaria, ubicata sulla linea che collega Rimini a Ferrara passando da Ravenna, inaugurata il 10 gennaio del 1889, la quale diede un ulteriore impennata allo sviluppo della giovane località balneare, nel frattempo arricchitasi di diversi villini.
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4. Viserba
Insieme alle belle ville dei forestieri sorsero anche i primi alberghi, nel 1914 ve ne erano già quattro. Questi, in stile liberty e dotati di fontane da cui fluivano fresche acque, erano di proprietà di soggetti facoltosi, tra cui Enzo Ferrari, fondatore della famosa casa automobilistica, e Alessandro Bonci, tenore rivale di Enrico Caruso. Negli anni Venti Viserba era una desiderata meta di soggiorno estivo.
Il piccolo centro aveva acquisito un volto più definito, vivace ed animato, era nel mezzo della trasformazione che l’avrebbe fatto conoscere e apprezzare per la sua bellezza essenziale, le sorgenti zampillanti, l’abbondanza di acqua fresca e pura, il Sourcioun (luogo in cui l’acqua sgorgava in abbondanza e dava vita a sabbie mobili, soggetto di fantasie e aneddoti) e le diverse fontane alimentate dai pozzi artesiani. Erano gli anni in cui Viserba portava in testa la corona di “Regina delle Acque”, appellativo conferitole per le sue peculiarità. A testimoniarlo è anche una conosciuta locandina di Argo del 1928, che reca in basso la dicitura:
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“Viserba ha quale dono forse unico concesso alle spiagge del mondo un’acqua purissima e fresca che scaturisce spontanea da migliaia di fontane che confortano ogni villa anche la più modesta”.
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4. Viserba
Fu proprio l’abbondanza di acque sotterranee a fare pressione sullo sviluppo urbanistico e turistico della zona litoranea di tutta Rimini nord. Sembra proprio che a determinare il boom edilizio di Viserba sia stata la scoperta nel sottosuolo di sorgenti di acque potabili e purissime, a 10 gradi e mezzo di temperatura. Già nel 1907 il Gazzettino Verde scriveva:
“La deliziosa piazza di Viserba è ormai divenuta, quasi per incanto, stazione balnearia di primo ordine da tutti desiderata e ricercata; e ciò in grazia particolarmente della piena libertà che vi si gode, della eccezionale salubrità del luogo e della meravigliosa abbondanza delle sue acque potabili sgorganti chiare, cristalline e freschissime dai più che cento suoi pozzi Northon, tutti battuti dal peritissimo fontaniere Sig. Francesco Mancini di Rimini’. […] Grazie dunque a tanta preziosa risorsa naturale Viserba nell’arco di un decennio è diventata uno dei più graditi soggiorni estivi del riminese. Ha tanta ricchezza d’acqua persino da abusarne: ogni villino possiede la sua zampillante fontana e c’è persino chi ne ostenta più d’una.” 2
La facilità nel realizzare questi pozzi e il modesto costo per farlo moltiplicarono a dismisura le richieste per generarli e ne conseguì un consumo smodato di acqua potabile, fresca e cristallina da parte dei viserbese e dei villeggianti. Essa veniva usata anche per irrigare i campi e per lavare i panni. Per evitare almeno quest’ultima pratica si costruì un lavatoio pubblico parallelamente alla linea ferroviaria.
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[2] MASINI Manlio, Viserba nelle cronache della belle époque, Rimini, Panozzo, 2001
amarcorderia
Dallo scorso anno, a memoria del trascorso storico di Viserba, ogni 25 maggio si tiene la “festa delle acque”. Nel 1926 si avvertì l’esigenza di ampliamento degli alberghi; in quell’anno a Viserba erano operativi due hotel, tre alberghi, venti pensioni, ma il numero era destinato ad aumentare, a scapito dei bei villini. Solo alcuni di questi ultimi, pochi, esistono tutt’oggi; tra questi anche Villa Bonci.
“Il miraggio dell’Eldorado ebbe il sopravvento e trasformò le casette ingentilite da fregi e dimensioni umane in alti contenitori anonimi, e le viuzze luminose in asfittici budelli.” 3
[3] BERNARDI Enea, Storie su due piedi. Immagini della Memoria, stampato in proprio, 1995
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4. Viserba
4.2 Evoluzione
Negli ultimi vent’anni, Viserba è stata oggetto di una notevole urbanizzazione, chiara
VOCAZIONE PASSATA
manifestazione dell’espansione della periferia riminese.
Oggi l’offerta del mercato immobiliare sembra aver superato abbondantemente la domanda di residenze. Sono molti gli immobili e gli appartamenti sfitti, diversi i cartelli “vendesi” affissi a cancellate o a balconi.
urbanizzazione La zona a monte, dove vi è il 1948 centro studi, è quella di più recente urbanizzazione. urbanizzazione 2004 area ex Corderia
Viserba negli anni ‘20 del ‘900 vantava l’appella L’abbondanza di acque so erranee fu determ ricchi nobili e industriali, dota di pozzi artesia
Oltre alla pesca e all’agricoltura la frazione di R l’opificio per brillatura del riso e l‘ex Corderia.
urb
urbanizzazione 1948 urbanizzazione 2004 area ex Corderia
urb
qu
are
Edificazione significa va a monte della ferrovia, e agricole.
80
Edificazione significa va a monte della ferrovia, con la conseguente riduzione delle aree verdi e agricole.
Saturazio e ari di
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VOCAZIONE ATTUALE E POTENZIALITÀ
Coi circa 70.000 mq di superficie utile del quartiere PEEP, realizzato tra il 2007 e il 2010, Viserba ha visto un incremento notevole del suolo urbanizzato, la riduzione di aree verdi e l’allontanamento dell’area agricola.
rietà di
Oggi la frazione di Rimini vive essenzialmente di turismo, a mare della ferrovia ci sono ancora Il PRG prevede anche altre zone d’espansione edilizia. alcuni villini, ma sopra u o alberghi e pensioni.
amora,
Viserba può inves re di più sulla sua storia, sulle potenzialità del pennello d’acqua che collega un’area, delle ex Corderia, luogo storico e naturale, un “terzo paesaggio” il porto con l’entroterra, sulla picità, sulla C’è cultura, sulla quella crea vità e sulla produzioneunintesa di Gilles Clément, che sta resistendo, date le circostanze ed i tempi, a quella nel senso più nobile del termine.
e aree verdi
ee verdi
urbanizzazione 2004
urbanizzazione 2004 urbanizzazione
2014
urbanizzazione 2014
quar ere PEEP
quar ere PEEP
ex area exarea Corderia
urbanizzazione che fino a qualche anno fa pareva non avere inibizione alcuna.
Una delle azioni basilari è la riqualificazione e la rigenerazione degli spazi urbani storici e a forte valenza identitaria.
Corderia
Saturazione di alcune aree libere, costruzione di un complesso PEEP (2007-2010) di circa 7 e ari di superficie u le e del superstore “La Fonte”di circa 1.500 mq (2010).
Saturazione di alcune aree libere, costruzione di un complesso PEEP (2007-2010) di circa 7 e ari di superficie u le e del superstore “La Fonte”di circa 1.500 mq (2010).
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4. Viserba
museo delle conchiglie e della marineria
fonte Sourcion
2
3
4
lago Riviera pesca sportiva
5
7 scuola dellâ&#x20AC;&#x2122;infanzia 6
centro sportivo
casa del teatro e della danza SS16
mulino Carlotti
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amarcorderia
SCHEDA 5 // VISERBA // LA PERIFERIA OGGI
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club nautico
piazza G.Pascoli
centro studi di Viserba
area ex Corderia superstore
stazione di Viserba porto turistico di Viserba fossa dei Mulini tombinata fossa dei Mulini aree verdi aree agricole
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4. Viserba
4.3 La Fossa Viserba “C’era una volta un canale chiamato, al tempo degli avi, “La Viserba” e poi “Fossa dei Mulini”, dove nuotavano tinche, trote, anguille. Attraversava il paese, in cui era difficile mettere insieme pranzo e cena, e prima di sfociare in mare offriva un riparo alle battane e alle lance dei marinai.” 4
Un tempo ci si navigava, passando in mezzo a lance ormeggiate, tra canneti, al di sotto un tunnel di alberi, “in un canale vivo con gli argini fasciati dal legno”. 5
[4] BERNARDI Enea, Storie su due piedi. Immagini della Memoria, stampato in proprio, 1995 [5] Ibidem
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amarcorderia
Il percorso della Fossa dei Mulini parte dal porticciolo di Viserba. Attraversato il lungomare ci si immette su una discesa da cui prende vita una passeggiata.
porto di Viserba
1
fossa tombinata
2
via Marconi
porto di Viserba
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fossa tombinata
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via Marconi
6
via Fa ori
6
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Questa, intitolata ad Elio Pagliarani (poeta e scrittore autoctono) si trova proprio sulla â&#x20AC;&#x153;coperturaâ&#x20AC;? di quella che fu la Fossa dei Mulini. Passando fra case ed alberghi, dove un tempo vi erano i ricoveri dei pescatori, si giunge nel sito dellâ&#x20AC;&#x2122;ex lavatoio. via Fa ori
via Fa ori
5
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fossa tombinata
via Marconi
3
7
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4. Viserba
Oltrepassata la strada ferrata, il panorama cambia, ci si trova a camminare fra orti e giardini spontanei e si intravvedono allâ&#x20AC;&#x2122;orizzonte alti alberi ornati di edere e rampicanti. Questo a circa 500 metri dal mare.
Viserba
1
mbinata
2
Marconi
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via Fa ori via Fa ori
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fossa tombinata
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Proseguendo ci si trova costretti ad una leggera deviazione sulla destra che porta sulla via Fattori, che conduce fino allâ&#x20AC;&#x2122;antico mulino, costeggiato dalla trascurata Fossa, qui scoperta.
porto di Viserba
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86 tombinata fossa
2
via Fa ori via Fa ori
5
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fossa tombinata
3
amarcorderia
Procedendo ancora questa passa dall’altra parte della strada e, sulla sinistra, ci si imbatte in frammenti di recinti e in vecchie abitazioni in muratura, in avanzato stato di degrado. Sulla destra domina l’orizzontalità dei campi. porto di Viserba
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fossa tombinata
2
via Marconi
via Fa ori via Fa ori
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Via Marconi, l’altra strada che costeggia il lato lungo della ex Corderia, è una via alberata, stretta e lunga, in cui svettano gli alti platani che ne definiscono la linearità. porto di Viserba
1
fossa tombinata
2
via Marconi
6
via Fa ori
5
4 “a via Fa ori Su questa via si affaccia l’edifico portale”, razionalista, che ospitava gli uffici dell’opificio. fossa tombinata 3
via Marconi
7 87
4. Viserba
Da questo “muro abitato” prende vita il muro di cinta, che trasuda storia e mistero e che si interrompe lasciando posto a recinzioni raffittite dalla vegetazione. 1 è impenetrabile porto di ViserbaL’area dallo sguardo, i muri, alti circa 2,5 metri, non consentono di vedere cosa c’è al di là. via Fa ori fossa tombinata 2
via Marconi
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via Fa ori 5
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fossa tombinata
via Marconi
3
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5
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Ex Corderia “Assomigliava ad una fortezza assediata dal verde di una foresta aggressiva in cui regnavano indisturbati bisce e grandi uccelli. Con un abbraccio aggrovigliato l’edera stringeva tronchi secolari di acacie, olmi, pioppi.” Enea Bernardi
Area Ex Corderia, Foto Aerea
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5. Ex Corderia
L’
ex Corderia di Viserba è un importante complesso di archeologia industriale, una vera e propria istituzione per i viserbesi. È un’area di 77.000 mq, di proprietà della Renco S.p.A., Società di ingegneria e costruzioni attiva nel settore Energia, Oil & Gas e infrastrutture. I suoi limiti sono definiti da via Marconi, da via Amati e da via Fattori, quest’ultima segue la fossa dei Mulini (o Sortie), che divide Viserba dalla contigua Viserbella.
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5.1 Inquadramento
Collocata vicino al porto turistico, al lungomare e alla stazione di Viserba, l’area occupa una posizione strategica e ben accessibile.
Sono presenti nelle vicinanze il parco divertimenti “Italia in miniatura”, che dista meno di un chilometro dall’ex Corderia, il centro commerciale “I Malatesta” e la fiera di Rimini, questi ultimi posti a circa 4 chilometri di distanza dall’area dismessa. Di fronte alla chiesa di Santa Maria a Mare c’è piazza Pascoli, piazza di oltre 1500 mq di superficie, cuore sociale ed economico di Viserba. Qui, nel parcheggio di via Baroni in estate e in quello di via Morri d’inverno si tiene il mercato locale. Nei pressi si trovano anche il Lago Riviera (per la pesca sportiva), il centro sportivo “Circolo del tennis” (con campi da tennis, da calcio, da beach tennis e da beach volley), diversi istituti scolastici, un superstore di circa 1.500 mq con negozi annessi, il club nautico presso il porto turistico, il Piccolo Museo delle Conchiglie e della Marineria, la Casa del Teatro e della Danza e il mulino Carlotti. Questi ultimi tre costituiscono esemplari casi di riutilizzo di edifici esistenti. Il Museo, nato per merito dell’Associazione “E Scaion” (che prende il nome dall’attrezzo in ferro per la pesca delle vongole), si trova a Viserbella ed è stato allestito in una ex scuola elementare. La Casa del Teatro e della danza è ospitata nella vecchia chiesa di Viserba Monte (venduta dalla Diocesi di Rimini all’Amministrazione Comunale), trasformazione avvenuta anche grazie all’intercettazione di finanziamenti regionali destinati allo sviluppo delle politiche verso le giovani generazioni. Ultimo, ma non per questo meno importante, il caso del vecchio mulino Carlotti, anch’esso a Viserba Monte, in via San Giovenale, ristrutturato da un team di creativi tra cui figura anche il gruppo londinese dei Mutoids.
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5. Ex Corderia
Recupero e riuso culturale sono le parole chiave di questo progetto, chiamato “MeltingBox”, degli architetti Giancarlo Ghirardelli e Delphine Chouaib. Un complesso architettonico di inizio 1900, nel quale i due professionisti hanno inizialmente trasferito il proprio studio, che è divenuto luogo all’avanguardia, aperto all’arte e alla cultura. A sostenere la ristrutturazione, affidandola a Ghirardelli Architetti, è stato il proprietario, lo stilista britannico Paul Harvey (Stone Island). Così l’ex mulino è tornato a macinare, non più grano ma idee, progetti e linguaggi espressivi, diventando un fattore di rinascita e di sviluppo culturale. Nonostante alcune eccezioni è preponderante la dimensione residenziale della frazione di Rimini, definita da alcuni cittadini stessi “quartiere dormitorio” per l’assenza di luoghi per la socialità, di parchi e spazi verdi.
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amarcorderia
5.2 Era una Fabbrica “Fra i due secoli e fino al 1939 la Corderia è stata uno degli stabilimenti industriali più importanti della regione e dava lavoro ad intere famiglie”. 1
N
el libro “Viserba… e Viserba”, dal quale sono state tratte le notizie che seguono, Alessandro Serpieri ne racconta l’intera storia, riportando le informazioni acquisite da documenti e dalla memoria degli anziani. Al termine del 1700 il nord Italia, Romagna inclusa, venne contagiato da una vera e propria “febbre del riso”. Per questo motivo si moltiplicarono rapidamente le pile, per le quali era necessaria una corrente d’acqua che azionasse i congegni per la mondatura. Fu così che, tra il 1840 e il 1850, il penultimo mulino della fossa Sortie, subito a monte di quello detto “della marina”, venne ampliato al fine di affiancare ai palmenti da grano un impianto per la pilatura del risomesso in moto da una ruota idraulica azionata da una derivazione di acqua della fossa. Nell’anno 1856 la “Pileria Risi della Viserba” era di proprietà della ditta Brisi di Ancona ed era gestita da Daniele Serpieri. A quel tempo l’ingresso era su via Fattori. Nell’opificio si lavorava il risone, o riso greggio, quello che dopo essere stato raccolto, trebbiato e spulato, non è ancora pronto per il consumo alimentare perché i suoi chicchi, rivestiti dalla glume, devono prima subire il processo di “brillatura”, venendo in tal modo liberati dalla scorza. [1] MUCCIOLI Maria Cristina, “C’era una volta una fabbrica”, Vis a Vis, n.2, giugno 2013
La pila era costituita da una batteria di mortai con relativi pestoni alternativamente sollevati e rilasciati dalle camme di un albero orizzontale azionato dalla ruota idraulica. 95
5. Ex Corderia
La lavorazione del risone si svolgeva in più fasi successive. Dopo un primo trattamento di asportazione della scorza più esterna il riso veniva rimosso dai mortai, passato al setaccio e poi nuovamente sotto i pestoni per la “bianchitura”, operazione con cui veniva spogliato anche della seconda buccia più sottile. Nel 1870, probabilmente a causa della scarsa redditività dell’attività penalizzata dalla tassa sul macinato, i nuovi proprietari Ghetti e Turchi, subentrati a Felice Ronci, decisero di sospendere temporaneamente la molitura. Ma di fatto questa non fu più ripresa e la fabbrica viserbese proseguì l’attività come pila da riso e torcitoio da canapa. La trasformazione del mulino da grano in torcitoio2 avvenne in data 16 febbraio 1870, quando la società di Turchi e Ghetti ne diede una comunicazione alla Commissione Consorziale. Questo è l’atto di battesimo della Corderia di Viserba, quello che ne attesta la nascita ufficiale. È possibile che Ghetti, il noto industriale riminese dei fiammiferi, fosse interessato alla lavorazione della canapa anche perché un sottoprodotto della stessa consentiva di ottenere i “solfani” necessari alla produzione di “fiammiferi solfanelli fosforosi”. Dopo due anni, nel 1872, Turchi e Ghetti cedettero lo stabilimento alla ditta “Antonio Tozzi e Soci” di Trieste, che per circa vent’anni proseguì l’esercizio della duplice attività di pilatura del riso e filatura della canapa. Tra il 1879 e il 1883 la risicoltura Italiana era entrata in crisi e la produzione del risone era calata drasticamente rispetto al lustro precedente. A questo declino della coltivazione del riso si opponeva una crescente attività di produzione della canapa in Emilia-Romagna. Le fibre tessili minori (canapa, lino e juta) furono infatti un tempo fiorenti nella nostra nazione, in particolare nelle regioni ricche di materie prime (Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna e Campania). Per secoli l’Italia, caratterizzata da un’economia essenzialmente agricola, coltivò ed esportò canapa di elevata qualità. Si calcola che nella sola Emilia-Romagna, nel 1910 vi fossero 45.000 ettari di terreno 96
[2] Le fibre tessili, quali canapa, lino, seta e lana, prima di essere lavorate al telaio venivano filate o ritorte al fine di aumentarne la resistenza.
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coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari. L’industria di trasformazione del tiglio di canapa infilato e poi in tessuto ha un’antica origine. L’uso della canapa tessile ha un’antica tradizione in Italia. Era impiegata per la realizzazione di tessuti e corde resistenti ed era indispensabile per la marina, prima dell’avvento delle tecnofibre, per le vele e soprattutto le gomene. Oggetti romagnoli tipici di artigianato, che continuano ad essere prodotti ancora oggi, sono le tovaglie di canapa decorate con stampi di rame nei colori ruggine, verde e blu. Date le circostanze Tozzi, verso il 1890, decise di chiudere definitivamente la pila da riso per affiancare al torcitoio un reparto di corderia mobile attrezzato con un numero esiguo di macchinari antiquati. Si trattava di un capannone lungo 240 metri in cui si produceva la corda con metodo simile a quello dei mastri funai che ancora per molti anni continuarono a lavorarla a mano sugli argini dei corsi d’acqua, anche lungo la Fossa Viserba, ma mentre questi la ritorcevano manualmente, camminando a ritroso, nel capannone della Corderia si utilizzavano i buoi.
“Mastri funaj, faccenda curiosa la vostra: andar così sempre all’indietro, con quella fune che da la callosa mano vi nasce; e non mutar mai metro. Però, a pensarci, tutti quanti poi, mordano i soli, piangano le lune, modo diverso non teniam da voi; facciam la vita come voi la fune.” 3 [3] Poesia “La fune” di Pirandello
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5. Ex Corderia
La forza idraulica continuava ad essere riservata alla filatura a secco. Quello realizzato dal Tozzi era un impianto di corderia meccanica mobile, in cui le corde avevano caratteristiche finali simili alla pregiata corda lavorata a mano, a differenza del prodotto ottenuto con macchine fisse che era più economico ma mediocre. Era un impianto di piccole dimensioni, una fabbrichetta che nel 1898 aveva ancora l’ingresso su via Fattori. Soltanto negli anni a seguire si sarebbe estesa fino a via Marconi. Il modesto opificio sopravvisse fino al 1902, quando Tozzi cessò la lavorazione e, dopo un anno di inattività, cedette lo stabilimento al comasco Giuseppe Dossi, che lo gestì per quasi tre lustri, fino alla prima guerra mondiale. Dossi riavviò la produzione e modernizzò gli impianti dell’opificio.
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È a questo periodo che risalgono il prolungamento del capannone di corderia mobile da 240 a 300 metri di lunghezza, la sostituzione della trazione animale con quella meccanica e l’inizio della lavorazione di una particolare “cordetta lucidata” che, per bianchezza e qualità, fu determinante per la notorietà della fabbrica. Sempre il Dossi fece installare un impianto termico per produrre vapore, energia elettrica e forza motrice con caldaia e gruppo alternativo monocilindrico della “Franco Tosi di Legnano” e alternatore della francese “Compagnie Generale d’Electricitè”. Questi macchinari sono tuttora presenti all’interno delle degradate mura della fabbrica in discreto stato di conservazione. Dopo la cessione della Corderia il Dossi gestì per cinque anni, dal 1917 al 1922, il Bar della Stazione di Rimini, e dal 1910 il suo nome figurò, insieme a quello della moglie Angela Argenti, tra i benefattori che con le loro generose offerte promossero l’edificazione della Chiesa a Viserba. Dossi morì nel 1926, Viserba gli ha dedicato un piazza.
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5. Ex Corderia
Una rappresentazione a volo d’uccello del 1923 mostra com’era la Corderia prima del radicale mutamento degli anni trenta.
C’erano ancora il lungo capannone di corderia mobile e le due alte ciminiere che si elevavano ai lati della centrale termica. Vi si vedono la palazzina della direzione, dal lato di via Fattori e, verso via Marconi, i due piccoli fabbricati sostituiti in seguito dall’ingresso monumentale di chiaro impianto razionalista. Fu negli anni a cavallo tra la prima guerra mondiale e il dopoguerra che la Corderia di Viserba raggiunse il massimo sviluppo con i macchinari moderni e le maestranze locali specializzate, arrivando ad occupare più di 300 operai, costituendo così la principale fonte di ricchezza, dopo l’industria balneare, della frazione di Viserba. La Corderia era divenuta il punto di riferimento di Viserba, in un territorio, quello riminese, afflitto non solo dalla guerra, ma anche dalla catastrofe naturale del terremoto del 1916 (nei mesi di maggio e agosto).
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La guerra aveva fatto cessare gli arrivi di lino dall’estero e, per rispondere all’ingente fabbisogno bellico, lo sforzo produttivo si era concentrato sulla canapa così che, a partire dal 1917, l’opificio di Viserba era stato oggetto di particolari attenzioni subendo gradatamente diverse importanti trasformazioni (alcuni delle quali erano in corso nel 1923).
Fu aumentata la produzione delle corde, note per la loro peculiare bianchezza, e fu accresciuta la produzione di “cordette lucidate” e dei filati a questa occorrenti incrementando nel contempo la produzione di energia termica, termoelettrica ed idroelettrica. La prosperità di quei tempi era però all’epilogo perché all’orizzonte già si profilava la grande depressione economica del 1929, a causa della quale si rese necessario l’arresto dell’attività produttiva.
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5. Ex Corderia
“Oggi la sirena tace soffocata dalla crisi e la moderna e ben attrezzata corderia serve a magazzino silos per il grano”. 4
Negli anni trenta la Corderia subì un’ultima riconversione ed un temporaneo rilancio.
La planimetria della Corderia negli anni ’30 è profondamente mutata rispetto al 1923: scomparso il capannone di corderia mobile, al suo posto si ergono i vasti stabili con i reparti di filatura ad umido per le altane da cui sono coronate le oggi scheletriche strutture in cemento armato. Il lino infatti, a differenza della canapa, non può essere filato a secco ragion per cui la centrale termica, dovendo far fronte all’accresciuto fabbisogno di vapore, fu potenziata ed accanto al locale caldaie fu allestito l’ampio salone degli essiccatoi. 102
[4] Manoscritto Angelini, fonte riportata da A. Serpieri in “Viserba… e Viserba”
amarcorderia
La coltivazione delle fibre tessili minori, in particolare di canapa e lino, iniziò a mostrare un trend discendente. Le sanzioni conseguenti alla guerra d’Etiopia e la susseguente politica di autarchia avevano portato una diminuzione progressiva, sino all’arresto totale delle importazioni di lini greggi esteri, del sisal e della manilla e di pari passo una contrazione delle esportazioni, aggravata dalle perdite di cambio conseguenti all’allineamento monetario dell’ottobre 1936. Tale tendenza venne resa più evidente anche dalla progressiva industrializzazione che, con il conseguente boom economico, sancì il debutto sul mercato delle fibre sintetiche. Fu così che le fibre tessili minori sparirono gradualmente sia dal territorio che dalla memoria della maggior parte della gente.
Volgeva dunque al termine la lunga storia dell’opificio di Viserba, la cui memoria venne affidata ad un cartiglio dipinto sulla volta della palazzina della direzione: “S. A. A. I. LINO XVII”, quasi un richiamo alle origini; un voler rammentare la rubrica “Lino e calcina” degli antichi capitoli cinquecenteschi delle fosse di Rimini. Probabilmente XVII è riferito all’era fascista e significa che correva l’anno 1939, alle soglie della seconda guerra mondiale. Tutte le testimonianze sono concordi nell’affermare che allo scoppio del secondo conflitto mondiale la Corderia era già chiusa. Il 1 novembre 1943 alle 11.50 ci fu il primo bombardamento su Rimini e alcune bombe caddero alla Sacramora.
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5. Ex Corderia
Prima i tedeschi, poi gli alleati, usarono la Corderia come deposito di materiali bellici e da casermaggio. Dopo l’8 settembre i tedeschi vi tennero rinchiusi gli italiani catturati nei rastrellamenti (toccò anche ad Alberto Marvelli) e molti ricordano i prigionieri turkestani, i mongoli affamati chiedere il pane al di là del filo spinato.
“La Corderia di Viserba, nell’ allora via Manfroni (…) era stata nel frattempo circondata da alte mura ed adattata dai tedeschi a campo di concentramento: vi erano tenuti un migliaio di uomini di 30-35 anni, controllati da cattivissime guardie turkestane, trattati come animali, senza mangiare, a dormire per terra, al freddo, perché poi, di giorno, lavorassero ai fortini sul mare. Nessuno poteva ribellarsi o sarebbe stato ucciso. Tanto, dalla Corderia, furono caricati su camion e spediti in Germania. Due bambini che abitavano lì accanto, Guido e Salvatore Berardi, avevano scoperto un’uscita segreta, una specie di fogna, che dall’interno immetteva nella fossa dove scorreva l’acqua per il mulino, e svelandola ai prigionieri ne avevano aiutati parecchi a scappare. In agosto i turkestani lasciarono la fabbrica e dentro rimasero solo una ventina di soldati tedeschi che lavoravano per la segnaletica stradale. 104
amarcorderia
Poi, un mattino di settembre, quando il fronte era già fra Rimini e Riccione, passò sulla corderia un ricognitore inglese. Poco dopo, venendo su dal mare, aerei bimotore puntarono direttamente lì sopra. I soldati tedeschi cercarono di scendere al piano terra per una scala, quando gli aerei sganciarono il loro carico dirompente e li uccisero quasi tutti su quella stessa scala. In quel bombardamento morirono anche alcuni civili“. 5 A guerra finita la Corderia di Viserba fu acquistata dal finanziare milanese Ceschina con l’impegno, mai mantenuto, di ricostruirla e riattivarla. Da allora il complesso versa in un completo stato di abbandono. Le carte relative allo stabilimento di Viserba sono andate disperse nel bombardamento dell’agosto 1943.
[5] ARCANGELI Annamaria, Welcome to Nicktown: dalla Carpegna all’America, Rimini, Guaraldi, 2004, p.62-63
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5. Ex Corderia
5.3 Dal Dopoguerra ai Giorni Nostri
In seguito al secondo dopoguerra alcuni fabbricati, o parte di questi, vennero
occupati per lo svolgimento di diverse attività, come deposito, officina meccanica, falegnameria e maglieria. A testimoniarlo sono stati alcuni cittadini viserbesi che ho intervistato, i cui parenti più anziani vi lavorarono. Nell’edificio con le altane giacciono ancora a terra scarti della lavorazione tessile. Nel 1979 all’interno dello stesso stabile vi fu un incendio, alcune foto sono state scattate in occasione di questo e sono consultabili presso l’archivio fotografico della biblioteca Gambalunga di Rimini. Oggi l’area si presenta abbandonata, in compagnia della sola natura che di essa si è riappropriata. Solo il mulino ha un “custode”, l’anziano Raffaello Macrelli, che vi ha abitato in passato con la sua famiglia. Egli fa visita quasi tutti i pomeriggi al terreno che circonda il vecchio mulino per prendersi cura dell’orto che continua a coltivare. A visitare illegalmente la Corderia oggi sono solo curiosi, appassionati di fotografia e giocatori di soft air. Nel febbraio 2009 è stata programmata, su iniziativa di Adriaplast e di altre organizzazioni, la mostra fotografica “…la còrda lònga…”, che attraverso questo evento ne promuovevano la tutela. Nel 2010 è stata uno dei “teatri” della raccolta fotografica “Spiriti di Olimpia” dello studio Paritani, confluita in due apprezzate mostre, una a Rimini e l’altra a Gorizia. Nel 2011 è stata allestita una mostra fotografica sulla Corderia, a cura di G. Bernardi e di S. Mariotti dal titolo “Amarcorderia”.
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amarcorderia
Nel 2013 è stata soggetto di un progetto di ricerca e catalogazione intitolato “Via Marconi 47”, basato sui temi della memoria e della traccia dell’uomo, realizzato dallo studio grafico creativo Lacciuga.
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5. Ex Corderia
5.4 PUA “Ex Corderie”
Il Piano Urbanistico Attuativo (scheda 4.3a, Zona omogenea C2), proposto dalla Viserba Residence, società che fa capo alla Renco S.p.A. di Pesaro, è stato approvato in Consiglio Comunale in febbraio 2011.
Il piano prevede 20.770 metri quadri di edilizia residenziale privata, con una stima di più di 200 appartamenti, e un’altra dozzina di appartamenti di edilizia residenziale pubblica, di 972 metri quadri, nell’edificio di accesso all’area su via Marconi, da cedere al Comune, per un totale di 21.742 metri quadrati di edilizia residenziale. Il progetto è stato elaborato dallo studio Federico Oliva Associati di Milano. 108
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Il vecchio Mulino su via Amati, sempre secondo il piano, verrà affiancato da un ampliamento e trasformato in centro di quartiere e luogo di memoria storica. Sul lato sud sorgerà invece un centro direzionale e commerciale di 5.080 metri quadri. In mezzo, un parco pubblico attrezzato di 22.600 metri quadri. Un parco che non è molto compatto e si sfrangia tra gli edifici ad uso abitativo di cui è prevista la realizzazione.
In totale ai parcheggi, per oltre 500 posti auto, saranno destinati 11.780 metri quadri: a fianco del commerciale, su un’area di 2.500 metri quadri, ci sarà un parcheggio seminterrato su due piani.
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5. Ex Corderia
L’intervento comporterà una rivoluzione della viabilità: via Marconi sarà a senso unico, direzione monte-mare, mentre le vie Fattori e Amati, sempre a senso unico, saranno allargate. La convenzione firmata prevede che nei primi cinque anni (quindi tra febbraio 2011 e febbraio 2016) si metta mano a viabilità, verde pubblico e parcheggi. Questo per prevenire il ritornello che a Rimini prima si costruisce, poi si pensa a fare il resto. Nulla di fatto però si è mosso al momento, la proprietà dovrebbe accollarsi le spese della convenzione prima di realizzare un intervento che non è al passo coi tempi. Il PUA si basa infatti su un PRG datato ed è stato concepito in una congiuntura economica che è mutata. Questo è il motivo per cui l’area non ha subito alcuna trasformazione. Sembra essere ancora lunga l’attesa per questa riserva di territorio, verde e “incontaminata”. L’obiettivo della tesi è quello di indagare un modello di sviluppo alternativo, che si inserisca nel rispetto della storia del luogo, dell’ambiente, che si allinei ai punti fermi del Piano Strategico e che faccia leva sulle possibilità offerte dal territorio.
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5. Ex Corderia
SCHEDA 6 // EX CORDERIA // “SPIRITI DI OLIMPIA”
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5. Ex Corderia
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