5. Tra il coinvolgimento e la partecipazione c’è la socializzazione. Riflessioni aperte sugli Spazi Aggregativi di tre Progetti Giovani dell’Area Montebellunese di Andrea Conficoni
L'articolo 1 nasce dall'esigenza di riflettere e confrontarsi, come operatori, sulla dimensione di zona di attraversamento degli Spazi Aggregativi 2 (SA) con la loro funzione promozionale dei gruppi giovanili all'interno della comunità. Nello specifico, l'analisi, intesa come apertura di focus di riflessione, verterà sul fatto che questo attraversare lo SA vede sempre più protagonisti ragazzi e giovani di nazionalità straniera3. 1. Lo SA come spazio promozionale e progettuale Quando ci siamo posti l’obiettivo di considerare i processi che facilitano la trasformazione degli SA da spazi di attraversamento a spazi promozionali e progettuali, una prima finestra si è aperta sulla strutturazione dello stesso spazio. Come nascono gli SA? Quali mandati ricevono? Come si inseriscono nella rete dei servizi presenti nel territorio? Queste sono domande preliminari importanti per considerare il contesto operativo degli stessi SA e per considerare le dinamiche facilitanti una loro funzione promozionale e progettuale all’interno del territorio. 1 Questo articolo riprende le riflessioni fra gli operatori dei Centri Giovani di Montebelluna (TV), Crocetta del Montello (TV) e Giavera del Montello (TV): Alberto Baccichetto, Armando Bernard, Andrea Conficoni, Ivano Curtolo e Franco Marchiori. 2 Si utilizzerà la dicitura Spazio Aggregativo (SA) e non Centro di Aggregazione Giovanile (CAG) per non confondere i lettori rispetto ai significanti. L’esperienza degli operatori che hanno pensato a questo contributo sembra indicare che gli spazi di lavoro al centro delle riflessioni siano diversi da quelli, per esempio, della Lombardia, ai quali molta letteratura si riferisce. Usare il significante CAG risulterebbe quindi fuorviante. Un sinonimo usato sarà quello di Spazio Giovani (SG) o Centro Giovani (CG), appellativi dei tre spazi dove gli operatori lavorano. 3 Lo schema del contributo segue il percorso di riflessione compiuto: in questo senso le domande in corsivo che il lettore troverà mostrano i passi di meta-riflessione che lo hanno caratterizzato e ri-significato al momento della stesura.
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1.1 Educatori nell’aggregazione o animatori dell’aggregazione? La progettualità che sostiene gli SA si delinea nell’intreccio fra il mandato politico (dell’Amministrazione Comunale da cui i nostri CG dipendono) e l’intenzionalità educativa che noi operatori (con la Cooperativa per cui lavoriamo o a cui apparteniamo come Soci) portiamo. Le direzioni date da politici e educatori sono muri portanti dell’identità dello SA, le quali determinano la forza o la fragilità dello stesso nel territorio. Queste intenzionalità si possono, infatti, esprimere in forme e direttrici anche differenti; dobbiamo essere consapevoli che sia i momenti di sintonia che quelli di distonia fra le direzioni sono cruciali nella legittimazione dello stesso SA all’interno del territorio e della sua comunità. I risultati di questi ricami di volontà e progetti hanno fatto nascere gli SA come luoghi per l’aggregazione, connotandosi all’inizio più come fucine di iniziative di e per giovani. In questo senso gli spazi si sono riempiti di strumenti attraenti, tipo calcio-balilla, tavoli da ping-pong, giochi da tavolo, playstation e computer. Questo insieme di strumenti soprattutto ludici costituisce la struttura principale di richiamo; a questa si affianca quella data dalla possibilità di entrare in e stare dentro lo SA. Si attiva allora un Centro Giovani come spazio libero, aperto. In tale contesto noi operatori siamo chiamati a costruire un progetto educativo e formativo che darà significato a questo spazio libero, aperto, all’entrare e allo stare. Se pensiamo che la progettualità negoziata fra politici e operatori si situa all’interno di un più ampio approccio alla condizione giovanile, i Centri Giovani possono essere complementari ad altre azioni. In questo senso se una precedente attivazione di progetti di educativa di strada ha portato all’apertura dello SA, la progettualità sull’entrare e sullo stare nello SA porta con sé un valore ancora più ricco. L’intenzionalità educativa che stiamo cercando di portare avanti è quella che ci permette di assumere un ruolo che non si fermi a quello dell’animatore, ma che si sappia esprimere in quello dell’educatore. Più concretamente, se si vuole perseguire la direzione di uno SA come spazio promozionale e progettuale, in primo luogo dobbiamo considerarci educatori all’interno dello SA e non meri gestori (anche con funzioni animative, pur sempre legittime) dello stesso. La scelta, con le sue forme operative, non è scontata; la volontà personale a volte viene dribblata dalla complessità delle situazioni. Molte volte in cuore sentiamo la spinta ad agire come educatori e poi invece ci comportiamo, sic, come animatori-gestori. Possiamo dire allora che lo Spazio Aggregativo si può connotare in due grandi contenitori espressivi: • spazio di attraversamento, dove i ragazzi vengono quando ne hanno voglia. In questo caso, come operatore, cerco di trovare qualche rete per catturare più gente possibile, visto che il flusso della presenza rende poco definibile il gruppo dei frequentatori. Sotto questa prospettiva si può avere 119
uno SA promotore di iniziative, dove i ragazzi trovano una scelta più o meno ampia di attività a cui possono aderire, iniziative che possono alzare il loro livello di voglia di entrare-stare. C’è il pericolo che le attività più o meno estemporanee si costruiscano in processi di coinvolgimento guidati dalla necessità di creare sempre interessi nelle persone, trattate più come consumatori, come «oggetti da coinvolgere»4; • spazio per il coinvolgimento promozionale, dove i ragazzi e gli operatori possono progettare e strutturare delle attività insieme, riconoscendo e legittimando alcuni bisogni ed interessi espressi all’interno dello SA. In tali condizioni si legittimano i presupposti per la co-progettazione (con una conseguente – e sana – ridefinizione dei ruoli all’interno delle attività o dello stesso SA tra ragazzi e operatori 5) o, più in là, per la co-gestione del Centro Giovani. Nella quotidianità lavorativa sentiamo che il nostro operare rischia di rafforzare la dimensione dello SA come spazio di attraversamento, spazio trasformabile a seconda di quello che è più attraente per i ragazzi; in agguato ci sono però derive difficili da gestire per la costruzione di relazioni educative significative, come quando lo SA è più una sala-giochi che uno spazio per incontrare qualcuno. Le due connotazioni (spazio di attraversamento e per il coinvolgimento promozionale) non sono però escludenti: ognuno dei tre SA (con le sue attività) rientra in una di esse. A nostro avviso, pur ritenendo la seconda come educativamente significativa in un’ottica di sviluppo di comunità, anche la dimensione di attraversamento dello SA ha la sua importanza: essa riguarda l’attrattività e il grado di apertura che esso dimostra per chi abbia voglia di conoscerlo. Non si può nascondere però che, in questo caso, la dimensione di attraversamento ha una sua strumentalità: serve per andare oltre. 1.2 Lo SA all’interno del territorio comunale Un’espressione della relazione fra mandato politico e educativo si mostra nel riconoscimento dello SA sia all’interno della struttura dei servizi comunali, sia all’interno della comunità territoriale. Se il Centro o lo Spazio Giovani risulta uno spazio dedicato alla gestione del tempo effimero dei ragazzi (magari di quelli stranieri perché così non vanno a dare fastidio in giro) oppure uno spazio dove si riescono a promuovere iniziative a partire dai bisogni espressi e condivisi dei giovani, questo porta con sé differenti ricadute in termini di identità dello SA nel territorio e nella comunità. L’identità si definirà 4 Cfr. Branca P. (1996), “Il potere della comunità locale tra coinvolgimento e partecipazione”, in Aa.Vv, Il lavoro di comunità: la mobilitazione delle risorse nella comunità locale, Quaderni di Animazione e formazione, Gruppo Abele, Torino, p. 84. 5 La ridefinizione dei ruoli e delle funzioni all’interno dello SA viene considerata un indicatore significativo di empowerment.
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dunque su tratti diversi a seconda dei casi: uno spazio di cui quasi non si conosce l’esistenza, oppure un centro da dove partono iniziative interessanti ed utili per la comunità. L’immagine che lo SA si conquista o quella che subisce, dipende anche da molti fattori strutturali – quasi geografici – che possono permettere o meno che l’identità convenuta possa essere rimessa in gioco, negoziata collettivamente, riconosciuta e valorizzata sotto un più ampio raggio di punti di vista. Se pensiamo alla semplice collocazione del Centro Giovani nel territorio comunale andiamo a considerare un dato di non poco conto: se lo SA si trova rintanato dentro una scuola, oppure a lato di qualche struttura ben frequentata il discorso muta. Guardando ai Centri Giovani dove operiamo abbiamo tre casi differenti: • il Centro Giovani di Montebelluna prima si trovava nello stesso stabile della Biblioteca Comunale, molto frequentata dagli adolescenti e dai giovani. Quando la Biblioteca è stata trasferita in una nuova sede sia il numero sia la tipologia di ragazzi e ragazze che frequentano il Centro Giovani hanno mostrato sensibili cambiamenti; • il Centro Giovani di Giavera del Montello due anni fa si trovava in un’aula interna alla Scuola Media; da un anno, pur trasferendosi in un altro spazio dello stabile scolastico, ha un ingresso indipendente che si affaccia su un luogo di passaggio sempre più movimentato, anche per la costruzione di un nuovo polo abitativo nelle sue vicinanze; • lo Spazio Giovani di Crocetta del Montello si è trasferito da poco da una posizione centrale (a lato del Municipio) ad una più periferica; questo ha diminuito per un po’ la frequentazione, ma può dimostrarsi strategicamente importante in futuro perché si trova accanto alla sede della Biblioteca Comunale, del Museo e della Scuola Media. Essere in una posizione strategica facilita l’accesso allo SA, anche solamente visivo; la gente potrà sbirciare dentro il Centro Giovani o entrarci, sentire o toccare cosa si propone. Nella situazione in cui, per esempio, il Centro Giovani sia tacciato di essere uno spazio frequentato solo da sfigati o cannati, la visibilità può mostrare alla gente qualcos’altro. L’intreccio di vari fattori e condizioni (fisiche e oggettive, politiche e operative) accompagna dunque la definizione di un primo tratto identitario dello SA 6. La sua valenza più o meno promozionale, la sua posizione più o meno marginale, il suo riconoscimento come servizio all’interno della comunità, incidono in maniera significativa nella vita dello SA e nelle condizioni di lavoro al suo interno.
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D'altronde l’identità è un sistema complesso di rappresentazioni che dipendono da tali fattori e condizioni, pulsanti all’interno come all’esterno dello SA.
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2. Lo SA e le identità che lo attraversano e lo vivono Riflettere sull’identità dello SA ci porta a guardare all’influenza di altre identità, quelle di chi lo attraversa. Gli spazi di aggregazione, riferendosi a ragazzi adolescenti e giovani, si confrontano primariamente e necessariamente con delle identità deboli. Usiamo questo aggettivo per considerare un insieme di soggetti anche molto differenti, le cui caratteristiche richiedono precise competenze educative, oltre allo sviluppo di particolari sensibilità. A scanso di equivoci non intendiamo connotare la debolezza in termini deficitari; essa si caratterizza nel fatto di riguardare sia alcuni processi di costruzione della personalità ancora in atto in chi frequenta lo SA (e quindi tutto ciò che accompagna il periodo dell’adolescenza), sia gli effetti che hanno su di loro alcune dinamiche più estese come per esempio l’accettazione o meno della presenza di stranieri (tema comunque centrale nel nostro territorio trevigiano) e il processo di integrazione attivato dalla comunità territoriale. Chi entra nei nostri SA? Le identità deboli che conosciamo sono raggruppabili nel seguente modo: • gli adolescenti (la debolezza rimanda alla particolare fase di vita); • gli adolescenti e giovani non-autoctoni, italiani e stranieri (la debolezza rimanda al loro livello di integrazione nella comunità)7. L’obiettivo che ci spinge a scrivere questo contributo ci richiede di riflettere soprattutto sui giovani e adolescenti non autoctoni. Perché sempre più sono gli adolescenti e i giovani non autoctoni (soprattutto stranieri) che frequentano i nostri Centri Giovani? Le risposte che ci siamo dati considerano aspetti diversi. Quando un ragazzo o un giovane arriva in un nuovo Comune, se intende usufruire di uno spazio aggregativo presente nel territorio, viene attratto maggiormente da quelli meno connotati a priori, da quelli che richiedono meno requisiti. Pensiamo per esempio che un Centro Giovani sia percepito da un musulmano come uno spazio più accogliente rispetto ad un oratorio parrocchiale. O forse è più facile avvicinarsi ad uno SA che ad una società sportiva. Il Centro Giovani, crediamo, si connota come uno dei primi spazi possibili di appartenenza al nuovo territorio, sia che i ragazzi arrivino dal Marocco o dalla Calabria. In questa prospettiva lo SA mostra una grande potenzialità: sembra rivelarsi attraente in un iniziale processo di radicamento nel territorio. Lo SA si rivela uno dei primi spazi possibili per provarsi, percepirsi appartenenti al nuovo territorio; in questo senso il Centro Giovani è uno spazio attraversato da persone in cerca di inediti contesti di socialità dopo il cambiamento vissuto. In queste condizioni la progettualità educativa dello SA può inserirsi 7 In una riflessione più ampia tra noi operatori ci sembra utile considerare il fatto che nei Centri Giovani, in termini assoluti, la presenza femminile è sensibilmente minore, e quindi dobbiamo chiederci anche “Chi non entra nei nostri SA?”.
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nella volontà di riconoscimento e valorizzazione di chi lo frequenta. Possiamo immaginare lo SA come un ponte per raggiungere e conoscere il nuovo territorio: se il ponte riesce (con l’intera comunità) a valorizzare chi lo attraversa, questi raggiunge l’altra sponda con un’identità riconosciuta, per mezzo di un’interazione funzionale alla valorizzazione di aspettative, bisogni ed interessi. Se il ponte si costruisce come uno spazio per rifugiati, semi-clandestini (con la negazione di un’interazione paritaria con la comunità territoriale), le identità in ingresso avranno risposte comunitarie che vanno dall’accoglienza emergenziale alla mera ghettizzazione. Quando lo SA è già frequentato da un certo numero di persone di nazionalità non italiana, i ragazzi italiani possono esprimere più o meno marcatamente il modo di agire stereotipato dominante della comunità adulta. Si riscontrano dunque delle dinamiche che cercano più l’evitamento e lo scontro che l’incontro e il confronto. Possiamo leggere sotto questa prospettiva il progressivo svuotamento dei ragazzi e delle ragazze italiani nei Centri Giovani dove si registra una presenza significativa di persone di altra nazionalità. È il sistema di relazioni fra identità culturali e religiose, che si rivelano più o meno facili e che si esprimono nella facilità o meno di condivisione degli spazi all’interno del Centro Giovani. Lo stesso discorso deve inoltre comprendere la relazione fra comunità straniere: la presenza di una richiama o allontana la presenza di un’altra. Come muoversi in queste situazioni, in queste fasi di cambiamento della nostra società locale? Noi operatori degli SA ci troviamo a lavorare in luoghi percepiti come proprietà sottratte da alcuni ad altri, tra stanze che magari vengono suddivise nell’uso per nazionalità («lì ci sono gli italiani, laggiù più i marocchini e gli albanesi»). 3. Dall’aggregazione alla socializzazione Lo scoramento che le nuove condizioni producono in noi operatori si rafforza nel fatto di sentirci spaesati; siamo disorientati e a volte impreparati ad affrontare le nuove sfide relazionali che i contesti di oggi pongono. Ragazzi che quasi non parlano italiano, formazione di gruppi che per le loro differenti identità culturali e religiose vivono gli SA per lo più in forme isolate, stereotipi prodotti nella realtà locale che si riflettono nel micro-contesto del Centro Giovani. Tante situazioni che fanno sentire noi stessi operatori identità deboli, indecisi nella progettualità in cui siamo inseriti. Ci sentiamo sopra un confine e non capiamo da che parte stare, dove andare. Sono nondimeno emozioni che si trasformano in indicatori utili per il cambiamento: ci sembra possibile proprio qui vedere il problema trasformarsi in risorsa, come fonte di voglia di cambiamento. Il percorso è lungo e parte dal nostro operare nel e sul contesto relazionale degli SA. La stesura dei progetti 123
comprende sempre frasi come «facilitare la nascita di relazioni significative dal punto di vista educativo»; probabilmente però si dimostra un obiettivo che con innocente presunzione si dichiara presto raggiunto e si perde sotto la marea di iniziative che lo Spazio Aggregativo deve comunque produrre per il suo appeal, per portare qualcosa di concreto in mano all’assessore, o per rientrare nei progetti con finanziamento regionale od europeo. Sentiamo che le difficoltà operative e molti dei problemi che a volte esplodono negli SA, svelano come la dimensione relazionale sia da noi e dalla progettualità generale poco gestita o gestita male, oppure che debba essere riconsiderata alla luce delle nuove condizioni. Per noi operatori è più facile considerare e fantasticare sulla strutturazione hardware dello SA, sulla sua collocazione all’interno delle reti territoriali. La funzione promozionale nasce da un’ingegneria pensata più a tavolino che nata dai vari processi relazionali attivati; le sfide attuali, però, ci mettono varie volte in scacco la struttura presente, incapace di modellarsi sotto le nuove spinte, mantenendo una direzione di sviluppo di comunità 8. Lo SA deve potersi esprimere come spazio nel quale vengono affrontate le dinamiche relazionali, le abitudini di riconoscimento come quelle di negazione presenti all’interno come all’esterno, per farne contenuto di confronto e di riconoscimento fra le identità. La funzione promozionale e progettuale dello SA si andrà necessariamente ad esprimere nella promozione e attivazione di processi di legittimazione e valorizzazione delle diverse identità, dei gruppi come dei singoli. Lo SA potrà sperimentarsi come contesto per forme innovative di connessione fra persone e gruppi, che a livello macro non sono ancora legittimate o sono addirittura represse. La socializzazione faciliterà l’appartenere dei ragazzi e delle ragazze ad un nuovo soggetto plurale, il noi dei giovani dello SA. Nella valorizzazione della dimensione relazionale e della sua valenza territoriale, la socializzazione che può avvenire e avviene all’interno dello SA è la chiave per il passaggio fra coinvolgimento e partecipazione, fra l’aprire il Centro Giovani come spazio da attraversare e il farlo percepire e vivere come spazio legittimante, promozionale. «Il coinvolgimento può assumere il significato di un processo che fornisce l’opportunità ai diversi soggetti del territorio di riconoscersi e di essere legittimati nei loro problemi e nelle loro potenzialità. In questo senso il coinvolgimento assume la valenza di una condizione necessaria per promuovere la partecipazione come un’azione di influenzamento e decisione collettiva fra soggetti della comunità, per soddisfare i bisogni e risolvere i problemi della comunità» 9. È qui che lo SA si trasforma da spazio per il tempo effimero a spazio per la socializzazione e l’incontro. La valenza promozionale nel territorio si espri8 Branca P., (2000), Organizzare la partecipazione o partecipare l’organizzazione?, «Animazione Sociale», 3, p. 47-56. 9 Branca P., (1996), op. cit., p. 90.
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merà anche nelle iniziative generate: esse sapranno esprimere l’innovazione e la ricchezza dei sistemi relazionali legittimati all’interno dei Centri Giovani. Questo ci viene richiesto dalla presenza dei nuovi scenari identitari della società : lavorare nelle relazioni.
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