MODIFICAZIONI

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MODIFICAZIONI Sharon Ambrosio Greta Benelli

laboratorio di progettazione architettonica III Prof. Massimiliano Roca integrazione Prof. Maddalena D’Alfonso collaboratori Arch. Andrea Fradegrada Arch. Giovanni Munafò Arch. Simone Natoli Arch. Pietro Todeschini Arch. Flavio Vida

a.a 2012/13


indice

Il vuoto

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Il segno

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La storia

p. 39

Il percorso

p. 57

La luce

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La composizione

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IL VUOTO “L’architettura è vuoto, tocca a te definirlo” Luigi Snozzi

Il vuoto è da sempre una condizione con cui l’uomo è costretto a relazionarsi. A partire dalle grandi distese naturali, come il cielo, il deserto e l’oceano, fino al tessuto urbano, il vuoto è uno spazio che l’uomo cerca di conatrollare e plasmare a suo piacimento. Ciò è dovuto al fatto che il vuoto genera nell’uomo sentimenti contrastanti e spesso negativi. Da sempre i grandi spazi disorientano e destabilizzano l’uomo che, sentendosi piccolo e impotente, si sente minacciato. Il concetto di vuoto è materia di studio e di confronto per ogni architetto e in particolar modo il suo paradosso intrinseco: il vuoto come assenza o il vuoto come attributo qualitativo? Il vuoto come assenza risulta essere un concetto limitato e sterile, in quanto ostacolo all’analisi e alla progettazione di uno spazio considerato adimensionale. Al contrario il vuoto assume qualità e dimensione se inteso come spazio complementare a ciò che lo racchiude, come negativo del pieno che lo genera. In questo senso il vuoto è portatore di valori e peculiarità specifiche e proprio per questo componente fondamentale e specifica di ogni intervento. Nel tessuto urbano il vuoto rappresenta il rapporto e l’elemento di unione tra le parti rimaste. La città è composta da momenti che vengono definiti vuoti, spazi aperti con un proprio valore simbolico e rappresentativo, intervalli assenti posti a margine tra le costruzioni. Il vuoto si crea e si genera grazie alla presenza del pieno e la natura di ogni vuoto è strettamente correlata alla natura del pieno che lo genera. A partire da questa considerazione ogni vuoto ha una propria identità e personalità. All’interno di ogni città si possono distinguere vuoti differenti: ci sono vuoti disegnati, generati intenzionalmente come la piazza, la via che lega suoli pubblici e privati e in generale tutti quei vuoti che organizzano il senso e la relazione tra i diversi spazi dell’abitare, e vuoti definiti “di risulta”, nati in seguito a fatti e fenomeni di natura storica, funzionale e sociale.

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Monument Valley Bamiyan, Afghanistan _ Steve McCurry

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Muro del pianto, Gerusalemme Italia _ Steve McCurry

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Ground Zero, New York Buco grattacielo di Calatrava, Chicago _ Michele Nastasi

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Piattaforma delle arti e della creativitĂ , Guimaraes _ Pitagoras Arquictectos Guggenheim, New York _ Frank Lloyd Wright

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I temi di progetto affrontati durante questo laboratorio si riferiscono a due grandi aree vuote nei centri della città di Mantova e Milano. Le due aree di progetto, nonostante affrontino entrambe il tema del vuoto nel tessuto urbano e rappresentino un documento leggibile delle epoche storiche che hanno segnato e determinato la costruzione della forma urbana delle due città, presentano caratteristiche e peculiarità molto diverse e proprio per questo hanno portato a un’elaborazione di analisi e di strategie progettuali differenti tra loro. Per quanto riguarda Mantova, il vuoto appare come un disegno compito, formato da un assetto architettonico e urbano compiuto. Piazza Sordello rappresenta uno spazio che è rimasto inalterato e protetto durante le epoche di trasformazione storica della città, di cui mantiene memoria nella presenza eterogenea delle architetture che tuttavia manifestano unitarietà volumetrica e morfologica, formando una perfetta immagine architettonica.Questa piazza è un’immagine emblematica del tradizionale recinto curtense, un grande spazio che si apre quasi inaspettatamente nel denso tessuto gotico che caratterizza la città storica di Mantova e che si pone come filtro e passaggio tra questa realtà e il dilatarsi degli spazi e del costruito in direzione del Mincio. Partendo da questa considerazione, la base del nostro intervento è stata appunto quella di sottolineare la direzione che segna questo passaggio e cambiamento del tessuto urbano e quindi la longitudinalità di questo grande vuoto, in cui la dimensione della lunghezza, 150m, si impone prepotentemente sulla larghezza, 55m circa. Il vuoto di via Brisa a Milano invece si presenta come un vuoto di risulta dovuto al fatto che la lacerata conformazione di questo spazio deriva dall’azione combinata dei bombardamenti del’43 e della speculazione edilizia del dopoguerra. Lo spazio che si viene a creare risulta da un lato indeterminato e ambiguo, ma al tempo stesso ha il potere di rievocare le trame delle architetture ormai distrutte e scomparse che un tempo caratterizzavano l’area. Il vuoto di via Brisa appare come un mosaico delle epoche storiche della città di Milano, da quella romana a quella rinascimentale, da quella medievale a quella attuale; un mosaico a cui però mancano dei tasselli, incompleto, quasi imploso. La compresenza delle diverse epoche storiche, che implica in primo luogo eterogeneità e frammentazione, non si evince solo dai fronti urbani che circodano questo spazio, ma anche e soprattutto dalla conformazione dei suoli e dalla sua variazione metrica, materica, storica e funzionale. Sono state proprio queste considerazioni a guidare il nostro intervento che si ripropone di ricomporre un tassello mancante del mosaico, tracciando un segno che vada a ricomporre la forma del precedente isolato e a ricostruire il fronte urbano.

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Analisi tessuto urbano di Mantova _ scala adattata (scala originale 1:2000) I vuoti recintati di Mantova _ scala adattata (scala originale 1:500)

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I recinti di Milano _ scala adattata (scala originale 1:5000) I vuoti di Milano _ scala adattata (scala originale 1:2000)

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IL SEGNO “Se i quadri potessero essere spiegati e tradotti in parole, non ci sarebbe bisogno di dipingerli” Gustave Courbet

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La funzione di segni e simboli si esprime nel tentativo di razionalizzare e dare un ordine alle cose, nell’attribuire un senso a quanto si vede e si sente intorno e dentro di sé. Il termine segno deriva dal latino signum e letteralmente significa segno visibile o sensibile di qualche cosa, probabilmente connesso al verbo secare (tagliare, incidere). Il segno è oggetto fondamentale della semiotica, secondo cui è costituito da un segnale, una referenza ed un referente, che rinvia ad un contenuto preciso e circoscritto. Il senso, il valore ed il contenuto del segno è compreso attraverso il significato stesso. Anche dalla tradizione classica ci giungono scritti riguardanti il segno. Aristotele ritiene l’uomo differente dagli altri animali per il fatto di possedere il linguaggio ed il logos. L’agire dell’uomo dunque è connesso alla sua capacità argomentativa, che può guidarlo nella scelta delle sue azioni, dei suoi gesti. Con i gesti e i segni compiuti, viene attuata una valutazione argomentativa che indirizza il desiderio e la volontà verso un fine ponderato. Secondo il filosofo greco, l’agire e i gesti umani sono puro desiderio che ragiona, mente che desidera. Dunque, il fine ultimo delle scelte dell’uomo, secondo Aristotele, è il raggiungimento dell’eudaimonìa (felicità), attraverso il linguaggio che lo guida nell’agire etico. Il filosofo Sant’Agostino fu il primo a classificare i segni: i segni naturali e i segni artificiali. I primi, detti anche indizi, sono tutti quei segni che non sono stati creati per significare qualcosa di preciso, ma rimandano ad altri oggetti attraverso l’esperienza. I segni artificiali sono invece creati per la comunicazione, come il linguaggio, e sono detti anche intenzionali poiché hanno la funzione di trasmettere un concetto.Il concetto di segno artificiale si può declinare anche a livello grafico, facendo riferimento al gesto naturale e spontaneo di chi tenta di esprimere un concetto in modo pratico e immediato. In architettura ogni segno e ogni gesto corrispondono a una precisa intenzione, scelta progettuale e necessità espressiva.

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India _ Steve McCurry Il taglio _ Lucio Fontana

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Grafica The Shift, Canada _ Richard Serra

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Strada del Pacifico che divide le l�linee nazca� _ Bruce Chatwin Castel Grande, Bellinzona _ Aurelio Galfetti

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Gibellina _ Alberto Burri Christo e Jeanne-Claude

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Christo e Jeanne-Claude Termas de puritana _ German del Sol

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Piattaforma delle arti e della creativitĂ , Guimaraes _ Pitagoras Arquitectos Laban Contemporary Dance Center, Londra _ Herzog e de Meuron

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I segni e i gesti che compiamo quotidianamente tracciano una fondamentale linea su ciò che siamo, ciò che vogliamo, proviamo e pensiamo. Entrambi i nostri progetti sono generati da un gesto che si è tradotto in un segno sulla carta. Per quanto riguarda Mantova il segno tracciato scaturisce dalla naturale longitudinalità della piazza stessa, attraversandola da parte a parte per sottolineare il passaggio tra due parti di città con peculiarità differenti: dal denso tessuto gotico all’apertura del fronte verso il Mincio. Tale segno si traduce concretamente in una frattura del suolo che permette la transizione da una realtà storica contemporanea a quella romana.

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In via Brisa il progetto nasce dal segno tracciato per ricreare la naturale configurazione dell’isolato e si configura come perimetrazione del recinto, ossia l’individuazione di una linea che segna la distanza tra una condizione esterna e una interna. Il gesto iniziale, portatore di un’idea di chiusura del singolo isolato rispetto alla città, si evolve e si frattura l’inserimento di due coni ottici volti a collegare visivamente l’interno con l’esterno. Tale segno nel corso del progetto si è trasformato da una linea dura e spezzata a una linea morbida, atta a sottolineare maggiormente la fluidità e l’armonia dell’intervento. In pianta il segno guida l’cchio di chi l’osserva dall’inizio dell’isolato fino alla zona degli scavi, punto verso cui la conformazione della piazza e del suolo tendono. Il gesto iniziale anche in alzato un ruolo fondamentale, infatti esso si è tradotto in un vero e proprio fronte urbano costruito.

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Foto modellino 1:200 _ Mantova

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Foto modellino concetturale, la ricostruzione del fronte _ Via Brisa

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Prospetto su fronte strada _ Via Brisa scala adattata (scala originale 1_200)

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LA STORIA “PIù si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere” Winston Churchill

Fornire delle risposte sicure ed oggettive a cosa sia la storia e quale sia il suo ruolo per l’uomo non è plausibile. Noi facciamo parte della storia, siamo la storia. La viviamo giorno per giorno e la facciamo, la creiamo quotidianamente. Per poter dare un giudizio obiettivo ed neutrale della storia dovremmo collocarci al di fuori del mondo e della società.

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La storia è comunemente intesa come una sorta di “memoria collettiva”, una base su cui l’umanità acquisisce ed apprende la propria esperienza . Si tratta di un ricordo dell’insieme dei fatti che appartengono al passato. Attualmente il sostantivo storia viene utilizzato per indicare sia ciò che è accaduto agli uomini sia lo studio da parte di uno studioso di ciò che è successo: proprio quest’ultimo significato talvolta viene distinto con la lettera maiuscola, “Storia” o con il termine storiografica, che indica la letteratura dedicata e il corpus delle interpretazioni prodotte dagli storici. Il termine storia deriva dal greco antico historìa (ricerca), connesso al verbo historèo (interrogo, investo) e al perfetto greco oida (conoscere). La storia nasce nell’antica Grecia con l’avvento delle pòleis, le città-Stato. Si sviluppa, dunque, dopo la nascita della filosofia, in determinate condizioni e attraverso lo sviluppo del commercio, degli scambi, dei traffici marittimi, delle tecniche e del pensiero. Il discorso storico nasce con il padre della storiografia, Erodoto (460/396 a.C.), dinnanzi agli eventi che sconvolgono l’Ellade, ricercando le ragione della vittoria delle pòleis. Il quadro che fa da sfondo a questa materia è lo sviluppo del lògos, ossia il pensiero ragionato-ragionevole. Anche Tucidide, storeografo greco, ricerca le cause della guerra del Peloponneso, che segna il declino di Atene e della Grecia delle pòleis. Successivamente, lo storeografo Polibio ricerca le ragioni della grandezza e dello sviluppo di Roma. Dunque, i padri della storiografia greca trasformarono il significato del termine storia dall’ambito giuridico a quello propriamente storico, ricercando ed indagando riguardo a ciò che era accaduto.

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Anche Aristotele, nei suoi scritti, utilizzava il termine storia, indicando una conoscenza acquisita tramite indagine e ricerca.

storia sempre riferita al presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.”

A seguito gli storici latini distinguono le res gestae, ossia le azioni e le imprese compiute. Le parole di Cicerone nel De Oratore (II, 9) sono spesso citate per affermare la funzione ammaestratrice dell’esperienza storica, considerata un perno fondamentale, su cui gravita la vita moderna dell’uomo e dal quale si possa imparare, per non compiere più gli stessi errori: “Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis” “la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità.”

Dunque, tramite la conoscenza e l’analisi del passato di cui siamo prodotto, possiamo riscattarci da esso nel presente. Alessandro Manzoni nell’introduzione de I promessi sposi scrive: “L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia.”

Nel 1965 nasce la filosofia della storia con lo scritto Philosophie de l’histoire di Voltaire. Lo sviluppo di questo ramo filosofico prosegue grazie alla necessità dell’uomo di sentirsi coinvolto nell’accrescimento dell’umanità, verso uno scopo ed una meta condivisi e desiderabili per i singoli. Dunque, si occupa del significato della storia umana, ipotizzando un possibile fine teleologico del suo sviluppo (la dottrina filosofica del finalismo concepisce l’esistenza della finalità non solo nella comune attività volontaria dell’uomo, indirizzata alla realizzazione di uno scopo ma anche in quelle sue azioni involontarie e inconsapevoli che, tuttavia, realizzano un fine). Si pone, inoltre, come obiettivo la dimostrazione di un possibile disegno, scopo, obiettivo o principio guida nel processo della storia umana. Il filosofo-storico Benedetto Croce (1866/1952) è considerato il principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente dello storicismo, secondo il quale: “tutta la realtà è concepita come storia, nel senso di un radicale immanentismo”. Croce ritiene che la storia non sia cronaca, né arte, né retorica ma la vera conoscenza del reale e si esplica attraverso l’universale concreto. Inoltre non solo ogni giudizio storico è conoscenza, ma la conoscenza storica è ritenuta “tutta la conoscenza”. Secondo il filosofo, inoltre, i caratteri fondamentali della storia sono la sua costante attualità ed il suo effetto catartico ed ogni forma e momento di storia è sempre storia che si rivive e si attua nel presente dello Spirito: “Il bisogno pratico che è nel fondo d’ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di storia contemporanea, perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà

Interessante è la visione dello scorrere della vita umana e del processo storico espressa da Tolstoj in Guerra e pace. L’autore russo delinea la storia come il risultato di forze anonime e accadimenti individuali e non il succedersi di eventi grandiosi, determinati da figure carismatiche. Il fluire della storia si compie attraverso un movimento assiduo e continuo, che può essere descritto da leggi e la comprensione di tale circolo di eventi è compito dello storico. Pertanto la storia è divenire e memoria cosciente e compito fondamentale dell’uomo è quello di comprendere il suo ruolo cruciale all’interno della memoria storica, per non obliare il passato, per imparare dagli antenati, per conoscere maggiormente la natura e l’indole umana.

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L’Aquila, Italia _ Michele Nastasi Ishinomaki, Giappone _ Steve McCurry

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La cittĂ analoga _ Aldo Rossi Gli archeologi _ De Chirico

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Kolumba Museum, Colonia _ Peter Zumthor Petra, Giordania

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Le Carrè d’Art, Parigi _ Norman Foster Recupero sito archeologico al Castello di San Jorge, Lisbona _ Carrilho da Graca

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La storia si relaziona strettamente ai nostri progetti. Le aree di progetto a noi assegnate sono caratterizzate dalla presenza di resti e ritrovamenti archeologici dell’epoca romana. Il rapporto con la storia, i resti, gli scavi, va affrontato in modo diretto dagli attuali progettisti, al fine di evitare una progettazione volta alla mera tutela di resti archeologici e quindi alla riconferma della loro morte. Ciò deriva dalla divisione netta tra ciò che può essere definito odierno, contemporaneo e attule da ciò che invece è il risultato di un percorso storico che l’uomo ha fatto ed ha vissuto­. Nel nostro approccio progettuale la storia e i suoi resti sono interpretati come elementi da far rimettere in gioco come materiali vivi, come elementi che collaborano con il progetto stesso per creare una nuova possibilità di vita a ciò che appartiene al passato ma che ancora oggi è presente. Ne deriva lo stretto legame con l’architettura, la quale anch’essa dovrebbe mirare ad essere eterna ed essere portatrice di emozioni e sentimenti. Per tale motivo l’architettura stessa non può nascere come parte subalterna alle rovine, ma, al contrario, con esse deve interloquiare e relazionarsi in modo da scaturire un nuovo organismo carico di personalità e forza.

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Ciò si traduce in entrambi i progetti, Mantova e Milano, con l’abbassamento della quota delle piazze alla quota dei resti romani, come volontà di accettazione del tempo che scorre e quindi della stratificazione di eventi e di materia che essa comporta. Il fruitore si trovà cosi costretto ad attraversare fisicamente e metaforicamente il tempo trascorso spostandosi e discendendo dall’età attuale a quella del passato, in modo da giungere a una nuova realtà dove egli possa relazionarsi direttamente con ciò che la storia consegna nelle nostre mani.

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Sezioni P.zza Sordello, Mantova _ scala adattata (scala originale 1:200)

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Pianta dei suoli, via Brisa _ scala dattata (scala originale 1:200) Prospetto su piazza, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200)

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IL PERCORSO “E questa è la strada solo la quale mi pare che io possa procedere” S. Carlo Borromeo

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Il termine percorso immediatamente ci rimanda ad un cammino di crescita, progettazione ed elaborazione. Ogni uomo, nel corso della propria vita, intraprende un percorso, un tragitto, un cammino. L’itinerario per la crescita, l’autenticità e la maturità dell’uomo si concretizza attraverso il tornare a sé e l’andare verso se stesso. Proprio per tale motivo, l’uomo si accinge a prendere coscienza che davanti a sé c’è una via del tutto particolare ed esclusiva. Non esiste una via unica, bisogna cercare solo di scegliere la propria, prediligere quella più adatta e personale. Fin dalla letteratura classica ci giungono delle testimonianze riguardanti il rapporto imprescindibile tra l’uomo ed un cammino, che in un secondo momento muta e trasforma l’anima dell’essere protagonista. Le peripezie le ritroviamo, non solo nell’epos greco (la tragedia, il romanzo), ma anche nella poesia lirica, nella storiografia e nella prosa filosofica, in quanto l’antropologia greca si basa fortemente nella concezione agonistica dell’esistenza, secondo la quale ogni uomo dovrebbe intraprendere un percorso, che mediante le peripezie, i tormenti ed i sacrifici, porta all’affermazione di se stesso.Tra tutto ciò che ci perviene dalla letteratura greca, ciò che spicca maggiormente è l’avventurosa navigazione di Odisseo (in latino noto come Ulisse), narrata nell’Odissea di Omero, in cui ricorre fortemente il tema del percorso iniziatico. Il percorso iniziatico è molto frequente nella letteratura e nell’esoterismo, è presente nelle culture arcaiche e prevede che ogni immaturo superi una prova iniziatica per essere riconosciuto come adulto, dimostrando la propria dignità ed il proprio valore alla società. Ogni giorno intraprendiamo un percorso, un cammino, delineando una meta che desideriamo raggiungere, per dimostrare a noi stessi, o anche agli altri, una crescita che caratterizza l’indole e la natura umana. L’uomo, in quanto essere pensate ed infinito, cerca di andare oltre i propri orizzonti, i propri confini, tendendo all’infinito. Sopratutto nell’antichità, una necessità primaria dell’uomo era quella di essere ricordato e riconosciuto dai posteri, a seguito di un percorso intrapreso in vita e culminato con la gloria, dopo la morte.

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Canada’s Vertigo, Inducing Capilano Suspension Bridge San Francisco

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Trollstigen National Tourist Route Project, Norvegia _ Reiulf Ramstad Architects Diefdijk, Paesi Bassi _ Rietveld Landscape

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Via Krupp, Capri

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Giardino botanico, Barcellona _ Carlos Ferrater Ponte pedonale, Porto _ Carrilho da Graca

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Il percorso nei nostri progetti è ciò che concretizza il gesto generativo e originario. Ciò implica che è il percorso stesso ad innestarsi come spina del progetto. A Mantova il segno e quindi la frattura si traduce in un percorso fisico ed emozionale che permette la discesa da una realtà e condizione propria dell’epoca attuale alla realtà ipogea dei mosaici romani. Il percorso assume perciò il ruolo di unico conduttore e veicolo attraverso il quale l’esperienza si conclude nello spazio ipogeo.

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A Milano, in via Brisa, il progetto si sviluppa a partire dal segno di ricostruzione del fronte che in alzato assume una propria identità grazie alla creazione di un unico percorso e unico elemento di collegamento dalla quota urbana alla quota degli spazi museali al primo livello. Si tratta di un percorso che anticipa emotivamente il fruitore, il quale è veicolato e guidato dalla luce zenitale, unico elemento di contatto esterno vista la chiusura del volume sui fronti urbani. Il percorso porta agli spazi museali, i quali grazie a innesti e compenetrazioni generano un percorso che permette l’attraversamento di tutto il corpo dell’edificio. Il movimento all’interno dei volumi descrive una traiettoria che passa attraverso ambienti variati con luminosità differenziate rendendo possibile un percorso che è al tempo stesso continuo ed unitario ma che può diventare anche complesso e ambiguo a seconda della scelta individuale di ciascun fruitore.

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Il percorso, P.zza Sordello Modellino scala 1:200

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Pianta 1p, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200)

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Sezioni di progetto, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200)

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LA LUCE “Dobbiamo progettare ombre utili e belle” Francesco Venezia

Senza luce uno dei cinque sensi dell’uomo non sarebbe sfruttato, la vista. Essa rende visibile ciò che altrimenti non avremmo la possibilità di osservare, conoscere ed apprezzare. Si tratta quindi di un elemento al quale siamo strettamente legati e dal quale dipendiamo. Ciò ha fatto si che anche nel passato grande fu l’interesse posto verso la luce e verso il suo controllo.

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La luce diventa parte integrante del progetto anche in riferimento al concetto stesso dell’architettura vista come un elemento di misura delle cose, in quanto elemento fisso e immobile intorno al quale il resto si muove. E’ proprio il sole l’elemento che da sempre affascina e attrae l’uomo ad essere l’elemento che si muove e il cui movimento è reso leggibile dalla fissità stessa degli edifici e quindi alla creazione su di essi di ombre. Infatti, è proprio il sistema di ombre che si crea per la presenza o assenza di luce che la tessitura di un edificio assume diverse connotazioni e identità. La luce, e conseguentemente le ombre, sono quindi parte da progettare in concomitanza al corpo stesso, in modo che esse non agiscano nel progetto in modo casuale ma contribuiscano, al contrario, alla resa finale che il l’intervento vuole suscitare e creare. Si ha quindi il compito di progettare le parti dell’edificio in modo che la composizione sia il risultato simultaneo di elementi fissi della costruzione ed elementi mobili e mutevoli esterni. Questo diventa fondamentale legato al fatto che le condizioni di luce e di ombra rimangono immutate nel corso del tempo, poiché dipendenti dalla posizione geografica dell’area di progetto. Per tale motivo tali elementi mutevoli e mobili in realtà sono sempre presenti dalla nascita fino alla fine della vita del progetto diventando un tutt’uno con esso.

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Vista della cittĂ di Genova

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Cappella di Ronchamp _ Le Corbusier Mount Tindaya _ Eduardo Chillida

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NovoMuseu, Curitiba _ Oscar Niemeyer Villa Panza, Varese _ James Turrel

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Srinagar, Kashmir _ Steve McCurry Chiesa della Luce, Osaka _ Tadao Ando

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Nei nostri progetti la luce diventa un elemento di guida in relazione ai percorsi interni. Nel caso di Mantova la luce è studiata come unica fonte che guida il percorso di discesa che porta dalla quota del suolo dei resti romani. L’incisione che viene fatta sul suolo fa si che il fruitore attraversi fisicamente la piazza e l’unico aspetto di relazione con il mondo reale e odierno è la luce che proviene dall’alto e che accompagna il percorso che si conclude in uno spazio ipogeo. É proprio la luce che filtrando tra i blocchi di pietra, che costituiscono le pareti di delimitazione di questo spazio, va a violare la profonda ombra dell’ipogeo. La luce quindi, parsimoniosamente filtrata, entra e si muove in qualcosa di oscuro, misterioso e carico di valore simbolico e storico.

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Nel progetto di Via Brisa la luce assume un valore di guida per i percorsi di diversa natura presenti nel progetto stesso. Essa è una luce zenitale, che guida il fruitore degli spazi museali sempre dall’alto. Il percorso che porta agli spazi museali, una lunga rampa, è caratterizzata da un unico lucernario lungo tutta la lunghezza della rampa stessa che accompagna il visitatore nel suo procedere lungo questo percorso stretto ed alto. Si passa poi negli ambienti museali, i quali sono dei volumi senza aperture lungo le pareti proprio vista la funzione che essi ospitano. Per tale motivo anche qui la luce proviene dall’alto, grazie a una serie di fenditure nelle coperture che permettono l’unico contatto visivo con l’esterno e che inoltre permettono di misurare l’altezza degli spazi stessi. Ovvero, si tratta di una serie di volumi aventi tutti altezze differenti che sono maggiormente percepibili grazie alla diversa intensità di luce che filtra in essi e quindi ai vari giochi di luce ed ombre che all’interno si possono percepire attraversando tutti i corpi del museo.

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Planivolumetrico, P.zza Sordello _ scala adattata (scala originale 1:200) Planivolumetrico, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200)

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LA COMPOSIZIONE “Definisco l’architettura musica congelata” Joahn Wolfang Goethe

La composizione interessa diversi ambiti nella vita dell’uomo. Infatti essa può essere argomento di dibattito in differenti campi del sapere, da quelli linguistici fino a quelli scientifici. La regola compositiva perciò è elemento di studio che pone quesiti riguardo ad una buona formulazione al fine che si possa ottenere una regola che applicata renda una adeguata resa compositiva in base al campo di applicazione.

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Perciò, anche in architettura, alla base della progettazione vi è la capacità di comporre, ovvero unire differenti parti in modo da dare unitarietà alle stesse ed ottenere quindi una composizione formale. La buona regola compositiva trova radici nel sapere del passato e quindi in tutta la storia dell’architettura. La composizione formale nasce da buone e forti motivazioni progettuali, le quali diventano conduttrici della disposizione volumetrica che costituirà l’impianto dell’edificio stesso. Durante il processo progettuale tale composizione quindi si evolve per poter soddisfare e rispettare in modo sempre adeguato le esigenze e necessità dalle quali il progetto è scaturito.

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Bosque de la esperanza, Colombia _ Giancarlo Mazzanti Alex S. MacLean

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Composizione 8 _ Kandinsky Tall tree and the Eye, Londra _ Anish Kapoor

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India _ Steve McCurry Torre Blancas, Madrid _ SĂ enz de Oiza

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Vitra Haus _ Herzog e de Meuron Nakagin Capsule Hotel Tower, Giappone _ Kisho Kurokawa

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Anchoraga Museum, Alaska _ David Chipperfield Memoriale dell’Olocausto, Berlino _ Peter Eisemann

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Manhattan Zoom _ Jakob Wagner Maxxi, Roma _ Zaha Hadid

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La composizione formale del progetto di Mantova verte intorno al segno iniziale, che con la sua forza frattura l’unico pieno del progetto, ovvero un prisma regolare che ha ruolo di protezione e musealizzazione dei resti.

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Nel progetto di via Brisa l’edificio si compone di differenti elementi che convivono in un rapporto di relazione e compenetrazione. L’impianto iniziale del progetto trova origine nel gesto di ricostruzione del fronte. Tale segno è evidenziato e differenziato dal resto dell’edificio dall’unico volume che costituisce il fronte urbano su strada e unico volume che attraversa tutta la nostra area di progetto rimanendo inalterato in pianta e in alzato. Per tale motivo esso diventa elemento di riconoscimento e prende le distanze dalla logica organizzativa degli altri volumi con il quale esso convive. Infatti, il progetto si configura di una serie di volumi con direzioni e dimensioni, in alzato e in pianta, diverse che compenetrandosi, sovrapponendosi e attraversandosi vicendevolmente vanno a costituire il corpo museale dell’edificio. Questi spazi sono dall’esterno percepiti come apparentemente disgiunti a livello funzionale, ma in realtà ospitano un unitario e continuo percorso museale. La disposizione e composizione formale inoltre tende a creare un sistema di flussi, che conformano gli spazi interni del museo, ma che contemporaneamente vogliono suggerire, convogliare e seguire a loro volta la discesa della piazza stessa verso le memorie storiche.

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Plastico P.zza Sordello

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Prospetto su scavi, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200) Sezioni di progetto, via Brisa _ scala adattata (scala originale 1:200)

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