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Risonanza
Allenare gli occhi a immaginari residui di scintille, abbeverarsi all’eco che fa spola tra le superfici urbane, portare il discorso alle labbra, alitare su verbi di disgelo, impaginare posture corporee in sequenza ritmica, urlare e produrre uno spacco nella città, declinare ritmi lenti e battiti pressanti, intagliare i muri con la phoné, sostare nel mutismo che ripara, reggere tra le dita grani di rime, trivellare e far percolare dai fori il linguaggio, “dare fuoco” per procurarsi una lingua, bruciare le insegne e far brillare le bandiere, convocare i nomi delle assenti, dismisurare le intensità, coltivare la relazione tra umano e non umano, lasciare che si oscuri il canto dell’occidente, recare in pugno una lista di reclami, ergere altri pulpiti del dire, cercare asilo nella gola, colpire il controllo con accenti diasporici, vegliare la veglia e il pianto luttuoso, tatuare il singhiozzo, imprecare la tenerezza, tacere, percuotere la corda degli scongiuri, disorganizzare il sistema chiuso dell’io, provare ristoro nell’alfabeto dell’antenata, utilizzare megafoni e speaker invisibili, far evaporare la sintassi e spremere il senso, richiamare senza indugio le voci calpestate, farsi ascolto.
Short Theatre 2021 si sbilancia sull’ascolto – intensità vibrazionale della vita comune, spaziatura che consiste nel rinvio tra corpi umani e non umani. Lo fa consapevole che il potere dell’ascolto è ambivalente: apre e taglia fuori, sostiene e interdice. Lo convoca come un campo dinamico per estendere i margini del percepito, per sovvertire norme acustiche, bolle sonore, divieti e muri di suono istituiti per sorvegliare. È il modo per provare a pensare il festival come spazio dinamico aperto in cui rivendicare il diritto a parlare e a essere ascoltat_. Lo si esercita convocando socialità resistenti, promuovendo reciprocità e creolizzazione con i progetti partecipativi, riannodando la relazione tra teatro, poesia e universi discorsivi in un continuum che investe la qualità del tempo insieme, in una rinnovata sintonia con la città. La performatività acustica è dunque l’arena per interferenze espressive, tangenze affettive, collisioni cognitive per la coabitazione di corpi.
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Ascolto è qui il nome di un comune mettere in forma la vita.
Piersandra Di Matteo e Francesca Corona