
3 minute read
La Spressa delle Giudicarie
from NIGRO_Marzo2023
Una storia bella e antica
Uno dei formaggi di montagna più antichi; la Spressa delle Giudicarie è, infatti, citato nelle prime Regole di Manez e Spinale del 1249 con la dicitura “Il buon formaggio sano e bello da Monte Spinale”.
Capite che qui di storia da raccontare ce n’è veramente tantissima, a cominciare dal capire cosa sono queste Regole di Manez e Spinale che esistono ancora oggi, nel 2023!
Le Regole di Manez e Spinale
“Questi usi non sono abusi, non sono privilegi, non sono usurpazioni; è un altro modo di possedere, un’altra legislazione, un altro ordine sociale che inosservato discese da remotissimi secoli fino a noi... Sono i discendenti di un intero popolo... che pasceva i suoi bestiami in tutta l’ampiezza dei suoi confini...”, queste parole le scriveva Carlo Cattaneo, il filosofo illuminista esponente del pensiero repubblicano federalista dell’Ottocento, per spiegare che le Regole di Manez e Spinale erano un modello di governo del territorio che si equiparava al rapporto inscindibile tra una popolazione e il suo territorio, una partecipazione condivisa alla gestione del patrimonio comune, un uso necessariamente equilibrato e regolato delle risorse naturali, essenziali per la vita della comunità. La Comunità delle Regole di Spinale e Manez è una pro- prietà collettiva costituita da terreni e beni immobili posti nei comuni catastali di Ragoli e Montagne, nelle Giudicarie Centrali, in Trentino, che in passato costituivano l’antica Comunità di Preore con le sue Vicinie. Tra questi beni immobili c’erano allora e ci sono tutt’oggi anche gli alpeggi e le malghe dove si produce la Spressa delle Giudicarie.
L’alpeggio, una pratica tradizionale immutata nei secoli
Siamo sulle Alpi Giudicarie, nella Val Rendena che ha dato il nome a una razza autoctona di bovino introdotto in questi territori circa mille anni fa.
Fino all’anno mille, infatti, in alpeggio si conducevano greggi di pecore e capre ma intorno al 1100 ebbe luogo un cambiamento radicale nella scelta del bestiame. I feudatari alpini decisero di rifornire gli alpeggi con i bovini, portando pecore e capre nel fondovalle. I motivi non sono definiti chiaramente ma si suppone che fossero di natura economica: più latte, più formaggio. Tutto questo portò a un regolamento ferreo sui confini e le proprietà che rimase tale per tutti questi secoli.
Oggi di malghe attive ne sono rimaste poche, l’attività che vi si svolgeva (pascolo, mungitura, lavorazione del latte, stagionatura) è organizzata diversamente per molti motivi ma non mancano, in quest’area, grazie al turismo che si è diffuso le intenzioni e le proposte per riportare in loco le tradizionali attività: parliamo in primo luogo della lavorazione del latte direttamente in sito.
Di certo resta il fatto che il formaggio che vi si produceva non ha smesso di esistere, anzi. Oggi, infatti, la Spressa delle Giudicarie si avvale anche della Denominazione di Origine Protetta.
Il metodo di produzione
Dal “buon formaggio sano e bello” del 1249 alla Spressa da polenta come si chiamava fino a qualche decennio orsono, la Spressa delle Guidicarie DOP non ha cambiato tanto i suoi metodi di produzione, li ha solo codificati come è giusto che sia, passando dalla tradizione orale a un disciplinare di produzione che rende sempre perfetta ogni forma.
Per la produzione viene utilizzato il latte di due o tre mungiture consecutive di bovini prevalentemente di razza Rendena, che viene stoccato e parzialmente scremato per affioramento naturale.
Il latte viene poi riscaldato in caldaia con fuoco a legna o con vapore, quindi addizionato con caglio di origine bovina. La coagulazione avviene alla temperatura di circa 35°C, per un periodo di 20-50 minuti. Il taglio della cagliata, effettuato con lo spino, si protrae fino a ottenere granuli delle dimensioni di un chicco di riso. La semi-cottura avviene a una temperatura di circa 42°C e dura al massimo 30 minuti. Poi la cagliata è lasciata a riposo per non oltre 65 minuti, quindi viene effettuata l’estrazione e la messa in fascera. La durata della lavorazione, dall’aggiunta del caglio all’estrazione della cagliata, può variare da un minimo di 90 a un massimo di 150 minuti, a seconda delle condizioni tecniche di produzione. Le forme sono fatte sostare nella zona di pre-salatura per almeno 24 ore. La salatura vera e propria può essere fatta a secco, per un periodo che varia da un minimo di otto a un massimo di 12 giorni; o in salamoia, per 4-16 giorni.
Segue la stagionatura in appositi locali a una temperatura variabile fra 10 e 20°C. Il prodotto giovane viene stagionato per un minimo di tre mesi, mentre il prodotto stagionato per almeno sei mesi.
Il formaggio che se ne ricava è a pasta semidura, di forma cilindrica, con un sapore dolce nella versione giovane e leggermente amarognola in quello stagionato.
Gli utilizzi in cucina
La Spressa delle Giudicarie DOP, tagliata a listelli e cucinata con la polenta, dà vita a un piatto squisitamente tradizionale: la carbonera.
Questo per quanto riguarda la tradizione ma ci sono mille altri modi per utilizzare la Spressa delle Giudicarie in un ristorante, magari facendo bella mostra di sé in un carrello dei formaggi raccontandone la storia antica e il bellissimo territorio dove si produce. E questo piace molto agli ospiti.
Infine, un consiglio: la Spressa delle Giudicarie DOP si può acquistare, per i ristoratori, da Ingros Rendena (tel. 0465 502530), un distributore che fa parte del gruppo Cateringross, un consorzio di 40 aziende presente su tutto il territorio nazionale, quindi la possibilità di poterla assaggiare anche su un carrello dei formaggi in Sicilia è possibilissimo.
