DANIELE GRASSI
IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE
Parte prima : L’arte moderna
Parte seconda : L’arte primitiva africana
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Per la poesia devo dire che sono cresciuto con essa anche se con notevoli interruzioni e riprese. Per la musica, pur se l’ho molto amata, si può dire ininterrottamente, si deve precisare che l’ho poco e malcapita, mancando al godimento estetico la conoscenza tecnica, e senza conoscenza tecnica la migliore e maggior parte di essa resta nel limbo dei pii desideri. Per le arti plastiche escludo l’architettura per la quale non è che non senta e apprezzi il lato quasi astratto di essa e non resti quasi incantato dai suoi ritmi, sentendo volumi e spazi come qualcosa di coinvolgente. Ma la sua essenza mi sfugge, né questo è un fatto di tecnica come per la musica. Sarà che la sua bellezza empirea-‐non coinvolge il lato mio più personale d’ndividuo sensuale. I sensi in me così vivaci non riescono ad alzarsi fino a quell’altezza di quasi cifra. Ciò non mi ha impedito di farmi costruire da due architetti una casa che è un piccolo gioiello di architettura moderna, dove vivo da gran signore con le mie collezioni d’arte. Diverso è il discorso per la pittura e la scultura anche perché in questi due campi di molto aiuto mi è stato il collezionismo. Collezionando, se da una parte ho soddisfatto un mio vivo bisogno personale, dall’altra ho avuto modo a contatto diretto non solo di quadri e statue, ma anche di pittori, scultori, incisori, ceramisti eccetera di esercitare quelle arti per Parte prima interposte p ersone, c ompletando e v erificando l e m ie L’ARTE MODERNA esperiernze a nche c on l a f requentazione d i a ltri c ollezionisti, mercanti, antiquari e galleristi. Cronologicamente i primi contatti co opere d’arte risalgono ai 2
miei anni di collegio. A Ciorani nel 1941-‐avevo sedici anni-‐ esami di passaggio dal secondo al terzo liceo a Sant’Angelo un nella capppella del noviziato c’era una Madonna settecentesca giovane professore dopo qualche domanda mi mandò via con bambino di bella fattura, regalo, sembra, del re di Napoli. esclamando « Vergognati, ne sai più di me « e mi dette dieci. Essa destava la mia ammirazione tanto più che nella stessa Siamo così giunti nel 1948 a Pisa. Tra le materie secondarie per cappella sul lato sinistro c’era un Sacro Cuore moderno la laurea in lettere moderne scelsi già nel primo anno storia orribile. Altri due grandi quadri settecenteschi erano nella dell’arte ed ebbi come primo professore Matteo Marangoni, il volta della chiesa grande e dal coro durante le lunghe ore di celebre autore di « Come si guarda un quadro » e di « Saper preghiera e meditazione li si poteva ammirare da lontano. vedere ». Cultore rigoroso di un purismo visivo nelle lezioni Queste scene religiose contrastavano tanto più con un con diapositive si divertiva a montare e smontare una sanguinolente Cristo crocifisso, tela di Sant’ Alfonso , e con una composizione. Celebri erano durante questo esercizio frasi Madonna Addolorata, traspersa da spade metalliche, oggetto come « Levatemi quel putto ! coprendo con la mano una figura più di considerazioni religiose che artistiche. di f anciullo c he per lui non sarebbe dovuta stare nella Negli anni successivi durante il liceo a S. Angelo a Cupolo composizione. Il gesto inconsueto , se non ridicolo, fu oggetto dovetti contentarmi di riproduzioni, di cui ricordo un paio di d’imitazione burlesca da parte nostra e ricordo il compagno volumi sul Michelangelo della Cappella Sistina. Ivos M argoni c he e ccelleva n ell’imitazione di quella A Catanzaro durante una gita scolastica passammo per la città esclamazione. natale di Mattia Preti ammirando varie sue opere di carattere Particolarmente apprezzati dal Marangoni gli artisti della religioso, e in casa di mio zio ci fu poi una bella Madonna scuola ferrarese, sui quali del resto proprio in quegli anni settecentesca, acquistata da un collega che l’aveva ereditata. insisteva Roberto Longhi. Il gusto dei contorni incisi e Benché al liceo Galluppi seguissi un corso di storia dell’arte e l’espessionismo quasi nordico m’indirizzarono in nuce verso dallo zio incontrassi un artista fallito che sognava di poter certi maestri del rinascimento tedesco, che in seguito avrei disporre di una modella grandezza natura di vetro-‐ fragilità ammirato nei musei tedeschi. della donna-‐ da collocare distesa su un divano per poterne Il rapporto di Marangoni con l’arte moderna era più studiare i riflessi sul velluto del mobile, rimasi solo e problematico. Apprezzava Cézanne-‐ sul quale Lionello Venturi insoddisfatto con la mia fame di opered ‘arte, che cercavo aveva pubblicato due fondamentali volum-‐ e col cuore affannossamente nei libri. Si trattava come anni prima con la sanguinante aveva dovuto dare il nulla osta all’esportazione di poesia di una vera rabies, che giunse a tal punto che negli una quarantina di opere cézanniane quando era alla 3
Soprintendenza fiorentina. Per l’arte moderna italiana era molto più reticente : non dimentico la sua frase « Fino ai polli di De Pisis ci arrivo, ma poi… « Di quel sensibile e in parte fanatico maestro ignoravo altri aspetti della sua complessa personalità, come per esempio le sue doti musicali anche di compositore . Vedendolo salire fischiettando le scale della Scuola Normale per visitare il suo amico Aldo Capitini, pensavo che questa fosse una stranezza del vecchio solitario, tanto più che scale le faceva un paio di volte, esitando se andare o non andare dall’apostolo della non violenza. Viveva modestamente in ua cameretta d’affitto presso un falegname e quella autospoliazione francescana doveva essere forse il legame che lo legava all’altro ammiratore e predicatore di San Francesco. Inutile dire che il misticismo di Capitini, ch’era, oltre che professore di etica all’università, anche segretario della N ormale incaricato della disciplina dei normalisti, per noi era solo argomento di irrisione ( « il padre Capitini »). Dopo alcune settimane l’insegnamento di storia dell’arte passò dal Marangoni a Ludovico Ragghianti, ex normalista ch’era stato anche allievo del Marangoni. Gli mancava l’esperienza concreta di costui e al suo posto sovrabbondava di teorie estetiche dal Fiedler al Croce, sulla cui estetica in gran parte si fondava, applicandola anche al cinema. I suoi libri erano lardellati di citazioni in varie lingue ed io obbligato a leggerli ricordo che dalla disperazione arrivai a sputarci dentro. Aveva una verbosità straripante alla D’Annunzio . Passammo così un intero semestre a sentirlo commentare la Deposizione di
Raffaello. Mentre lui si sbracciava davanti allo schermo, noi dagli ultimi banchi dell’aula ci divertivamo a caricaturarne frasi e gesti. Credo che fossi il primo studente a passare l’esame con lui e per un normalista il risultato non fu molto brillante. Il rapporto di Ragghianti con l’arte moderna era più aperto di quello di Marangoni e creò in quegli anni la rivista Selearte, che dava anche notizie di mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero. Rifiutava in blocco l’arte metafisica e considerava le opere di De Chirico come della letteratura illustrata. Io intanto mi davo da fare per venire in contatto con l’arte moderna. A Pisa di gallerie non c’era un gran che e ricordo solo in una di esse una mostra dell’incisore Giuseppe Viviani, dui anni dopo comprai un’acquaforte di una intensa, lirica desolazione. Ragghianti fu anche uomo politico e padre di notevoli iniziative culturali come l’Università internazionale dell’arte a Firenze, frequentata in buona parte da studenti americani, e con corsi speciali, fra cui uno sull’arte africana, affidato a Ezio Bassani, con sede in una bella villa fuori Firenze, dove l’incontrai dopo decenni in occasione di un colloquio internaionale sull’arte africana.
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Nel 1949 potei grazie a lui con compagni di corso visitare la tre piani sono collegati fra di loro da grandi finestre vetrate collezione Contini Bonacossi a Firenze . Fummo ricevuti dalla che abbracciano due piani. I pieni e i vuoti dell’esterno moglie di Contini, Elsa De’ Giorgi. Bella, elegante, ex attrice, ci costituiti dall’alternarsi di muri a mattoni e grandi superfici accompagnò per le sale del palazzo, dove i quadri di celebri vetrate trovano il loro corrispettivo nell’interno di muri ciechi maestri, anche stranieri, erano sistemati fra mobili d’epoca, e finestre vetrate. A pianterreno , oltre l’ingresso e la grande con sontuosi mazzi di fiori freschi, incedendo intimoriti da scala che collega i tre piani , ci sono due vani speculari, cucina tanto lusso su ricchi tappeti antichi. Le vicende giudiziarie del e spogliatoio con un primo w c, cui succede un grande giovane antiquario ci erano ignote e la sua assenza-‐fuga fu soggiono di novanta metri quadri. Esso ha una parte centrale a coperta dalle mosse graziose della contessa presente. un p iano c he n ei t re n icchioni l aterali vetrati si estende su due Era la prima volta che vedevo l’arte in un ambiente privato, poi piani. La luce all’interno è quasi della stessa intensità di quella sarebbero seguite esperienze simili, ma mai in un quadro così esterna. Questa è la parte giorno. Al primo piano c’è la parte sontuoso. Lusso a parte, di questa visita avrei ritenuto i due notte con quattro camere, due bagni e due w c, e il terzo piano requisiti fondamentali che dovrebbero presiedere ad ogni è destinato alla biblioteca sul davanti e a uno spazioso studio collezione privata : essere il condensato delle esperienze sul di dietro. L’orientazione della casa è fatta in modo che dalle artistiche del collezionista e permettergli 24 ore su 24 di finestre si gode veduta libera sul verde dei giardini, mio e dei godersi le opere da lui raccolte perfezionando ora per ora il vicini. Per non influenzare i colori di quadri e statue il suo gusto artistico, approfondendo nel contempo la pavimento è di gres svedese marrone e la tinta dei muri è in comprensione del loro significato. tutta l a c asa di un bianco sporco.Dunque, una degna sede Ho quanto ho tentato di fare con la mia collezione. La sede, moderna dell’arte moderna e di altri tempi e continenti. intanto : non un palazzo , ma una costruzione modern ache Torniamo a Pisa. offre gli spazi necessari dove l’architettura gareggi per qualità Oltre l’arte medioevale e rinascimentale, m’interessai anche con le opere esposte. La mia casa di Tervuren soddisfa questi all’arte etrusca, frequentando le lezioni di Ferri. Con gli imperativi. A prescindere dal piano seminterrato riservato ai studenti del corso nel 1950 visitammo duranye una settimana servizi -‐garage, cantina, lavanderia eccetera-‐ il resto località e musei etruschi da Populonia ed Ansedonia a obbedisce a rigorosi criteri geometrici. Si parte dal Tarquinia e Cerveteri. Faceva parte del gruppo anche Franca, il pianterreno a croce greca, da cui emerge il primo piano a mio primo amore, ed i suoi abbracci completarono con diversa semplice quadrato, da cui emerge il rettangolo del secondo. I intensità quanto venivo riverentemente scoprendo fra tombe 5
dipinte e scolpite e in paesaggi mozzafiato. Era Più che di occasioni perdute pe me bisogna parlare di presente anche una studentessa grossetana, figlia di un occasioni inesistenti. In quei tre anni avevo potuto, però, professore universitario : biondorossa faceva sfoggio delle sue visitare e ammirare Firenze, Siena e Lucca oltre i capolavori notevoli cosce nude esibite con noncuranza dall’alto di un pisani, come quelli del Battistero, in cui olte il pulpito dei muro perimetrico di tomba. Riassumendo, a Pisa mi ero Pisani erano stati collocati alcuni poderosi busti di profeti, tolti riempito la testa di un notevole bagaglio di estetica crociana ; dall’esterno per motivi d’inquinamento e nel Camposanto le avevo avuta una discreta iniziazione a considerare le opere sinopie che erano apparse sotto gli affreschi distrutti dai d’arte badando alla costruzione più che al contenuto del tedeschi, come pure nel museo di San Matteo le meravigliose racconto ; però mi ero fermato praticamente all’arte figurativa statue lignee del due e trecento, che nella loro elegante fino agli inizi dell’800 e non avevo nessuna idea dell’arte spoliazione facevano bel contrasto con l’imponente Crocifisso moderna e contemporanea, straniera ed italiana. Perfino un del Cimabue nella chiesa di San Francesco. Occupato ipotetico aggancio con un gtande artista come Sironi, con cui essenzialmente a preparare le varie materie d’esame, l’arte un mio compagno normalista mezzo matto era in era, se non una distrazione o uno svago, un complemento per corrispondenza grazie a una sua pretesa amicizia con la figlia la mia formazione, che non voleva contentarsi di una dell’artista Rossana, sul motivo del cui suicidio pretendeva di unilateralità accademica. Se la poesia dormiva, se la musica poter dare qualche rinsegnamento, non ebbe luogo perché il spuntava appena, dell’arte c’erano già vari bocci. Quel che fanfarone di tutt’altro s’interessava che dell’arte sironiana, che mancava era un più diretto contatto con essa e il colpo di sole proprio in quel periodo, dopo le disillusioni della guerra che caratterizzasse l’autonomia formale di creazione, a perduta e del fascismo tramontato, cominciava ad avere prescindere da qualsiasi contenuto più o meno narrativo. un’ultima fase di grandiosa tragicità. Questo sarebbe avvenuto verso la fine del 1952 in Germania. Se le conoscenze dellarte moderna mi mancavano, ero in Per la celebrazione del primo centenario della fondazione nel buona compagnia perché lo stesso Croce era rimasto alla 1852 della Stiftung del Maximilianeum, di cui ero ospite come Scuola di Posillipo, aveva rifiutato l’Impressionismo e studente di scambio con la Normale, avevo invitato una combattuto la letteratura moderna, non andando oltre il ragazza che avevo conosciuto all’Università, Annemarie Rupé, Carducci. Prigioniero di un gusto ottocentesco. Niente poi mia fidanzata e in seguito moglie. Lei, oltre a concedermi le Futurismo , Pirandello e Surrealismo, niente Ungaretti e sue grazie, si affrettò a introdurmi nel suo ambiente familiare, Montale. che a Monaco consisteva in una sorellastra, Gretl, e uno zio, 6
Edi, che abitavano poco lontano dal Maximilianeum in un appartamento a pianterreno della Widenmayerstasse lungo l’Isar. Con essi abitava, oltre la cuoca Kaethi, la signora Ida Bienert, nonna di Gretl. La signora Bienert, per tutti noi Maida, era riparata a Monaco fuggendo da Dresda, dove era vissuta e aveva operato fino all’arrivo dei russi e alla creazione della Repubblica democratica tedesca. Moglie di un industriale, che possedeva i grandi mulini di Dresda nell’omonimo quartiere, Bienertviertel, si servì dei notevoli mezzi finanziari di cui disponeva per creare varie iniziative culturali, che andavano dalla creazione di una biblioteca popolare ad un salone dove ogni settimana riceveva il fior fiore degli intellettuali ed artisti locali e di passaggio, per esempio Samuel Beckett, in una grande villa, dove avevano luogo anche conferenze di vario argomento e concerti. Dresda in quei decenni a cavallo degli anni venti grazie alla Bienert, ma anche ad altri collezionisti e mecenati poteva gareggiare con Berlino come centro di una fiorente attività artistica e culturale. L’avanguardia passò per casa Bienert non solo grazie alle opere della collezione, ma anche all’amicizia della signora con figure di spicco dell’arte e della cultura : Gropius, Kandiski, Kee, Mondrian, Kokoska, Schlemmer, ma pure danzatrici come Mary Wigman e la Palucca. Costei anzi fu la prima moglie di Fritz Bienert. Il poeta Daeubler, fautore dell’arte contemporanea, fu il primo consigliere della Bienert,, cui successe poi Willy Grohmann. Col poeta la Bienert intraprese vari viaggi, dall’Italia alla Grecia. Di casa fu anche il russo Fedor Stepun, prima a Dresda e poi a
Monaco, dove lo conobbi e fu anche al mio matrimonio. Di questa intensa attività artistica e culturale della Bienert a Dresda ebbi solo qualche vago accenno a Monaco, dove la più che ottantenne mi affascinò con il suo entusiasmo per l’arte contemporanea e con la sua incredibile vivacità giovanile. Lei mi accolse come uno di famiglia, ebbe anzi per me e mia moglie una quasi preferenza anche rispetto ad altri memb diretti di essa. Quando ci trasferimmo nella Reitmorstrasse a a qualche centinaio di metri dalla Widenmayerstrasse fummo spesso ospiti a pranzo da Maida e con lei pranzammo anche in noti ristoranti della città o fuori, dove da un ruscelletto nella Gruental si pescavano le trote, di cui eravamo ghiotti. Maida ci sentiva male e parlava quindi ad alta voce destando l’attenzione non sempre benevola dei presenti. Con lei e la nipote Gretl ci abbonammo ai concerti di musica contemporanea –Musicaviva-‐ che si tenevano nella Herculessaal della Residenz. Ad uno di questi con musica elettronica di Stockausen successe che Maida, che sedeva in prima fila, a concerto iniziato non vedendo musicisti e dirrettore sul podio e non avvertendo i suoni che emettevano gli altoparlanti, si alzò, ad alta voce esclamando « Ah ! Ah ! i musicisti sono assenti » e appoggiandosi al bastone e seguita dalla povera Gretl attraversò ocheggiando tutta la sala A Musicaviva ascoltai tra l’altro il giovane direttore Maazel e durante una esecuzione dei Carmina burana intravidi Karl Orff, ch’era stato anni prima insegnante di piano di Gretl. Tralasciando per ora altre esperienze musicali, tra cui una 7
memorabile Mattaeuspassion diretta da Furthwaengler ed olio su tela di Kandinski « Spitzen im Bogen ». ascoltata per quasi tre ore in piedi al Deutches Museum e altre Molti capolavori, specie di Impressionisti, erano già stati opere di Bach dirette da Karl Richter, torno nell’appartamento venduti : Manet, Renoir eccetera. Nel corridoio semibuio c’era di Maida. Esso consisteva di un ampio ingresso che serviva ancora un Odilon Redon con fiori in un vaso blu. Esso fu forse anche da stanza da pranzo e dove al muro dietro il tavolo da all’origine del mio acquisto nel 1956 di una acquatinta a sedici pranzo troneggiava una grande tela di Moholy Nagy « Cerchio colori , composizione di un mazzo di fiori di Flaminck, giallo e quadrato nero » ; verso il cortile di una cucina e comprata a Parigi nella galleria Charpentier. bagno e di due piccole camere,una per la cuoca e l’altra per lo Un acquerello di Klee era perfino nella camera dello zio Edi, zio ; e verso la strada di una grande camera per Gretl e di due che non era proprio un amatore d’arte. Nel soggiorno di per Maida-‐ camera da letto e soggiorno-‐ Un grande Maida, oltre i quadri, c’era una grande mappa con diecine e appartamento, quindi, per quei tempi nella città semidistrutta. diecine di disegni ed acquerelli di Klee, Kandinski, Schlemmer, In origine nell’appartamento aveva abitato la famiglia di mia Chagall ed altri. Nonostante le ristrettezze finanziarie Maida moglie. Morto il padre, questa si disperse con mia suocera e le comprò ancora un olio di Poliakof , due di Friz Winter e un due figlie che si trasferirono in Olanda. Soulages. L ’acquisto del Poliakof fu accompagnato da nervose Della collezione di Maida a Dresda quasi tutto fu salvato e riunioni di famiglia, che viveva ormai della vendita dei quafri e portato a Monaco. Di questo salvataggio correva in famiglia teneva un po’ sotto tutela Maida, che non poté più servirsi una versione non confermata da successive ricerche : il come aveva fatto ai bei tempi di Dresda del sotterfugio fratellastro di mia moglie Wolfgang ch’era ingegnere in una impiegato col marito, generoso sì, ma che voleva controllare fabbrica di aerei, avrebbe approfittato di uno degli ultimi voli ogni acquisto della focosa moglie. Il sotterfugio consisteva nel verso Dresda prima dell’arrivo dei russi per caricare su un comprare un quadro e poi di parlarne col marito come se aereo militare la collezione e portarla a Monaco. Comunque l’acquisto fosse ancora da discutere. Di un simile trucco mi sia, di questa collezione ora si poteva ammirare nelle camere sarei servito anch’io in seguito con mia moglie. Nella di Maida un Cézanne, un Picasso, un paio di Kokoschka, uno Widermayerstrasse c’erano due riti. Quello con Maida Chagall, il grande Kandinski Traeumerische Improvisation e un consisteva nel godere insieme le leccornie di Kaethi a pranzo e Klee. Si parla di tele. Nella camera di Gretl c’era un grande poi passare nel soggiorno dove Maida tirava fuori dalla mappa Franz Marc « Elefante, cavallo e mucca », un grande olio e un capolavoro dopo l’altro passandolo a me e mia moglie. Al qualche acquerello di Klee e a destra subito dopo la porta un suo gracidare di sorda si accompagnava l’unico commento « 8
Bello, nevvero ? », né dietro tale esclamazione io potevo moderna, finché una sera avvenne il miracolo. supporre quanta conoscenza e competenza si nascondesse Fosse il vino o altro, a un certo punto dalla tela di Kandinski della così kultiwierte Dame dei tempi di Dresda. Spitze i m B ogen cominciarono a muoversi i triagoli sistemati L’avere in mano tanti capolavori mi riempiva di una curiosità e ad arco e come veleggiando ondosi venivano verso di me. Era gioia indicibili. Una simile esperienza l’avrei fatta anni dopo notte o era giono ? Nel quadro c’erano due dischi, uno blu e quando nella biblioteca del castello di Windsor potei avere in uno verde e rosso fuoco : il sole e la luna ? C’era una sponda mano per ore i disegni di Leonardo. Ero riuscito a tanto cui aggrapparsi ? Sul lato sinistro due rettangoli coronati da facendomi attraverso un ex colonnello passare per uno due piramidi erano case pronte in un ribollio di bolle colorate a studioso di Leonard. Non osando troppo, avrei voluto delle volare o a veleggiare su tre lineee di onde blu ? Con mia opera di Maida acquistare un acquerello di Chagall con una sorpresa non mi chiesi cosa « rappresentasse » quel quadro e fanciulla e due disegni di De Chirico, «Il condottiere», le varie sensazioni erano tutte nel subcosciente, venendo in manichino metafisico aggressivo con braccio-‐mazzocchio e superficie chiarissimo solo quel veleggiare di forme « « Arianne », bella testa ad uovo e e chitone da cui fuoriusciva il autonome », che bastavano a se stesse e non avevano bisogno il il seno destro, mentre quello sinistro è coperto da una di una storia da « raccontare ». A questa « rivelazione » misteriosa ruota e da triangoli. Ma non osai neanche contribuivano naturalmente le sedute pomeridiane nel formulare tale desiderio sapendolo irrealizzabile. soggiorno di Maida, che da quel momento in poi furono L’altro rito era serale e si svolgeva nella camera di Gretl. Era diverse nel senso che guardavo con altri occhi le opere già usanza tedesca bere un buon bicchiere di vino dopo cena, viste e per Klee, per esempio, Drei Takte im Geviert con conversando e passando la serata fino a tardi. La scelta dei vini avvicendamento di quadrati bianchi e neri come su una era affidata allo zio Edi che aveva scoperto un bianco del scacchiera ebbe la stessa valenza di tanti altri con personaggi o Palatinato di suo e nostro particolare gradimento. Tra un paesaggi. Maida del resto nella sua collezione aveva astratti, bicchiere e l’altro passavo a dare qualche occhiata al quadro di quasi astratti e figurativi, andando da suprematisti a Franz Marc con evidente contenuto realistico per me di più costruttivisti, da simbolisti a impressionisti, da cubisti, a facile accesso a qualche opera con soggetto o accenni realistici espressionisti, da Otto Dix a Munch. di Klee. Con la testa ancora tutta piena delle esperienze pisane Maida m’interessava non solo come collezionista. La già – cosa rappresenta questo quadro ?-‐ discettavo con Gretl e ricchissila moglie di un grande industriale era passata dal lusso mia moglie, più avanti di me nella conoscenza dell’arte e dagli agi per cui si permetteva di avere tra l’altro un panfilo 9
con rispettivo capitano a sua disposizione nel porto di Livorno, interpretazioni tutte personali del collezionista, che leggeva alla quasi modesta vita di profuga di guerra, il che non le l’opera d’arte in chiave squisitamente personale, fino a impediva naturalmente di permettersi ancora qualche lusso giungere come Piergiorgio Cerrini a carezzare le lame da lui come i soggiorni di un paio di settimane ogni anno per cure ripulite di coltelli africani, asserendo che erano più tenere termali a Badenweiler, compreso un cavaliere servente ch’era della pelle di una donna. Di Beckmann avrei potutoo in lo zio Edi. Viveva i suoi ultimi anni senza acrimonia o famiglia ammirare vari capolavori. La nonna materna di mia risentimento verso il passato e gli orrori del regime nazista. moglie , su segnalazione di una discepola di Beckmann, nostra Avrei conosciuto in famiglia altri casi ancora più eloquenti parente e pittrice anche lei, aveva comprato vari quadri per addirittura di vittime del nazismo, sopravvissute quasi per aiutare l’artista in esilio ad Amsterdam. Alla fine della guerra miracolo al carcere e alle persecuzioni, che pur essendo ebrei con mia moglie potei rintracciare questi quadri, dati in o semiebrei, consideravano quel periodo oscuro, della storia deposito ad una organizzazione studentesca di Leiden. Dietro come quello della loro patria. Recriminavano di più quelli della mia insistenza i quadri furono riportati da Leiden all’Aia e mia nuova generazione come mia moglie, per esempio. moglie c hiese alla nonna di poterne portare uno con noi a A Monaco ebbi modo d’incontrare altre persone direttamente Monaco. Era un forte natura morta con pesci, una sedia e una implicate nell’arte, come Guenther Frank, gallerista amico di testa che si affacciava dallo sfondo. Bei colori dal verde, Max Beckmann, di cui aveva una grande collezione.Attraverso all’azzurro, al rosso, al grigio argento. Il quadro restò da noi a Gretl, che il malato mercante voleva addirittura sposare, ebbi Monaco, Milano, Bruxelles e Tervuren e costituì un punto di così modo di conemplare sotto la guida del gallerista le opere forte richiamo nel living. Poi per le solite vicende di del pittore, che con Klee si disputa il primato del più grande successione fra gli eredi, dovemmo restituirlo alla famiglia e fu pittore del novecento tedesco. I commenti del gallerista venduto. A noi restò la bella cornice scolpita a mano del andavano talvolta oltre le probabili intenzioni dell’artista, seicento spagnolo, che così bene si era sposata con la natura come per esemio in Fastnacht in cui la trombetta a punta morta dell’espressionista tedesco e che io avevo fatta adattare dell’ussaro sulle spalle della partner era senz’altro un coltello su giusta misura per il quadro. con cui l’uomo martoriava la donna. Questa interpretazione A Monaco intanto visitavo spesso i musei, l’Alte pinakothek, sadica era forse dovuta alla presenza di Gretl, inducendo il l’Haus der Kunst, ch’era poche centinaia di metri da casa e Frank a non formulare la più ovvia di un simbolo fallico. Avrei conteneva le opere d’arte moderna, fra cui un bellissimo più tardi anche in altre circostanze ascoltato simili Manet. Non molto lontano c’era nel Prinz Carl Palais una 10
selezione di archeologia greca, perché i due musei sulla avrei insegnato all’università-‐ erano dunque l’arte e gli Koenigsplatz non erano ancora stati ricostruiti. ambienti a rtistici a l centro dei miei interessi. Fino allora avevo Nei frequenti soggioni in Olanda ebbi modo di ammirare le visto tanta arte, ma nessun artista. Le cose cambiarono grandi collezioni dei musei olandesi, spronato anche dalle quando nel 1956 conobbi Gaetano Pompa prima e poi Emilio opere d’arte nell’appartamento di mia suocera con un Greco. Pompa lo incontrai al Kunstkabinett Klimt nella Franz-‐ bellissimo Heda, statuaria greco-‐romana e rinascimento Josephstrasse. Data un’occhiata alle opere esposte, mi diressi tedesco ed italiano, nonché arte moderna, da Boeklin verso un giovanotto d’indubbia origine mediterranea e che nell’adiacente appartamento della nonna a Marie Louise von pensai fosse l’artista, apostrofandolo in italiano. Che fosse Motesitzhy, di cui parlerò in seguito. Era costume dell’epoca l’incontro con un connazionale o altro, Pompa si avvicinò con per le donne di grandi famiglie della borghesia non occuparsi passo danzante e borbottò qualcosa, mal riuscendo a molto di faccende domestiche, cui pensava la servitù, e di pronunziare il suo nome. Uscendo mi condusse interessarsi all’arte nei suoi vari aspetti, che fosse la musica, la nell’appartamentino al terzo piano di una casa della letteratura o la pittura.. Girava per casa della nonna un Tuerkenstrasse, dove abitava con un suo amico, un certo giovane insegnante d’italiano, poi fondatore dell’Università Romano, odontotecnico, per alcuni versi più normale di per stranieri di Perugia -‐e una professoressa di francese. Così Gaetano, e che cucinava e si occupava di altre incombenze la mia sorpresa fu relativa quando fra i libri scoprii il manifesto pratiche. Aveva la faccia mezzo rovinata dallo scoppio di una del futurismo di Marinetti. bomba a mano, mentre faceva il militare. Pasticciava anche lui Dalla nonna a mia suocera e sua cugina tutte le donne con l’arte, costruendo opere con fil di ferro durante le ore disegnavano o dipingevano Di mia suocera conservo vari libere. Aveva fortuna con le donne benché non fosse un Adone disegni, acquerelli ed oli. Aveva seguito corsi di pittura da P. e mi presentò come « amica »una giovane studentessa molto Thevenet a Bruxelles eda giovane a Monaco frequentava bella. . Non riusciva ad alzarsi in tempo per andare al lavoro e l’ambiente degli artisti, uno dei quali le fece un bel ritratto siccome i tedeschi non scherzavano con la puntualità, dormiva mentre dava spettacoli con marionette indonesiane, che ora io supino con una grande sveglia sulla pancia, alla cui rumorosa conservo. Dopo larte olandese potei ammirare durante dei musica con rimbalzi saltava giù dal letto e correva al lavoro. viaggi con mia moglie tanti altri capolavori nei musei di Belgio Gaetano fanatico fascista aveva avuto problemi con la polizia e Francia. Più che la storia – ero andato in Germania per in Italia ed anche in Germania quasi per istinto n, quando ricerche storiche nell’archivio di stato-‐ o la letteratura, che vedeva in fondo alla strada avvicinarsi un poliziotto, in 11
bicicletta saltava sul marciapiede per sfidarlo, ben sapendo sapevano disegnare. Più tardi giunsi perfino a sfidarne che era proibito. Aveva una amica, Dorothea, figlia adottiva di qualcuno, proponendogli di disegnarmi una mano. Capacità di un industruale renano, e bistrattava la poveretta, innamorata disegno a parte, non avevo ancora osservato che la mano è nonostante tutto e forse proprio a causa dei maltrattamenti una delle cose più difficili da eseguire. Perfino artisti come un cane bastonato che ha bisogno di un padrone, grandissimi come Rembrandt sbagliano le mani e altri, forse continuando a frequentare Gaetano, scacciata dal quale consapevoli di questa difficoltà, la nascondono sotto i panni. caparbia tornava alla prima occasione. Er auna buona Di Pompa acquistai nel 1959 due quadri astratti di bella fattura fotografa e di lei conservo un bel ritratto del mio bambino che conservo ancora. Per certi versi ricordano Mirò, ma Pietro e una romantica e scanzonata foto di Gaetano, che con l’associazione è forse falsa, né so se Gaetano conoscesse una bacchetta suona come se fosse un violino sul pube della l’artista catalano No, sono opere originali, eseguite su tela con giovane amica di Romano. L’appartamentino serviva anche da leggeri rilievi, ottenuti mescolando ai colori materiali studio e là, visitando spesso i due inquilini, vidi Pompa al d’occasione come cenere ed altro. Prefigurazioni della pittura lavoro, eseguir disegni e tele, servendosi tra l’altro della materica degli anni successivi ? cenere della stufa, della posa del caffè e anche delle macchie Dopo Monaco avrei incontrato Pompa a Roma, dove viveva in del the. un b ell’appartamento con -‐Dorothea, ormai sua moglie, e figli Andando una sera alla Thomas-‐Paulanerbraeu sul Nockenberg ed esponeva alla galleria L’obelisco di Irene Brin e Gaspare Del per gustare la nuova birra forte di marzo, mentre sorseggiando Corso . Di Pompa conservo su carta due composizioni, una io cercavo di mandar giù quel liquido vischioso e bruno dal delle quali d’inquietante contenuto. Sapevo, perché me ne boccale di un litro, addentando di tanto in tanto i salati parlava, del suo più che amore per la madre, che considerava Brezeln, Gaetano a un certo momento cominciò a disegnare bella donna vittima dello squallido marito, e di un fratellino, sulla carta che serviva da tovaglia gli avventori dei tavoli vicini. morto infante, di cui aveva morbosamente abbracciato per Con gesti rapidi e tratti sicuri disegnava e buttava via i disegni. giorni il cadavere, del quale era forse rievocazione l’acquerello Eseguì anche un ritratto di mia moglie che cercai di salvare e in mio possesso. Col ritorno in Italia Gaetano passò a una portar via. Era quella l’epoca dell’arte astratta ed ogni artista si pittura figurativa con trascrizione di poesie latine che nulla dava da fare a comporre con linee e chiazze quadri di non so avevano a che fare col soggetto rappresentato ed erano una quale valenza. Che avessero frequentato o no l’Accademia, specie di formule incantatorie che dovevano rievocare la molti di essi, come potei osservare anche in seguito, non grandezza della civiltà eomana. Siccome aveva accentuato il 12
suo fanatismo neofascista, cominciai ad allontanarmi collezione di grafica, che deegnamente si affiancò a quelle di interiormente da lui, anche se ammiravo la sua nuova abilità di pittura e scultura. Cercacerca a Roma scoprii ed acquistai un scultore in bronzo. Mi fece, però, un ultimo regalo : dietro una altro Piranesi con la veduta interna di Villa Adriana, di cui porta del suo appartamento vidi un quadretto, che mi colpì possedevo l’esterno. Ma torniamo a Monaco della metà degli per la somiglianza con alcuni quadri astratti che avevo appena anni cinquanta. Emilio Greco fu il secondo artista dopo Pompa ammirato alla Quadriennale del 1964. Avuti nome e indirizzo con cui strinsi amicizia e frequentai per un ventennio. del pittore, mi precipitai da lui a Piacenza, dove simpatizzai Nel 1956 vennero a Monaco per un’esposizione sull’arte subito col nuovo artista, Gustavo Foppiani, e col suo dicepolo contemporanea italiana F. Bellonzi, monsignor Fallani e Greco, Armodio. che mi fu presentato da Bernhard Degenhart, autore del libro Nel 1956 avevo comprato a Roma una acquaforte del Gulino « Italienische Zeichner der Gegenwart, edito dall’Istituto italiano Cicale di mare » L’acquisto di acqueforti, cominciato con una di cultura, fondato nel 1954 e presso il quale io tenevo delle veduta di Villa Adriana a Tivoli del Piranesi e poi col Viviani e conferenze settimanali di storia della letteratura e dell’arte col Gulino mi permetteva di sostituire man mano italiana. Simpatizzammo subito, sghignazzando anche su nell’appartamento di Monaco le riproduzioni, tra cui una Sylvie Bellonzi che aveva bisogno di una prostituta al giorno e e de di Picasso, con opere originali. Il mio intressamento per la Fallani, fondatore della messa per gli artisti e che in taxi faceva grafica era dovuto oltre che ai miei modesti mezzi finanziari, il giro di Villa Borghese, benedicendo le prostitute accostate anche as una vera passione êr le varie tecniche di essa. ERano dal Bellonzi. Rividi Greco nel 1957 ede ebbi da lui in regalo due gli anni della grande affermazione di Morandi con forti litografie. Nel 1959 mi detti da fare per organizzare una impennate dei prezzi, quindi per me fuori portata. Avere allora personale di Greco alla Staedtische Galeie. Aiutato da Greco e opere che che se non altro per la virtuosità ella rzcnica Degenhart ci riuscii e fu una bella mostra con una ventina di potevano gareggiare con quella del grande bolognese er auna opere. Il successo fu tale che anche altre città la vollero e alla enorme soddisfazione. Quando nel 1963 mi precipitai ad fine passò a Salisburgo nella galleria Welz, che era quella di Urbino per incontrare Gulino, costui facendomi visitare lo Kokoschka e Manzù. Le opere furono tutte vendute. studio, dove potei acquistare varie opere, mi precisò che per A Monaco per l’inaugurazione , Degenhart presentò l’artista incidere unalastra impiegava fino a sei mesi. Tra Italia, Belgio, alla Staedtische nel pomeriggio e la sera all’Istituto di cultura OLOanda, Germania, Francia, Giappone, Iugoslavia, io tenni una conferenza. Intanto mi davo da fare per Cecoslovacchia, Spagna eccetera potei mettere insieme una pubblicare presso l’editore Piper una piccola monografia sui 13
disegni di Greco, che volentieri mi mise a disposizione il materiale illustrativo. Dopo questo primo contatto ebbi altri incontri in ricevimenti nella villa dell’editore. Incontrai così l’editore Feltrinelli in compagnia di una bella donna, Inge, che poi fu sua moglie. Greco era ormai più che conosciuto a Monaco. Fu così che il noto architetto e presidente dell’Accademia di belle arti lo chiamò come Gastprofessor per la scultura. Nel 1959-‐60 Greco venne per una settimana ogni mese a Monaco per insegnare scultura. Per risolvere il problema della lingua, gli misi a disposizione una mia bella e intelligente alunna, Erdmute Heller, che faceva da interprete durante le lezioni. Per qualche occasione più solenne il turcimanno fui io. Così quando per la nuova sede del Max Planck Institut il presidente Heisenberg pregò l’architetto costruttore Sepp Ruf a presentargli degli artisti che potessero partecipare al concorso per una grande scultura davanti all’edificio, Greco fu uno di questi. In una riunione presso l’Istituto Heisenberg illustrò i motivi che dovevano ispirare l’opera. Non so quanto capissi del cosiddetto principio di Heisenberg che gli valse il premio Nobel-‐ nel mondo dell’atomo l’intervento dell’osservatore modifica l’osservato-‐, né quanto ne capisse Greco, che comunque già in quella seduta preliminare presentò regalandolo un suo progetto in bronzo, abbastanza complesso, se non complicato, un po’ sul tipo del suo monumento a Pinocchio.Il concorso fu vinto da Toni Stadler, professore all’Accademia, per la quale Sepp Ruf aveva fatto venire come Gastprofessor per la pittura il
francese Deyrolle. Greco per attutire eventuali reazioni negative di colleghi gelosi aveva invitato tutto il corpo accademico a un grande pranzo in un ristorante italiano, cui partecipai anche io. Fra i colleghi scultori c’era Hiller, reticente sull’opera dell’italiano forse perché in contrasto con Greco lui faceva delle sculture compatte al limite dell’astrazione, come dimostrava una specie di bovino, che poteva servire anche da sedile in città. Più che col padre io avevo a che fare con una figlia piuttosto intraprendente, che dopo la lezione all’Università m’invitava a salire sul suo Volkswagen per accompagnarmi a casa. La poveraccia non ci tirò fuori niente. L’Accademia disponeva anche di un forno per la fusione del bronzo e di esso si servì Greco per una scultura che mi aveva promesso come ricompensa del mio indaffararmi per lui. Si trattava di una versione della Bagnante di una cinquantina di centimetri, che poi sarebbe stata eseguita anche in grande. La fusione , dopo il gesso, fu affidata agli studenti. Potei così assistere alle varie fasi, dall’agile corpo in posa complicata di danzatrice alla testa incollata sul corpo per ultima come un turacciolo. Spaccato il rivestimento di terra, venne fuori la donna con sul corpo ancora i condotti per l’uscita dei gas durante la cottura. Greco segò questi, appianò le superfici con la lima e diede il tocco finale con una patina grassa, che man mano ridusse, colmando anche qualche irregolarità sulle cosce. Era la mia prima scultura, sognata da quando in casa Degenhart avevo ammirata la bellissima danzatrice di Manzù. 14
Nel 1983 rividi Greco durante una sua mostra a Castel S. Avevo seguito ed ammirato le opere degli scultori italiani di Angelo e, saputo del recente matrimonio di Marina, le regalò quei decenni che videro la fioritura di grandi artisti, da Martini un bel disegno. L’operazione andata a buon fine con Greco a Marino Marini, Manzù e Greco fino a Mascherini. Però oltre volli tentarla anche con Manzù. Ma l’artista bergamasco anche questi artisti anche di grande intensità e tragicità come Marini come uomo non era Greco : di carattere difficile e quasi e Manzù, verso la fine stavano prendendo molto spazio anche scontroso non acccettò la mia proposta di preparargli un libro altri, sensuali e manieristi. In più, come in tutta l’arte presso Piper. Fu quindi inutile anche una mia visita in casa sua moderna, le opere volevano essere « belle » con predominio ad Ardea, dove viveva con la o modella e moglie austriaca, del criterio estetico su altri. Ora l’arte africana era più che Inge. Con Greco simpatizzavo anche come uomo. Generoso, « soltanto bella ».. Legata al mito, al rito e alla funzione cordiale, amico delle donne. Con Erdmute tentò di avere un sociale, essa abbracciava i settori essenziali della vita : rapporto che andava oltre le sue prestazioni d’interprete. La onnicomprensiva era vera, utile e bella. A storia si svolse un po’ alle mie spalle e continuò anche dopo la Monaco in quel periodo incontrai anche Emilio Vedova, che mia partenza da Monaco. Ma la ragazza non intendeva essere esponeva , credo, da Guenther Frank. La sua pittura a una semplice amante e tutto finì quando pose precise sciabolate nere era molto composita ed espressionistica. condizioni anche per quanto riguardava il rapporto di Greco Ancora a due dimensioni sarebbe stata fra poco seguita da con la moglie Anna, che proprio in quegli anni , forse a causa opere a tre con pezzi di tavola variamente combinati in del trauma della gravidanza e del parto cominciò a cadere pitture-‐sculture. Aveva un fisico alto e magro con lunga barba nelle maglie di una depressione di cui non si liberò fino alla da apostolo. Era in compagnia di Luigi Nono, veneziano come morte.. Come a Greco io avevo presentato Erdmute prima a lui e già celebre compositore. Il Nono, che aveva sposato una Pompa. Anche qui nacque una strana relazione, contenuta, figlia di Schoenberg, l’avrei incontrato anche in seguito e sembra, entro certi limiti dalla libidine di complessa natura di ricordo una passeggiata per le vie di Monaco con lui e il Gaetano. Il rapporto fra Pompa ed Erdmute continuò poi musicista Karl Amadeus Hartmann, fondatore di « Musica anche attraverso il figlio di costui, pure lui pittore. viva » . S i p arlò a nche d i p rogetti comuni, per i quali io avrei Storie e storielle a parte, la mia amicizia con Greco continuò fornito i testi, ma poi non se ne fece nulla . Era comunista ed per oltre un ventennio e fu incrinata verso la fine quando la io, uomo di sinistra, simpatizzai con lui anche per questo mia ammirazione per la sua arte comincò a diminuire per motivo. Apro una parentesi. l’irruzione della mia infatuazione per la scultura africana. Quando Quasimodo ebbe il premio Nobel e venne a Monco al 15
Cuvillietheater per parlare della sua opera, le autorità italiane le sciorinava versi d’amore in tedesco ed inglese, recitando del posto, dal console generale al direttore dell’Istituto di intere scene di Romeo e Giulietta. Presa fra tanti fuochi non so cultura, disertarono la conferenza perché Quasimodo era cosa pensasse Gerda, dalla psiche instabile e depressiva, che comunista. Io di propria iniziativa m’incaricai di festeggiare il l’avrebbe portata al suicidio. conferimento con una conferenza sull’opera del poeta Con Haftmann io restai in rapporto e gli chiesi di poter all’Università. Per circa un mese lessi tutte le poesie ed alla tradurre in italiano la sua Malerei im 20 Jharhundert, fine ne parlai in aula alla presenza degli studenti e dei pregandolo di completarla con una più diffusa trattazione -‐ professori di romanistica. Il testo condensato della conferenza dell’arte italiana. Scrissi in tal senso a Mondadori, precisando fu poi pubblicato nei Romanische Studien. che a vrei a vuto b isogno di parecchio tempo per i due volumi, Con Vedova e Nono fummo invitati ad una cena in una villa da anche perché la bella prosa tedesca di Haftmann non era da Nele Bode, giovane scultrice figlia di Arnold, fondatore di primo venuto per essere degnamente resa nella traduzione. Documenta a Kassel. Erano presenti alla serata anche lo Mondadori non rispose, poi venni a sapere che l’opera era storico dell’arte Werner Haftmann e Gerda Franke, bellissima stata tradotta in tempi rapidi da altri. ragazza, poi morta suicida, che fu la regina della serata. Il sospiroso innamorato di Gerda mi era noto perché faceva Eravamo seduti intorno a un grande tavolo. A un certo parte di uno Stammtisch che Gundl Degenhart aveva momento l’apostolo Vedova saltò sul tavolo e cominciò a organizzato, riunendo una volta la settimana un gruppetto danzare, facendo inequivocabili mosse e gesti verso Gerda. formato da noi, dai Degenhart, dall’infelice pittore e e da un Alla gesticolazione fu messo fine quando la moglie americana professore dell’Accademia, che insegnava disegno, credo. Era di Vedova abbandonò piangendo la sala. Vedova saltò giù ,la molto caustico e in casa aveva grandi sculture primitive della rincorse e aiutato anc he dal Nono la riportò in sala Nuova Guinea. Fu il mio primo incontro con quest’arte e poi farfugliando scuse e ripetendo gesti affettivi. non e bbe s eguito. Lo Stammtisch ebbe vita breve. Con Gundl Gerda se mostrava qualche interessamento, non era per c’era un problema : aveva una voce di basso mentre il marito Vedova, ma per Nono, bell’uomo, i cui successi con le donne l’aveva acuta in falsetto. Al telefono bisognava stare attenti non datavano da ieri. In modo diverso e più capzioso, mentre perché spesso dal tono della voce si scambiava l’uno con un altro ammiratore, pittore astratto, si era allontanato dal l’altra.Nonostante la sua Pipsstimme Degenhart aveva un tavolo e steso su un divano si lamentava del suo e disperato pronunciato interesse per le donne, corteggiando una bella amore, lo Haftmann semibrillo si era seduto accanto a Gerda e ragazza semicinese, nostra amica, Mimì, oltre che la sua 16
assistente Schmidt. Ignoravo il suo passato nazista di impiegata della galleria Franke e con lei passammo tutta una consulente per l’acquisto, o meglio il furto, di opere d’arte per serata ad ammirare le stampe contenute in una mappa. Tentai il futuro Hitlermuseum. Il comico era che la Grafische di comprarne qualcuna, ma i miei tentatvi andarono a vuoto. Sammlung, di cui era direttore, si trovava proprio al primo Frequentazione dei collezionisti e galleristi, amicizia con alcuni piano dell’edificio già del partito nazista sulla Koenigsplatz, artisti e visite dei musei formavano un tutt’uno. Ero un detto anche Collecting Point perché ospitava le opere d’arte arrabbiato frequentatore dei musei. Così nel 1956 durante il rubate dai nazisti un po’ dovunque in Europa e ora in attesa di soggiorno di un mese a Londra visitai ogni giorno la National essere restituite ai proprietari. A pianterreno dell’edificio era Gallery, destinando ogni volta la mia visita a una singola ospitata una sezione dell’Archivio di Stato dove avevo sezione. Sempre in quegli anni in un viaggio in autobus lavorato su manoscritti che mi sarebbero serviti per la laurea. accompahgnati dal professoreSchmidt – testa in bronzo di Degenhart a più riprese mi fece vedere i disegni del Marino Marini e da questa lo riconobbi al primo incontro Rinascimento, del Barocco e di altre epoche, italiani e tedeschi, all’Accademia-‐ visitammo a Zurigo la cvollezione Buehrle e al fra cui Duerer. ritorno , passando per Solothurn, visitammo la collezione di L’amore per la grafica era alimentata anche dalla graduale arte africana di Josef Mueller. Pur avendo avuto varie conoscenza delle opere degli espressionisti tedeschi, , occasioni di venire in contatto con l’arte tribale, la scintilla Kirchner, Heckel, Schmidt-‐Rotluft, Beckmann, Nolde eccetera, dell’interessamento per essa non era ancora scoccata. Per ora le cui opere –xilografie, acqueforti, litografie-‐ potei ammirare ero bloccato sull’arte modrrna, eppure il passaggio dall’una oltre che nelle gallerie, anche nella grande collezione a all’altra, come avrei costatato in seguito, era quasi obbligato. Feldafing sullo Stanbergersee di Lothar Guenter Bucheim, che Alla frontiera i doganieri chiesero ad ogni donna della comitiva visitai nel 1959 spronato dal suo libro Grafhik des deutschen se avessero comprato calze di nylon, che erano merce ancora Expressionismus. Il fantasioso editore aveva anche sculture rara e cara in Germania. etnografiche che ben si accordavano con le opere degli Concludo questi ricordi sull’incontro con l’arte moderna a espressionisti, specialmente le xilografie, data la tecnica Monaco con un Afterspiel di natura quasi tragica negli anni dell’incisione su legno che tanto richiamava la rude intensità ’90. Gretl Rupé, sorellastra di mia moglie, dietro mio consiglio degli artisti africani che tanto richiamava la rude intensità degli aveva rinunciato a una parte finanziaria dell’eredità di Maida, artisti africani. preferendo ai soldi alcune opere della collezione, cinque Klee e Per Beckmann avevamo fatto amicizia con una giovane un Kandinski. .Gretl con l’età soffriva di disturbi della memoria 17
e incapace di cavarsela da sola aveva preso in casa un a ragazza di 26 an ni, Ursula, che l’assisteva. Ursula, che anch ‘io avrei conosciuta, era una bella ragazza gentile e sembrava la scelta ideale per assistere l’inferma. Dopo un certo tempo, però, venimmo a conoscenza di una sua richiesta a Gretl di farsi adottare come figlia e per conseguenza erede. Nel frattempo si era procurato ,un Freund, un elettromeccanico poco raccomandabile. Insieme i due, con l’aiuto anche di galleristi poco scrupolosi e forse dietro loro suggerimento idearono un piano criminoso per impossessarsi dei quadri, di cui sapevano il valore. Un bel giorno Ursula accompagnò Gretl in una lunga passeggiata lungo l’Isar. Nel frattempo l’elettromeccanico manovrando il televisore provocò un cortocircuito che lo fece esplodere, attaccando il fuoco all’appartamento. Accorsi i pompieri e la polizia, chiamati dai vicini, l’incendio fu domato, ma l’appartamento mezzo devastato. Tra i mobili e gli oggetti andati in fumo c’erano anche i Klee e il Kandinski. La poliozia prese per buona la versione dell’implosione del televisore e la famiglia fu content ache almeno a Gretl, fuori a passeggio, non fosse successo niente di male. Gretl si trasferì dalla cognata Wilma ed Ursula dal fidanzato. Tutto sembrava rientrato nell’ordine senonché unn amico di famiglia e storico dell’arte, da Berlino segnalò che i quadri per così dire bruciati erano in vendita da Sotheby. Denunziata la cosa alla polizia, interrogati Ursula e il fidanzato, nel loro appartamento furono trovati documenti relativi alla vendita dei quadri alla galleria d’arte e presso di questa altre
prove di ulteriore vendita ad altra galleria di Berlino e quindi a Sotheby. I due malfattori arrestati confessarono, i quadri già mesi prima dell’incendio erano stati tirati fuori dalle cornici e al loro posto erano state poste delle foto a colori. Anche volendo e potendo, Gretl non si sarebbe mai accorta della sostituzione. Il processo che seguì terminò con un compromesso tra le parti e Wilma che rappresentava Gretl si accontentò di un risarcimento in denaro da parte delle gallerie. Il fattaccio mi sarebbe dovuto servire d’insegnamento in quanto collezionista e possessore di opere d’arte. Ma collezionare è per alcuni una malattia e nessun incidente di percorso serve a guarirla. Non voglio pensare ai miei anni a Monaco chiudendo su questa nota triste. La vita artistica nella capitale bavarese era non solo varia, ma a volte anche divertente. Fra gli avvenimenti piuttosto sul faceto fu l’inaugurazione di una mostra di Niki di Saint Phalle. L’artista, venuta da Parigi, pensò d’introdursi sulla scena monacense con quello che si poteva chiamare una trovata, non la prima né l’ultima nel mondo dell’arte moderna a cominciare da Dada. Con una carabina tirò un paio di colpi su contenitori collocati su una tela, bucandoli e facendo colare i colori in essi contenuti. Quei rivoletti e macchie casuali avrebbero costituito l’opera d’arte. Non parlo di altre scene viste a Documenta a Kassel, come quella di un artista americano, che in un sottoscala conversava con il suo falloo, chiedendo notizie degli antenati. Il membro virile era anche attivo, pur se in modo più 18
sootinteso, durante le feste danzanti del Fasching : sotto i pittura tedesca del ‘900. Peterichc da giovane era stato a travesrimenti carnevaleschi libertini e libertine si Dresda ed aveva molto frequentato Daeubler. Conosceva abbandonavano ad effusioni amorose, accennate da donne in inoltre i Sattler e Dieter Sattler era n quel tempo addetto calore che golosamente introducevano in bocca come falli i culturale presso l’ambasciata a Roma. Non so quanto tutto gonfi e bianchicci Weisswuerstel, gareggiando con i maschi a questo influisse nell’affidarmi quell’incarico, che a me mandar giù fiumi di birra, per cui verso la mezzanotte potevi interessava perché molto bene retribuito. A Monaco vedere coppie seminude stravaccate al suolo davanti e dentro all’Istituto di cultura avevo tenuto per anni una conferenza le toilettes nell’Haus der Kunst, per esempio , o nel Regina settimanale di storia dell’arte italiana, da Cimabue ai tempi Hotel , dove si organizzavano grandi balli di carnevale, che nostri. Preparavo coscienziosamente il mio argomento , fosse quello dei giuristi , dei medici o di altre associazioni notando su qualche foglitto i punti salient, poi, dotato di una professionali o studentesche.Anche i ingoli dipartimenti notevole parlantina, per un’ora trattavo a braccio il mio dell’Università organizzavano balli, seppure in locali più soggeetto, aiutato anche dale immagini su diapositive che moesti, come quello del Romanisches Seminar. Perfino il facevo proiettare sullo schermo. La diateca dell’Istituto di Maximilianeum dava un ballo di carnevale , che durava tutta la storia dell’arte dell’Università monacense che contava più di notte e al quale ogni studente poteva invitare una ragazza. 70000 lastre mi forniva il materiale illustrativo. Avevo buoni L’arte non voleva esser da meno ed artisti di qualche fama rapporti con l’assistente, Dr. Hubala, e nonostante entro di me orga izzavano balli negli ateliers con modelle nude. I pochi sghignazzassi sul suo cavallo di battaglia-‐ gli affreschi delle ospiti di questi balli erano selezionati con maggior rigore. lanterne d elle c upole-‐ a pprofittavo della sua cortese Nell’autunno del 1961 lasciai Monaco trasferendomi a Milano. disponibilità. Con l’ordinario Hans Sedlmayr, autore di Verlust Nonostante le difficoltà dell’inserimento nella vita italiana der Mitte e acerrimo oppositore dell’arte moderna, specie dopo un decennio, pur facendovi fronte con nuove attività, quella astratta, avevo avuto un diverbio sul concetto di arte, cercai subito di far conoscenza con la vita artistica della basandomi sulla teoria crociana. Gli oppositori del passatista capitale lombarda. Per far quadrare il bilancio familiare, non Sedlmayr erano soprattutto il fanatico Franz Roh, amico di bastando lo stipendio di professore d’italiano e storia presso Maida, spalleggiato anche da un critico inglese, A. Thwaites, un istituto professionale femminile del comune, mi detti da che frequentava pure Maida. fare e presso la Deutsche Bibliothek ottenni dal direttore A Milano, dopo l’esperienza di Monaco, pensai di rivolgermi Hechkart Peterich di tenere una conferenza settimanale sulla all’Università per le diapositive. E oh! sorpresa! all’Istituto di 19
storia dell’arte fui messo di fronte ad un armadietto con una venuto da Alessandria d’Egitto, aveva cambiato nome ed settantina di diapositive : era tutto! Chiesi allora a Peterich se aveva cominciato la sua molteplice attività di poeta, editore, fosse disposto a finanziare le diapositive a colori, , che da libri critico e gallerista mettendo al centro degli artisti presentati sulla pittura tedesca del ‘900, che facevo man mano comprare Dada, Man Ray e i surrealisti. Lo ricordo seduto dietro uno per la biblioteca ricavavo, rivolgendomi a un laboratorio sportello tipo bancario controllare chi entrava nella saletta fotografico, di cui era proprietario addirittura un professore retrostante dove erano esposte le opere. Attaccava anche dell’orchestra della Scala, che così arrotondava il suo magro discorso con i visitatori spiegando le sue scelte. Lo stesso fece stipendio di musicista.Le conferenze ebbero un notevole con me ed io tornai spesso a visitare la galleria, polemizzando successo. Il pubblico milanese di quegli anni non è che fosse anche sugli artisti, come Duchamp, di cui Schwarz presentava molto al corrente di quanto era avvenuto in Germania. dei multipli in nuova edizione. Anni dopo avrei reincontrato Conseguenza spiacevole di quel successo fu che frequentatori Arturo Schwarz a Bruxelles, passando una serata a cena della biblioteca strapparono dai libri molte riproduzioni all’Estro Armonico, ristorante frequentato da artisti anche di mutilandoli. passaggio come il poeta Sanguineti . Schwarz tenne banco per Una signora, che presso il consolato faceva le funzioni di tutta la serata, da poliglotta passando con maestria da una addetta culturale, m’incaricò di tener conferenze anche fuori lingua all’altra ed esponendo le sue teorie. Più tardi gli avrei Milano in altre città, come Torino. Con Peterch, quindi, tutto mandato una mia raccolta di poesie affinché le pubblicasse. andava bene e c’incontrammo varie volte a cena, anche presso Mi rispose che le trovava belle, ma che non potevano far parte amici, da cui una volta feci un passo falso. Alla padrona di casa delle sue limitatissime edizioni. Peterich pensò di fare un complimento ed esagerando disse Altre gallerie erano la Blu di Palazzeschi e quella di Cardazzo in che il suo volto gli sembrava un Leonardo, al che mi scappò via Manzoni e che ne aveva un’altra a Venezia. In essa erano detto che c’erano anche falsi Leonardo. presentati s oprattutto artisti americani. Oltre che nei musei e Milano nei primi anni ’60 cominciava ad essere il centro gallerie giravo anche per altri luoghi, specie il quartiere di dell’arte moderna in Italia per presenza di artisti e gallerie. Brera, dove il bar Giamaica pullulava di artisti, veri o Tale primato fu confermato nei decenni successivi, presuntitali. Misi il naso anche all’Accademia nello studio di gareggiando addirittura con Parigi per vivacità e originalità Marino Marini, che però intravidi solo per strada mentre della vita artistica. Uno dei focolai di questa fioritura era la discuteva animatamente con Lucio Fontana. I « tagli » di costui galleria di Arturo Schwarz in via del Gesù. L’ebreo Schwarz, mi avrebbero causato le stesse difficoltà di comprensione delle 20
chiazze colorate di Wols, alcune opere del quale avevo potuto più vani disponibili per presentare statue e quadri ; 2° vedere in casa della sorella e che avevo tentato di spiegare in Maggiori mezzi finanziari che mi permettevano maggiori e più una conferenza alla Biblioteca tedesca. Con imbarazzo e ilarità dispendiosi acquisti e più viaggi in centri artistici quali Parigi, avevo seguito un filo bianco disegnato col gesso sul Milano eccetera ; 3 ) Un totale distacco dall’ambiente marciapiede che portava a una galleria dove Piero Manzoni burocratico del lavoro con spinta a compensare quel vuoto esponeva i suoi Achomes e prometteva di firmare come opere con cose di più alto impegno affettivo ed intellettuale. I miei d’arte corpi di modelle nude o zoccoli su cui sarebbe salito un veri amici erano gli artisti e la loro frequentazione mi visitatore qualunque. Il « fiato » d’artista in palloncini e la compensava dallo squallore di ominidi con cui ero gomito a « merda » in barattoli sarebbero stati un po’ l’ultima tappa del gomito per otto ore al giorno ; 4) La scoperta dell’arte africana giovane artista, morto poco dopo d’infarto.Ce n’era dunque in gallerie e presso collezionisti che facevano di Bruxelles uno abbastanza per spingersi ai limiti della creazione o, se si vuole, dei maggiori centri dell’arte primitiva. della scena artistica dell’avanguardia. . L’arte moderna fioriva in Belgio . A prescindere da grandi nomi Incontrai anche lo scultore Giacomo Benevelli, assistente come Ensor, Magritte , Delvaux, rappresentanti della Jeune all’Accademia , ed ebbi da lui, Marchese e Cassani disegni peinture quali Lismonde, Mendelson, Van Lint furono da me astratti, in contraccambio di una traduzione, ma avrei preferito contattati e frequentati, cui si aggiunsero artisti delle arti partecipare delle grazie di una amica-‐modella mora di minori, quali Mels per la grafica e Orlandini ed altri per la Benevelli dalle prorompenti forme giunoniche. ceramica. L a s orpresa di questi contatti fu che si pensava di Nonostante questa vivacità dell’ambiente, il mio soggiorno andare da un pittore e si scopriva che si aveva a che fare anche milanese si urtava a un crescente malessere di fondo con con cultore dell’artigianato d’arte ; si pensava di aver l’Italia e le sue varie miserie . Avevo quindi deciso di scappare contattato un incisore e si scopriva che aveva un’attività all’estero alla prima occasione, che mi si presentò quando lessi parallela di pittore di uguale importanza ; ci si era immaginato sul giornale un avviso di bando di concorso per revisore-‐ di essere da un ceramista e si scopriva che si aveva a che fare linguista presso la Comunità europea a Bruxelles. Mi precipitai con uno scultore o viceversa. I pittori erano quasi tutti nella a Roma per passare gliesami e ottenuto un esito positivo, mi fase astratta e poi si constatava che erano stati o sarebbero di trasferii a Bruxelles. Siamo nell’estate del 1963. nuovo p ittori f igurativi . E c iò v aleva n on s olo per il Belgio, ma A Bruxelles quattro fattori influenzarno il mio interessamento anche per la Francia, l’Italia, la Germania, l’Inghilterra per l’arte : 1) Il passaggio da un appartamento a una casa con eccetera. 21
Bruxelles e il Belgio erano il luogo ideale per incontri destra e da destra a sinistra.. Roy era professore all’Accademia cosmopoliti. I musei e le gallerie ospitavano mostre di tutti i di Bryton e parlava volentieri e a lungo di arte . Non sempre paesi. Fu quindi possibile acquistare ai Beaux Arts un quadro ero d’accordo con lui, , specie quando passò a un’arte di Donati, artista italoamericano, fatto su tela a rilievo concettuale con percorsi tutti mentali che annullavano impiegando sabbia e carbonfossile macinato, tutto sui neri e elementi , fossero pure astratti, della composizione. sui grigi, materico informale e uno Spyropoulos, greco, anche Le innovazioni di artisti contemporanei e che spesso eran solo lui informale, con fondo nero e lampi di azzurro , che ha « trovate », a volte esponevano collezionisti e galleristi a bisogno di molta luce per essere degnamente apprezzato. sgradite sorprese. Così un giorno tornando a visitare la galleria Incontrai anche l’artista che invitai a casa con la moglie, all’angolo dell’avenue Louise e guardando insieme alla ambedue di una squisita gentilezza tutta mediterranea. gallerista l e o pere d i u n a rtista , che tra l’altro aveva inserito In una galleria della rue Defacqz esponeva Roy Grayson, nella composizione una gabbietta con due uccelli vivi, a un pittore inglese, di cui comprai un quadro hard-‐edge all’acrilico, certo momento vidi la signora disperata, , che si era accorta con bei colori freddi e vivaci stesi su bande geometriche, delle cacche delle bestiole sulla seta delle sedie sottostanti in intitolato Kaligaris. Il tradizionale rettangolo aveva ceduto il stile. posto a contorni a tringoli, tagliati nella tavola di legno del Qualche trovata era più innocente, come quella in un mio supporto.. Visitai l’artista vicino a Londra e diventammo amici. quadretto di Lucio Del Pezzo : in una scatola di legno aperta Di passaggio a Bruxelles l’ospitai nella mia casa di Tervuren. con quattro triangoli alternati gialli e azzurri e sopra Nel grande soggiorno luminoso con nicchioni vetrati su due un’asticella rossa come fosse quella di una tenda c’erano due piani vide la grande parete di fondo ancora libera del nicchione anelli di legno da spostare a volontà lungo l’asta. Giochetto da più grande e mi promise di regalarmi un grande quadro su bambini carico di significati surrealisti, che Del Pezzo, legno, con elementi a mensola che aggettavano, se l’avessi innovandoDe Chirico ripresentava, eseguendo con abilità da collocato in quel posto. I colori acrilici su larghe bande erano falegname i vari elementi, sì che il quadro era nel contempo quelli dell’arcobaleno e, se si guardava il quadro andando da pittura e scultura. Visitai Del Pezzo a Parigi nel bellissimo destra a sinistra o viceversa, le bande colorate ti seguivano studio ch’era stato di Max Ernst prima e di Enrico Baj dopo.. creando un’impressione di movimento, variante moderna di L’artista napoletano era a quell’epoca all’apice della sua fama una trovata rinascimentale, che faceva sì che un personaggio ti e timido di carattere-‐ così sembrava-‐ faceva fatica a difendersi seguisse con lo sguardo o le gambe, se disteso, da sinistra a dagli interventi della moglie, pittrice anche lei, ma di molte 22
pretese e scarso successo. quella che si poteva considerare un’acquatinta. La profondità Di più piacevole conversazione e frequentazione fu per anni a dell’incisione era limite, solcando la spessa carta fin quasi a Bruxelles René Mels. Nella galleria di G. Michel al Mont des provocare dei buchi. Le tirature erano molto basse, raramente Arts vidi le prime incisioni di Mels nel 1964. Mi piacquero superavano la ventina e si andava da piccoli formati di pochi tanto che proposi al gallerista di darmene due da portare a centimetri a grandi fogli cinquanta per trenta.La nostra intesa Venezia, dove sarei andato. Le mostrai alla galleria Cardazzo : era tale che una volta ebbi l’onore di collaborare alla creazione interessanti, ma artista ignoto in Italia e quindi non di una stampa, eseguita secondo i miei suggerimenti. Mi feci commerciabili. Al ritorno d’accordo col gallerista le tenni per dare da Mels una piccola lastra, con cui -‐a sua insaputa-‐ mi me, chiedendo l’indirizzo dell’artista, ch visitai nella sua bella cimentai a fare un quadretto su legno con la lastra inserita in casa di Wezembeek e che constava di una parte notte e di un una composizione copiata più o meno da un quadro del grande soggiorno su due piani molto luminoso, che serviva da Mondrian. Conservo ancora quel pastiche che non mi dispiace. pranzo e da atelier, opera dell’ architetto Vincent. Al limite del Mels era anche pittore, su tela e su carta, con tecnica mista soggiorno c’era il grande torchio per le stampe e un cavalletto per composizioni informali .Di lui conservo un grande quadro per dipingere. La moglie Renée molto gioviale e cordiale era su tela alla De Stael con dominante azzuurra e,tra l’altro , un un po’ il contrapposto del marito, più riservato e quasi timido. quadretto pastoso tra il bianchiccio e il giallino, talmente Simpatizzammo subito e la simpatia c’indusse a frequenti materico che la moglie mi confessò che le dava voglia di incontri da noi e da loro. Mels m’introdusse subito nelle leccarlo quasi fosse un gelato. procedure del suo lavoro d’incisore. Impiegava spessi fogli di Durante lunghi soggiorni nella casa che si era costruita con le carta di stracci che aveva scovato in una piccola fabbrica in proprie mani trasformando un rudere presso Saint Paul de Francia. Per le lastre impiegava stagno su legno, lavorando col Vence, ispirato anche dalla natura mediterranea nel giardino bulino in profondità il metallo così da avere un forte rilievo. con antichi ulivi si lasciava andare a una ptofluvie di opere su Parti delle lastre erano anche assoggettate al lavoro degli acidi. carta ad olio o pastello. Al ritorno dalla voluminosa mappa io Quindi inumidiva i fogli di carta di cenci e, aspergendoli di potevo scegliere e comprare tutta una serie che veniva ad colori , sotto il torchio aveva una prima tiratura. Esaminato il aggiungersi alle stampe e alle tele. Ero diventato il suo più risultato, passava a una seconda o terza coloraturadella lastra, assiduo collezionista e si sentì quasi abbandonato quando passando ogni volta sotto il torchio e completando il foglio. negli ultimi anni , richiamato da altre sirene, smisi di comprare Alla fine sul grande tavolo si avevano le varie prove d’artista e opere sue. 23
Nella galleria di G. Michel comprai anche molti altri incisori , altro ceramista italiano, Mirko Orlandini. Orlandini era l’esatto dallo spagnolo Ortega allo jugoslavo Bernik, al tedesco-‐ opposto di Bartocci. Quando lo conobbi lavorava presso un francese Friedlaender a Matta, Guitet, Fiorini eccetera. ditta belga di tessuti e dopo il lavoro la sera e spesso la notte Completavo questi acquisti con altri degli stessi a Parigi alla nella rue du Couloir, dove aveva un bel forno, si dedicava alla Hune o altrove, , scoprendo anche incisori giapponesi. In ceramica. Modestamente si prsentava come « vasaio » e di Olanda da una giovane amica comprai tutta una serie di vasi in gres ne faceva di molto belli, tanto che anche il museo acqueforti di Postma. del C inquantenario a veva g ià acquistato varie sue opere. Vicino alla galleria di G. Michel c’era la galleria « Espace », Collaborai con lui scrivendogli la presentazione per una mostra gestita da un italiano, Perissino, insieme con un architetto e dandogli una mia poesia, il cui testo fu inciso su ceramica in belga : era un luogo d’incontro per il design e i mobili una grande composizione murale , presentata alla mostra moderni.Vi comprai tra l’altro la mia camera da letto e vi internazionale della ceramica a Faenza, dove ebbe il primo scoprii le opere di un ceramista , Gildo Bartocci. Bartocci era il premio. Come si vede, il « vasaio » cominciava ad avere tipico bohémien , con uno stile di vita al limite dell’anarchia e ambizioni di « scultore ». Eseguì infatti varie sculture con delle opere quasi casuali, che gli uscivano di mano enza semiastratte, di cui conservo qualche esemplare, pur molta riflessione e come per caso. Interessante più come continuando da vasaio a eseguire servizi di piatti e bicchieri, di uomo che come artista, mancandogli la perseveranza e la cui conservo pure qualche esemplare. Il suo successo indusse dedizione al mestiere, pasando dalla ceramica ai gioielli in fil di anche altri artisti a rivolgersi a lui per collaborare. Fu il caso di ferro, all estampe con impronte di dischi di cartone o rametti Sege Vandercam, artista cobra, che presentò varie opere di piante. Geniaccio spontaneo di autodidatta aveva nella espressioniste deformando alcuni vasi di Orlandni. Abbandonò spelonca dove abitava un piccolo forno : acceso di notte per la la compagna belga Lily per una giovane moglie parigina di cottura dei biscotti rivestiti di colori industriali, dormendo origine italiana, da cui ebbe un figlio. Abbandonato a sua volta saporitamente dimenticava di controllare tempi e gradazione da costei passò gli ultimi anni della sua vita piuttosto di cottura. Era ciò nonostante al centro d’interesse degli tristemente, morendo di cancro dopo una lunga malattia. studenti della vicina Accademia di Belle Arti e amatori d’arte o All’ospedale Erasme, dove lo visitai, in un momento di illusorio della bohème come me frequentavano volentieri miglioramento mi pregò di aiutarlo a fuggire. Peggiorò quell’originale alle prese anche con belle ragazze e cosciotti di rapidamente e l’ultima volta che lo visitai non sono certo che agnello allo spiedo e castagne arrosto. Fu lui a parlarmi di un mi riconoscesse. Ai funerali si presentò la moglie col figlio, cui 24
dissi di consolarsi pensando di aver avuto un padre artisi belgi e non belgi li incontravo anche nella casa della importante. Osservando il lavoro di Orlandini, potei una volta vedova di Kurt Lewy. L’ebreo tedesco salvatosi in tempo in seguirlo mentre disponeva su vari ripiani del forno i biscotti, Belgio , oltre a una pittura astratta geometrica, aveva eseguito per i quali sceglieva lui stesso ke terre e combinava gli smalti bellissimi smalti -‐ quadretti, ma anche gioielli-‐ che la vedova originali, gareggiando con i ceramisti cinesi e giapponesi presentava in una vetrina, che conteneva anche pezzi antichi che venerava e quando, parlando delle « sorprese » del archeologici e sculture africane. A una cena partecipò insieme fuoco durante la cottura mi mostrò due palle a sfondo grigio a vari pittori come Mendelson e Lismonde anche Jean con riflessi rossi, mi spiegò che questi riflessi rossastri erano la Dypréau, critico d’arte influente e organizzatore di mostre. Col conseguenza puramente casuale della vicinanza delle palle suo fisico di rospo occhialuto aveva condensato il suo grige a pezzi con smalto rosso, un « riporto « dunque a probabile insuccesso presso le donne in qualche massima sorpresa da un pezzo all’altro. C’era nella cottura un elemento poetica, giocando sul doppio senso del francese baiser, bacio e di sorpresa, che l’artista non aveva programmato : l’arte era chiavare : Celui qui baise la rose épouse l’épine, che si anche « caso ». Più che nella pittura fu nella ceramica e nella potrebbe tradurre « Chi bacia la Rosa le spine ne sposa ». A grafica che il lato artigianale mi restò impresso, osservando al tavola di Rose desiderabili non ce n’erano, quindi Mendelson lavoro Mels che girava la grande ruota del torchio con le mani cercò d’ingraziarsi il rospo, invitandolo a visitare il suo atelier. e Orlandini quella del tornio con le gambe, mentre le dita Il furbone se la cavò, dicendo che conosceva l’opera del febbrili facevano sorgere sotto di sé ,manipolando la terra, le pittore, che però finora l’aveva lasciato sur sa faim. Dalla Lewy forme del vaso. Io intanto rimuginavo fra di me i versi di Eliott avevo cvo conosciuto anche il pittore italiano Arturo Bonfanti, che parlavano forse di un vasaio divino. che visitai a Bergamo, dove mi regalò due serigrafie. Le sue Presi contatto e comprai le opere anche di altri ceramisti : lo composizioni di un rigore geometrico che non escludeva il scultore Olivier Strebelle, Pierre Culot , Godelieve de lirismo erano in sintonia con l’opera di Lewy , il che spiegava in Perlmacher, De Vinnk, Du Chastel eccetera. Come se non parte l’amicizia con la vedova Lilli. Di questa amicizia era bastasse, comprai anche una caraffa in gres con coperchio di gelosa la moglie, Luigia Ferravilla. Di Mendelson avevo peltro per la birra di epoca incerta da un antiquario di Bruges e comprato un quadro « La motocyclette ». Il quadro materico più moderne varie bottiglie e vasi di G. Jouve nella galleria di come quelli dipinti dal pittore in quegli anni, se ne scostava per Perissino , nonché due alberelli da farmacia del ‘700 spagnolo un accenno figurativo alla motocicletta e a due seni di donna, a Maiorca. Gli la protagonista dell’omonimo romanzo di gran successo del 25
De Mandriargues. Negli anni successivi l’artista avrebbe creato anche se forse meno di altre, abituato come ormai ero tutta una serie di personaggi anche a tre dimensioni, di cui all’artigianato africano. Le trattative avvennero in modo qualcuno in piccolo formato si poteva già vedere nel indiretto senza che io o il pittore si decidessero a formulare soggiorno-‐studio dell’originale casetta del pittore , ricavata una richiesta od offerta diretta. Partii quindi a mani vuote. trasformando quella del giardiniere di una grande proprietà a Di altri artisti belgi come Vic Gentil o Paul van Hoeydonck, pur Uccle. Là passavamo delle piacevoli serate a cene preparate interessandomi alcune loro opere, come le forme di cappelli dalla moglie dell’artista. Da lei comprammo anche molti in legno del primo, fui attirato a visitarli in campagna nelle tessuti di cotone stampato alla serigrafia, con cui facemmo loro case perché collezionisti di arte africana. Lo stesso si può tovagie e salviette e, ma pure vestiti per mia moglie e una dire di Louis Devriese, che da bravo artigiano faceva anche gli grande sciarpa di seta stampata. Mendelson era infatti zoccoli per le sculture e nel cui appartamento-‐atelier vicino professore di tessuti stampati all ‘accademia della Cambre e alla Cambre passai numerose serate conviviali, sparlando l’intesa fra di noi giunse a tal punto che mi fece nominare anche di un noto gallerista di arte primitiva, Guimiot, con cui membro della giuria per il conseguimento del diploma finale avevo litigato e che anche lui serviva a malincuore, eseguendo dei suoi studenti. stands per le mostre, aiutato nella maldicenza pure dal figlio Con Lismonde i rapporti furono cordiali e, visitandolo nella sua maggiore del grande collezionista De Grunne, che mal villa sulle alture di Linkebeeck, potei scegliere e acquistare un sopportava l’ingerenza del mercante negli affari della grande disegno al carboncino « Perspectives en quête d’un famiglia, compresa la sorella Domitilla, poi sposata paysage ». Erano gli anni del grande successo di Vieira da Silva dall’antiquario. e Lismonde se ne ispirava, innovando non fosse altro che con Le grandi mostre anche di arte contemporanea avvenivano al l’impiego della tecnica del carboncino. Più formale di Palais des Beaux Arts, di cui fu direttore prima Robert Giron e Mendelson Lismonde si dava del Voi con la moglie, formula un poi Karel Geirland. Il passaggio dalla direzione del primo po’ anacronistica di cortesia di altri tempi. francofono a l s econdo nederlandofonico , oltretutto di Gand, Di Van Lint, uno dei maggiori rappresentanti della Jeune non fu senza polemiche. Con costui ebbi a che fare, visitandolo Peinture, avrei voluto comprare un quadro e a tale scopo lo a Gand con Rotella . visitai. Nel soggiorno, più che quadri suoi o di amici, aveva al A Gand, dove aveva fondato il museodi arte moderna e dove muro tutta una panoplia di strumenti e attrezzi contadini e di nel 1964 avevo visitato la grande mostra Figuratie Defiguratie altri mestieri. Era una casa molto originale e mi impresssionò Geirlandt era un po’ il deus ex machina dell’arte 26
contemporanea. Io avevo conosciuto Rotella a Bruxelles insieme a Bertini e Pierre Restany, pontefice del Nouveau Réalisme, con cui pensava di poter fare concorrenza alla Pop Art americana. In una memorabile cena a Bruxelles con Restany, Bertini, Rotella, Arman e Marcel Broothaerts, Restany si divertì , notando la voracità di costui, a gettargli attraverso la tavola pezzi di carne, gridando : Tiens, Marcel, mange. Marcel in quel tempo faceva composizioni con gusci d’uovo e bacili di valve di cozze. Avevo assistito anche a una sua performance, in cui Marcel si doveva presentare per polemica antimilitare vestito da malconcio soldato belga con tanto di elmetto e fucile. Senonché all’ultimo momento non osò e si presentò vestito metà da soldato e metà da civile, declamando poi una tiritera contro la guerra. Non tutti lo prendevano sul serio nonostante gli sforzi della moglie, una intraprendente fotografa che non era facile levarsi di torno. Passato a Colonia in Germania, Marcel fu preso sul serio dai tedeschi e diventò celebre. Anche Rotella era un originale, ma in sordina, da bravo calabrese. Me lo ricordo a Parigi nell’appartamentino sopra la galleria J della moglie di Restany, chino sul tavolo a fare il francobollo Rotella-‐Napoleone, forando con un ago i margini della carta. Nella camera a fianco sul letto era appeso un grande quadro del 1967« Mantenete il vostro motore giovane », che Mimmo aveva composto combinando vari manifesti in tipografia e non più strappati semilaceri dai muri, secondo la nuova tecnica che Rotella chiamava Artypo.
Acquistai quel quadro, che Mimmo si affrettò a sostituire con un altro, che una delle cosiddette assistenti-‐ giovani straniere in cerca di avventure-‐ stava sistemando nel telaio. Accompagnai Rotella a Gand da Gzelandt e poi da un collllezionista, medico e professore di psichiatria all’Università, Mathis, che ci ricevette nella bella casa insieme alla moglie. Il povero Rotella si dette da fare spiegando sul pavimento vari rotoli di manifesti strappati. Le reazioni degli ospiti si limitarono a qualche monosillabo e fummo licenziati. Era quasi mezzogiorno e non ci fu offerto neanche un caffé. Tornammo a Bruxelles dove rifocillai Rotella. Mimmo era un ospite esigente per le sue manie. Era capace di farmi perdere mezza giornata alla ricerca di un certo tipo di sigaro, che doveva essere quello e non altro. Non che fosse un gran fumatore, ma gli piaceva atteggiarsi alla Al Capone, così come si atteggiava alla Napoleone. Avrei incontrato Rotella anche a Milano nel suo appartamento. La sua singolarità si manifestava in tutti i campi. Invitava prostitute : lo vedo ancora uscire dal bagno in vestaglia, attraversare il soggiorno-‐cucina , al cui centro troneggiava un gande frigo, secondo i piani della designer Nanda Vigo, stringendo in mano un flagello, ed andare in camera da letto, da dove poco dopo uscivano le grida della fkagellata e del flagellante. Per il sesso vero e proprio si faceva aiutare da Elio Mariani in incontri a tre, dove non si capiva che ruolo svolgesse Rotella, che come mi rivelò Mariani, non distingueva bene tra ano e vulva. Alla fine sposò o fu sposato da una russa, che si fece una figlia, che lui chiamò Asia. 27
Comunque fra tutti gli artisti italiani in contatto con Restany muro su cui campeggiava la scritta « Le possessif est à Rotella fu l’unico a mantenersi sul piano nazionale e bannir ». Per lei mi esibii perfino come cuoco, ptreparando internazionale. Del proprio valore Mimmo era cosciente e una grande spaghettata, di cui approfittò anche una ragazza mezzo sul serio e mezzo scherzando asseriva : Una casa non è ebrea, di cui si narrò che viveva more uxorio col fratello : i bella senza un quadro di Rotella. Il movimento lettrista poveretti dopo le esperienze terribili dei loro genitori comprendeva anche dei poeti come Bernard Heidsiek e Henri nell’ultima guerra non riuscivano ad avere rapporti di una Chopin, che avrei incontrato poi con Bertini l’ultima volta a qualche intimità se non nel cerchio ristrettissimo della loro Parigi negli anni ’90 in una serata di pittura e poesia , famiglia.. Nell’ambiente internazionale di Bruxelles avevo organizzata da Gianni per la sua mostra in una galleria di rue conosciuto una giapponese, figlia di un ammiraglio e che de Seine. Anche Rotella si vantava di essere poeta, addirittura lavorava alla banca Lambert. Il barone Lambert era un grande inventore della « poesia fonetica », di cui una volta mi dette un collezionista . Oltre al suo spazioso appartamento all’ultimo saggio recitando una filastrocca senza senso di vocali, piano della banca, opera di un americano, che con elementi consonanti e spezzoni di parole e frasi con sibili e urli. . Quella prefabbricati ne aveva fatto uno degli edifici più belli della volta non disponeva di tamtam africani con cui battere il ritmo città, aveva tappezzato di opere d’arte moderna un po’ tutti i e la breve recita risultò un tentativo al limite del ridicolo. locali d ella b anca, d ove o rganizzava n elle g randi sale a Oltre questi artisti la cui opera anche come tentativo finì col pianterreno delle mostre. Tra gli altri presentò Getulio non più interessarmi, ce ne furono altri a scomparire nel nulla Akviani, nel cui studio a Udine comprai un quadro con pannelli di propria scelta, come quella nobile ardennese, Mady di alluminio, la cui superficie lavorata al tornio meccanico Lemaire, di cui agli inizi degli anni ’60 comprai un’acquaforte e rifletteva la luce, creando riflessi verticali, che alla luce si che poi m’interessò più per le sue grazie di grassoccia spostavano da sinistra a destra e viceversa seguendo gli scanzonata. Creò molte vetrate per chiese nelle Ardenne ed spostamenti del riguardante. Era l’epoca della Optical Art, aveva una bellissima figlia, che faceva un bel contrasto con le rappresentata a Parigi nella galleria di Denise René da forme giunoniche della madre. La scena artistica in Belgio e Vasarely ed altri. Alviani chiamava quei quadri « Superfici altrove era variata dalla presenza femminile di varie vibratili ». Il suo studio aveva più l’aria di un laboratorio di precorritrici del movimento femminista, come quella pittrice, artigiano che di un pittore e la stessa impressione faceva che nell’appartamento di Saint Gilles aveva nello studio-‐ l’artista. soggiorno un grande letto per terra spiegazzato contro un Makiko Kosaka abitava in una pensione per studenti, i cui 28
proprietari sedevano a tavola con essi. Partecipai a una di non voleva cederlo. Mi promise, però, che se avessi comprato queste cene. Potei così osservarei padroni di casa, addivenuti, il primo quadro, forse un giorno mi avrebbe dato il secondo. come mi raccontò Makiko, a un accordo , per cui il marito si Quando alla fine del 1979 Makiko lasciò Bruxelles per faceva le ragazze e la moglie i giovanotti. Del resto la stessa NewYork, pensai che quel quadro non l’avrei rivisto e divisione del terreno di caccia l’avevo potuta osservare anni invece…con più che correttezza Makiko me lo spedì in regalo prima a Milano alla Scuola per interpreti fra direttore e dall’America. Di giapponesi – Araki e Hasegawa-‐ comprai a direttrice. Poco dopo Makiko lasciò la pensione per abitare Parigi varie stampe.-‐ altrove. Era, almeno per me, una strana ragazza, polemizzava L’incontro e la frequentazione reciproca per anni, una quasi continuamente contro gli uomini occidentali, pur andandoci a amicizia, fu con Gianni Bertini, incontrato a Bruxelles nel letto,, accennava frequentemente al suicidio con fatalismo 1963. Aveva una drande esposizione al Palais des Beaux Arts e orientale e delle volte stesa immobile sembrava proprio un mio collega che lo conosceva dai tempi di Pisa me lo morta. Una sua compatriota, che lei mi presentò , mi spiegò presentò. Lo rividi nel ’64 e gli comprai un disegno e due che una giapponese, interrogata su questioni spinose, per acqueforti. La moglie del collega, Vanna Bastreghi, grande cortesia rispondeva non quel che lei pensava, ma quel che specialista di fegatelli in rete di maiale con foglie di lauro, credeva fosse l’opinione dell’interrogante tentò q uella volta e la seguente di di fargli passare la serata in .Makiko mi presentò due pittori giapponesi che vivevano a Belgio. Ma Gianni, che abitava a Parigi ed era più o meno in Parigi.. Di Akira Kubo comprai tre quadri e l’invitai a pranzo in bolletta, aveva fretta di rientrare , tanto più che la vecchia casa. . La conversazione si svolse a monosillabi in francese conoscenza, oltre i fegatelli, non aveva portato che al mio mentre il poveretto lottava non tanto per capire e farsi capire, acquisto, davvero non molto dispendioso. Rividi spesso Gianni quanto per venire a capo sudando di una bistecca. Abituato ai e la moglie, Licia, nella rue du Château d’eau. Erano due pezzettini del sushi evidentemente quel pezzo di carne gli appartamenti sullo stesso pianerottolo, di un grosso vano sembrava una montagna. Di Okuia Noemi comprai un primo ciascuno : l’uno serviva da soggiorno-‐camera da letto, l’altro grande quadro a olio con due grandi forme rosse e nere curve da studio, spazioso, con il muro a sinistra dopo l’ingresso ad arco su una specie di feto e che chiamai « Callipigia ». Il coperto da una cinquantina di firme di amici e conoscenti secondo quadro, due grandi forme nere, ritte ai lati come artisti. Il soggiorno era dominato da un grande quadro pilastri e in basso al centro due inequivocabili masse ovali e astratto, che avrei comprato volentieri, ma l’artista non volle che chiamai « I coglioni », se lo teneva in camera Makiko che venderlo, dicendo che era per se giacché segnava una tappa 29
importante della sua creazione. Comprai da lui a Parigi nel ’65 un quadro in cui una donna nuda era al centro di una grande composizione astratta « Ce noctambule de Zorro ». Zorro vestito d astronauta con grande casco , contempla la donna, che porta a spasso nello spazio.Il quadro era su tela sensibile, sulla quale era stata proiettata l’immagine fotografica , rielaborata con elementi dipinti al pennello.Il quadro fu presentato a una personale di Bertini , che avevo aiutato a organizzare nella galleria Le zodiaque al Sablon. L’artista mi confessò chef u quella la prima volta che affrontava la vernice con calma, avendo in tasca i 20000 franchi che gli avevo dato per il quadro. Nel ’66 mi regalò una Daphne clouée, proiezione fotografica su carta, rielaborata e che lui chiamava disegno. Ormai ci vedevamo regolarmente a Parigi e Bruxelles. Nel ’67 gli comprai una « Cavalcata di Leda », prosperoso nudo femminile in automobile, replica di un’altra Leda, con la sola aggiunta sulla destra in alto un 2 e di una A, che mi permisi di eliminare, tentando di tornare alla prima Leda –nella collezione Cattaneo-‐ , che consideravo migliore La cosiddetta Mec-‐art che si proponeva con la riproduzione e motiplicazione meccanica dell’arte, portarla dal possesso esclusivo dei ricchi a quello di amatori meno abbienti, era in realtà una illusione e una scappatoia per artisti poco seri, che, visti il successo di un’opera e il desiderio di possederla da parte di altri, dopo aver venduto il primo esemplare come « unico », si affrettavano a farne altri, vendendoli anche come unici. Più che il desiderio di arricchirsi, c’era spesso negli artisti la
necessità di guadagnarsi il necessario alla sussistenza. La stessa cosa mi capitò con il grande quadro «… E una donna », presentato da Gianni alla Biennale di Venezia nel ’68 . Il quadro 126 X193 su tela emulsionata è un grande ritratto della modella tedescaVerushka, presentata in piedi con borsa contro un ingresso della metropolitana milanese. , sulla destra e dietro parte della facciata con balcone e terrazza di una casa della rue du Château d’eau, quindi tipica combinazione di più foto, rielaborate a pennello con aggiunta di cifre e lettere. Fu l’acquisto mio più importante delle opere di Bertini, che nel frattempo mi aveva regalato una grande acquaforte in rosso e blu. Gianni era generosissimo. Così nel ’68 quando lo incontrai alla Biennale approfittò delle larghezze del celebre ristorante « La colomba » per invitare anche noi varie volte a pranzo e a cena. Il proprietario della Colomba grande amatore d’arte, aveva escogitato un suo sistema per aver quadri di noti artisti contemporanei, con cui ornava le pareti delle sale del ristorante : lasciava artisti e loro amici usufruire gratis della celebre cucina contro un’opera dell’artista. Si mangiava nelle sale e anche in una sppecie di galleria all’aperto con veduta sul bacino di San Marco. L’annesso hotel, dove pernottammo, era pieno di tappeti preziosi nei corridoi e di quadri di artisti alle pareti. Durante il soggiorno a Venezia-‐ agosto del ’68-‐ ebbi in regalo da Gianni anche una cartella con sei serigrafie . Quell’anno non fu facile per la Biennale : la protesta giovanile aveva raggiunto anche la città lagunare e e non fu assegnato nessun premio. Gianni che aveva presentato in una sala a lui 30
riservata opere di grande impegno, tra cui una grande catalogo un vecchio quadro. Accettai il risultato più che altro cavalcata, che con vari pannelli prendeva tutto un muro, per la dedica sul retro, ispirata da una poesia di Grcia Lorca. pretendeva di essere l’artista italiano più importante, cui Costatai che Gianni non era un pittore che dipingesse spettava il primo premio. Mi ricordo ancora la foga con cui volentieri dietro suggerimento di qualcuno. Diverso era il sottolineava questa sua pretesa in piazza San Marco a Gillo discorso della ripetizione con la tecnica della Mec Art. Dorfles, che l’ascoltava solo a metà, guardando altrove. Il s oggiorno a ll’Elba fu frittuoso per Bertini nel senso che, Io ricambiavo come potevo la generosità ddi Gianni. Così vedendo la praticità del mio prefabbricato di legno, volle fare l’invitai un’estate con moglie e figlio a passare una diecina di altrettanto anche se su scala ridotta, comprando un terreno in giorni nella mia casetta all’Elba. Licia si presentò con cappello Liguriaa Mansola. A Milano, dove si era trasferitopur a larghe falde e vestito mondano come se dovesse andare a un conservando lo studio di Parigi, Gianni disponeva di uno grande albergo di Acapulco o in Costa Azzurra, mentre la mia spazioso appartamento e siccome gli affari gli andavano casa era nella macchia in un posto molto bello di fronte al piuttosto bene all’inizio, cominciò a lasciarsi andare a qualche mare, ma a quell’epoca lontano dal mondo civile. A tavola segno di artista « riuscito ». Si comprò, anche se di seconda mangiavamo roba buona, ma semplice e tra il pesce mia mano, una grossa Mercedes e con essa mi scarrozzò da moglie non sdegnava di comprare quello azzurro, fresco e Milano a Calice Ligure, dove il pittore Scanavino aveva creato dell’isola, che Licia, come fosse abituata a mangire caviale, una specie di villaggio artistico con vari artisti che si erano sdegnava. Fu deciso,quindi,di fare tavola separata, noi al primo stabiliti nella zona e che esponevano in una sorta di festival. piano e loro a pianterreno. Dovetti costatare che la stolta Scanavino ci trattò benissimo nella sua casa e dopo a pranzo in comprava scatolame, non volendo o sapendo cucinare. Dopo il una trattoria con specialità del posto. Ebbi così modo di bagno sedevamo in giardino o nel soggiorno a pianterreno e là visitare lo studio del pittore, le cui opere avevo già ammirato potei osservare Gianni al lavoro : da giornali e riviste ritagliava nella galleria Blu di Palazzoli a Milano. Avrei voluto comprare foto, che poi incollava su cartoncino in una composizione che qualcosa di Scanavino e non so perché il mio desiderio non poi sarebbe stata fotografata e il negativo proiettato in camera andò in porto. oscura su tela emulsionata, che reagiva come carta sensibile. Gianni a Milano conosceva un po’ tutti, tra gli altri Enrico Baj. Chiesi a Gianni difarmi un quadro: comprai a Portoferraio tela, Con Gianni lo visitammo nel grande studio, simpatizzammo colori e pennello. Gianni si mise non so con quanta voglia al subito e comprai un quadro di un generale, potendo scegliere lavoro e con mio disappunto vidi che copiava da un suo tra una quarantina , che Baj mi mostrò ed erano pronti per la 31
spedizione per una personale nella galleria Creuzevault a Parigi. Nell’appartamento su una mensola c’era un grande multiplo con generale inserito in un contenitore di plastica trasparente. Baj resistette alla richiesta mia di comprarlo perché era il « suo » esemplare, ma poi cedette. Baj che ora viveva con la seconda moglie, Roberta, tentai di visitarlo più tardi nella grande villa dove si era trasferito sul lago di Varese. Ci ricevette la moglie, ma Baj era assente. Di lui avevo conosciuto anche la prima moglie, Gigina, una spregiudicata , da cui comprai un quadro di Dangelo, che poi vendetti. A cena in un locale con altri scapati fumava mairuana, di cui vantava il potere erotico, invitandomi a farner uso. Rifiutai dicendole che per eccitarmi non avevo bisogno di aiuti. Dell’ex marito possedeva ancora vari pezzi, soprattutto dei collages a base di frammenti di specchi rotti. Il mio generale su stoffa di arredamento a fiorami ha grande testa verde con naso imponente, occhi, orecchi e bocca con oggetti in metallo incollati e passamaneria. Cordoni da tappezziere edecorarazioni di vario genere con due medaglie al merito completano la caricatura del militare. Analoga caricatura presentava il multiplo con svariate decorazioni e due palle numerate per gli occhioni. La prosperità di Bertini era solo temporanea e apparente. Le difficoltà cominciarono a farsi sentire e Gianni era in cerca di un finanziatore. A Parigi l’aveva trovato in un chirurgo di provincia, Jacques Latournerie, che gli passava un mensile contro dei quadri. Senonché col passaggio alla tela sensibile il collezionista si
accorse che i colori cambiavano e alcune parti del quadro addirittua scomparivano, per cui da un certo momento in poi smise di comprare. Durante un pranzo al ristorante a Milano Gianni mi propose di diventare il suo mecenate con un assegno mensile. Gli risposi che non potevo permettermelo, avendo moglie e figli, al che lui perse la pedana e incominciò a inveire. Misi fine alla scenata chiedendo il conto e uscendo. Gianni, benché avesse perso quasi la voce per una operazione alla trachea, parlava continuamente, anche perché si considerava un po’ l’apostolo della Mec-‐Art. Alla mia domanda sull’affidabilità della tela sensibile rispose che era un supporto sicuro, di cui aveva messo alla prova la qualità esponendola per vari mesi alla luce. I miei dubbi restarono e furono in seguito confermati: col tempo i colori viravano al giallo. Questo fu uno dei motivi per cui alla fine smisi di comprare la Mec-‐Artr e addirittura litigai una seconda volta. A Milano Gianni mi parlò di un giovane molto dotato, che cominciava a servirsi della tela sensibile : si trattava di Elio Mariani, di cui parlò pure nella visita a Baj, chiedendo se lui, artista affermato, potesse far qualcosa per il principiante. Elio aveva una esperienza di fotografo e il suo omonimo, Mariani Umberto, che i quadri li dipingeva, con una punta di disprezzo chiamava Elio « il fotografo ».Tale esperienza gli permetteva di campire con nettezza i suoi personaggi, limitandosi al bianco e nero con passaggi di grigo. Aveva una indubbia capacità di combinare l’ immagine sola o a coppia con acutezza di profilo e grandiosità di volume. Ritagliava i corpi, ptivandoli di testa e 32
di parte delle braccia e gambe, con rapporti di proporzioni non cartella ci fu anche quella del mio primo libro « Strutture », naruralistiche. L’esperienza di grandi formati della Pop-‐Art poesie+immagini di sculture africane della mia collezione. americana non gli era estranea, portandolo anzi a Nella sala erano espost una ventina di pezzi : quelli piccoli li composizioni, che potevano prendere tutte le pareti di una avevo portati in valigia da Bruxelles, ma per dare più galleria con una sola immagine in più pannelli, come lo scoppio importanza alla mostra mi ero fatto prestare alcune grandi di una bomba atomica, nello Studio Santandrea di Bellora. statue dallo scultore Sangregorio, che sapevo essere anche lui Aveva anche una capacità e propensione illustrativa, il che collezionista e andai a prenderle sul lago di Varese, dove m’indusse a sceglierlo come collaboratore in « Idoli », grande l’artista aveva una grande villa, lasciateli dalla ex moglie, una cartella di otto fotolito a colori con otto mie poesie.Le poesie Olivetti, al momento della separazione. Avrei poi rivisto avevano preceduto le immagini, in parte da me suggerite e da l’artista a Bruxelles in casa mia. Per la mostra di Milano mi ero Elio magistralmente composte. Una parte del grande foglio rivolyo anche alla marchesa Antinori, che avevo incontrato con conteneva l’immagine e l’altra la poesia. Che si trattasse di il marito a Roma, dove della loro collezione in una mostra Marylin Monroe o di Brigitte Bardot, della Rampling, di Monica avevo comprato una bella coppia di Ibeji. La marchesa portò a Vitti o di Emmanuelle, della Welsh o di Maria Schneider le Milano una quindicina di sculture. Siccome Scheiwiller era attrici erano colte in pose significative di parti interpretate assente, dovemmo occuparci della preparazione della mostra. nella vita o in celebri fims e per ultimo il segreto della scelta In tre giornate febbrili, correnso a destra e a maca feci era affidato a una composizione con tre personaggi, Ava apptontare da un laboratorio le vetrinette in plexiglas, feci Gardner su manifesto pubblicitario, una donna esotica a seni stampare dal greco i manifesti, contattai Aldo Tagliaferri per il nu e Frud. Le foto potevano essere messe sotto vetro, discorso di apertura, la marchesa e mia moglie scoparono incorniciate e appese al muro come quadro. La tiratura era di addirittura il pavimento della sala. Rifiutai, però, di andare in 50 esemplari, numerati e firmati da me e da Mariani. Per il giro per la città ad attaccare i manifesti, la cui pila restò contenitore, , il cartoncino solido dei fogli e la stampa in ammonticchiata in galleria. Ma per vendetta feci pagare a quadricomia mi ero servito di una piccola tipografia milanese Scheiwiller vetrine e manifesti. Vanni arrivò trafelato di un simpatico e intelligente greco italianizzato. all’ultimo momento da un viaggio di più giorni in Sicilia e Presentai la cartella in anteprima nella galleria situata in un Calabria : il poveretto, in mancanza di meglio, si caricava di cortile di via Bigli, di cui si serviva l’editore Vanni Scheiwiller libri e girava per l’Italia distribuendoli ai librai. Da questi viaggi per la vernice dei suoi libri. Abbinata alla presentazione della tornava non so con tquanto successo se si prescinde da 33
qualche pacco di prodotti tipici, che come altre volte in occasione della pubblicazione di altri miei libri, mi fece gustare a pranzo in casa, dove in genere di tutto si occupava la Gina, più che domestica o cuoca, una specie di angelo tutelare, che vegliava anche sul fratello di Vanni, artista sensibile, ma con notevoli problemi psichici. Anche se Tagliaferri si lasciò andare a un discorso lunghetto sull’arte africana e solo alla fine accennò alle mie poesie, anche seVanni trafelato e affamato disse appena qualcosa sulla cartella, di cui figurava come editore, benché non avesse fatto nulla, fu una bella serata, animata dalla presenza di tanti miei amici. Poi in una ventina andammo a cena in un noto ristorante ed alla fine io tenni un breve discorso di ringraziamento, salutando i presenti, tra cui mia sorella e mio cognato venuti apposta da Morra, ma anche gli assenti, in specie mia madre « contadina », che aveva voluto contribuire alla festa del primo libro di suo figlio, inviandomi 50000 lire.Una signora ebrea amica di Scheiwiller e sua finanziatrice,al sentire questo particolare scoppiò a piangere. Quando a Vanni fu portato il conto, gli avanzai sottobanco 50000 lire come contributo mio, se non di mia madre. Con Mariani eravamo rimasti d’accordo che ciascuno di noi due avrebbe ricevuto metà dell’edizione. Ora per me c’era il problema di come portare a Bruxelles i miei 25 esemplari.Feci due grandi colli che avvolsi con cinghie e misi su rotelle e con essi tornai a casa, dove poco dopo organizzai una grande serata con i 16 sottoscrittori, che avevano finanziato la pubblicazione, ricevendo ognuno un esemplare con la prima
poesia manoscritta e dedica. La cartella ebbe un afterspiel: inviata a Parigi, dove Scheiwiller era stato invitato al Beaubourg come tipico piccolo editore italiano di poesia, fu esposta foglio per foglio nel mezzanino sopra il pianterreno. Smontata la mostra ed inviato il materiale a Milano, la cartella risultò assente. Era stata rubata! Scheiwiller pretese da Mariani un altro esemplare per il suo archivio. Elio tentennava protestando. Alla fine lo convinsi ad accontentare Vanni. Poteva ormai vantarsi con una pubblicità : Mariani era l’artista italiano che andava a ruba a Parigi! Nel frattempo, però, più concretamente indussi Scheiwiller a pagare lui le cinque tavole di Mariani nel mio nuovo libro di poesie « Circuito chiuso ». La storia d’amore in cinque tempi-‐ Piacere, Assenza, Tradimento, Giudizio e Catarsi, icasticamente presentata con immagini da me scelte fra quelle di quadri o di progetti di quadri di Mariani, le cui foto mi furono fornite dall’artista. Stampate a piena pagina all’inizio di ogni capitolo, danno subito visivamente il senso di quello che sarà poi detto nei versi. Avrei voluto serrvirmi di questo felice connubio di testo ed immagine anche nei libri di poesia che seguiranno. Ed infatti per ognuno di essi dispongo di tutta una serie di mie fotocomposizioni. Ma quasi sempre per motivi di spesa ho dovuto limitarmi a qualche mio disegno nel testo o alla sola copertina . E dire che per ogni libro potrei fare una edizione di lusso illustrata. Pazienza ! Il materiale resta nel moi archivio ed altri se serviranno forse post mortem quando sarò celebre. A parte queste due avventure editoriali, di Mariani conservo 34
vari quadri, acquistati durante la quindicina d’anni che ci siamo frequentati. Nel ’70 acquistai « L’amore è una cosa meravigliosa ». Il quadro era appeso sotto una finestra nella bella mansarda sopra la Galleria, affittata dal comune ai suoi dipendenti, com’era allora l’amica del pittore. Lui stesso viveva in un appartamento di una casa di ringhiera verso Porta Genova.Ci fu una certa difficoltà ad avere il quadro-‐ forse l’aveva regalato all’amica-‐, ma poi finii per averlo. Nell’ottobre del ’70 organizzai una personale di Mariani nella galleria Zodiaque di Bruxelles, come avevo fatto per Bertini, e in quella occasione, dandogli anche un po’ di soldi, presi « Nelle sue braccia amorosamente ».Non fu facile gestire i rapporti finanziari fra il gallerista e Mariani, che aveva una netta tendenza a più che approfittare nei suoi rapporti con gli altri. Il fatto di essere artista-‐ e che artista, pensava lui-‐ gli dava tutti i diritti. Come con la sua miniMorris nel traffico intenso di Milano saltava sul marciapiedi tra i pedoni spaventati urlando »Siamo in troppi » e filava sorpassando tutti, così in casa di amici ballando pretese di far coppia fissa con la bella padrona di casa, ritorcendo alle rimostranze del marito « Sono Mariani » come se avesse detto » Sono Michelangelo ». Perfino con me per la copertina » Idoli » pretese ridicolmente di figurare primo a sinistra ed io secondo a destra, né valse l’osservazione che all’interno figuravano a sinistra le mie poesie e a destra le sue immagini. L’artista era nella società il superuomo e tutto gli era permesso. Quello che la società non gli dava lui si arrogava il diritto di prenderselo. Così in un
supermercato a Milano ebbi la sgradevole sorpresa di vederlo appropriarsi di capi di biancheria, che nascondeva abilmente sotto il giubbotto di cuoio eludendo il controllo alla cassa. Arrivò anche a propormi di scegliere qualcosa per me. Rifiutai facendogli notare che la sera al controllo della giornata sarebbe stata la povera venditrice a rispondere della merce mancante. Era, quindi, una proletaria come lui e non una capitalista che lui danneggiava. Il quartiere di Porta Genova era abitato in prevalenza da piccoli borghesi e proletari ed anche gli spettacoli erano alla loro altezza. Così con Mariani in un cinema della zona assistetti a una specie di avanspettacolo, il cui pezzo forte era una magrolina, che dopo qualche passo di danza e qualche barzelletta del presentatore si stese nuda su un lettino e furiosamente battendo il ventre su un materassino, sempre più cadenzata da da una misica a percussione, anelante arrivò-‐ o finse di arrivare-‐ all’orgasmo. Grandi applausi in sala. Era il massimo di quanto ci si poteva permettere in Italia. Chi voleva di più doveva andare in Danimarca, dove gli accoppiamenti in pubblico durante gli spettacoli erano all’ordine del giorno. Mariani con le donne si comportava da macho e finché ebbe a che fare con la prima amica, piuttosto bruttina, che lui una volta spinse fuori dalla macchina e lasciò sulla strada un aperta campagna, la cosa gli fu facile, anche perché la poveretta innamorata lo subiva come una cagna bastonata. Ma quando passò a una secona amica, carina e con una professione ben retribuita di chinesiterapeuta, dovette cambiar registro, anche 35
perché questa volta davvero innamorato. Di lei ricordo le poi di Mariani. Fra le stramberie della loro galleria potei mani, belle davvero, forti, ma femminili, con lunghe dita molto vedere un grosso quadro al muro con quatttro cvadele accese sensuali. Nel ’73 attraverso il colllega Domian comprai davanti come per un’icona sacra. L’eventuale acquirente « Esplosione d’amore », gande abbraccio di due personaggi doveva quindi fare anche da sacrestano. pietrificati. Nel ’76 comprai « Transfer » con grande Le gallerie più importanti erano quelle del Cardazzo e del personaggio accoccolato e nel ‘ 77 « Albertine disparue, Marconi, da corniciaio salito a gallerista.Non tutti gli artisti ritratto della ragazza in un tondo, solllevato da ambo i lati da riuscivano a farne parte, attirati anche dai notevoli mezzi grandi dita. Nel 1980 comprai e poi vendetti a una collega il finanziari di cui Marconi disponeva. Se Mariani aveva avuto il ritratto di Céline. Ogni collezionista è un po’ mercante ed io coraggio di smettere, altrettanto non fece Bertini. Negli vendevo per comprare altri quadri. . L’ultimo quadro lo anni’90 aveva organizzato a Parigi in una galleria di rue de comprai nel 1982 : »Da una stagione all’inferno » . Su cartone Seine, che disponeva nel sottosuolo di una sala piuttosto in parte lacerato una donna nuda capovolta è appesa a uno capiente, una serata di poesia accoppiata alla vernice di una spago, fissato attraverso buchi al cartone. La scena faceva sua mostra. Gianni come al solito parlò parecchio e poi parte di un quadro più grande e, siccome il resto nulla seguirono due poeti, Chopin e Gérald Gassiot-‐Talabot. Mi recai aggiungeva al tema, chiesi a Mariani di eliminarlo. Detto, fatto. extra a P arigi p er l a s erata. Bertini aveva avuto da sempre a Ormai Elio era in crisi : era arrivato alla conclusione che la tela che fare con I poeti e ricordo un’altra serata, passata emulsionata non reggeva al tempo e quindi la Mec-‐Art andava nell’appartamento del poeta Bernard Heidsieck nell’isola abbandonata.Tentò di darsi alla pittura-‐pittura, da ultimo con Saint-‐Louis, nello stesso stabile dove al piano superior abitava piccoli quadri su carta. Ma anche questi non resistevano al Pompidou. Credo che ci fosse anche Chopin. Non si lesinò con tempo, per quanto maruflati su tela, perché la carta era quella lo schampagne di famiglia quella sera. Nella rue de Seine non scadente di riviste. Dopo qualche altro tentativo tra l’astratto e fu lo stesso. Gassiot-‐Talabot declamò una lunga tiritera il figurativo, mollò tutto, dedicandosi, come sospettai, a traffici autobiografica, che no si capì perché dovesse essere in versi, poco cattolici. Così lo persi di vista. La galleria milanese che Chopin fu più breve e convincente anche per la tecnica che all’epoca buona di Mariani più lo espose era la Santandrea del seguiva nel recitare il ritmo del respiro. Alla fine tutti si Bellora, strano personaggio alle prese più con sé stesso che affrettarono a tagliar la corda. Rimasti soli in tre, Gianni, mia con l’arte. Alra galleria era quella dei Prearo, che pubblicavano moglie ed io, pensai bene d’invitare Bertini a cena. Il anche monografie in cambio di quadri : fu il caso di Bertini e ristorante portoghese dove volevamo andare era chiuso, 36
finimmo quindi in uno italiano.Gianni era di cattivo umore ed aggressivo, io ero più che reticente sui quadri della mostra, una cattiva rimasticazione di vecchi motivi su tela emulsionata. Avevo portato con me il mio ultimo libro di poesia, che diedi a Gianni, che lo sfogliò rapidamente, rispondendo di malagrazia a qualche mia segnalazione di novità che pensavo potessero interessarlo e che lui liquidò dicendo che al massimo esse dimostravano che io ero al corrente di certe cose. Non avendo più voglia di continuare una conversazione che rischiava di terminare in litigio, pagai il conto ed uscimmo, ognuno andando per la sua via.Triste fine di un’amicizia quasi trentennale. Del resto Bertnini, anche se non voleva ammetterlo, doveva sentire che tutta l’operazione Mec-‐Art, pur se in essa sincaponiva incapace di cambiare, non trovava più l’eco di una volta. » Sono povero » ripeteva amaramente, lui l’esibizionista abituato a suscitare l’interesse di molta gente, si sentiva isolato e la sorte di Antonin Artaud, ultimo dei suoi personaggi di riferimento, doveva sembrargli aspettarlo dietro l’angolo, momenti di lucidità in un monologo ininterrotto di autocelebrazione. « Sono forse l’artista più importante dell’Italia del ‘ 900 » Di natura estroversa e generosa meritava meglio, però il protagonismo eccessivo lo portava a correr dietro all’ultima moda e Parigi in questo non l’aveva certo aiutato. Visto il mio interesse per due artisti di provincia, Foppiani ed Armodio, una volta volle accompagnarmi a Piacenza. L’incontro fra i tre dette risultati scontati : i piacentini restarono freddi e reticenti di fronte
all’artista internazionale e costui tenne a sottolinearmi che con i miei acquisti incoraggiavo l’arte reazionaria. Se io in quegli anni ero molto presente a Milano, non per questo trascuravo Bruxelles, dove gallerie come la New-‐Smith non stava dietro a nessuna parigina o milanese per qualità e interesse di artisti presentati. Vita più breve ebbe un’altra galleria, la Cogeime o Montjoinon ricordo, il cui proprietario , un certo Lechien, era un personaggio fra il comico ed il patetico. Già costruttore edile aveva pensato di cambiar di fucile di spalla con un’attività più redditizia. Faceva l’inglese tipo ‘800 con lunghi basettoni e bastone da dandy, assumendo un’aria malinconica da spleen. Agli amici confessava di avere uno chagrin d’amour, di cui non si era ancora rimesso : l’ex amante era riuscita a farsi intestare un appartamento, mollando subito il povero amante per uno nuovo. Non migliore fortuna ebbe Lechien con l’arte :si era precipitato sugli artisti della Nec-‐Art per accorgersi dopo un paio di anni che la tela emulsionata non reggeva al tempo. Perse quindi molti soldi che aveva investito e molti clienti, per cui dopo un ultimo tentativo di salvare il salvabile chiuse la galleria e si poteva vederlo più afflitto che mai appoggiato al bastone alle vernici, cui ancora partecipava. Un altro in parte strano personaggio era Ernst Goldschnidt, direttore di Quadrum, bella rivista d’arte. Era emigrato da Vienna perché ebreo e la sua competenza era forse quella dei disegni dei maestri del passato. Sugli artisti contemporanei di cui si occupava Quadrum era al massimo possibile strappargli un sorrisetto 37
non impegnativo. La pittrice, zia di mia moglie, Marie Louise aveva nessuna idea del van Loo e del Porporati. Motecizsky, che lo conosceva da lunga data, mi confermò che Un altro colpo lo feci con un quadretto ad olio su legno. La da Ernst più che quel sorrisetto non si poteva ricavare. Lo vecchietta, nel cui negozio l’avevo notato, era preoccupata frequentammo nei primi anni di Bruxelles, incontrando così perché la giovane donna mostrava i seni nudi. Le dissi che ciò anche la moglie olandese, sorella del direttore del Mauritshaus non mi disturbava e lei rincalzò dicendo che non me la all’Aia. Pur avendo molto a che f are con l’arte prendessi se il seno sinistro era cadente, perché ccerte do nne contemporanea, io non perdevo occasione di far qualche colpo di facili costumi eccetera. Poiché il quadretto era un po’ anche con l’arte del passato. Nei primi mesi del soggiorno a grattato nella parte suoeriore, chiesi e ottenni una riduzione. Bruxelles da un antiquario della rue Saint Jean in vetrina attirò Ora si trattava di sapere chi fosse l’autore. Un mio collega la mia attenzione una Madonna con bambino. Il prezzo era baciapile per accaparrarsi la mia benevolenza, Giampietro, abbordabile : il disegnoa sanguigna e punta d’argento mi fu venne un giorno nel mio ufficio con due volumi, una presentato come opera belga del ‘700. Mostrato qualche Sittengeschichte di fine ottocento, sottolineando che oltre i tempo dopo al direttore dell’Albertina di Vienna, costui sparò costumi dalle illustrazioni si poteva cavare anche ben altro…. a colpo sicuro « Scuola di Raffaello, Cavalier D’Arpino » Diedi u no s guardo a l l ibro e s coprii la riproduzione di un Qualche anno più tardi sempre nella stessa strada entrai da quadro. Non c’era nessuna indicazione dell’autore. Più tardi mi una vecchia che presentava soprattutto opere su carta. Aprii fu mostrata un’altra opera e là il quadro era indicato come di arie cartelle eall’improvviso misi la mano su una grande un cero Chaplin. Io l’avevo ritenuto come possibile opera di acquaforte. Qualche tempo prima a Parigi all’Istituto Olandese Rops, l’artista belga di cui avevo visti oli su tavola.Il soggetto avevo ammirato un grande olio di Jacob van Loo « Le coucher erotico e i colori preimpressionisti rendevano l’attribuzione à l’italienne », una formosa giovane nuda di spalle e volgente possibile. Però , ora era dimostrato che era di Chaplin. Ma chi maliziosa la testa indietro a fissare probabilmente un amante era la donna ?. L’enigma fu risolto quando su una eivista trovai assente, si apprestava ad andare a letto. La nudità della donna la riproduzione del quadro e una foto con la storia della era forse il motivo di quel à l'’italienne, in contrasto con le modella irlandese Joanna Hifferman, amante del pittore nordiche che avranno avuto una camicia da notte. americano americano a Parigi Whistler e modella di Courbet, L’acquaforte era opera dell’incisore piemontese Porporati e che l’aveva fra l’altro rappresentata nuda e col sesso bene in messa a confronto con l’origina le nulla perdeva, eccetto il vista nel famoso quadro » L’origine du monde », cambiando in colore, della sua venustà e carica erotica. La venditrice non nero il colore rosso del pube della donna. Nel mio quadretto, 38
in cui Joe era rappresentata seminuda solo col busto, i capelli Tervuren in una casa in aperta campagna, dove aveva il suo abbondanti erano rossi e quindi rosso anche il pube assente. Il laboratorio e con un paio di assistenti lavorava molto, anche bacino della donna dell’Origine del mondo va dunque per musei.. Visto il quadro, gli dissi subito di continuare e completato con testa e seni della donna del mio quadretto e, portare alla luce tutta la parte nascosta. Lui mi confermò che se la vulva della donna di Courbet è eccitante, altrettanto lo quel nudo era il più bello che avesse mai visto durante il suo sono i seni e lo sguardo malizioso della donna del mio mestiere di restauratore. Per farla breve, il risultato finale fu quadretto. che la Venere si appoggiava contro il ginocchio di un suonatore Avventuroso fu pure l’acquisto di una grande tela nel 1980. di lira barbuto, che alla destra aveva visibili due mani di donne Passando a una certa distanza di fronte a una galleria di di diversa età, ma comunque giovani. Una mano era poggiata antiquario, notai un nudo di donna che subito mi attirò. sulla spalla del suonatore e l’altra, quella più giovane, era Entrato e visto il quadro da vicino, il mio interesse fu spiegata al suo fianco. Il quadro era stato tagliato in due, forse confermato. Si trattava di una Venere distesa con una per motivi di spazio o di eredità. Probabile sovrapporta in un inserviente semivestita che le versava in una coppa un liquido castello e completo di più di due metri, alla parte sinistra con che non poteva essere che ambrosia. Chiesi all’antiquario se Venere e serva, doveva avere nella parte destra duedonne , conoscesse un restauratore che mi pulisse il il il quadro. Alla una cantatrice e ina danzatrice, di cui erano rimaste solo le sua affermativa pagai il quadro , restauro compreso, e glielo mani. Sullo sfondo si vedevano una specie di tempietto a lasciai dietro ricevuta, dicendo che sarei ripassato a prendrlo. colonne e delle colline. La pulitura aveva messo in evidenza il N el frattempo partii per l’Italia per visitare i miei dopo il bellissimo nudo della Venere con il corpo appena coperto su terremoto che aveva distrutto mezza Irpinia. una s palla e s ulpubeda un velo trasparente. Sul capo erano Al mio ritorno l’antiquario disse che c’era un ptoblema : intrecciati ai capelli fiori di mirto. Altri fiori punteggiavano il pulendo il quadro il restauratore aveva scoperto sotto il terreno. Il vaso da cui era versata l’ambrosia era ritrovabile in tendone che occupava il lato destro un altro personaggio, altri dipinti, per esemio della scuola di Fontaineblau. L’opera motivo per cui era disposto ad annullare la vendita. Il era certamente degli inizi del ‘600, probabilmente di un brav’uomo che mi aveva venduto il quadro come neoclassico, fiammingo italianizzante. Era il nudo più importante che si era ora accorto che si trattava di ben altro. Rifiutai la avessi : la Dea e la serva si presentavano, ma divinamente non proposta e mi recai dal dal restauratore per vedere di che si si offrivano, nel seminudo di Chaplin Jo guardava fuori del trattava. Costui, un certo Masson, abitava non lontano da quadro e voluttuosa si offriva, nell’acquatinta di Rops che avrei 39
comprato in seguito, la bionda e la bruna, lesbiche o echeggiavano Duerer. La nonna maternal di mia moglie era prostitute, , mercificavano i loro corpi spaparanzati e non più rappresentata in un bel ritratto ad olio di Lembach e in un freschi. A parte questo, mettendo a confronto il Rops e il pastello di Marie Louise Motecizski mentre con la sorella Chaplin, si vedeva subito che erano della stessa epoca e dipingeva sulla spiaggia di Scheveningen. Della stessa parente facevano valere il bell’accordo dei bianchi, dei rosa e dei neri. pittrice avevamo altri tre oli, un autoritratto, una natura morta Avrei completato questi nudi con un disegno neoclassico di con mele e un’altra con gladioli. Mia moglie era rappresentata donna stante, vista di tre quarti e con le cosce un po’ deficienti bambina in un pastello del pittore georgiano Halil Beg sotto le natiche di cavalla, forse del Bouchardon. Questo Mussayassul. Ho già detto che alla quadriennale del 1964 disegno fu acquistato in una galleria del Sablon, dove avevo visto dei grandi e bei quadri di Gustavo Foppiani e che, precedentemente avevo comprato un altro bel disegno con avuto da Gaetano Pompa il suo indirizzo, mi ero precipitato a architetture italiane di un discepolo di Paul Brin e che io Piacenza per conoscere l’artista. Dal primo incontro in casa e leggevo in chiave metafisica. La galleria era su due piani e mi poi nello studio di via Campagna fino all’ultimo in ospedale sul meravigliai quando vidi che la proprietaria mi seguiva per la letto di morte nel 1986 ci legò un’amicizia indefettibile di oltre stretta scala che portava al primo. Interrogata mi rispose che venti anni. Morente ci tenne a sottolinearmi” Tu sei un amico doveva farlo perché negli ultimi tempi aveva costatato la fedele”. Di natura allegra e vivace gli piacevano le donne e scomparsa di alcune opere : un esperto e collezionista purtroppo il vino, il cui consumo eccessivo lo portò alla tomba. olandese era sospettato di essere all’origine di quei furti. Ma n e a veva b isogno perché, invece di abbatterlo, gli dava una Questi acquisti alla morte di mia suocera furono arricchiti da euforia creatrice. Nonostante i due e più litri di consumo un paesaggio ad olio su tavola di anonimo pittore olandese giornaliero, non lo vidi mai sbronzo. Chiamava i bicchieri che si del ‘600, che in un paesaggio fluviale basso sotto un cielo alto susseguivano l’uno dopo l’altro « coppe » e preferiva i vini e luminoso con qualche nuvola aveva dipinto il passaggio di leggermente frizzanti delle colline piacentine, dove passava buoi e pecore al pascolo lungo un corso d’acqua. Seguivano l’estate e andava alla prima occasione, lavorando anche in due sculture di legno, un San Rocco con cane dal pane in bocca campagna e seducendo le contadine del vicinato. Foppiani in per il santo lebbroso e che aveva una forte testa che città aveva in un vecchio palazzo nobiliare uno studio con richiamava ritratti rinascimentali benché fosse opera mosana diversi vani : uno per Armodio, uno per se e uno chef u poi di del primo ‘600 e un Adamo ed Eva di bosso. I bellissimi nudi Berté. Un altro con lettino per le donne che là sfogavano i loro erano opera dello scultore tedesco del ‘600 Leonard Kern ed ardori serviva per Gustavo, ma anche per qualche amico, come 40
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un giornalista della stampa locale. Dopo la morte di Gustavo Armodio si affrettò a liberarsi di quei locali, temendo eventuali inchieste della polizia. Dalla mia prima visita in poi in quello studio Foppiani mi mostrava i suoi quadri recenti : visti e rvisti, io ne compravo uno o due. A Piacenza oltre l’arte si poteva apprezzare anche la cucina locale. Foppiani ed Armodio ci tenevano a farmi girare per la città e dintorni in cerca di osterie e ristoranti tipici. Avevo detto loro che mangiavo tutto, eccetto carne di cavallo. Una sera, sedutti in una osteria nella zona della stazione, mi ero detto soddisfatto delle specialità mangiate, fra cui uno stufato. Ridendo chiamarono la vecchia cuoca perché ci dicesse come l’aveva preparato : in un tegame di terraglia a fuoco lento per 24 ore aveva fatto ridurre a un impasto di pezzetti microscopici carne di…cavallo ! Tutti risero della mia sorpresa e non mi restò che complimentarmi con la vecchietta. Un altro ristorane in un castello neogotico a Grazzano Visconti era celebre per i suoi antipasti : ne serviva una quindicina e così sazi non si mangiava più quasi niente del primo e del secondo. Alla partenza in negozi specializzati si comprava la coppa dopo che il salumiere aveva inserito un ago d’osso , che annusava e faceva annusare per apprezzarne dal profumo la bontà. All’acquisto dei salumi si accompagnava quello del parmigiano, scelt su indicazione di Gustavo o della moglie. L’arte, dunque, andava a braccetto con la buona cucina secondo la migliore tradizione emilana. I quadri di Foppiani e di Armodio erano a tempera su legno e Gustavo, che nella fase astratta usava anche la foglia d’oro e il rosso carminio su fondo argento, citava volentieri il trattato sulla pittura di Cennino Cennini, seguito a volte anche in procedimenti dubbi, come dare un’ultima mano non di vernice, ma di cera calda, che poi strofinava
fortemente con un panno di lana Fonte d’ispirazione per forme e colori erano i codici miniaturati irlandesi del medioevo. Per le tavole si serviva del compensato da un falegname e per le cornici di pezzi di antiquariato o di una ditta fiorentina. Alla fine si fece le cornici da sé, colorandole d’accordo con i colori del quadro. Volle innovare e risparmiare anche con i colori, servendosi addirittura di quelli dell’industria per le carrozzerie delle auto. E qui all’inizio ebbe qualche cattiva sorpresa. La tempera permetteva una maggiore freschezza e freddezza dei colori rispetto alla tecnica all’olio. Nello studio di via Campagna il primo acquisto nel 1964 fu di una tempera di Armodio « Lo scacciapensieri » .Su tela incollata su legno una bambola, in cui le sarte infilavano gli aghi -‐ » Feticcio »-‐ e una piccola tempera su legno con sopra un bastoncino accompagnarono come regalo quel primo acquisto. Nella primavera del 1966 sempre di Armodio seguì una colomba, che lascia cadere un uovo accanto alla mano tesa di un personaggio che non è riuscito a prenderlo e ne aspetta un altro pronto nel ventre dell’uccello. Alla stessa data ci furono i primi acquisti di Foppiani : due tempere su carta + una in regalo e una grande tempera su legno con vari segni e simboli-‐ ispirati da manoscritti irlandesi-‐ rossi e neri, inseriti in una grande forma ovale con fogli d’oro su fondo argento.
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Nel novembre 1966 seguì un grande tondo su fondo azzuurro E’ possibile e consigliabile commentare in una poesia un con sotto un disco a colori affiancato da farfalle, come visti quadro? Armodio, lettala, mi confessò che era imbarazzato attraverso l’acqua, i resri di costruzioni etrusche a Spina. perché nei miei versi l’avevo messo a nudo. Anche sul retro di Questo quadro molto mi richiamava quelli ammirati alla due grandi quadri »Nuvole foriere di pioggia » scrissi una Quadriennale. Avevo comprato intanto altri quadri di Foppiani breve poesia e Foppiani non si sentì imbarazzato, anzi… e Armodio, dietro un cui quadro »Un ritratto da fare » scrissi Nel 1972 a cena da me il mercante di arte primitiva,, Philippe nel ’73 la poesia seguente: Guimiot, vide ed ammirò al muro dei quadri di Armodio : Il mistero traluce entusiasta mi chiese se fosse possibile proporre ad Armodio di Chiudersi esporre nella sua galleria « Continents » al Sablon a Bruxelles. bisogna alle fosforescenze, scendere Lo chiesi ad Armodio che ne fu più che contento. Mentre agli ipogei. Travagli, metamorfosi, Foppiani aveva dietro di sé tutta una serie di successi in Italia e gestazioni inconfessabili nel guscio all’estero, ben rappresentato com’era dallla galleria d’uovo. Al nemico non dar presa. In fondo « L’obelisco » di Roma, per Armodio quella era la prima opera la dinamica. Agli ignari offriamo in superficie occasione di mettere il naso fuori d’ Italia. La piccola mostra al presunti meccanismi, moti perpetui, trappole. Traluce Sablon per la quale prestai anche due miei qudri, ebbe un gran il mistero agli adepti, mezza bocca, successo. Molti mrtcanti e collezionisti di arte primitiva una vagina-‐naso, un solo orecchio crudele, appiccicato con due comprarono degli Armodio e quindi Guimiot si affrettò ad puntine e il glande rosseggia dove manca un braccio e forse è offrire al pittore un contratto e continuò ad esporlo anche soltanto il pulsante che al manichino moto imprime o il tutto quando sembrò cambiare fucile di spalla aprendo una nuova e fa esplodere. Ad libitum, Armodio. spaziosa galleria all’avenue Louise. L’incontro di Armodio con Guimiot, se ebbe un lato positivo per l’artista con gli alti prezzi che costui chiedeva per i quadri, ne ebbe uno negativo per l’artista, spronato a produrre per motivi commerciali. Così per Natale Guimiot chiese un centinaio di piccoli formati, che Armodio dipinse senza batter ciglio. La mia anicizia col pittore ne fu pure incrinata. Così dovetti costatare che mentre fino ad allora Armodio a Bruxelles veniva prima da me, un bel giorno 43
dovetti sapere della sua presenza da terze persone. Inoltre il mercante pretese dall’artista che non dovesse più vedermi … Ed Armodio ubbidì. Gli ultimi quadri che comprai « » La poetessa » e « La venexiana », anche se a metà prezzo, dovetti comprarli da Guimiot nel 1977. In questo modo l’amicizia con Armodio ebbe fine e a lui non restò che costatare qualche anno dopo, quando il contratto fu rotto e lui messo alla porta , che il denaro è un vincolo ben fragile dell’amicizia. Armodio aveva un carattere freddo e duro, dovuto forse in parte alla sua infanzia di figlio adottivo. Trattò con durezza perfino gli Schenardi che l’avevano adottato. La sua bonomia di barbuto padre greco era solo apparente e con le donne non so come se la cavasse. A proposito donne, sua moglie Piera, una bella bruna con volto di cammeo, aveva con Leda Bertè aperto una piccola stamperia « L’elefante rosso», dove stampavano le litografie, acqueforti e serigrafie, che da disegni e quadri di Foppiani, Armodio, Bertè e altri eseguivano, abilmente maneggiando le diverse tecniche. Nella stamperia, assistendo alle varie operazioni, oltre che alcune opere definitive, raccolsi per terra tutta una serie di fogli preparatori e prove d’autore scartati. Leda la faceva un po’ da capo, anche perché con la sua attività doveva sopperire alle magre entrate del marito, che io consideravo non terzo fra cotanto senno, ma poco dotato imitatore di Foppiani e Armodio, per cui non volli mai comprare nulla di lui. Intanto di Armodio avevo comprato “Chi è?”, poi venduto a Trevisiol, e »Cantata a Brighton » nel ’72 e nel ‘74 “A cena dal
principe ». Per la Cantata ci fu qualche difficoltà prtché il quadro era un regalo per Piera e pendeva già al muro nella loro casa. Con i soldi di Guimiot Armodio aveva comprato un grande e bello appartamento su una piazza a Piacenza e una casa in campagna con annesso fienile, che gli serviva da studio, a metà collina a poca distanza dalla casa di Foppiani a Soriano di Gropparello. Armodio mi aveva subito attirato per la sicurezza del suo disegno e la qualità dei suoi colori, ma soprattutto per il salto di qualità della concretezza delle cose più inimitabili e il significato fantastico e metafisico, quasi sempre inaspettato che lui sapeva scoprire nelle cose. Se era il pittore « senza difetti », come lo definisce Sgarbi, era soprattuuto il pittore di una moderna metafisica, sempre sul filo dell’ironia e delle allusioniinaspettate.Il successo del suo realismo magico aveva perfino ingelosito Foppiani, il cui ritorno al reale era stato sottosotto incoraggiato da Armodio. E sì che costui gli doveva tanto, compreso il nome d’arte ! Fra i due Foppiani restò il più inventivo, anche correndo i rischi che l’invenzione comporta. Armodio era prevedibile, Gustano no. Di Foppiani comprai opere sino al 1985, data della sua morte. Di lui posseggo una ventin di quadri e una cinquantina di acquerelli, disegni e stampe. Del ‘ 75 ho « Cavalieri ad un torneo » e ” Passaggio di frontiera”in due composizioni questo quasi speculari : nella prima in bruno e argento sopra c’è una piramide con sei gemmoni e sotto in azzurro e argento un cavaliere multigambe con mazzocchio all’attacco, nella seconda un animale in argento e bruno sopra e sotto in 44
marrone frecce a cuore. Del ’77 “ I cavalieri di Malta”, quadro erotico-‐ironico con tre cavalieri bloccati a terra da pesanti zoccoli calamitati e con campane che pendono dal ventre dei cavalli, una delle tre senza battaglio. Del ’78 ho « Imprevisto sul palcoscenico » con tre personaggi danzanti, uno però fornito di tre gambe. Sotto un aereo precipita su una specie di trespolo. La caduta dell’aereo è un motivo ricorrente in Foppiani e risale a un suo ricordo quando prigioniero in Algeria assistette alla caduta di un aereo, passato poi a simbolo di tante cadute, compresa quella della morte negli ultimi suoi quadri. Del ’78 in piccolo formato « Ritratto di fanciulla », tempera su legno con cornice dell’artista. Dell’80 in “A lettere di fuoco » un amante multigambe con lettera di fuoco si precipita verso una donna lignea e sdegnosa che ha già gettato a terra una precedente missiva di fuoco. Quì Foppiani per risparmiare ha usato ha usato un azzurro industriale per carrozzerie che non resiste a lungo e si screpola, applicato probabilmente male. Dell’80 è pure « Personaggio con coccodrillo », ispirato dal simbolo delle maglie Lacoste. Sul basso molto colorato con tane di misteriosi animali si erge su quasi un trono il signor Lacoste, contro il quale avanza un malintenzionato e grosso coccodrillo. Così il simbolo del suo successo commerciale diventa il suo aggressore. Purtroppo personaggio ed animale disegnati in bruno su fondo chiaro col tempo si sono sbiaditi e non hanno più il risalto dovuto. Dell’82 una tempera presenta una composizione un po’ rigida : tra due vasi di fiori sotto un piccolo astro troneggia su
un trespolo un grande canelupo. La sua aggressività è mitigata e complicata da un lungo fallo amoroso col cuore in punta e da una lunga e bellissima coda cadente e attorcigliata come un gomitolo da dipanare. La bestialità dell’amore è indecifrabile in quel labirinto che stringe e aavvolge. Il motivo del fallo a freccia e cuore è un motivo ricorrente in Foppiani. Dell’82 è « Pas de deux » : una coppia in fuga , lei con ampia e volumetrica gonna e lunghi capelli al vento, lui con ampio e volumetrico cappotto e chioma-‐capelli a serpente attorcigliato. Mentre i due amanti scappano verso sinistra, la chioma della donna e quella serpentina dell’uomo puntano verso destra : ambivalenza e incertezza di chi fuori della legge sfida il destino sotto un pallido quarto di luna.Questo come altri motivi sarà oggetto di varie composizioni : Foppiani, cioè, lavorava per serie. Con un motivo sotto mano lo seguiva nel suo sviluppo, presentando di esso vari momenti. In ogni serie bisognava saper scegliere fra il più e il meno riuscito. E’, se si vuole, il ricercare che ogni artista conosce, anche se non sempre così documentato come in questo caso. Dell’83 è « L’uomo nell’armadio ». In genere si parla di scheletri nell’armadio per indicare segreti inconfessabili ed anche Foppiani ha qualche quadro di questo soggetto, ma qui si parla di una variante, amorosa questa. La ragazza che spalanca l’armadio scopre un uomo con cappello e indice alzato, che sembra dirle : « Ah ! birichina ». E’ il momento, cioè, in cui l’adolescente vuole scoprire il sesso, che confusamente sente urgere nel suo corpo ormai maturo e alla 45
ricerca dell’altro. Un cagnolino assiste alla scena, indifferente, della carta fatta con pasta di stracci per I suoi disegni ed già compagno di giochi della ragazza. Dell’83 è pure « Il vaso acquerelli, giocando sull’abbinamento di vecchi testi con le sue rovesciaro ». Uno dei due grandi vasi è stato rovesciato. Chi è invenzioni. Aveva scovato anche prime edizioni da bibliofilo. stato? La ragazza o il cane che lei stringe fra le braccia? Il cane Volle tra l’altro creare suoi libri in esemplare unico, come è un po’ porcino, simbolo dei pensieri che girano per la testa quello pesantissimo in lastre d’acciaio inossidabile e bucato in della fanciulla e che porteranno a quel piccolo o grande officina. Io poseggo un suo libro in esemplae unico con testi e disastro, simbolo del sovvertimento delle leggi da parte della disegni” La crava”. La capra è variamente disegnata e parti del ragazza, preda forse della passione amorosa. L’amore è un ccorpo sono eseguite con graffette da macchinetta disastro ? Nell’84 Foppiani sente la morte battere alla sua assembratrice.. Di questo libro mi sono servito riproducendo le porta. In una serie di quadri, di cui questo « Ultimo volo sul illustrazioni per il fascicolo introduttivo alla cartella sui suoi Kraal » è uno, sotto un cielo petroso , incombente e acquerelli. Volevo fare un libro d’arte con Foppiani e l’avevo misterioso, un aereodi pietra ad H vola basso su una strana già sollecitato per « Idoli ». Ma i bozzetti presentatimi erano aiuola di fiorente vegetazione, racchiusa da una muraglia di dei Foppian tipici e prescindevano da qualsiasi rapporto con i sassi. Fra poco la grandine del bombardamento distruggerà testi delle mie poesie, per cui dovetti ripiegare su Mariani. tutto. Gli ultimi acquisti furono due acquerelli dell’85. Foppiani Pensai allora di cambiar registro. Ispirandomi ad un ed Armodio andavano anche a caccia presso antiquari locali di contenitore con testi e foto di Roland Minnaert » arte popolare e tradizionale. Nello studio c’era una statua L’androgyne », progettai un contenitore nel quale avrei settecentesca di S. Giuseppe e nelle rispettive case delle racchiuso un fascicolocon saggio » Incontro di terzo grado con Madonne lignee della stessa epoca, che fra l’altro servivano Foppiani » e » foto a colori di acquerelli di Gustavo. Per il per usi piuttosto impropri, come bar per bottiglie di li liquori.Di finanziamento, cercai dei sottoscrittori, che avrebbero Gustavo posseggo una bella cornice a cuore e con due ricevuto ognuno un esemplare della cassetta + un acquerello angeletti inginocchiati a mani giunte in cima. Mia figlia Marina originale.L’edizione era di 50 esemplari , firmati da me e da vi ha inserito una mia foto e l’ha appesa accanto al letto. Gustavo. Un foglio aggiunto presentava una serie di foto Armodio aveva collezionato tutta una serie di busti e teste di dell’artista, fatte dall’amico giornalista Gianni Tagliaferri. santi, angeli e Gesù bambino in legno laccato ed occhi di vetro, Rispetto al mio progetto Foppiani aggiunse una foto, pure di che ben corrispondevano a certi personaggi dei suoi quadri. Tagliaferri, d i u n s uo a cquerello c on c oppia di spalle in fuga, lui Gustavo era a caccia di vecchi libri e registri di conti e si serviva con mantello e lei nuda, tra due grandi vasi e ad arco 46
campeggiava il titolo « Acquarelli ». Feci eseguire il disegno e colori. Alla fine purtroppo tutto scomparve. Anche contenitore in cartone e tela grezza nello stesso laboratorio in se il processo di distruzione fu possibile rallentarlo non cui Minnaert aveva fatto fare « Androgyne ». Misi insieme 50 esponendo gli acquerelli alla luce, il loro destino era segnato. acquerelli, attingendo li dalla mia collezione e da un quarantin Avendo io venduto ai sottoscrittori un acquerello a testa, mi ache mi dette Gustavo. Le foto a colori furono fatte da sentii più che imbarazzato e volevo chiedere a Gustavo di Minnaert, a Piacenza e Cremona in due laboratori eseguirono rifarli su carta non acida. La morte sopravvenendo nel la tiratura delle foto e dell’introduzione, come pure del frattempo rese vana questa intenzione. Le foto a colori, che contenitore in cartone e tela grezza. Uno studente s’incaricò ritraggono gli acquerelli ancora in buono stato, sono quindi d’incollare le foto sul cartoncino di supporto. Per tanto più preziose. Detti i film originali a Gustavo, ma con la l’introduzione avevo fatto parlare a lungo Gustavo al liquidazione dello studio non so che fine abbiano fatta. registratore in casa mia sulla sua arte. Rimaneggiai quanto kui Speriamo che qualche previggente li abbia conservati. aveva detto in un dialogo, in cui praticamente io ponevo le “Raccontare ironizzando, raccontare trasfigurando” mi domande dando pure le risposte. Il testo fu tradotto in sembrano due buone formule conclusive dell’arte di Foppiani. francese da una professoressa francese a Piacenza. Le sue vicende con i galleristi non furono molto liete. Con Quell’Incontro di terzo grado, checché si dica e sia stato detto Guimiot dovette aspettare, contrariamente ad Armodio, vari in seguito, resta il saggio fondamentale su Foppiani ed io ho anni prima che costui si decidesse a prenderlo e la storia di l’orgoglio di averlo scritto, io collezionista e amico senza pari di questi rapport mi vide implicato in prima persona. Guimiot, Foppiani. I soggetti degli acquerelli sono più vari di quelli dei nonostante le mie insistenze, aveva un po’ schifato Foppiani e quadri. La velocità d’esecuzione permette di eseguire con più solo nel ’79 si decise per lui quando aprì la nuova galleria agilità la vena narrativa e fantastica dell’artista. Foppiani all’avenue Louise. Un bel giorno si prsentò a Piacenza con compone con più facilità e scioltezza i motivi che poco si madame Chale, gallerista con cui aveva già collaborato. Costei ripetono. Spesso essi serviranno di punto di partenza per i nello studio di Gustavo s’inginocchiò come davanti a un santo quadri. E’ la sua musica da camera, sono i suoi Lieder. e i ndusse G ustavo a esporre a Bruxelles per l’inaugurazione Disgraziatamente a partire da una certa data Gustavo si è della galleria. A me fu chiesto di scrivere per la stampa una servito di un cartone poroso e ricco di acido. Le macchie, che breve presentazione dell’artista. Lo feci, collocando Gustavo in subito apparivano e che a lui davano il senso del vissuto, col una terza categoria di artisti. Apriti, cielo! Il mercante non tempo presero il sopravvento e l’acido cominciò a mangiare poteva avere che artisti di prima categoria! L’articolo fu 47
rifiutato ed io, che avevo avuto precedenti dispute col mercante, interruppi i miei rapporti di amicizia con lui, pur avendo in pentola altri progetti di collaborazione sui miniformati nella scultura africana, che nel frattempo ero andato fotografando in Belgio e altrove con una macchina di Guimiot che permetteva di avere piccole foto senza bisogno di sviluppo. Considerandomi leso, non restitui la macchina, né il gallerista me la richiese. Il mercante che di arte moderna non capiva un’acca e badava solo a far soldi, dopo pochi anni ruppe il contratto con Foppini (dopo l’avrebbe fatto anche con Armodio). Gustavo mi portò in casa i quadri ancora in deposito alla galleria ed io cercai di venderglieli. Mi rimase « Figura che suona il flauto » del ‘76, di non facile trasporto, date le dimensioni, e che non comprai, non avendo capito la qualità della figura, ricavata in gran parte con la lettera azzurra V stampigliata. Io avevo sempre aiutato Gustavo a vendere i suoi quadri. Una mia nipote, Antonietta Covino, ne comprò vari, che io sceglievo per lei nello studio di Gustavo, il quale generosamente vi aggiungeva degli acquerelli. Mio fratello Celestino tentò anche lui, ma giunse troppo tardi e dovette accontentarsi di stampe. Con la galleria Forni di Bologna Gustavo ebbe anche un contratto e una volta ve lo accompagnai a portare i quadri. Forni li contava e senza neanche guardarli li faceva appoggiare l’uno sull’altro contro il muro. In occasione di una mostra ad Amsterdam accompagnai Gustavo nella galleria di Marijke, florida valchiria olandese che
conviveva con un fotografo italiano. Al ritorno durante una cena in casa polemizzai con Forni, difendendo l’arte astratta contro lui che nella sua galleria non esponeva che figurativi. In un acquerello , ricordando l’incontro di Amsterdam, Gustavo si inginocchiava da cavaliere libidinoso a ad adorare il sesso di una bionda iperlunga, Marijke. Armodio, nvece, in un altro acquerello con tanto di turbante e barbone da pascià turco faceva inginocchiato le sue devozioni dopo aver ucciso una donna che sanguinava nuda ai suoi piedi. Che fosse la storia presunta di amici o la sua, raccontata in varianti sul motivo del vino versato, o dell’autoritratto da uomo accasciato nel presentimento della morte prossima, Gustavo fino all’ultimo continuò a dipingere il motivo catastrofico della fine. E’ tempo di concludere in poesia. Ecco la prima, scritta dietro uno dei due quadri » Nuvole foriere di pioggia » : Rossa ed oro deriva Bisanzio. Basilisse in steccati corrompono al passaggio le nuvole stanche ed il cielo di pece fa ressa sul piacere di fovea-‐teatro.
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Si tratta di una interpretazione decadente fra D’Annunzio e ideogrammi della scrittura cinese. Di un altro pittore, Ulrich Baudelaire, ben lontana dallo spirito di Gustavo e dei Gansert, nell’85 comprai a Vienna una tempera su carta e una manoscritti medioevali irlandesi, cui mi aveva detto di avere litografia. La visita al suo studio nel palazzo dell’Accademia attinto alcune forme e colori, specie il rosso. L’altra poesia stava per finir male : restammo bloccati fra due piani « Falloforia » è più consona con la vita e l’arte di Gustavo, nell’ascensore , era sabato e per il week-‐ end l’edificio era ispirata daquanto avevo potuto vedere durante una delle mie deserto. Per fortuna alle nostre urla accorse qualcuno che ultime visite al moribondo in ospedale a Piacenza nel 1986. dall’esterno r iuscì a m ettere i n m oto l ’ascensore. Falloforia Nell’appartamento dell’artista avevo avuto modo di ammirare ( in memoria di G . F.) « la giovane moglie-‐modella, molto sensuale. Meglio morto, avendo troppo bevuto, Di u n giovane artista belga, Stéphane Balleux, comprai un che non far quadri e aver poco fottuto ». quadro, f ormat o c on t asselli d i l egno d i v ario spessore, su cui Gli fece palpare l’ultima volta la erano dipinte le varianti di teste un po’ alla Bacon, e altri topa, anche annusare gliela fece. quadretti dellostesso tipo. Questo giovane pittore lo avevo Seduta sul letto di morte stava scoperto nella galleria di Pierre Hallet al Sablon e lì vicino nella quasi facendogli una sega quando galleria di Minea Move avevo visto le opere di Gansert. In sopravvenne la moglie. “ Ma che state questa galleria feci anche una scoperta di tutt ‘altro genere: in facendo ? » Lui chiuse gli occhi disfatto, semiconfusa scese lei una prima visita fui accolto da un distinto signore e nella dal letto e non gli disse addio : seconda ad accogliermi fu una disinvolta signora. Il passaggio lasciò nel piatto sul comodino a dal maschile al femminile era avvenuto con una operazione in sinistra ben ritto un porcino cui fu eliminato il fallo e costruita una rudimentale vulva che dall’enorme capocchia. Dopo non attirò nessun maschio sicché la poveretta dovette Armodio e Foppiani di altri artisti ho comprato qualcosa ripiegare su una compagna. Nella stessa galleria comprai un occasionalmente. Di Dotremont, il teorico di Cobra e che ritratto di donna del pittore inglese Holland e potei osservare malato aveva passsato gli ultimi anni in una casa di riposo a durante una vernice la stessa donna, moglie del pittore Teervuren, comprai nella galleria di una donna avvenente un romanista, prima passeggiare vestita sotto i quadri e poi piccolo inchiostro di china con un verso « Entre les lignes de gongolare negli stessi rappresentata quasi fotograficamente soie les signes du lichen ». Rifaceva a modo suo gli nuda, esperienza moderna del Goya della Maia vestita e 49
desnuda. Per Fernado Picenni, pittore bergamasco stabilitosi a Milano, scrissi un’introduzione molto apprezzata dall’artista, e dopo un primo quadro negli anni precedenti ne comprai un altro, molto bello, di astrazione lirica e chiari riferimenti biologici. La casa di Tervuren era strapiena di statue e quadri e ormai non c’era più un centimetro di muro libero per altri. Così questa mancanza di spazio espositivo mi costrinse ad accontentarmi di quanto avevo accumulato in decenni. Diverso il discorso per l’arte africana, ma di questo parlerò in seguito. E allora impiegare il mio tempo all’attività di critica d’arte, dato il successo di quanto avevo scritto per Foppiani, Bartocci e Picenni ? Non so, visto che in cantiere ho sempre libri autobiografici e di poesia. ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,
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LA FOTOGRAFIA Da quando a metà degli anni ’50 avevo comprato a Monaco la mia prima macchina fotografica di seconda mano, seguita poi da una Leica, fino ad oggi mi sono cimentato sempre con la fotografia tanto più che i progressi tecnologici, grazie soprattutto ai Giapponesi, rendevano il maneggio degli apparecchi più facile.Con i nuoviapparecchi Nikon e disponendo di un obiettivo makro, mi è stato possibile affronrare diversi soggetti in diverse occasioni, passando da una specie di réportage ad una coopertura sistematica di alcuni motivi di mia predilezione. E’ stato con migliaia di scatti uno studio a largo raggio di motivi, individuati passeggiando nel bosco dell’Arboretum e nel parco di Tervuren, dove lungo gli stagni avevo isolato due motivi con due abeti, uno stante e l’altro giacente nell’acqua. Non che pretendessi di essere un fotografo nella accezione di virtuoso dell’obiettivo. No, le mie foto le avrebbe potuto tecnicamente scattare chiunque. Ispirandomi a grandi maestri come Bresson e Man Ray, io volevo documentare i miei incontri per così dire casuali, trasformarli pure simbolicamente in qualcosa d’altro. In definitiva volevo fare dei «quadri» servendomi dell’obiettivo al posto del pennello. Ero accompagnato in questa ricerca dal mio fiuto di collezionista, su scala più ridotta che con la pittura, ma seguendo un mio fiuto selettivo, occasione per occasione. Inutile aggiungere che la poesia era sempre della partita. Ho detto che per la cassetta degli acquerelli di Foppiani mi ero rivolto per fotografarli a Roland Minnaert. Di lui dopo Ermaphrodyte acquistai una serie di foto e d’ingrandimenti di una ragazza negra americana, che all’amante aveva mostrato tutte le sue grazie, specie la vulva con un enorme
pulsante di clitoride. Anche altre donne e altri motivi vagamente erotici furono in buona compagnia della negra. Da Valérie Dartevelle mi deci fare un bel ritratto e di lei, ragazza sessualmente complicata, comprai alcuni nudi e un bellissimo scorcio di una sua cugina incinta con grande ventre a tamburo e due seni dilaganti a valanga come non li avevo mai visti o sognati. Tralasciando l’incontro con un’altra fotogafa, Veronique, specializzata in foto di ragazze impuberi e che abitava in uno stanzone con grande schermo per sfondo delle foto e letto a due piazze per terra co lenzuola sconvolte, sì che non si sapeva se fosse più libertina o fotografa, torniamo al mio caro mondo boschivo. Ero alle prese con una donna sensuale e complicata, che senza remore soleva incollare e strofinare il suo pube di malmaritata contro quello dei maschi. Ora nel canale il troco di un faggio caduto appariva e spariva secondo la minore o maggiore profondità dell’acqua. Con qualche elucubrazione osata era possibile scendere dalla ripida scarpata sul tronco dell’albero e d avanzare fino alla grande biforcazione che seguiva con due gambe alla compattezza del tronco, segnato proprio alla biforcazione da un notevole spacco, che figurava la vulva. Il pube prominente poteva ben essere quello della malmaritata, onde chiamai nelle mie poesie e nelle mie foto quell’albero e quella donna «Amadriade». Centinaia e centinaia di volte fotografai quell’albero in tutte le posizioni, da vicino e da lontano, solo o tra le quinte di altri alberi, in un’occasione perfino con una tartaruga, venuta a prendere il sole proprio lì sul pube. Un cespuglio di ginestra selvatica fioriva abbondante lí a fianco ed era possibile fotografare Amadriade fiorita, giungendo anche a farle omaggio, posando un mazzo di fiori dove si era adagiata la tartaruga. D’inverno con l’acqua gelata si poteva fotografare 52
Amadriade attraerso quel velo semitrasparente ed allora era come russa di tegole di legno assemblate senza alcun chiodo di cui l’apparizione di un fantasma o di un corpo nella pace frigida della l’obiettivo fissava per sempre il ricordo entusiasmante. Quadri, tomba. Amadriade morta, Amadriade apparsa o scomparsa. dunque, e a s ottolineare questa pretesa in un laboratorio Poco più su , all’inizio di un altro canale c’era il tronco di un faggio, specializzato feci dal negativo su pellicola eseguire degli su cui si arrampicava l’edera, che lungo i fianchi, di fronte e dietro ingrandimenti su pannelli Cibacrome : il supporto rigido e un foglio come una rete avvolgeva la donna fiorita e sfiorita, più o meno trasparente incorporato di plastica rendevano questi quadri idonei tenace avvinta a quelle carni, di cui civettuola lasciava intravedere le per essere appesi al muro. Oltre gli ingrandimenti-‐un buon centinaio grazie, imbizzarrendosi proprio sul bassoventre e sul sesso, più e più-‐ con migliaia e migliaia di foto formato cartolina eseguii delle indovinato che visto all’altezza di quasi sei metri. Chiamai « Fotocomposizioni », di minore pretesa e che mi servivano come quell’albero «Amadriade stante». Oltre i due accompagnamento delle poesie in un iter mentis attraverso una faggi-‐Amadriade, nel parco e nel bosco feci molte altre foto di vario Silva spiritualis. Dopo le foto della Silva avrei voluto passare a quelle soggetto e nelle varie stagioni, isolando per esempio il motivo del corpo umano, specie del nudo femminile. Feci qualche timido dell’edera rampicante, spesso di enorme, pelosa o anatomica tentativo di ricerca di una modella. Ma la cosa, anche per altri consistenza . Anche le ombre riportate e i riflessi nelle acque, la motivi, non ebbe seguito. Dovetti quindi contentarmi di nudi altrui , neve su terra e gelata nell’acqua, le allusioni fisiche e metafisiche di servendomi di modelle seminude di pubblicità di biancheria intima tronchi spezzati dalla tempesta o i ceppi rimasti dopo i tagli delle femminile, che mi dava una commerciante di origine marocchina. seghe meccaniche, con brandelli di legno residuo e segatura che Concludendo, della congerie di migliaia e migliaia di foto vanno ppotevano figurare i resti di città distrutte, perfino personaggi alla isolate quelle che mi sono servite per gli ingrandimenti. Scorrendoli Bosch, creati dda fichidindia in giardini abbandonati di isole siciliane, si vedrà che essi sono validi e rispecchiano gli interessi miei più tutta una panoplia reale o fantastica fu individuata e fotografata nel profondi di artista e di poeta. Sono un capitolo imprescindibile per corso di anni. Come se non bastasse, a foto di pavoni che facevan la chi voglia capirmi come uomo e come creatore , che in questo caso ruota nel giardino di un agriturismo sotto Trapani faceva da non si è servito della parola, ma dell’immagine. Dalle foto, come riscontro su un tronco corroso dal tempo e che ancora resisteva dalle raccolte d’arte, risulto essere un uomo non dell’udito, ma spettrale in cima a una collinetta a Tervuren la combinazione di una della « vista ». Fotografia , arte dell’istante, che pretende di passare celebre modella tedesca seminuda con cavallo in foia che l’assaliva, all’eternità ! fantastica composizione di una novella mitilogia. Di diversi viaggi in Sicilia, Egitto, Portogallo, in Russia, nelle Puglie e altrove volli documentare i momenti salienti con fotoréportages ed era il tempio di Segesta nella sua classica imponenza o una chiesa 53
Nel dicembre 1963 nella galleria Diericks a Bruxelles acquisto la prima scultura africana, un personaggio Baoulé della Costa d’Avorio. Poco dopo nella stessa galleria compro una bobina per tessere Guro e un personaggio Senufo con braccio rotto, quindi a poca distanza da lì da Morlet una bobina bicefala Guro. Nel ’64 da Morlet segue una statua Deblé Senufo recente e un grande personaggio con le braccia alzate Dogon falso, benché trasudante olio e abitato da larve di vermi. Dai negri Saury e Kaba nel ’65 acquisto una maschera Bamana, un piccolo personaggio Korogo e un cimiero Bamana con antilope e cane. Nel 1966 da Duperrier a Pargi compro una terracotta Krinjabo, nel ’68 da Deletaille a Bruxelles una terracotta di guerriero Colima con grande scudo e nel ’74 da Dartevelle i l m io p rimo a cquisto, u n p ersonaggio Basikasingo dalla testa possente. Dai primi acquisti si deducono già gli elementi fondamentali che intervengono o dovrebbero Parte seconda : ARTE PRIMITIVA AFRICANA intervenire nel collezionare arte africana. 1) Fonti degli acquisti : mercanti, antiquari, negri e altri ; 2) Graduale selezione delle fonti per evitare i falsi ; 3)Frequentazione di musei etnologici, collezionisti e mercanti ; 4) Affinamento del gusto, con passaggio da scelte ovvie a scelte difficili, dall’Africa occidentale, alla centrale, all’prientale, al Congo ; 5) Identificazione per competenza e prezzi di un mercante di riferimento ;
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6) Insistenza sull’aquisto di maschere, nucleo della collezione ; io p otevo e saminare la mercanzia là o al piano superiore. Così 7)Estensione della collezione dall’arte all’artigianato, con mi rifilò la Deblé Senufo recente, che aveva anche dipinto di tessuti, armi, gioielli, oggetti utilitari quali cestini o oltro, fatti nero, come soleva fare con statue che gli portavano gli africani con legno, metalli e altri materiali così da avere un panorama il e che lui così patinava e rivendeva pure a musei. Il grande più completo possibile della civiltà africana ; Dogon , a nche s e n on dipinto, era un falso vero e proprio. Nel 8) Incontro con etnologi di fama e studio dei miti, riti e soggiorno e in camera da letto l’imbroglione aveva i pezzi costumi africani : animismo, presenza, non rappresentazione migliori e qualche capolavoro (maternità Bacongo), che si di qualcosa di assente ; guardava bene dal vendere. Ciò nonostante, comprai da lui 9) Comprendere possibilmente tutti i paesi e le principali etnie una bella bobina per tessere bicefala Guro. dal Senegal al Madagascar ; Comprato un falso, era difficile ottenere dal mercante che si riprendesse l’oggetto o restituisse il denaro, oppure se lo 10) Criterio di scelta, non il capolavoro, ma qualsiasi oggetto tenesse in cambio di un altro oggetto. Solo dopo una pervicace che « mi parli », spesso all’origine di poesie o viceversa ( primo insistenza ottenni il rimborso da un altro mercante. Costui , libro « Strutture ») ; uno strano personaggio , sessualmente ambiguo e tutto 11) Perché si colleziona ? Per frustrazione, per mania di profumato, viveva col padre, ambiguo pure lui anche se in possesso, per speculazione, per approfondire l’esame di se altro campo e che era vissuto a lungo in Africa. Da loro stessi al confronto con altre civiltà, viaggiando mentalmente in comprai una bella statua femminile Aloalo del Madagascar, un altre epoche e in altri paesi, arricchendosi spiritualmente di un gemello Ibeji coperto da un manto di conchiglie-‐monete e una patrimonio inestimabile. Molti collezionisti si fanno assistere e statua Yoruba con grande vulva estraibile, consigliare all’inizio o sempre da esperti o consiglieri , che a il cui acquisto proposi a un amico, la cui moglie insoddisfatta volte scelgono le opere e il collezionista paga opere e della sua vulva, non sempre con successo faceva offerta. La consulenti. Non è stato il mio caso : per inclinazione ho scelto bella Yoruba troneggiò quindi sul caminetto nel loro soggiono e comprato sempre di testa mia, ascoltando a volte il parere accanto a un vibromassaggiatore, del cui impiego degli altri, ma alla fine decidendo sempre e solo io. Questo l’esibizionista non faceva mistero. A un altro mercante, naturalmente all’inizio mi ha esposto al pericolo di comprare Btonsin, proposi un cambio tra auna maschera Ciockwé, di cui qualche falso, ingannato da mercanti poco onesti. Fu il caso non ero più soddisfatto , con altra maschera , pagando pure la con Morlet. Questo sciancato restava in trono al primo piano, differenza di prezzo. Non che la masschera fosse falsa ( l’avevo 55
mostrata alla più nota esperta dei Ciockwé, Marie Louise Grande o il Gris una coppia Toma, che mi risulta essere la sola Bastin, che vi scoprì all’interno tracce di sudore, il che ne esistente. Qualcuno ha avuto da ridire perché le due statue garantiva l’autenticità ). Ma il mercante, sospettando che ne sono di legno leggero contrariamente a quella femminile avessi scoperto la falsità, rifiutò il cambio, con un tortuoso famosa , già Dartevelle. Ma io considero l’osservazione senza discorso sull’etica professionale, che proibiva a un mercante fondamento : molte sculture africane sono in legno leggero e di riprendere un oggetto venduto. Perso il controllo, gli poi quello che conta è la qualità dell’opera, in questo caso rinfacciai di servirsi di termini di cui non capiva neanche il eccellente. Qualche riserva la si può avere solo sulla natura di significato e dopo quel diverbio non misi più piede nella sua coppia, eseguita nello stesso tempo, data la lrggera differenza galleria, dove avevo comprato vari e importanti oggetti. Gli di patina. Ma lo scultore è certamente lo stessso, anche se le tolsi perfino il saluto. ha eseguite in tempi differenti, o se sono state manipolate in Raramente cambiavo di parere dopo avere acquistato un modo diverso dai proprietari. Altro acquisto importante è una oggetto. Mi sarà capitato in tutto una diecina di volte ed serratura Bamana con gambe a sega e testa astratta con naso antiquari seri hanno accettato la restituzione . Io, però, protundente su volto astratto a rettangolo piatto, che richiama restituendo, ho sempte comprato altri oggetti in cambio, analoghe sculture di Max Ernst e certamente nessuno dei due spesso di valore superiore. Su centinaia e centinaia di acquistii artisti è stato in contatto con l’altro. E’ un felice incontro di questo mi sarà capitato solo poche volte. Col tempo le mie arte moderna e di arte primitiva, che ben risponde conoscenze e il mio gusto si erano affinati e capitò perfino che all’accostamento che ho fatto delle due nelle mie collezioni. qualche mercante competentissimo e di fama internazionale Quando Rubin del Moma venne in casa col Guimiot per discutesse con me qualità e prezzo da chiedere per un scegliere opere in preparazione della grande mostra oggetto. Con i negri, che si incontravano per la strada , nelle « Primitivism », non la scelse. Ma lui vedeva l’arte negra gallerie e che mi venivano perfino in casa, il vantaggio , dopo attraverso Picasso, contrariamente a me che vedevo Picasso, lungo mercanteggiamento, erano i prezzi più favorevoli, ma i se non attraverso, certo dopo l’arte negra, preferendo spesso rischi erano maggiori, vendevano di tutto, bisognava saper questa a quello, come dirò in seguito, parlando dell’acquisto di giudicare e scegliere e, una volta pagato, era impensabile una Mumuyé. Saury era uno squattrinato e uno squinternato : riavere i soldi in caso di falso acquisto. oltre m e t entò di sedurre , senza successo, Evi, una ragazza alla Frequentai comunque quei negri per una decina d’anni, pari che stava da noi. Maggior successo ebbe l’altro Kaba, che facendo anche acquisti di opere importanti, come da Kaba il girava insieme a lui e che si trasferì da Parigi, dove aveva una 56
moglie, a Bruxelles con altra moglie, molto giovane . Qui venne in contatto con la signora Verleylewegen. L’avevo conosciuta anch’io insieme al marito, che si era specializzato in petrologia e aveva una ricca collezione di reperti preistorici che aveva scoperto in scavi fatti in Vallonia. Pretendeva di avere solo pezzi « belli » dell’arte africana, che sarebbero stati quelli dell’Africa occidentale, specie della Costa d(Avorio, ben diversi da quelli « brutti », specie del Congo. Alla morte del marito l’attempata vedova allegra accettò le offerte del Kaba, con cui visse more uxorio per vari anni. Nobilitava la sua deriva sessuale , magnificando Kaba di un titolo regale : era fuggito dalla Guinea in seguito a lotte tribali in cui la sua regale famiglia ebbe la peggio. Da lei tra l’altro comprai un pilastro Yoruba, che reggeva una traversa della loggia in un palazzo principesco : un personaggio con copricapo a calotta con le mani teneva due zanne di elefante, simbolo regale. La Verleylewegen organizzò anche mostre fuori Bruxelles e alla fine con la moglie di un diamantaro di Anversa aprì una galleria, poi ripresa da Christian Duponcheel. Costui era un singolare personaggio, etnologo di formazione e specialista dei Lobi, era sempre con la testa per aria.. Camminando sui marciapiedi, sbatteva il capo contro i lampioni, girava per ore in cerca della macchona, che aveva parcheggiato da qualche parte, poi dimenticandosi dove, per il resto era molto competente e gentile, anche se difficile a tirargli fuori un parere dalla bocca. Viveva a Tervuren e dopo Tervuren abitò in una casa spaziosa, già canonica, nei dintorni di Bruxelles, ;
viaggiava molto in Africa, correndo tutti i rischi di morte per la solita astrattezza. Dai suoi viaggi in Nigeria e Camerum aveva per primo portato sculture di poco note tribù, fra le quali i Keaka, di cui gli comprai una bella statua corrosa, ma ancora ben leggibile nei tratti essenziali. Con Duponcheel potei constatare i limiti dei cosiddetti esperti, in occasione del suo parere su una mia statua Lobi, di cui esisteva un secondo esemplare in possesso di Jef Vander Straete, che lui riteneva buono e il mio falso, una copia. Ora risultava che ambedue provenivano da Lucien Van de Velde, di Anversa, che li avev avuti dallo stesso africano e poi rivenduti a Jef e a me. Durante il primo decennio avevo così comprato alcune opere importanti, visitato musei e mostre e conosciuto abbastanza mercanti come Guimiot,e collezionisti come De Grunne, . per cominciare a essere sicuro nei miei acquisti. Siccome insieme all’arte africana compravo anche archeologia precomumbiana, questa da Deletaille, a un certo momento dovetti decidermi a scegliere fra le due, i miei mezzi finanziari essendo limitati. La scelta fu dolorosa perché le civiltà precolumbiane mi attiravano fortemente e ben si completavano con quelle africane. Di quella piccola raccolta di terrecotte il pezzo più importante fu un guerriero Colima, fantasioso col grande copricapo reggente un cane, ma compatto dietro il suo grande scudo, da cui fuoriusciva un braccio che lanciava un proiettile. A distanza di migliaia di chilometri e di anni era sintomatiico come le due civiltà si inxontrassero nell’unione di mito, tito e costume, per cui ogni 57
figura aveva una valenza multipla, pur evidenziando corpi essenziali, più attiranti nella loro nudità esibita di tante provocazioni superfue dell’arte moderna. Quelle donne erano « idoli » della fecondità e quelle coppie « sintesi » dell’unione sacra fra uomo e donna. Da Deletaille comprai anche una bella maschera Geledé e un prezioso percussore eburneo con donna inginocchiata , che serviva al rito di divinazione Ifa. Avrei poi completato gli utensili necessari al rito con due piatti incisi su cui si pzecuoteva durante il rito. Un piccolo personaggio, anch’esso eburneo, rappresentava Eshu, il dio da cui dipendeva il risultato della divinazione. I contatti con antiquari e collezionisti, che seguiranno senza interruzione e di cui parlerò fra poco, furono accompagnati da visite sistematiche ai musei e alle mostre . Fra queste memorabile fu quella al museo Rietberg di Zurigo. Anche in decenni successivi essa è rimasta insuperata. La curatrice, Else Leuzinger, aveva girato mezzo mondo e preso contatto con musei e collezionisti. La selezione delle opere,risultato di tanta acribia, fu comprensiva di tutti i paesi e civiltà africane. Passai tre giorni a Zurigo, visitando e rivisitando quel panopticum dell’arte africana. Sfruttando le ultime scoperte, particolare attenzione fu riservata alla Nigeria. Per la prima volta della Nigeria si mostrava l’arte antica Ifa e Benin , attingendo dai musei, che gli Inglesi erano riusciti a creare sul posto (Lagos), ma anche quella poco conosciuta della Nigeria del sud e dell’est, gli Ibo, i Mumuye, i Waja, i Mama, gli Igala eccetera. Fu, non solo per me, una scoperta. Decisi che alla prima
occasione avrei comprato qualcosa molto importante di quelle etnie. L’occasione mi si presentò nel 1971 a Parigi nella galleria Kamer. Si trattava di una grande e molto bella statua Ibo, raffigurante una divinità del culto degli Alunsi.La fiera testa con cimiero presentava una faccia scarna con profonde scarificazioni su fronte, e lati. I denti della fine bocca erano apparenti. Il torso aveva sul petto e più giù fino al sesso assente notevoli scarificazioni. Grosso ombelico, braccia e gambe con tutta una serie di bracciali e cavigliere incisi. Due bracciali di bronzo ornavano i polsi. Sarebero di scavo. Le mani aperte con i palmi in su erano pronte a ricevere offerte e dispensare doni. Il generale aspetto guerresco era completato da una spada metallica sul lato sinistro. Ocra gialla caolino bianco e altre sostanze formavano una spessa crosta su tutto il corpo. Il dio, infatti, , unto ogni anno e ornato di nuovo con i colori che indicavano il giallo la pace e il bianco la saggezza, era portato n processione. La figlia della Kamer assente non volle gli assegni che le proposi a garanzia : il pagamento poteva essere effettuato con comodo da Bruxelles. Caricai la statua sulla macchina di un amico ( Domian) e in tre , con me sul sedile di dietro e al fianco il dio avvolto inn una coperta, ci dirigemmo verso la frontiera, che passammo senza problemi. Dalla Kamer nel ’74 comprai uno scettro Yoruba, che la sacerdotessa di Shango, dio del tuono, agitava durante la danza in stato di possessione. L’ascia –pietra del tuono-‐ bicolore coronava la figura stante della sacerdotessa con le mani poggiate su una larga fascia, da cui fuoriuscivano due 58
gonfie mammelle. Una statua Ivbro dell’etnia Urhobo vicina agli Ibo la comprai da Guimiot. Sopra un animale mitico con grandi fauci e zanne c’era il capofamiglia sacrificatore con sopra gli avambracci due facce incise di altri membri della famiglia. Avevo così della Nigeria opere rappresentative importanti, cui altre sarebbero seguite, coprendo un po’ tutte le etnie di quel paese. Dal Guimiot avevo comprato altre opere : una bella coppia Waja, una serratura Dogon e un feticcio Teke. Da lui avevo accettato perfino un cranio di scimmia, inserito in un paniere a intreccio, oggetto giudiziario , dalle cui maglie si leggeva la sentenza come da un codice penale. Era stato raccolto in situ dal suo socio Felix e questo doveva bastare a garantirne l’autenticità rispetto ad altri pezzi simili in circolazione. Guimiot era il principale fornitore del conte Baudevin De Grunne, che io mi trovavo sempre sul sentiero degli acquisti come temibile concorrente. . Disponeva di una grande fortuna ed era il primo cui tutti i mercanti si affrettavano ad offrire le loro opere.La sua era e sarebbe diventata sempre di più col tempo una grande collezione. Non ho mai saputo se avesse un gusto personale , affidandosi in mancanza di esso a quello dei suoi fornitori. Lo incontrai varie volte, mi invitò perfino a vedere parte della sua collezione nel castello di Wezembeck e una volta a Bruges in occasione di una mostra di varie sue opere, mi chiese cosa ne pensassi. Ebbi la franchezza di segnalargli qualche falso, come ua maschera dalla superficie tutta a quadrati e che io chiamavo la maschera del « piastrellaro » Mi ascoltò e alla fine mi
disse : »Ti confesso che non sono mai sicuro se un oggetto sia vero o falso ».La sua collezione era ricca di capolavori di tutte le etnie ed aveva una sezione a parte,che era quella archeologica delle terrecotte di scavo. Si mormorava che per gli scavi clandestini nella regione del Mali lungo il fiume Niger avesse investito un milione di dollari. Vero o falso, il suo mercante Guimiot, ma anche altri, gli fornivano continuamente dei pezzi. Alla fine per storie familiari dovette vendere tutto e, quando me lo disse in un incontro al Sablon , quasi piangeva. In Belgio oltre ai musei, tra i principali quelli di Tervuren e Anversa, c’erano grandi collezioni, fra le quali celebri erano quella di Vanden Straete, Jef padre e René figlio, e quella di Wiilly Mestach.. A Lasne vicino a Bruxelles Jef abitava in mezzo a un bosco e per raggiugerlo bisognava arrampicarsi per una stradina tortuosa. Lo trovammo che ci aspettava sulla soglia della casa. Nel soggiorno non troppo grande c’erano varie vetrine piene di oggetti e a parte grandi statue, fra cui un feticcio Songhié, sovraccarico di pelli e di altri feticci più piccoli. Si diceva che Jef ne avesse aggiunti alcuni per rendere poù imponente la statua. Da lì passammo a una specie sdi stanza da pranzo e seduti attorno a un tavolo -‐ eravamo in cinque : Jef e sua moglie, io e la mia e l’amico Domian-‐.E quì potemmo assistere alla recita di Jef : sarebbe stato più volte in Congo a caccia di leoni (aveva un suo metodo ; per incantarli e renderli inoffensivi), in aereo avrebbe incontrato il ministro belga degli esteri Spaack e gli avrebbe spiegato cosa fare e come in politica. Si considerava un artista 59
e ci mostrò qualche opera delle sue mani, fra cui la mensola devoto, riusciva ad alleggerire i buoni padri dei loro tesori. La del caminetto. Richiesto di mostrare qualche maschera Lega, moglie raccontava una delle imprese più clamorose di Jef, mandò la moglie in un altro vano , la quale tornò con una cesta vantandone il coraggio nel correre tanti rischi per l’arte che poteva contenerne una trentina. La stessa moglie, mentre africana. Una volta la coppia si era presentata in un convento Jef faceva il clown innamorato del mio amico Domian come se per visitare gli oggetti africani in esso contenuti. Alla resistenza fosse un efebo greco, si lamentava con la mia del prezzo esoso dei religiosi a cedere qualche oggetto , ognuno recitando una delle patate – si poteva a malapena vivere ! -‐ Verso la fine parte prestabilita, Jef si gettò per terra come preso da un della visita, dominata dall’a alla zeta dal fiume ininterrotto attacco apoplettico e con la schiuma alla bocca si voltava e della recita di Jef, gli comprai un grane fischio Kuba da caccia rivoltava. La moglie cominciò a piangere e implorava in della Lushiba e in una visita successiva -‐1983-‐ una collana ginocchio davanti ai religiosi : » Ma non vedete che il precolunbiana di ossi di squalo della Colombia, vallata del poveretto sta morendo ? Perché rifiutate di soddisfare il suo Simu, del mille avanti Cristo. ultimo d esiderio ? » Il monaco spaventato quanto lei finì col Jef aveva cminciato a collezionare arte africana nel 1952. cedere e consegnò alla donna l’oggetto ricercato da Jef, il Erano tempi d’oro : essa non si era ancora affermata sul quale pco a poco ritornò alla normale, si alzò da terra e mercato e un collezionista avveduto poteva trovare oggetti ringraziando il religioso, prese il largo con la moglie, autentici e anche capolavori per relativamente pochi soldi. Jef probabilmente ambedue sghignazzando. raccontava di aver trovato maschere congolesi addirittura nei Oltre all’Africa, Jef collezionava anche oggeti di altri continenti contenitori dei rifiuti. Anche ai miei tempi un tale che girava e di altre civiltà.Da Olandesi era riuscito a farsi vendere una con un camioncino sgombrando i solai, tra i vecchi mobili e le quarantina di grandi tessuti antichi dell’Indonesia, che poi cianfrusaglie trovava autentici capolavori, di cui gli ex coloni e i cedette per una congrua somma ai fratelli Rabier, mercanti di moro discendenti volevano sbarazzarsi, ignorandone il valore, gioielli e arte dell’Asia edell’America del sud. Tutti avevano e pagando perfino lo sgombratore per il servizio loro reso. rispetto , s e non dei metodi, della competenza e oculatezza di Gli ex coloni erano tra le fonti di Jef, che aveva inoltre Jef. Mercanti e collezionisti visitavano la sua collezione e fra individuato una sorgente ancora più ricca di oggetti africani costoro un posto privilegiato avevano gli americani, a cui Jef nelle collezioni missionarie.Batteva sistematicamente i vendeva a prezzi, dagli altri considerati eccessivi. Un suo monasteri belgi, olandesi, tedeschi, che avevano avuto vicino, lo scultore Olivier Strebelle, ne diceva corna per questa missioni in Africa e là, recitando la sua commedia di cristiano sua attività. Ma Jef era al di sopra di qualsiasi critica e fra i suoi 60
clienti c’era perfino il museo di Tervuren. Del figlio René, bicchiere dell’amicizia”. Anch’io ricevevo i suoi inviti e da lei mercante anche lui, Jef andava orgoglioso : stava addirittura comprai un tamburo tibetano studiando etnologia all’università e a Jef non sembrava vero di ( ne avevo comprato un altro dai Rabier). Se Jef era la avere u figlio professore ! Non così l’unico nipote, meccanico referenza per l’insieme degli oggetti importanti della sua alla Sabena e presumibile erede delle collezioni di nonno e collezione, ma anche per l’originalità del suo geniaccio, padre e che dell’arte primitiva non sapeva proprio che farsene. Mestach l o e ra p er l a s ua s celta cubista, ispirata dalla scultura Avevo visitato la collezione di René quando abitava con la Songhié. Quelle forme prominenti era facile leggerle, ma prima moglie in un modesto appartamento in città. Lì nel Mestach ne fece un po’ il suo cavallo di battaglia sì da corridoio c’era appena posto per una grande qtatua Boyo, che chiamare i Songhié i suoi « amici », richiamando così René considerava il capolavoro assoluto e l’opera più l’attenzione di mercanti e collezionisti sulle forme di cui importante dell’arte africana. Vanterie a parte, la sua ptredicò « l’intelligenza ». Capire le forme fu il suo assunto, né collezione era notevole. Sarebbe stata poi arricchita da si limitò ai Songhié. Nel collezionare cercò ogni volta di acquisti successivi e poteva mostrarla in pate a Lasne nella studiare l’infinita varietà delle formedell’arte africana, così casa del padre, dove traslocò alla morte di costui. La seconda inventiva e creatricedi forme come poche altre al mondo. Tra moglie Anne, etnologa di formazione e si era specializzata in gli oggetti di sua preferenza ci furono quelli che presentavano gioielli, un po’ in concorrenza con un’altra donna, Colette una forma « a cuore », ma andò oltre cercando forme più Ghysels. Costei, di origine armena e moglie di uno scultore, era sottili e discrete, che richiedevano « uno sguardo interiore » una formidabile mercantessa : individuata una preda, non per apprezzarne la spiritualità, come nella scultura Lega. Da mollava finché non aveva raggiunto il suo scopo. La prima quella bellezza spoglia fu facile passare al simbolismo, altro volta l’avevo incontrata nel municipio di Woluvé-‐Saint Pierre, cavallo di battaglia di Mestach, che era anche artista.. Nei suoi dove il sindaco Persoons,uno strano politico francofono , che quadri, specie i ritratti, volle gareggiare con i cubisti.Conobbi sognava i carri armati francesi contro l’invadenza fiamminga, ub paio di donne, soggetto di quesri ritratti, fra cui la signora nel frattempo collezionava arte africana. Colette arrivò e Anita, moglie di Ben Thursch, viaggiatore alla ricerca di coralli e spiegò sul tavolo del borgomastro la sua merce recente.Oltre di conchiglie nei mari del sud e collezionista di oggetti che fornirsi da altri mercanti, Colette viaggiava molto, specie in indonesiani, della Nuova Guinea e anche dell’Africa. Con lui Oriente, e comprava sul posto. Aveva inventato un suo ebbi a che fare facendo da intermediario tra Vittorio Mangiò metodo per attirare i clienti, organizzando al ritorno «il e lui per l’acquisto di varie sculture. Di questo parlerò più 61
avanti. L’altra donna era la signora Mueller Van Isterbeck. Il acquistare una bella statuetta Baoulé. Torniamo a Mestach. marito notaio era già collezionista quando la signora aprì una Insieme alla impressionante quantità e qualità di sculture nella galleria nella rue de la Régence « affinché si occupasse di cose sua collrzione aveva anche strani oggetti, come radici e rami serie e non di sciocchezze », come mi disse quando ci ebbi a contorti. Possedeva una sbrigliata fantasia di artista e in essi che fare come notaio. La signora era una « bellezza » trovava dei simboli complicati come le sue teorie. Willy alla ammirata da tutti e di cui Mestach si era innamorato. Il povero prima occasione si lasciava andare ad esporre queste sue Willy che predicava l’intelligenza delle forme, non aveva quella famose concezioni di surrealista di razza. Lo si poteva allora delle forme femminili. Nelle sue sortite notturne con l’amico e sentire fantasticare , seguendo » l’occhio che ascoltava » , mercante Jean Pierre Lepage, aveva sempre la peggio, lui « l’orecchio che parlava » eccetera. Nella sua attività ndi perso a declamare grandi dichiarazioni d’amore e l’altro, artista non fu raro sorprenderlo a ricostruire il tempio di oltretutto bell’uomo, a tastare grazie femminili di donne Stonehenge con frammenti di terrecotte Djenné e mi pronte a convolare con lui a letto. Willy doveva contentarsi dei compiacqui una volta quando lo vidi con un ramo biforcuto suoi sogni che affogava nel vino e non di rado la moglie voler rappresentare una Amadriade , analoga alla mia, tante Marthe doveva la mattina seguente raccoglierlo davanti a volte fotografata. Bisognava limitarsi ad ammirare i tanti qualche portone, dove aveva passato la notte farneticando. capolavori d ella s ua c ollezione e per il resto lasciarlo perdere Lepage era uomo di mondo. Quando lo si visitava nella sua dietro le sue spirali e i labirinti da iniziato ? Che fine faranno le galleria della rue de la Régence, invitava subito l’ospite a salire collezioni di Jef e di Willy ? Per la prima si mormora che al primo piano, dove offriva un bicchiere di porto e poi, alcol andrebbe a finire in un museo privato a Parigi, per la seconda aiutando, si passava agli affari. Da lui comprai una maschera si assiste a una saporita vicenda tra il fantastico e il giudiziario. Lega di rotula d’elefante, uno sproporzionato fallo Lega, molto Un noto mercante belga parlava a torto e a traverso di Willy fantasioso, ricavato da una zucca falliforme e fornita di volto come del suo «piccolo padre » e Willy parlava del mercante con occhi di conchiglie e con ali di peli d’animale, più un paio come del suo « figlio spirituale ». Il figlio aveva garantito al di statue Buyu nel 1977. Visitai spesso la galleria della Mueller, padre un emolumento mensile contro l’eredità della attirato anch’io dalla sua bellezza, che resisteva al tempo, ma collezione, di cui diceva di voler fare un museo al Sablon, e non comprai nulla a causa dei prezzi molto alti. Come Jef tutto sembrava filar liscio senonché alla morte di Marthe Willy ancnche la Mueller subiva il fascino – e non capivo in che prese una seconda moglie e costei gli aprì gli occhi consistesse-‐ del mio amico Domian, che da lei riuscì ad sull’assurdità dello scambio. Quindi processo tra piccolo padre 62
e figlio spirituale, col primo che affermava di non aver capito preceduto la scelta delle sculture, anche se talvolta qualcuna niente quando firmò il contratto e il secondo che insisteva di queste aveva unfluito sul testo. L’operazione, come sulla sua validità e sulle somme già versate del vitalizio. Alla avvertivo nell’introduzione, era impripria, nel senso che la fine si miseroi d’accordo mediante cessione al figlio spirituale poesia non era la »spiegazione » della scultura, né questa di una sola parte della collezione. l »illustrazione » di quella. Erano due binari paralleli che Oltre Jef e Willy altri in Belgio avevano messo insieme una correvano insieme , ma non s’incontravano mai. Diverso notevole collezione. Era il caso di Line e Hippolyte Verbeemen. sarebbe stato il caso in seguito quando la scultura aveva In questo caso era interessante osservare negli acquisti il gioco chiaramente dato origine alla poesia, ispirandone il motivo di coppia. I due cospiravano, ognuno a modo suo, senza centrale. Spesso mi determinava all’acquisto il motivo poetico rompersi le scatole, come spesso avviene, compreso il mio che nell’opera sospettavo o scoprivo . Ci fu anhe il caso di aver caso. Qui sembrava che a dirigere fosse la moglie, che portava, scritto dei versi con affermazioni di cui trovavo conferma in e non solo fisicamente, i pantaloni. Più estroversa diceva la sua una scultura comprata anni dopo. Nella poesia « L’erma » di mentre il marito più riservato sembrava intento a prendere Strutture concludevo : Sia palo l’erma :testa e cazzo. D’altro nota di tutti gli oggetti che vedeva in galleria. In realtà al non mi curai. Ora l’arpa Nzakara comprata ne 1987presentava momento decisivo aveva altrettanto da dire che la moglie. sul manico una testa e un fallo soltanto e il resto del corpo era Oltre gli oggetti insisteva ad aver libri e catalogghi di mostre. accennato in stiacciato e poco in evidenza. Nella loro casa nei dintorni di Malines, dove fummo spesso a In occasione della piccola mostra di Milano conobbi Vittorio cena, si poteva ammirare una oculata scelta , specie di sculture Mangiò funzionario di una compagnia aerea zea vissuto per del Congo. In Belgio amatori ed artisti contemporanei un decennio a Monrovia in Liberia.. Lì era venuto a contatto collezionavano. Come quelli del passato, artisti quali Vic con l’arte africana, di cui s’intetressò come collezionista e Gentils e Van Hoeydonck, avevano collezioni africane, che mercante. Anche al ritorno in Italia a Monza continuò ad avere visitai. Solo Ensor, che pure delle maschere aveva fatto un suo rapporti con l’Africa. Settori del suo interesse erano quelli motivo di predilezione, sembrava non apprezzare l’arte della Guinea, Sierra Leione e Costa d’Avorio. Da lui comprai africana, trattata in un suo articolo di roba da selvaggi. una v entina di maschere passaporto, una maschera Bassa e Nel 1976 a Milano da Scheiwiller pubblicai « Srtutture –posia soprattutto varie pietre. Queste erano quasi una +immagine ». Scegliendo una cinquantina di sculture della mia specializzazione degli Italiani, tra i quali lo studioso Aldo collezione, le abbinai a testi poetici. Le poesie avevano Tagliaferri. Gli altri volevano averci poco a che fare anche per i 63
molti falsi sul mercato e, a parte ciò, preferendo le sculture in legno, specie per la “patina », di cui erano quasi malati i Francesi. Una testa Mahen Yafe kissi dalle forme possenti la comprai nel 1978 e un Bullom Sherbro-‐Temne della Sierra Leone nel 1982, personaggio accovacciato e un altro personaggio Kissi nel 1079. Da Dartevelle avevo comprato già nel 1975 la prima pietra, una donna Sherbro che si tiene i seni con le mani , e nel 1983 seguì una grande pietra maschile Sapi ( Sierra Leone), poi trasformata in feticcio Mende ( ex collezione Withofs). Come si vede, più che abbastanza per documentare questo tipo di sculture africane. Con Mangiò ebbi anche rapporti per così dire di affari. Lo guidai presso collezionisti e mercanti belgi. Il suo metodo commerciale consisteva nello scegliere oggetti che poi proponeva per l’acquisto soprattutto a Carlo Monzino, cui riuscimmo così a vendere vari oggetti, fra cui due maschere, una Chokwe e una Lwalwa. A me spettava una percentuale. Poi Mangiò riuscì a ripresentarsi da solo presso Jacques Blankart e riuscirono una grossa vendita a mia insaputa a Lanfranchi, collezionista milanese che stava passando dalla pittura contemporanea all’arte primitiva. Così la nostra cosiddeta amicizia se ne andò a farsi benedire. Era la mia srconda esperienza dopo quella con Guimiot : venuto a conoscenza di una fonte di approviggionamento o di un possibile acquirente , il mercante faceva il misterioso, cercando di restar solo in campo e assicurarsi l’esclusiva con tutti i mezzi.Per incontrare Lanfranchi o Monzino dovetti ricorrere a terze persone e
Mangiò masticò amaro nel costatare che potevo fare a meno di lui. Carlo Monzino, ricco uomo d’affari e grande collezionista, l’incontrai mediante Tagliaferri nel suo appartamento al centro di Milano. Il grasso e gonfio personaggio viveva quasi alla Proust tutto imbacuccato. La collezione era a Lugano, sulla scrivania aveva solo qualche oggetto. Diffidava dei nuovi conoscenti, ma finanziava iniziative e studiosi di arte primitiva con generosità. Era il caso della società Poro e dello storico dell’arte Ezio Bassani. Incontrai di nuovo entrambi a Firenze, dove Bassani, ora professore di storia dell’arte africana, insegnava questa disciplina nell’Università internazionale, fondata a Firenze dal mio ex professore di Pisa Pagghianti. Monzino aveva fra l’altro invitato tutti i partecipanti al colloquio a una sontuosa cena in una bella villa d’epoca sulle colline fiorentine. Al suo tavolo c’era anche Susan Vogel, bella donna che aveva curato la monografia sulla collezione Monzino. Erano presenti un po’ tutti i direttori dei grandi musei, che si erano affrettati a venire al colloquio, lautamente ospitati con i soldi di Monzino. . Ezio Bassani non mi aveva invitto al colloquio, ma io feci in modo di essere presente a mie spese. Con Bassani c’era una vecchia ruggine. Si considerava il solo rappresentante dell’arte africana in Italia, escluso naturalmente il suo finanziatore Monzino. Autore nel 1977 di « Scultura africana nei musei italiani »e poi di molte altre opere, nonché organizzatore di grandi e belle mostre, ci teneva ad affermare questa sua posizione, messa però un po’ in dubbio da chi come me di arte 64
africana si era interessato prima di lui. Suo merito indiscusso Le due collezioni italiane importanti, quella del Monzino e era quello di aver dato in una visione diacronica fondamento quella del Lahfranchi , furono messe in vendita sul mercato storico all’arte Africana, specie con le sue ricerche d’archivio. internazionale e Milano, che specie con la prima poteva esser Lo scontro avvenne quando visitò la mia collezione e fu la la sede di un grande museo etnografico, dovette alla fine prima e l’ultima volta. In seguito evitò accuratamente di accontentarsi della modesta collezione Bassani, andata al tenermi presente nella selezione di opere per le sue mostre. Castello Sforzesco.. A parte pochi collezionisti seri, in Italia Oggetto della disputa fu l’argomento di » capolavori » che lui fiorivano quelli fasulli. Così una volta capitai a Milano nella affermava esser presenti solo nei musei e non anche nelle galleria « Il naviglio »e lì nel cortile intravidi qualcosa che mi collezioni private. Intanto cos’era un « capolavoro » ? sapeva di sculture africane . Entrai e mi venne incontro il Un’opera di qualità eccezionale ? L’esemplare unico di una giovane figlio di Cardazzo, che mi chiese cosa pensassi delle certa tipologia ? Il più antico fra quelli conosciuti ? Dopo le opere. Gli chiesi se voleva davvero saperlo. Allora, dopo un lodevolissime ricerche storiche Bassani cadde vittima del gioco ultimo sguardo alle sculture, gli dissi che tuttto era falso. . Si delle attribuzioni . Senza conoscenza della lingua e della trattava infatti di quel che gli africani portavano in giro, situazione sul terreno e basandosi solo su somiglianze formali, cercando di vendere per ricavarne almeno le spese del viaggio, è difficile e gratuito parlar di officine o di determinati artisti. quei poveri diavoli, di cui formicolava a Bruxelles la zona della Mancano per le civiltà senza scrittura le testimonianze affidate Gare du nord. Qielle grandi sculture Baoule a grandezza natura a documenti. Tirar fuori il maestro X o Y e attribuirgli delle gridavano vendetta al cielo. Gli chiesi se avesse mai visitato opere è gratuito. Se due o più sculture sono simillime, l’unica musei di arte primitiva : ce n’erano nella vicina Svizzera, ce paternità è evidente. Se c’è solo una certa somiglianza, il gioco n’era a Parigi. No, ma una parte degli oggetti li aveva comprati è azzardato. Dunque, l’assunto è valido per un artista o dalla galleria Kamer. Gli risposi che ciò mi meravigliava e, se bottega solo con chi va sul terreno, conosce la lingua locale e fosse vero, voleva dire che la Kamer aveva approfittato della quindi può con una certa probabilità dedicarsi al gioco delle sua ignoranza. Apriti, cielo ! Che gli mettessi per iscritto tutto somiglianze delle forme. Clamoroso fu n el 1985 prima con quel che affermavo. Gli replicai che il mio era stato un parere la Vogel e poi col Bassani il caso del « maestro del Warua » per disinteressato e che non avevo nessuna voglia di essere una scultura Luba, pur non ignorando che in swahili implicato in altre storie e uscii. warua=luba. Ma ‘attribuzione risaliva al Frobenius e dunque si Eppure in Italia qualche mercante e collezionista serio c’era poteva allegramente continuare il gioco. stato, c ome l o S camperle a Roma. 65
Le sorelle Mazzoleni avevano aperto una galleria nello stesso locale dove io avevo presentato la mostra e il libro”Strutture”. Partecipai con esse ad un’asta, organizzatada una nota casa d’aste milanese.Dai colpi del martello del battitore e dalle parole che li accompagnavano mi sembrò che quasi tutti gli oggetti fossero stati venduti. Dopo l'aasta passai a un ricevimento che una delle sorelle, la più carina, aveva organizzato nel suo appartamento e grande fu la mia sorpresa quando, congratulandomi con lei per l’esito dell’asta, mi rispose che solo due oggetti erano stati venduti. E allora i colpi del venditore ? Dati a vuoto per non far sembrare che la vendita aveva avuto poco successo e che l’arte africana non era molto richiesta. Un’altra avventura con ingenui collezionisti di arte africana l’ebbi a Bruxelles. . Il professor Maddaloni era stato per cinque anni direttore dell’Istituto italiano di cultura a Lagos in Nigeria. Pensando di aver trovato l’Eldorado, senza visitare i locali musei o prender contatto e consiglio dagli etnologi nigeriani, aveva comprato migliaia di oggetti con l’unico criterio che non superassero u certo prezzo , più o meno 500 dollari.. Trasferito a Bruxelles, aveva saputo di un ialiano che collezionava arte africana. Prese quindi contatto con me e m’invitò a visitare la sua collezione in una casa a Waterloo. Sulla soglia trovai Maddaloni e una giovane donna. « Sua figlia ? » chiesi. « N o, è mia moglie ». Era una israeliana e Maddaloni l’aveva sposata quand’era direttore dell’istituto italiano a Fel Aviv. Entrato, la coppia ci
tenne a farmi visitare la casa dalla cantina alla soffitta. Dopo un primo esame mi affrettai a scendere nel soggiorno dove cenammo. Maddaloni insisteva che io gli dicessi cosa pensavo dell’enorme congerie di oggetti, che riempivano tutta la casa. » Lo vuol veramente sapere ? » « Sì, sì. » « Son tutti falsi ». « Ma come, ma perché ? »e qui mi snocciolò la storia degli acquisti fatti diretttamente dai mercanti africani che gli venivano in casa ogni giorno a Lagos e così aveva accumulata tanta roba da riempire un container, sbarcato poi a Genova.. Il mio giudizio fu tassativo e lasciai qualche dubbio solo su un paio di oggetti, fra cui una grande maschera Epa. Mi pregò di mostrargli la mia collezione perché voleva sentire le mie spiegazioni sul vero e sul falso di froonte a oggetti cosiddetti veri. Il che feci, ma dovetti accorgermi che era tempo perso : il brav ‘uomo non aveva nessun senso artistico e non solo per le sculture africane. Del resto così innocente non era . Seppi infatti che aveva già tentato di vendere la sua merce ad altri, che avevano risposto picche. Da quel momento in poi cercò di cancellare dalla memoria l4Africa e l’arte africana, , non sfogliò più un libro sull’argomento , non guardò più i miei nuovi acquisti e, quando d’estate passava due mesi in casa mia a far la guardia in mia assenza, preferiva dedicarsi alle parole incrociate. Una analoga avventura l’ebbi qualche anno dopo con un diplomatico tedesco, già ambasciatore a Bamako nel Mali, che abitava a pochi passi da casa a Tervuren. Passando, attraverso i vetri delle finestre mi sembrò di vedere all’interno sculture 66
africane. . Approfittai della prima occasione e, salutando la moglie, chiesi se fossero stati in Africa. Mi disse di sì e allora la invitai a venire col marito da noi, che avevamo una collezione di arte africana. Vennero, stettero da noi per il caffè, poi l’ambasciatore c’invitò a passare da loro per vedere la loro collezione. Sorseggiando champagne, esaminai le opere esposte : su tutto un muro i cosiddetti gioielli in bronzo, raccolti dalla moglie e poi altre sculture e maschere. L’ambasciatore da bravo tedesco aveva perfino letto il libro di Griaule sulle maschere Dogon, aveva avuto contatti con funzionari del Mali anche per programmi di sviluppo finanziati dalla Germania e aveva incontrato sul posto etnologi tedeschi, che avevano poi pubblicato un libro, che io possedevo e gli avevo mostrato. Aveva anche viaggiato nella regione delle falesie di Bandiagara. Poi si venne alla classica domanda : cosa pensavo della loro collrzione. »Lo voleva proprio sapere ? » « Sì, sì ». » « E allora, eccetto i bronzi comprati dalla moglie sui mercati locali, e che ancora si producevano perché tuttora portati, il resto mi sembrava falso ». Dio di misericordia ! Si sentì offeso non solo sulla sua serietà di tedesco, ma anche nella sua dignità di ambasciatore. A riprova della sicurezza delle sue scelte, salì in camera al primo piano e gongolante discese con un bronzo : una testa Benin. Gli chiesi dove l’avesse comprata e a che prezzo. » A Bamako per diecimila franchi belgi. ». Replicai che bisognava diffidare di opere di altri paesi ed etnie, vendute a migliaia di chilometri di distanza dai luoghi di origine, tenendo presente anche il prezzo. Gli
africani sapevano benissimo il valore dei loro pezzi, specie trattandosi di opere richieste da collezionisti e musei. Per un bronzo Benin di quella importanza, se fosse stato vero, bisognava vendersi la casa per averlo. Dopo questo poco piacevole pomeriggio, nonostante le bottiglie di champagne, l’ambasciatore lo vidi soo da lontano e la moglie solo di passaggio a cavallo nel bosco. Costei, però, qualche conclusione l’aveva tratta dalle mie osservazioni e, n assenza del marito, volle avere il lmio parere su alcune maschee congolesi, che un loro conoscente voleva vendere e da lei probabilmente acquistate senza dirmelo. Lasciando da parte queste sorielle di presunti collezionisti, torniamo al fenomeno delle attribuzioni, che continua tuttora a interessare gli etnologi. Limitandomi alle considerazioni « formali », due nomi vanno citati, quello di Giovanni Morelli e quello di Frans Olbrechts. Per Morelli, che veniva dalla medicna, per distinguere un pittore dall ‘altro e il vero dal falso l importante era badare ad alcuni piccli dettagli, come la forma delle unghie o il lobo dell’ orecchio. Un falsario tenterà di riprodurre parti più importanti del corpo, trascurando o alterando questi dettagli. Ciò fu importante specie per l’l’attribuzione dei primitivi italiani e fiamminghi, ma non tolse e non impedisce agli studiosi di dedicarsi al giochetto di togliere e ridare una paternità diversa a questa o quell’opera. Frans Olbrechts ha avuto il merito di applicare all’arte africana il metodo del Morelli, isolando un artista congolese col nome di « Maestro di Buli », piccolo villaggio dove sarebbe situata z 67
direttamente o indirettamente , cercando anche di apprendere le lingue locali o addirittura quelle segrete e iniziatiche. Perfino l’interprete africano serviva poco e le sue traduzioni involontariamente o a disegno portavano a malintesi o a costruzioni problematiche su basi occidentali. Vedi Griaule e Ogotemmeli. In mancanza di meglio, accontentarsi , quindi, di quanto si riusciva a pescare qua e là. Qualcosa, però, era a portata di mano del collezionista se costui non faceva esclusioni e cercava di tirar partito da tutto. Cominciamo allora « dall’artigianato », arte minore o addirittura non-‐arte rispetto a quella con la A maiuscola. Andando per settori, inizio dai gioielli. In Africa si copriva di gioielli non solo la donna, ma anche l’uomo, l’adulto come il bambino, il singolo come la coppia. Il gioiello poteva esser reale o rappresentato, scolpito. Diverrse le materie dei gioielli, l’avorio, l’osso, il legno , l’ambra o copale, le conchiglie, le perle di vetro, i tessuti, il bronzo o ferro, la terracotta,i resti d’insetti eccetera. Possono essere antichi, di scavo , o moderni. Lasciando la trattazione esauriente di essi ad opere specializzate, citerò solo qualche sempio dalla mia collezione. Bisogna, però, premettere che i gioielli vengono solo a ompletare quello che il rito o il costume hanno indotto a fare del corpo umano. La superficie della pelle è considerata il luogo ideale per disegnare o imprimere quello che è più che una decorazione .Purtroppo all’epoca dei primi contatti con gli occidentali e specie dall’800 in poi gli africani non hanno voluto o saputo più spiegare quei segni, veri codici della loro
civiltà. Poi man mano essi hanno abbandonato quelle pratiche ed oggi è rarissimo incontrare qualcuno che ne conservi sul proprio corpo qualche vestigio. L’Africa si veste mentre l’occidente si sveste e sotto i tessuti che li rivestono gli africani hanno ritenuto superfluo dedicarsi a quelle pratiche , oltretutto dolorose. Per fortuna restano la documentazione fotografica e i disegni di alcuni etnologi, come Torday e Joyce con acquerelli di Hardy. Anche le mutilazioni concorrevano all’ornamento dei corpi. L’asportazione del clitoride, guardiano del villaggio, ha fatto pulizia del villaggio e ora le ragazze si sentono asciutte e pulite e possono aspettare l’arrivo degli uomini, che hanno il fallo grosso come quello degli elefanti. Interessante quel considerare la vulva come un intero villaggio. Che si trattasse dell’asportazione delle ninfe, dell’infibulazione o del piattello labiale , tutte queste mutilazioni e alterazioni el corpo erano considerate utili e belle non soltanto agli uomini, ma perfino dalle povere vittime femminili che le subivano. A che serve ora collezionare coltelli e rasoi che servivano a quelle operazioni e alle scarificazioni ? Feticismo. Manca , certo, il riferimento a una data donna e a un dato corpo, , gioia e tormento di tutti gli amanti che ricordano, ma al luogo di essi c’è la libertà sconfinata di chi pensa e immagina tante donne e sì arditi interventi sui loro corpi. Per le scarificazioni, a partire da una fotografia di ragazza scarificata, mi sono divertito a modificare leggermente quel corpo, facendo del tronco, dal pube alle mammelle, un fallo : è una sintesi di tipo androgino dall’unione dei due sessi 68
e la ragazza scarificata è il fallo dei suoi desideri e e il fallo Salendo lungo le gambe avvolte dentro cavigliere, si giungeva l’immrdesimazione con quel corpo ? al b acino. Per il didietro ho un coprinatiche Mangbetu di fibre Volevo naturalmente servirmi di quella composizione come vegetali. Una cordicella passando sul retro sotto una illustrazion di uno dei miei libri di poesia. L’immagine collocata escrescenza a pomo la fissa alla vita e sostiene sul davanti un sotto carta trasparente doveva apparire come una visione tra coprisesso. Sedendosi sui tipici seggi, si deve scostare il la nebbia rivelatrice di una verità o aspirazione fondamentale . coprinatiche p er n on r ovinarlo perché esso nella sua bellezza e Le scarificazioni ornavano il corpo e per chi le comprendeva simbologia deve accompagnare le donne nella danza, in cui erano un « testo sacro ». Complemento dei corpi scarificati come sempre in Africa le natiche recitano una parte erano i gioielli che rispondevano alla duplice funzione di importante. L’intreccio di rafia e foglie in un gioco anche ornamento e di significazione.. Cominciamo dai piedi. coloristico d ella e afia g ialla e d elle f oglie nere è una Le cavigliere ornavano le caviglie, ma nella danza risuoando composizione che farebbe inidia a molti pittori geometrici segnavano anche il ritmo . Si andava dalle più semplici, moderni. Se poi si pensa come si nasconde e non si naconde la asportabili o no, alle più complesse, talvolta pesantissime e carne palpitante otto quell’intreccio si può capire la differenza saldate in modo che non potevano più essere tolte, come del fra un quadro vivo in Africa e uno morto in Occidente. Inutile resto certi collari , veri strumenti di martirio per il collo, che dire che volte poggio il naso su quella ruvida superficie per ferivano o concrescendo allungavano in modo incredibile. . sentire immaginando gli odori delle sudoeazioni di quelle Tutti i materiali vi erano impiegati dal ferro all’ottone, , al donne Mangbetu dall’acconciatura sì ornata dei capelli. Ferisce cuoio, alle perle, al semplice spago. Della Costa d’Avorio o sana quella bellezza ? Sono quelle donne più feritrici che posseggo una bellissima cavigliera Gio con 25 bubbole, generatrici o il contrario ? Certo erano sottilmente armate, architettonicamente distribuite su 5 colonne, cinque per meno degli uomini dai bellissimi coltelli, ma in modo meno ognuna. Aperta da un lato per farvi entrare la caviglia, essa è ostentatorio , a giudicare dai due coltellini , riservati alle un vero monumento. In una poesia io sognavo di farmi donne, che posseggo. Per la zona pobica, pur ammirando su costruire un monumento funebre su grande scala, servendosi foto quella del tutto-‐ raramente-‐ o quasi del tutto scoperta, delle pietre dell’Ofanto per la struttura, in cui inserire 25 mi intrigano i vari coprisesso della mia collezione.Sono di tutti i campane di media grandezza che risuonassero agitate dal materiali e di tutte le forme. Nel nord del Camerun fra i Kirdi e vento della collina del Purgatorio a Morra. Così chi visitava la i Fali ce n’è una grande varierà. Uno triangolare di lamelle di mia tomba avrebbe potuto sentire la musica delle sfere. ferro, r etto d a un manico mobile di ferro e da cordicella che 69
passa dietro alla vita, è a forma di conchiglia. Concavo sul davanri e convesso sul didietro termina a punta e questa è avvolta da stoffa così da non ferire la donna fra le cosce. Così sospeso ballonzola al minimo movimento e mostra quel che dovrebbe nascondere. Il mio lo comprai da quell fantasioso di Jef. Un altro della stessa zona e pure triangolare, però con la punta in alto dovepassava una cordicella , era di cuoio a rilievi e con tante perle di ferro sul contorno. Sulla parte alta c’era tutta uba cascata di perle di ceramica azzurre. Il più intrigante di tutti e sempre del Nord Camerun è un coprisesso di 55 funicelle con grani vegetali profumati e in punta un guscio di coleottero della famiglia dei curculiolnidi ( gorgoglioni). I gusci secchi degli insetti fanno agitandoli un rumore sordo , ma questa musica discreta è all’improvviso illuminata ai due margini del coprisesso da coleotteri appaiari nell’accoppiamento, una coppia per lato. Così con indicazione discreta, ma chiarissima, sono sottolineati il significato e la funzione di quello che esso dovrebbe nascondere .Sono ora teentato di scrivere delle poesie con il canto dei gorgoglioni prima e dopo l’accoppiamento, d’incoraggiamento la prima, di giubilo la seconda. Durante l’accoppiamento stesso i gorgoglioni dovrebbero solo mormorare cn suoni d’impotenza di fronte a tanto avvenimento. Collane e pendagli di vari materiali e tipi ornavano il petto di uomini e donne. Fatti di denti di felini-‐leoni, leopardi-‐ soli o alternati a perle di vetro o terracotta, , oppure di fusaiole di scavo dipinte o incise, oppure di perle di vetro d’importazione
o africane, o di grani di opale di tutte le dimensioni,o di questi alternati con grani di metallo, in un solo filo o in matasse voluminose attorcigliate, più che gioiellli giocavano abbondanti con le mammelle nude e quell’insieme di carne palpitante e di materiali ornativi rendeva la nudità delle donne ricca e doviziante. A volte, come nel Senegal, la maestria di orafi ebrei o africani offriva in argento ed oro imponenti e complessi gioielli. Anche i lobi degli orecchi potevano essere arricchiti di pendagli spettacolari e gli avambracci e i polsi offrire il supporto a bracciali semplici o multipli di avorio od altri materiali. Fra tanti bracciali, cavigliere e e collane spesso antichi o di scavo ( una volta dovetti staccare dagli elementi metallici ancora resti di carne del defunto) isolo slo un bracciale di metallo dalla patina verde con un serpente che si morde la coda, simbolo del tempo circolare dove l’inizio è la fine e la fine l’inizio. Un altro bracciale Ijebu della Nigeria di bronzo, probabilmmente del ‘600 all’epoca della fioritura dell’arte del Benin, presenta due teste di scimmia, che dovevano essere considerate animali sacri. Apparteneva a Lotte Kegel-‐Koniezko e poi allo scultore suicida Ftidrich Wield. Tra i pendagli, oltre a quelli di avorio quali le mascherine e un fischietto da caccia Pende e alttre mascherine di bronzo Baulé, uno di bronzo Lobi, portato di preferenza da mia moglie e bisognrebbe chiedersi perché, presenta una complessa associazione di vari animali-‐ serpenri, coccodrillo, scorpione, rana-‐ il cui significato mi sfugge. Dei Pigmei ho tutta una serie di perizomi di tapa, di vari colori 70
e raffigurazioni. Essi sono quasi l’unica produzione artigianale di questi piccoli abitanti della foresta e ben si apparentano ai cosiddetti tessuti Kongo , tra i primi oggetti raccolti in Africa. Anche con fibre di rafia i tanti tessuti Kuba, non tappeti, ma indumenti regali o di personaggi importanti. L’idiosincrasia degli artisti di tali opere giungeva fino a crear un minitessuto di pochi centimetri su una scatola di fibre vegetali. Per estensione e sempre nel settore dei lavori d’intreccio, si possono menzionare le opere dei Tutsi di Ruanda e Burundi. I cestelli e contenitori antichi sono di una bravura tecnica incredibile. L’intreccio dei fili di rafia è talmente fine e serrato da garantire l’impermeabilità. E altrettanto ammirabile è il senso geometrico dei volumi che ne fanno delle vere sculture astratte. Ma prima di continuare su questa strada torniamo indietro alle considerazioni del corpo umano nudo o vestito. Gli africani vogliono essere belli e imponenti anche coprendosi . Certi copricapo sono semplici zucchetti, come quelli dei Lega, che sono da essi considerati come l’oggetto più importante, più delle maschere e delle sculture. Altri, come quelli dei consiglieri dei Kuba sono già più complessi ed alcuni, come quelli dei Yoruba con perline di vario colore e e raffigurazioni di uccelli, mascherine e altri intrecci simbolici non hanno più solo valore decorativo, ma significano già miti e e simboli. Una maestosa tiara di capo Bamileké del Camerun di stoffa e perle di vario colore figuranti losanghe ed astri sul basso e grandi cerchi concentrici attorno ad astri sull’alto va letta già come una sintesi dei simboli del potere. Un grande
piviale Nupe degli Haussa della Nigeria , tutto ricamato e con grande spirale sul dietro e sul davanti è davvero pontificale. Anche i grandi e variopinti essuti Ashanti del Ghana erano, avvolgendo tutto il corpo e completati con gioielli d’oro , la degna rappresentazione della pompa e del potere. Il corpo poteva delle volte essere completamente calato in un vestito aderente, , che lasciava posto solo a sue piccole fessure per gli occhi e il personaggio Ibo della Nigeria così trasformato andava in processione o danzava. Non siamo in un carnevale come in Occidente : la vestizione non è passeggero divertimento e il carattere sacro di tali vestizioni può essere compreso almeno in parte pensando a vestizioni religiose di riti in Occidente. Come non vien voglia di ridere assistendoa un concistoro in San Pietro a Roma, che si sia credenti o no, lo stesso avviene in Africa per chi ha l fortuna di assistere a tali uscite o apparizioni, che anch'io in absentia mi figuro fantasticando e a volte vestendomi di talii indumenti. Il lato »utilitario » di molti oggetti dell’artiganato africano sembra a volte predominare sul resto. Ma sbaglia chi si limita ad esso. Pprendiamo per esempio questa piramide di 12 cestini Baulé, inseriti l’uno nell’altro. Sembra una spiritosa trovata e invece non lo è. Se si pensa che ognii cestino, a cominciare dal più piccolo di pochi centimetri, in cui è inserito il tappo di cuoio a ciucciotto, fino al più gtande di una ventina di centimetri di diametro, era auna misura di cui si serviva la novella sposa, cui era data in dote, per misurare la quantità di farina o cereali comprata al mercato. Er a nel vuoto un po’ il 71
corrispettivo nel pienodei pesi ashanti per la polvere d’oro. Ogni cestino, fatto con un intreccio di fibre vegetali protetto al margine superiore da un tarallo di cuoio e alle quattro diveramente intrecciate e alle quattro punte della base da altrettanti ppiccoli piedi pure di cuoio. Altri contenitori sono ad intreccio di fibre vegetali, corteccia essiccata di zucca, legno eccetera. Della Nubia ho un grande vaso con coperchio fallico variamente decorato con striscette di cuoio diversamente intrecciate a fibre vegetali gialle. La stessa alternanza di marrone e giallo si può avere con sole fibre come in un vaso Zulu del Sudafrica dall’elegante forma bombata . Un vaso Boran del Kenia dalla purissima formaastratta , che può far sognare qualsiasi ceramista occidentale , destando l’invidia di uno come Orlandini, affida a chi come me volesse tastarne il volume , ai polpastrelli delle dita che carezzando quelle forme nella ruvidezza dell’intreccio vegetale sentono l rilievo rugoso della materia. Era un contenitore per il latte e l’intreccio cpsì serrato ne garantiva l’impermeabilità. Tralascio un setaccio per la farina di kassava Pende-‐Lunda-‐ Yaka a lamelle vegetali rosse , nere e gialle e mi soffermerò sull’esemplare più grande della collezione di contenitori di corteccia essiccata di zucca pirogravata che conferisce alla forma bombata bei rilievi e un altenarsi di rosso-‐cuoio e marrone con disegni variamente geometrici. Questa metà di zucca tagliata a coppa di quasi quaranta centimetri di diametro fu all’acquisto l’oggetto d una scena singolare. L’aveva portata nella galleria Dartevelle un elegante negro americano che polemizzava contro il razzismo
verso gli africani, raccontando episodi in cui di fronte all’atteggiamento ostile di un camerieri bianchi si era divertito a versare il vino sulla tovaglia , a gettare sul tavolo un biglietto di X dollari , allzandosu poi e lasciando il ristorante col padrone allibito accorso nel frattempo. Polemizava anche contro gli antiquari bianchi , che badavano solo a fare affari con l’arte negra. E tanto per dare un esenpio mi chiese solo mille franchi belgi per la zucca, il prezzo che lui aveva pagato, acquistando poco prima la zucca da un altro mercante bianco. Delle armi e monete africane avevo conosciuto un collezionista italiano, Piergiorgio Cerrini. Cerrini era ed è un vero spadaccino, proclamatore e difensore delle sue belle, cercate accanitamente dovunque, alzandosi prima dell’alba per essere il primo ad accorrere sui mercatini rionali dove mercanti ed ex coloniali offrivano le loro cianfrusaglie , fra cui un occhio esperto poteva tirar fuori per pochi soldi veri piccoli capolavori autentici perché nel settore delle armi i falsi e le copie recenti erano all’ordine del giorno Dai mercatini Cerrini passava anche presso ex coloniali piccoli collezionisti , scegliendo il meglio delle armi, di cui era esperto, , ma anche il peggio della sratuaria e delle maschere, di cui non capiva niente. Fin dal primo incontro e un’micizia durata una ventina d’anni gli consigliai di lasciar perdere il resto e di concentrasi sulle armi. Mi ascoltò fino alla prossima tentazione cui cedeva, sperando sempre di metter la mano su un tesoro. Si sbarazzava allora di quei falsi e tornava alle sue dilette armi. Aveva arrangiato in cantina un piccolo laboratorio, dove passava ore e ore ad 72
eliminare ruggine e altre incrostazioni dai metalli cui ridava l’antico splendore, lasciando però una leggera patina come segno del tempo. Così le sue armi avevano non una pelle sfacciata da prostitute, ma una calda, naturale, che mandava in visibilio Piergiorgio, che le amava come vere creature di sua predilezione. La saggia moglie, Laviinia, rideva di queste esagerazioni del marito, , alla cui collezione aveva riservato un vano e mezzo al primo piano della casa a condizione che non invadesse gli altri, permettendogli solo di fare tracimare la piena degli oggetti con una selezione di scudi fin sulla soglia di un vano a sé riservato al primo piano e tanto per far capire dove ci si trovavava e cn chi si aveva a chef are, accettando pure qualche indizio di arte africana nel soggiorno a pianterreno, dove in una vetrina e sul caminetto aveva disposto dei gioielli che collezionava, con la convivenza con Piergiorgio invasa dalla stessa malattia. Settore di predilezione per costui erano i coltelli da getto, di cui c’era sul muro tutta una panoplia. Consigliato da Cerrini comprai armi da vari mercanti. Così da Van de Velde ad Anversa ebbi due pugnali Bata-‐Kapsiki-‐ Higi della Nigeria . Le guaine di ottone traforate con pomello in basso ed apertura in alto contengono i pugnali con lame di ferro e impugnature di ottone. Il pugnale più piccolo ha sull’impugnatura una testa scolpita e quattro testine-‐sonagliere, due per lato, personaggi astratti del seguito del capo. Il pugnale più grande ha un grosso disco di ottone sull’impugnatura con motivi a stella traforata su un lato e e due grandi cerchi concentrici con foro centrale e quattro
testine-‐sonagliere sull’altro, ambedue circondati su tutta la circonferenza da corona fiorita. L’arma in verità può anche ben figurare un personaggio solare. Attraberso un anello traforato sotto l’impugnatura i coltelli potevano essere con cintura sospesi alla vita del proprietario. Un bello ed elegante coltello da getto Bwaka l’avevo comprato da Jo Christians. Lanciati come boumerangs questi cltelli potevano tra l’altro ferire alle gambe I cavalli dell’avversario. Ma avevano probabilmente più valore simbolico che altro. Fra gli scudi della collezione uno dei Niamwezi della Ranzania è di legno con due umboni-‐seni al centro e grande spirale a girandola di raggi marrone su fondo bianco. Un altro di cuoio Masai con bel diegno marrone su fondo bianco porta ancora i segni dei colpi di lancia inferti in combattimento . Raccolto da un capitano inglese fu acquistato da un mercante belga a Londa. Trascuro altre armi di offesa, difesa o parata per terminare con una grande moneta Liganda del Congo. .Da un solo blocco di ferro martellato a caldo fu tirata fuori l’elegante forma a foglia cuspidata di un metro e e settantaquattro centimetri. Essa serviva di dote per la futura sposa, che nelle etnie africane aveva un prezzo, come qualsiasi altra merce. Le nervature della foglia sono lungo tutta la superficie sapientemente alternate destra-‐sinistra sui due lati con l’altra metà liscia. Il gioco concavo-‐convesso, , ruvido-‐liscio anima così la forma longilinea, allargata con due piccole ali ala base e acuminata da punta a chiodo in cima. Ecco come in Africa la virtuosità 73
tecnica dell’artigiano si allea al suo senso artistico. Basti inestricabile./ Ptrenderà corpo forse l’illusorio,/ questa labilità questo esempio come conclusione di questo piuttosto lungo nuovo reticolo/ di vita./ Così dal sogno il mondo. excursus sull’artiguanato d’arte africano. Una v olta u n a fricano v isitandomi, n el v edermi f ra t anti Dormir parmi le fétiches d’Océanie et de Guinée. “spiriti”, m i c hiese s e n on a vessi paura Gli risposi di no e in Ce sont des Christ d’une autre forme et d’une autre croyance. quel m omento p ensavo a lla c orazza i mpenetrabile della mia Ce sont les Christ inférieurs des obscures espérances. incredulità, c he l i a veva r idotti s olo a o ggetti d i ammirazione Avevo come Apollinaire le scatole piene di vivere nell’antichità estetica ed avrei potuto e dovuto ricordargli anche la natura grecoromana ? Senza rendermene veramente conto, sì. Non pritettiva e benefica , oltre che primitiva di essi. Ma la risposta ero in cerca di un’altra credenza, ma di un’altra forma. Quanto sarebbe stata comunque insoddisfacente perché lui sentiva il alle oscure speranze in qualche Cristo Inferiore o Forza Ignota lato arbitrario e colpevole di aver tolto quegli spiriti al loro lo lascio più che in dubbio. Certo l’arte primitiva col suo misto ambiente naturale e di averli snaturati in un ambiente solo di miti, riti e costumi offre anche una nuova forma che spiazza estetizzante. Una analoga osservazione me la fece, partendo tutta l’arte occidentale, che dal Rinascimento in poi con il da un altro punto di vista, il marito archeologo di mia cognata : culto estetico della sola bellezza ha privato il fruitore di arte di fuori del loro contesto quegli oggetti erano impoveriti e molti capitoli. Apollinaire si avvia a piedi deluso verso Auteil falsificati. Ma il brav’uomo non si accorgeva che lo stesso per dormire tra i suoi feticci ed io vado nel soggiorno della mia rimprovero avrei potuto rivolgere a lui, curatore per alcni anni casa a Tervuren dove « sento » quel che canto nella prima in un museo di arte antica e che aveva oltretutto partecipato poesia di Strutture : a scavi di località romane in Tunisia. Certo, il problrma del Vengano gli spiriti « f uori contesto » si pone , ma esso vale anche per tanta arte Suda il muro salnitro. Vetri in gloria/trasmettono reami/ occidentale e p er l ’arte tout court : basta appendere un di nuvole. In agguato /feticci, maschere, antenati. . Pone/ limiti quadro al muro in casa di un privato o in un museo e si compie la ragione , ma travalico /ragione e senno. Un mezzo, se un atto di collocazione fuori contesto. . vacillo,/ nuovo mi porta. Vengano gli spiriti/ di natura Di Apollinaire psseggo un reliquiario Kota , poi passato nella indistinta. Cieco, sordo/ e muto vedo, parlo, ascolto. . Voci/ collezione di un poeta cileno, Huidobro, e poi di mano in mno repulse riafforano/ , affogàti spaventi. Sopramondo/ o nella mia collezione. L’oggetto bello in sé ha per me poeta submondo, che importa ?/ Sodali nuovi germino. Bisogna/ un ‘importanza particolare perché al di là del suo significato credere all’ombre. Orribile groviglio/ di condotti, salvezza mi mette in rapporto con altri due poeti importanti. Ammiro 74
l’oggetto in sé esteticamente, sono coinvolto nel suo corpo. Dunque, cari Apollinaire e Huidobro, mi avete lasciato significato rituale ma nel guardarlo sento lo sguardo e le mani sul finire della mia vita questo meraviglioso fiore, che vedo già dei due poeti, che l’hanno ammirato e accarezzatoprima di spuntare e e vegliare sulla mia romba. me. Fantasticando , lo vedrei volentieri su una mensola come Il vero collezionista deve sempre saperere aspettare, non sopra un altare accanto alla mia tomba. Pensieri di morte e di precipitarsi a voler subito avere questo o quell’oggetto eternità. I reliquiari Kota del Gabon erano posti in un paniere concupito. Chi non ha questa pazienza spesso acquista sopra l’altare degli antenati,di cui rappresentavano gli spiriti, sculture non della migliore qualità o paga prezzi esorbitanti. come risulta da una stampa ricavata da un disegno di Solo sapendo pazientare sono riuscito dopo decenni ad avere Savorgnan De Brazza. pezzi s traordinari a prezzi contenuti. E’ stato il caso di un Non si dimentichi che nel 1979 avevo già fantasticato di un antenato Hemba e di questo reliquiario Kota. Ciò non toglie moi monumento funebre, ma quello era diverso , io vi ero che non bisogna esitare a cogliere le occasioni favorevoli, tappresentato »itifallico ». Ora dopo più di trenta anni sul spesso uniche, di avere oggetti eccezionali. Ricordo la grande monumento veglia uno « spirito » : che esso sia una divinità o Lagalla Luba, pilastro collocato al centro del villaggio e lo spirito del morto, il cui cranio e altre ossa erano conservati consacrato al culto del fondatore del villaggio. Ne posseggo nel paniere sottostante, , la sua raffifigurazione in una cifra tre, di cui uno bifronte Hemba e l’altro Tabwa. Il primo ha una semiastratta è quanto mai eloquente nel doppio gioco di impressionante testa ovale di 50 x38 centimetri. La vasta materiali metallici e forme. . Sotto un cimiero a mezzaluna si superficie presenta incisioni a bassorilievo, grandi occhi, naso, spiega il volto ovale leggermente concavo perfetto con occhi, bocca. Una linea a mezzaluna in cima segna la corona della bocca e naso e suo prolungamento sagittale , sottolineati e capigliatura. Questa spoglia maestà più che le sculture Luba variati dal rosso del rame e dal giallo della foglia di latta, il può ricordare certe grandi maschere Lega. La scultura unica tutto ampliato sui due lati da ampie superfici-‐ capelli , nel suo genere me la disputai all’acquisto col celebre prolungate alla base da due pendagli, cui succede il colllo collezionista Mestach e ora troneggia sul suo zoccolo , annulato e braccia e gambe racchiuse in una losanga-‐vulva, formando uno dei quattro pilastri ( gli altri tre sono la statua che come spesso in Arica combina l’espressione della più alta Ibo, la stela Yoruba e la statua funeraria Ngombe), che spiritualità con quella della più concreta sessualità. Posseggo reggono una ideale cappella , piena alle pareti di maschere ed una serratura Dogon , in cui sotto il capo semiastratto si apre altro, il cui ingresso è per così dire schermato dal pilastro la voragine di una grande vulva, cui è ridotto il resto di tutto il Dogon di due metri e cinquanta centimetri . Esso, che una 75
volta reggeva la trave principale della casa del capo eligioso e importante donna morta Ngombe, associando la divinità al politico Hogon, sul tronco biforcuto di un intero albero potere, al culto dell’antenato fondatore, a quello della morte. presenta sul lato interno ed estenno due maestose figure Né la cosa mi disturba se la morte va strettamente associata femminili, dai seni enormi e dalla vulva spalancata con con la vita e sempre tenuta presente. l’asportazione di clitoride e ninfe, simbolo della fertilità. Scherma l’ingresso della mia cappella il grande pilastro Dogon Questa nicchia è la cappella dove siedo di preferenza, da lì con le due donne nude dalla prarompente sensualità, simbolo contemplando i numerosi quadri e statue che ornano il della fertlità. Per il cilto della fecondità da partedegli africani sogggiorno, vero e tempio dell’arte moderna e primitiva. Uno basta alzare lo sguardo al muro di fondo della cappella per dei quattro cosiddetti pilastri presenta qualche problema di vedere una porta di granaio Dogon con quattro paia di seni a attribuzione. La statua di circa centoventi centimetri, rovinata forte rilievo. Il sesso nell’arte africana è chiaramente presente, alla base, dove era probabilmente inserita nel terreno, accennato od esibito , direttamente o in simboli, maschile o raffigura una donna anziana in piedi con le braccia lungo il femminile, singolo o di coppia, esso porta e serve alla corpo in posizione di attenti. E’ tutta coperta di caolino, fecondazione. La porta per cui si passa per introdursi nel picchiettato di macchioline azzurrognole , solo il grande sesso granaio è la vulva in cui si entra per spargere il seme e da cui si apre nerastro senza clitoride e ninfe. I seni piccoli e sgonfi nel parto esce il neonato. Il grano nutre la tribù e il seme nutre pendono di lato come due frutti secchi. Ha ancora qualche l’utero della donna, che feconda per generare la vita. . Le velleità di volersi adornare con un braccialetto di perline al mammelle sono a volte sostituite da un animale simbolico polso destro. La bocca, il naso e gli occhi vivaci danno vita a come il coccodrillo, di cui in un’altra portadi granaio erosa dal quella che dovrebbe esser morta. Sul capo ci sono incollati i tempo resta solo l’impronta del corpo . Si è già parlato del veri capelli della donna. Applicando il metodo del Morelli, dalla grande Kitimbitimbi-‐fallo Lega. Il fallo è presente e ben forma degli orecchi e e soprattutto di una specie di panciotto scolpito in molte statue e feticci, come quella Pende, e sul busto, presenti in una piccola statua Ngombe, oso quando non è stato mutilato dalla pruderie dei missionari e attribuire a questa etnia la statua dalle evidenti forme un po’ coloni, esso è là eretto o no fra le gambe maschili, così come fruste del Nord del Congo. la caverna della vulva , mutilata e no, è in evidenza fra quelle Dunque, un ben vivo capo Benin con due difese di elefante in femminili. Ma c’è di più. In certi riti agrari il capo si mano-‐simbolo del potere-‐, un fondatore di villaggio Luba e un masturbava durante la semina. Così come il grano scendeva dio Ibo invitano a far parte del loro quartetto questa nella terra per fecondarla germinando, coì il seme scendava 76
nella terra-‐madre e e nella donna. Questo atto della e femminili, esso è al centro nelle coppie. Il motivo della masturbazione in pubblico del capo è ben rappresenraro in coppia nell’arte africana volevo farlo scegliere da mia figlia una statua Dogon e in una Bamikeke drl Camerun. I due Flavia come soggetto della sua tesi anche perché le coppie masturbatori non mi scandalizzano perché il loro gesto è erano ben presenti nella mia collezione. A parte ogni altro altamente simbolico e significativo . Si veda a conronto motivo quel che mi attraeva era vedere come e fino a che l’imbarazzo e la repulsione che suscita la foto di una donna che punto l’artista lavesse variato le forme , passando dal maschile si appresta a masturbare il compagno con una fellatio. La al femminile e viceversa. Si poteva cominciare dagli oggetti fantasia degli artisti africani è in questo campo come in altri materialmente binari , come le cavigliere e i bracciali , di cui inesauribile. In una maschera Nkanu di circoncisione il fallo l’identità delle forme s’imponeva, anche se talvolta solo circonciso è collocato sotto al mento. Una barba-‐fallo sotto il minimi scarti erano presenti, come in certi bronzi di scavo, le mento presenta anche una maschera Luba. In uno scettro cui piccole differenze erano dovute alle differenti matrici di Ovimbundu dell’Angola la capigliatura della testa femminile è terracotta per la fusione. Poi si possono considerare singoli trasformata sul retro in una grande vulva. Gli esempi oggetti con duplicazione (la tiara Bamileke) o con superficie potrebbero continuare , ma questi bastano, anche se la unica divisa in due zone come la maschera Teke-‐ Tsaye del sbrigliata fantasia continua come quando vede la vulva di una Gabon. Nei due casi, che si tratti di forme geometriche donna corteggiata nella bocca stravolta di una maschera di esornative diverse come nella tiara o di dibisione in due volti , malattia Pende : maschera è mai questa ? uno s oprano e l ’altro sottostante dello stesso viso a » Ora mi porta in pubblico la vulva ! »,/ gridò nel rivederlo sottolieare probabilmente la duplicità dello sguardo che dopo un anno./ « Non c’è dubbio, è la mia, la riconosco./ Che guarda avanti e indietro e considera il passato o il futuro, più mi è servito negarla o nasconderla./ Ma chi gliel’ha scolpita che di coppia si deve parlare di duplicità. In altri casi bisogna sulla guancia/ sinistra e in verticale con le labbra/ aperte e chii parlare di molteplicità in gruppi di più personaggi come in ha distorto il naso a fallo/ verso di me puntandolo e diviso / chi sette piccoli personaggi di un gioco Dogon sotto la guida di un gli ha il volto in due zone, l’una bianca/ e l’altra nera e posto il cavaliere o le tante teste di decapitati guerrieri nemici sesso mio/ parte sul giorno e parte sulla notte ?/ Che accatastate in un vaso di capo Bamileke o di vari personaggi maschera è mai questa e per che ballo/ di San Vito o per qual di corte, dal sacrificatore ai musicisti, attorno a una regina in culto diabolico ?/ eccetera. trono con scettro di un grande peso Ashanti in cui si celebra la Se il sesso è presente nelle statue e maschere singole maschili presentazione del futuro capo, ora bambino sulle ginoccha 77
della madre, o di uno scettro Ciokwe con quattro teste che al ritorno pensai di creare qualcosa di « metafisico » con indicano gli ascendenti dell’attuale portatore dell’insegna duplice feticcio, l’uno sottoposto all’altro. Quando chiesi il sceffale. A volte la duplicità sembra casuale-‐ma non lo è mai-‐, prezzo, Moncada signorilmente mi rispose che l’opera, se come nelle due maschere Pwo Ciokwe ( la ragazza bella) che acquistata , non aveva prezzo, se regalata invce era auna bella ornano le due facce di una sanza straordinaria e in due testimonianza di stima reciproca. Ora nel mio soggiorno quella personaggi Mbuti simili-‐dissimili Teke, certamente opere dello coppia di due manichini-‐feticci è una bella sintesi metafisica di stesso scultore, ma con teste diverse e corpi di diversa arte moderna e primitiva. Sculture grandi e piccole cefalomorfi dimensione. Certamente, che si tratti dello stesso antenato o con due volti chiaaramente maschili e femminili come in una di due feticci di divinazione , come più probabile, accomunati a grande Lagalla Hemba e un piccolo feticcio anche Hemba , disegno o casualmente nello stesso luogo di culto, è certo che con il corpo avvolto in una pelle di animale, ci riportano al sono stati oggetto dello stesso culto e in possesso dello stesso principio della dualità nelle sue varie accezioni ed impieghi feticciaio se perfino gi sputi di noce di cola sulle due statuette anhe se limitato alle sole teste. Più chiaro esso è quando lo si sembrano provenire dallo stesso sputatore con lo stesso verifica in due personaggi di sesso diverso, uniti o separati. intento magico. Le palle di creta e vari strati di tessuto rosso E’ il caso di una piccola coppia Bamileke con uomo e donna non essendo state aperte o violate, si ignora quali siano state forse incinta, dorso a dorso. Di vari Kabeja Hemba, coppie di le cariche magiche contenute nelle aperture ventrali. maschi e f emmine addossati, il più bello con due personaggi Il tam-‐tam cefalomorfo a due teste, simbolo d’ubiquità degli uniti solo all’altezza delle spalle, colli e teste, il cui colmo in spiriti che presiedono a queste pratiche di divinazione e di cima contiene materie magiche, mi è servito di illlustrazione guarigione da malattie, lo acquistai a Lisbona da un antiquario sulla copertina e sul retro del libro Strutture. Per gli Hemba , Moncada. Visitai la sua bella casa : al secondo piano con questo altare dei sacrifice, una volta umani e ora di animali, è veduta sul fiume aveva la sua collezione, soprattutto con l’oggetto più importante del loro culto, molto più delle statue sculture dell’Angola e al pianterreno una specie di ripostiglio di antenati, delle maschere ed altro. Presso I Bembe per la laboratorio dove si divertiva a pasticciare . Mi colpì un società semisegreta Kalunga si scolpivano delle maschere e quadretto a scatola che conteneva una bambola di stoffa e altri oggetti gianiformi onde conciliarsi uno spirito misteroso vlto di plastica che in origine serviva a far infilare aghi e spilli che era nella savana. I due volti identici sottolineano appunto di donne che si davano a lavori di sartoria domestica. Avevo un questo carattre. Una statuetta di media grandezza è una piccolo quadro di Armodio con simile bambola dipinta, per cui specie di altaredi tale culto mentre un pendaglio piccolo sarà 78
stato portato al collo di un iniziato che con un coltello in mano tornare ». Presso gli Yoruba ed altre etnie i gemelli erano precede il gruppo dei danzatori. . desiderati e t emuti e il parto gemellare ritenuto fuori delle Di coppie vere e proprie si può parlare per il culto Yoruba dei leggi normali . gemelli Ibeji. Ne posseggo una buona dozzina. Alla morte di Il poeta di Strutture per quali vie si avventurava uno o due gemelli la madre si faceva scolpire una statuetta , contemplando quelle creature, anche per lui fuori che portava con sé e, come se il o i bambini fossero ancora in dell’ordinario? In « Diacronico » cantava : vita, li accudiva, vestiva, dava loro da mangiare eccetera. Non Nella gloria del sole unti e lucidi/ gl’imperiosi incedono/ e erano l’immagine del morto, ma il bambino vero e proprio che nude ed indolenti al sole ancheggiano/ le formosissime. così continuava a vivere. Addetto/ al vizio d’umide ombre,/ qualche recesso La prima bella coppia di bambine la comprai nel 1974 in una ancoracerca l’occhio, un segreto/ non detto tra il ballonzolo/ galleria a Roma ed era stata raccolta in Africa dai signori di mammelle, anche e natiche. Antinori. Le gemelle hanno capigliature molto alte a cono, il Se l’ora mercanteggia ed in negozi/ sbava cisposa, fossi/ triangolo islamico inciso sul petto, grandi occhi , seni giusti e nell’utero rimasto di mia madre !/ Ma alla luce gettato sotto il sodi e moti gioielli al collo, sul ventre, ai polsi e alle caviglie . cozzo/ d’Ariete, mentre intorno sfarfalleggia/ la vita, false Vengono da Ila-‐Orangun e sono un capolavoro di un celebre genero/ stagioni e tempo-‐inganno. Chiodi inchiodino/ le mie scultore, noto per tale tipo di oggetti. Il primo Ibeji lo comprai pupille, la mia testa impietri/ e manto di conchiglie,/ monete-‐ nel gennaio 1974 da Vidal. Viene da Ila-‐Orangun , è vestito di vulve, arcano mi circondi./ Tutto questo di fronte un manto di cowries e porta collane di perle di vetro. Il vestito all’apparizione di un solo gemello, contenitore di arcani.Ma di conchiglie onora e parla con lo spirito del gemello morto il confrontato con l’apparizione di due gemelle, identiche nella cui potere influisce sul benessere dei vivi. Le collane di vario ripetizioneaccurata delle forme e degli ornamenti ? In colore hanno un significato : se « nere » alla vita devono « Totem » di fronte alla coppia Antinori mi ponevo il problema proteggere contro gli Abiku, spiriti di bambini che nascono per della complementarità di di maschio e femmina in amore, ma morire ; se « rosse », si riferiscono al dio Shango, protettore anche della loro diversità ed opposizione, per sfuggire alla dei gemelli, eccetera.Orecchini e bracciali di metallo al braccio quale si ricorreva a una bambola gonfiabile di gomma o di e alla caviglia sono offerti alla dea Oshun o agli spiriti (Orusa) stoppa. L’amore allora non era ricerca dell’altro, ma la dei gemelli per proteggerli e farli tornare al mondo dei vivi . In creazione fittizia di un alter ego. : « Telefona a te stesso/ fondo i gemelli sono considerati come « non nati che possono Fonda l’antagonista. Specchio ed eco/ non ti sarà, ma 79
tegumento d’afa,/ ma l’alter ego, che atterrito assiste/ ai tuoi Di più semplice lettura è uno scettro di ferro Bamana : sulla straripamenti e t’incoraggia/ complice , non complice se il cima una cavallerizza sul davanti regge le redini e dietro a lei tempo/ e le vicende irride,/ vicenda tu, non lui, signore a siede un cavallerizzo, parabola che accenna a una società denti/ e pugni stretti, o viceversa sbrendolo/ di carne lui, non matrilineare. tu perduto in spazi/ di luce senza fondo./ » Su u na p uleggia g ianiforme per tessere Guro la coppia di Come si vede, siamo lontani dalla problematica africana ed spiriti proteggeva l’attività del tessitore e su una serratura impigliati in una personale, forse più moderna se non più Dogon la coppia –gemelli o antenati-‐, più un animale – complessa. sciacallo-‐ richiamava miti Dogon , come del resto sul grande pilastro della casa dell’Hogon le figure femminili identiche sui Torniamo alla collezione. Altri Ibeji furono scelti per la due lati del tronco celebravano la fecondità. semplicità della forma e per la loro qualità.Per quest ‘ultimo Altre rappresentazioni nella collezone di coppie maschio-‐ motivo fu comprata una gemella Oyo-‐Shaki con bracciali di femmina sono due statue Toma della Liberia e due Tabwa del stagno e per il primo una coppia maschio-‐femmina della Congo. Il maschio e la femmina sono rappresentati quasi regione di Shaki con copricapo quadricuspide e bacino a liuto. naturalmente e l’un sesso si distingue dall’altro per i diversi Singolare la coppia di maschi della regione Egba del sud. . Il organi sessuali , ma anche per la diversa trattazione dei corpi, ciuffo di capelli Osu significa che la testa è cosí acconciata per con sicurezza per la diversa ampiezza del bacino e la diversa scopi spirituali ( devozione a una divinità) oppure per indicare sveltezza o pesantezza dei corpi, sapientemente colte e una situazione che richiede rimedi spirituali o medicinali. significate nella diversità delle forme. Nella coppia Tabwa la Due Edam gianiformi di bronzo Ogboni provengono dalla donna è più piccola dell’uomo e con diversa acconciatura dei celebre collezione olandese Oberman , da cui proviene anche capelli e diverse scarificazioni sul volto e sul corpo. uno scettro con figura femminile completa , circondata da una Una picola coppia di Baulé della foresta, , dissimile dalla più corona di sonagli e che poggia i piedi su un teschio . Degli nota statuaria dei cosiddetti « sposi dell’aldilà », presenta due Edam due facce di un lato presentano scarificazioni facciali e personaggi un po’ rozzi , la donna con miniseni e perizoma e temporali a semiluna e in quelle dell’altro una ha scarificazioni l’uomo più piccolo, forse indicazione di una società solo temporali. Le teste rappresentano Ajagbo che vede tutto, matrilineare. Le due teste « romaniche » dominano nelle avanti e indietro e sono del diciassettesimo secolo. Secondo statuette, forzando con il tronco un po’ le proporzioni del altri, Ajagbo è gianifprme perchè gemello. canone classico africano di un terzo alla testa, un terzo al 80
tronco e un terzo alle gambe. In più quì bisogna includere la rappresentazione di un antenato o di certi « spiriti »non si anche lo zoccolo per trovarsi nella suddetta tripartizione. presti a designazioni incerte o complesse. Tanto più che i riti, Due bastoni Bongo ddi comando di avorio di rinoceronte del in cui questi oggetti erano impiegati supponevano per Sudan terminano ciascuno con un personaggio come esempio il culto degli antenati e pratiche magiche del sull’attenti, uno maschile con copricapo e l’altro femminile. Le manipolatore o devoti di essi. . In uno dei primi oggetti da me rozze sculture che richiamano lontanamente certe sculture comprati un personaggio, costruito con creta essiccata e altre Lega, non si sa esattamente a cosa servissero, anche se per la aggiunte di stoffa e vegetali su un ramo biforcuto, porta le loro forma si son richiamati i bastoni di comando degli ufficiali tracce dei sacrifici con latte ed è difficile pensare a un inglesi. Si termina questo elenco di coppie con due feticci antenato Dan. Sarà uno spirito o meglio un oggetto di pratiche Zigua della Tanzania. In quello femminile due seni minimi magiche, un « feticcio ».. Lo stesso si dica di un piccolo perforano il corpetto di pelle. Nei tronchi sono praticati dei personaggio avvolto di stoffe su una mascella di animale della buchi per le sostanze magiche e medicinali . Con bastoncini Tanzania . Se il personaggio è un antenato, esso è feticcizzato che servivano anche da tappi si estraeva parte della medicina da quel contenitore con tanto di denti di animale. E tanto per per darla ai malati. Le gambe nude a scala danno ai feticci una riferirsi a feticci celebri come quelli a chiodi Bakongo, le forte aggressività. pratiche a nimistiche sono ben documentate. Dalle memorie di Per questa coppia si è impiegato il termine « feticcio » , dal un viaggiatore nel Congo belga dell’800, il Delcommune, portoghese « fetiço » , impiegato dai navigatori del ‘500 per risulta che le pratiche su questi feticci non erano solo di magia oggetti magici africani ; e rifiutato da ualche etnologo di fama nera con chiodi infilati per gettare il maleficio su eventuali come la Bastin perché dovuto a falsa interpretazione nemici, ma anche, come in un esemplare della mia collezione, occidentale. Se questo sarà vero per i Ciokwe, altrettanto non estraendo questi chiodi o spezzandoli, lasciando solo le punte si può dire per altre etnie. Il feticcio e il feticismo sono in esso, per scaricare la carica magica del feticcio e renderlo strettamente legati con l’animismo e con le pratiche della inoffensivo. Il fascino che l’arte africana ha esercitato ed magia bianca del feticcio e malefiche di magia nera dello ancora esercita è dovuto in buona parte al lato feticistico di stregone. Di fronte ad alcuni oggetti e alla rappresentazione di essa. Il mio gusto artistico era ed è tale che con l’arte africana certe persone è difficile non pensare ai feticci. Posseggo vari non cambiò del tutto direzione, approfondì anzi con i feticci oggetti e statue cui non posso attribuire altro termine che alcuni degli aspetti così vicini al simbolismo, alla metafisica, al feticcio . Ci sono naturalmente casi dubbi o ambivalenti, in cui surrealismo predominante . Il mio gusto evolveva e si 81
raffinava man mano. La ricerca strutturale era più che presente già nel mio primo libro « Strutture ». Le forme forti, ben strutturate più che le piacevoli o fantastiche, l’ossatura costruttiva di un corpo hanno sempre catturato la mia curiosità e determinato le mie scelte . Certi oggetti africani precedono addirittura la ricerca del cubismo con lo spiegamento in superficie del rimievo. In una fascia frontale di indovina Tabwa che in stato di trance cantando in terpreta in ecolalie che lei sola comprende quanto lo spirito interpellato sta comunicando all’indovino bilumbu , la maschera-‐volto dello spirito svolge su diversi piani di superfici triangolari di perle di vario colore il rilievo del volto. Si vedano a confronto tanti quadri del periodo cubista di Picasso e di Bracque. A parte questo caso estremo , in tante e tante sculture la ricerca strutturale domina. Il viaggio strutturale, anche se ha il suo punto forte congolese, può pacificamente cominciare dall’Africa Occidentale. . Tralasciando esempi a portata di mano come quelli dell’etnia Baga della Guinea, mi soffermo per un momento su una puleggia per tessere Dogon. Nonostante le piccole dimensioni, , la monumentalità dell’oggetto è subito evidente. Sulle ali laterali che reggevano il rocchetto assente si erge dominante la testa astratta e concretissima , costruita isu trapezi, coni , triangoli e frecce con una linea mediana continua dalla capigliatura alla barba. Tutto è essenziale , nessun piccolo dettaglio descrittivo viene a turbare il monolitico volume della testa. Tralasciando il Camerun dai possenti personaggi e passando al Congo, mi
soffermo su un Suku già nella collezione Cauvin. La struttura del corpo è a « denti di sega », fortissimi nelle gambe piegate ad angolo e nelle braccia .La testa fuori asse frontale è girata di lato , sottolineando il movimento rotatorio della figura. Il torso si gonfia fino all’ombelico, riducendosi man mano fino al bassoventre, formando così un altro dente di sega. La statuaria Boyo è tra le mie preferite per la forza srtutturata delle sue sculture. In una figura ermafrodita-‐ la sola a mia conoscenza-‐ il volto severo sotto la calotta prominente checomprende fronte e occhi è una piramide rovesciata. La scansione otizzontale è basata su cinque lineee dallo zucchetto piatto alla linea orbitale occhi-‐zigomi a quella delle spalle, delle cosce piegate e dei grandi piedi. In questa struttura va e viene l’alternanza concavo-‐convessa di caviglie, ginocchi, bacino, ventre , alto del petto con mammelle schiacciate, collo e mento-‐bocca dentata e barbuto. La verticalità è affidata a tutta la figura stante, alle braccia pendenti e al lungo naso. Sul dietro la lunga treccia è una cascata elegante. Dei Ngbaka e vicine etnie del Congo del Nord delle tre statue della mia collezione una in posizione stante quasi di sfida ha il volto selvaggio, braccia e gambe scosciate in posizione combattiva e provocatoria con grande vulva in mostra e piccoli seni quasi maschili; un’altra ha volto lunare , seni quasi inesistenti , braccia-‐moncherini a spatola e sotto una cintura di cuoio due gambacce possenti ;una terza con gambe stereometriche, che danno alle cosce e al bacino di mater matuta una monumentalità di muraglia pelasgica, regge 82
dall’ombelico in su una quasi fragilità femminea, con piccoli bassoventre e la determinazione della testa volitiva del seni, braccia di pinguino e infine una testa a palla con bocca personaggio, dedito alla sua funzione di sostegno ed offerta. enaso , grandi occhi a scodella e sul retro e in cima una Ho scelto la portatrice Songhié con una foto di galassie presa capigliatura a grandi strisce. Nonostante le dimensioni ridotte da una sonda spaziale a far parte della composizione che sarà di una ventina di centimetri essa sfida per strutturata la copertina del mio nuovo libro di poesie « Odori di stelle monumentalità qualsiasi scultura di più metri. Una coppia filanti ». La coppa della portatrice è quella che dovrebbe Metoko di due persanaggi addossati è tutta centrata su contenere gli odori-‐sapori delle donne amate. triangoli soli od appaiati a losanga. Il corpo femminile dal Chiudo questo breve lavoro sulle sculture strutturate con una ventre prominente a diamante e con due seni appuntiti a piccola maschera Luba-‐Kulango , prologo alla trattazione delle chiodo e quello maschile dal lungo fallo reggono le teste a maschere. Vicina ai Songhié questa mascherina di una diecina cono con i volti scavati piatti su cui campeggiano i grandi di centimetri è la più forte di quelle Songhié e Luba che occhi rotondi e il naso affilato. posseggo. Dalla bocca spalancata come una fornace dalla Per la statuaria Songhié fortemente strutturata scelgo , parte basssa del volto a piramide mozza protrude la lama tralasciando un capolavoro di grandi dimensioni ex dell’ascia del naso che biseziona verticale con la bocca la Himmelheber, una piccola portatrice di coppa. Raccolta da un testa. Gli occhi a cowris sono due piccole protuberanze. Tutta militare inglese in Congo alla fine dell’ottocento è rimasta la superficie è coperta, eccetto naso e bocca, da striature in nella famiglia ad Amersham vicino a Londra. Nonostante le varie direzioni. In un’altra maschera Luba antica il trattamento piccole dimensioni la struttura è talmente forte che essa del volto è tutto in larghezza e piatto, con piccolissima bocca-‐ potrebbe eddere portata a più metri senza nulla perdere della chiodo , naso e cresta sagittale appena aggettanti sui larghi sua compattezza. Il personaggio femminile è simile per piani tutti striati. posizione a quelli che reggono i seggi dei capi. Le braccia Un po’ polemizzando con gli ammiratori di Brancusi e con la iperlunghe, invece del piano di seduta, reggono con eleganza sua « colonna infinita » , mi soffermo un momento su due la coppa, che riceveva offerte o conteneva polveri magiche . pilastri Metokp, collocati attorno alla capanna di iniziazione La vulva prominente, i seni gonfi a pigna pendenti , il volto della società segreta Kota. I riti di passaggio per l’accesso ai espressivo molto e quasi feroce non disturbano il gioco di pieni diversi gradi comportavano l’impiego di pilastri , segni di tali e vuoti, di golfi ben circondati da gambe e braccia a gradi. Di 145 e 150 centimetri rispettivamente essi sono contenere e salvaguardare la potenza generatrice del vagamente vegetali in due segmenti –ascendente e 83
docendenre-‐ interrotti da un elemento centrale geometrico. I inserita la voglia di spaesamento fantastico verso vari elementi per lo più ad anello sono ricoperti di caolino e composizioni materiche surrealistiche. . Pur ammirando la blu di Prussia . Non siamo come in Brancusi all’ascesa verso parte lignea della maschera, non bisogna mai dimenticare il l’infinito, ma in contesto sociale dell’ascesa gerarchica in una resto, cioè la rafia o i tessuti che rivestivano il danzatore , gli società segreta: concreteza di gruppo contro astrazione accessori, bastoni, scacciamosche che agitava nelle mani, le individuale, il che può aiutare a far capire la differenza fra cavigliere di bubbole che sottolineavano col suono i vari passi l’arte primitiva e quella moderna. A me I due pilastri della danza e i molteplci ritmi di questa, il linguaggio ecolalico interessano anche per indicare la difficoltà di chi vuol o di lingua segreta, compresa solo dal danzatore e da pochi distinguere fra arte ed artigianato nell’arte adricana. I due iniziati e a volte pure flatus vocis misterioso anche per pilastri sono prodotti dell’artigianato, ma così carichi di costoro , i canti degli accompagnatori ed astanti sì che ci si signifcato e così strutturalmente belli da poterli considerare trovava presi in una rappresentazione « operistica » completa anche opera d’Arte con la maiuscola. con c on u n m ito ch’era all’origine del rito mascherato, a volte Passiamo ora alle maschere.. Ne posseggo molte con esse ho svolto verso il tramonto e ancora visibile, a volte in piena notte cercato di coprire le etnie più importanti di tutti i paesi alla luce delle fiaccole o addirittura al buio, rito riservato a africani. Il determinante della scelta è stato quasi sempre pochi iiniziati , ai soli uomini , con essclusione in genere dei quello estetico ; ma altri criteri non sono mancati. Di alcune non iniziati e comunque di donne e bambini. Ma non etnie sono presenti vari esemplari e ciò risponde al mio mancavano casi in cui le maschere erano riservate alle donne e assunto di far notare come lo scultore africano nella tipologia dei riti rispettivi le donnne erano le sacerdotesse. costante di una certa maschera riesce a innovare, offrendo La maschera veniva ed operava fuori del villaggio nella savana così la possibilità di apprezzare il suo apporto personale o foresta in campi di iniziazione per ragazzi e ragazze. innovando. L’innovazione è alle volte al limite del rispetto del Compiuti i riti di passaggio coi relativi insegnamenti come canone, con qualche creazione cosí personale da costituire un quelli della vita sociale e della vita sessuale, gli ormai uomini e caso « unico » nella serie. Man mano che il mio gusto si donne facevano il loro ingresso nel villlaggio, affinava sono passato dalle forme più scontate aquelle più metaforicamente passando dalla vita selvaggia a quella civile. strutturate. Pur cercando di raggiungere la totalità della I primi accoppiamenti che seguivano ale operazioni di modifica rappresentanza, in molti casi ho subito il fascino delle forme degli organi maschili e femminili avvenivano già nei recinti di forti. Nella preferenza delle forme scultoree alle volte si è di seclusione o subito dopo. In certe etnie della Guinea Bissao 84
una ragazza con maschera di vacca danzava mimando con i suoi movimenti la commozione delle membra in preda alla ,che notevoli che la famiglia del defunto assume trasformano il funerale in una vera festa , cui tutti prtecipano con gioia, trasformando così il lutto in spettacolo festivo, a volte imponente con la partecipazione di numerose maschere.possessione . Poi da un gruppo di ragazzi emergeva un danzatore con maschera di toro . Vacca e toro simboleggiavano evidentemente l’accoppiamento di uomo e donna. Passando in casa di maschera in maschera e ammirando la riuscita scultorea di ciascuna di essa, tento sempre di purificare il mio sguardo e di apprendere per quanto possibile la maschera in modo africano , collocandola cosí nel suo contesto sociale e rituale. L’operazione non è semplice, quanto apprendo librescamente ed etnograficamente bisogna renderlo vivente , se no è piuttosto inutile zavorra che appesantisce e non illumina il mio sguardo. L’operazione è difficile perché per gli stessi africani la funzione della maschera spesso è multipla : essa cambia secondo i tempi e le circostanze e delle volte può servire più padroni, valicando le frontiere tribali. Lo scultore lavora cosí su ordinazione, seguendo le indicazioni del cliente e la maschera passando talvolta di mano in mano cambia col cliete anche la sua funzione. Di ciò s’incarica alle volte il tempo e certe maschere una volta rigidamente rituali servono poi al divertimento o addirittua allo spettacolo turistico, come del resto la danza e la musica. Devo quindi passando dall’una all’altra e pur
cercando di salvare il sigificato originale, non dimenticare che mi trovo in un complesso di significati i più vari possibile. Tra le funzioni principali delle maschere c’è quella dell’insegnamento. A parte quello dell’iniziazione nella savana o foresta, certe maschere con la la danza, il canto e la mimica possono ricordare il mito della creazione del mondo e della comparsa dell’uomo sulla terra. Altre insistono sul carattere limitato della conoscenza e la costatzione finale del processo iniziatico è quella dell’impotenza di conoscere. Il diritto e la legge sono anche personificati da alcune maschere che intervengono a giudicare, premiare o punire certi comportamenti. La purificazione può anche essere indotta dalla maschera che snida e punisce gli stregoni e le loro malefatte. La maschera è in genere per il bene e non per il male dell’individuo e della società. Con la loro capacità di comunicare con l’invisibile le maschere possono servire in mano a individui poco sceupolosi a imossessarsi del potere anche come strumenti di stregoneria. Il loro potere può arrivare fino a uccidere i non iniziati. Delle volte le maschere hanno il potere di guarigione. Lo spirito della maschera scende nel nganga, l’officianre, il quale sciamanamente passa dal corpo di costui nell’anima del malato che guarisce. Altre volte, invece, nella possessione uno spirito umano accetta o subisce l’intrusione di uno spirito esttraneo. In molti casi la maschera dà spettacolo, buffonesco o suscitando ilarità con intenti più seri di riprovazione di certi comportamenti e pratiche , comprese quelle sessuali. . Le 85
circostanze in cui la maschera appare vanno dall’iniziazione sud, dall’Africa occicentale a quella meridionale, , a quella nei recinti appositi con insegnamenti di vario tipo , compreso orientale. Ci si soffermerà su alcune di esse per particolare quello di come confezionarle a come usarle cantando e inreresse, rarità o bellezza. danzando nei vari riti e cerimonie. Altra circostanza privilegiata Cominciando dai Mende della Sierra Leone, ecco due è quella dei funerali , cui partecipa accompagnado lo spirito maschere della società femminile Sande. Il fatto che esse del defunto nell'aldilà. Qesta funzione di psicopompo serve siano riservate alle donne nei riti d’iniziazioe è sottolineato da anche a purificare il villaggio dagli influssi malefici che un evidente rappresentzione di parti del corpo femminile come le defunto poco o male onorato potrebbe spandere. Con la mammelle e il sesso con le grandi labbra e le ninfe. Il collo morte il defunto passa ad essere un antenato , che può fare grasso delle donne bene in carne con relative pieghe è nelle del bene o del male , on de il bisogno di propiziarselo. Le spese parti basse del casco e il lato esornativo dell’acconciatura dei con notevoli che la famiglia del defunto assumono capelli è più presente in uno degli esemplari. Così la trasformano il funerale in una vera festa, cui tutti partecipano femminilità è più nei gonfi volumi di un casco e la vezzosità con gioia, trasformando così il lutto in spettacolo festivo, a degli ornamenti nell’altro. volte imponente con la partecipazione di numerose maschere. Della Liberia e Costa d’Avorio ho una quindicina di di Nelle etnie rette da un re o o da un capo carismatico come i maschere passaporto, dette così perché si portavano con sé un Kuba del Congo o i Bamileke del Camerun le maschere viaggio. A volte sono simili a quelle grandi della stessa etnia, a partecipano alle incoronazioni. volte s ono del tu di verse, costituendo una tipologia a sé. Una Per eventi stagionali come la semina o il raccolto le maschere Kpelle della Liberia combina tratti umani con quelli intervengono per esercitare i loro vari poteri. animaleschi e q uesta mescolanza non è rara anche in In conclusioe, vari sono gli impieghi delle maschere, né questi maschere di grande formato e di altre etnie, dato l’animismo sono congelati per sempre, perché le forme e gl’interventi di comune in in tutte le etnie in Africa , con passaggi continui dal esse evolvono col tempo . Esse cioè sono vive, lontano dalla mondo umano a quello vegetale ed animale. . Questa fissità ch’è loro attribuita da musei e collezionisti. mascherina d i p ochi centimetri ha una forza costruttiva ed Dopo questo escursus che potebbe sembrare libresco, per espressiva impressionante. . Che sia il lato fantastico ed raccapezzarsi nell’universo cosí ricco delle maschere della interiorizzato di alcune di esse, che sia la forza da grande collezione è opportuno seguire il vecchio metodo della costruzione di altre, , che sia la dolcezza, l’eleganza, presentazione di esse per etnia e paese, andando dal nord al l’aggressività o le stramberie di altre, tutte sono bene 86
individualizzate e autoportanti : lo spirito nella sua unicitàn e maschera. A volte, come nelle maschere Lega, il caolino dato a forza è presente in ciascuna di esse e protegge il viaggiatore.. più riprese, anima col suo spessore la superficie a cuore quasi Si veda a confronto una maschera Pende di più di un metro astratta della maschera. Elementi vegetali di rafia, penne ed per costatare che la dimensione grandissima, grande, media o altro sono lì a indicare non solo la capigliatura,barba eccetera, piccla, agggressiva e protubrante con aggiunta di elementi ma anche ad arricchire il gioco sottile della mescolanza o animaleschi o feticistici con denti umani, zanne di belve o giustapposizione di vari materiali. In certe maschere tessuto di caricheperfino musicali con tante campanelle di bronzo, si può rafia, conchiglie e perle di vetro multicolori come nella in armonia con le opere possedute percorrere tutta la amma maschrea mukanga Kuba costruiscono un mosaico ricco di dei sentimenti e immedesimarsi con gli aspetti infiniti della materiali preziosi e simbolici. Si sarà impressionati da queste psiche umana. E’ possibile allargare e approfondire questa, complicate e doviziose testure regali e forse anche di più per estendendola a stati in realtà mai raggiunti o supposti ? gusti meno mondani e più artisticamente moderni di di certe Certamente ed è questa possibilità di scoperta di terra invenzioni tutte scultoree di maschere Mumuye e Yukun della incognita che dà all’arte un plusvalore , non nuova Nigeria. Nella prima ci si trova di fronte a una costruzione in riproduzione di una realtà,, anche psichica, ma creazione e tre così ci si trova di fronte a una costruzione in tre parti unite scoperta di nuove, non supposte realtà. L’estetica dell a pura e distinte : una forte protuberanza a becco d’uccello, una contemplazio quì diventa coinvolgimento e rapimento, anche parte mediana a teschio con due impressionanti cavità non voluto, per un viaggio iniziatico con tutte le gioie e i rischi ooculari e una terza tutta a grattuggia scalare , che che esso comporta. corrisponde alla fronte e all’inizio della calotta cranica e porta Il colore e le incisioni del legno che si aggiun gono non sono verso l’alto chi sa dove. La seconda consta anche di tre parti , mai casuali o puramente decoratvi , ma hanno sempre un ma più astratte , con un piatto concavo del volto , su cui significato : il bianco del caolino per esempio è sempre aggetta il naso a cono che campeggia anche sul resto del volto simbolo di spiritualità, purezza e perfino lutto. Si vedano le astratto con larghe aperture triangolari ; sotto di questo il maschere Ibo tutte bianche per indicare spirituale bellezza e muso-‐bocca anch’esso astratto di tre tavolette ad angolo miste di triangoli e semilune bianchi, marrone e neri. Essi non retto aperto come una scatola e dietro un piattello parcellano solo armoniosamente e geometricamente la semicircolare che dovrebbe essere il retro del capo. E’ la più superficie, ma vanno letti simbolicamente come una mappa astratta e architettonica di tutte le maschere della collezone . in nuce della ideologia o mitologia e e della funzione della La più intrigante invece e per riduzione intelligente 87
semplificazione del volto è una maschera Kuba, l’unica che io Non solo il volto era presentato nelle maschere. Qualche conosca di questo tipo. Della in genere ornatissima superficie è maschera Makonde della Tanzania al suo posto presenta un rimasto solo il legno e la calotta con cercine di rafia che busto femminile -‐ a volte maschile-‐ con molta varietà di forme scende anche sul retro del collo altrettanto spoglia , di colore delle mammelle . Io ho preferito averne una con seni giovanili marrone scuro, mentre tutta la parte lignea è di colore nero. a punta. Questa tipologia è ben lontana dall’altra pure Sembra che un asceta abbia voluto spogliaarsi d’ogni Makonde con fra le labbra il piattello di legno che le povere mondanità per ridursi all’osso dell apura struttura.Il volto che donne deformate portavano. A penetrare la complessa alla prima impressione sembra normale a un più attento bellezza delle maschere bastano i due occhi o bisogna averne esame risulta del tutto privo di naso e orecchi, con due fessure di più come la maschera Grebo della Libeia che ne ha quatto orizzontali come occhi alla cinese e una bocca anch’essa una e, come se non bastassero, un forte becco cercatore di fessura orizzontale leggermente obliqua. Eppure così ridotto uccello ? Già l’arte dello Zen voleva aprire in noi il terzo occhio, quel volto è più armonioso e parlante che mai. cioè l a c onoscenza i ntuitiva con il subconscio e la presa di Del Congo, c osì ben trappresentato con numerose maschere coscienza del buddismo in ciascuno di noi. A prescindre dal Pende, Songhié eccetera, mi piace isolare il gruppo Lega e buddismo, la connessione intuitiva col subconscio permette quello Ciokwé. Del primo è la riduzione della forma del volto a la calata in zone di altra dimensione. Si è spesso nei tempi cuore tutto interiorizzato sotto la spiritualità bianca del caolino moderni parlato di una terza dimensione . Quì c’è una terza, che impressiona con l’abilità non comune di ciascuno scultore una quarta, unaquinta eccetera dimensione, cioè si è dentro e di sapere variare il dato fondamentale. Il grande artista è così fuori qualsiasi dimensione. colui che opera miracoli di bellezza con pochissimi mezzi. L’acquisto d i o gni mia maschera è la scoperta e la conquista di Nelle maschere Pwo dei Ciokwé la bellezza da interiore un nuovo territorio, la cui esplorazione arricchisce la vita diventa esteriore e la venustà della bella ragazza può contare interiore del fortunato possessore in preda a una sete su ricche capigliature volti di un’attrazione giovanile fuori del inestinguibile di sempre nuove ricchezze. Il vero collezionista comune . Non manca qualhe esemplare che presenta il non è un ac cumulatore, ma un infaticabile eslporatore. Costui rovescio della medaglia, rappresentando la ragazza morta. Così deve avere la concretezza di una solida e b en strutturata agli iniziandi nella mukanda erano rappresentati gli aspetti personalità , la cui forza di tanto in tanto s’impenna fondamentali vita, col mistero dell’attrazione giovanile e della all’improvviso e prende il volo verso eteree, dove più che fine di questa nella morte. l’umana conoscenza regna la balenante rivelazione , come 88
suggerito da una maschera gomintogo Dogon di cervide , in cui talvolta appaiono sotto le forme di un vero ritratto , come in l’edificio architettonico del volto in basso è,più che coronato, una maschera di capo Pende dalla sontuosa capigliatura a « involato » da due ali bianche , che sono più che corna. Al quattro corna, dalla fronte bombata e e da guance incise da signifiato principale spesso con piccole aggiunte si uniscono profonde scarificazioni. significati secondari correlati. Così la sopra descritta maschera Perché per far rivivere una civiltà in gran parte scomparsa mi Kuba ha un piccolo pendaglio, un frutto. Li chiamiamo feticci sono di preferenza servito, almeno numericamene, delle anche nella statuaria e forse sono piccole cariche magiche o maschere? La maschera nella sua immediatezza e complessità altro. In una maschera Ciokwé Pwo dagli orecchi pendono due si presta bene a rappresentare quella civiltà. Se si scorrono le piccole sculture di legno, di cui una rappresenta la maschera foto d’epoca , si constata con mano che quella civiltà è ormai maschile Chihongo, portata così a spasso dalla danzareice. per n oi p erduta. Restano le opere d’arte per la civiltà africana Lo scultore a volte preferisce servirsi di oggetti reali , invese di come per tante altre . Fermare il tempo. Basta l’arte a farlo ? farli, come in una maschera Suku, dove l’antilope che corona la In parte, ma pur portando il lutto per quella sparizione, la vita maschera porta due piccole corna prelevate da un’antilope va oltre e bisogna che alla tristezza succeda o ameno si nana ed è da queste corna che si può con certezza identificare accompagni la gioia. Così è con gioia e riconoscenza che io l’anumale che per il resto poteva sembrare una scimmia. E per passo e ripasso di maschera in mashera, di scultura in scultura. una mascherina passaporto Dan lo scultore si è servito per i Non è che io voglia da questo esercizio tirar fuori un denti di due piccoli pezzi di legno estraibili , mentre in un’altra insegnamento, o per lo meno solo un insegnamento. Voglio maschera We l’artista è ricorso a a denti umani veri e a « rivivere » quell’arte e in essa tutta una civiltà. Presunzione ? zanne di animale. Al l imite forse. Ma senza presunzioni la vita è piatta, vuota, Gli Ekoi della Nigeria per le creste delle loro maschere n di certamente non ricca. Locupletato, quindi ? Spero solo di ben guerrieri e cacciatori di teste si servivano di teschi autentici gestire questa ricchezza, generosamente comunicandola agli ricoperti di pelle e e cuoio con capelli veri. Nei due esmplari altri. E’ quello che sto facendo con queste memorie. Scrivere della collezione i crani sono sostituiti da anime di legno , delle memorie sembra un atto presuntuoso , ma, se è utile coperte di pelle di antilope. L’una ha un ciuffo di capelli veri, anche ad altri, la presunzione è più che scusabile. l’altra capelli di peli di scimmia ed occhi di piombo. Non per Arrivato quasi alla fine di queste memorie sull’arte africana, è questo l’apparizione è meno terrificante, anche se meno forse interessante parlare di qualche etnologo di fama che ho repellente e morbosa. Gli spiriti, dunque, ci parlano anche se frequentato. Accennerò a Marie Louise Bastin. Benché 89
s’interessase anche di altre etnie, , scrivendo addirittura una La Bastin aveva passato vari mesi in Angola, conosceva la Storia dell’arte africana nel 1960, il suo settore di lingua locale , aveva incontrato artisti e capi Ciokwé, nonché specializzazione era l’arte Ciokwé, di cui era considerata etnologi portoghesi, studiando in loco le opere del museo di l’esperta a livello internazionale dopo i due volumi Art Dundo e poi in Portogallo quelle delle varie raccolte nei musei decoratif Tshokwe, pubbicati a Lisbona nel 1961. La conobbi di Lisbona, Oporto, Coimbra eccetera . attraverso il fratello , che in una crisi matrimoniale si distraeva Mentre mettevo in discussione il parere di tanti conoscitori, con lavori di falegnameria e col commercio di arte africana. non lo feci mai con quello della Bastin. Fu anzi già nel primo Nel 1966 nel suo cosiddetto laboratorio vidi la grande incontro che la sua reazione negativa sul grande Dogon di maschera sputafuoco Senufo che il negro Saury vi aveva Moelet mi convinse che dovevo sbarazzarmi di quel falso. La temporaneamente depositato e la comprai. All’acquisto fui Bastin meritava di più di quei riconoscumenti che pure ebbe , anche indotto dal parere favorevole dell’amatore mercante e fra cui la cattedra all’Université libre di Bruxelles e questo falegname. La Bastin viveva in un appartamento vicino quasi dall’inizio. Il museo di Tervuren non fu molto tenero con all’antenna della televisione belga sepolta dai libri e lei che definiva il personale dirigente di « paniere di granchi ». confortata dall’onnipresente bottiglia di vino, che si versava di Il direttore Maesen aveva preferito come sua assistente la Van tanto in tanto per cui, anche perché parlava lentamente e Geluwe alla Bastin , questione di natiche, si mormorava. quasi con fatica, si sospettava fosse mezzo sbronza. Questa Comunque sia, restano le sue opere a testimonarne la sua addizione fu incrementata quando qualche anno dopo grandezza. L’altro etnologo da me frequentato fu François sposò Antonio, un portoghese che vicino a Place Stéphanie Neyt, benedettino. Si era imposto all’attenzione di tutti con aveva un piccolo locale dove unico a Bruxelles vendeva libri una monografia, La grande statuaire Hemba du Zaire del 1977. sull’arte e sulla civiltà africana. Furono buoni compagni di Dopo decenni in cui si era affermato che la grande statuaria bottiglia e poi si trasferirono a Oporto , dove la Bastin passò gli Luba era esaurita, negli anni settanta all’improvviso ultimi anni e morì, lasciando il suo archivio all’università di cominciarono a venir fuori una dopo l’altra diecine e diecine di Coimbra. A Bruxelles ebbi modo d’invitare Marie Louise e poi grandi statue di antenati che il Neyt insieme all’allora anche Antonio e talvolta fui ospite alla loro tavola nel loro confratello D e S trycker q ualificarono di Hemba, gruppo a sé appartamento. Consultai la Bastin per vari acquisti e da lei della grande famiglia Luba. Il Neyt era stato sul terreno e vi sollecitai una expertise su una maschera uccello Ciokwé, che sarebbe tornato per cui gli fu possibile distinguere all’interno poi insieme a Mangiò vendemmo a Monzino. degli Hemba varianti di gruppi e individuarne perfino 90
botteghe e qualche artista . Grazie alla ricchezza della Congo » al museo del Quai Branly nel 2010. documentazione fotografica e a un suo metodo di misurzione Anche gli etnologi di fama e specialisti di un’etnia, pur se sono ogni antenato ebbe il suo posto e la grandezza e bellezza di stati per un certo tempo sul terreno, devono guardarsi dal quegli antenati fu apprezzata da musei e collrzionisti. Fra i pretendere di tutto sapere e possono incorrere in sbagli , raccoglitori in loco si distinsero i Christiaens padre e figlio e come ho potuto costatare col « papa » dei Lega, Biebuyck, in alcuni mercanti. Proprio negli anni settanta io stavo costruedo occasione di una mostra sui Lega alla Kredit Bank di Bruxelles. la casa di Tervuren e i mezzi finanziari per l(acquisto di di Non bisogna pretendere di aver visto e studiato tutto in loco. sculture africane erano ridotte più del solito, motivo per cui Ci sono sempre settori, fenomeni e e tipi di opere che non si dovetti contentarmi di ammirare gli antenati Hemba senza conoscono. Così con sicumera Biebuyik mi affermò che non poter pensare di acquistarne uno. Comprai, quindi opere esistevano maschere Lega autantiche dalla superficie nera, minori, Kabeja, feticci eccetera. Ma la partita era solo così come tardivi erano i copricapo co grosse conchiglie. . rimandata e nel gennaio 1988 solamente comprai un Nella stessa mostra dopo tali affermazioni non si peritò di bellissimo antenato Hemba. , gruppo Niembo del Nord. esporre u na m aschera n era e u n c opricapo c on conchiglione. Il padre Neyt l’ho avuto varie volte a cena accompagnato da Ma provenivano dal museo di Tervuren e allora… addio una cosiddetta segretaria. Considerava i peccati della carne ostracismo. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Luc de poca cosa e polemizzava con S. Alfonso dei Liguori, rigido Heusch in un colloquio sull’arte africana al museo di Tervuren moralista , quello dei novissimi, morte, giudizio, inferno si scagliò con veemenza contro coloro chee avevano eccetera. L’ho visitato anche nel suo convento di Saint André sacccheggiato l’Africa asportandone le opere d’arte : nei pressi di Louvain-‐la neuve, dove è stato professore bisognava lasciar tutto agli africani. E il brav’uomo e apostolo nell’Università cattolica francofona. Gtazie a lui e con lui ho in ritardo si dimenticava ch’era stato proprio lui a fotografare e visitato il collegio gesuita di Heverle con relativo museo di sottrarre un celebre gruppo di statue Boyo. Oltretutto nel opere dell’arte Pende, donate poi al museo di Tervuren. . pubblicare le foto si era servito dello pseudonimo Luc Zangrie. Il padre Neyt si è occupato anche dell’arte del fiume Benue in Si può qui forse accennare al problema della cosiddetta Nigeria, pur riservando la sua attenzione allo Zaire come spoliazione dell’Africa da parte degli occidentali anche nel dimostrano Arts traditionnels et histoire au Zairee tanti altri campo artistico. Cosa propongono i difensori della resi « L’arte saggi in altre opere. Memorabile, oltre la sua monografia sui africana agli africani » ? In realtà niente di valido. Come disse Songhié, qualche mostra da lui organizzata, come « Fleuve un noto politico e scrittore africano, Baugny : » L’Africa èstata 91
colonizzata perché era colonizzabile. » L’Africa è stata spoliata perché spoliabile. La storia non si ferma con le buone intenzioni. Certo, il colonialismo ha avcuto i suoi torti , ma anche i suoi meriti. Senza esagerare si può dire che l’occidente ha salvato l’arte africana. Certo, si è assistito a strani fenomeni. Così quando nel 1913 il pittore Magnelli compra a Marsiglia da un marinaio appena sbarcato la sua bellissima maschera Punu, la paga solo tre lire e trova quel prezzo perfino eccessivo. Oggi la maschera in questione vale milioni. Ma tale apprezzamento è dovuto solo al fatto che un occidentale ha saputo per tempo mettere la mano su quel capolavoro, che se fosse rimasto in Africa con l’inevitabile cambiamento sarebbe rimasto un un angolo a a nutrire le termiti. Né gli africani di oggi sarebbero più intelligenti o pietosi delle termiti. Quando subito dopo l’indipendenza il museo di Tervuren restituì alcune sculture alle autorità congolesi, costoro invece di destinarle al museo di Kinshasa,, si affrettarono a vendersele, tra l’altro a collezionisti americani come i Ginsberg, che acquistarono una bellissima statua Bena Lulua. Il saccheggio di musei africani, messi su da europei, da parte di privati e politici africani corrotti si verficò anche altrove, per lo più in Nigeria. Il museo è una istituzione occidentale, agli africani la cosa è del tutto estranea, né si possono considerare musei i tesori di alcune corti , come quelli di certi re del Camerun. Diverso è il discorso prg li scavi clandestini, organizzati su larga scala in Africa negli ultimi decenni. Si doveva fare akmeno
diversamente per salvare , specie con la stratigrafia, la storia e il significato di quei reperti. Ma, a prescindere dalle autorità locali, , complici di tali scavi clandestini anche per motivi religiosi, essendo come in alcune regioni mussulmani, niente è stato fatto, né da istituzionicome l’Unesco, né da università e archeologi occidentali. Così più di due millenni di storia africana sono stati distrutti o amputati. Io per decenni mi sono rifiutato di comprare terrecotte di scavo africane e solo ultimamente, avendo costatato che il mio atteggiamento di don Chisciotte non serviva a niente, ho comprato una testa Nok parecchio misteriosa, avendo sul capo le braccia cariche di bracciali che scendono da ambedue le parti del volto : sono quelle in scala ridotta del personaggio o di altra persona e allora di chi ? Come avevo conosciuto i Ginsberg? Alcuni collezionisti americano solevano fare il giro d’Europa visitandomusei, mercanti e collezionisti. Varie volte, visitando Bruxelles, erano venuti anche a vedere la mia collezione. Venni così a sapere che il museo privato di arte africana di Newyork organizzava degli analoghi viaggi negli Stati Uniti con possibilità di visitare musei e collezionisti americani. Quindi nel 1993 stemmo una quindicina di giorni a Newyork e sotto la guida della signora Ginberg visitammo musei come quello di Brooklin e una dozzina di collezionisti in città e nei dintorni. Potemmo tra l’altro costatare gli ottimi rapporti che correvano tra istituzioni pubbliche e privati negli USA, dove i tanti musei erano dovuti a l mecenatismo di collezionisti privati, cosa impensabile in Europa, dove i musei 92
avevano un rapporto di diffidenza e spesso di aperta inimicizia due compari e, parlando del più e del meno, passavano le con collezionisti privati e mercanti, trattati spesso come ladri. statuette a fricane l ungo i l n aso s udato p erché il sudore E’ tempo di concludere e lo farò parlando dei miei rapporti con contribuiva a rendere più lucida la patina nera delle sculture. l’antiquario di mia preferenza, Pierre Dartevelle. E’ difficile se Non era raro che Pierre si mettesse anche il dito nel naso da non impossibile parlare di amicizia con un mercante Il bravo selvaggio appena tornato dai lunghi viaggi ne Congo. rapporto è fondamentalmente economico e dove ci sono di Benché lui e il socio avessro viaggiato pure in altri paesi mezzo i soldi , l’amicizia se ne va a farsi fottere. Necessaria africani, Pierre a quell’epoca si era riservato il Congo, lasciando però è la stima, che deve essere reciproca. La stima in tal caso il Camerun a Wols, che oltretutto aveva perso la giovane suppone la competenza e la correttezza. Se così è, col passare moglie prprio nel Congo. L’altro ex socio, Bronsin, avrebbe del tempo la stima può trasformarsi in simpatia. Di più non è anche nei decenni successivi fatto numerosi viaggi nel dato. Con Pierre c’è stima, basata su competenza e corretezza Camerun. Del Congo, dove Pierre era stato col padre Edmond, e c’è simpatia. Questo ha fatto sì che dal primo acquisto nel ricercatore scientifico presso il museo di Tervuren, già da 1974 , un personaggio colonnare Basikasingo con fortissima bambino Pierre aveva potuto assimilare molti usi e costumi e testa, gli acquisti presso di lui si siano succeduti senza succhiare quasi col latte l’arte africana, di cui il ppadre aveva interruzione per centinaia e centinaia di sculture. raccolto centinaia di oggetti-‐ specie nel Basso Congo-‐ dati poi All’inizio Dartevelle aveva un socio, Wolf, un francese , col al museo di Tervuren ,tenendone comunquue per sé qualcuno, quale poi litigherà, come aveva prima litigato con l’altro socio, passato in seguito al figlio, come la celebre maternità Bronsin. Pierre era un lupo solitario che poteva mal eburnea. Così Pierre era diventato per eccellezza l’esperto sopportare la società con altri. Recitando sempre la prima dell’arte congolese, come tale internazionammente parte, col tempo eliminava i personaggi secondari , da cui si riconosciuto. . Con l’arrivo di Mobutu al potere i viaggi di riteneva sfruttato Il secondo acquisto avvenne in sua assenza antiquari nel Cogo cominciarono a essere difficili e pericolosi. con Wolf : una bella mashera femminile Bamoun. La galleria C’era una lista nera e su di essa figurava anche Pierre. Il museo nell’Impasse Saint-‐Jacques al Sablon consisteva in un di Tervuren aveva collaborato a inserirvelo. All’epoca pianterreno, dove lavorava un falegname, che riparava mobili dell’uscita degli antenati Hemba il museo che non ne d’epoca che in quel tempo Dartevelle vendeva come pure possedeva aveva ricattato Pierre con la promessa di non vetri Art nouveau e déco, e in un primo piano raggiungibile denunziarlo ai congolesi se avesse offerto un antenato Hemba attraverso una scaletta squinternata micidiale. Qui sedevano i al museo. Avuto l’antenato in dono, il museo denunziò lo 93
stesso Pierre alle autorità congolesi. L’interdizione di viaggiare rete passava ore intere davanti al computer per scovare le in Congo fu comunque raggirata, scegiendo Kigali nel Ruanda opere offerte alla vendita. Naturalmente delle tre tappe l’una alla frontiera col Congo, dove gl’intermediari congolesi si non escludeva l’altra e Pierre passava con indifferenza dall’una recavano indisturbati portando la merce proibita. In un terzo all’altra a caccia di oggetti di cui la sua galleria nn difettava tempo si rinunziò anche a questi viaggi nel Ruanda e mai. Olttre che la vendita nella galleria, Pierre partecipava gl’intermediari africani spedivano o portavano personalmente anche alle fiere di antiquariato con un suo stand come la fiera vgli oggetti a Bruxelles e ciò avveniva nonn solo con il Congo, dell’antiquariato a Tour et taxis e Bruneaf a Bruxelles o a ma anche con altri paesi africani , come Nigeria e Mali. Parcours d es m ondes a P arigi. . Ma in genere rispetto ai Pierre riassumeva a modo suo la storia dell’antiquariato concorrenti organizza male i suoi stands e non ha il senso della africano, isolando tre tappe. La prima , quella di Jef per pubblicità Evidentemente ha attri sistemi e le sue vendite esempio , consisteva nel cercare le sculture presso gli ex vanno bene. All’acquisto è molto circospetto, non compra mai coloni in Belgio e presso collezioni di monasteri. Iernader, per se non dopo matura riflessione contrariamente a quel che esempio aveva approfittato della conoscenza di ex coloni faccio io. Ricevuta un’offerta per foto, si documenta e anche amici di suo padre in Congo, per fornirsi di sculture africane. quando dà il suo assenso per l’invio, lascia per vario tempo Esaurita questa fonte, la sua galleria e collezione si avviarono maturare la sua decisione e solo quando i suoi parametri – verso un inevitabile declino. autenticità, q ualità, prezzo-‐ sono riuniti si decide all’acquisto, La seconda tappa fu quella dei viaggi dei mercanti nelle ex tirando sul prezzo fino all’ultimo minuto. Ciò gli permette di colonie alla ricerca di oggetti. La terza tappa, proibiti i viaggi ed essere imbattibile quando a sua volta offre l’oggetto alla esaurite quasi le opere in loco, era quella degli acquisti per vendita. . Non solo collezionisti e musei, ma anche altri vendita di collezioni americane ed europee, frequentando mercanti si forniscono da lui. Pierre è anche collezionista : col assiduamente le grandi vendite all’asta come quelle presso passare degli anni ha messo insieme una collezione di tutto Sotheby e Christies e di preeferenza presso aste minori quasi rispetto con alcuni celebri capolavori, specie del Congo. Sotto semiscolosciute di provincia. Pierre era un furetto sempre in la sua aria un po’ semplice e riservata si nasconde una moto alla ricerca di oggetti dal Belgio alla Francia, all’Olanda, preparazione e un bagaglio non comune di conoscenze. A alla Germania, alla Svizzera, ai paesi scandinavi. Si sarebbe vederlo così come si presenta non avrei mai supposto che recato anche sulla luna se avesse saputo o sospettato che là ci avesse avuto una formazione universitaria e ch’era destinato fosse qualcosa. Con la diffusione di Internet e della vendita via a divenir notaio. Ma evidentemente le sue sirene lo portavano 94
altrove e aveva giovanissimo cominciato a fare l’antiquario, prima di vecchi libri e mobili , che andava a cercare in provincia in Belgio e Francia, ma anche in Spagna. Prima di aprire nel 1967 la sua galleria nell’Impasse Saint-‐Jacques Pierre e compagni avevano esposto al piano superiore di un caffè sulla piazza del Sablon , dove l’incontrai brevemente occupato com’era a dar retta alla folla di di collezionisti e mercanti accorsi da tutte le parti, specie da Parigi , per disputarsi l’acquisto di un’opera nell’impressionanre quantità di sculture del Congo. Poi l’avevo perso di vista e benché Guimiot mi avesse consigliato di frequentare la sua galleria , io giavo a vuoto al Sablon, in cerca di quell’Impasse che non riuscivo a localizzare. Finalmente un giorno varcai quella specie di arco che immetteva nell’Impasse e e quasi in fondo a sinistra entrai in quella che poteva anche essere una galleria. Là trovai Pierre al primo piano che mi presentò spiegando e commentando alcule opere, e feci il primo acquisto. Ma eravamo nel 1974 e chi sa quante occasioni avevo perso. Però mi sarei rifatto abbondantemente in seguito.
L’arte va accostata e frequentata simpateticamente. La simpatia suppone due entità che « sentono » insieme. Nel caso dell’opera d’arte uno dei due può sembare essere morto, ma non lo è : esso parla e con tale potenza che quasi forza l’altro ad ascoltarlo. Quel che dice non sono quisquilie e dipende dalla sensibilità dell’altro per captarne una parte almeno del suo ricco messaggio. Ricchezza da una parte, impotenza dall’altra. A parte i colpi di fulmine, questo scambio amoroso richiede tempo e pazienza. Il sapere ascoltare si acquista solo, col tempo e con la simpatia. Da questo scambio l’ascoltatore esce sempre più ricco. E’ la locupletatio per pulchritudinem . E cosa c’è di più bello nella vita ? Benché ogni opera d’arte abbia più corde al suo arco e sec ondo i tempi e le circostanze possa dire questo o quello, in genere il suo messaggio ha la caratteristica dell’unicità e novità. Saper cogliere l’alfabeto della lingua segreta di ogni opera d’arte. Come diceva Ennio della conoscenza del greco oltre che del latino, si hanno più anime, una per ogni opera d’arte. Di fronte a tante sculture africane siedo in ascolto di un coro di solisti e chi dirige sono io, assistendo a quello spettacolo, in cui ci si traveste, si danza, si canta e si compiono riti Chiudo questo capitolo senza parlare di altri mercanti che incantatori. Gli attori vanno e vengono dal soggiono al giardino conosco o avrei conosciuto un po’ dovunque . Della vecchia e viceversa. C’è un’aria surriscaldata, eppur serena. Ho le guardia alcuni sono scomparsi o hanno vhiuso bottega, della traveggole? Forse. Come ho cantato in una poesia « La nuova non escludo nessuno anche interessante e molto attivo foresta imbalsamata » del mio ultimo libro di poesia « Odori di come Didier Caes. Da decenni la mia sola fonte di acquiso è stelle filanti) » Dartevelle e di questa scelta esclusiva sono soddisfatto. 95
Ora io voglio un mio quadrato di verde / ch »è schermato d’oni parte da altissimi / alberi, dove ruculian colombe / e con prato-‐tappeto tanto morbido / che danzando donne vi girovoltano / tutte nude. Quando la prima avanza, / retrocede la seconda e la terza/ di lato ancheggia. Sono caste ? Forse./ Mostran ritrosevogliose, non mostrano,/ ma la fantasia stramostra e soddisfa/ nel quadrato il reccluso, focosissimo. “ La scena è analogica e honni soit qui mal y pense!
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