Tr a n s i t o r i o provvisorio Te m p o r a n e o effimero LA
NON STANZIALITÀ
N E L L A C O N T E M P O R A N E I TÀ
Tesi di laurea triennale, corso di Progettazione dell’architettura Scuola di Urbanistica Ingegneria delle costruzioni ..
Silvia Angeli
Relatore Massimiliano Zigoi
image : sanaa people view
ab s t rac t
Nell’epoca contemporanea la società si sta orientando verso uno stile di vita sempre meno sedentario, sia per esigenze sociali che economiche. In questo contesto alcuni architetti spingono le loro sperimentazioni verso l’architettura temporanea: flessibile, mobile, economica. Questi tipi di costruzioni vengono interpretate spesso come risposta a dei problemi di sovrappopolazione o di emergenza climatica, o semplicemente come adattamento ad uno stile di vita “nomade” dovuto alle nuove possibilità offerte dalla globalizzazione. Questa tesi affronta l’argomento attraverso l’analisi di casi studio appartenenti a diverse declinazioni della temporalità, definite nella prima parte dell’elaborato come Architettura temporanea, provvisoria, transitoria, effimera; facendo, con questo, riferimento non tanto a tipologie singole, ma a differenti ambiti di progetto. Relazionandosi con questo tipo di architettura i progettisti non possono prescindere dalle implicazioni che derivano dal confrontarsi con strutture non permanenti, implicazioni legate sia alla tradizione, alla cultura del posto, che a nuove dinamiche sociali ed economiche che delineano la società attuale. 3
i n d i ce Abstract
I 11
Temporaneo, Effimero, Provvisorio, Transitorio
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Le origini
47
La capanna e la caverna
II 59
Il caso del Giappone attraverso le Tea House
81
I tubi di carta di Shigeru Ban
93
Elemental, Aravena!
101
Tre case in viaggio
117
L’utopia della Pole Dance
La modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile.
C. Baudelaire
1.1
I
temporaneo provvisorio effimero transitorio
I quattro termini in questione fanno riferimento a una durata di tempo. Un tempo di certo non prolungato, che si scontra con l’idea più radicata di architettura come qualcosa destinato a durare. Oggi, questi quattro termini sono ricorrenti nell’architettura contemporanea. Spesso viene usato il termine temporaneo come sinonimo di flessibile o reversibile, oppure attribuendolo contemporaneamente a un’esposizione artistica e a un’abitazione per rifugiati. Si cercherà qui di specificare e analizzare dei termini distinti riferiti a varie categorie di ciò che può essere temporaneo. Non si parla solo di tipologie diverse, ma di modi di vivere; modi di vivere che rispecchiano sempre più la società moderna. Questa prassi di vivere temporaneo non si identifica con una forma universale, ma piuttosto ingloba in se diversi contesti insieme ad aspetti fondamentali dell’architettura, come l’abitare e la sua forma, o le relazioni tra interno ed esterno.
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TEMPORANEO temporàneo agg. [dal lat. tardo temporaneus «tempestivo, precoce, temporaneo», der. di tempus -pŏris «tempo»]. – Che ha una durata limitata nel tempo 1
La sua durata non è definita; il significato di “temporaneo” non implica necessariamente un determinato periodo, ma è semplicemente la contrapposizione dell’eterno. Per questo può essere considerata come casa temporanea ad esempio un “alloggio stagionale dei lavoratori avventizi”; 2 in altre parole una tipologia alberghiera o unità di alloggio. Il concetto di temporaneo può essere inteso anche come architettura abitata per un lasso di tempo relativamente corto, come nel caso della casa di vacanza o di affitto. Accade spesso durante i grandi eventi che le città si trovino a ospitare un sovrannumero di persone nell’incapacità di costruire strutture alberghiere tradizionali. La soluzione, nel caso dell’Expo di Milano, è stato di pensare ad un progetto di strutture alberghiere temporanee, mobili e trasportabili studiate dal punto di vista dell’efficienza energetica e dell’organizzazione degli spazi interni in ambienti ristretti. Il progetto proposto a degli studenti di architettura è chiamato EXPO POP UP HOTEL, molto più convenienti di un classico albergo, sia per il costo ridotto che per la maggiore privacy. Questa è la nuova mentalità di hotel a basso costo verso il quale si stanno orientando le ricerche architettoniche contemporanee. 11
La temporaneità non è però, in questo caso, solo un fattore di tempo, ma anche di utilizzo. L’importanza di questi manufatti non è infatti tanto quella di rispondere al deficit momentaneo di posti letto, ma di essere riciclabili e riutilizzabili per scopi differenti da quello iniziale. Il progetto POP UP infatti, prevede il riposizionamento delle strutture (che erano prima sparse per la città durante i sei mesi dell’Expo) e la conversione dell’uso in residenze per studenti fino al termine del loro ciclo di vita. Le residenze per studenti Molto comune è l’uso temporaneo di residenze da parte degli studenti, determinando un particolare rapporto tra spazio comune e individuale e polifunzionalità dello spazio. “La Barriguilla” è un esempio di residenze per studenti situato a Malaga di J.Antonio Martinez Lapeña ed Elìas Torres Tur, 3 del 1993. Il campus presenta mini-alloggi indipendenti distribuiti su edifici multipiano su tre livelli che usano come modello tessuti residenziali a bassa densità, pensati in modo che nel periodo estivo potessero essere utilizzati da pensionati. In pianta ogni piano risulta suddiviso in tre parti in modo da creare combinazioni di appartamenti più o meno spaziosi, inoltre l’edificio dispone di vani di servizio dove gli studenti possono riporre i loro oggetti nel periodo estivo. Un altro esempio è il Collegio Mayor S. Tomàs de Aquino, costruito tra il 1953 e il 1957 a Madrid. La peculiarità del progetto è la sostituzione del classico corridoio di distribuzione, solitamente molto rumoroso, con un sistema di ballatoi esterni, da cui hanno accesso tutte le abitazioni in modo indipendente. La privacy è assicurata non solo da questo sistema, ma anche dalla rotazione 12
a 45 gradi di tutti gli alloggi, in modo da garantire un ingresso quanto più privato. Dal momento che gran parte della vita si svolge negli spazi comuni, gli interni sono molto ridotti e condividono, a due a due, uno stesso blocco doccia-wc. Sleepsculpture Altra soluzione innovativa, senza ricorrere all’uso della prefabbricazione, potrebbe essere semplicemente una scultura assemblabile: Sleepsculpture for 24 persons è un kit fai-da-te realizzato nel 2006-2009 dall’ artista olandese Daan Den Houter. 4 La forma finale della scultura è determinata dalla situazione e dal numero di persone che ci dormiranno. La camposizione dei posti letto è infatti adattabile alla dimensione disponibile del sito e differentemente assemblabile.
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La virtu di non essere reperibile Il lago ghiacciato di MØsvatn in Norvegia è frequentato da molti pescatori che desiderano staccare dalla vita di ogni giorno per avere un contatto con la natura. Questo piccolo rifugio è costruito nella e con la natura, grazie ad una struttura di legno trasportabile e montabile anche da una sola persona in pochi minuti. L’interno delle cornici che la struttura crea vengono riempite da lastre di ghiaccio che riparano dal vento durante la pesca. Data la non convenienza sia economica che paesaggistica di edificare un albergo in questa zona, lo studio Gartnerfuglen Arkitekter 5 ha dato la possibilità a molte persone di trascorrere una giornata, ed eventualmente una notte, in un rifugio intimo a contatto solo con la natura circostante. Ma non è solo in inverno che questa struttura può essere utilizzata; grazie ad un sistema di piante rampicanti infatti, all’interno della gabbia esterna può essere creato un clima temperato nelle giornate più calde.
14
15
Pagina precedente: Gar tenfuglen Arkitekter Hut Su questa pagina: Daan Den Houter, Sleepsculpture for 24 persons 2006-2009
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EFFIMERO effìmero (o efìmero) agg. [dal lat. tardo ephemĕrus, gr. μερος, comp. di π «sopra» e μρα «giorno»]. – 1. a. Che dura un solo giorno: febbre effimero [...] Per estens., che ha breve durata: fama, gloria, grandezza effimero; illusioni, speranze effimero; neologismi effimero; le ricchezze materiali sono effimere. 1
L’architettura dell’effimero è quella che deve durare poco tempo, deperibile, precaria. Come asserisce Tadao Ando, il “deteriorarsi” è caratteristica dell’edificio. 6 Pur essendo generalmente costituite da materiali precari questo genere di architetture è di grande interesse dal punto di vista delle sperimentazioni innovative. Le architetture effimere sono infatti quelle riconducibili alle esposizioni; padiglioni, grandi eventi, scenografie, opere d’arte. L’Architetto che da vita a un’architettura effimera ha la rara possibilità di svincolarsi dalle regole canoniche della costruzione e dalle imposizioni statiche; riesce grazie a questo a liberarsi dalle tradizioni e a sperimentare il nuovo. Artista-Architetto risulta infatti una denominazione più valida del solo Architetto, avendo effettivamente la possibilità di creare dei manufatti analoghi a istallazioni artistiche. Grazie a questa flessibilità, l’effimero oltre a poter diventare un nuovo modello del vivere, riesce a fondere l’architettura con altri campi economici e sociali che spingono verso il futuro. Nel 1930 alla quarta Triennale di Monza venne esposta la “Casa elettrica” di Figini e Pollini 7 che curarono oltre 17
al progetto generale anche l’applicazione di apparecchiature elettriche, mentre l’arredamento fu seguito da Libera e Frette. La parete del soggiorno era a doppio vetro contenente delle piante grasse; fungeva da filtro tra interno ed esterno, affacciandosi sul lago. Il tema del rapporto tra spazio interno ed esterno (interfaccia), comincia ad interessare gli architetti a partire dal Movimento Moderno e in seguito si aggiunge alle sperimentazioni sulle facciate di vetro. Grazie all’inserimento della luce elettrica in questo padiglione, il rapporto interno-esterno venne arricchito dando la possibilità di invertire luce e buio tra dentro e fuori durante la notte e il giorno (giorno-esterno luce naturale/ notteinterno luce artificiale). L’architettura effimera ha spesso l’obiettivo di dimostrare la creatività stessa di chi la progetta. E’ in questo contesto che gli architetti possono sperimentare forme e colori che sarebbe impossibile proporre se non per costruzioni destinate a durare al massimo pochi mesi, e quindi decontestualizzabili. Ne è un esempio l’idea di Julia PeytonJones, direttrice della Serpentine Gallery a Kensington Gardens, Londra, che affidò ogni anno la costruzione di un padiglione ad un architetto di fama internazionale che non aveva ancora costruito nel Regno Unito. Pur non essendo adatte ad edifici permanenti, le forme esuberanti che trovarono spazio nei Kensington Gardens attirarono circa 200.000 persone in tre mesi. Il fatto che queste architetture siano spesso stravaganti non significa in ogni caso che siano completamente decontestualizzate. L’atelier Bow-Wow di Tokyo realizzò un’istallazione nel 2010 accanto al Museo Nazionale di Arte 18
Moderna di Yoshiro Taniguchi, un edificio austero e imponente che grazie alla leggerezza del bamboo del quale è costituito il padiglione, alleggerisce l’atmosfera del luogo, seppur non intaccandone la dignità .
Atelier Bow-Wow, Rendez vous 2010
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PROVVISORIO provvisòrio agg. [dal fr. provisoire, e questo dal lat. mediev. provisorius, der. di provisus, part. pass. di providere: v. provvedere]. – 1. Che è eletto, emanato o affidato con il compito di provvedere temporaneamente alle necessità urgenti 1
Il termine provvisorio viene generalmente attribuito ad un diverso concetto di permanenza rispetto a temporaneo; al contrario di quest’ultimo non si riferisce ad una struttura normalmente fissa utilizzata per brevi periodi di tempo, ma è attribuito ad un qualcosa che “provveda” ad uno specifico bisogno improvviso e momentaneo. E’ questo il caso delle abitazioni di emergenza realizzate in seguito a calamità naturali intese ad anticipare costruzioni definitive; o conseguenti alla crescita non controllata di una città per la quale non sono state predisposte le necessarie misure di urbanizzazione. In tutte le declinazioni di questa tipologia, le strutture risultano ad ogni modo un “supporto alternativo occasionale” , 8 le quali solitamente non implicano un’uniformazione al carattere del luogo nel quale vengono collocate. Le costruzioni provvisorie rivelano una prerogativa socialmente rilevante, nel momento in cui la loro creazione restituisca in una certa misura dignità alle popolazioni per le quali vengono predisposte. Il transitional shelter deve infatti recare uno spazio abitabile sicuro e sano che possa rispettare la privacy di chi lo abita e che, una volta dismesso, possa essere riutilizzato nella 20
lunga durata o disassemblato in modo da poterne ricavare materiale utilizzabile per la costruzione dei nuovi alloggi. 9 Purtroppo tutto questo non sempre accade. Risulta spesso complesso l’utilizzo di tipologie abitative provvisorie; manca infatti quasi totalmente una disciplina giuridico-normativa adeguata in materia. In particolare ad oggi, in Italia, è reso molto difficoltoso l’iter di approvazione per la costruzione di tali alloggi, destinati ad essere sfruttati per un periodo che va dai 3 ai 5 anni (anche se spesso il periodo viene prolungato oltre la normativa consentita). La domanda alla quale le ricerche sull’abitazione d’emergenza tendono a fare fronte, riguardano in particolare il significato primo di casa e di come poterlo trasferire in un container, roulotte, o qualsiasi tipo di rifugio si scelga di costruire. Quali siano le condizioni di vita da perseguire risulta attualmente un campo di ricerca molto dibattuto, considerando inoltre la volontà di preservare il territorio. C’è quindi una forte volontà di definire degli standard minimi da applicare in casi di emergenza. Si parla di standard sia “qualitativi” che “quantitativi”; i primi legati alle dimensioni minime effettive e i secondi a fattori acustici, termo igrometrici e alla durabilità ed economicità dei materiali. Di particolare rilevanza è la necessità è di stabilire una sorta di equilibrio tra economicità e facilità di assemblaggio, con un livello di comfort accettabile per un’abitazione destinata ad essere dismessa nell’arco di 5 anni. Sulla vivibilità degli spazi vanno ad influire inevitabilmente fattori di tipo ambientale e culturale; non è infatti possibile prescindere da fattori climatici (ad esempio a quali temperature è necessario far fronte), come non è possibile non prevedere una certa riorganizzazione della vita sociale del 21
contesto in questione. Una scelta valida è infatti quella di tentare di mantenere le popolazioni più vicine possibili al loro territorio, per quanto risulti possibile. Questo permette di non scomporre il gruppo originario e di incentivare la ricostruzione all’interno del territorio danneggiato attraverso la monitorizzazione dello stesso. Molti architetti hanno lavorato all’interno di questo contesto attraverso l’utilizzo di materiali generalmente di riuso e soprattutto disponibili nell’immediato. Le abitazioni provvisorie sono anche spesso chiamate a risolvere problemi di sovraffollamento, oltre a provvedere a situazioni di emergenza, soprattutto nel caso in cui la situazione emergenziale si crei in un centro urbano medio-grande. Come scriveva Le Corbusier negli anni Trenta “La città deve crescere in modo degno” , 1 cosa che non sempre avviene in un contesto fortemente urbanizzato nel quale si verifica un’improvvisa necessità di sistemi residenziali. Diverso è il caso in cui la catastrofe si verifichi in un centro minore e con quindi una maggiore disponibilità di territorio. In questo caso le soluzioni puntano molto su principi insediativi a bassa densità: grazie al potenziale sfruttamento della mano d’opera degli stessi interessati, le soluzioni si concentrano in particolar modo su sistemi abitativi mono-piano. Un’altra fondamentale fase da tenere in considerazione è la dismissione di questi manufatti una volta trascorso il periodo provvisorio. Generalmente i sistemi provvisori sono totalmente reversibili, vale a dire che dovrebbero lasciare il territorio immutato al momento del loro disassemblaggio.
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Al fine di garantire un impatto ambientale minimo (grazie ad accorgimenti come l’assemblaggio a secco) in condizioni straordinarie come quelle di una catastrofe naturale, si preferisce non adempiere agli accorgimenti di pianificazione urbanistici ordinari e comunque di non interferire in alcun modo con il futuro assetto delle città. Questa prerogativa presenta da un lato dei vantaggi nel momento in cui, ad esempio, si sia proceduto alla ricostruzione e si voglia riciclare i materiali costruttivi; d’altra parte quando questo non avviene in tempi rapidi e le case temporanee vengono sfruttate per un periodo maggiore dei cinque anni, la situazione che si crea in questa sorta di villaggi può diventare difficilmente vivibile dalla popolazione. In alcuni casi in cui le abitazioni temporanee sono costruite con moduli prefabbricati movibili all’interno della città, si può decidere di optare per una nuova locazione di questi manufatti.
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TRANSITORIO transitòrio agg. [dal lat. transitorius, der. di transire «passare» (supino transĭtum)]. – 1. Che passa o è destinato a passare, a cessare, quindi non durevole, limitato nel tempo, provvisorio. Spesso riferito alle condizioni, agli accadimenti, ai beni di questo mondo in contrapp. a ciò che è eterno. 2. quelli che disciplinano la fase di passaggio tra la legislazione precedente e quella nuova, in cui sono normalmente incluse (e che costituiscono il diritto transitorio). 3. In fisica e nella tecnica, in senso generico, fenomeno t., quello relativo al passaggio di un sistema da un regime a un altro; come s. m., uno stato temporaneo di un sistema elettrico dovuto a improvvise variazioni di condizioni: in partic., un’oscillazione elettrica che avviene in un circuito a causa di un cambiamento nel voltaggio o nel carico. 1
Ciò che definisce un’abitazione transitoria non è una conformazione tipologica o spaziale, né ha a che fare con la scelta di materiali particolari; il termine si riferisce invece al passaggio da un sistema all’altro. E’ la transitorietà dell’abitare ad essere protagonista, un sistema in movimento verso un nuovo modo di vivere che si adatta progressivamente ai nuovi tempi in cui la casa è collocata. La prima definizione di casa transitoria risale agli anni ‘30 e ‘40 durante gli studi sovietici e lecorbuseriani sugli alloggi funzionali al massimo risparmio per lavoratori. I primi studi furono portati avanti dal gruppo di Moisej Ja Ginzburg10 e sintetizzati nel progetto del Narkomfin di Mosca (1928-30). Il tema principale era assicurare 24
Pagina successiva: Le Corbusier, Maison Citrohan 1920 Su questa pagina: M.J.Ginzburg, Narkomfin 1928-1930
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ai lavoratori una casa rispettabile investendo il minimo capitale nel minor tempo possibile; si iniziò così a studiare la tipologia dell’appartamento d’affitto, un luogo dove gli spazi di servizio sono razionalizzati e studiati rispetto alle richieste tecnologiche ed economiche. Il Narkomfin permise alle persone abituate ad un tradizionale stile dell’abitare, ad andare oltre (appunto transeo) e a conformarsi con il nuovo modo di vivere. Coevi sono i progetti di Le Corbusier delle abitazioni transitorie per popolazioni sfollate. Lui stesso le definì “transitorie”, perché erano intese a fungere da mediazione da una situazione di inaspettata povertà, nelle quale le persone erano abituate ad un tenore di vita non più sostenibile; alla moderna società delle innovazioni tecnologiche. Secondo lo storico Giura Longo, esempi di questo tipo di residenza possono essere la casa Citrohan, Monol, e in generale le case di betòn liquide costruibili in pochi giorni. 1 La casa transitoria di Le Corbusier si sviluppa combinando due moduli al fine di ottenere abitazioni da due a otto abitanti, fornite di attrezzature volte a facilitarne la vita quotidiana. Al fine di standardizzare gli interni e ridurre l’impatto economico delle nuove abitazioni, Le Corbusier presentò l’idea dell’eliminazione dei lavori di carpenteria e l’introduzione di “blocchi idrici” standard indipendenti dalla struttura muraria; inoltre suggerì l’uso di mura edificate attraverso l’uso di stampi riempiti di impasti di terra argillosa e paglia.
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Le ricerche di Le Corbusier continuano anche nel progetto Plan Macia per la lottizzazione di Barcellona. Lo scopo era quello di costruire in breve tempo e a basso costo delle abitazioni per alloggiare negli anni ‘30 i contadini provenienti da Murcia e Argon; posizionando davanti ad ogni finestra un albero del quale i proprietari stessi si sarebbero dovuti occupare, il progetto recuperava in parte la condizione originaria dei contadini e ne facilitava il processo di adattamento. Malgrado gli elementi in comune tra il modello sovietico e quello lecorbusierano, quest’ultimo non ha parti modificabili e si delinea sul modello di casa a schiera. D’altra parte in Russia si propone un modello di vita comunitaria con parti modificabili secondo le varie esigenze d’uso. La casa transitoria è quindi sempre in divenire verso uno stile di vita attuale, con alla base il suo sistema originario. Nonostante questa accezione di casa transitoria sia stata data nell’ambito di sperimentazioni legate al Movimento Moderno, l’idea della casa “al passo con i tempi” non è un concetto estraneo alla progettazione contemporanea. A seguito si analizzerà il caso dell’architetto Alejandro Aravena che propone un progetto di “edilizia sociale” in Sud America.
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n o te
1 definizione Temporaneo, Effimero, Provvisorio, Transitorio da dizionario Treccani
2 D.E.A.U.
3 José Antonio Martínez Lapeña (1941) Elías Torres (1944), sono due architetti spagnoli
4 Daan den Houter (1977) è un artista multidisciplinare olandese con base a Rotterdam
5 Studio di architettura composto da tre architetti di Oslo
6 Tironi Giordano, resistere al caos, un colloquio con T.Ando, Casabella num 555, marzo 1989, pp.29-30
7 Luigi Figini (1903 – 1984) e Gino Pollini (1903 – 1991), architetti razionalisti del XX secolo legati da un sodalizio durato più di 50 anni
8 Bennicelli Pasqualis Mariagiulia, Casa temporanee, Strategie innovative per l’emergenza post-terremoto
9 Corsellis e Vitale 2005
10 Moisei Yakovlevich Ginzburg (1892, Minsk – 1946) era un architetto costruttivista sovietico
1.2
I
le origini
Le orme sulla terra ci conducono alla bellezza della forma dell’abitare di un passato dell’uomo. Per i progettisti, e non solo osservatori, il compito non facile ma primario della ricerca, è di congegnarla in ogni forma in cui deve trovare anche l’adattamento temporaneo della vita presente dell’uomo. Il progetto quindi, nell’indagare nuovi modi di abitare, deve consentire di varcare la soglia dell’architettura simile a quella fatta attraversare dai Maestri del Movimento Moderno quando 1 hanno spinto le loro ricerche a dar forma all’abitazione del XX secolo.
Temporaneo, Provvisorio, Effimero e Transitorio nascono sia da un fattore culturale sia da una connessione con il tempo. La temporalità definisce la cultura della società in cui si delinea; la sua valenza, sebbene si parli di oggetti non duraturi, è fortemente percepita dalla popolazione nel momento in cui l’oggetto diventa simbolo, entrando nella coscienza della popolazione. Le origini delle espressioni sopra definite rimandano ad un tempo lontano, ad interventi di modifica periodica della città; costruzioni e scenari indipendenti, connessi ad una forte componente emotiva contrapposta all’alienazione della vita quotidiana. La dimensione della temporalità è quindi quella in cui l’uomo può ricorrere a nuovi schemi sociali.
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E’ intuitivo associare al mondo contemporaneo la tendenza a mutare secondo ritmi sempre più veloci, concepito sempre in modo diverso e sempre più distante dall’idea di stabilità. Anche l’ambiente rispecchia quindi i continui cambiamenti sociali legati all’instabilità dell’uomo moderno, insoddisfatto da ciò che lo circonda. Il continuo cambiamento, oltre a portare nuove mode e gusti, porta soprattutto ad una modificazione dei valori alla base della società. Queste trasformazioni avvengono così rapidamente che spesso l’oggetto effimero, temporaneo, transitorio o provvisorio diventa il mezzo più efficace per esprimerle. Il prodotto di breve durata rimanda alla festa, dall’antica Grecia in poi si sono susseguiti innumerevoli eventi culturali, festività, esposizioni per il quale il carattere temporale ha avuto un forte peso. Durante i giochi di Olimpia ad esempio, oltre alla celebrazione in se, il popolo poteva per una volta evadere dalla realtà e sentirsi unito. I valori legati a questi eventi si rivelano di fondamentale importanza per l’uomo, che da rilievo a se stesso e plasma il mondo secondo le sue esigenze. Senza l’aspetto temporaneo di questi eventi, e gli apparati architettonici che ne derivano, i valori e la consapevolezza sociale sarebbero molto diversi, e così anche l’architettura. Strutture temporanee sono installate nelle piazze, nelle strade e negli edifici di rappresentanza durante i riti religiosi, i cortei, i culti misterici e le rappresentazioni teatrali. Anche il calendario Romano stabilisce delle date in cui celebrare le festività, che assumono sempre un carattere permeante dal punto di vista culturale. Alcune festività durano per giorni, predisponendo all’interno della 33
città delle strutture di diversa natura e funzione che sarebbero state impiegate solo in quella specifica ricorrenza. 2 Grande importanza assumono anche le cerimonie funebri, intese come occasione di spettacolo. 3 Nel mondo feudale del Medioevo viene riscoperta la spiritualità religiosa, promuovendo pellegrinaggi e viaggi che incentivarono la temporalità dell’abitare. Le cerimonie liturgiche sono invece quasi l’unica occasione di svago e vengono spesso collegate con l’uso di apparati effimeri scenografici raffiguranti la vita dei santi. Poco dopo anche le strade e le piazze dei borghi divengono scenario di festeggiamenti pubblici,valorizzati da ornamenti floreali e stendardi; banchetti e tornei richiedono la predisposizione di oggetti che periodicamente fanno cambiare volto alla città. Intanto l’architettura e la scenografia diventano sempre più protagonisti della realizzazione delle opere teatrali, ancora quasi esclusivamente a sfondo sacro. Rilevanti sono anche le cerimonie religiose, momenti che contrappongono la transitorietà della vita all’eternità. Durante il Rinascimento assume una grande importanza la rappresentazione della società mediante l’armonia geometrica degli spazi; in questo contesto la rappresentazione teatrale si sposta dal pubblico alla sfera familiare dei cortili dei palazzi privati, si cominciano ad utilizzare anche scenografie sempre più elaborate, come palcoscenici girevoli e altre invenzioni leonardesche, le rappresentazioni vengono spesso intese anche come esaltazione del potere.
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Anche Palladio fa uso di architetture effimere in occasione dell’ingresso del vescovo Nicolò Ridolfi a Vicenza, trasformando la città. Dal Barocco la città diventa un vero teatro stabile, dove la figura dell’architetto interpreta lo spazio urbano intenzionato a stupire lo spettatore, come anche nel momento della morte, nascono strutture effimere come il Castra Doloris, realizzate in cartapesta e stoffa sulla quale veniva depositato il defunto. La città comincia ad avere bisogno di vuoti, non soltanto utilizzati ai fini dell’esaltazione del potere, ma anche come svago per cittadini. Anche durante il periodo dell’Art Nouveau 4 la temporaneità assume importanza anche attraverso l’oggetto e la decorazione, nei settori di arte, architettura e arredamento; la diffusione internazionale di questo movimento incoraggia la produzione industriale dell’oggetto artistico, costringendolo in questo modo ad avere vita sempre più breve. Il tempo delle esposizioni Il XIX secolo porta con se nuovi ritmi di lavoro basati sulla nascita dell’industria che sta iniziando a rimpiazzare il primato del settore agricolo. Le invenzioni, i nuovi materiali e le nuove energie propri della Rivoluzione industriale posero le basi per l’era del design e delle Esposizioni Universali. 5 In questo modo è possibile venire a conoscenza di culture diverse e di scoprire le nuove frontiere della tecnologia all’interno di un unico spazio. 35
Joseph Paxton, Cr ystal Palace 1851
La prima Esposizione fu quella di Londra nel 1851, con il caso emblematico del Crystal Palace di Joseph Paxton, un edificio che, oltre ad essere fortemente innovativo nell’uso e nell’assemblaggio di nuovi materiali, è un’opera ingegneristica che per la prima volta vuole essere espressione del proprio tempo. Si aprono quindi le porte alla sperimentazione sui nuovi materiali e alle frontiere dell’ingegneria, che permettono di ideare forme architettoniche nuove e complesse. Le Esposizioni continuano, e all’interno di esse viene anche affrontata la questione della casa operaia per risolvere i problemi di fondo all’interno della nuova società; sono numerosi gli edifici temporanei che in questo periodo sono andati incontro a nuove soluzioni e sfide stilistiche. Un esempio è il Weißenhofsiedlung di Stoccarda del 1927, 6 quartiere costruito in occasione dell’esposizione del Deutscher Werkbund 7 per mostrare le innovazioni architettoniche del Movimento Moderno 8 . Il Werkbund espone anche a Colonia, tra i tanti, il padiglione di vetro di Bruno Taut. 9 In queste occasioni è proprio la consapevolezza di progettare un’opera effimera che permette la realizzazione di architetture particolarmente significative, e molto spesso, indicative di nuove tendenze e progressi tecnici raggiunti. Una delle maggiori espressioni di questa tendenza è il Padiglione di Mies Van der Rohe10per l’esposizione di Barcellona del 1929. L’architetto diventa conscio che un padiglione per mostre è un oggetto che deve esistere per un tempo limitato in funzione del pubblico che lo visita. Il padiglione non viene quindi interpretato come un sistema chiuso, ma come insieme di spazi, adatte ad accogliere opere esposte e visitatori. 38
Altri architetti lavorano alle Esposizioni Universali: Aalto nel 1937 a Parigi, Le Corbusier nel 1958 a Bruxelles; Figini, Pollini, Libera, Bottoni, Frette alle Triennali che rappresentano in Italia la migliore occasione di esposizione. L’attenzione si sposta quindi dalle masse e i volumi alle invenzioni continue, alle trasposizioni simboliche, alle nuove tipologie di spazio che fanno da collegamento con la nuova idea di architettura che si sta delineando. Le architetture delle Esposizioni dal carattere effimero, hanno dato maggiore importanza alla funzionalità, ai criteri di esposizione dei prodotti e alla capacità di accogliere visitatori creando un’atmosfera ospitale. I padiglioni dell’Esposizione di Siviglia del 1992 sono strutture che dimostrano un altissimo livello tecnologico, manipolando lo spazio per stupire lo spettatore. Uno tra questi è il padiglione del Venezuela, trasportato integralmente e “spiegato” in un lasso di tempo molto ridotto. Durante questa esposizione l’idea di padiglione perde la sua componente statica, planimetricamente determinata e sfrutta il suo carattere effimero per guardare al futuro e proporre nuove idee.
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“Le caratteristiche essenziali dell’architettura effimera moderna, sono dunque rimaste costanti nel tempo, e ancora oggi sono riconoscibili nella provvisorietà, spettacolarità e libertà formale; e anche se queste architetture sono spesso erroneamente considerate in contrasto con l’architettura permanente, come se volessero in qualche modo dimostrarsi migliori o prenderne il posto, in realtà possono affiancare quelle definitive, completandole o ricevendo da queste impulsi culturali e riferimenti formali che le integrano con l’urbano circostante, pur nella loro autosufficienza di edifici-simbolo”. 11 Il “Teatro del Mondo” di Aldo Rossi, 12 il teatro itinerante di Karaza di Tadao Ando 13 e la tenda per il 700esimo anniversario della Confederazione Elvetica di Mario Botta 14 possono rappresentare un valido esempio di strutture che “agiscono come generatori di quei nuovi eventi che ripristinano l’attualità e la pienezza dell’architettura”. 15
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Pagina successiva: Aldo Rossi, Teatro del mondo, disegni 1980 Su questa pagina: Aldo Rossi, Teatro del mondo 1980
42
n o te
1 Pasquale Culotta, Le orme della temporaneità
2 Alcune delle festività principali: cerimonie Parentali e Lupercali di febbraio per la commemorazione dei defunti, quelle a Marzo per la celebrazione di Marte dio della guerra, festa agricola di aprile, le celebrazioni per Vesta in giugno, quelle per Conso in agosto, giochi in onore di Giove asettembre, giochi plebei di novembre
3 “Quando a Roma muore un uomo illustre è portato con la maggiore solennutà nel Foro” descrizione di Poblio di un funerale romano
4 Movimento artistico e filosofico dei decenni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, ebbe un’influenza a livello internazionale su arti figurative, architettura e arti applicate
5 Nome generico che indica le grandi esposizioni tenutesi fin dalla metà del XIX secolo
6 Quartiere “vetrina” a Stoccarda per le innovazioni proposte dal Movimento moderno
7 Associazione tedesca, fondata a Monaco di Baviera nel 1907 con lo scopo di saldare la cesura tra industria e arti applicate
8 Periodo collocato tra le due guerre mondiali, atto a rinnovare i caratteri della progettazione e i principi dell’architettura, dell’urbanistica e del design improntando la progettazione verso criteri di funzionalità et nuovi concetti estetici.
9 1880 – 1938 è stato un architetto e urbanista tedesco che si legò all’onda del
funzionalismo denza aderire mai completamente ai principi delMovimento Moderno
10 1886 – 1969 è stato un architetto e designer tedesco maestro del Movimento Moderno
11 Podrini Leone, Materiale e Immateriale - l’effimero nell’architettura contemporanea
12 Il Teatro del Mondo è stato inaugurato a Venezia nel 1979 e rappresentava una delle installazioni in occasione della Biennale di Venezia del 1980
13 Costruzione simbolica dentro la cornice delle antiche mura di Castelgrande. La tenda divenne poi nomade in varie regioni della Svizzera, al seguito delle varie celebrazioni
14 Installazione effimera dell’architetto giapponese smontabile e trasportabile
15 Amedeo Belluzzi
1.3
I
la caverna e la capanna
“l’architettura conosce due tipologie fondamentali: la caverna e la capanna. La prima simboleggia il durevole, la costante, è persistente e legata ad un luogo. La seconda è mobile, ha un che di temporaneo ed effimero, e può cambiare continuamente luogo. Nella caverna prende corpo la stabilità, nella capanna la mobilità.” 1
La capanna e la caverna coesistono, descrivendo due atteggiamenti abitativi diversi. Uno cerca di non alterare il contesto in cui si trova, ma di integrarsi e vivere con esso; l’altro che lo piega alle sue esigenze. Entrambi condividono però l’inscindibile rapporto tra spazio e struttura che dà all’architettura la funzione fondamentale di utilizzo da parte dell’uomo. Entrambe rappresentano uno “spazio primario, [...] che risponde ai bisogni degli uomini, elevando le loro aspirazioni per capacità di accogliere e comunicare”. 2 Il luogo d’abitazione non è quindi considerato in termini di struttura o dimensioni, ma di come gli spazi possono ospitare i contenuti dell’abitare. Da questo punto di vista un’abitazione “temporanea” deve avere dei requisiti, ma rappresenta anche una scelta attenta di ciò che può essere considerato spazio abitabile. Lo spazio abitabile secondo Toyo Ito trova spesso un legame con la natura, e come essa si integri al contesto sociale; la casa è vista da Ito come un prolungamento dell’uomo, un luogo flessibile e adattabile che non rappresenta la stanzialità ma il movimento costante dell’uomo e della natura. 46
Una delle sue installazioni è la “casa della donna nomade”, una struttura di pali in acciaio piegati a riprodurre la forma di una tenda, facilmente trasportabile e posizionabile in ogni angolo della città. Il suo interno contiene solamente gli oggetti essenziali alla sopravvivenza dell’uomo: dormire, mangiare, lavarsi. La vita sociale è trasferita al di fuori della tenda, nei luoghi comuni. Anche altri artisti indagano forme achetipiche, ancestrali e primitive. Tra questi gli igloo di Mario Merz, 3 strutture tridimensionali abitabili, costruite nei più diversi materiali; e 4 “Indy Island”, un progetto di Andrea Zittel che indaga i bisogni quotidiani dell’uomo contemporaneo. Ma se in principio la capanna era simbolo di leggerezza insediativa”, oggi le ragioni sono cambiate e si è arrivati a vivere una vita temporanea. Nomadi intellettuali, disastrati, studenti, atleti, girovaghi o turisti, lo spazio rimane una ricerca all’adattamento alla vita dell’uomo. E’ in questo contesto culturale che emerge la figura del nomade, il quale è associato ad un cambiamento delle relazioni tra il singolo, lo spazio dell’abitazione e lo spazio urbano in cui è inserito, legando le nuove forme insediative con il concetto di temporalità.
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Pagina precedente: Mario Merz, Igloo 1968-1969 Su questa pagina: Andrea Zittel, Indy Island 1999
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Questa tendenza ha implicato tra le altre cose un forte aumento di iniziative di accoglienza alternativa e ospitalità low cost durante gli ultimi anni; necessità dettata dal fatto che pur muovendosi, non tutte le categorie di viaggiatori possono permettersi un tradizionale pernottamento di lunga durata. Alla condizione del viaggiatore corrisponde inevitabilmente uno spazio connesso alla temporaneità dell’abitare; lo spazio che il esso abita sono le cabine dei treni, camere d’albergo, case in affitto. Il viaggiatore non è legato a questi luoghi, li tiene ben separati nella sua mente dall’idea più propria di casa. Anche nel mondo dell’arte pittorica ci sono dei riscontri della sempre più marcata tendenza alla vita temporanea, uno fra questi è il pittore statunitense Edward Hopper. 5 Stanza d’albergo è un quadro raffigurante una donna seduta sul letto di una camera, intenta a leggere. Si intuisce che è arrivata da poco, o che se ne stia per andare; le valigie sono chiuse in un angolo della stanza e le scarpe lasciate poco lontano. Come accade spesso nei dipinti di Hopper, non è possibile vedere fuori dalla finestra, questo rende la stanza d’albergo quasi chiusa in se stessa, come se per quel lasso di tempo passato al suo interno, il mondo non esistesse. Secondo Ivo Kranzfelder 6 “Hopper mostra un lato nascosto del moderno. La stanza d’albergo indica in qualche modo mobilità, viaggi, velocità, forme di trasporto moderne”. I quadri dell’artista rappresentano anche il senso di spaesamento dei suoi protagonisti, presenti in diners, motel, scompartimenti di treni; ma sempre, per qualche motivo, lontani da casa. 50
Abitare indica una nuova condizione dell’esistenza umana non più contraddistinta dai luoghi, un tempo intimamente legati agli eventi della storia umana, ma di una condizione di autonomia rispetto a questi. In questo senso si dilata la condizione dell’abitare, la casa non ha più confini ma esiste come prolungamento dell’individuo: “...siamo al centro di un mondo di flussi e di comunicazioni che diventa il centro di una nuova casa ideale che non ha più dimensioni fisiche finite, che non potrà custodire la nostra storia e le nostre memorie, perché queste le porteremo con noi nella mente, nella nostra personale memoria, nei nostri sentimenti, in una condizione di totale autonomia da legami con oggetti e strutture stabili legati ai concetti di confini, di appartenenza, di comunità culturali.” 7
Pagina precedente: Edward Hopper, Stanza d’albergo 1931 Su questa pagina: Archigram, Cushicle, inspired by B. Fuller 1966
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Vito Acconci, Mobile Linear City 1991
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n o te
1 O. M. Ungers, Pensieri sull’architettura, in Oswald Mathias Ungers. Opera completa, 1991 - 1998, Milano 1998, e riportato anche in “Casabella” 657, giugno 1998
2 De Carli Carlo, Architettura e spazio primario
3 Mario Merz (1925 – 2003) è stato un artista, pittore e scultore italiano, esponente dell’arte povera.
4 Andrea Zittel (1965) è un’artista statunitense che attraverso la sua arte cerca la risposta alle domande come si vive, e cosa dà alla vita significato
5 Edward Hopper (1882 – 1967) è stato un pittore statunitense famoso per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea
6 Ivo Kranzfelder (1958) è un giornalista, critico di arte e fotografia
7 Antonio della Gatta, Abitare il tempo
2.1
Ii
il caso del giappone attraverso le tea house
I casi studio sotto citati fanno riferimento alle categorie di temporaneo, provvisorio, effimero e transitorio non inserendosi però in una sola di esse. Questo studio non vuole essere un catalogo completo di ogni esempio rilevante, ma una narrazione di modelli considerati di notevole interesse per il modo innovativo con cui gli architetti si sono confrontati con il tema della temporalità .
L’impermanenza Vita, morte, rinascita, eternità. La cultura giapponese è da sempre legata in modo inscindibile con il concetto di temporaneo che, grazie al buddismo ed allo scintoismo, arriva ad assumere inaspettatamente il significato di eterno. E’ Toyo Ito che in un’intervista spiega il complesso rapporto che lega le sue architetture con il mondo della natura; natura costantemente in evoluzione, mai ferma né immobile, alla quale si riconducono forme geometriche fluide e definite. Ito lavora molto in termini di astrattezza, cercando quasi di smaterializzare le sue opere per legare il mondo reale a quello virtuale. 1 Tuttavia è in ciò che vive e muore rapidamente che i giapponesi riconoscono l’eterno; come il messaggio scintoista dietro al continuo smantellamento e ricostruzione dei templi, simboleggiando così la rinascita in una nuova vita. La comprensione dell’eternità è in quell’infinito gesto di ricostruzione dell’edificio che muta di pari passo con la natura e con la società. Fin dall’antichità i templi scintoisti sono stati demoliti e ricostruiti ciclicamente; il santuario di Ise viene abbattuto ogni 15 anni e riedificato in modo da lasciare il messaggio alle future generazioni che in Oriente ciò che è duraturo non è il materiale in se, ma la tecnica e il messaggio che l’edificio porta. Anche l’architettura giapponese contemporanea si rifà al concetto di impermanenza tramandato dallo scintoismo e dal buddismo. Le nuove generazioni di architetti preferiscono utilizzare un’architettura temporanea per trasmettere i valori di un determinato periodo, in modo che l’edificio si leghi e se ne vada 58
con il tempo. “L’uomo fa parte della natura” ripete Toyo Ito, e se ne è parte l’uomo, non può che esserlo anche l’architettura. Il tempo da anche forma agli spazi, questo nell’architettura occidentale è spesso concepito in base alla funzione che avrà; in Giappone succede invece il contrario. Sarà la funzione a seguire lo spazio, come nel caso dell’oku-no-ma, un luogo adibito a più funzioni, senza essere in alcun modo diviso ne specializzato. Questo luogo è creato per cambiare con le stagioni, aprendo o chiudendo diverse porte ad esempio; incidendo in questo modo soltanto temporalmente sulla definizione della forma della camera. La flessibilità è quindi inevitabilmente un elemento chiave della composizione degli spazi della casa giapponese, l’architettura ha bisogno di cambiare per adattarsi. Come un fiume modifica il suo corso, anche la casa rinuncia alla continuità che classicamente la caratterizza. Questa è una continua sperimentazione per gli architetti giapponesi, accettando il fatto che un edificio non sarà per sempre, anzi fanno di questo un punto di forza. Sono molto utilizzati i materiali con un ciclo di vita relativamente breve, come il legno e talvolta la carta. Il padiglione rappresenta un mezzo efficace per sperimentare. Particolare importanza assumono le rivisitazioni contemporanee delle case del tè, strutture strettamente connesse alla tradizione giapponese che racchiudono un grande simbolismo riguardante la natura e la ciclicità della vita, ma anche della stessa società.
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Tradizionalmente la casa del tè è uno spazio sia rituale che di meditazione, sono presenti dei passaggi ricorrenti, come il lavarsi le mani prima di entrare. Anche se alcune di queste tradizioni sono state abbandonate nel tempo, molti architetti le ripropongono nei moderni padiglioni per legarsi alla tradizione, come se le loro moderne architetture fossero antichi padiglioni riedificati ciclicamente. Ciò che è molto interessante riguardo alle case del tè è che, essendo uno spazio molto libero, personale e soprattutto destinato a finire, diventa sempre qualcosa di unico e soggettivo, come quasi fosse la trasposizione della visione architettonica del suo creatore. E’ diventato molto comune in Giappone avere un personale padiglione annesso alla casa principale, e solitamente il progetto di esso viene, se non fatto personalmente dal proprietario, seguito maggiormente del progetto della casa principale. I padiglioni riescono a mostrare contemporaneamente la soggettività di chi li crea e i tratti dell’intera società. 60
La casa da tè galleggiante, Kengo Kuma In una mostra per il festival del tè in Giappone, Kuma propone un padiglione di poco più di 7 metri quadrati ricordando ancora una volta come la casa del tè sia un manufatto architettonico quasi tagliato fuori dal mondo reale. Quello che si vuole creare è un senso di galleggiamento, grazie all’uso di un pallone gonfiato ad elio coperto da un telo chiarissimo, quasi trasparente, di un materiale leggerissimo chiamato “super organza” (secondo una leggenda giapponese la toga di un angelo). Secondo l’idea del progettista chi entra nel padiglione riesce a farsi trasportare dal vento verso qualunque meta.
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Kengo Kuma & Associates, Oribe Tea House Una sala da tè mobile e temporanea. Lastre di plastica corrugate sono fissate insieme 65 millimetri l’una dall’altra con delle fasce. Una volta sciolte le fasce, la sala da tè ritorna ad un insieme di elementi semplici ed economici, rendendo facile il suo spostamento. La forma ricorda un involucro irregolare, in omaggio alla ciotola deformata tipica della cerimonia del tè di Furuta Oribe. 2 Mentre l’esterno è maggiormente legato alla tradizione nel richiamo alle forme usate da una delle personalità più influenti sulla cerimonia del tè; l’interno appare limpido e pulito, quasi svuotato da ogni funzione. La luce e l’atmosfera intima all’interno del padiglione vorrebbero immergere il visitatore in un mondo individuale e soggettivo; vuoto, in modo che ognuno possa sentirsi in empatia con esso.
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Tokujin Yoshioka - KOU-AN, Glass-Tea House L’idea di questa sala da tè trasparente, presentata per la prima volta nel 2002 e successivamente alla 54esima Biennale di Venezia, incorpora il concetto giapponese della percezione sensoriale dello spazio esterno descritta come una forma di energia o aura. Questo modo di apprezzare la bellezza intrinseca della natura si riscontra anche nella pratica giapponese della cerimonia del tè. Originariamente, la cultura della cerimonia del tè era coltivata in spazi che dovevano ricreare un piccolo “microcosmo privato”, e questa casa del tè vuole tracciare le origini della cultura giapponese non solo evolvendosi dalla casa del tè tradizionale. Rispetto a una tipica casa del tè KOU-AN non ha ornamenti né fiori, ma lo scintillio delle superfici del padiglione ricorda la superficie di uno specchio d’acqua, spesso usata nei giardini giapponesi. Inoltre, un prisma posizionato sul tetto del padiglione proietta un arcobaleno di luce ad una certa ora del pomeriggio, quasi a rievocare una decorazione floreale. L’architetto ha voluto ricreare un microcosmo dal quale la percezione del tempo, insieme con la natura, nasce dalle nostre sensazioni inconsce.
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n o te
1 La parola “virtuale” non è qui intesa con rifermento al mondo informatico ma con l’accezione contrapposta a “reale”. Dal dizionario Treccani: virtüale agg. [dal lat. mediev. (dei filosofi scolastici) virtualis, der. di virtus «virtù; facoltà; potenza»: v. virtù]. – 1. a. In filosofia, sinon. di potenziale, cioè «esistente in potenza» (contrapp. a attuale, reale, effettivo). b. In fisica, in matematica e nella tecnica, in contrapp. a reale, effettivo, si dice di enti o grandezze che, pur non corrispondendo a oggetti o quantità reali, possono essere introdotti o considerati per determinati scopi di calcolo, di rappresentazione o di deduzione logica
2 Furuta Oribe allievo di Sen no Rikyu, è stato uno dei più rinomati maestri giapponesi della cerimonia del tè della seconda metà del 500’. La sua influenza non interessa la sola cerimonia del tè, ma tutti i campi coinvolti in essa; come ad esempio gli stili artistici e architettonici dell’arredamento e stile delle ceramiche legati ai padiglioni usati nelle cerimonie. Particolarmente noto è l’Oribe-yaki, lo stile delle ceramiche da lui stabilito
2.2
Ii
I tubi di carta di Shigeru Ban
Shigeru Ban si laurea all’università delle Arti di Tokyo, studia successivamente presso la Southern California Institute of Architecture e la Cooper Union’s School of Architecture; dove, dopo aver lavorato con John Hejduk, si laurea nel 1984.
Grazie all’influenza di Hejduk, Ban manifesta un interesse perla “poetica dell’architettura” o creazione della poesia tridimensionale, sperimentando l’uso di elementi geometrici di base.
Per Ban, uno degli aspetti principali del proprio lavoro è la “struttura invisibile”, che sviluppa incorporando all’interno del concept gli elementi strutturali delle sue architetture. Ban non è interessato tanto dalle avanguardie tecnologiche o i materiali più innovativi, ma piuttosto dal concept celato nell’edificio.
Il lavoro dell’architetto incorpora varie scuole architettoniche. In primis l’architettura giapponese, usando molte tecniche e riferendosi spesso alla tradizione del suo paese natale. In secondo luogo la visione razionalista di Hejduk e il focus sulla struttura in se.
Incorporando una visione orientale e occidentale, Ban sperimenta in particolare l’uso di materiali poveri, come i tubi di cartone. Grazie allo studio di questa tecnica l’architetto aiuta in diverse occasioni le vittime di disastri naturali.
Rilevante è il caso dell’architetto giapponese Shigeru Ban il quale, attraverso il suo lavoro con tensostrutture realizzate con materiali economici come bamboo e cartone, ha spesso ideato ripari di emergenza per popolazioni colpite da calamità naturali. Un esempio sono le residenze di massa per i profughi di Kobe, Africa dopo il terremoto del 1995; e la Casa di Cartone per il coevo terremoto di Yamanakako. Flessibilità, riciclabilità e basso costo sono i caratteri su i quali Shigeru Ban fonda la sua architettura provvisoria; insieme al principio fondamentale della dignità dell’abitare; peculiare del suo lavoro sono i diversi utilizzi di tubi di carta. Cardboard Cathedral Christchurch, New Zealand Nel febbraio del 2011 un terremoto a Christchurch danneggiò la cattedrale simbolo della città. L’architetto giapponese fu chiamato per progettare una chiesa temporanea che basò sull’utilizzo di tubi di carta di 6 metri che gradualmente cambiano la loro inclinazione per seguire la geometria triangolare della chiesa (di dimensioni prefissate). Grazie al fatto che l’edificio possa contenere 700 persone viene usato anche come centro per eventi e spettacoli musicali.
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Nepal Project Un altro terremoto nel 2015 in Nepal ha attirato l’attenzione di Shigeru Ban che venne contattato sia dalla popolazione locale che dagli studenti nepalesi a Tokyo, dato il suo crescente interessamento per le architetture di emergenza. Rispetto alle soluzioni adottate in Rwanda e ad Haiti, dove i tubi vennero assemblati con delle connessioni di plastica, in questo caso si scelse di utilizzare del nastro adesivo, per la sua facile reperibilità e basso costo. Dopo aver studiato l’architettura nepalese delle costruzione non crollate dopo il terremoto, Ban propose una struttura semplificata della tradizionale finestra nepalese; progettò così un sistema di cornici riempite con detriti di mattoni facilmente assemblabili in loco dalla popolazione stessa. La parete così assemblata viene poi coperta da un telo di plastica in modo tale che le persone siano immediatamente pronte ad abitarle E’ inoltre stata pensata una soluzione a lungo termine per il caso del Nepal, grazie all’utilizzo di pannelli sandwich prefabbricati in paesi più sviluppati e assemblati in loco. Questa soluzione darebbe una qualità abitativa sufficientemente alta anche ai paesi meno sviluppati e l’assemblaggio stesso aiuterebbe a creare lavoro.
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Garage Center for Contemporary Culture Temporary Pavilion Mosca, Russia In questo progetto troviamo un padiglione per la galleria d’arte “Garage center” a Gorky Park. Come anche altri progetti, questo padiglione richiedeva una costruzione rapida ed economica; così per un’area di 2400 metri quadrati si estende un ovale di tubi di cartone alto 6 metri.
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2.3
Ii
elemental, Aravena
Alejandro Aravena si laurea all’Università Ponteficia del Cile nel 1992 e fonda il suo studio nel 1994. Aravena insegna all’Università Cattolica del Cile e ha collaborato con la Harvard University per 5 anni a partire dal 2000.
Nel 2006 è diventato il direttore esecutivo di ELEMENTAL e nel 2015 era il direttore della sezione di architettura della Biennale di Venezia, con il compito di curare la quindicesima esibizione internazionale di architettura tenutasi a Venezia nel 2016.
Nel 2016 vince, inoltre, il premio Pritzker per l’architettura.
E’ autore di svariate pubblicazioni, tra le quali Los Hechos de la Arquitectura (ARQ, 1999), El Lugar de la Arquitectura (ARQ, 2002) e una monografia su Elemental (Actar, 2010).
Delle esibizioni sul suo lavoro sono state tenute ad Harvard nel 2004, alla Biennale di San Paolo nel 2007, alla Triennale di Milano nel 2008 e alla Biennale di architettura di Venezia sempre nel 2008.
Nata in Cile, Elemental è un’iniziativa che tende a innovare le tecniche e l’urbanistica per una progettazione a basso costo in particolare di alloggi popolari post catastrofe. In questo contesto Alejandro Aravena da vita al progetto per 93 famiglie “da completare” ad Iquique, in Cile. Si tratta di un progetto di urbanizzazione partecipata, che include la popolazione in tutte le fasi di progetto. Saranno infatti gli abitanti stessi a completare l’opera una volta insediativi. L’espansione graduale dei volumi originari ha avuto un grande successo, con un sussidio governativo di soli 75000 dollari per unità. La casa che si “muove” nel tempo, si modifica; viene adattata progressivamente alla vita delle persone. Non è quindi pensata per rimanere immutata nel tempo, ma per crescere ed evolversi con i suoi abitanti che fino a poco prima avevano vissuto la condizione di “permanente temporaneità” degli slums. Il concetto è creare una base che abbia un background sociale e storico comune, lasciando alle persone illimitate possibilità di adattamento. In questo senso le abitazioni pensate da Aravena dureranno soltanto per il tempo nel quale saranno realmente utili all’interno del loro contesto. Inizialmente di aspetto austero, il quartiere pilota “Violeta Parra”, ha una rapida evoluzione dopo l’appropriamento da parte della popolazione; l’immagine iniziale appare infatti molto diversa, l’idea originaria preservata. Gli abitanti vengono coinvolti fin dalla fase della progettazione e vengono lasciati liberi di attuare ampliamenti, assemblaggi e arredi. Il progetto è stato pensato per essere di facile assemblaggio e manutenzione pur mantenendo luoghi per la collettività ad un costo ridotto. 96
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L’idea di costruire solo metà dell’abitazione può sembrare improduttiva, è in realtà in linea con la libertà di mercato propria del Sud America; e Aravena presenta il suo progetto come il più naturale risvolto matematico di questa economia, quando è invece anche una forte spinta sociale (si collabora direttamente con la popolazione interessata). Molto positivo è anche il fatto che Aravena non abbia aspettato condizioni favorevoli di mercato, ma abbia agito nell’immediato, questo tipo di abitazione potrebbe infatti salvare oltre due milioni di persone che, si stima entro il 2030, si vedranno costrette a vivere in baraccopoli. Malgrado però il progetto dell’architetto cileno di creare un prototipo riproducibile in diversi paesi, il modello abitativo non ha ancora preso piede in Messico, dove è stato presentato come soluzione alla forte sovrappopolazione. Sulla scia di Iquique, Aravena ripropone il suo modello di “edilizia sociale” a Constitución, in Cile. Circa 500 (metà-)abitazioni sono state predisposte sulla base di una struttura già delineata per il futuro ampliamento.
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2.4
Ii
tre case in viaggio
Una casa che si può spedire “Tutto è iniziato con l’organizzazione di un giro in New Jersey. Uno di questi giorni di ricerca siamo finiti in un deposito di container , in una giornata invernale bellissima, una di quelle giornate newyorkesi con il cielo blu, colori tersi, freddo, probabilmente subito dopo una nevicata; e siamo arrivati in questo deposito di container completamente vuoto. [...] ad un certo punto ho pensato che era la prima volta che mi emozionavo all’interno di un’architettura così povera, e Giuseppe mi ha detto: “Guarda che questa non è un’architettura”. 1
I LOT-EK cominciano le loro sperimentazioni con oggetti per la casa e installazioni che ricercano la connessione tra spazio intimo e dimensione esterna, in contesti pubblici e privati. Peculiare è l’uso di oggetti quasi “decontestualizzati” come carlinghe di aerei, parti di camion o container ricercando rispetto a questi una nuova misura dell’abitare che coinvolga sia temi urbani, che l’indagine su stanzialità e nomadismo. Riguardo all’esperienza con i container, l’idea nasce in un porto del New Jersey. Molti sono gli studi o singoli architetti che sperimentano l’uso dei container. Alcuni esempi sono Adam Kalkin 2 con il caffè Illy, gli Spillmann Echsle,3 architetti del Freitag Flagship Store e gli MVRDV 4 con la Linear city realizzata in occasione della prima Biennale d’Architettura di Rotterdam nel 2002.
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In tutti i progetti è forte è il tema del riciclo e riuso di oggetti normalmente scartati dalla società. Nel commercio attuale infatti, esistono circa 30 milioni di container, molti dei quali spediti dalla Cina, di cui gran parte viene accumulata nei porti per mancanza di materiale da rispedire al mittente. Questo fenomeno implica la reperibilità del container praticamente in ogni zona del mondo, facilmente recuperabili, trasportabili e assemblabili. Il Mobile Dwelling Unit (MDW) è un progetto del 2003 basato sull’idea di creare “un’unità abitativa temporanea, che si può spedire, prima di partire, da New York a Tokyo, da Tokyo a Nairobi, da Nairobi ad Ankara.” 5 L’idea alla base di questa unità immobiliare inviabile, viene realizzata a partire da un articolo per il quale la rivista Architecture interpellò i LOT-EK. Il nome dell’articolo era “the primitive hut, la capanna primitiva per il XXI secolo”, e nell’immaginarla i LOT-EK hanno pensato prima di tutto alla mobilità. “Il nostro è un mondo sempre più mobile, e ci si muove anche per periodi brevi ma non brevissimi; pensavamo ad una dimensione di sei mesi, un anno, una dimensione troppo lunga per stare in albergo, troppo breve per affittare una casa.” 6
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La casa in questione è contenuta in un container, ma del container oltre a sfruttare le caratteristiche fisiche, utilizza anche la facilità con cui questo oggetto può essere trasportato (ad esempio su nave, treno o camion) per creare qualcosa di assolutamente innovativo in termini di ricerca sulla casa mobile. Durante il trasporto l’unità rimane chiusa e misura 12 x 2,4 metri, come un normale container. Dopo la collocazione in sito, dei binari permettono la fuoriuscita di otto blocchi generati a partire da tagli sulla lamiera, contenenti le funzioni principali, di lavoro e di stoccaggio della casa. La casa contiene arredi ed elettrodomestici, immediatamente utilizzabili dal momento dell’apertura. Gli interni del container sono fabbricati interamente in compensato talvolta ricoperto da lastre di plastica, con gommapiuma per sedute e letto. L’unità è stata inoltre collocata in una proposta urbanistica di un porto verticale composto dalle abitazioni impilate grazie all’uso di un’intelaiatura d’acciaio contente vani scala e ascensori. L’idea è quella di creare dei veri e propri “quartieri temporanei” nei quali sarebbe possibile inserire la propria casa, viverci per un determinato periodo di tempo, rispedirla e unirla al quartiere di un’altra città. Il risultato che ne deriva è un’immagine tipicamente portuale di carico e scarico merci, dove una gru predisposta a questo scopo aggiunge e sottrae container al porto verticale. Lo scopo di LOT-EK è pertanto quello di guardare con altri occhi quello di cui il mondo si disinteressa e di capire in che modo questi oggetti entrino a far parte del mondo architettonico in modo spontaneo.
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Una casa che esplora il mondo Altra sperimentazione sulla moderna capanna primitiva è quella dello studio sudamericano MAPA, che reinterpreta il modo di abitare combinando l’oggetto architettonico con il paesaggio in cui si inserisce. In questo, in particolare il progetto MINIMOD, ricorda l’atteggiamento abitativo della capanna, che non modifica, ma si integra al contesto in cui viene inserito; la struttura vuole essere infatti in perfetto equilibrio tra naturalezza e artificio. MINIMOND è composto da un sistema steel frame adattabile a vari usi, come un’abitazione occasionale o un’esposizione artistica; è infatti possibile variarne il colore o la materialità a seconda di esigenze e collocazione. La struttura minima mobile è fatta per non spiccare nel paesaggio, ma per esaltarne la bellezza. La sua natura nomade implica che non venga realizzato per uno specifico sito; questo potrebbe far pensare che il risultato appaia decontestualizzato dal paesaggio circostante. Sta proprio in questo però la reinterpretazione della capanna primitiva, nomade, adattata ai suoi abitanti e aperta a usi e assemblaggi differenti, ma che riesce sempre a dare qualcosa in più alla natura circostante pur non modificandola.
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Una casa ovunque Chi non ha mai sognato di vivere in un posto dove vuoi veramente essere? Questo è il motto di MUJI Hut, un progetto per una casa di soli 9 metri quadri e 4 di porticato, interamente prefabbricata, che regala un nuovo stile di vita. Per non essere legati ad una sola casa per vacanze, ma neanche andare semplicemente in viaggio, Muji Hut offre la possibilità di prendere una casa e metterla in qualsiasi posto si desideri. La tecnologia utilizzata riprende dalla tradizionale tecnica giapponese di costruire navi bruciando del legno di cedro per incrementare la sua forza e ricoprirlo di mordente a base di pesce. La piccola abitazione è resistente all’umidità e a diverse temperature. Muji Hut è una piccola “tana” in qualsiasi posto si decida di metterla, la sua temporaneità è ben diversa da una stanza d’albergo, è un oggetto dal quale e con il quale è possibile esplorare un posto; non è una stanza di passaggio ma un luogo di partenza.
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1 Ada Tolla in un’intervista per Smallness, abitare al minimo
2 Adam Kalkin (1963) è un architetto, artista e autore
3 Studio di architettura composto da Annette Spillmann e Harald Echsle, formato nel 2002, ha progettato e realizzato sia progetti per clienti sia strutture non convenzionali
4 Studio di architettura fondato nel 1993 da Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries a Rotterdam
5 Giuseppe Lignano in un intervista per Smallness, abitare al minimo
6 Giuseppe Lignano in un intervista per Smallness, abitare al minimo
2.5
Ii
l’utopia della pole dance
“Ciò che potremmo quasi definire come l’idillio amoroso fra arte e architettura presente nelle istallazioni temporanee è percepito in modo alquanto chiaro sia dal punto di vista degli architetti che da quello degli artisti”. 1
Florian Idenburg e Jing Liu, due giovani architetti esposero un’installazione nel cortile del PS1 MoMa a Long Island nel 2010. Il progetto si chiamava Pole Dance, una struttura leggera composta da aste di 9 metri, corde elastiche, reti aperte, palloni gonfiabili colorati, un’amaca e una piscina; progettata in modo che tutta la composizione si muova se toccata anche solo in un punto. Questa installazione effimera estremamente leggera e mutabile potrebbe essere definita allo stesso tempo arte e architettura, tracciando un confine molto sottile tra i due sistemi. 120
Come Pole Dance, anche le opere dell’artista Tomàs Saraceno creano degli spazi tra architettura ed arte; esse sono infatti concepite come modello per la città e l’architettura del futuro. Saraceno propone un’implementazione di città a forma di nuvola come quelle proposte da Buckminster Fuller ,2 in particolare con il suo progetto “Cloud 9”. Il pensiero alle spalle di Cloud 9 era quello di far fluttuare la sfera d’aria con la sola luce del sole (con un rapporto di peso tra aria e struttura di 1000:1), al fine di creare un modello di “mongolfiera” abitata. Tomàs Saraceno tenta di conciliare la teoria utopistica di Fuller con l’architettura effimera, ribaltando l’idea di architettura radicata a terra. Secondo l’artista sarebbe possibile costruire queste “minicittà” per migliaia di persone, ancorandole al suolo, lasciandole fluttuare o facendole migrare secondo condizioni climatiche favorevoli; riferendosi nello specifico al libro di Fuller “Utopia or Oblivion: the Prospects for Humanity”. Saraceno, Liu e Idenburg abbandonano le funzioni pratiche dell’architettura e riescono a dare alle loro opere, grazie all’impermanenza di esse, una presenza artistica in grado di dare spazio a delle vere e proprie teorie utopistiche.
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1 Jodidio Philip, Utopia o Oblio, in; Temporary Architecture now!
2 Richard Buckminster Fuller (1895 –1983) è stato un inventore, architetto, designer, filosofo, scrittore e conduttore televisivo statunitense. Famoso soprattutto per le sue cupole geodetiche basate sull’estensione di alcuni principi base dei solidi semplici, come il tetraedro, l’ottaedro e solidi con numero di facce maggiore che possono considerarsi approssimazione della sfera. Le strutture concepite estremamente leggere e stabili.
b i b li o graf i a
Area num 143, dicembre 2015
Baudelaire Charles, “Il pittore della vita moderna” Ascondita, Milano, 2004
Bellanca Rosa, “Temporanea permanenza” in: Abitare la temporaneità- “l’architettura della casa e della città”, L’Epos
Bennicelli Pasqualis Mariagiulia, “Case temporanee- strategie innovative per l’emergenza abitativa post-terremoto”, Corsellis e Vitale, 2005
Culotta Pasquale, “Le orme della temporaneità”, in: Abitare la temporaneità- “l’architettura della casa e della città”, L’Epos
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