evento del mese
Charity’s Dinner per “I Bambini di Nessuno” di Beppe Convertini “Con le mie missioni umanitarie per Te r r e D e s H o m m e s n e i c a m p i p r o f u g h i siriani e nelle baraccopoli birmane ho cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dei bambini Siriani e Birmani raccontato nel mio libro ‘I Bambini di Nessuno’, realizzato dalla casa editrice AdMaiora. Quello che ho fatto è sì una goccia nell’oceano ma, come dic e v a S a n t a Te r e s a d i C a l c u t t a , s e q u e s t a goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe”. Con queste parole, cariche d’orgoglio e di entusiasmo, Beppe Convertini, attualmente al timone del programma campione d’ascolti della rete ammiraglia d e l l a R a i “ L i n e a Ve r d e ” i n o n d a t u t t e l e domeniche alle 12.20 su Rai 1, ha tracciato un bilancio del suo personale imp e g n o p e r Te r r e D e s H o m m e s s e m p r e i n prima linea per la difesa dei diritti dei bambini.
B eppe Co nver tini e Pao lo Co nticini
Pat riz ia Pel leg rin o, En rico Var riale e Mo nica Marang oni
La casa editrice di Giuseppe Pierro, AdMaiora, in collaborazione con Adriana Volpe socia fondatrice di OPS - Osservatorio Politiche Sociali, ha dato vita a una speciale serata di beneficenza Natalizia a Roma. Convertini, a suo agio nelle vesti di padrone di casa, ha accolto la presidente di Terre Des Hommes Italia Donatella Vergari e numerosi personaggi dello star system Matilde Brandi, Paolo Conticini, Michele Cucuzza, Miriana Trevisan, Maria Rosaria Omaggio, Monica Setta, Chiara Giallonardo, Mara Santangelo, Enrico Varriale, Lisa Marzoli, Monica Marangoni, Benedetta Mazza, Jane Alexander, il maestro Gianni Mazza, Jimmy Ghione, Patrizia Pellegrino, Stefania Orlando, Milena Miconi, Marcello Cirillo, Stefano Masciarelli, Roberta Beta e Simona Borioni. Una serata all’insegna della solidarietà con la proiezione di alcuni video delle missioni e il racconto di tutte le iniziative in Siria e Birmania.. Una cena di Natale con tanti amici allietata da momenti di musica classica e lirica.
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Adriana Volpe, Donate lla Ver gari e Be ppe Convertini
cover story
SANDRA MILO Con la raccolta di poesie “Il Corpo e l’Anima” è emerso tutto il suo lato letterario
di Silvia Giansanti
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fashion
Monica La Barbera Nome emergente del mondo fashion di Lisa Bernardini
Monica La Barbera: un nome che si sta affermando sempre più nel campo della Moda romana, ma che riesce al contempo a travalicare i confini dell'Urbe. Questa giovane stilista, specializzata in “Instant Fashion Design”, ha sigillato l'anno appena terminato con un premio: il riconoscimento della kermesse culturale in rosa "Storie di Donne" nella categoria Moda & Fashion. La linea Monica La Barbera nasce nel 2013, ispirata al tango argentino. Una linea di abiti da tango, la sua, che non dà spettacolo, bensì è rivolta a tutte le donne che amano semplicemente ballare e sentirsi bene con il proprio corpo. Da qui nascono abiti adatti a tutti i vari tipi di donne, taglie ed età. Lo stile di Monica La Barbera è semplice ma particolare: esprime un mondo molto colorato, studiato attentamente, che contiene solo tessuti elasticizzati, comodi e confortevoli, anche per abiti da sera e cerimonia. Dal tango argentino alla linea giorno, cocktail , sera e mare… a breve si troverà anche una linea sposa. Una gavetta fatta sul campo e non solo sui libri di scuola, quella di Monica, ed un sorriso solare che accompagna la nostra intervista per tutta la durata. "Sono stata stilista costumista per una stagione al teatro Margherita di Roma per lo spettacolo di tango argentino della Locuratango" - esordisce Monica. "La prima sfilata ufficiale nel jet-set romano. Da qui i miei abiti hanno sfilato per le selezioni regionali di un noto concorso di bellezza". Tra un pasticcino ed un altro gustato davanti ad un bel thè fumante che ci vede parlare amichevolmente attorno al tavolino di un bar del centro romano, Monica continua a raccontarsi: "Per due anni consecutivi le mie collezioni hanno sfilato per la finale nazionale di questo concorso di bellezza, andando in onda su Mediaset, tv moda di Jo Squillo. Il mio
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nome come stilista si sta diffondendo tra gli addetti ai lavori ed io ne sono felice, e oggi molte modelle ed attrici indossano i miei abiti; cito ad esempio Andrea Duma e Crisula Stafida". Hai mai lavorato in tv, Monica? “Certo. Sono stata costumista per Francesco Testi e Clayton Norcross (Thorne di ‘Beautiful’) in una serie televisiva, e stilista per la protagonista femminile della sitcom ‘Ricci e capricci’ in onda su La5 Mediaset, premiata al festival del cinema di Roma dello scorso anno per la miglior sitcom dell'anno. Sono inoltre stata la costumista nel programma ”Sai cosa mangi” con Emanuela Folliero, in onda su rete 4 Mediaset. Infine, mi sono divertita a ricoprire il ruolo di stilista personale di band e giovani cantautori italiani, nonchè costumer design per il Cinema, nel il film ‘Il giovane Pertini’ con Gabriele Greco, un film candidato al ‘David di Donatello’ ed in concorso al Festival del Cinema di Venezia”. Programmi imminenti? “Prossimamente sarò stilista costumista per un programma televisivo dal titolo ‘iBAND, che andrà in onda su La5 Mediaset. In previsione, anche il progetto di essere costumista per due appuntamenti cinematografici che si svolgeranno in questo 2020, con Giancarlo Giannini”. Che effetto ti ha fatto vincere il Premio Storie di Donne 2019 nella categoria Moda & Fashion? “Questo premio mi è stato conferito per il fatto di pensare alle donne e vestirle. La mia soddisfazione più grande è infatti quella di riuscire a vestire bene il corpo femminile. Come donna adoro le altre donne, e mi piace farle sentire femminili in tutti i momenti della giornata, usando tessuti elasticizzati che valorizzano le curve e nascondono qualche difetto". Monica La Barbera la potete trovare attiva a rispondere personalmente in tutti i suoi luoghi virtuali: www.facebook.com/monica.labarbera.7 e www.facebook.com/paginamonicalabarbera
occhi delle ragazze le loro storie. Rifiutò la mia proposta rispondendomi con un tono sprezzante. E invece poi dopo tre anni quel lavoro ha avuto il riconoscimento e la stima di stilisti e colleghi del settore”. In alcuni servizi fotografici che appaiono sulle riviste notiamo a volte dei ritocchi eccessivi. Quali sono le cose da evitare quando si ricorre al retouch? “Le foto che realizzo per Vogue sono tutte pulite nel senso che appaiono conformi alla realtà. A volte alcuni fotografi tendono a lucidare troppo le foto perché quando la rivista va in stampa deve risultare nitida e perfetta. Anche i direttori delle riviste possono dare delle direttive in merito. Il fotografo e il retoucher non sono per forza la stessa persona. In alcune immagini scattate in Namibia per esempio sui volti delle persone si tendono ad accentuare le rughe a voler sottolineare la crudezza del racconto”. Un sogno nel cassetto. “Mi piacerebbe collaborare con i giornali o aprirne uno tutto mio in modo da scegliere i collaboratori valorizzandone le capacità e il talento”. © Fo to di Be atrice Pass eg gio
© Foto di Beatrice Pas seg gio
d’ora e ho percepito la sua eleganza e il suo carisma. Il suo corpo era un tutt’uno con la sua anima, così fiera e determinata”. Il tuo background nella moda in che modo ha influenzato il tuo stile e la tua tecnica fotografica? “L’esperienza che ho avuto nella moda ha sicuramente influenzato il campo della fotografia. Sono 4 anni che lavoro nella Fashion Industry e in questo tempo ho avuto modo di seguire tante sfilate. Ho potuto così cogliere geometrie, linee e forme. Come gusto personale, sono appassionato al minimalismo over size giapponese in cui si nota una destrutturazione e una rottura con gli schemi classici. Nella mia fotografia non c’è mai una composizione importante. Preferisco rappresentare un volto, una bocca, una stazione, un cactus. Sono foto minimaliste nella composizione cioè in quello che viene rappresentato”. Preferisci definirti un fotografo istintivo oppure c’è uno studio dietro i tuoi scatti? E da dove trai ispirazione per i tuoi lavori? “Mi definisco un fotografo istintivo. Nell’ultimo lavoro che ho realizzato per dei stilisti ho colto delle donne nella loro nudità. Addosso solo degli accessori a rivendicare la loro natura fiera e a sottolineare l’importanza dei diritti delle donne. Da direttore artistico, nel realizzare queste foto ho chiuso gli occhi cercando di capire quale potesse essere l’immagine giusta. L’ispirazione è partita dentro di me senza bisogno di affidarmi a studi”. Negli ultimi anni, sempre più persone hanno puntato il dito su una fotografia di moda che promuove standard di bellezza non raggiungibili. Cosa ne pensi? “Da quando ho iniziato a lavorare come fotografo, ho sempre puntato all’autenticità della bellezza senza avvertire la necessità di ritoccarla. Ad esempio, è di pochi giorni fa la notizia che il famoso brand di abbigliamento H&M si sia avvalso per la nuova collezione estiva di modelle in sovrappeso e con cellulite. Sono stato contento anche se dietro ci saranno sicuramente strategie di marketing. Ho conosciuto personalmente Tess Holliday che è la modella oversize più famosa tanto da aver posato per la copertina di Cosmopolitan. E’ una ragazza che ha saputo fare un grande lavoro su se stessa e che riesce a trasmettere un messaggio positivo. Infatti, indipendentemente dal campo di abbigliamento che si indossa, l’importante è stare bene con se stessi”. Ormai vivi a Los Angeles da un po’ di anni. Credi che in Italia avresti avuto più difficoltà nel raggiungere questi traguardi? “Purtroppo l’Italia non è un Paese meritocratico. Quando in America fai un colloquio di lavoro non sono interessati a sapere i titoli di studio ma cercano di valutare se si può essere adatti per un determinato ruolo in base a ciò che tu riesci a esprimere in quel momento. In Italia anche se si va in un ospedale non si sa mai in che mani si può capitare. Sarebbe meglio andare per conoscenze. Nella moda in Italia se sei un volto nuovo fai fatica ad emergere. Ti racconto questa. Una volta ero venuto a fare un colloquio con un capo di una maison di moda di Roma. Gli dissi che la mia idea era di svolgere una ricerca emozionale nei backstage raccontando attraverso gli
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me e anche se non volle mandarmi all’istituto alberghiero di Fiuggi, andai a quello di Palombara. Il salto di qualità però l’ho avuto sicuramente frequentando dopo un po' di anni la scuola dello chef Sandro Masci 'Les Chefs Blanche'. La mia accademia è nata lì”. Come nasce l'ispirazione per la realizzazione di una "tua creatura" da gustare? “Nasce in un attimo, quando il cuore parla, la mente crea subito e le mani agiscono. Mi è capitato di svegliare anche Vittoria in piena notte per farle presente una determinata ispirazione”. Quanto sono importanti i cinque sensi per la realizzazione di un piatto? “Per me, i cinque sensi sono molto importanti! Per un cuoco sviluppare ogni senso all’ennesima potenza è essenziale. L’olfatto forse ce l’ho più sviluppato dalla nascita, ho sempre odorato il cibo prima di mangiarlo e oggi vedo mio figlio che già dai 10 mesi porta prima al naso poi alla bocca. Il gusto poi lo classifico come il più importante per la cucina, cucinare con gusto è fondamentale per me, mi rendo conto che molta gente non mangia per il gusto, per valorizzare e sviluppare questo senso, ma lo fa solo per necessità di soddisfare quel bisogno. Io voglio arrivare a farmi conoscere proprio per il gusto dei miei piatti, invitare le persone ad aprire i propri sensi e lasciarsi andare in piatti sicuramente non comuni ma da un gusto ricercato! C’ è poi il tatto che uso sempre nella scelta delle materie prime così come la vista, riuscire a vedere subito se quel prodotto è della giusta qualità o se magari sta andando oltre il tempo di maturazione. Per ultimo l’udito è altrettanto decisivo nel mio lavoro, riconoscere se quella frittura sta cuocendo il giusto solo dal rumore dell’olio dice tutto ad esempio oppure quando apro una buona tellina laziale nella pentola il “'friccichìo' che emette è unico, è il suo!”. Qualche simpatico aneddoto accaduto in cucina? “In cucina ne puoi vedere di ogni tipo, è un lavoro sul quale stai sul pezzo dal inizio alla fin del servizio, la pressione sta sempre al massimo ma non mancano mai i momenti di risate per qualche aneddoto improvviso come ad esempio quello che segue: Stavo facendo “la stagione” sul lago di Garda, ed un cameriere, non sa-
pendolo aveva chiuso la vecchia proprietaria nella cantina dei vini, tutto questo nel pieno del servizio, la povera signora non si trovava e quando la ritrovammo dopo un’ora ci sentimmo male dalle risate”. Cosa provi nel vedere apprezzare le tue specialità? “È una gioia unica vedere e ascoltare i miei clienti che apprezzano un mio piatto, io cucino per loro e sono loro 'la mia vittoria più bella'”. Che tipo di piatti in particolare ami realizzare? “Sperimento di continuo e punto nel realizzare un piatto finito con più elementi e consistenze. Realizzare piatti buoni e mai banali è proprio la mia sfida e crescita personale in questo lavoro. Io mi esprimo attraverso un piatto e lo realizzo sempre con tutto me stesso, che esso sia un antipasto piuttosto che un piatto della tradizione, quindi non ce ne è uno in particolare ma ogni piatto deve essere come lo desidero”. Secondo te, in quale Paese al mondo si "mangia meglio"? “Ogni Paese ha una propria cultura culinaria ma l’Italia rimane un’eccellenza nel mondo. Il nostro Paese ci mette a disposizione delle materie prime sublimi. Ogni regione e ricca di ricette legate al proprio territorio... Il nostro 'Stivale' è di ricco di aziende agricole, pensa che siamo l’unica nazione al mondo capace di vantare un record di ben 285 specialità Dop/Igp, un vero tesoro”.
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arte
Matia Chincarini Quando l’arte è bellezza e amore di Paolo Paolacci
Uno sguardo semplice e diverso negli abissi dei giorni, nei raggi del sole e della vita. E poi Oponopon: il percorso di bellezza che include perdono, ringraziamento e amore. Matia cos'è la vita: un tempo, una storia oppure un gioco? “La vita, questa vita, come noi la conosciamo è un giuoco che gli esseri superiori, o Dei, chiamali come vuoi, raccontano agli uomini, facendogli pensare che il tempo sia reale. E questo accadrà finché non penseranno più a loro”. Raccontaci di te. “Provengo da due generazioni di pittori e a mia volta ho provato a 'fare' l’artista dipingendo e partecipando al mondo dell’arte. Questo ed altre vicende della vita mi hanno portato ad un percorso travagliato. Nel momento in cui ho lavorato per ridimensionare l’ego, e quindi a tutti quei meccanismi legati al successo, al denaro e al potere propri dell’artista e dell’uomo, ho cominciato ad usare le mie ferite per cercare di aiutare gli altri attraverso l’arte e la bellezza. Ho capito che unendomi a delle energie alte potevo dare agli uomini e al mondo non più per 'fare' ma per 'essere' artista. Ho così creato la mia strada non pensando più che le dinamiche di un sistema mi schiacciassero ma che il mondo avesse bisogno di una trasformazione per andare verso un risveglio. E il modo che ho trovato è quello legato alle dinamiche ludiche che creano un’esperienza che insegna”. Verona cos'è per te, come la vivi e come la vedi? “Verona e il suo territorio offrono luoghi di natura e di memoria d’uomo di bellezza inenarrabili. Una natura di acque, il fiume, il lago, e di montagne, il monte Baldo, i Lessini, e di pianure che trovano l’amore e il desiderio di tornare all’amore. La città, pittoresca e ricca di opere racconta la storia di popoli che ora si sono trasformati in uomini impauriti. La città di Verona ha bisogno di luce di fronte alla sua oscurità, come d’altronde il mondo. Sento che la città ha bisogno di qualcuno che si prodighi in esso. Sento che il mondo ha bisogno di non seguire un dio denaro con dinamiche legate all’economia ma ha bisogno di essere un mondo per gli uomini. Degli uomini che amano loro stessi e la natura attraverso il rispetto”. L'arte: quale parte nascosta ti tira fuori e quale è utile o può essere utile agli altri? “L’arte contemporanea, come viene chiamata, è un modo di raccontare in modo soggettivo le proprie vite, le ansie e le inquietudini di un tempo legato all’inconscio e ancora alla razionalità. L’arte del passato aveva invece lo scopo di comunicare, era un mezzo per dare a persone che non sapevano, un messaggio. Oppure serviva ad uno scambio, con una lingua ben precisa, tra pensatori e altri
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uomini saggi. Serviva per diffondere un verbo per chi non lo conosceva. Pensiamo ad un affresco di un giudizio universale medievale o ad una piramide. L’arte era per gli uomini ed ora è solamente per pochi. Deve tornare a parlare a tutti!”. Tutti abbiamo degli obiettivi semplici o complicati o impossibili: quali sono i tuoi? “I miei obiettivi sono quelli di vedere la bellezza e di diffonderla agli uomini attraverso l’arte usando come mezzo il giuoco. Ora sento che coloro che più ne hanno bisogno e che più sono recettivi a questo e ne potranno fare miglior uso per trasformare il mondo in un luogo migliore sono i bambini. Certo è che anche gli adulti hanno bisogno di una buona spinta”. La società del 2020 e tutta quella precedente: come le hai viste, come le racconteresti velocemente? “Il mondo è sempre stato un luogo meraviglioso che l’uomo ha sempre saputo trasformare in un inferno con le sue dinamiche. Se riusciamo a vedere con gli occhi di un bambino possiamo vivere il paradiso in ogni epoca”. Il futuro è tecnologico e forse migliore oppure inquietante: come vedi questa trasformazione sociale e quanta umanità mettiamo in gioco, secondo te, rischiando anche di perderla? “La tecnologia c’è sempre stata, la produzione del fuoco, la ruota gli aerei e tutte le invenzioni umane hanno cambiato la vita all’uomo. Tutto sta nel come usiamo queste tecnologie, se ci lasciamo schiacciare da esse o le utilizziamo da uomini saggi, da uomini liberi. La differenze è se ci lasciamo impigrire da degli schermi oppure li usiamo come mezzi per migliorarci. E’ sempre il giusto equilibrio che ci porta a fare meglio”. Parlaci di una tua opera, di una tua mostra per farci capire come nascono, come ti arrivano queste necessità o esigenze? “Oponopon è un percorso di bellezza che include perdono, ringraziamento e amore. Le immagini di Oponopon non sono fotografie ma parte di un archivio di semi gettati che non smetteranno di essere gettati. Li getto alle persone e gli propongo di partecipare alla conoscenza di un albero: propongo di tentare la sintonizzazione alle frequenze di un albero. Cercare un albero o andare a recuperarne uno con la memoria ma anche con il cuore, un albero a cui si è vicini, con cui si ha una connessione. Un albero a cui ci si avvicina magari senza accorgersene, o su cui ci si arrampicava da piccoli, o che abbiamo lì, sempre, passando per strada, senza vederlo. Propongo di conoscerlo meglio. Abbracciare un albero, toccarlo, sentirlo e respirate con lui. Fare sì che la sua eternità ci parli. Alberi vecchi, antichi, di una saggezza senza tempo che possono insegnare verità all’uomo. Gli alberi hanno una intelligenza sottile che dialoga con l’universo ma anche con lo stare bene degli uomini. Quello che chiedo è di andare dal proprio albero e di chiedere il permesso di prendere tre foglie. Prendendole e portandomele chiederò di
cambiare delle parti di ognuno con queste foglie. Gli organi di senso, gli occhi e la bocca saranno sostituiti dal sentire della pianta. Per accettare questa proposta si deve provare a sentire il rapporto con l’albero come un tentativo di lasciare la propria razionalità per una realtà dentro di noi che fluisce con il cuore e l’universo e in cui la superficie, la materia si fanno illusione e si entra così davvero nella realtà. Parliamo di clima? Anche, ma soprattutto di armonia e di bellezza, e di bellezza dentro di se. Amare se stessi e gli altri. Tutto l’altro. Tutto è in continuo movimento, tutto è vivo tutto ha spirito”. Gran parte, se non tutta, la rivoluzione sociale che viviamo è basata sulla concezione della famiglia e la sua inevitabile trasformazione: tu come la vedi? “I miei genitori sono insieme da più di 40 anni eppure non credo alla famiglia ora. Ho visto delle dinamiche che prima di creare una famiglia voglio trasformare in me. Il grande quesito della società occidentale di oggi è che i diversi membri di una famiglia faticano a trovarsi un ruolo e questo crea un disequilibrio che viene vissuto principalmente dai figli. Poi i figli lo trasmettono alla società e quindi al mondo. Non voglio creare una morale o un veto ma spesso, se non c’è amore prima di tutto per se, il creare una famiglia e poi dei figli ha una spinta egoistica o fisiologica. Però, attenzione non siamo animali, abbiamo una coscienza e dovremmo agire attraverso essa”. Un libro, un autore o un' idea che non ti ha lasciato più da quando li hai conosciuti? “Un’artista: Joseph Buys. Operativo negli anni '80 diffondeva arte relazionale legata ad una visione Teosofica e quindi al modo di vedere e alla didattica di Rudolf Steiner. In una sua azione ha spinto a piantare 7000 querce a Kassel. Un’opera ancora in divenire: il bosco. Non la bellezza fine a sé stessa ma un rapporto più pragmatico con la terra, era per lui la strada da intraprendere nella modernità”. Ludotipo la tua associazione: parlacene. “Ludotipo è il mio alter ego che serve a costruire, progettare ed insegnare attraverso il giuoco. E’ stato il momento in cui ho cominciato a trasformare me stesso per cominciare a concepire l’arte per gli altri e non per me stesso”. www.ludotipo.com www.matiachincarini.com
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libri
passi di un adolescente nelle proprie fasi. Questa avventura raccontata tramite artisti, musicisti e pittori famosi permetterà di apprezzare ogni piccolo dettaglio al quale quotidianamente non diamo peso o importanza”. Il tuo rapporto con la scrittura inizia da lontano. “La mia testa è sempre piena di pensieri che non riesco a controllare, la scrittura raggruppa tutto questo caos
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trasformandolo in frasi dove molte persone si ritrovano. Ho sempre scritto da bambina sul mio diario segreto, poi crescendo mi sono resa conto che questa inclinazione naturale stava diventando qualcosa da mettere in atto non più per me ma per le persone. All’età di 16 anni, ho iniziato a scrivere su Tumblr, riuscendo ad arrivare a 10mila lettori: ogni giorno raccontavo le mie giornate e ogni giorno che passava riscontravo commenti positivi sui miei scritti, tutto in forma anonima”. Finché i social sono diventati un modo per rispondere agli sos dei tuoi coetanei. “Compiuti i 17 il blog era passato a 20mila lettori, da lì ho aperto gruppi di sostegno aiutando i miei coetanei nei loro punti di debolezza: c’era chi soffriva di bullismo, chi stava affrontando il divorzio dei genitori,chi soffriva di depressione... Siamo arrivati ad essere una famiglia. In tutto questo tempo ho iniziato a scrivere il mio primo libro 'Respirare', ho chiuso il blog su Tumblr poiché tutti i lettori si sono concentrati a seguirmi nelle versioni cartacee. Mi rende felice sapere che lì fuori in questo momento qualcuno sta leggendo un mio libro pensando 'mi capita la stessa cosa'”. Ma Carmen Caratozzolo non è solo scrittura… “Ma anche fotografia, il modo più bello e speciale per archiviare la tua vita. Non mi è mai pesato il fatto di dover stare sotto l’obbiettivo di una macchina fotografica, ricordo mia madre quante foto mi scattava da piccola! L’idea di rappresentare qualcosa in uno scatto mi fa stare bene e mi arricchisce emotivamente. Mi sono messa in gioco per sconfiggere la timidezza che mi portavo dietro da ormai troppo tempo”. CONTATTI SOCIAL @carmen_alba_caratozzolo CREDITS FOTOGRAFICI Ph. Antonio Salerno
libri
Walter Lazzarin
Una strada e una macchina da scrivere di Marisa Iacopino
Una casa popolata da alberi, da palazzi, semafori, automobili che sfrecciano, che s’arrestano. Da persone che passeggiano, corrono, si fermano. E stanze senza pareti, senza porte, né finestre. Questo spazio d’eccezione è la strada, “la vera casa dell’uomo…” per dirla con Bruce Chatwin, secondo il quale “La vita stessa è un v i a g g i o d a f a r e a p i e d i . ” T u t t o c i ò d e v e b e n s a p e r e Wa l t e r L a z z a r i n , f i l o s o f o e scrittore che dal 2015 gira l’Italia con la sua macchina da scrivere, eleggendo a proprio studio la strada, luogo dai contorni indefiniti. Lo abbiamo incontrato sul marciapiede di una zona semicentrale della città, in un giorno di fine estate. “Sono Walter Lazzarin. Nato a Padova e cresciuto a Rovigo, adesso vivo a Roma. Morirò? In attesa di scoprirlo, scrivo”. Hai esordito ventinovenne con “A volte un bacio”, per poi promuovere i tuoi libri per le vie d’Italia e partecipare a programmi televisivi. Cosa insegui, o cosa vuoi consegnare alla gente con quest’idea originale di scrittore che incontra i suoi lettori per strada? “Inseguo una vita in cui passione e professione coincidono, e alla gente del mio progetto piace soprattutto questo”. È stato per sfuggire alla carriera di filosofo e storico precario che sei diventato “scrittore per strada”? “È stato per rivoluzionare la mia vita”. Da una laurea in Economia a una in Filosofia. Un ravvedimento di chi credeva nello sviluppo positivo di una società fondata sullo scientismo tecnologico, e ha poi virato verso il più consolante storicismo umanistico? “No, per me tecnologia e arte si ispirano a vicenda, così come la scienza e le materie umanistiche. Trovo limitate le persone che sanno citare Dante ma non hanno idea di come si risolva un’equazione. Come si coniuga la cultura
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classica con il presente ipertecnologico in uno scrittore per strada? Uso una macchina da scrivere, ma accanto a me ho sempre il Kindle. Uso Facebook e Instagram ma le mie prime stesure sono sempre a mano”. Come filosofo, non trovi che l’informazione di massa sia molto spesso disinformazione della massa? “Trovo che il problema stia nell’educazione della massa. Il sistema scolastico, in particolare quello italiano, è in ritardo rispetto al presente. E genera individui non in grado di comprendere e produrre un ragionamento logico. Sarebbe utile rendere obbligatoria la filosofia, in ogni istituto, presentandola magari in una forma ludica già a partire dalle classi elementari e medie”. Il tuo impegno anche in ambito teatrale e musicale. E poi i tautogrammi, giochi linguistici in forma poetica. Che valore ha, secondo te, la poesia in questi tempi dominati dal cinismo? “Ehm… In realtà a me la poesia non piace. E i tautogrammi per me sono prosa, sono narrativa sotto forma di gioco linguistico. E sono cinico. Perciò mi correggo: non è che non mi piaccia, no, la poesia la odio proprio”. Dal 2015 giochi nella Nazionale scrittori. Ritieni che tra i tuoi colleghi ci sia più solidarietà o più rivalità? “In generale, dipende dai casi. In particolare tra noi scrittori sportivi, ovviamente, prevale la solidarietà. Hai coronato il tuo sogno di scrivere per strada”. Cosa stai scrivendo in questo momento, e quali altri sogni vorresti che si realizzassero presto? “A breve uscirà una raccolta di tautogrammi per bambini e adulti coccolosi. Poi ho finito un nuovo romanzo e vedremo che fine farà. L’obiettivo è di campare di sola scrittura!”. Vuoi regalarci, per concludere questa breve ma intensa chiacchierata, uno dei tuoi tautogrammi? “Cara compagna, confesso: canto col cuore commosso; concedimi cinque carezze, così capirò con chiarezza come campa chi canta contento”. Walter Lazzarin odierà pure la poesia, ma di certo questo giovane dall’aria gentile ama l’ironia. Si considera cinico, e poi lungo il ciglio d’un marciapiede, dove s’ode il ticchettio della sua Olivetti, si sofferma a parlare affabilmente con i viandanti. Declama tautogrammi (componimenti che iniziano tutti con la stessa lettera), regala racconti dalle fabule giocose a chiunque voglia, anche solo per qualche istante, arrestare i propri passi sulla strada di casa, in quel viaggio sorprendente che è la vita.
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Al es sandraTol omei, NicoPiro e M ass imoZ ott i
stessi rischi che corrono loro dalla mattina alla sera”. Hai vissuto momenti particolari? “Di grandi episodi ce ne sono tanti ma quello che ti segna veramente è la quotidianità. Quando in questi luoghi entri in un ospedale e ti aggiri tra le stanze, se conti sedici letti conti anche sedici bambini pluriamputati e questa visione te la porti a casa”. Tu sei padre, hai due bambini: incontrando lo sguardo di un bambino di quei luoghi non ti è mai capitato di pensare “adesso questo me lo porto a casa”? “No, si tratta di realtà troppo complesse dove rischi che pensando di fare del bene fai del male. Per vivere in quei luoghi devi conoscerne le regole e i costumi da rispettare, specialmente quando si tratta di bambini. La prima legge quando vivi con un popolo è capirne la cultura e rispettarla”. Di recente è uscito “Corrispondenze afghane” il tuo secondo libro che qualcuno considera una sorta di sequel del precedente “Missione incompiuta”. E’ così? “Qualcuno lo ha scritto ma non è corretto; 'Missione incompiuta' andava dal 2001 al 2015 dedicando attenzione alla guerra guerreggiata. 'Corrispondenze afghane' dedica meno attenzione al campo di battaglia ma più attenzione al vuoto di attenzione che c’è stato al termine della missione Isaf. Non è giusto andare oltre, tirare avanti così; ci sono stati 55 caduti e per rispetto a loro bisogna fare maggiore informazione, quello che non si sta facendo perché la disinformazione è la via più veloce per far dimenticare. “Corrispondenze afghane” è un libro scritto in mezzo alla gente, che svela la grande bugia ovvero che la guerra sia un fatto che riguarda soldati contro altri soldati mentre la guerra è qualcosa che si combatte in mezzo alle persone, alle strade, alle cose. Chi non fugge non è perché non vuole fuggire ma perché non può fuggire, perché magari ha comprato da poco una casa o
una terra da lavorare. Lo stato di guerra ti crea attorno una specie di bolla all’interno della quale ti muovi e ti comporti come se nulla fosse in uno stato di assoluta anormalità: vai al ristorante e ti perquisiscono, al bar o a comperarti vivendo costantemente l’idea della morte. Fuggire non è semplice e poi fuggire vuol dire semplicemente spostarti da un luogo all’altro del paese perché andar via corrisponde a vivere da profugo e tu non puoi capire quanto possa essere infima la vita all’interno di un campo profughi. E quindi rimani”. Perché per pubblicare “Corrispondenze afghane” hai scelto la via del crowfunding? “Il mercato dell’editoria in Italia è in crisi e ci sta sempre meno spazio per raccontare di guerra. Per questo motivo ho scelto questa via annunciando il progetto sui social e raccogliendo prenotazioni dagli appassionati ma anche da imprese private particolarmente sensibili a questi argomenti come ad esempio la MADMAXcoITALIA, una delle eccellenze specializzate nel settore degli equipaggiamenti e dell’abbigliamento tattico. Grazie al loro sostegno ho potuto completare il lavoro, pubblicarlo e giungere in breve tempo all’esaurimento della prima edizione proiettandomi direttamente verso una nuova ristampa”.
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spettacolo
Roberto Farnesi
“Ai fornelli sono una tragedia. Per questo ho deciso di aprirmi un ristorante” di Giulia Bertollini
Si divide tra il set e la ristorazione. Stiamo parlando di uno degli attori più a m a t i d e l l a t v, R o b e r t o F a r n e s i , c h e r i troviamo anche in questa nuova stagione della soap “Il paradiso delle signore” nei panni dell’imprenditore Umberto Guarnieri. Un uomo cinico e spietato che cercherà di riscattarsi dal passato nonostante le difficoltà siano dietro l’angolo.
© Foto di S te fano Bidini
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In questa divertente chiacchierata, oltre ad anticiparci qualcosa sul suo personaggio, Roberto ci ha parlato del suo rapporto con la cucina e con l’alimentazione. Roberto, non deve essere stato facile quando ti hanno comunicato che la soap sarebbe stata chiusa. “Ho abbracciato questo progetto con grande entusiasmo. Quando la notizia della chiusura era nell’aria l’ho vissuta con amarezza avvertendo anche un senso di ingiustizia perché non si è tenuto conto del riscontro del pubblico. Totalizzare il 17% di share in quella fascia pomeridiana non era facile. Sono saltato sulla sedia invece quando ho saputo che la serie era salva. Dalla delusione sono passato ad un’immensa felicità”. Come evolve in questa stagione il tuo personaggio? “Umberto è stato sempre dipinto come un personaggio cinico e spietato. Alla fine della prima stagione però è riuscito a riscattarsi dopo aver scoperto che era stato il suocero a vedere ai nazisti la famiglia di Spinelli. In questa nuova edizione, Umberto sarà in dif-
spettacolo
Enrica Pintore “Nella vita vince l’amore”
di Giulia Bertollini
I viaggi sono la sua passione. E come per una strana coincidenza il suo compagno lavora in un’agenzia di viaggi. Stiamo parlando dell’attrice Enrica Pintore che nella soap pomeridiana “Il paradiso delle signore” interpreta Clelia Calligaris, una donna pronta a riconquistare la sua libertà dopo aver subito soprusi e angherie da parte del marito. In questa intervista, Enrica oltre a raccontarci qualcosa in più sul suo personaggio ci ha svelato qualche curiosità sulla sua vita privata. Enrica, cosa succede al tuo personaggio? “Clelia tornerà per risolvere delle questioni burocratiche dopo aver saputo che il marito è morto in carcere. Con l’occasione, incontrerà a Milano la signorina Pellegrino, una delle Veneri del Paradiso, facendosi promettere di non parlarne con nessuno. Nel frattempo però le verranno richieste delle carte legate all’attività che il marito svolgeva al Paradiso e Clelia dovrà rivolgersi a Vittorio chiedendogli di intercedere per lei e di frugare nello studio del Ragionier Cattaneo. Verrà di nuovo assunta come commessa al Paradiso. Dal punto di vista sentimentale, manterrà la distanza dal ragioniere che vuole rispettare le promesse fatte alla moglie. Clelia vivrà nel rimpianto e nella malinconia. Un evento scatenante però rimescolerà le carte”.
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Come avevi preso la notizia della chiusura? “E’ vero che ai personaggi ti affezioni e che le storie sono in prestito ma chiudere una stagione con il 17% di share senza tener conto del riscontro del pubblico fa malissimo e dispiace. Sul set poi si respira aria di famiglia e siamo tutti molto affiatati. E’ come quando prenoti una vacanza e ti dicono che il volo è annullato. Poi però è arrivata la bella notizia e ci siamo ubriacati”. In questo periodo, hai preso parte ad altre fiction importanti. “Quest’estate ho girato per la Rai la serie 'Enrico Piaggio' con Alessio Boni. Si parla della nascita della Vespa fino ad arrivare ai tempi del film 'Vacanze romane'. Dovrebbe andare in onda in questo nuovo anno”. Per te vince l’amore o la morale? “Fino a qualche anno avrei detto la morale. Vengo da un paese © Fo to di S tef ano Co larie ti della Sardegna in cui mi hanno inculcato certi valori e la morale viene prima di tutto. Crescendo però ho cambiato idea. Ora ti dico che per me vince l’amore”. Sei fidanzata? “Sono fidanzata da 13 anni con una persona che non fa parte del mondo dello spettacolo. Infatti, ha un’agenzia di viaggi. Nonostante nella vita le storie d’amore possano avere degli alti e bassi mi sono sempre chiesta se valeva la pena cambiare. E la mia risposta è stata no. Quando trovi l’uomo perfetto te ne accorgi”. Per il momento però niente matrimonio. “No. Abbiamo fatto ultimante tanta indigestione di matrimoni e ci siamo stancati. Probabilmente quando ci sarà faremo un bel viaggio. Alla fine credo che con la convivenza uno già si accorga se riesce a sopportare i difetti dell’altra persona”. Quali sono i tuoi passatempi preferiti nel tempo libero? “Pratico tennis nel weekend con il mio compagno, poi mi piace andare al cinema e guardare le serie tv. Sono anche abbastanza temeraria, mi piacciono le esperienze forti, ad esempio mi sono lanciata col paracadute qualche mese fa. Inoltre ho suonato il violino per tanti anni, forse un giorno riprenderò anche a suonare”.
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spettacolo
Matteo Martari “Bisogna imparare a rispettare la natura” di Giulia Bertollini
Sguardo magnetico, fisico scultoreo e un talento naturale per la recitazione. A Matteo Martari il ruolo del cattivo calza a pennello tanto che nell’ultima stagione della serie tv di successo “A un passo dal cielo” lo abbiamo ritrovato in carcere. Eppure Matteo confessa di non avere nulla in comune con i personaggi che ha interpretato. E c’è da credergli soprattutto quando con un sorriso racconta del suo controverso rapporto con i cavalli. In questa chiacchierata, Matteo ci ha rivelato qualcosa in più sul suo personaggio e sui suoi prossimi progetti. Matteo, nella serie “Un passo dal cielo” hai interpretato un cattivo. “Albert Kroess non è un personaggio cattivo. Io lo difendo sempre perché sono stati gli eventi a trasformarlo. A volte, la cattiveria nasce per il fatto di aver dovuto sopportare una serie di frustrazioni. E’ un personaggio che per un suo scopo personale sfrutta al meglio le sua capacità da manipolatore. Nella scorsa stagione viene arrestato da Francesco Neri e lo ritroviamo in carcere. Da lì decide di voler cambiare la sua vita e inizia un percorso di redenzione”. Come ti sei trovato a lavorare in alta montagna? Hai avuto difficoltà? “Quando sono arrivato in montagna ho fatto scopa. Ho vissuto la montagna da bambino e tutt’ora la frequento. Sapevo a cosa stavo andando incontro dal punto di vista dell’ossigeno in altitudine e dal punto di vista climatico. In estate, nella stessa giornata, puoi trovare l’inverno e l’estate. Quando lavori devi adattarti alla situazione. Per questo, è una serie molto difficile. Il fascino della montagna è imbattibile”. Negli ultimi anni, la natura è stata maltrattata.
© Fot o di Robert a Kras nig
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stato l’incontro con Alessandro D’Alatri che si è innamorato dei nostri spettacoli e ha iniziato a produrli”. Nei tuoi ruoli, sempre comici e brillanti, non esiti nemmeno a far smorfie: per una bella è più difficile far ridere? “Hai detto una cosa molto vera: è proprio difficile per una bella far ridere per cui voglio ringraziare Danilo che non ha esitato a guardare oltre l’apparenza intuendo appieno le mie potenzialità, tirandole fuori e scrivendo per me dei ruoli divertentissimi”. Dove sei di scena questa stagione? “Quest’anno recito anche con Toni Fornari, Simone Montedoro, Giancarlo Ratti ed Emanuela Fresi in 'A Capodanno tutti da me', una compagnia in cui sono entrata solo quest’anno ma con cui mi son trovata bene da subito. Con Danilo De Santis e i nostri spettacoli abbiamo parecchie date in tour con 'Sali o scendo', molto rappresentato anche da compagnie amatoriali che noi piacevolmente andiamo a vedere; a maggio sempre insieme andremo in scena con 'Stella di casa' al Teatro Tirso di Roma”. Hai detto che spesso assisti altre compagnie fare “Sali o scendo”: cosa provi nel vedere altre attrici interpretare il tuo ruolo? “Una forte gelosia, ho una forte possessività del personaggio che mi infastidisce perché vedendolo ti rendi conto che il personaggio vive pure senza di te: Serena vive anche se non la faccio io e questa cosa è bellissima e terrorizzante al tempo stesso”. Lavorare come ballerina al tuo livello è stato molto impegnativo? “La danza è tanto lavoro, è rigore, sei sempre messo alla prova però è l’unico lavoro che conosco e avendolo fatto sin da bambina non conosco altro modo di farlo”. Hai completamente chiuso con la danza? “No, spesso mi chiamano come coreografa in trasmissioni televisive; di recente ho fatto 'Maledetti amici miei' o le trasmissioni di Fazio o Saviano, lavori soddisfacenti. Diciamo che dopo tanti anni ed esperienza ho la fortuna di poter scegliere con chi lavorare”. Con quale cantante ti sei trovata meglio come ballerina? “Mi è piaciuto molto Robin Williams, perché sul palco si da tantissimo, è molto vivo, è presente; pure con Ricky Martin anche se come artista è più pacato. Tra gli italiani ho sicuramente Baglioni nel cuore ma anche perché ci ho davvero lavorato dai tempi di Anima mia a Capitani Coraggiosi”. I tuoi ti hanno mai ostacolata nei tuoi progetti artistici? “Mi hanno fatta ragionare ma sempre sostenendomi. Qualsiasi passo io abbia fatto c’era al mio fianco mio padre o mia madre ad accompagnarmi; davanti ad una proposta di lavoro mi facevano capire che la potevo fare
se ciò mi faceva stare bene; se invece non mi faceva stare bene potevo mollare perché non era necessario. Di quanto grande fosse il loro sostegno me ne rendo conto ancor più adesso che li ho persi ambedue. Mi hanno supersostenuto. E mi hanno anche insegnato a tenere i piedi per terra abituandomi a lavorare al loro fianco tra una pausa e l’altra dei tour. Con mia madre ci ridevamo sopra quando l’aiutavo al banco dei casalinghi che aveva al mercato di Primavalle: 'ieri ti hanno portato in Limousine, oggi riordini le scatole negli scaffali!', mi diceva”. Fra tutti questi impegni c’è spazio per una relazione amorosa? “Sì, al di là di quel che si possa fantasticare sulla vita quotidiana degli attori direi che mi piace condividere con Matt, con cui sono mio fidanzata da anni, anche lui attore in America; la nostra è una quotidianità molto poco mondana: direi anzi che siamo una coppia da caffè e giornale più che da red carpet”. Roberta Mas tromichele con Danilo De Santis
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musica
Daniele Silvestri “Le mie canzoni sono lo specchio di ciò che vedo” di Giulia Bertollini
Con il brano “Argentovivo” ha portato assieme al rapper Rancore sul palco di Sanremo 2019 una generazione di giovani disillusi. Un brano che continua a registrare un grande successo tanto da aver vinto nelle scorse settimane anche il Premio Tenco. Stiamo parlando di Daniele Silvestri che per festeggiare i 25 anni di carriera qualche mese fa è partito con il suo tour “La terra dal vivo sotto i piedi”. Un anniversario importante che lo ha spinto a realizzare una scenografia di notevole impatto visivo che non prevede un palco ma una collinetta di terra al centro. In questa intervista, realizzata a margine della premiazione del Roma Videoclip, Daniele ci ha raccontato la sua ultima “follia”. Daniele, al Roma Videoclip sei stato premiato per il videoclip “Scusate se non piango”. “E’ stata una grande scommessa e insieme a me hanno vinto anche coloro che hanno partecipato al videoclip. Un cast geniale di attori che ci hanno messo tanta passione e che sono stati accomunati dalla voglia di sognare ancora, a prescindere da qualsiasi cifra. Li ho riuniti ad Angelo Mai, uno di quei luoghi che nascono un po’ per fortuna e un po’ per testardaggine in cui si fa cultura. Questa canzone racconta la storia travagliata che ha vissuto quello spazio e lo fa in modo catartico e liberatorio”. Hai scritto tante colonne sonore. Immagino che scrivere per il cinema sia stata un’esperienza stimolante. “Ti confesso una cosa. Scrivere per il cinema è sicuramente diverso però quando lavoro per un disco cerco di ragionare come se stessi scrivendo la sceneggiatura di un film. Mi aiuta di più”. Come è successo ad alcuni tuoi colleghi, hai mai pensato di metterti in gioco nella recitazione? “Mi è anche capitato in un cameo in cui interpretavo me stesso. Non penso di essere portato per la recitazione. Po-
trei pensare di scrivere qualcosa per il cinema ma non ho mai creduto nella mia bravura come attore. Ogni volta che mi rivedo in qualche scena di un videoclip mi faccio anche schifo. Pertanto, direi che non c’è rischio”. Ci parli del tuo tour che a livello scenografico rappresenta una novità? “Sono partito dall’idea di mettere al centro del palco un mucchietto di terra. Poi questo cumulo si è trasformato in una collinetta. Volevo sfruttare l’occasione di avere un luogo come il palazzetto che fondamentalmente è un contenitore vuoto per realizzare questa follia. Partendo dal fatto che l’album si intitola 'La terra sotto i piedi' ho voluto un palco che richiamasse le radici. E’ stata una scommessa. Raramente ricordo di essere stato orgoglioso come questa volta”. Hai da poco festeggiato 25 anni di carriera. C’è un ricordo a cui sei più legato? “Ce ne sono tantissimi. Non mi scorderò mai però il momento in cui sono salito a cantare sul palco del lungomare dell’Havana a Cuba davanti a 40.000 cubani che non avevano la più pallida idea di chi fossi. Riuscii a farli ballare e per me fu una grandissima soddisfazione professionale”. Qual è il ruolo degli artisti in un momento in cui non ci si fida più della politica? “Non devono essere per forza gli artisti a sostituire i politici però possiamo a volte ricordare loro qualcosa. Gli artisti devono anche saper regalare sogni ed evasione. Personalmente tendo a guardare al mondo con uno sguardo critico e attraverso le mie canzoni racconto ciò che vedo”.
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musica
FORJAY
“Nelle nostre canzoni c’è tutta la bellezza della vita” di Mara Fux
S p l e n d i d a v o c e d e i F o r J a y, i l c a n t a n t e marchigiano Simone Cesaro ci racconta i messaggi del loro nuovo disco. Simone, perché “Siamo Eternità”? “'Siamo eternità' non è solo il titolo del disco ma un messaggio indirizzato a tutti, un invito alla riscoperta di quello che siamo, a considerare seriamente che non siamo solamente i nostri corpi, le nostre ossa, i nostri muscoli ma siamo quel 'qualcosa' che ci abita dentro, quel 'qualcosa' di inconoscibile che poi ciascuno di noi identifica come meglio crede nel rispetto della propria cultura e della nostra tradizione. Abbiamo dato questo titolo al disco perché è anche il titolo del brano che rappresenta più degli altri la direzione generale del lavoro che la band ha fatto; è un pezzo che riassume il senso della scrittura dei testi che presentiamo e probabilmente quello che ci rappre-
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senta di più”. “Ho chiuso gli occhi per un po’, ascoltando il mio silenzio, per cercare di vedere, oltre il muro dei miei sensi”: è questa la chiave di volta del brano? “Sì, i nostri sensi molte volte rappresentano proprio la nostra prima barriera; chiudere gli occhi, riflettere in silenzio ci fa rendere conto di quello che veramente siamo e di ciò che realmente ci accomuna gli uni agli altri ma soprattutto ci permette di considerare che siamo altro, siamo qualcosa che non ha confini”. Con un messaggio così profondo, perché avete scelto il brano “Per ogni volta” per girare il video? “Perché eravamo talmente consapevoli della forza del messaggio di 'Siamo Eternità', che abbiamo preferito proporci al pubblico con un brano nel quale si potesse identificare di più. Un testo come quello di 'Per ogni volta' che invita l’ascoltatore a vedere il sole dalla crepa del muro che ha davanti, è più vicino alla massa rispetto ad un concetto come quello di Siamo Eternità che è più selettivo nel suo invito alla riflessione. 'Per ogni volta' è il brano del riscatto, sollecita a rialzarsi, ti dice che dentro le difficoltà stesse puoi trovare la forza per vivere ripartendo proprio dalle difficoltà stesse. 'Siamo Eternità' in qualche modo è un brano di denuncia sociale, ti dice: attenzione, abbiamo già avuto guerre per il colore della pelle, tirato su muri, guardiamo meglio dentro di noi, non ripetiamo gli stessi errori”. Quando nascono i Forjay? “Nasciamo nel 2013 con una formazione più numerosa che si è più volte modificata nel corso del tempo fino ad arrivare all’attuale composta da me alla voce, Nicola Monti al basso, Gianluca Spedaletti alla chitarra elettrica e Marco Del Gobbo alla batteria”. Avevate già chiaro il progetto musicale? “Siamo partiti dal gospel rock americano tradotto e reinterpretato secondo il nostro stile. Da lì a breve è nata l’esigenza di una musica nostra, inedita, esigenza che si è manifestata nel primo disco 'Occhi tra le Stelle'”. Cosa vi tiene uniti? “L’intendere la musica come un potente strumento di comunicazione sociale. Crediamo fortemente che si possa fare musica ad alto livello professionale facendo di noi e dei nostri brani dei mezzi di trasmissione di valori profondi per cambiamenti sociali. Fare musica è il canale potentissimo per trasmettere ciò in cui crediamo”. Quale è il primo messaggio che vi proponete di trasmettere? “Che la vita è bella anche se a volte non la comprendiamo; è facile dire che la vita è bella quando hai i soldi, la salute; è meno facile quando vengono a mancare gli uni o l’altra. Se mi guardo indietro nei miei momenti no, posso dire che senza quei momenti non lo sarebbe potuta essere perché anche loro sono stati fondamen-
tali”. Punti alle vette musicali: non hai paura di essere schiacciato dal successo? “Bella domanda. Ho paura. Quello che faccio e che un giorno potrò dire di aver fatto, può schiacciare perché come tutte le cose che piacciono può creare dipendenza e diventare dipendenti rovina. Ecco, se un giorno mi dovessi accorgere di diventare 'dipendente' farei un passo indietro. La musica è un mezzo, non un fine. Certo, non voglio essere ipocrita: fin da bambino sogno di vivere di musica ma non voglio esser schiavo del sistema”. Rispetto al mondo giovanile cosa ti riprometti di essere? “Musicalmente parlando vorrei essere un’alternativa. Attenzione: lungi da me la prosopopea di essere l’unica alternativa, perché in Italia nel contesto pop ci sono tanti artisti che fanno musica positiva ad esempio Nek, Mengoni o Jovanotti che stimo particolarmente. Però mi piacerebbe essere per i giovani un’alternativa vera e di riferimento a tanta negatività che si ascolta e si vede ovunque si accenda un canale; un’alternativa che infondesse loro forza nelle scelte quotidiane”.
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musica
CHARTS & NEWS Curiosità e novità dal mondo musicale a cura di Silvia Giansanti, in collaborazione con Foxy John Production www.foxyjohnproduction.com
TOP 10 EUROPA 1 “Dance Monkey” - Tones and I 2 “Own it” - Stormzy ft. Ed Sheeran & Burna Boy 3 “Don't start now” - Dua Lipa 4 “Before you go” - Lewis Capaldi 5 “Roxanne” - Arizona Zervas 6 “Orphanes” - Coldplay 7 “River” - Ellie Goulding 8 “Memories” - Maroon 5 9 “Everithing I wanted” - Billie Eilish 10 “Lose control” - Meduza & Becky Hill & Goodboys
TOP 10 USA 1 “Heartless” - The Weeknd 2 “Circles” - Post Malone 3 “Roxanne” - Arizona Zervas 4 “Someone you loved” - Lewis Capaldi 5 “Memories” - Maroon 5 6 “Blinding Lights” - The Weeknd 7 “Good as hell” - Lizzo ft. Ariana Grande 8 “Lose you to love me” - Selena Gomez 9 “Everything I wanted” - Billie Eilish 10 “10.000 Hours” - Dan + Shay & Justin Bieber
TOP 10 ITALIA 1 “In mezzo a questo inverno” - Tiziano Ferro 2 “Bravi a cadere” - Marracash 3 “Al telefono” - Cesare Cremonini 4 “Non avere paura” - Tommaso Paradiso 5 “Se ti potessi dire” - Vasco Rossi 6 “Spirito nel buio” - Zucchero 7 “Duemila volte” - Marco Mengoni 8 “Blun7 a swishland” - Tha Supreme 9 “Stupida allegria” - Emma 10 “Vento sulla luna” - Annalisa ft. Rkomi
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DUA LIPA La cantautrice e modella britannica di origini albanesi-kosovare ha iniziato la carriera musicale all'età di 14 anni. A supporto del nuovo album “Future Nostalgia”, si prepara ad un tour europeo che la vedrà anche a Milano nel mese di aprile. ARIZONA ZERVAS E' un rapper ventiquattrenne e cantautore americano del Maryland. Questa canzone ha già raggiunto le vette della Billboard Hot 100, dopo essere stata in rilievo nelle liste di Spotify.
THE WEEKND Ecco il nuovo “Senza cuore” e l'artista è infatti in giro per Las Vegas a cantare di questo cuore spezzato che ha adesso difficoltà ad amare. E' uscito anche un altro singolo “Blinding Lights” che è ugualmente in chart e a breve il suo debutto cinematografico in “Uncut Gems”. POST MALONE Pseudonimo di Austin Richard Post, ha debuttato nel 2015 con il pezzo “White Iverson”, facendosi notare alla grande. E' nato a New York e deve molto a suo padre che in gioventù è stato un dj. Il nome d'arte lo ha scelto a 15 anni di età.
THA SUPREME La nuova promessa fa musica davvero originale, uscendo dagli schemi. E' romano, classe 2001 e si chiama Davide Mattei. A soli diciassette anni è stato preso sotto l'ala protettiva di Machete. E' un producer e un rapper molto richiesto al momento. ANNALISA In vista del suo nuovo album, la cui uscita è prevista in primavera, l'artista duetta con Rkomi in un brano che parla di quei momenti in cui ci si può sentire soli anche in mezzo alla folla, assorti nei pensieri. Un unico evento live è previsto per il 4 maggio a Milano.
eventi
Ischia si tinge di Rosa A Forio la giornata internazionale contro la violenza sulle donne di Roberto Ruggiero
Si è svolta a Forio (Napoli) la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, organizzata dall'amministrazione comunale a s s e s s o r a t o a l We l f a r e , i n c o l l a borazione con l'agenzia letteraria Contrappunto House Of Books e l'Associazione Itinerari. Ospiti d'eccezione, la sceneggiatrice e scrittrice Mariella Sellitti e l'attrice Gina Amarante. Parte della giornata è stata dedicata agli incontri nelle scuole, dove è stato anche proiettato il cortometraggio "La scelta" del regista Giuseppe Alessio Nuzzo, in cui la Amarante affianca Cristina Donadio. Al piazzale del Soccorso è stata collocata l'installazione permanente denominata "Il posto delle donne", titolo della giornata, fortemente voluta dall'assessore Angela Albano, in sinergia con Cristina Rontino, responsabile di Punto D, sportello di ascolto per le donne attraverso il quale si attivano percorsi di sostegno e assistenza. Al Cinema delle Vittorie si è svolta una tavola rotonda tecnica, affiancata da interventi musicali, performance di danza (con i ballerini professionisti Mariella Carleo e Luigi Fortunato), la presentazione del libro di Mariella Sellitti "Le forme dell'amore". La manifestazione è stata coordinata da Graziano Petrucci, Rosa Gargiulo e Gigi Lista.
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mondo pet
Cristina Valeri “Scegli un cane per amico” di Mara Fux
B e l l a , i n t e l l i g e n t e e p u r e a l q u a n t o c o r a g g i o s a , C r i s t i n a Va l e r i è i l n u o v o p r e s i d e n t e della sezione romana di LEIDAA la Lega Italiana a Difesa degli Animali e dell’Ambiente. Hai sempre amato gli animali o ti sei avvicinata a loro dopo un episodio particolare? “Li ho sempre amati: i miei genitori mi hanno educata all’amore verso la natura, in casa abbiamo sempre avuto un via vai di cani e gatti di ogni dimensione e razza; quando poi sono andata a vivere da sola ho continuato ad essere sensibile al mondo animale, ho convinto amici a fare delle adozioni direttamente dai canili insomma mi sono data daffare. Un episodio particolare però c’è stato ed è legato all’esondazione del Tevere del 2007, annunciata a gran voce da tutti i tg: pensando ai gatti che vivevano allora nei dintorni del fiume, armata di gabbiette e croccantini, sono andata con delle amiche a salvarli e, vincendo sulle questioni che ovviamente mi ha posto allora il mio ex marito, me ne sono portata a casa una dozzina che poi ho fatto adottare a tutti quelli che potevo, tenendone però ben sei che, a dirla tutta, lui ha voluto con sé quando ci siamo separati”. Quindi sei riuscita a trasformare il tuo ex in un animalista? “Sì, è diventato un mio gran sostenitore anche se prima di quel momento non aveva troppo amore per gli animali. Ma questo è successo anche con il mio attuale fidanzato che ho convinto a fare della sua casa di Frascati una piccola colonia dove vivono oggi dei gatti abbandonati”. E come è iniziata la tua avventura con Leidaa? “A Leidaa mi sono avvicinata accompagnando proprio il mio fidanzato in Calabria dove lui andava per lavoro; lì ho capito le problematiche enormi del randagismo e le crudeltà che avvengono nei confronti degli animali. Comprendendole, ho iniziato a cercare un’organizzazione che mi desse ascolto quindi dapprima mi sono rivolta a loro
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cover story Ange lo Pel uso con Cris tina Roncal li
Angelo Peluso
Di giorno “Cenerentolo” e “Principe” di sera di Silvia Giansanti
Il bellissimo e simpatico personaggio, campano doc, ha deciso di parlare in esclusiva per noi di un suo momento. Angelo gravita nel mondo dello spettacolo ormai da anni. Di certo non è cosa facile orbitare nel mondo dello showbiz e di questo Angelo Peluso ne è perfettamente al corrente, avendo provato sulla sua pelle tante situazioni. Soprannominato 'l'amico delle dive', alcune volte si aspettava qualcosa che invece non è mai arrivato. E allora ecco che non si è perso d'animo, rimboccandosi le maniche in tutti i sensi, sopperendo i momenti vuoti con i cosiddetti lavori umili. Un vero uomo di valori. E di questo ne va orgoglioso, lanciando un messaggio a chi magari vorrebbe arrivare subito e a tutti i costi. Angelo, facciamo un bilancio dei tuoi primi quarant'anni. “Per me questo è un anno importante perché ad aprile scorso ho compiuto i miei primi quarant'anni ed era un po' di tempo che volevo un regalo pieno di soddisfazioni per questa età, sia per me stesso che per le per-
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“Sì, ho rifiutato anche proposte importanti, commettendo errori di valutazione. Qualche colpa è anche da addossare a me, oltre al fatto che mi aspettavo da qualche amica con un nome importante, un aiuto concreto. Ma pazienza! Il mio pensiero è stato sempre 'se non sono riuscito fino in fondo, vuol dire che non lo merito', ma forse tutto ciò è stato dettato da un momento particolare della mia vita”. Poi hai avuto un ripensamento. “Certo, in quanto vedevo che continuavano a chiamarmi, a farmi delle proposte interessanti. Essendo poi 'amico delle dive', ho condotto tante serate con Maria Monsè, con Carmen Di Pietro, con Valeria Marini, con Pamela Prati, con Angela Melillo, con le ex ragazze di 'Non è la Rai' e con la splendida Francesca Cipriani con la quale ultimamente ho vari progetti di lavoro”. Hai avuto insomma un attimo di confusione. “Assolutamente. Volevo anche tornarmene dalle mie parti ad Agropoli dove c'è la mia famiglia. Però a pensarci bene, anche a Roma ho il mio Marco, la mia casa, le mie cagnoline e tanti veri amici. Volevo semplicemente scappare da cose che negli ultimi anni non mi avevano donato delle certezze”. Che cosa hai fatto nei momenti di buco? “Mi sono reinventato e non nascondo che anche oggi ho una vita parallela, fatta di pulizie nei condoAng el o con Maria Mon sè mini al mattino con guanti alla Masone intorno che amo. Quindi ci sono stati pensieri strolindo e di 'stira e ammira' a casa di qualche un po' negativi perché magari mi sono lasciato con- signora e di serate con le dive quando capitano. Purdizionare dall'età. Riconosco che ho fatto tante cose troppo l'arte non sempre mi dà da vivere. Non mi importanti, ma non sono mai esploso realmente vergogno affatto di questo, anche io ho le rate della come meritavo. Sono un piccolo umile personaggio macchina e le bollette da evadere. Ho cercato di troche gira in questo settore, non avendo però la fortuna varmi qualcosa che mi desse la possibilità di avere di poter lavorare sempre in modo continuo. Mi con- ore da dedicare allo spettacolo”. sidero tuttavia fortunato perché ho comunque le mie Cosa si sta muovendo per te attualmente? serate e altre cose. Non nascondo che in questi ultimi “Oltre alle serate, al programma 'Funny Moon', sono mesi il mio pensiero è stato anche quello di abban- diventato attraverso Istragram testimonial di piccoli donare tutto, come tanti artisti”. brand come Gioyel, Black Noise e Lcbags, LauracoTi è capitato di fare errori? lucci. In più sarò ospite di una puntata di un proAnge lo Pel us o con Il aria Galas si
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