GREEN FASHION L A
P R O D U Z I O N E
" M O D A "
T U T E L A
L’ A M B I E N T E
IL CASO EUROJERSEY
Il ciclo produttivo integrato Investimenti in tecnologie eco-compatibili, risparmio di energia, riduzione degli scarti, abbattimento dell’inquinamento Eurojersey è conosciuta a livello internazionale per le caratteristiche altamente performanti dei tessuti Sensitive Fabrics. Alla base del successo c’è una strategia imprenditoriale che combina innovazione e costante attenzione della qualità con uno sviluppo sostenibile della produzione su larga scala. Anni di ricerca e di investimenti mirati hanno fatto dell’azienda un esempio di risparmio energetico e di rispetto per l’ambiente. Il ciclo di produzione integrato le permette di ridurre il consumo di risorse naturali e l’impatto ambientale della produzione. Con il programma SensitivEcoSystem Eurojersey coinvolge clienti e consumatori in un progetto di svilup-
po eco-sostenibile che segua tutto il ciclo di vita dei prodotti. ENERGIA
Interventi mirati sugli impianti di servizio, come le centrali di pompaggio acqua, i compressori e gli impianti di condizionamento, assieme all’introduzione di macchinari di produzione dotati di motori più efficienti, hanno permesso a Eurojersey di ridurre, rispetto al 2007, il consumo annuo di energia di circa 700 MWh pari al 8% del totale, ed equivalente ad una mancata emissione di circa 400 ton di CO2. Inoltre, disporre di un impianto fotovoltaico a pannelli solari, istallati sulle tettoie dei parcheggi aziendali, che produce annualmente 19.000 kWh, sufficiente per soddisfare i consumi di energia elettrica degli uffici. Ma l’impegno dell’azienda non si ferma al risparmio energetico. E’ anche attenta alla qualità delle risorse necessarie per produrre i propri tessuti: dal 2008 utilizza solo energia da fonti rinnovabili di provenienza certificata. Lo stabilimento di Caronno Pertusella funziona esclusivamente con elettricità generata da sole, vento e acqua. ACQUA
Con la tecnologia di stampa Ecoprint da lei brevettata, Eurojersey ha ridotto il consumo annuo di acqua di 16 milioni di litri. È una tecnica innovativa che reaHi-Tech Ambiente
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GREEN FASHION ARIA
Come già detto, Eurojersey utilizza moderne tecnologie e svolge una costante manutenzione degli impianti per diminuire l’impatto della produzione sull’aria. Grazie ad un efficiente recupero di calore nel processo produttivo, pari a circa il 10% del consumo totale di gas metano, ed a recenti lizza disegni e colori di alta qualità, riducendo i consumi di acqua e di energia necessari al trattamento dei tessuti. Inoltre, lo stabilimento è dotato di un impianto di depurazione che permette di riutilizzare l’acqua usata per raffreddare i fumi; ben 7.000 litri di acqua alla temperatura di 85 °C che ogni ora vengono recuperati in una vasca di stoccaggio, per essere poi riutilizzati nel ciclo produttivo dei tessuti e nell’impianto di riscaldamento dei reparti. Il sistema integrato di riciclo riduce il consumo, ma anche le acque residue, derivate dal processo di lavorazione, vengono recuperate affidandole a un consorzio esterno per la depurazione che ne certifica la qualità.
investimenti in efficienza energetica, sta progressivamente riducendo le emissioni di anidride carbonica. Il recupero di calore dall’impianto di depurazione fumi consente un risparmio di circa 200.000 metri cubi di metano. Lo stesso impianto di depurazione provvede anche a raccogliere il condensato dei fumi, circa 15.000 litri di
olio in un anno, impedendo così l’inquinamento dell’aria. RIFIUTI
Grazie alla collaborazione di ciascuno, l’azienda è riuscita a ridurre la quantità di rifiuti e provvedere a una completa raccolta differenziata destinata al riciclo. Annualmente, vengono recuperati dal processo produttivo circa 10 ton di cellophane e 20 ton di scarti tessili, riavviandoli a nuova vita tramite la filiera del riciclo. Inoltre, viene posta molta attenzione ad evitare sprechi di carta e cartone, adeguando sempre gli imballaggi alle dimensioni del prodotto pronto per essere spedito con minore ingombro. Sul piano della produzione, invece, i continui miglioramenti degli impianti e della loro gestione hanno determinato una riduzione degli scarti di lavorazione. Il perfezionamento dei processi di tintura e stampa ha portato, per di più, ad avere una migliore resa delle sostanze coloranti, abbassandone il consumo senza cambiamenti della qualità.
GREEN FASHION SE NON LA USI NON LA INQUINI
La tintura senz’acqua I processi implementati consentono maggiore produttività, minor impiego di prodotti chimici e minori consumi energetici zata nei processi di tintura viene restituita all’ambiente pesantemente inquinata: lo spostamento delle produzioni tessili nei Paesi in via di sviluppo (come India, Bangladesh, Thailandia, Vietnam e Cina), dove i controlli di tutela ambientale sono praticamente inesistenti, ha portato a scaricare nei fiumi ingenti quantità di sostanze nocive da tempo vietate in Europa, come i coloranti azoici ed all’anilina, gli ftalati ed i nonilfenoli etossilati. LA SOLUZIONE: FARE A MENO DELL’ACQUA
C’è un sistema molto semplice per non inquinare l’acqua: evitare di usarla! Negli ultimi tempi, sono stati sviluppati a livello industriale tre diversi processi di tintura che utilizzano pochissima acqua, o addirittura zero, ottenendo inoltre maggiore produttività, minor consumo di prodotti chimici e minori consumi energetici. Due di questi processi sono dovuti a società americane (AirDye e ColorZen) ed uno ad un’azienda olandese (DyeCoo). Il processo AirDye, sviluppato dalla californiana Colorep, utilizza un procedimento analogo alla stampa rotocalco: il tessuto viene riscaldato e messo in contatto con un cilindro rotante dove è posta una speciale carta che contiene i coloranti; questi vengono vaporizzati a trasferiti alla fibra, mentre la carta può essere riciclata. Il processo utilizza il 95% in meno di acqua e l’86% in meno di energia rispetto alla tintura convenzionale, ma è applicabile solo alle fibre sintetiche; attualmente, è impiegato da alcune industrie statunitensi, tra le quali le più note sono Patagonia (articoli sportivi) e Miss Peaches (costumi da bagno). Il processo ColorZen, sviluppato dall’omonima società americana, si applica alla più comune delle fi-
L’industria tessile è da tempo considerata uno dei maggiori consumatori di acqua: si stima che su scala globale ne impieghi vari milioni di metri cubi ogni anno, cioè migliaia di miliardi di litri. Buona parte di questo enorme consumo è legata a processi di tintura, ed alle varie fasi a monte (lavaggio, candeggio) ed a valle (fissaggio, risciacquo) della tintura vera e propria. Orientativamente ogni anno vengano sottoposti a trattamenti di tintura circa 28 milioni di tonnellate di tessili; ed ogni tonnellata richiede da 100 a 150 metri cubi d’acqua, per cui annualmente vengono consumati oltre 4 miliardi di metri cubi d’acqua. La maggior parte dell’acqua utilizHi-Tech Ambiente
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bre naturali: il cotone. Questo viene modificato chimicamente in modo da renderlo maggiormente ricettivo ai coloranti; in questo modo si utilizza il 90% in meno di acqua, il 95% in meno di prodotti chimici, il 75% in meno di energia, e circa metà della sostanza colorante rispetto ai processi convenzionali. Il processo DyeCoo, dovuto alla società olandese DyeCoo Textile Systems, è ancora più rivoluzionario: azzera del tutto l’impiego dell’acqua impiegando anidride carbonica in fase supercritica (a temperatura maggiore di 31 °C e pressione superiore a 74 bar). Il processo è stato ufficialmente reso noto nel 2009 ed è il risultato di 10 anni di ricerche compiute in collaborazione con l’università olandese di Delft. L’uso della CO2 supercritica consente di estrarre i residui degli oli di filatura, di disperdere i coloranti e di fissarli stabilmente sulle fibre, allontanando senza difficoltà le quantità in eccesso, che risultano facilmente riutilizzabili. Al termine del processo la CO2 viene depressurizzata e può essere recuperata e riutilizzata; poiché non si impiega acqua, non è necessaria l’asciugatura finale. Il processo DyeCoo consente di ridurre dal 30 al 50% i costi di produzione; in particolare, vengono dimezzati i consumi energetici; i limiti del processo sono che per il momento è applicabile solo alle fibre poliestere, e soprattutto il costo del macchinario, che va da 2,5 a 4 milioni di dollari. Il primo produttore di fibre che ha deciso di adottare il processo DyeCoo è la società tailandese Tong Siang, che ha ribattezzato il processo “DryDye”; molto interessate al processo sono la Adidas e la Nike, che ha recentemente siglato un accordo di partnership con la DyeCoo Textile Systems. Hi-Tech Ambiente
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