SIT Lo zero stavolta "T" X-XI

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100 teiere

KARIN LINDSTRÖM

La donna del mese

PASSIONE TORNIO TOKYO FATTORE LACRIME

SIT N.Zero Lo zero stavolta

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luglio - agosto 2019

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Kyoto Animation Violet Evergarden A LT RE GE O ME T RI E

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VINI DELLA FATICA II PARTE Sandro Fracasso Titoli di coda I TALLI DE ‘NA FOJETTA EXPOSIT PRENDERE FORMA

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Torna IN AUTUNNO con l’uscita speciale n.12 Un anno di pubblicazioni free press

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SIT N.Zero Lo Zero STavoLTa

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Na fojetta Via Risorgimento 4 Frascati 06 972 45 420 - 345 76 71 693 https://www.facebook.com

SIT N.Zero

(X-XI) di Daniela Zannetti con Karin Lindström Barbara Augenti, Francesca Colaluca, Fabio Camilli, Sandro Fracasso, Ph Simone Pezzè

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Lo zero stavolta “T”Ogni volta si apre uno scenario di connessioni concatenate da significati che formano un nuovo lessico di informazione: Personaggi chiave, creativi che insegnano nuove economie del tempo. O che semplicemente ci trasportano nella magia e ci rammentano il bisogno di mettere piede su terre nuove ed esplorare;o le mani in pasta nell’argilla per scambiare il proprio dono. Come nella«Sala dei destini» dove si provvede a creare l’uomo a partire dalla terra, inumidita nell'acqua e seccata dal fuoco, attorno all’argilla manipolata dal maestro ceramista Karin Lindström si crea un’ attesa simile al miglior paradigma della speculazione mitologica sulla creazione: “la creta umana deve possedere un quid impalpabile, una scintilla divina che arriva al prototipo umano mescolando l'impasto terreo con l'acqua pluviale, che ancora contiene in sé la natura soprannaturale dell'etere celeste”. Tutto ciò ha a che a fare con i 4 elementi cosmogonici, Terra, acqua, Aria incluso il Fuoco delle cotture degli impasti, che secca e fissa il materiale. Il mito greco assegna questo compito a uno dei personaggi più misteriosi e affascinanti del mito Promētheús, custode ed elargitore del fuoco e parafrasi del sapere. Ciondimeno l’acqua, mobile nel suo ciclo continuo di trasmissione e infiltrazione di contenuto, tenta di colmare l’arsura di sapere. Insomma attorno all’argilla nascono comunità di allievi manipolatori che nella manualità trovano il senso di creare: plasmando a mano libera o lavorando al tornio. “Passione Tornio” è dedicato dunque all’incontro di Karin Lindström conosciuta in occasione della personale ed inedita 100 TEIERE, in anteprima nazionale alle Scuderie Aldobrandini di Frascati. Esperienza che la colloca al centro di un grande interesse di pubblico e artisti. 20 pezzi della Collezione saranno ancora visibili al pubblico, esposti dal 3 al 31 agosto nell’EXPOSIT “PRENDERE FORMA” presso i locali di Na Fojetta Ristorante a Frascati. Nel sommario inoltre l’omaggio alla Kyoto Animation, casa di produzione di Animazione di Tokyo al centro di un attentato incendiario, che ha falciato, il 18 luglio scorso, 35 dipendenti dello Studio. Un evento che ha scosso il Giappone e il mondo intero con un grave bilancio umano e professionale per le figure coinvolte, tra cui il regista Yasuhiro Takemoto e le coloriste Naomi Ishida e Sachie Tsuda, esperte rispettivamente nel color design e nel clean up. Infine “I Vini della Fatica” Maremma amara, gli avventizi della Maremma , parte II che completa Le grandi Opere nelle tre Maremme nella tenace revisione della storia di vini e vitigni di Sandro Fracasso. I Titoli di Coda dedicati ai Talli. Buona lettura (DZ)

Teiere, Tornio, Tokyo X - XI 2019

SOMMARIO Lo zero stavolta

inCopertina

TEIERE

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Karin Lindström VOGUE LE 100

inSeconda IL FERRAGOSTO fuori porta ai Castelli Romani

4.5 PASSIONE TORNIO Le borsette del tè (Daniela Zannetti)

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TOKYO - KYOTO ANIMATION

#Violet Evergarden FATTORE LACRIME (SIT)

Altre geometrie

8.9.10

IL VINO DELLA FATICA Gli avventizi nella Maremma - Maremma amara PARTE ii e conclusioni di Sandro Fracasso

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11 TITOLI DI CODA I TALLI

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Na Fojetta

inQuarta L’EVENTO “PRENDERE FORMA di EXPOSIT ARTI IN TRANSITO: Karin Lindström.

Ph Raducan Gabriel

IOLEGGOSIT Un motivo per sostenerlo

SIT è “To Sit” fare un salto, sostenere e fare. Per questa edizione 2019 sostiene la campagna #iorispettoilciclista di e con Paola Gianotti e Marco Cavorso e realizza Il GIRODIPAOLA Frascati. Sostiene la campagna di sensibilizzazione sul riconoscimento della fibromialgia o CFS Chronic Fatigue Syndrome. Cura gli eventi ARTI IN TRANSITO -EXPOSIT

Argomenti Arte e cultura e Altre Geometrie: linkage ed estensioni; Anteprime. Storie del Gusto. Shot fotografici. Campagne di comunicazione. Frutto dell’esperienza di redazione giornalistica anche digitale, professionalmente aggiornata. Notizie di “prima mano” e approfondimenti.

paypal.me/ioleggosit SIT N.Zero è sfogliabile on line ISSUU/SIT FEEL

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SIT Lo Zero stavolta T

SOFT LADY

Cento è eterno Immagina tra le forme e l’esplosione dei colori, quella ideale da usare per un infuso. Accarezzando l’idea di averne una da collezionare…

Un tango, una Notte magica. Principi, Lune e Anemoni nel bosco. Lavanda, Ortensia e Menta; Soft Lady e Signore Piselli. La Grandine, il Ghiaccio, il Destino. Esplosione, Pace, Tempesta 100 teiere 100 titoli Il percorso espositivo di 100 TEIERE alle Scuderie Aldobrandini di Frascati ha avuto tutta l’allure di una kermesse di accessori di Altamoda: piccole, eleganti e originali “borsette” per il Tè sospese nel tempo di 4 stagioni, scandite dai ritratti fotografici di Karin Lindström al tornio, nel suo studio laboratorio e Show room, realizzati in un bianco e nero pastoso come il colore dell’argilla da Raducan Gabriel. 100 TEIERE perchè “Cento è eterno e mette a prova la capacità tecnica ed artistica” - dice Karin: “Sognavo di fare 100 teiere. Nel 1997 stavo sperimentando le mie prime teiere nel laboratorio di mia madre Ingrid Lindström quando mi venne regalato il libro del ceramista svedese Gösta Grähs “Cento Teiere” . Grähs aveva realizzato negli anni ‘70 una mostra con 100 teiere diverse. Così mi sono detta: un giorno le farò anche io. A modo mio”. Quel giorno è arrivato e 100 teiere 100 titoli sono 100 piccoli diversi sogni. Le manifatture di Karin Lindström compiono un prodigio espositivo. L’omaggio a Cento Teiere di Gösta Grähs ” Ett Hundra Tekannor” ci permette di riscoprire un grande ceramista svedese del 20° secolo che nelle sue teiere trasferiva forme e simbolismi acquisiti nei viaggi in oriente, sincretici esoterismi.

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TORNIO

#teiere

COLD NIGHT Indubbia manifattura, eleganza e originalità sono i tratti comuni e continui di questa arte dell’argilla duttile, che si risveglia contemporanea. Segnale di un decisivo recupero dell’arte della Ceramica come arte contemporanea, e nei progetti culturali ad essa dedicati.

“SOFT LADY” Gres, engobbio e cristallina, “COLD NIGHT” Gres refrattaria engobbio e smalto, “LA PRINCIPESSA CARAMELLA” Terraglia refrattaria, engobbio cristallina e oro (in IV di copertina) sono tre splendide teiere di Karin Lindström, artista e maestro ceramista nata ad Älmhult in Svezia e residente in Italia a Rocca Priora (Roma) dove lavora come Insegnante di Ceramica nel suo Laboratorio con Show room. Ideatrice e curatrice di THe POTTERY SHOW ha condotto Mostre Nazionali e Internazionali dal Macro al NYA, è stata insignita del “Ruota D'Oro” del Rotary International Roma e si è classificata seconda nella sezione Donne al Mondial Tornianti in Tour. E’ insegnante di Arte Visiva e Plastica, e Svedese.

PRENDERE FORMA

20 pezzi di ceramica artistica contemporanea della Collezione CENTO TEIERE saranno ancora a Frascati nell'EXPOSIT "Prendere Forma" dal 3 al 31 agosto nei locali di Na Fojetta Ristorante a Frascati. Le teiere di Karin riescono con le loro forme e colori, i richiami naturali agli elementi naturali Terra, Acqua, Aria, Fuoco, a trasmettere una ventata di energia creativa dalla quale è difficile sottrarsi. L'EVENTO organizzato da SIT N.Zero vuole dare continuità a questa magia accaduta già alle Scuderie Aldobrandini dove Artista e Opere hanno affabulato gli spettatori sino al 28 luglio. Il Vernissage della Personale con l'Artista, Entrata libera e Aperitivo offerto dai ristoratori di Na Fojetta -Via Risorgimento 4 Frascati SABATO 3 agosto ore18.00

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“KYOTO ANIMATION ” BARBARA AUGENTi

"Terrificante, sono senza parole. Prego per le anime delle vittime. Desidero esprimere le mie condoglianze ed augurare a tutti i feriti una pronta guarigione".

Questo è quanto ha twittato, in un cinguettio lugubre e dolente, il primo ministro del Giappone dopo l’incendio alla Kyoto Animation, il celebre studio di produzione di anime, meglio conosciuto come “KyoAni”, che ormai da 38 anni sforna Anime di notorietà mondiale. Quel giorno, lo scorso 18 luglio, c’erano settanta persone all’interno di quei locali, intente in una laboriosa produzione di qualità ed amore per i dettagli che li ha da sempre identificati nel settore . Trentacinque di queste hanno perso la vita nel rogo provocato da un uomo evidentemente desideroso d’incenerire proprio quella piccola, grande fabbrica di sogni giapponese. “T” come terribile perché questa è stata la peggiore carneficina avvenuta negli ultimi diciotto anni in Giappone. Full Metal Panic!, K-On! e la glorificata Violet Evergarden sono solo un piccolo tris vincente nel magico mazzo della casa di produzione che è ormai diventata un cult, scegliendo quello stile “moe” per i suoi personaggi: esteticamente attraenti, giovani, innocenti, vagamente sprovveduti, e con qualche bizzarra stranezza che ne aumenta il fascino. Indubbia resta la qualità che contraddistingue i suoi Anime e che fa della KyoAni una stella brillante di luce propria. Per quanto non si possa in alcun modo parlare di buone stelle di fronte ad uno scenario così devastante, si può comunque almeno rasserenarsi di fronte alla notizia del recupero del materiale che si credeva distrutto durante l’incendio.

“Violet Evergarden” #questo ti arriva dritto al dotto lacrimale

Il comparto audio presenta un totale di 47 tracce composte da Evan Call, impresse anche nel CD “Violet Evergarden Automemories”

#il comparto tecnico di violet è ineccepibile in ogni ogni episodio

Chara design, ambientazioni, paesaggi, colorazioni assieme all’audio, sono estremamente accurati. Hanno suggestiva capacità di farti sentire le emozioni: per questo si piange ad ogni puntata...

#violet e’ una macchina da guerra il maggiore Albert le da un nome le insegna a parlare e leggere ... Le regala una spilla che per Violet è del colore stesso degli occhi del Maggiore

#con Violet si piange a cascata TT

Violet è un essere delicato e pieno di sentimenti a cui non sa dare un nome perchè nessuno gliel'ha insegnato

“Violet Evergarden”

Un’orfana ancora bambina, viene “arruolata” da un esercito risoluto a sfruttare le sue incredibili attitudini belliche. Essendo cresciuta sui campi di battaglia, la giovane non ha mai avuto la possibilità di conoscere null’altro all’infuori della morte e viene soprannominata “arma” per la freddezza e la disinvoltura con cui riesce ad uccidere. Violet - questo è il nome che le da il Maggiore Albert, il suo diretto superiore, è una creatura inconsapevole di cosa possano essere i sentimenti, ed è mossa soltanto da un profondo e devoto automatismo verso il Maggiore che riesce, con lei al suo fianco, ad ottenere molte vittorie di guerra. Il narrato è profondo, la delicatezza del maggiore è un insieme di preoccupazione e afflato verso la sottoposta “bambola” e la sua innocenza, una sorta di nastro vergine che sente di dover incidere, istruire e modellare umanamente, sino a che non realizza che il suo è divenuto un sentimento d’amore per lei. In un combattimento Gilbert perde la vita. Anche Violet resta gravemente ferita e amputata delle braccia sino ai gomiti. A fine guerra la ragazza si ritrova quindi a dover imparare a vivere come una normale umana senza arti superiori, sostituiti da protesi, senza l’unica persona che l’aveva sempre considerata tale e a proseguire quel percorso di crescita interiore avviato alla scoperta di quelle emozioni che accompagnano direttamente gli esseri umani, fino ad arrivare a conoscere il significato delle parole "ti amo”: le ultime che le aveva proferito per lettera Gilbert. Tutto ciò che ruota attorno alla protagonista principale si svolge in modo tale da far risaltare il suo personaggio; quelli secondari non vengono approfonditi come per dare modo del processo interiore di Violet secondo i suoi tempi di reazione all’ormai profondo rapporto instaurato con l’Ufficiale. (SIT)

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t di tokyo

FATTORE LACRIME

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ALTRE GEOMETRIE IL VINO DELLA FATICA SANDRO FRACASSO

Gli avventizi in Maremma Maremma Amara PARTE II Ora però lasciamo sullo sfondo le grandi opere, per concentrarci sulla vita di ogni giorno, sulle fatiche inumane e disperate degli avventizi in maremma

Pochi luoghi come quelle zone hanno accolto braccianti dai posti più lontani, eppure ogni anno potevano contare su due flussi che possiamo definire prevalentemente “locali”: la transumanza e il lavoro avventizio. La località dei flussi sta a indicare che la transumanza in maremma avveniva principalmente -ma sia chiaro non esclusivamente- dalle montagne dell'Appennino toscano, parimenti in maggior parte toscane erano le colline da cui d'estate partivano i braccianti. Mentre della prima si è molto scritto ed è ora oggetto di progetti con finalità storico-turistiche, volti a ripristinare e aprire all'escursionismo i percorsi armentizi, il secondo è immancabilmente legato a ricordi di grandi fatiche e privazioni. Le condizioni di vita degli abitanti delle colline e dell'Appennino toscano centro-meridionale, anche ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale, erano tutt'altro che agevoli: famiglie numerose che abitavano poderi sperduti, non allacciati alla rete elettrica, a quella fognaria, agli acquedotti. Non andava molto meglio nelle piccole frazioni, dove spesso l'acqua viaggiava a dorso di mulo, la giornata finiva col calare del sole e le case erano sovraffollate, fredde e insalubri. Le risorse primarie erano una castanicoltura e silvicoltura prive di mezzi meccanici, che stremavano e schiantavano anche gli uomini più tenaci; un lavoro che impegnava l'autunno e l'inverno e lasciava le estati ai pochi che avessero terra lavorabile, o nulla più da dare alla fatica.

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Disegno di Francesco Del Casino Maitardi anno 13 1-2017 Istituto Storico della Resistenza senese e dell‘Età contemporanea

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IL VINO DELLA FATICA

Giocoforza i più energici emigravano, o accettavano i lavori stagionali che la maremma offriva. Erano contratti che oggi sarebbero rifiutati con sdegno: spesso prevedevano come compenso solo il vitto e l'alloggio e una misera buonuscita fatta di prodotti della terra, ma restare a casa sarebbe significato per molti fare e far fare la fame. Intervistando i figli oggi ottuagenari dei braccianti colligiani che andavano in maremma, mi ha colpito soprattutto la frase di uno di loro: “ ...si viveva come gli uccelli, s'andava dove c'era da mangiare, dove ce ne davano si lavorava. Molti dei nostri babbi non hanno conosciuto il denaro se non da vecchi; li pagavano sfamandoli, vestendoli e se andava bene davano loro anche del grano e un fiasco d'olio da portare a casa. Chi non aveva preso moglie spesso era mandato da solo come guardiano e tuttofare nei poderi più isolati, ma almeno così levava di casa una bocca da sfamare.” Si comprende allora, come siano nate le strofe della canzone Maremma amara e l'usanza ancora diffusa di inveire contro il ricordo di quelle terre, quale causa delle più disparate disgrazie: Tutti mi dicon Maremma, Maremma... Ma a me mi pare una Maremma amara. L'uccello che ci va perde la penna Io c'ho perduto una persona cara. Sia maledetta Maremma Maremma sia maledetta Maremma e chi l'ama. Sempre mi trema 'l cor quando ci vai Perché ho paura che non torni mai.

Purché non si acqua

Sembra che il parere degli esperti e quello dei discendenti degli avventizi in maremma coincida almeno su una opinione: entrambi reputano che il vino fosse un prezioso alimento di sostegno dopo le fatiche nei campi. Se oggi prevale un uso edonistico delle bevande alcooliche è anche perché sono rimasti in pochi a vivere di fatica. In un contesto sociale in cui la palestra diviene evento di massa per smaltire gli eccessi alimentari, il senso antico del vino si può dire completamente smarrito. Ben diversa era la situazione di un bracciante degli inizi del secolo scorso, che lavorava manualmente dall'alba al tramonto, in un contesto in cui la quantità di cibo disponibile era limitata e di conseguenza le calorie indispensabili tanto alte, quanto difficili da reperire.

Chiaro quindi che l'apporto del vino, nella sua azione di alimento di risparmio (di altre fonti di energia come zuccheri e grassi) combinata a quella di rilassante ed euforizzante, sia stato considerato indispensabile ad ogni desco, anche il più povero. Se la qualità non era da considerarsi degna di nota - anche perché non era la finalità principale di chi vinificava- ogni anno la quantità doveva dimostrarsi almeno sufficiente. Di conseguenza spesso si trattava di vini acidi, poco alcoolici, con sentori di acescenza e feccia. Non un vino da sorseggiare, ma da bere al posto dell'acqua (spesso non potabile), prima di riprendere la fatica, o per conciliare il riposo. Come effetto di queste reminiscenze, in alcune aree vitivinicole di minor pregio, anche in anni recenti è stato difficile far comprendere la necessità di potature volte a incrementare la qualità a discapito della quantità, del diradamento dopo l'allegagione (quantitativo) e prima dell'invaiatura (qualitativo). Solo i buoni risultati commerciali dei vini così ottenuti hanno convinto i più ostinati, eppure permangono esempi di produttori che hanno abbandonato consorzi e cantine, in accesa polemica con le pratiche di buona agronomia, difendendo una tradizione, che in questo caso coincide ineluttabilmente con scarsi od occasionali successi enologici.

Del perché delle pergole

A ben valutare i risultati dell'allevamento della vite a pergola nell'alta collina Toscana, si conviene che la sua prima funzione sia ora quella di offrire riparo dal sole. La produzione di uva tende al sovrabbondante, una maturazione uniforme è di difficile ottenimento, i vini che si ricavano sono tendenzialmente disarmonici e di scarso valore. Se però valutiamo i motivi per cui si scelse quella pratica, specie nelle aree a minor sviluppo e vocazione enologica, se ne comprende facilmente la ragione. L'allevamento a pergola difende l'uva dagli animali selvatici, può essere eseguito anche in piccoli fazzoletti di terra prossimi alle abitazioni così prevenendo i furti, garantisce rese che rasentato l'insensatezza (due sole viti a pergola possono produrre agevolmente due damigiane di vino scadente, ma pur sempre vino). È quindi chiaro il motivo per cui si è scelto questo tipo di allevamento nelle zone montane da cui partivano gli avventizi: povertà e quindi bisogno di quantità, limitata disponibilità di terreni idonei; l'obiettivo di catturare più luce possibile e tutelare dalle gelate tardive completano un quadro non insensato.

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IL VINO DELLA FATICA

Del perché delle pergole

Ancora oggi sono disponibili esempi di pergole con viti a piede franco centenarie; a testimoniare l'oculatezza delle scelte di chi portò con sé le barbatelle dalla maremma, c'è da dire che presero il ciliegiolo e non il sangiovese. L'alta collina è ricca di castagneti e in autunno pullula di ottimi funghi, come naturale conseguenza di una piovosità abbondante e temperature fresche dalla metà di settembre, quando il ciliegiolo è però già a completa maturazione. È quindi chiaro come sia stato preferito il ciliegiolo, più precoce e produttivo rispetto al sangiovese. Inoltre, in assenza di idonee concimazioni e di un supporto mirato con prodotti fitosanitari, la vinificazione da uve che in alta collina maturano verso la metà di ottobre (come il sangiovese), sotto piogge battenti e con temperature anche di dieci gradi inferiori a quelle della maremma, sarebbe stata impossibile, se non in annate eccezionali. A riprova di quanto affermato, ho ritrovato tra le colline metallifere rari esempi di viti di procanico centenarie allevate a pergola, la maturazione tardiva e la sensibilità del vitigno a oidio e peronospora hanno come conseguenza, tranne in annate calde e secche, produzioni scarse e qualitativamente non rilevanti.

#eoggi?

Con la fine dell'utopia autarchica e con lo sviluppo economico e turistico, la situazione è profondamente cambiata, facendo scomparire quasi del tutto la viticoltura e spesso l'intera agricoltura -esclusa forse la silvicoltura- dalle zone montane meno vocate. Il benessere conseguente al boom economico e all'ampliamento dei mercati ha portato a sostituire le viti delle pergole domestiche con uva fragola, che con la sua insita resistenza alle avversità e i frutti profumati ha meglio assolto al ruolo di protezione dal sole estivo e di decorazione dei giardini, che negli anni hanno soppiantato le coltivazioni attorno alle case. La consapevolezza che le nuove attività lavorative non impongono più una necessità di calorie superiore alle duemila al giorno, e una crescente responsabilizzazione nell'approccio al consumo di alcoolici, hanno infine favorito lo sviluppo di una enologia capace di soddisfare le richieste del degustatore più esigente, relegando le narrazioni di cui sopra a squisita aneddotica storica, il cui senso agrario si smarrisce, se non accuratamente contestualizzato.

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(Sandro Fracasso)

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TITOLI DI CODA

T di TALLI SAPORI DELL'ORTO Na Fojetta

Talli, Tallini a Napoli, Tenerumi in Sicilia. L’ Cimchcozz in Puglia. E Grattaculo ai Castelli romani per via del gambo puncicoso. I Talli sono tralci delle zucchine, la parte della potatura verde di sfoltimento che favorisce la produzione vegetale del resto della pianta. Germogli, tubi delle foglie e il primo ricaccio di zucchina sono commestibili e si prestano ad essere mangiati cotti e ripassati in padella I tubi vanno cavati, cioè sfilati dei filamenti e del dorso spinoso I talli di zucchina, sono ricchi di nutrienti e hanno proprietĂ purificanti e diuretiche. Altamente digeribili e con scarsissime calorie sono un concentrato di sali minerali e potassio.

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