SIT
Stupor mundi
Cori #Tyxy Bakery OPERAZIONE PANETTONE Dolci tra le pagine
Titoli di Coda
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Na Fojetta Ragù di Oca
SIT N.Zero Lo zero stavolta
Osservare sitnewsfeel@gmail.com Tutti i diritti riservati © 2018
Le Zare di Natale
“Maciste Pasticcione”
L’Operazione Natale dei pasticcieri con il Panettone, un dolce classico ma non troppo, almeno quello che intende Maciste “Pasticcione” di Cori con le sue speciali lievitazioni multiple per 72 ore. Zara, è la linea dei panettoni dolci, zara come sorgere della luce e sbocciare. Nell’accurato procedimento di lievitazione ad ogni rimpasto, il pasticciere Andrea Ceracchi “Maciste”, con tutta la strordinaria forza e bontà del personaggio mitologico del suo nome d’arte, aggiunge, pasticcia e impasta come da tradizione frutta secca, frutta candida, zucchero d’uva, creme e mosti ai suoi lieviti che attraverso gli intagli realizzati sulla superficie fioriranno sulla crosta come fiori. I panettoni restano morbidi nonostante le lunghe cotture (165° 55 min. c.a) grazie a una lavorazione lunga e complessa, a 3 lievitazioni, che garantisce al panettone un profumo e una morbidezza straordinari. Memore dell’antico panettone “basso” Maciste continua tuttora a produrlo con questa forma secondo l’usanza medievale di preparare i pani più ricchi. Il lievito madre dei dolci della pasticceria di Maciste proviene da impasti di farina e succo di uva bianca bellone, cresciuti per 7 mesi tra i filari di vite dell’azienda enologica di Marco Carpineti dove gode dei micro elementi naturali.
Stupor mundi
Zara Gino
E’ l’omaggio al padre “barman” che ha rappresentato l’evoluzione del Caffè a Cori. Una tendenza che vuole ricreare nel panettone i sapori della colazione di una volta: caffè, cioccolato e cannella. Caffè espresso e caffè macinato in polvere, cioccolato fondente dei Trappisti di Frattocchie. Povero di burro di cacao con burro 100 % di latte, è un panettone più asciutto di consistenza per le polveri di cacao, ma ricco di fragranze. Con glassa mandorlata, è un panettone da servire appena scaldato. Maciste conferma con questo dolce l’attenzione alle bontà di più valori.
Zara Reale con visciole dei Monti Lepini (rattafia), noci del Cilento, albicocche armogiane (soffici e dolci anche essiccate), mosto di Nero Buono.
Zara Oro con “nutella” fondente di pistacchio tostato biologico di Petra Melara e mandorle. La Nera Zara al vino rosso, con mele renette candite, uva (rigenerata al vino Nero
Buono), crema di cioccolato e Nero Buono nella glassa rosa.
Punti vendita “Tixi Bakery” via Cori Cisterna, 4 Cori (LT) 06 96779647 “Maciste” via della Stazione, 225 Latina Scalo (LT) ‘Na Fojetta via Risorgimento 4, Frascati (Rm)
SIT
SIT N.Zero Lo zero stavolta
Osservare
ero
2018
SIT_O
N
l’OPERA
La Domus Opera dell’artista Carlo Marchetti
GIRI IN TONDO ALTRI SITI Olimpo hawaiano
NOIR Negli Occhi di Timea
IL GURU DEL CAFFE’ e delle SPEZIE Gianni Frasi
Altre geometrie
Anteprime
OSSERVARE PER COMUNICARE
Lingua Italiana Segni (FC) Fruit bOx
Compasso d’Oro ADI 2018
Le Osservazioni fotografiche satellitari ESA
APPENDICE DELL’OLIO
Flos Olei
O Magnum Mysterium 23 dicembre
Olio sacro di Elat (DZ)
DOUBLE O - SEVEN Bond OO7 PEPE Come se fosse Oro (DV)
OSTERIE Il racconto del Cartoccio LA CARRIOLA II
O
SIT N.Zero Lo Zero STavoLTa
oSServare SITNewSfeeL@gmaIL.com TuTTI I dIrITTI rIServaTI © 2018
Giro d’Italia 2019. Frascati Traguardo della IV Tappa Osservatorio Archeo Il Tuscolo
SOSPIRO Pasta di Savoiardo Crema di latte Ph Simone Pezzè©
SOMMARIO Lo zero stavolta di Daniela Zannetti
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Traguardo e Ripartenza 4-5 Tappa Frascati
GIRO D’ITALIA 2019
OSSERVARE Un cerchio magico
h oh oh a little round belly That shook when he laugh'd, like a bowl full of jelly
Perchè lo zero di Sit stavolta è O? Ops? Operation? Stupor Mundi Tempi natalizi e O di oh oh oh la profonda risata grassa di Babbo Natale e verso dello stupore per ogni annunciazione, l’idea attorno alla quale ruoteranno gli oggetti del sommario convinta che la curiosità, e più l’osservare, sia anche il modo di rendersi utili, di servire informazione e accrescimento culturale, anche per non udenti (ce lo spiegherà F. Colaluca parlando di Lis Lingua dei segni italiana e del motivo che fa attribuire un nome-segno nelle comunità dei sordo muti), e nell’arte del suono “O Magnum Mysterium”, il concerto del Coro DeCanter e del M° Pietro Delle Chiaie del 23 Dicembre nella Cattedrale di San Pietro. O sarà l’Operazione Natale dei pasticcieri con il Panettone, un dolce classico ma non troppo, almeno quello che intende Maciste Pasticcione di Cori con le sue speciali lievitazioni multiple per 72 ore. La fanzine ruoterà attorno al Noir degli scrittori di Livia Frigiotti nei dialoghi con gli Autori. Dalle sceneggiature dei soggetti cinematografici di Luca Poldemengo ad Altre Geometrie DOUBLE O SEVEN di Bond dell’editorialista Danilo Villani, all’Osservare di Carlo
Marchetti, artista che nella materia ricerca il dialogo esistenziale e Opera come costruzione dell’Uomo attraverso l’Arte. Infine le Osterie, i siti di una volta, i Racconti del Cartoccio e l’Osteria del Contadino. Nelle Anteprime: “O” la ruota del Giro d’Italia 2019 (a 100 anni dal Giro col campionissimo Girardengo). Traguardo della Quarta tappa a Frascati, il pistard Stan Ockers vincitore dei mondiali del ’55 anch’essi disputati a Frascati. Le osservazioni fotografiche satellitari della Terra dell’Esa alle Scuderie Aldobrandini di Frascati.
O
Osservatorio Archeo e Altre Geometrie per O vocale ruotante: Flos Olei 2019 e Olio sacro (Olio di Elat), con Petra (e Haleakalā) dai “Giri in tondo” di Simone Pezze’. Pepe Nero come fosse Oro (la scomparsa di Gianni Frasi “Guru del Caffè e delle Spezie”); la ricetta di Cacio e pepe di D.Villani e quella immancabile dello chef de Na Fojetta del Ragù di Oca. In conclusione la II parte di Simboli e metafore. Osservare, la Carriola di Peyrot (DZ) “ O” UN A V OC A LE R UOT A N T E
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MACISTE PASTICCIONE Le Zare Operazione Natale, (in copertina, Panettone Zara e dolci tra le pagine) (DZ)
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PAG In SIT_O l’OPERA Un Casale del 1600 la Domus Opera dell’artista Carlo Marchetti
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GIRI IN TONDO ALTRI SITI Shot Petra e Haleakalā OLIMPO d’HAWAI’I (S. Pezze’) PAG
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NOIR Negli Occhi di Timea Una domanda da paura a Luca Poldemengo (DZ)
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PAG TITOLI DI CODA Ricetta Il Ragù di Oca (C.Camilli)
A L T R E
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G E O M E T R I E
OSSERVARE PER COMUNICARE Lis Lingua Italiana Segni (F. Colaluca)
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APPENDICE DELL’OLIO Olio sacro di Elat. FLOS OLEI (DZ)
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PAG DOUBLE O - SEVEN (La Licenza di James Bond OO7 (D. Villani)
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IL GURU DELLE SPEZIE PEPE DI SARAWAK Come se fosse Oro Il mio cacio e pepe (D. Villani)
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OSTERIE Il racconto del Cartoccio e Osteria del Contadino (Giulianello) (DZ)
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20LA CARRIOLA II
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La Carriola di Peyrrot (DZ)
18 -19 A
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N T E P R I M E
OSSERVATORIO Archeo Il Tuscolo O MAGNUM MYSTERIUM Il concerto di Natale per Organo e Coro (Decanter e Piero Delle Chiaie)23 dicembre. Concerto Cappella Musicale Enrico Stuart La tradizione anglosassone (Giancarlo delle Chiaie)26 dicembre.
OSSERVATORIO ESA Il Mondo dallo Spazio.
GIRO D’ITALIA FRASCATI IV e V Tappa, la maglia rosa e rosa Alfonsina.
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O OPera Domus e Uomo Carlo Marchetti Artista
(Foto di Simone Pezzè. Opere di Carlo Marchetti sul fondo parete)
Sulla via di Vecchia Napoli, in uno dei due casali del 1600 a specchio sulla strada che rappresentavano un tempo il dazio per Roma, l’artista Carlo Marchetti ha impiantato la sua residenza e lo studio d’artista dal 2004. Un tutt’uno incerniato su uno speciale rapporto con il sito. Dalla sua storia, una spirale generazionale che gravita attorno alll’ex pastificio Cerere di Roma, riemergono opere e voci di artisti come Mario Schifano (Pop Art italiana) con il quale lavorerà a lungo a Parigi, Giorgio Galli, Achille Pace. Frequenta il Liceo artistico a dispetto delle convenzioni degli studi buoni e le convinzioni della famiglia che lo vorrebbero realizzato in altri settori, la sua passione è totalizzante: nel momento in cui entra nel mondo dell’arte ha il vantaggio di avere chiaro il percorso “ voglio fare il pittore - dice - dall’arte mi aspetto il suo compito di scoprire, cioè osservare e intervenire nella dialettica della materia e della luce ed essere dalla parte della creatività costruttiva, non speculativa ”. Frequenta l’Accademia di Arte e Design alla facoltà di Architettura nell’idea del rapporto diretto col fare Arte, di creare Opere che sono, in fondo, creare direttamente l’Uomo come arte viva, più libera possibile da ciò che può limitare l’indipendenza: ciò che può migliorare la parte dell’uomo dell’artista. Per questo la sua catarsi continua nel lavoro opera la trasformazione di se stesso” e di questo è assolutamento convinto e fautore, “l’opera è l’uomo” opera che continua l’opera, in un infinito da svelare. In un contesto storico che aveva già stracciato lo studio per molti nelle contestazioni del tempo, ogni cambio di percorso è per Carlo una grande rinascita e il maggiore convincimento dell’esperienza diretta dell’arte. Meglio ancora, “se soffrire è già essere contro la propria natura”, la consapevolezza è vedere in ogni fine un nuovo inizio e la scelta di agire per imparare altro.
I materiali stessi che utilizza, sabbia e legno soprattutto, sono il dialogo con il tempo e simbolo dell’uomo nel rapporto macro/micro: Terra - Granello - riflesso Luce nella costruzione di un meta ikebana. E legno di palanca, il filo conduttore, come vedremo nel cascinale di atmosfera conservativa, la Home nell’accezione più profonda di dimora e luogo per sessioni di arte, musica con amici e artisti, catalogo vivente del mobile infinito: la falegnameria funzionale a cui si dedica per arredare e restaurare i locali dell’abitazione e la creazione di mobili opera in un rapporto attivo con il committente.
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OPera Domus e Uomo Carlo Marchetti Artista
(Foto di Simone Pezzè)
L’ospitalità dell’artista è accurata, accende ben tre camini nella grande casa per il nostro arrivo (io e il fotografo) e nonostante portiamo molti minuti di ritardo, lui si dispiace che l’energia che emana quel luogo sia percepita per minor tempo, ed ha ragione, viene voglia di soggiornarvi più a lungo perchè lo spazio non ha un solo cedimento nella cura, nell’attenzione ai particolari e nel vissuto (di grande agio creativo). Come seme che getta luce sulla parte invisibile di ogni realtà.
Conoscere, utilizzare e armonizzare”
La casa nella casa. Tutti gli oggetti hanno una storia, le stanze diventano etniche di oggetti reperiti nei viaggi o scambiati opera con opera. Alle pareti della stanza con architrave originale in noce vecchio di 400 anni, sostenuto rinforzato mai sostituito, una delle sue opere del ciclo seme, foglia, vita su iuta con sabbia spago e colore ma anche quelle degli artisti di passaggio che hanno lasciato una traccia, con gli altri Francesco Cervelli pittore e Paolo Romani fotografo.
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O
Il rapporto con la materia per gli artisti raramente è un monologo, Marchetti ne ricerca il contatto fino a dialogare con il passato. Molti dei mobili, armadi e comò, della casa provengono da un collezionismo di recupero d’epoca come il cassettone del sacrestano, molti legni dagli alberi caduti, divani e tappeti d’arredo dalla dismissione modaiola o da case troppo grandi. I metalli di vecchie rubinetterie, le porte rincastonate. Tutto nutre l’esistenza dell’artista. Tutto mantiene il suo tempo senza essere rovinato. Tutto è agito bene per insegnare a vivere bene, accettando di andare fino in fondo. Lo scopriamo così alle prese con vecchi cotti, forme di piombo, ma anche policarbonati, fotografia e moda con Marco Girolami per Ritratti d’Artista; frequentare Arte nell’Orto nella residenza di Claudio Marini (Velletri), infine allestire, affetto da “Gekomania” (Catalogo Soligo Art Project, Testo critico Barbara Martusciello 2002 BI ED Biennale delle Arti e delle scienze del Mediterraneo, con l’ampia rassegna di mostre personali e collettive) "Gecko stone" Installation of geckos on stone in the bathroom. 2018 e catalogare in scatole bacheche, piccoli reperti e tele dipinte. Avendo cura dell’allestimento di G. Galli sulla mensola, quasi un piccolo altare, in cucina e delle opere di amici, in nicchie dedicate. La presenza blu di A.Pace le orme di F.Cervelli, la scultura palma di M.Schifano... “Il suo piccolo teatro. Non v’è immagine (o oggetto) che combinandosi dovutamente con le altre, non riveli e riassuma un mistero del mondo” (Il pendolo di Focault). O Museo, laboratorio compositivo ed archivio intellettuale delle azioni in "diretta" sulla realtà. Tutti i materiali implicati sviluppano energia. Dai fuochi dei camini, alle salette da bagno, dove l’acqua purifica con un richiamo intimo, quasi un viaggio su nave di legno e ripostiglio/scala, di angeli protettori (il figlio, fotografato da P. Romani, è spesso presente in questi locali come amore dell’intimo futuro e presente cosciente, oserei dire).
Nell'economia generale delle Aktionen di Beyus non ha importanza ciò che si produce, quanto il "fare", il "discutere". Questo nella Domus Opera di Marchetti accade. Daniela Zannetti
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L
ALTRE GEOMETRIE O di Osservare è Lingua di Francesca Colaluca
a coscienza di ognuno produce senso, il segno di per sé esiste se il soggetto gli attribuisce un significato. Ci si allontana dall’espressione cogito ergo sum perché la questione non è il Pensiero per essere ma è la Coscienza per far esistere. I due concetti sembrerebbero simili ma in realtà la loro diversità risiede proprio nel rapporto tra noi soggetti e lo spazio, il nostro fuori. La coscienza si attiva con la percezione, quindi con i sensi. L’uomo non è solo pensiero e anima. Dai pensieri bui e piatti di Tolomeo, l’uomo medievale esce oltrepassando il cerchio di Giotto: accesso al Nuovo Mondo. Il cerchio fa da cornice all’uomo di Leonardo, il quale si apre alla vita e dispiega i suoi sensi alla scoperta del conoscibile e del piacere.
Decifrare la realtà significa poterla descrivere nello uno spazio fisico fuori di noi. Il cielo stellato e la legge morale sono conoscibili. Ma come avviene la percezione dell’altro? “Guardiamo alle cose stesse! L'unico modo di investigare il senso di ciò che si manifesta è di considerarlo come correlato di coscienza, come oggetto intenzionato”.
Edmund Husserl sostiene che una buona descrizione rispettosa di ciò che appare, fa emergere aspetti impossibili da spiegare se non attraverso la percezione degli stessi: il mondo esterno esiste solo se è concepito fuori dalla coscienza.
Nella percezione risiede la forma del nostro rapporto con il mondo. La chiave di lettura è l’osservazione. Osservare per ascoltare.
Non a caso il segno del verbo “osservare” in LIS (Lingua Italiana dei Segni) è la lettera “C” con la mano che ruota davanti all’occhio e disegna un cerchio, la configurazione assomiglia ad una “O” aperta, ad un cerchio che si apre al mondo.
E allora osservare diventa ascoltare con gli occhi.
Dall’osservazione della persona nasce il nome-segno. “What’s in a name?” chiede Giulietta a Romeo, “That which we call a rose / By any other name would smell as sweet” (Che cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa / pur con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo).
Giulietta ha ragione: i nomi non sono le persone. Nella LIS infatti, ogni persona è identificata da un nome-segno, in base ad una caratteristica propria e distinguibile. L’origine di tale attribuzione è varia ma è comunque sensata e attinente alla persona.
Il nome-segno può derivare da un oggetto che si è soliti indossare (foulard, molletta, occhiali, cerchietto), Fruit bOx oppure da un elemento del proprio aspetto fisico (magra, grassa, alta, bassa, sorridente, imbronciata, riccia, liscia), o ancora dall’iniziale dell’appellativo (Katia, Laura, Martina), oppure dalle possibili associazioni del nome proprio con personaggi, simboli o oggetti (Lucia > luce, Angela > angelo, Pietro > chiavi, Frizzi > frizzante).
Come per i nomi degli udenti, anche i nomi-segno, sono per sempre e restano per tutta la vita anche se si cambia aspetto fisico o acconciatura di capelli o accessorio: il segno è per sempre.
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Petra Giordania ph S.Pezzè
PETRA
« immedesimarsi in un archeologo senza accorgersene e rimanere stupiti dai reperti »
Hawai’i
« le forze più potenti e devastanti della natura incontrano le più delicate in un bellissimo e perfetto connubio che solo la natura poteva ottenere »
SHOT Viaggi in Tondo
OLIO sacro
Altre geometrie
In poche decine di chilometri, nella parte settentrionale del Golfo di Aqaba, si affacciano sul mare quattro Stati, Egitto, Israele, Giordania e Arabia Saudita. La città israeliana di Elat è la porta di accesso a Petra, in Giordania. Secondo la Bibbia Re Davide conquistò Elat sconfiggendo Golia e i Filistei. Nell'ebraismo, Davide, è il re di Israele e da lui discenderà il Messia. Nel cristianesimo, da Davide discende Giuseppe, padre putativo di Gesù. Nell'islam, Davide è considerato un profeta. Il termine italiano "Messia" deriva dall'ebraico māšīāḥ ()חישמ colsignificato di "unto". L'unzione con l'olio sacro: olio d'oliva, mirra, cassia, cinnamomo e canna aromatica, era il compiacimento divino per il Re nell'investitura regale e la nozione di Messia frutto di investitura divina.
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GIRI IN TONDO ALTRI SITI
Shot Petra e Haleakalā dai Viaggi di Simone Pezze’ attorno al mondo
Hawai’i’s Volcanoes OLIMPO
Il vulcano Haleakalā e il cratere. Parco Nazionale Hawai’i. Un paesaggio raro e sacro ph S.Pezzè
In hawaiano Honua è Terra. ‘Ai Honua la mangiatrice di terra, la Dea Pele dell’Olimpo hawaiano. “Pele and Hi’iaka” by Linda Rowell Stevens
segue pag 12
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“Pele”e gli Dei hawai’iani
Il popolo del mare polinesiano scoprì Hawai’i nel 450 A.D esplorando il Pacifico, in canoa, da Thaiti. Lo stupore infinito alla vista dell’isola coronata da bellissimi vulcani e tremante di terremoti rese, ai loro occhi, la visione di una terra sacra, abitata da un Pantheon di 11 Dei. Pele che brucia di rosso è la bellissima dea racchiusa nella montagna, i capelli come lava sui fianchi del vulcano, la mangiatrice di terra che dopo la distruzione crea nuove terre di indescrivibile bellezza. Pele ha molti fratelli e sorelle, ma la sua preferita è la sorella minore Hi'iaka, concepita a Tahiti e portata in forma di uovo alle Hawai'i di Pele che tiene l'uovo sempre con lei per incubarlo. Nell’Olimpo hawaiano, nemico e amante di Pele è lo Spirito della Pioggia KAMAPUA’A, a volte un gigante, a volte una pianta o un pesce, e ha una relazione tempestosa con la dea. Poliahau, il mantello innevato delle sommità di Manua Kea e Manua Loa, è la rivale di Pele ; le sorelle di Pele Laka e Kapo, uno stesso spirito con due personalità, Hi’iaka lo spirito della danza, sorella preferita di Pele. Nel ventre della montagna risiedono inoltre il custode dell'acqua della vita, il dio squalo che ha portato Pele all’isola (Ka- Moho-Ali’i) e il custode del fuoco vulcanico Lono-Makua. Segue un gruppetto di dei spiriti titolari dell’esplosione, della pioggia di fuoco, del tuono e delle fontana di lava. (SP)
OLIO in orcio
ALTRE GEOMETRIE
FLOS OLEI Carpineti. Vino in anfora. Marco Carpineti è un produttore di Olio e Vino laziali ottenuti da produzioni biodinamiche in 120 ettari coltivati a oliveto e vigneto (Cori). L’azienda è tra le 500 migliori aziende produttrici olio extravergine al mondo - Guida FLOS OLEI 2019 (punt. 85). Il MO’MO’ di Carpineti è prodotto dai frutti di oliveti centenari, monocultivar Itrana. In uno scorcio delle Cantine Carpineti (una delle 7 aziende della Strada dei Vini del Lazio di cui M. Carpineti è presidente), gli orci per l’olio e anfore di terracotta per l’affinamento del vino.
Noti di questa azienda il Nero Buono di Cori, 100°% in purezza, il rosso selezionato alla vendemmia Apolide e i vini affinati in Anfora. In questo tempo di convivi speciali abbiamo acquistato e gustato un ottimo CAPOLEMOLE ROSSO strutturatissimo (Montepulciano, Nero Buono di Cori e Cesanese), robusto, originale ed elegante e un Kius, spumante biologico Brut con uve Bellone. (DZ)
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NOIR Negli Occhi di Timea
Una domanda da paura a Luca Poldemengo scrittore di romanzi noir. In foto con Livia Frigiotti conduttrice di Dialoghi con Autori Noir (Sala degli Specchi Frascati) - AssCulturale Ettore Apollonj Noir in Villa
Può esserci una domanda che incute paura e inquietudine a un autore di NOIR, quel genere di narrazione che ci sbatte in faccia con forza e crudeltà la verità? Prima di leggere la sua risposta è bene infarinarci di poliziesco e di aspetti oscuri delle indagini. In tutte le esperienze si memorizzano fatti anche non significanti che i metodi di indagine nel crimine cercano di riportare alla luce: fatti e dinamiche del delitto dagli interrogatori, dalle intercettazioni telefoniche, dalle deposizioni degli indagati. Nel più azzardato sistema della Squadra Red di nuovo “messo in scena” dallo scrittore Luca Poldemengo nel suo ultimo romanzo per E/O edizioni collana Sabot/age “Negli occhi di Timea”, è l’ipnosi che tenta un modo “scientifico” per ottenere la verità. Rivelatori di bugie, sieri della verità (droghe), lettura della pupilla (Blade Runner), come distinguere la “sincerità” attraverso le espressioni del volto o del sorriso, il “vero”, “falso” o “manipolato” dalla voce, e prima ancora la tradizionale tortura fisica, sono tra i metodi per ottenere confessioni ma è l’ipnosi che riesce a fare emergere qualcosa dal buio della mente; interrogatorio che a volte è più dolorosamente devastante per chi lo effettua, che per chi lo subisce, come leggeremo nel prologo del romanzo. Così, il professore Luca Basile creatore della Red «[...]Quando arriverò a dieci ti sveglierai e non ricorderai nulla di quanto è accaduto. Avrebbe voluto godere dello stesso privilegio». Secondo Luca Poldemengo il metodo dell’ipnosi marca la sottile linea tra la rinuncia al diritto della privacy e la garanzia della sicurezza: cedere informazioni sulla nostra vita privata in nome di una maggiore sicurezza. “Nessuno è innocente e ci assolviamo tanto quanto siamo capaci di giudicare gli altri, le zone grigie sono pronte a mostrarsi allo specchio della coscienza - e avrei paura risponde, non tanto di quanto possa trapelare di un mio io autobiografico nei romanzi, quanto di un mio io di cattivo a me sconosciuto”. L’espediente dell’ipnosi permette all’autore di anticipare nella trama la sceneggiatura del delitto, una sorta di pre-visione del colpevole che è prima la capacità di osservare, qualità cui ricorre per i suoi lavori di soggetti e sceneggiature cinematografiche, ma non così fondante per la sua missione di scrittura che tende più ad interrogare, sollevare curiosità e questioni da discutere anche sociali, senza anticipare risposte o verità.
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NOIR Sequel di Milano calibro 9 Luca Poldemengo Il cerchio di scrittura
Timea, il personaggio attorno a cui ruota la trama del libro è una bambina orfana testimone di una strage (l’idea da una storia vera di una famiglia sterminata con altri passanti forse non del tutto estranei alla vicenda coinvolti nella strage accaduta in Alta Savoia in cui si salvò appunto solo la bambina più piccola), e rappresenterà il fulcro del valore più alto della giustizia e il principio dell’obbligo di vendetta di Vincent Tripaldi ex leader della Red; “quanto, cioè - spiega l’autore - fosse disposto Vincent a scendere a patti con la propria morale e compromettere la vita della bambina Timea di cinque anni, lo specchio della sua coscienza”. Per perseguire la sua vendetta Vincent ha un piano che lo costringe a enormi compromessi rispetto alla propria coscienza: talmente inconfessabile da tenerlo nascosto persino a suo fratello (i gemelli Vincent e Nicolas, risucchiati in un gioco di potere più grande di loro, fuggono in Albania per scampare all’arresto sullo sfondo di un intrigo fra mafia albanese e vertici dello stato italiano riguardo un traffico illegale di rifiuti). Le gesta finiscono nella bad stampa di un controverso giornalista Toni d’Angelo*, espressione della comunicazione che lavora con le parole e fa parte dei giochi di potere. “La clandestinità dei gemelli è messa a rischio proprio dalla loro ex squadra, la Red, che preleva sistematicamente ignari cittadini e ne setaccia l’inconscio per usarli alla stregua di telecamere di videosorveglianza umane, al solo scopo di catturarli”. Negli Occhi di Timea, chiude il dittico sulla RED iniziato con “Nel posto sbagliato” opzionato dalla Wildeside), numero 14 della collezione Sabotage diretta da Colomba Rossi e Massimo Carlotto. Luca Poldemengo, classe 1973, romano, inizia la sua carriera come regista film maker, "La Notte Bianca" 2005, scrittore e sceneggiatore, firma il soggetto cinematografico e la sceneggiatura (con Brizzi e Martani) di Cemento Armato con Giorgio Faletti nel cast. Ne segue tutta la produzione, gli viene affidata la novellizzazione del film. Poldemengo non lavora mai contemporaneamente a un libro o un soggetto cine e una sceneggiatura: tra i due linguaggi, la sua prima passione Milano calibro 9 il film noirpoliziottesco del 1972, scritto e diretto da Fernando Di Leo, quello che lo ha portato ad amare il genere noir, diventa “sequel” 45 anni dopo l'originale. Di questo cura soggetto e sceneggiatura, il film è in fase di produzione (Minerva Pictures, Toni D'Angelo con la Bouchet nuovamente nel cast) chiudendo così il cerchio della scrittura. *Nota curiosa per i nomi dei suoi personaggi Poldemengo cerca tra amici e colleghi l’ispirazione per il nome, nel caso del giornalista è il nome del regista di Calibro 9, a volte è la fisicità dei conoscenti a suggerire i tratti del personaggio; così per le ambientazioni riconosciamo Roma, pur non nominata, come qualsiasi luogo e metropoli. L’incontro con Livia Frigiotti e l’autore è stato intervallato da brani di Negli Occhi di Timea, letti e interpretati magistralmente dall’attrice Emilia Marra. Per Andrea Cotti (sceneggiatore di Ispettore Coliandro, Squadra Antimafia, Ris Roma), ospite purtroppo assente, Emilia M. ha letto un passo in piena suspense, di muto dolore e paura da spezzare, de Il Cinese: l’ultimo romanzo di Cotti. Aderente a ricerche su indagini e aspetti legali, narra le comunità cinesi (e le mafie) “la e qua” affrontando anche quelli che sono alcuni preconcetti cinesi sulla scrittura basati sul carattere 4, considerato nefasto per l’assonanza nella pronuncia alla parola morte, tanto da non essere usato “là” nemmeno nei numeri civici. “Qua”, perchè nell’indagine poliziesca raccontata da Cotti il Vice Questore aggiunto è di nazionalità cinese e da modo al lettore di avvicinarne usi e costumi. Il Cinese è edito da Rizzoli, collana Noir. Gli appuntamenti proseguono con NOIR IN VILLA 2019 VI edizione - 19 e 26 gennaio 2019. Il 19 nella Sala degli Affreschi di Villa Apolloni, il 26 gennaio Scuderie Aldobrandini con la kermesse di scrittori e sceneggiatori di Noir condotti da Livia Frigiotti e l’Associazione culturale Ettore Apollonj col patrocinio del Comune di Frascati Assessorato alla Cultura.
Altre geometrie
OO7 double O - Seven
Si celebra la lettera O come protagonista di questa
Danilo Villani editorialista
James Bond e il cibo
edizione del magazine alla IV uscita. Qualche lettore si domanderà, giustamente, cosa c’entri James Bond, o se preferite 007, con la quarta vocale. Il fatto è che nelle versioni originali la sua matricola non viene mai pronunciata come “zero-zeroseven” ma come “double O-seven”. Quindi, molto sciacallescamente, approfittiamo di questa licenza fonetica per l’inserimento nel magazine. D’altronde uno dei peggiori “villains” della serie ha, guarda caso, il proprio nome che inizia per O: Oddjob!
Nel genere nominato “noir mediterraneo” abbiamo assistito, e assistiamo, alle vicissitudini di personaggi che fanno della nutrizione ad alti livelli una ragione di vita. Pepe Carvalho e Salvo Montalbano su tutti. Impegnati a risolvere casi intricati o all’apparenza irrisolvibili, trovano nei pasti quotidiani il giusto momento per rilassarsi ma anche per riflettere sull’andamento delle loro indagini. Ma stiamo parlando, appunto, dell’area mediterranea dove il mangiare costituisce anche scopo di vita. Al contrario, Ian Fleming, rappresentante dell’english establishment fino al midollo, non considera i pasti della sua creatura come elemento fondamentale del plot, anzi costringe il suo agente a digiuni interminabili (vedi dr. No dove Bond dopo una lotta con un calamaro gigante con successivo salvataggio di Honey, sparatoria con 3 chigroes, fuga su un mezzo anfibio) senza rischi per la glicemia del James. Bond è innanzitutto un forte bevitore e altrettanto forte fumatore. Predilige lo champagne ma anche qualsiasi cosa che superi i 40°. Considera però la prima colazione, e qui esce tutta la connotazione puramente british, come elemento fondamentale della sua esistenza: caffè nero doppia forza, toast, bacon, succo d’arancia e uova obbligatoriamente di colore beige bollite per 3 minuti esatti. Colazione preparata dal suo tesoro la governante scozzese May.
In pochissimi romanzi troviamo Bond seduto a tavola e in ogni occasione il pasto è connesso all’indagine o alla missione. A Roma, nel racconto “Rischio” (cfr. “Solo per i tuoi occhi”) dove è alle prese con un piatto di tagliatelle al pesto. A Istanbul dove è costretto a cibarsi di un intruglio amorevolmente fornito con le proprie mani da una vecchia zingara (cfr. “Dalla Russia con amore”). A Reculver ospite nella sontuosa manor di un certo Auric Goldfinger. Ma anche al club Blades dove prima dell’epico scontro a bridge con Drax (cfr. Moonraker) degusta specialità tipiche della cucina inglese. Come scritto in precedenza si tratta di intermezzi gastronomici strettamente legati al suo lavoro e solo in un occasione l’agente con licenza di uccidere si concede un pasto per il proprio piacere: ..telefonò al suo vecchio amico Monsieur Becàud per riservare un tavolo e, due ore più tardi, era di ritorno diretto al Casino con lo stomaco ben imbottito di “rombo affogato”, salsa mousseline e una mezza pernice arrosto tra le migliori che avesse mai mangiato. Notevolmente incoraggiato e ulteriormente stimolato da una mezza bottiglia di Mouton Rothschild ’53, un bicchiere di Calvados di dieci anni e tre tazze di caffè, salì allegramente i gradini affollati del Casino con l’assoluta certezza che quella sarebbe stata una serata da ricordare. In quella serata Bond conobbe, in tutti i sensi, Theresa Draco la ragazza che in seguito sarebbe diventata sua moglie (cfr. “Servizio Segreto”). Finché un certo Blofeld pose fine alla storia… Si potrebbe proseguire con il Kobe Beef (cfr. “Si vive solo due volte”) o le aragoste giamaicane (cfr. “L’uomo dalla pistola d’oro”) ma si tratta di casi sporadici. Bond ha licenza di uccidere non di abbuffarsi.
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Guru del Caffè e delle Spezie
GIANNI FRASI e ‘NA FOJETTA Se si può avere un’esclusiva di un prodotto Frasi nei Castelli Romani, si. In qualche modo i ristoratori di ‘Na Fojetta l’hanno già ottenuta nel momento in cui hanno scelto di contattare Gianni Frasi per il caffè e il pepe da usare nella loro ristorazione. In realtà un’antica amicizia legava Carlo Camilli, chef al tempo della Taberna Mamilius e Gianni Frasi, il noto torrefattore veronese, titolare di Giamaica Caffè e Guru del Caffè e delle Spezie. Gianni, scomparso improvvisamente il 6 dicembre, era solito avvisare di questo, “l’esclusiva l’hai nel momento in cui escludi tutti gli altri”- riferendo dell’opportunità di acquistare prodotti di qualità. I suoi erano il risultato di un’accurata selezione di grani originari scelti provenienti dalle sue piantagioni di caffè in tutto il mondo, lavorati naturalmente nel pieno rispetto del territorio e delle persone. La voglia di riavere il suo Giamaica è stata l’occasione per Carlo di ricontattarlo, e anche se non era semplice avere un appuntamento, alla richiesta Frasi non ha esitato. Incontrarlo è stato come accordare uno strumento, il colore del grano crudo di caffè, non ancora tostato, combaciava straordinariamente col colore del brand Fojetta: verde java e nuances ramate. Lui, il suo laboratorio, lo ha dello stesso tono di verde. Tra combinazioni cromatico percettive, la filosofia del buon gustare, l’apprezzamento per le profumazioni, è lui a suggerire la linea dei suoi pepi come il piccante raffinato ed armonico Piper Nigrum di Sarawak della Malesia a Carlo, per la cucina; il Timur di Tarāī di frutti maturi e profumati a Fabio, per i dolci e per il caffè, il fuoriclasse Guatemala N. il caffè vulcano bagnato solo dal suo profumo, intatto e naturale, con tutti i riti per preparlo: dal collaudo di persona della macchina Espresso alla macinatura al momento. Infine come servirlo in tazzina che se non ha la giusta forma “ è un pitale”. ‘Na Fojetta, I Camilli, Rossana, lo Staff tutto, ricordano così, con affetto, Gianni. Se il Verde è il colore della conoscenza superiore “il Caffè è l’anticamera del Paradiso”.
La mia cacio e pepe
PEPE DI SARAWAK Come se fosse Oro
La caratteristica precipua della cucina romana è l’austerità. Pochi ingredienti ma molto difficili da combinare e quindi è tutto demandato all’abilità e alla “mano” di chi elabora la preparazione. La cacio e pepe è senza dubbio il piatto principe della cucina romana. Tre ingredienti più uno che io affettuosamente chiamo il “catalizzatore” ovvero l’acqua di cottura della pasta. Ed è appunto grande impresa, trasformare la “povertà” del piatto in un trionfo gastronomico. Pasta fresca senza uovo. Io amo i troccoli foggiani poiché rilasciano durante la cottura un’incredibile quantità di amido necessaria alla preparazione. 120 grammi a persona. Sotto questa grammatura considero il tutto come un assaggio per verificare la cottura della pasta - Pecorino romano D.O.C. grattugiato a neve. 40 grammi Pepe nero fresco di moule. Se possibile di Sarawak. In una capace insalatiera mescolo il pecorino con il pepe fino al raggiungimento di un bel colore beige. Acqua a bollire. Occhio al sale! Butto la pasta. 7 minuti. Scolo la pasta tenendo da parte una generosa quantità di catalizzatore. Butto la pasta nell’insalatiera con una tazza di acqua di cottura e con una “cucchiarella” mescolo il tutto con gesto circolare. Veloce e deciso. Senza tregua. La crema sta affiorando e , ove ce ne fosse bisogno mi aiuto con altra acqua di cottura. Impiattata velocissima cospargendo il tutto con altro pecorino e una mulinata di pepe. Frascati Malvasia senza dubbio. DV
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ALTRE GEOMETRIE
I CARTOCCI D’OSTERIA Frascati il racconto
Le osterie di una volta. In foto uno schizzo dell’artista Franz Johann Heinrich Nadorp giunto e vissuto a Roma dalla Germania 190 anni fa.
Osterie, buone bevute e codici del bevitore, di misure piombate e capienze, le vecchie misure: fojette, quartini, i sospiri del vino della casa in bicchieri. Nei tinelli botti, tini e tavolacci di legno, con le sedute dueppiedi di castagno, apparecchiati con gli immancabili fogli di carta rurali per i consumi di piattini freddi messi a disposizione dall'oste: vino, uova sode, affettato e pane. E i cartoccetti. Quelli che i clienti bevitori usavano preparare a termine delle bicchierate per la gara del più sobrio, ossia la prova fisica di quello capace, con la maggior sbornia, di piazzare più cartoccetti possibili al soffitto dell'osteria. Una prova di abilità: come tenersi su una sola gamba per dimostrare di non essere ubriachi e saper tornare a casa da soli. Il cartoccio era ancora l’imballaggio per gli sfusi di quegli anni ‘70, una cartocciata di olive, un cartoccio di castagne, o di pepe e di parmigiano: molti alimenti venivano confezionati così, con carte semplici o oleate e più adatte. I caratteristici cartoccetti d’osteria si preparavano invece strappando rettangoli dalla tovaglia di carta e venivano ripiegati e arrotolati a cono come quelli da cerbottana. Era facile appallottare la punta del cartoccio con la saliva per via della gran quantità di cellulosa contenuta nella carta del tempo. Il puntale diventava così la sostanza adesiva per attaccarsi al contatto con la calce del soffitto travato di legno. Al via le “spugne” saettavano gli strali di carta verso l'alto; non tutti si attaccavano se i lanci non erano ben stirati, molti ricadevano tra le risate degli avventori, tanti invece restavano appesi, fino alla presa della colla di carta e saliva. Una fojetta veniva pagata da tutti i perdenti a chi ne aveva appiccicati di più, che per cortesia divideva la mescita. Così alla fine di una serata, finite briscole, tresette e morre, rincasati gli “equilibristi” e riposti tubbi e barzilai, all'oste restava la bella decorazione della competizione sportiva: segno pure che il vino era bono. Infatti nelle vecchie osterie dei Castelli romani per il viandante non era insolito vedere i coni di carta appesi all'ingiù, e allora all'intenditor di vino non restava che entrare (dz).
Le OSTERIe di una volta Giulianello.
L’Osteria del Contadino. Il Fundus Julianus ospitava in epoca romana le ville rustiche, grandi fattorie del patriziato romano dette i “casalinacci"in tufo e pietra. Fu poi governato e abitato dai nobili Salviati (dal ‘400) e Borghese a fine Settecento. La storia delle Osterie a Giulianello si svolgeva soprattutto attorno alla Piazza del Castello in caratteristici locali di tufo. Di questa non resta molto, se non il particolare di molti locali al pubblico di avere un tinellino esterno, soprattutto le tradizioni del vino buono col cibo genuino e l’uso di erbe spontanee in cucina. Ritroviamo questo clima all ’Osteria del Contadino suggerito dalla fantastica Lucia Milione de Il Caffè del Cardinale (Giulianello, aperto solo la sera, da gustare il Petto d’Oca marinato). Simonetta De Carolis e il figlio Lorenzo gestiscono la trattoria sulla via per Cori con abilità. Locale semplice, ordinato e stupefacente nelle portate. Abbiamo scelto di gustare Tagliolini al Tartufo, Pannicolo brasato al Primitivo di Manduria (il paracuore del manzo) con carote e finocchio selvatico, contorni di Cardo Santo e Cardogna, Malvasia locale e liquorino di Rattafia barriquata 4 anni (visciole). 4 portate 34 euro in due, ciambelline al vino e cacao offerte dalla casa. Salut! (D. Zannetti)
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“Tuscolo”
La città antica e i suoi monumenti” Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini. La valorizzazione del sito. Sala Gratton dell’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone (13 Dicembre) Le ricognizioni della Scuola Spagnola si sono concentrate durante gli ultimi scavi nella ricerca delle "telegonie", le mitiche mura di fortificazione mai conquistate per “mano militare” che resero la cittadella di Tusculum centro forte e potente per secoli, e quelle della cinta urbanistica medievale. Un piccolo sondaggio di scavo è stato realizzato nella zona corrispondente alla probabile facciata della Chiesa medievale - San Giovanni alla Porta al fine di approfondire lo studio antropologico dei resti ossei conservati nelle gallerie sepolcrali – ossario - identificate nella precedente campagna del 2015 dall’Escuela Espanola di Storia Y Arquelogia en Roma che dal 1994 vi lavora, anche con indagini geofisiche, riuscendo ad individuare più stratificazioni corrispondenti ad epoche diverse della città: imperiale dunque e poi medioevale, le diverse Tusculum riaffiorano come una Atlantide dalle ricognizioni dell’Escuela . Gli scavi attuali sulle mura, nella supposizione che la cinta medioevale recuperasse il circuito murario difensivo romano che racchiudeva l’acropoli difesa a nord-est difesa da un imponente bastione, hanno evidenziato la presenza di un bastione a doppia cortina, interna ed esterna, di 1,40 mt di spessore: una tessitura di materiale di recupero con calce, laterizi pietre e cubilia delle opere reticolate romane, con immerso nella malta del nucleo anche un fondo di ceramica dell’XI secolo d.C., che ne datano l’opera. Non una Porta romana ma la torre della cinta medioevale che obliterava la strada romana verso il Foro (raccontata dall’archeologo architetto Luigi Canina nel 1840), e interrotta per motivi difensivi (in foto dz). Gli archeologi al lavoro devono bilanciare la conservazione e la fruizione del vasto patrimonio, una possibile Pompei che resta particolarmente delicata senza coperture idonee, specie i mosaici e le opere medioevali, motivo per cui gli scavi sono ricoperti da strati alternati di pozzolane, malte e tessuti, tra una campagna di scavo e l’altra. L’incontro del 13 dicembre all’Osservatorio ha inoltre presentato un recente studio dell’Università di Tor Vergata sul Santuario extra-urbano, ’imponente struttura che ad ovest dell’abitato antico si affaccia sulla via Latina e i Colli Albani occidentali (SitCultures)
Anteprime O MAGNUM MYSTERIUM Concerto di Natale, un viaggio tra le epoche
23 dicembre Il tempo di Natale nella tradizione cattolica è da sempre fonte di grande ispirazione per i compositori di musica corale di ogni tempo. Nella maestosa cornice della Cattedrale di San Pietro a Frascati il Coro DeCanter e il M° Pietro Delle Chiaie, all’organo, propongono una selezione di mottetti, cantici e inni eucaristici classici dei vespri natalizi, a raffronto tra il Seicento barocco e l’epoca contemporanea. Dalle sonorità intime e raccolte di Hassler, Victoria, Byrd, alle atmosfere natalizie di Britten, Poulenc e Kodaly, fino alle visioni dirompenti e magiche di Ola Gjeilo. Ideazione e direzione M° Eduardo Notrica. In collaborazione con l'Associazione Culturale Karl Jenkins e l'Associazione Culturale QuintaPrima. ore 20:00 Ingresso libero (GIROSTAMPA) 26 dicembre Chiesa del Gesù Frascati Concerto di Canti Natalizi della tradizione anglosassone per Organo Strumenti e Coro della “Cappella Musicale Enrico Stuart Duca di York”, diretto dal M° Giancarlo Delle Chiaie. ore 19:00 Ingresso su prenotazione (339 274 88 14 R.Ciuffa)
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Anteprime
OSSERVAZIONE TERRA “Un pianeta sorprendente - La Terra vista dallo spazio” ESA - Comune di Frascati dal 15 dicembre al 27 gennaio 2019 Palazzo Marconi Frascati. Cultura scientifica e divulgazione, un evento espositivo finalizzato a promuovere la bellezza del nostro pianeta con immagini satellitari inedite di rara bellezza e altre già utilizzate nella precedente mostra di caratura internazionale “MY PLANET FROM SPACE: FRAGILITY AND BEAUTY” premiata a giugno 2018 con
la Menzione d’onore del prestigioso Premio Compasso d’Oro ADI (Associazione per il Disegno ESA FRAGILITY Industriale, il più antico e autorevole AND BEAUTY Viviana premio mondiale di design, nato da Panaccia 2014 Sundarbans, Bangladesh un'idea di Gio Ponti, istituito nel 1954). Delta del Gange Le immagini esposte saranno circa Santuario ecologico cinquanta e saranno allestiti anche i modelli in scala dei satelliti specializzati Sentinel2, progettati per l’osservazione multi spettrale; Sentinel5P per monitorare la composizione chimica dell’atmosfera; il Lanciatore Vega (programma VERTA) in grado di portare in orbita piccoli satelliti per l’osservazione della Terra, lo Studio dell’atmosfera, delle onde gravitazionali, rilievo globale della vegetazione e nanosatelliti a scopi didattici (e-st@r del Politecnico di Torino).
Questi satelliti fanno farte di un programma di osservazione globale della Terra e di rilevamento di dati sullo stato di salute del pianeta: la gestione dei disastri naturali, il monitoraggio degli oceani, della vegetazione e dell’atmosfera(COPERNICUS). Le immagini satellitari della mostra, realizzate dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), saranno donate a Frascati al termine dell’evento espositivo e diventeranno patrimonio della cittadinanza. Nelle Anteprime: Alfonsina Strada
“O” la ruota del Giro d’Italia 2019 e
Senza le due interruzioni delle Guerre mondiali il Giro d’Italia avrebbe celebrato 110 anni di ciclismo su strada. Al traguardo della prima corsa del 1919 disputata dopo 4 anni di sospensione per il conflitto del 15-18, esattamente cento anni fa, il campionissimo Costante Girardengo si aggiudica la maglia rosa ed entra nell’Olimpo dei campioni con Fausto Coppi, Gino Bartali, Felice Gimondi e nell’immaginario collettivo italiano. Per questa edizione il Giro passerà a Frascati col traguardo della IV tappa da Orbetello e la ripartenza della V tappa Frascati Terracina Sul circuito di Frascati si svolsero già i mondiali di ciclismo del ’55 vinti dal pistard belga Stan Ockers. LA MAGLIA ROSA non si sa bene che colore sia Nell’anno del Centenario, il colore della maglia rosa è stato il Pantone 190 C. Il rosa della maglia simbolo del ciclismo italiano non è sempre uguale. Ma c’è un altro rosa da celebrare ed è quello di Alfonsina Strada che aveva corso con Girardengo nel ‘24.Unica donna tra gli uomini, la dimenticata storia della ciclista emiliana impegnata fino allo spasimo per gareggiare, è al centro di un libro e di un fotoprogetto della reporter olandese Ilona Kamp con l’ultra cycler Paola Gianotti, (record del mondo femminile per la più veloce circumnavigazione del globo). Paola e Ilona sono partite assieme sulle stesse tappe del giro 2018 ma un giorno prima; l’una per pedalare, l’altra per fotografare e Alfonsina Strada con loro, almeno virtualmente: con proiezioni delle foto raccolte da Llona nel libro Alfonsina, ogni fine tappa. Milano, invece le ha intitolato una strada nei pressi del Naviglio Grande (Lambro)
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ALTRE GEOMETRIE
OPERALIZZAZIONE DI UNA CARRIOLA Dagli scariolanti delle bonifiche La realizzazione di un’Opera è “un affare tutt'altro che superficiale” Volta, rivolta e torna a rivoltar
Dal Van di Fenton alla Carriola di Peyrot Osservare
BENVENUTI NELLA CITTA' H: Allestimento con carriola e scaletta in legno, 2007 non aveva i principi estetici dell'arte classica, ma era proprio nel suo intento contemporaneo essere l'incorente e assurda presenza in un MUSEO (piuttosto che dispersa nell'ambiente). In ogni museo c’è una carriola (Museo d’Arte MAON: Domenico Cordi).
Nella città H, delimitata da (tre) coni segnaletici, si svolgeva la scena del delitto: L'uomo e i suoi ingombri, ciò che si porta dietro, scarriola la scaletta di risalita, getta via il futuro, destinandolo all'incuria. Un’OPERA REBUS con oggetti e soggwetti spettatori. L’arte non sa fare a meno degli oggetti. Anche quando sono rifiutate e diventano spazzatura, le cose continuano a comunicare, a lanciare messaggi che l’artista intercetta e restituisce servendosi di un altro registro. Il gesto artistico li chiama a una vita diversa. Gli "scariolanti", i braccianti che trasportavano la terra per mezzo di carriole durante i lavori di bonifica delle paludi costiere della Romagna e o le analoghe bonifiche dell’Agro Romano e Pontino, si sostenevano cantando così: A mezzanotte in punto si sente un grande rumor sono gli scariolanti lerì lerà che vengono al lavor. Volta, rivolta e torna a rivoltar. Noi siam gli scariolanti lerì lerà che vanno a lavorar. Su come un certo oggetto sia criticabile se presentato come opera, nel caso trattato, rappresenta la contraddizione e la conferma stessa del tema, del perchè un’opera tratta dai rifiuti sia apprezzabile (carriola recuperata) e al contempo come Opera rifiutata (incoerente all’estetica museale), assolva brillantemente al suo messaggio fatto di inclinazione al lavoro spesso fatigante di costruire o ricostruire e non distruggere (l’ambiente) nei limiti delle intuizioni umane, poiché tutto ciò che ci affatica, e non è bello, spesso non è ammissibile.
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La carriola, questo oggetto, e quali gli autori nelle epoche e nelle correnti artistiche che l’ hanno disegnato in Pittura, Fotografia e Allestimenti ed evocato in Poesia, rappresentato con Metafore e Scarti, Ossimori e Liriche Metafisiche Musicali e Operazioni Quantistiche, che l’hanno destinato a simbolo di Lotta e Rivolta: di Viaggio, di Conferimento e trasferimento, di Trasporto, di Seduta, Sostegno e Gestante; di processo Alchemico, gioco e Palio, di Residuo industriale ed edilizio per Palazzi immaginari, da Materia a Tracce di ruggine, da Porta letame a fioriera e Indizio parentale, presentarveli è il motivo della mia ricerca e catalogazione della carriola e del messaggio, attorno, che diventa appunto forma. Quasi come l’ambizione di un“Palazzo Enciclopedico” compendio per immagini (M.Gioni 55aBiennale dArte di Venezia), peraltro infinito. Dal modello del celebre e bizzarro bizzarro “carro-laboratorio” del britannico Roger Fenton (1819-1869 “La carriola fotografica” del valdese David Peyrot – oggi custodita nella Mole Antonelliana, Museo del Cinema di Torino– è un esemplare rarissimo di camera oscura mobile: una carriola adattata a laboratorio e magazzino per trasportare l’ingombrante attrezzatura necessaria alla preparazione delle lastre fotografiche poiché i negativi al collodio umido necessitavano di essere preparati solo qualche attimo prima dello scatto e sviluppati subito dopo.
Una carriola non è mai inutile
La carriola, prima di diventare un pezzo da collezionismo rimase per qualche tempo nel cortile della cascina dei Peyrot, alla mercé di bambini e galline. Un destino che sembrava unire ancora una volta la fotografia e il mondo avicolo e chiudere il cerchio di una storia avviata alcuni anni prima. Se le galline contribuirono al successo della fotografia grazie all’albume delle loro uova utilizzato per la fabbricazione della celebre carta fotografica all’albumina, la carriola le ricompensò offrendo loro un rifugio sicuro e confortevole.
Il popolo delle Carriole “Un oggetto inutile è quello che non aiuta a capire il tragico della vita, e non la contagia” (Guido Ceronetti). Parafrasando Ceronetti, attitudini del costruire e ricostruire che diventano forma contro l'inconsistenza, contro l'indifferenza, così la rivolta delle carriole degli Aquilani nel post terremoto. Ma è anche tempo di Natale e di luci, e vi consegno l’Opera Rocket Ship, 2011 di SISLEJ XHAFA artista presente con ‘LOST AND FOUND’ Kosovo Pavillion Venice biennale 2017. Con l’augurio di buone festività. Alla prossima puntata. (DZ)
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La Nera Zara
al vino rosso cmele renette candite uva (rigenerata al vino Nero Buono) crema di cioccolato Nero Buono nella glassa rosa
O
Uova e RAGU DI OCA Chef ‘Na Fojetta
Notoriamente le carni di Oca sono più saporite e magre di grassi, in quanto il grasso, localizzato non diffuso nella carne, è facilmente eliminabile. Le sue uova sono disponibili solo da febbraio a maggia a differenza della più tardiva anatra, ottime per le paste tirate a mano. Le parti nobili delle carni dell’oca sono il coscio, il sovracoscio e il petto, il busto e le ali sono adatte ad un brodo di cottura per il ragù. Ingredienti per il ragù di oca: 50 gr di carne a persona 1/2 bicchiere di vino rosso per sfumare 1 cucchiaio di conserva di pomodoro Odori e spezie carota sedano cipolla rosmarino salvia e ginepro un pizzico di cannella pepe Brodo di oca per bagnare il ragù .
Preparazione Recuperare le parti nobili delle carni di oca, con il resto preparare il brodo per la cottura. Lasciare marinare la carne e gli odori nel vino rosso per una notte. Scolare e filtrare gli odori, recuperare il vino rosso. Senza macinare, tagliuzzare in punta di cortello la carne in pezzettini da ragù.
Salare e pepare, rosolare la carne in tegame su un fondo di olio, aggiungere gli odori filtrati, frullati e brasati a parte, sfumare con il vino rosso della marinatura, aggiungere la conserva e il brodo, qb, per una cottura lunga.
Nel piatto Il ragù di oca si serve preferibilmente con pasta larga, pappardelle, ideale per sughi di struttura, una spolverata di prezzemolo e pecorino.
Nel bicchiere. Un calice di rosso ben strutturato del Lazio (con Merlot, Sangiovese, Cesanese, Montepulciano, Nero Buono di Cori). Shiraz a bacca nera di Terracina. Velletri Rosso Riserva.Capolemole Rosso Carpineti (C. Camilli)
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Buone festività ‘Na FOJETTA Frascati
SIT
Fruit bOx di F. Camilli Arte Grafica DZ ‘NA FOJETTA Frascati
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