Tutti uguali tutti diversi

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ENTI PROMOTORI

Ministero della Salute Ministero della Solidarietà Sociale Ministero dell’Università e della Ricerca Accademia di Belle Arti di Foggia Azienda Sanitaria Locale Provincia di Foggia Regione Puglia Provincia di Foggia Comune di Foggia Comune di Troia Comunità Montana “Monti Dauni Meridionali” Università degli Studi di Foggia Gal Meridaunia Fondazione Banca del Monte “Siniscalco Ceci” Fondazione Caripuglia Coop. Sociale “FUTURA” - Monteleone di Puglia Coop. Sociale “IN VOLO B - ONLUS” - Troia Associazione Alternativa Arte - Foggia Associazione “TUTTI IN VOLO - ONLUS” - Troia

COORDINAMENTO ARTISTICO COORDINAMENTO LABORATORI COORDINAMENTO DEL PROGETTO

EVENTI

Proff.ri Floriana Mucci, Antonio Nasuto Accademia di Belle Arti di Foggia Prof.ssa Marianna Pelullo Accademia di Belle Arti di Foggia Dott. Giuseppe Pillo, Dott.ssa Concetta Iuliani CSM 3 Troia - Asl FG Mostre d’Arte dei Docenti e degli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Foggia Allestimento a cura dei Proff.ri Francisco Cabanzo, Alessia Colacicco, Liliana Fracasso Collaborazione all’allestimento: Gaetano Accettulli, Elsa Florio, Antonino Foti, Giuseppe Torraco 21-25 ottobre 2007 Fondazione Banca del Monte “Siniscalco Ceci” - Foggia 21-26 ottobre 2007 Museo Civico - Foggia 21 ottobre 2007 Piazza Cattedrale - Foggia. La Corte dei Miracoli - Marcato degli scambi: incontri, musiche ed animazione di piazza

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE FOTOGRAFIA

Gianfranco D’Aversa e Antonio Nasuto Antonio Nasuto

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione degli autori.


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SOMMARIO

4 TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI

Arch. Alfredo de Biase Direttore e coordinatore per Foggia della Soprintendenza BAP-Ministeto per i Beni e le Attività Culturali

5 LA FOLLIA DELLA RAGIONE

Avv. Gaetano de Perna Presidente Accademia di Belle Arti di Foggia

7 UGUALI E DIVERSI

Prof. Savino Grassi Direttore Accademia di Belle Arti di Foggia

8 LA SALUTE MENTALE QUALE PRIORITA’ DA PERSEGUIRE

Dott. Donato Troiano Commissario Straordinario ASL FG, Foggia

12 IL PROGETTO “TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI”

Dott. Giuseppe Pillo Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia ASL/FG, Foggia - Ideatore del progetto

24 LE OPERE

28 TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI

Dott. Giuseppe Pillo

36 L’UTOPIA POSSIBILE

Dott. Giuseppe Pillo

44 I MANICOMI NON FINISCONO MAI ?

Dott. Giuseppe Pillo

64 L’UTOPIA POSSIBILE...PER L’INCLUSIONE SOCIALE

Dott. Giuseppe Pillo

72 QUELLO CHE NON PASSA… LA PARROCCHIA

Dott. Peppe Dell’Acqua Direttore del Dipartimento di Salute Mentale A.S.S. n. 1 “Triestina”, Trieste

96 LA CORTE DEI MIRACOLI

Dott. Giuseppe Pillo

(dal cortometraggio omonimo)

Quale ruolo per le Associazioni dei Familiari di persone affette da disturbo mentale (dal Convegno omonimo del 14 gennaio 2000) (da “In Volo News Italia”, Anno 1, n.3, 1999)

(dal convegno “L’Utopia Possibile….per l’inclusione sociale”, Foggia, 20 nov./2 dic. 2000)

(da: Il CSM 3 dell’ASL FG3 di Giuseppe Pillo, collana Le Ali/5, ed. Coop. Soc. Futura, 2000) Un luogo per gli scambi (da “In volo News Italia”, Numero speciale, luglio 2001)

108 HO CONOSCIUTO UN UOMO

Prof.ssa Floriana Mucci Docente Accademia di Belle Arti di Foggia


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TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI Arch. Alfredo de Biase, Direttore e coordinatore per Foggia della Soprintendenza BAP Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Può sembrare inusuale vedere coinvolti in un progetto riguardante la salute mentale enti, quali l’ASL, l’Accademia di Belle Arti e la Soprintendenza, con competenze apparentemente distanti tra loro, quali il benessere psico-fisico, l’educazione artistica, la promozione e tutela dei beni culturali. Eppure questa è la dimostrazione tangibile che un efficace lavoro di sinergie possa dare ottimi frutti e portare alla realizzazione di un buon progetto. Quando mi è stato proposto dal dott. Pillo, dirigente nella ASL, un coinvolgimento per far partire e rendere incisivo questo progetto, ho subito compreso l’attinenza che poteva esserci tra la rappresentazione dello stigma nella salute mentale ed il mondo dell’arte. Mi è subito balenato alla mente l’esistenza di quella sottile linea di confine che delimita la sfera dell’arte con la percezione emotiva di un soggetto che, tra virgolette, viene definito labile di mente. Riferimenti in tal senso ad artisti di oggi e del passato potremmo farne tantissimi: dall’architetto spagnolo Antoni Gaudì, che plasmava le sue architetture come se fossero costruzioni disegnate dalle forze della natura ed apparentemente instabili, al pittore olandese Vincent Van Gogh, che riusciva ad interpretare i colori che lo circondavano con la vibrante passionalità interiore che gli perversava l’animo, anche se, il primo artista che mi è venuto in mente, per la drammaticità ed il tormento interiore rappresentato nelle linee e nei suoi dipinti è stato l’espressionista austriaco Egon Sciele, divenuto poi per noi l’emblema stesso del nostro progetto, inserendo alcune delle sue raffigurazioni nel progetto grafico di questo studio. Quindi, dopo aver valutato tutte le numerose interdisciplinarità possibili, ho pensato che il partner migliore per questo tipo di lavoro poteva essere proprio l’Accademia di Belle Arti di Foggia, catalizzando l’attenzione dei propri studenti ed attivando con loro un vero e proprio laboratorio di studio condotto dal Centro di Salute Mentale di Troia della ASL. Altra importante conseguenza nell’aver voluto coinvolgere i ragazzi dell’Accademia è stata quella di valutare la possibilità di sensibilizzare, alla delicata tematica trattata, gli stessi allievi e di far comprendere e diffondere la positività del messaggio sullo stigma ad un più vasto pubblico, tramite la realizzazione di mostre

sul territorio e la pubblicazione dei relativi cataloghi. Questo è stato il mio contributo al progetto, poi la parte più operativa è stata svolta dai dirigenti e collaboratori della ASL con i professori e gli allievi dell’Accademia. La mia soddisfazione è quella di aver dato un contributo ed aver visto collaborare per la prima volta a Foggia enti così importanti e così diversi, tanti altri enti pubblici ed innumerevoli associazioni di categoria, aver constatato che il risultato, ben visibile ai nostri occhi, non ha bisogno di commenti ed appare come una ulteriore crescita dal punto di vista sociale, scientifico e culturale per l’intera provincia di Foggia, vista oltre le frontiere, in ambiti internazionali.


LA FOLLIA DELLA RAGIONE

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Avv. Gaetano de Perna, Presidente Accademia di Belle Arti di Foggia

Ragione ..... ordinariamente compresa come capacità di collegamento dei concetti e delle idee secondo rapporti logici. Logica ..... quale metodo di distinzione dei ragionamenti corretti da quelli scorretti. Tuttavia la ragione e la logica non considerano l’evoluzione, si muovono entro schemi predefiniti, ruotano perpetuamente intorno a se stesse e, come seguendo il filo di Arianna, escono dal labirinto. Ma cosa c’è nei luoghi del labirinto non attraversati dal filo? Cosa al di là del moto circolare? È necessario perdere il filo, spezzare il cerchio, rompere il muro del conformismo, smarrirsi per conoscere quei luoghi della mente e della realtà che altrimenti non si conosceranno mai. Abbandonare la ragione della maggioranza, quella comune, allontanarsi dai sistemi per scoprire nuove terre, nuove americhe, sconosciuti campi in cui spargere i semi dell’ umanità affinché questa possa svilupparsi in direzioni diverse e così conoscere tutto il suo magico ed antico potere. Non v’è stata mai vera evoluzione o rivoluzione, alcun cambiamento senza abbandono della ragione e della logica comune, senza follia. Perché è l’ abbandono della ragione ad essere chiamata follia. Ma non è follia rinunciare all’evoluzione, al cambiamento, alla conoscenza? Per esempio ai principi introdotti dalla rivoluzione francese, dalla dottrina sociale della chiesa e così via? No è folle continuare perpetuamente a seguire sempre lo stesso filo? Lo stesso percorso? Seguitare a girare infinitamente in un cerchio?

Rispondere a queste domande significa già comprendere che ragione, logica e follia sono facce della stessa medaglia, aspetti della medesima umanità. La ragione e la logica sono lo studio dei risultati raggiunti dall’ evoluzione del pensiero, sono scosse di assestamento di un terremoto che ha rivoluzionato una parte della nostra umanità, sono come spedizioni mirate a conoscere terre appena scoperte o a costruire argini a un fiume che si è appena formato. Il terremoto, la terra scoperta ed il fiume sono la follia. Uno schiocco di dita, una intuizione, un discostamento dal convenzionalismo, una nuova idea, un rivoluziona-

Foto: Vanni Natola

Alcuni uomini vedono le cose per quello che sono state e ne spiegano il perchè. Io sogno cose che ancora devono venire e mi chiedo, perché no? (John F. Kennedy)

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rio modo di vedere le cose, un grande amore per l’uomo sono quella follia, quella perdita del filo, quella rottura del cerchio da cui germoglierà il Cristianesimo, la teoria della relatività, un imminente movimento artistico, una novella concezione della politica. Mille colori ed infinite sfumature, non tutto bianco o nero, ragione o follia. Tutti uguali e tutti diversi, tutti essenza di una umanità ineffabile, affascinante, magica, infinita. La ragione senza follia non è genere umano..... è follia della ragione. Vorrei incantarmi guardando i giochi delle nuvole..... come te, sorella sorprendermi stregato dalle maree..... come te, fratello sentire le cose che non sento e che tu sai sentire, figlio mio rivolgere lo sguardo verso un orizzonte lontano e crederlo vicino..... come lo credi tu, mio amico sapere amare..... nel modo in cui sai amare, madre proteggere..... come hai saputo fare, padre fantasticare alla tua maniera, sognatore percorrere terre sconosciute..... come te, viaggiatore vedere le cose che non vedo e che tu sai vedere, amica mia vivere mille e mille vite..... conoscere mille e mille vite come un folle che abbandona il filo e spezza il cerchio dell’ignoranza ..... generatrice del pregiudizio.


UGUALI E DIVERSI

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Prof. Savino Grassi, Direttore Accademia di Belle Arti di Foggia.

L’amore rivela fatti che, senza di esso, rimangono nascosti. (Ronald Laing)

La grande somiglianza ci rende tutti vicini, non solo spazialmente ma anche spiritualmente, prossimi gli uni agli altri. Siamo fatti tutti della stessa pasta e leggiamo comportamenti e azioni come in un libro aperto. A volte un’armonica assonanza di sentimenti ci fa leggere anche nel cuore degli altri. Persino le trame e le passioni dell’inconscio sono da tempo smascherate ad opera della psicoanalisi. Siamo tutti uguali e ci sorprendiamo quando ci accorgiamo di voler prendere le distanze, creare barriere, distinguo e singolarità gelose della propria autonomia e indipendenza. Siamo della stessa acqua eppure ci lanciamo lontani l’uno dall’altro a infrangere le nostre onde su lidi opposti, distanti mille miglia. Eppure, fratello diverso, oggi vorrei toccarti, sentire le tue braccia, le tue gambe, tutto il tuo corpo che urla, mettere i miei occhi nei tuoi, baciare la tua bocca. Perdono… per non averti riconosciuto e non aver cantato con te l’inno della vita, guardato il sole e danzato con te, bambino triste perché escluso dai miei giochi. Ora comunicheremo con gli occhi, se prenderemo a toccarci senza paura con animo lieto di bimbi, parleremo con pianti, paure, ansie…, insieme ad aspettare la mamma, la fata… Berremo latte al suo prosperoso seno, e lì, in mezzo, troveremo accoglienza…, in seno all’amore, al calore, accettati nella nostra comune umanità. E di lì a spiare il mondo, sentire gli odori, allungare le mani per incontrare nebbie, albe e tramonti. La pioggia vedrai ci bagnerà entrambi allo stesso modo e il sole verrà ad asciugarci col suo abbraccio caldo, fratelli nuovi della nostra primavera. Da quel nascondiglio primordiale vedremo la scena originaria, papà Dio che crea il mondo facendo ogni creatura diversa dall’altra ma con una luce dentro, una stessa scintilla d’amore che potrà guidarla nel cammino e condurla a casa. I colori poi ci aiuteranno ad uscire dal nascondiglio…; con le mani stenderemo tonalità chiare e scure, aeree e solide per dare consistenza alla realtà e fargli prendere il

volo… : … non materia, ferma e pesante, prigioniera dell’attualità, del ripetersi ogni giorno dell’uguale e cercare ad ogni costo la rassicurazione, senza sorprese e senza affanni. Tu lo vedi: tutto torna e tutto ritorna, è sempre lo stesso discorso, che continua a non farsi evento: niente paura, nessuno ci interpella, non siamo chiamati, dobbiamo stare solo al sicuro! … ma ali leggere e ampie, tali da abbracciare tutta la realtà e sollevarla in atmosfere colorate, ritmi musicali e danze sfrenate, dare respiro all’universo, brontolii al mare e canto al vento. L’arte potrà salvare il mondo, abolire barriere, spezzare rassegnazione e donarci il nuovo mattino di una realtà appena nata che attende di essere da noi creata e inventata. L’immaginazione all’opera per unirci tutti uguali – tutti diversi… Ci potrà accadere forse di nascere di nuovo e fermarci eterni bambini, senza lasciti, paure e tramonti. Torneranno ancora l’incomprensione, sempre in agguato, la fredda e ossessiva paura, la nostalgia dei rifugi sicuri, per metterci in fuga l’uno dall’altro, in cerca di impossibili solitarie salvezze, ma saranno il suono sottile di un flauto, una dolce canzone d’amore o l’incontro-rivelazione di colori, forme e strutture luminose a realizzare il nostro ritorno sul comune cammino che, dentro ognuno di noi, attende di essere percorso.

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LA SALUTE MENTALE QUALE PRIORITA’ DA PERSEGUIRE Dott. Donato Troiano, Commissario Straordinario ASL FG, Foggia.

Secondo l’OMS “la salute è la condizione di pieno benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di sintomi o malattie”. All’interno di questa definizione rientra, a pieno titolo, anche la salute mentale che, di conseguenza, non può essere intesa come semplice assenza di malattia, ma come una condizione di benessere tale da consentire all’individuo il raggiungimento dei propri obiettivi, attraverso la realizzazione di progetti di vita efficaci, nel proprio contesto socio- familiare, ispirati ai principi dell’autodeterminazione e del sano protagonismo. Nel corso degli anni, tuttavia, o forse da sempre, la sa-

lute mentale ha rivestito, nella storia delle varie società, fin dalla loro nascita, un ruolo subalterno e minoritario rispetto ad altre questioni di salute pubblica. Per tale ragione è necessario che rivesta un ruolo più centrale, considerata la notevole influenza che esercita sull’intero tessuto sociale, produttivo, economico e culturale dei vari paesi, nella loro totalità e non soltanto nei confronti di un gruppo più ridotto, quale quello costituito da persone affette da malattia mentale. I dati mondiali, infatti, derivanti da rapporti dell’OMS, non sono assolutamente incoraggianti, ma è opportuno quanto necessario ricordarli, per non sottovalutare l’intera questione. Oltre il 40% delle nazioni dell’intero pianeta non persegue alcun tipo di politica sanitaria per la salute mentale, mentre più del 30% non garantisce alcun tipo di assistenza psichiatrica. Rispetto ad alcune fasce deboli come l’infanzia e l’adolescenza, il 90% dei paesi non ha programmi specifici d’intervento. A fronte di queste gravi carenze, circa 450 milioni sono le persone affette da disturbi mentali e del comportamento. La depressione affligge almeno 150 milioni di persone, mentre la schizofrenia oltre 25. Un milione di persone ogni anno si toglie la vita. Tra le prime 6 cause di disabilità, 3 riguardano disturbi psichiatrici (depressione, schizofrenia, disturbi bipolari). Questi dati assolutamente sconcertanti, hanno conseguenze ancor più disastrose: le persone che soffrono di disturbi mentali spesso sono vittime di abusi, violazioni dei diritti umani più elementari, torture e violenze estreme, mancato accesso ai diritti di cittadinanza, tra i quali il diritto ad esprimere la propria opinione, il diritto al lavoro, il diritto alla partecipazione nella vita sociale piuttosto che nella gestione del tempo libero, il diritto alle cure. Il 40-70% dei soggetti affetti da malattie mentali, infatti non riescono ad accedere ad alcuna forma di trattamento e questa percentuale sale ad oltre il 90% nei paesi meno sviluppati. Il carico economico dei costi diretti ed indiretti di questi disturbi è molto rilevante se si pensa che nei paesi sviluppati raggiunge anche il 3-4% del PIL. Questi dati, purtroppo, sono destinati nei prossi-


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mi anni ad aumentare ancora, a causa dell’invecchiamento dell’intera popolazione e del peggioramento delle condizioni di vita socio-ambientali. Una famiglia su quattro ha un componente affetto da disturbo mentale. Ciò determina un notevole carico, in termini di risorse richieste per il suo accudimento, che spesso, invece di essere sostenuto ed alleggerito, non viene riconosciuto dal contesto sociale di riferimento. Inevitabile conseguenza di questa situazione è rappresentata dal persistere di fenomeni di stigmatizzazione, di pregiudizi, di false credenze che coinvolgono anche la famiglia nonché gli stessi operatori della salute mentale. Tali fenomeni individuano nella persona con disturbo mentale un concentrato di violenza, pericolosità sociale, inaffidabilità, aggressività, inguaribilità, con il conseguente perpetuarsi di fenomeni di emarginazione, segregazione, isolamento e controllo, finalizzati alla difesa della società presunta sana, dal “contagio” della follia. Ulteriore inevitabile conseguenza di questo modello perverso è rappresentata dalla negazione dei diritti e delle libertà di persone fragili, vulnerabili, seppur imprevedibili e a volte bizzarre. Numerose sono le violazioni denunciate da più parti nel mondo intero, piuttosto che da territori italiani: il frequente ricorso al ricovero coatto, la decisione di utilizzare letti di contenzione, l’uso spropositato di legacci, i casi di incatenamento, l’abbandono delle famiglie, l’avallo di condizioni abitative precarie, l’azzeramento degli scambi sociali, ne sono soltanto alcuni esempi. Nel 2001, nel manicomio di Enwadi in India, in seguito al divampare di un incendio, morirono 40 delle 46 persone ricoverate. Questo succedeva perché, di notte, era “consuetudine” incatenare le persone ai letti. In alcuni paesi, il matrimonio può essere dichiarato nullo se si dimostra che uno dei coniugi è affetto da malattia mentale. Tali forme di stigmatizzazione e di discriminazione contribuiscono alla negazione dei diritti più elementari, alimentando l’isolamento e l’esclusione sociale, con conseguente difficoltà di cogliere le varie opportunità della vita, come i percorsi formativi, l’inserimento nel mondo del lavoro, l’accesso a protocolli di cura che ren-

derebbero possibile la “ripresa”, così come attualmente viene ridefinito il processo di guarigione in salute mentale, perché oggi tanti sono i casi di schizofrenia che guariscono completamente, se l’intervento è tempestivo e se i servizi sono dotati di risorse adeguate, per poter rientrare a pieno titolo nella comunità di appartenenza. Sono proprio questi principi ed è proprio questa strategia d’interventi che le varie azioni in cui si articola il progetto “Tutti Uguali Tutti Diversi” – campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale attraverso l’arte -, del Centro Salute Mentale 3 di Troia, vogliono affermare e perseguire, contro la violenza, lo stigma, la discriminazione e l’esclusione sociale subita dalle persone affette da disturbo mentale, ed in particolare da quello severo. Tale progetto nasce dalla rete dei servizi per la salute mentale di un territorio, difficile e di confine con la Campania e la Basilicata, costituita dal servizio pubblico rappresentato dall’ASL FG, ma anche da organismi appartenenti al mondo del no-profit e dell’associazionismo come la Cooperativa sociale “In volo B – Onlus”, la Cooperativa sociale “Futura”, l’Associazione di familiari “Tutti In Volo - Onlus”, l’Associazione Alternativa Arte, in un ter-

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ritorio povero, emarginato, composto da piccole comunità arroccate sui monti Dauni meridionali: in questi paesi sono proprio le intere comunità a rischio di esclusione sociale. Ben presto, tuttavia, esso si espande e guadagna numerosi consensi, primi fra tutti, quelli dell’Accademia di Belle Arti di Foggia che viene immediatamente ed attivamente coinvolta a condividere ed a portare avanti l’intera idea progettuale, e successivamente, in un lento e continuo crescendo, di numerose istituzioni locali, provinciali e regionali, pubbliche e private, del mondo della salute mentale ma anche dell’arte, della cultura, dell’imprenditoria, di ulteriori risorse presenti nel territorio. Nella stessa direzione di lotta allo stigma ed alla discriminazione, vanno i vari e numerosi prodotti che il progetto ha realizzato in questi mesi, dagli incontri di “contaminazione” in Accademia fra allievi, docenti, operatori e fruitori dei servizi per la salute mentale, alla realizzazione del sito internet www.tuttiugualituttidiversi.com, dall’allestimento di mostre artistiche, all’evento “La Corte dei Miracoli” – mercato degli scambi per la salute mentale -, dalla campagna anti-stigma effettuata con manifesti, locandine, spot televisivi, messaggi sulla carta stampata, alla ricerca scientifica sulla valutazione degli atteggiamenti e dei comportamenti del target individuato sulla malattia mentale e sulle persone che ne soffrono, dal Convegno Internazionale finale, alla realizzazione di questo catalogo di opere artistiche degli allievi dell’Accademia, invitati a realizzarle con l’intento di utilizzarle e diffonderle all’interno della campagna e che hanno attivamente contribuito al buon esito dell’intero progetto, dal momento che il veicolo era rappresentato proprio nell’arte. In questa battaglia di civiltà, è necessario il coinvolgimento dei governi innanzitutto, ma anche degli amministratori, delle comunità locali, dei media, degli operatori della salute mentale, delle organizzazioni non governative, dei professionisti del settore privato, delle istituzioni scientifiche, delle fondazioni, del mondo del no-profit e del volontariato, della famiglia, dei cittadini comuni. Soltanto la sinergia di tutte queste risorse potranno modificare il paradigma malattia mentale-discriminazione-esclu-

sione sociale. La salute mentale è un bene prezioso che coinvolge l’intera collettività e non può essere relegata esclusivamente ai servizi specialistici. Questi tuttavia sono indispensabili per fungere da volano, per coinvolgere, per mettere in rete tutte le altre potenziali risorse. Per fare questo ci sono poche cose fondamentali da osservare: Centri di Salute Mentale per territori non infiniti e ben governabili, aperti 24 ore su 24 di tutti i giorni, ricoveri brevi e dignitosi in ambienti decorosi limitatamente ai periodi di acuzie e di reale ingovernabilità della malattia, previsione di una dotazione organica pluriprofessionale in ragione di almeno un operatore ogni 1.500 abitanti, così come previsto dagli ultimi due progetti-obiettivo nazionali “Tutela della Salute Mentale”. Politiche ed interventi mirati per prevedere situazioni abitative anch’esse dignitose, percorsi formativi finalizzati all’inserimento lavorativo di questi soggetti, attività per il tempo libero, spazi per la libera espressione delle proprie emozioni e sensazioni, a testimonianza della possibile trasformazione del mondo dell’assistenza e della disabilità in mondo della produttività e della creatività, con l’obiettivo finale dell’inclusione sociale di tutti i soggetti coinvolti. Questo programma è certamente ambizioso anche se arduo e molto impegnativo, ma non impossibile. D’altra parte, almeno in Italia, dopo l’avvento e la rivoluzione culturale determinata dalla legge 180 del 1978 non è più consentito tornare indietro. Per quello che riguarda l’ASL FG, è ferma intenzione individuare negli obiettivi strategici aziendali, la promozione della salute mentale e la prevenzione dei suoi disturbi, attraverso la riduzione dello scarto drammatico attualmente esistente tra bisogni espressi dalla popolazione e risorse realmente disponibili. Per fare questo occorre investire prevalentemente nei servizi, prevedendo ed individuando risorse umane e strutture aggiuntive, migliorando e diffondendo il modello organizzativo sull’intero territorio aziendale, quale risposta concreta e più autentica ai processi di stigmatizzazione e di discriminazione che quotidianamente avvengono nei confronti delle donne e degli uomini affetti da malattia mentale.


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IL PROGETTO “TUTTI UGUALI, TUTTI DIVERSI”

Campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale attraverso l’arte Dott. Giuseppe Pillo, Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia - ASL/FG, Foggia, ideatore del progetto.

La storia della follia è disseminata di ambiguità, atrocità, violenze ed ingiustizie perpetuate nei confronti delle persone affette da disagio mentale. La storia della follia è densa di “tragici errori” che la società civile ha esercitato e consumato nei confronti di donne e uomini tra i più vulnerabili, assumendo i significati più diversi, a seconda del clima storico e del contesto socio-politico, culturale ed economico. La storia della follia, delle sue forme e delle strutture preposte al controllo di quella particolare devianza sociale rappresentata dall’ “alienazione mentale”, può essere sovrapposta a quella dell’intera umanità. Nelle culture antiche, a fino al XVII secolo circa, l’approccio alla malattia mentale era dominato da concezioni demonologiche o teologiche: la pazzia era vista come espressione di possessioni demoniache piuttosto che influenze divine. Nel mondo ellenico classico, infatti, la malattia mentale trovava la sua causa in determinati influssi da parte delle divinità dell’epoca. Per il filosofo Platone, essa rappresentava un dono degli dei, anche se poi le persone affette, comunque venivano allontanate dalla collettività. Di diverso avviso era il medico e filosofo Ippocrate, che ne adduceva la causa a componenti biologiche, rappresentate

dalla circolazione di umori nell’organismo e soprattutto al loro equilibrio. Una prevalenza di secrezione di bile nera, per esempio, determinava una riduzione del tono dell’umore, mentre l’eccesso di sangue rosso caratterizzava gli iracondi, i passionali, i collerici. Durante l’impero romano continuò a dominare il modello biologico di Ippocrate, seppur prevalentemente nelle classi più abbienti, mentre la cultura popolare rimase legata alla concezione magico-religiosa della malattia mentale. Questa concezione ritornò in auge, attraversando tutti i ceti sociali, durante il Medio Evo, allorquando il folle veniva considerato un indemoniato o in combutta con il demonio e spesso condannato al rogo nella pubblica piazza, quando non veniva caricato sulla “stultifera navis” e affidato alla corrente del fiume o del mare per trovare una morte molto più atroce. Nei secoli XIV e XV cominciarono a sorgere istituzioni particolari, fuori dai centri urbani, cinte di mura, completamente isolate, quali prime forme organizzative di sanità pubblica, equivocamente “attente” sia alle problematiche della povertà sia alla tutela della collettività: sono i lebbrosari, e successivamente i lazzaretti. In questi luoghi, seppur concettualmente diversi, essendo il primo più vicino al vecchio ospizio e l’altro al moderno ospedale, venivano segregati malati contagiosi per allontanarli dalla collettività “sana”. In questo modello perverso di prevalente tutela della collettività sana è possibile individuare i germi della successiva istituzione manicomiale, quasi come se la follia fosse altrettanto contagiosa e quindi da segregare, allontanandola e relegandola in strutture isolate. Infatti, all’indomani della scomparsa della lebbra, questa venne sostituita nell’immaginario collettivo dalla malattia mentale, che, quindi, in numerose nazioni europee, occuperà gli stessi luoghi fisici dei lebbrosari, dopo le malattie veneree ed assieme a mendicanti, nullatenenti, sfaccendati, perturbatori dell’ordine pubblico, poveri, vagabondi, malati e prostitute. E’ questo il fenomeno del “grande internamento” descritto dal francese Foucault, avvenuto in Francia nel settecento, con il confinamento e la concentrazione di tutti questi soggetti nell’Hòpital général, per renderli invisibili ed inoffensivi.


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Alla fine del XVIII secolo, a seguito degli influssi del pensiero illuminato prima e di quello positivista dopo, si assistette al tentativo di perseguire l’obiettivo dell’umanizzazione dell’uomo attraverso il sapere scientifico. Questa nuova concezione dell’individuo e della società determinò l’elaborazione di un nuovo modello istituzionale di cura della malattia mentale che, oltre alla segregazione ed alla custodia, mirasse anche alla cura ed alla rieducazione. E’ proprio di quest’epoca la nascita della psichiatria ad opera del medico francese Philippe Pinel (1745 – 1826) che riconobbe alla follia la dignità di malattia e nel 1793, al motto di “liberare i folli dalle catene”, compì lo storico gesto di spezzare i ceppi che tenevano incatenati i folli nell’ospedale Bicêtre di Parigi: nacque così la psichiatria manicomiale. La follia è una malattia ed in quanto tale deve essere curata dal medico, ma la cura è rappresentata dall’internamento che avverrà per legge con un certificato medico. Questa apparente umanizzazione della malattia mentale, precludeva ad una nuova forma di segregazione: i folli, anche se liberi dalle catene, subivano un internamento ed un isolamento senza fine che sarebbe durato, in pratica, per tutta la vita. Il 30 giugno del 1838, in Francia, e successivamente anche in altri paesi europei, sotto l’influsso del pensiero di Pinel, venne promulgata la prima normativa specifica nel campo dell’assistenza psichiatrica “Loi su les aliénés”. Con essa venne sancito l’internamento del malato di mente, con lo scopo principale di tenerlo “separato” dalla società sana e poi di curarlo. In realtà, gli obiettivi fondamentali perseguiti da questa legge furono proprio la segregazione e la custodia dello stesso malato in quanto pericolo pubblico. Intanto, lo psichiatra tedesco Wilheim Griensinger, colse questa disumana contraddizione, la privazione della libertà individuale dell’internato, l’utilizzo dell’istituzione manicomiale come una sorta di carcere e pose al centro del nuovo modello, il trattamento dei malati di mente. Tale trattamento doveva avvenire in istituti, disposti alla periferia dell’agglomerato urbano e non in aperta campagna, con pochi posti letto ed un elevato turn over dei ricoverati (periodo di ricovero inferiore ad un anno), in presenza di medici capaci. Era possibile, inoltre, prevede-

re ricoveri all’interno di ospedali comuni nella divisione di malattie nervose. Nel 1880, in Inghilterra fu promulgato il “Lunacy Act”, con il quale il governo inglese demandò alle autorità locali il compito di costruire istituzioni psichiatriche chiuse per custodire i malati di mente, fino ad allora affidati assieme alle altre categorie precedentemente citate, alle opere di assistenza degli ordini religiosi ed alla carità pubblica. In realtà, tale “affidamento” consisteva in un vero e proprio internamento coercitivo, in una reclusione di categorie sociali molto eterogenee, accomunate tutte dallo stato di povertà, di inaffidabilità, di rischio di contagio e quindi di pericolosità nei confronti della società civile “sana”. Mentre la critica al modello manicomiale sollevata da Griensinger prendeva piede in Europa con il sorgere delle prime cliniche universitarie per la cura delle malattie mentali, in Italia la riforma non attecchì perché la realtà manicomiale era ancora molto arretrata, per cui l’obiettivo imminente fu quello di rendere più umane le condizioni di vita degli internati.Tuttavia ai primi del ‘900 l’ambizioso progetto, portato avanti dalla riforma, di trasformare i manicomi in ospedali, fallì completamente: i manicomi, più simili a luoghi di reclusione che di cura, erano fondati ancora sulla segregazione, sull’isolamento e sul controllo

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dei degenti. In Italia, a partire dal 1849, vennero portate in parlamento numerose proposte di legge, fino al 1904, allorquando venne approvata la legge n. 36, detta anche legge Giolitti, dal titolo “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”, successivamente disciplinata dal Regio Decreto n. 615 del 16 agosto 1909 intitolato “Regolamento sui manicomi e sugli alienati”. Tale legge definì, tra l’altro, i requisiti di coloro che dovevano essere ricoverati nei manicomi. All’articolo 1, infatti, la legge recitava: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi quelle persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose per sé o per gli altri, o riescano di pubblico scandalo e non siano o non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi”. Per entrare in ospedale, quindi, occorreva che fossero soddisfatte due condizioni: la presenza di malattia mentale e la presenza di pericolosità per sé o per gli altri o del pubblico scandalo. L’aspetto preponderante, ancora una volta, restava quello custodialistico e non della cura. Così

come concepita, la legge generò un paradosso logico: se una persona era affetta da malattia mentale e socialmente pericolosa o di pubblico scandalo poteva essere internata in ospedale per essere custodita ma anche curata, ammesso che ce ne fosse la competenza. Se invece era affetta da malattia mentale ma non pericolosa o di pubblico scandalo, non poteva entrare in manicomio e quindi accedere alle presunte cure. Tale aspetto paradossale della legge, in realtà, non generò mai effetti concreti, dal momento che al malato di mente era sempre attribuita, seppur in via presuntiva, una scontata pericolosità sociale. Veniva così a consolidarsi quel binomio, ancora oggi difficile da scindere, “malattia mentale-pericolosità sociale”. Appare chiaro che le norme contenute nella legge n. 36 e nel successivo regolamento rispondevano, sostanzialmente ed ancora una volta, ad esigenze di protezione della parte considerata “sana” della società, preservata attraverso la segregazione, la custodia e la sorveglianza degli “alienati”, socialmente pericolosi, all’interno di strutture, i manicomi, concepiti come luoghi isolati dal contesto so-


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ciale, mentre non venivano affatto tutelate la dignità e il diritto alla cura della persona ammalata. Questa normativa determinò ben presto, tre fenomeni particolari che lo psichiatra napoletano Sergio Piro ha individuato come: concentrazione, deportazione e privatizzazione. Concentrazione: un manicomio poteva contenere anche alcune migliaia di ricoverati (il “Vittorio Emanuale II” di Nocera Inferiore: 3.000; il “Leonardo Bianchi” di Napoli: 4-5.000). Deportazione: il regolamento del 1909, consentiva alle province che non disponevano di un ospedale psichiatrico di consorziarsi con quelle che invece ne erano dotate, secondo la logica degli accordi economici e della contrattazione privata o politica, piuttosto che della vicinanza o delle affinità socio-culturali. In tal modo molti ammalati subirono vere e proprie deportazioni, venendo sradicati dal proprio ambiente socio-familiare e deportati di forza in istituzioni, distanti a volte, anche numerose centinaia di chilometri. Si consumava, in tal modo il tradimento del

principio di decentramento presente nella legge. Privatizzazione: dal momento che lo stato aveva difficoltà a garantire un ospedale psichiatrico per ogni provincia, si consentì al privato di sopperire a tale mancanza, attraverso formule di convenzionamento, con tutte le conseguenze negative di tale formula di gestione (ridotte dimissioni ed altre distorsioni proprie della privatizzazione). La spinta di movimenti antimanicomiali che si ponevano due obiettivi principali: la fine dell’istituzione manicomiale e la lotta all’ideologia scientifica dominante, che evitava di occuparsi della persona ammalata, determinò il concretizzarsi dell’evenienza di un possibile referendum abrogativo della legge n. 36, con il conseguente inevitabile vuoto legislativo, in caso di esito favorevole. Sotto tale minaccia il 13 maggio 1978 venne approvata dal Parlamento la legge n. 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, nota anche come legge Basaglia, dal nome delo psichiatra che la ispirò. Essa rappresentò un’autentica rivoluzione culturale nel campo della salute mentale:

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• La malattia mentale venne paragonata a qualsiasi altra malattia. • Scomparve la pericolosità sociale. • Venne affermato il diritto alla cura. • Vennero chiusi i manicomi e vietata la costruzione di altri. • Vennero riconosciuti i diritti di cittadinanza alle persone ammalate, che sono il diritto alla cura, ma anche ad avere una casa, una famiglia, un reddito, un lavoro, ad avere dei figli, ad esternare emozioni….che sono in pratica il diritto alla vita. Sono ormai trascorsi circa 30 anni dalla approvazione della legge 180 e molte cose sono cambiate: la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici, la nascita, l’espandersi ed il consolidarsi della rete dei servizi territoriali per la tutela della salute mentale, la nascita delle associazioni di familiari e di utenti, il loro protagonismo e la loro l’autodeterminazione. Tuttavia, l’individuazione del territorio, luogo abituale di vita quotidiana, quale contesto deputato allo svolgersi dei percorsi di cura, ha risvegliato vecchi fantasmi, vecchie concezioni, vecchie paure, vecchi pregiudizi. Ancora oggi, le persone affette da malattia mentale, presenti abitualmente nel normale tessuto sociale, portano con loro lo stigma, il “marchio” devastante che questo tipo di malattia quasi impone, interpretato, di volta in volta, in via assolutamente pregiudiziale, come colpa, vergogna, maledizione, pericolosità, violenza, rovina, inaffidabilità, condanna. La parola stigma dal greco “stigma-atos” “punteggiatura” e dal verbo “stizein” “marchiare”, stava a sottolineare la distinzione tra uomo libero e schiavo. Nella cultura ellenica, infatti, venivano marchiati, attraverso incisioni nelle carni o con l’utilizzo di oggetti arroventati, i criminali, gli schiavi, i traditori, o comunque, persone “segnate”, facilmente individuabili e riconoscibili, per essere evitate, soprattutto in contesti pubblici, perché portatrici di discredito sociale o di vergogna. Il vocabolario della lingua italiana “Il Conciso” dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana ne dà la seguente definizione. “Attribuzione di qualità negative a una persona o a

un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione”. Goffman definisce lo stigma un “discredito sociale permanente”, determinato da una “particolare frattura tra l’identità sociale virtuale e l’identità sociale attuale”. Secondo Goffman è la società che stabilisce i criteri che distinguono le persone in categorie, e gli attributi, naturali ed ordinari, necessari per poterne definire l’appartenenza. Pertanto, al cospetto di un estraneo, tenendo conto di tali criteri, noi siamo in grado di stabilire a priori a quale categoria egli appartiene e quali sono gli attributi che egli deve possedere, le sue caratteristiche, la sua “identità sociale”. In tal caso, definiamo questa identità sociale “virtuale”, poiché tracciata in via presuntiva, sulla scorta di quanto stabilito dalla società. L’identità sociale “attuale”, invece, rappresenterebbe la categoria che è legittimo attribuire ad una determinata persona, con i relativi attributi che è possibile assegnargli, solo a seguito del processo di conoscenza. In altri termini, l’identità sociale virtuale è quella che a priori ci aspettiamo da una persona, tenendo conto dei canoni prestabiliti dalla società, mentre quella attuale è ciò che realmente osserviamo in quella persona. La mancanza di un attributo che, invece, avrebbe dovuto far parte di quella determinata categoria, rappresenterebbe uno stigma, un


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segno distintivo, un marchio, soprattutto quando produce profondo discredito. Erving Goffman ha individuato 3 tipi diversi di stigma: • le deformazioni fisiche; • gli aspetti criticabili del carattere, quali mancanza di volontà, passioni sfrenate o innaturali, credenze malefiche e dogmatiche, disonestà, legati a malattie mentali, condanne penali, uso di stupefacenti, omosessualità, alcolismo, disoccupazione, tentativi di suicidio e comportamento politico radicale; • Stigmi tribali della razza, della nazione, della religione. Il sociologo Thomas Scheff, dell’Università Santa Barbara in California, nel 1974, invece, propose la “teoria dell’etichettamento”, secondo la quale l’etichetta diagnostica che si attribuirebbe al malato di mente, condizionerebbe, a tutti i livelli, le sue interazioni ed i suoi rapporti, con i familiari, gli amici, gli operatori della salute mentale, gli estranei. Secondo altri autori, invece, non basta eliminare l’etichetta diagnostica per ovviare allo stigma ed alla discriminazione. D’altra parte, lo stigma non è solo della malattia mentale, ma di tutte quelle condizioni che in qualche modo si discostano dalla “normalità”, sia fisica sia psichica, che la

società stabilisce attraverso determinati criteri. Nel nostro caso, una persona affetta da disturbo mentale grave, può manifestare spesso comportamenti bizzarri, scarsa igiene, abbigliamento trascurato, disturbi del pensiero e bizzarrie nelle modalità di rapportarsi agli altri, per cui, al di là della etichetta diagnostica, rischia comunque di essere riconosciuto diverso ed in via pregiudiziale “pericoloso” e pertanto, allontanato e tenuto a distanza. Appare, quindi, possibile affermare come i fenomeni di stigmatizzazione abbiano sia componenti cognitive attraverso le quali l’uomo valuta le minacce e gli eventuali rischi, determina la percezione del sé ed organizza il sapere sociale, sia componenti comportamentali. Essi inoltre, vengono rinforzati da fattori culturali, sociali, economici ed ambientali. Lo stigma in definitiva, rende diversi, facilmente individuabili, e soprattutto neutralizzando le altre caratteristiche positive che pur una persona possiede, determina discredito, discriminazione ed allontanamento dalla società. Le conseguenze dei fenomeni di stigmatizzazione sono molteplici, prima fra tutte il pregiudizio che persone affette da malattia mentale siano pericolose, inaffidabili, irresponsabili, deboli, violente, incapaci di lavorare, ecc. Poi, la creazione di stereotipi popolari fuorvianti spesso rinforzati dall’azione dei media, gli atteggiamenti negativi nei confronti dei familiari e degli operatori della salute mentale, la diffusione allarmistica dell’eccessivo costo delle cure in base ai complessi bisogni espressi ed infine, la conseguente ridotta stima che la persona affetta ha di sé, la vergogna e la riluttanza a frequentare i servizi con il prevedibile mancato accesso alle cure. Esito di tutte queste conseguenze è la discriminazione, non solo delle persone affette da malattia mentale ma anche dei loro familiari ed amici, nonché degli operatori per la salute mentale che se ne prendono cura. Stigma, pregiudizio e discriminazione, quindi, sono correlati tra di loro in modo quasi indissolubile e le numerose ricerche della letteratura internazionale in questo senso, ne sono una testimonianza tangibile. Ricordiamo, a tal proposito, la campagna anti-stigma prodotta dall’Associazione Canadese per la Salute Mentale (1994) che ha

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dimostrato come la maggiore credenza sulle persone affette da malattia mentale è che sono pericolose (88%) e che non possono mantenere stabilmente il lavoro (24%). Ed ancora, il progetto “Open the doors”, del 2000, a cura della World Psychiatric Association (WPA), dal quale è emerso, tra l’altro, che le persone affette da schizofrenia vengono percepite come incapaci di lavorare (72%), pericolose per gli altri (14%) e con una personalità frammentata (47%). Conseguenza inevitabile del paradigma stigma-pregiudizio-discriminazione è rappresentata dall’esclusione sociale di questi soggetti, fenomeno dilagante nell’attuale contesto mondiale, che non si configura in un luogo determinato, ma in un modello perverso di sviluppo che nega i diritti e le libertà di cittadini, tra i più vulnerabili. Possono essere considerati luoghi dell’esclusione, infatti, non soltanto i manicomi e gli ospedali psichiatrici, ormai chiusi, ma qualunque altro luogo o condizione abitativa e di vita che ostacoli fino ad azzerarlo, il diffondersi degli scambi e delle relazioni umane. La consapevolezza di queste dinamiche, nel corso degli anni, è sempre più aumentata, per cui si sono sviluppate nel tempo, iniziative e programmi previsti da molte organizzazioni ed istituzioni internazionali, pubbliche o di categoria, che hanno riconosciuto la fondatezza di tale paradigma e previsto campagne di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione. E’ il caso del progetto “Open the doors” già citato, o la giornata mondiale dedicata alla salute mentale, promossa il 7 aprile 2001 dall’OMS dal titolo “Stop eclusion. Dare to care” ovvero “Contro lo stigma. Il coraggio delle cure”. Sempre l’OMS nel 2003, nel riconoscere ufficialmente lo stigma e la discriminazione sociale ha costituito una Task Force d’intervento che, assieme alla WPA, ha prodotto un “Technical consensus statement”, quale contributo alla Giornata Mondiale del 2001. A tal proposito, tutti gli studi prodotti sulle campagne antistigma, hanno dimostrato quanto segue: • campagne di educazione pubblica antistigma, generiche ed isolate non producono risultati significativi e duraturi;

• interventi su gruppi bersaglio sembrano produrre maggiore efficacia: operatori della salute mentale, studenti e insegnanti, assistenti sociali, autorità locali, addetti alle forze dell’ordine, familiari di persone affette da malattia mentale, altro; • di fondamentale importanza è il ruolo dei media sia nel confermare il paradigma dello stigma sia nel combatterlo; • la sola facilitazione del contatto diretto con persone affette da disturbo mentale, non riduce lo stigma che invece viene ridotto associando a tale intervento l’aumento delle conoscenze sulla malattia e sulla sua patogenesi. In tale contesto nasce il progetto “Tutti uguali tutti diversi”, quale ulteriore occasione per opporsi con fermezza alla cultura disumana dell’esclusione sociale, che nega, alle persone affette da disturbo mentale, diritti ed opportunità. Il progetto nasce in un territorio povero e difficile, come quello del sub-appennino dauno meridionale. Territorio di confine tra due altre regioni quali la Basilicata e la Campania. Nasce in un servizio dell’ASL della provincia di Foggia, il Centro Salute Mentale 3 di Troia con un ambito territoriale rappresentato da ben 19 paesini montani e con


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un numero di abitanti che varia dai 231 di Celle San Vito ai 7421 di Troia ed un totale di circa 50.000. Nasce in un territorio pari a circa 174 Kmq, dove la distanza tra i due paesi estremi è di oltre 100 Km. Le caratteristiche fondamentali di questo territorio sono, la notevole disoccupazione, con conseguenti e continui fenomeni migratori verso altre regioni, che ha determinato in circa 45 anni una riduzione della popolazione di oltre il 40%, la scarsa presenza di mezzi di comunicazione e di collegamento tra i vari paesi, perché decisamente “antieconomica”, il grave dissesto oro-geologico, con un conseguente elevato allarme frane. In questo territorio, è tutta la popolazione residente, a rischio di esclusione sociale. Nasce con l’appoggio totale, immediato ed incondizionato del Commissario Straordinario dott. Donato Troiano, che non finirò mai di ringraziare. Nasce come forma di opposizione alla logica perversa dell’esclusione sociale tout court, attraverso la promozione di una campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale, con una caratteristica peculiare che forse lo differenzia dalle altre iniziative di lotta allo stigma che nel tempo si sono prodotte: attraverso l’arte. E come raggiungere questo obiettivo se non con il coinvolgimento dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, il cui Presidente Avv. Gaetano de Perna, il Direttore Dott. Savino Grassi ed i docenti, hanno da subito condiviso il progetto aderendovi immediatamente. L’arte come linguaggio universale. L’arte come libera ed incondizionata espressione dei sentimenti umani. L’arte come una delle forme di comunicazione più autentiche e come cartina al tornasole di quei possibili cambiamenti cultuali che questo progetto avrebbe voluto avviare. Nasce come contaminazione di questi due mondi, quello della salute mentale e quello dell’arte, complessi e per questo difficili, pieni di contraddizioni e di manifestazioni geniali, a volte scontati altre assolutamente imprevedibili, affascinanti e misteriosi, unici, originali e pur a volte “incomprensibili”, così lontani ma anche tanto vicini e, soprattutto, come contaminazione dei loro protagonisti:

allievi, docenti, operatori della salute mentale e persone affette da disturbo mentale severo. L’OBIETTIVO L’obiettivo dell’intero progetto è molto ambizioso: determinare l’avvio di un possibile cambiamento o almeno di inedite rielaborazioni e rivisitazioni della concezione che nei secoli si è venuta a stratificare sulla follia e sulle persone affette da disturbo mentale, attraverso una articolata campagna di informazione, di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione, fondata sulla creatività, sulla interazione e sulla “contaminazione”. Tale obiettivo è stato perseguito attraverso occasioni di incontro, di confronto, di scambi e di rielaborazioni, che coinvolgono più attori, più risorse, più intelligenze, più sinergie, che, seppur a diverso titolo, gravitano intorno al mondo della salute mentale e dell’arte. Sono stati previsti alcuni incontri e interventi di tipo educativo-formativo, rivolti a oltre 100 allievi dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, finalizzati al racconto della storia della follia e delle sue cause, attraverso filmati, testimonianze da parte degli stessi protagonisti o dei loro familiari, role-play, discussione interattiva, esecuzione in piccoli gruppi misti (allievi, protagonisti ed operatori

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della salute mentale) di attività artistico-creative (pittura, disegno, collage, altro) ed altre metodologie didattiche interattive. Durante le varie fasi degli incontri, si è cercato di facilitare i contatti tra allievi e protagonisti attraverso l’intervento degli operatori, appositamente addestrati. Al termine di tutti gli incontri, è stato chiesto, agli allievi coinvolti, di produrre proprie ed originali rappresentazioni artistiche (disegno, fotografia, spot televisivo, cortometraggio, altro), da utilizzare nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale. Tutte le opere realizzate sono state riportate nel presente catalogo ed esposte nell’ambito di una “mostra diffusa” a Foggia, dal 21 al 25 ottobre 2007 presso la sede della Fondazione Siniscalco-Ceci e dal 21 al 26 ottobre 2007 presso il Museo Civico. Il 21 ottobre è stata programmata una edizione de “La Corte dei Miracoli”, in piazza Cattedrale della città di Foggia, con la presenza di stand per l’esposizione di oggetti e manufatti realizzati o proposti da associazioni e cooperative sociali, oltre a rappresentazioni teatrali e musicali di piazza, con scenari suggestivi e particolarmente coinvolgenti. Infine, il 22 ottobre è stata prevista la giornata conclusiva dell’intero progetto, caratterizzata da un convegno internazionale accreditato presso il Ministero della Salute, con la partecipazione di esponenti del mondo scientifico dell’arte, della salute mentale e della cultura, finalizzato ad una riflessione conclusiva sul paradigma stigma-pregiudizio-discriminazione ed alla diffusione dei risultati ottenuti. Nella stessa giornata è stata programmata una campagna informativa e divulgativa delle opere più rappresentative prodotte dagli allievi, attraverso l’uso dei mass-media (TV, radio, internet, quotidiani, periodici, ecc.), che hanno aderito all’iniziativa. I PROMOTORI • Centro Salute Mentale 3 di Troia dell’ASL della provincia di Foggia; • Ministero dell’Università e della Ricerca - Accademia di Belle Arti di Foggia.

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I PARTNER PRIVILEGIATI • Cooperativa Sociale “In Volo B - Onlus” - Presidente: Mauro De Mauro. Nata da un progetto Horizon cofinanziato dal F.S.E. in cui l’Ente Promotore era rappresentato dall’Azienda USL FG/3 di Foggia, attraverso il Centro di Salute Mentale (CSM) 3 di Troia, e l’Ente Attuatore dalla Società cooperativa “Futura”. E’ finalizzata all’inserimento lavorativo di persone affette da disagio/disturbo mentale, in carico al servizio sanitario pubblico. Essa è impegnata nell’organizzazione di eventi pubblici su tutto il territorio nazionale con il marchio


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“La Corte dei Miracoli” - Produzioni ad Alto Contenuto Etico, finalizzati alla sensibilizzazione e disseminazione culturale oltre che alla commercializzazione di prodotti alimentari tipici a marchio proprio. • Cooperativa Sociale “Futura” Monteleone di PugliaPresidente: Pompeo Colangelo. Impegnata da oltre 15 anni nella gestione di strutture residenziali e semiresidenziali di riabilitazione psichiatrica nell’ambito territoriale dell’ex ASL FG/3. Da numerosi anni persegue percorsi innovativi per l’inclusione sociale di soggetti affetti da disturbo mentale, individuando nell’inserimento lavorativo uno degli interventi fondamentali per favorire il reale accesso ai diritti di cittadinanza. • Associazione Alternativa Arte Foggia - Presidente: Alfredo De Biase. Impegnata da numerosi anni nella promozione dell’arte in tutte le sue forme, attraverso l’organizzazione di mostre, eventi artistico-culturali, cataloghi, convegni. • Associazione “Tutti in volo” Troia - Presidente: Eleonora Andreana. Nata dalla stessa esperienza comunitaria della coop. “In Volo B – onlus”, è finalizzata, tra l’altro, alla promozione di azioni che hanno come obiettivo ultimo l’inclusione sociale di persone affette da disturbo mentale. • Cooperativa Sociale “Demos” Trieste - Presidente: Mauro De Mauro. E’ finalizzata all’inserimento lavorativo di persone affette da disagio/disturbo mentale, in carico al servizio sanitario pubblico. • Associazione A.M.A. “Club Zyp” Trieste - Presidente: Mauro De Mauro. Associazione di persone affette da disturbo mentale, finalizzata, tra l’altro, alla individuazione di percorsi di emancipazione e di autodeterminazione, attraverso interventi di risocializzazione e di sostegno. I FINANZIATORI Vengono riportati qui di seguito le istituzioni che hanno creduto nel progetto attraverso l’erogazione di un loro contributo economico: • Regione Puglia

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ASL FG Accademia di Belle Arti di Foggia Provincia di Foggia Comune di Foggia Comune di Troia Fondazione “Siniscalco Ceci” Fondazione “Caripuglia” Comunità Montana “Monti Dauni Meridionali” GAL Meridaunia Cooperativa Sociale “Futura”.

I PATROCINI OTTENUTI Vengono riportati qui di seguito le istituzioni publiche e le associazioni di categoria che hanno voluto concedere il proprio patrocinio. • Messaggio da parte del Presidente della Repubblica: “Il Presidente della Repubblica desidera far giungere vivo apprezzamento all’Azienda Sanitaria Locale della provincia di Foggia e a quanti hanno realizzato il progetto Tutti uguali, tutti diversi. Questa iniziativa costituisce uno strumento per promuovere la conoscenza e la comprensione dei disturbi mentali. Per migliorare l’atteggiamento generale verso le persone che ne sono affette e incoraggiare il superamento di pregiudizi e discriminazioni. Con questo spirito il Capo dello Stato invia agli organizzatori e a tutti gli intervenuti alla cerimonia di presentazione del progetto un cordiale saluto augurale, cui unisco il mio personale”. Donato Marra Segretario generale Presidenza della Repubblica • Ministero della Solidarietà Sociale • Ministero dell’Università e delle Ricerca • Dipartimento Salute Mentale di Trieste • Forum Nazionale Salute Mentale • Università di Foggia • UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale). I PRODOTTI • Il convegno di presentazione Il 17 marzo 2007 nell’aula magna dell’Accademia di Belle 21


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Arti di Foggia si è tenuto il convegno di presentazione del progetto, con l’illustrazione delle varie azioni in cui esso si articola, cui hanno preso parte, oltre agli allievi, operatori e fruitori dei servizi per la tutela della salute mentale, il Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Foggia Gaetano De Perna, il Direttore della stessa Accademia Savino Grassi, il Commissario Straordinario dell’ASL FG, Donato Troiano ed il sottoscritto quale ideatore dell’intero progetto. • Il sito internet E’ stato realizzato un sito internet “www.tuttiugualituttidiversi.com” sul quale oltre a pubblicare le varie azioni correlate al progetto, viene promossa la rete dei servizi per la salute mentale del territorio appartenente al Distretto n. 4 di Troia, ambito territoriale del Centro Salute Mentale 3. • Il catalogo di opere artistiche Il presente catalogo contiene settantatre opere artistiche originali prodotte dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, realizzate dopo gli incontri di “contaminazione” con i protagonisti e con gli operatori della salute mentale, a seguito della richiesta di produrre un’opera da utilizzare nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale.

• Le mostre Le mostre, allestite nella città di Foggia, riguardano l’esposizione delle opere realizzate dagli allievi dell’Accademia: dal 21 al 25 ottobre 2007 presso la sede della Fondazione Siniscalco Ceci dal 21 al 26 ottobre 2007 presso il Museo Civico • Il Convegno Internazionale ECM Il 22 ottobre 2007, a Foggia, presso il Palazzo della Dogana in Piazza XX Settembre, in occasione della giornata conclusiva del progetto, è stato previsto un Convegno Internazionale dal titolo “Tutti uguali tutti diversi-ovvero conoscimi come persona, non attraverso la mia malattia mentale”, accreditato presso il Ministero della Salute nell’ambito del programma di formazione continua, con la partecipazione, tra gli altri, degli allievi, operatori e fruitori dei servizi per la tutela della salute mentale, rappresentanti del mondo scientifico, dell’arte, della salute mentale e della cultura, finalizzato ad una riflessione conclusiva sul paradigma stigma-pregiudizio-discriminazione attraverso l’arte ed alla diffusione dei risultati ottenuti dalla ricerca condotta. • La ricerca scientifica Hanno preso parte alla ricerca oltre 120 allievi dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, ai quali è stato chiesto di rispondere, in forma anonima, ad un questionario sulle conoscenze e sugli atteggiamenti nei confronti delle malattie mentali, utilizzato dai Ministeri della Salute e dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e mutuato, seppur in parte, dal programma “Open the doors” promosso dalla World Psychiatric Association, opportunamente modificato in alcune sue parti. Sono stati previsti alcuni incontri di attivazione-contaminazione, caratterizzati da interventi di tipo educativo-formativo, finalizzati al racconto della storia della follia e delle sue cause attraverso filmati, testimonianze da parte degli stessi protagonisti o dei loro familiari, role-play, discussione interattiva, esecuzione in piccoli gruppi misti (allievi, protagonisti ed operatori della salute mentale) di attività artistico-creative (pittura, disegno, collage, altro) ed altre metodologie didattiche interattive. Durante le varie fasi degli incontri, si è cercato


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di facilitare i contatti tra allievi e protagonisti attraverso l’intervento degli operatori della salute mentale, opportunamente addestrati. Dopo la produzione delle opere artistiche originali, richieste per la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale, è stato richiesto agli allievi di rispondere nuovamente allo stesso questionario, al fine di valutare eventuali possibili cambiamenti. I risultati ottenuti attraverso la comparazione delle risposte date, prima e dopo la fase di attivazione-contaminazione, in accordo con la letteratura internazionale sull’argomento, hanno dimostrato dei cambiamenti, di elevata significatività statistica (p> 0,0001), sulle conoscenze e sugli atteggiamenti nei confronti delle malattie mentali, espressi dagli allievi. Tali risultati confermano come interventi di tipo psicoeducativo, su piccoli gruppi selezionati di soggetti giovani, caratterizzati dalla contestuale presenza di azioni facilitanti il contatto con persone affette da disturbo mentale ed azioni favorenti la conoscenza sulla malattia e sulle sue cause, potrebbero rappresentare una buona modalità d’intervento nell’ambito di programmi anti-stigma. • Gli audiovisivi Sono stati realizzati alcuni audiovisivi sia dagli allievi

dell’Accademia, sia dal Centro Salute Mentale 3 di Troia, quali messaggi da proporre alle emittenti televisive ovvero quali riflessioni sul paradigma stigma-pregiudizio-discriminazione-esclusione sociale, nell’ambito dell’intera campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma ed alla discriminazione sul disagio mentale attraverso l’arte. • I media In occasione della giornata conclusiva del 22 ottobre 2007, ma anche nei giorni immediatamente precedenti e seguenti, emittenti radiofoniche e televisive, carta stampata ed internet svolgeranno il compito di cassa di risonanza agli altri prodotti del progetto, promuovendo ed informando l’opinione pubblica sulle varie azioni ed iniziative, offrendo un’informazione coerente con le finalità dell’intero progetto, a testimoniare che i mezzi d’informazione, se utilizzati con autenticità ed attenzione possono contribuire ad abbattere le barriere sociali nei confronti delle persone affette da malattia mentale, migliorando di conseguenza la loro qualità di vita. • L’ evento “La Corte dei Miracoli” Il 21 ottobre 2007, in Piazza Cattedrale della città di Foggia, si svolgerà un’edizione de “La Corte dei Miracoli”, luogo di incontri, di partecipazione e di scambi di cose, idee, cultura, valori, oggetti, sentimenti, emozioni, per l’inclusione sociale di tutti e la valorizzazione della diversità. Essa rappresenta un’inedita formula di mercatino itinerante che consente, attraverso l’animazione di piazza e la proposta di spettacoli musicali, la sensibilizzazione e l’informazione sulle tematiche dell’esclusione sociale. Rappresenta, inoltre, un contenitore in cui lo spettacolo, l’informazione, la creatività e la commercializzazione di prodotti, danno vita, attraverso un particolare equilibrio armonico, al caratteristico modo di vivere e proporre l’impresa sociale. Il senso dell’ “abitare la terra”, del “fare festa e cultura”, dello “scambio” e del “mercato”, verrà in tal modo, interpretato anche da coloro che sono normalmente esclusi dall’attuale modello di mercato, basato sulla competizione esasperata piuttosto che sulla partecipazione di tutti, attraverso lo scambio di competenze ed interessi. 23


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ARTISTI PARTECIPANTI Gaetano Accettulli Leonardo Avezzano Palmina Brescia Francisco Cabanzo Valeria Carella Fabio Casiero Michela Cassa Lucia Castucci Cristina Catenazzo Antonio Clemente Alessia Colacicco Anna Marisa Colombo Rossana Conoscitore Vita Contangelo Rossana Coppola Filomena Cuozzo Francesca Curcetti Luana D’Amelio Giusy D’Angelo Gianfranco D’Aversa Domenico De Bellis Barbara De Cesare Giuseppe De Gregorio Luigi De Matteis Giuseppe De Palma Lucia De Santis Maria Pia De Stefano Francesco Di Cosmo Maria Di Cosmo Emanuela Di Lella Adriana Di Leo Osvaldo Di Lorenzo Savino Ficco Elsa Florio Antonino Foti Liliana Fracasso Carmen Fratta Natalia Gentile Ripalta Grillo Rosaria Inglese Rosamaria Iozzi

Emanuele La Cava Luca Lo Mazzo Francesca Loprieno Paolo Lupoli Lorenza Marchetti Silvana Martino Concetta Mascolo Teresa Mastrangelo Antonio Menichella Michela Merla Dario Molinaro Nicoletta Molinaro Filomena Monaco Savino Morelli Lello Morgera Floriana Mucci Leonardo Napolitano Antonio Nasuto Massimo Padrone Veronica Palermino Antonio Patruno Valentina Pazienza Silvia Pecoriello Marianna Pelullo Stefania Piccirilli Filomena Poliseno Marida Ragno Monica Refolo Rosanna Roggia Valentina Santamaria Erika Scarano Tommasa Scommegna Antonia Seccia Raffaella Simone Maddalena Strippoli Mariangela Teneriello Giuseppe Luca Torraco Cristina Trentalange Barbara Trombetta Mariangela Velluto Valentina Savina Vurchio Irene Zingarelli


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Gaetano Accettulli LA CONDANNA

70 x 100 Fotomontaggio digitale

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Leonardo Avezzano LO STIGMA FRAMMENTATO DALL’IRA 26

35 x 26 Mosaico in vetrofusione


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Palmina Brescia GUARDA QUELLO... 36 x 42 x 30 Tecnica mista

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TUTTI UGUALI, TUTTI DIVERSI Dott. Giuseppe Pillo, Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia – ASL/FG, Foggia (dal cortometraggio omonimo)

E’ forse utopia, immaginare una realtà quotidiana piena di persone, che importa se donne o uomini, se cattolici o musulmani, se giovani o anziani, se ricchi o poveri, se di destra o di sinistra, se sani o con qualche problema di salute mentale. E’ forse utopia, pensare che queste persone, siano unite dalle stesse ragioni di vita, abbiano uguali diritti ed uguali opportunità, in un clima di partecipazione, piuttosto che di estrema competizione. Ed è forse utopia, pensare che abbiano, tutte diritto, indistintamente, alle stesse aspettative, alle stesse emozioni, agli stessi successi, alle stesse difficoltà, alle stesse gioie. Se abbiamo voglia di condividere tutto questo, se solo per un attimo pensassimo alla diversità come risorsa insostituibile, piuttosto che barriera insormontabile, allora avremo contribuito a quel processo di trasformazione culturale, per l’inclusione sociale di tutti… diversi, nelle loro libere espressioni personali, ma uguali, nel diritto di poter cogliere le stesse opportunità.

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Liliana Fracasso e Francisco Cabanzo con: Giusy D’Angelo, Luigi De Matteis, Francesco Di Cosmo, Lorenza Marchetti, Silvia Pecoriello. Riprese video: Francisco Cabanzo, Luigi De Matteis, Silvia Pecoriello. Riprese fotografiche: Giusy D’Angelo, Luigi De Matteis, Francesco Di Cosmo, Lorenza Marchetti, Silvia Pecoriello. Montaggio video: Lello Morgera. Direzione: Liliana Fracasso. ideato da:

SE FOSSE...

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Valeria Carella LE MALATTIE MENTALI 30

54 x 41 Carta colorata


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Fabio Casiero SOUL KEEPER

160 x 100 x 60 Scultura in ferro e gesso

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Michela Cassa TI REGALERÃ’ UNA ROSA 32

50 x 40 (2 pz) Tecnica mista


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Lucia Castucci VERSI DI POESIA 84 x 58 (4 pz) Terracotta

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Cristina Catenazzo VISIONI E PROFEZIE 34

60 x 90 Sabbia e acrilico


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Antonio Clemente, Barbara De Cesare, Massimo Padrone, Marida Ragno LA CURA 119 x 61 Stampa digitale

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L’UTOPIA POSSIBILE

Quale ruolo per le Associazioni dei Familiari di persone affette da disturbo mentale Dott. Giuseppe Pillo, Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia – ASL/FG, Foggia (dal Convegno omonimo del 14 gennaio 2000)

E’ forse utopia, ipotizzare un coinvolgimento più consapevole e responsabile dei familiari di quanti soffrono per malattia mentale? E’ forse utopia, soffermarsi un attimo a considerare, insieme, le loro angosce, i dolori, le sofferenze, i dubbi, le paure, le difficoltà, le ostinazioni, le perplessità, i rifiuti, i rischi, le incomprensioni, i pregiudizi, le ingiustizie, gli abusi? E’ forse utopia, consentire loro di meglio capire, di osservare, di conoscere, di ascoltare, di comprendere, di riflettere, di coinvolgersi e coinvolgere, di rivendicare, di sollecitare, di proporre, di invocare, di promuovere, di amare, liberi da diffidenze e resistenze? E’ forse utopia, aiutarli a costruire uno strumento, che possa consentire la realizzazione di tutto questo, senza indugi, purché ne abbiano voglia, ferma convinzione e salda motivazione? Se pensiamo che ciò sia soltanto frutto della nostra fantasia, se crediamo che non possa albergare dentro la nostra realtà quotidiana, allora, vuol dire che stiamo negando alle donne e agli uomini, quella ricchezza interiore, fatta di intelligenze, di sentimenti, di emozioni, di passioni, di ingenue follie, autentico ed inarrestabile motore di inaspettate trasformazioni, di incredibili realizzazioni, di….possibili utopie”.

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Alessia Colacicco DENTI

100 x 100 Acrilico e madre tinta su tela

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Anna Marisa Colombo OLTRE LA VITA 38

100 x 80 Olio su tela


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Rossana Conoscitore MADRE DEL FUTURO 150 x 50 Tecnica mista

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Vita Contangelo INCUBO 40

dimensioni variabili Mosaico in pietra


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Rossana Coppola L’ALTRA META’ 175 x 69 Carta su tavola

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Filomena Cuozzo IMPRONTE DIGITALI 42

100 x 100 Tecnica mista su tela


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Francesca Curcetti LA SEDIA BLU 80 x 80 Acrilico su tela

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I MANOCOMI NON FINISCONO MAI ? Dott. Giuseppe Pillo, direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia – ASL FG, Foggia (da “In Volo News Italia”, Anno 1, n.3, 1999)

Il 13 maggio 1978 veniva approvata dal parlamento italiano la legge n.180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Frutto delle precedenti esperienze di psichiatria antimanicomiale, tale legge, nota anche come legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che si era reso protagonista di epiche battaglie in favore dell’abolizione dei manicomi, ha rappresentato, più che una rivoluzione nel campo della psichiatria, un’autentica rivoluzione culturale. L’approvazione della legge di riforma sanciva la fine del manicomio e sottolineava il totale fallimento del suo modello, tanto da vietarne la costruzione di altri. La legge equiparava la malattia mentale a tutte le altre patologie organiche e, inoltre, mirava anche ad intervenire sulla mentalità sociale, abolendo il termine “alienato”, facendo scomparire anche il concetto di “pericolosità sociale” e ponendo al centro dell’attenzione il diritto alla salute ed alla cura. Veniva, inoltre, sottolineato il diritto di ogni cittadino al rispetto della dignità e della propria libertà, indipendentemente dalle sue condizioni fisiche o psichiche. Al modello manicomiale della precedente legge 36 del 1904, basato sulla segregazione, sulla custodia e sul controllo della persona affetta da disagio/disturbo mentale, “pericolosa per sé e per gli altri o di pubblico scandalo”, veniva proposto quello territoriale, fondato sulla integrazione sociale, sulla libertà e sulla autodeterminazione. La parola territorio che all’inizio significava tutto quanto era situato al di fuori delle mura asilari, si arricchiva man mano di significato, rappresentando quella fitta rete sociale costituita da tutte le agenzie pubbliche o private e da tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, sono interessati o coinvolti in tale tipo di problematica. Per attuare concretamente, i principi innovatori del nuovo modello, occorreva necessariamente cambiare, tra l’altro, i luoghi della cura, proponendo quelli della rete dei servizi psichiatrici del Dipartimento Salute Mentale previsti dal DPR 07.04.94 “Progetto Obiettivo Tutela della Salute Mentale”, che prevede i Centri di Salute Mentale, le strutture semiresidenziali, costituite dal Centro Diurno e dal Day-Hospital, le strutture residenziali

riabilitative ed il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, cui, però, si doveva fare ricorso esclusivamente in situazioni eccezionali e per brevissimi periodi di tempo. Tutto questo era ed è indispensabile nella lotta all’istituzione totale, ma non basta per illudersi di aver cancellato per sempre il manicomio dalla storia futura dell’umanità e, soprattutto il rischio che esso possa risorgere. Il manicomio, infatti, prima di essere il luogo che tutti conosciamo, è un modo di porsi, è una concezione aberrante, è un’idea perversa, è una modalità disumana di affrontare determinati problemi, è la risposta reazionaria alla diversità che ci spaventa, è la soluzione totalitaria alla difficoltà di confrontarsi con la follia. Il manicomio è la assoluta mancanza di progettualità futura, è la completa scomparsa della individualità, è quella tipica puzza che, una volta sentita, non si dimentica più, è la sospensione completa di ogni proficua relazione umana, è la totale perdita della propria privacy, è il blocco sistematico di ogni iniziativa individuale, è una sigaretta ardentemente voluta e compulsivamente fumata, è il chiedere a chiunque mille volte al giorno un caffè per avvicinarsi a qualcuno, è il pigiama, rigorosamente non proprio, indossato come una seconda pelle, è la completa spersonalizzazione dell’essere umano, è la copia conforme universale della vita e dei comportamenti del degente, è il completo appiattimento di ogni differenza. Il manicomio è l’abbandono totale della persona in difficoltà, è la segregazione del soggetto ritenuto pericoloso, è la custodia dell’ignoto che ci spaventa, è il controllo di un comportamento bizzarro ed imprevedibile, è la perversa decisione di non voler capire, di non voler ascoltare, di non voler comunicare, di non voler accogliere, di non voler accettare, come possibile ed immensa risorsa, le varie e geniali espressioni della follia. Il manicomio è il mio comportamento di circa venti anni fa, quando dovendo eseguire un ricovero, giravo in ambulanza con il paziente per tutti i servizi psichiatrici della città di Napoli in cerca di un posto che non c’era, mentre egli, alla fine, esausto, mi veniva in aiuto, suggerendomi saggiamente che il posto poteva tranquillamente trovarlo lui, bastava riaccompagnarlo a casa, promettendomi che


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Luana D’Amelio GLI OCCHI DELLA FOLLIA 50 x 70 Mosaico in vetro e specchi

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avrebbe fatto “il bravo” ed offrendomi, in tal modo, una delle prime vere ed indimenticabili lezioni di psichiatria vissuta: altro che università, specializzazioni e docenti! Ora, se le cose stanno in questi termini, siamo appena agli inizi. Non basta, infatti, che una legge, per quanto necessaria e condivisa, chiuda i manicomi per decretare la loro definitiva scomparsa. Non basta l’averne dimostrato l’inutilità e l’inefficacia piuttosto che il grave e spesso irreparabile danno sulla psiche di molti malcapitati, per essere certi che non venga più riproposto. Il manicomio resta per sempre manicomio, e non come oggigiorno sentiamo dire da più parti “ex manicomio”. Esso è sempre in agguato, dietro l’angolo, pronto a riprendersi quel ruolo di centralità che ha avuto per tutto questo secolo nell’ambito della cultura psichiatrica dominante, pronto a riproporsi sotto vesti diverse, sotto nomi diversi, sotto etichette diverse. Ma attenzione! Se il manicomio più che essere il luogo della pazzia è una concezione, un modello di vita, allora può tranquillamente serpeggiare e convivere anche in una società, unica al mondo, che lo ha spazzato via con una legge, o almeno si è illusa di farlo. Sembra un paradosso e, invece, può costituire un’amara possibile realtà. Se ora facciamo un piccolo esperimento, rappresentato dal rileggere i tre capoversi di questo stesso scritto, con cui la struttura asilare, al di là del luogo, viene connotata, la nostra mente avrà spunti a sufficienza per rinviarci ad altre tipologie di strutture, all’interno delle quali potrebbe regnare, questa volta in modo assolutamente legale, un siffatto modello di istituzione totale. E’ forse il rischio che corrono le istituende Residenze Sociosanitarie Assistenziali (RSA), strutture che possono accogliere fino a 120 persone anziane, fisicamente e/o psichicamente non autosufficienti, e che rischiano di rappresentare i nuovi ghetti dell’era moderna. Per non parlare delle strutture che dovrebbero accogliere i disabili, quelle che attualmente accolgono in Italia 40 milioni di minori, quelle possibili future per portatori di HIV e quant’altre la diabolica mente umana potrà riuscire ad inventarsi nei confronti di queste o di altre simili minoranze, all’insegna invece di una loro presunta tutela. Come è vero che i manicomi non finiscono mai!


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Gianfranco D’Aversa INSIDE

29 x 37 Elaborazione digitale su carta fotografica a colori

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Domenico De Bellis EVASIONE 48

100 x 47 x 47 Tecnica mista su tela


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Giuseppe De Gregorio GABBIA ANATOMICA 50 x 35 x 46 Scultura in carta

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Giuseppe De Palma TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI 50

36 x 52 Mosaico


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Lucia De Santis IO VOLO 80 x 100 Tecnica mista

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Maria Pia De Stefano PUPE 52

dimensioni variabili INSTALLAZIONE


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Maria Di Cosmo IO BRUCIO... TU BRUCI... SIAMO LUCE DEL MONDO... TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI 120 x 140 (2 pz) Tecnica mista

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Emanuela Di Lella LA FOLLIA 54

50 x 40 Olio su tela


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Adriana Di Leo SINAPSI INTERROTTE 60 x 120 Stucco olio e smalti su tela

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Osvaldo Di Lorenzo METAMORFOSI 56

Animazione


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Savino Ficco SENZA TITOLO 29 x 39,5 Fotografia digitale

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Elsa Florio IL DIVERSO E’ OLTRE LA SOGLIA DI TE STESSO 58

Installazione


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Antonino Foti TU ES FOU, MOI AUSSI 100 x 100 Polimaterico su polistirolo

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Carmen Fratta IDENTITA’ INESPRESSE 60

100 x 100 Tecnica mista


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Natalia Gentile DOLORE E INDIFFERENZA 70 x 50 Mosaico in vetro e fili elettrici

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Ripalta Grillo SENZA TITOLO 62

89 x 60 Tecnica mista


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Rosaria Inglese INQUIETUDINE

76 x 50 Tecnica mista su legno

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L’UTOPIA POSSIBILE...PER L’INCLUSIONE SOCIALE Dott. Giuseppe Pillo, Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia, ASL FG, Foggia (dal convegno “L’Utopia Possibile….per l’inclusione sociale”, Foggia, 20 nov. – 2 dic. 2000)

E’ forse utopia, pensare ad una società fondata sull’accoglienza piuttosto che su una spietata selezione? E’ forse utopia, immaginare contesti quotidiani in cui il rispetto della persona e della dignità umana, costituisca un valore irrinunciabile, al di là della differenza di sesso, stato sociale, fede politica, religione, ideologia, salute fisica o mentale? E’ forse utopia, battersi, affinché anche le donne e gli uomini affette da disturbo mentale possano esercitare il loro diritto alla salute, allo studio, alle relazioni umane, al tempo libero, alla libera espressione, all’abitare, al matrimonio, alla maternità e alla paternità, al lavoro, all’integrazione sociale, alla...”vita”. E’ forse utopia, rispettare i loro sentimenti, le idee, le aspettative, le emozioni, le modalità comunicative, le aspirazioni, i comportamenti, le sofferenze, le rabbie, le difficoltà, i fallimenti, le incomprensioni, le intolleranze? Se pensiamo di condividere tutto questo, se solo per un attimo ripercorriamo la storia della follia, soffermandoci sugli atroci abusi perpetuati, se abbiamo l’umiltà di riconoscere l’immenso debito che la società, nel tempo, ha contratto nei confronti di queste donne e di questi uomini, se abbiamo voglia di metterci in gioco, fino in fondo, per denunciare tali abusi, allora, dobbiamo immaginare, necessariamente, il coinvolgimento di più protagonisti, di più intelligenze, di più risorse, di più sinergie, di più contesti, che lavorino fermamente alla realizzazione di questo miracolo, che rendano possibile la trasformazione del mondo dell’assistenza in quello della produttività, nel rispetto della malattia e con la malattia, che riconoscano la diversità come risorsa piuttosto che minaccia, che contribuiscano alla realizzazione di quella inclusione sociale, autentico traguardo per la storia della follia e dell’intera umanità, possibile...utopia.


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Rosamaria Iozzi INTERROGATIVO 250 x 38 Carta e corda

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Emanuele La Cava ...E’ LA VERA FOLLIA 66

21 x 32 x 50 Scultura in carta


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Luca Lo Mazzo IL VOLO SORDO 68 x 53 x 123 Terracotta

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Francesca Loprieno LUIGI 68

70 x 70 Fotografia digitale


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Paolo Lupoli MADNESS 100 x 100 Carta su tela

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Silvana Martino VERSO LA SALVEZZA

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9,5 x 14,5 Acquaforte, acquatinta, tecnica pittorica


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Concetta Mascolo NONNA 40 x 60 Acrilico su tela

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QUELLO CHE NON PASSA… LA PARROCCHIA Dott. Peppe Dell’Acqua, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale A.S.S. n. 1 “Triestina” – Trieste (da: Il CSM 3 dell’ASL FG3 di Giuseppe Pillo, collana Le Ali/5, ed. Coop. Soc. Futura, 2000)

I servizi di salute mentale di Troia servono un’area molto vasta tra la pianura foggiana e le prime asperità dell’Appennino campano. Di questo Peppe Pillo mi parlava durante un nostro recente incontro. Mi descriveva le caratteristiche culturali, economiche ed amministrative del “suo” territorio. ”Tutta quest’area -mi diceva- è chiamata sub-appennino Dauno, e quasi questa denominazione sembra materializzare il destino avverso di queste terre”. Ironizzava con il prefisso, sub-sotto, che sembra connotare e rendere naturale e, infine, accettabile il sottosviluppo, la sottoccupazione, i ritardi, l’eredità di una storia di emigrazione che fa fatica a passare, la mitizzazione di un nord naturalmente sempre super-sopra. Per un po’ ci siamo lasciati andare, contaminare, giocando con la parola “sottosviluppo”, elencando in chiave caricaturale tutto ciò che nelle regioni meridionali è accaduto nel corso di questi anni intorno ai matti ed ai manicomi; abbiamo fatto il verso ai luoghi comuni, che nel sud è molto più difficile chiudere i manicomi, che gli psichiatri anche quando sono bravi hanno le mani legate, che ci sono amministrazioni sgangherate, che c’è il privato aggressivo e “mafioso” e che i politici, a volte, sono conniventi, che non ci sono servizi, che non ci sono risorse, che con la mancanza di posti di lavoro le cooperative sociali rischiano di avere uno sviluppo diverso e che invece nel nord…e poi a Trieste…. È vero, tuttavia, che la legge si è diffusa e radicata in tutto il paese; è vero che, con differenti modalità, la riforma ha prodotto risultati nel sud come nel nord e nel sud come nel nord ci sono, e non poteva essere diversamente, esperienze, territori, dove le cose accadono. Ed è soprattutto vero che le persone affette da disturbo mentale, forse solo nel nostro paese, ovunque, hanno guadagnato faticosamente il diritto di cittadinanza. E così, persone, oggetti devastati della psichiatria, ”povere cose”, possono oggi accedere a percorsi terapeutici riabilitativi concreti, pertinenti alla vita reale. Essere protagonisti della loro stessa emancipazione. E basterebbe questo soltanto per affermare che niente oggi è più come prima. Il lungo passaggio che ha portato alla chiusura dei manico-

mi è stato sostenuto da una quanto mai necessaria sregolazione del sistema istituzionale psichiatrico. All’immagine monolitica dei manicomi italiani - stesse regole, stessa organizzazione, stesso trattamento delle persone - ha fatto seguito una molteplicità di esperienze. Le reti dei servizi, con differenti forme e spessore, si sono sviluppate ed hanno prodotto cambiamenti eterogenei, nel nord come nel sud. Così come al nord troviamo pessimi esempi di servizi e di pratiche, al sud si sono sviluppati e sono cresciuti percorsi molto positivi e singolari di cambiamento. E’ sempre più evidente, ad uno sguardo ormai storico, che nel corso dell’ultimo ventennio, a differenza del clamore delle denunce di fallimenti, di ritardi, di scandali, di abbandoni, le buone pratiche, le esperienze concrete di cambiamento accadono, in silenzio. Con semplicità. Ma che cosa serve perché il cambiamento si realizzi? Centri di Salute Mentale aperti più tempo possibile, 24 ore al giorno e per 7 giorni la settimana, accessibili, per aree di popolazione non infinite; chiusura dei manicomi, riportando le persone nella comunità sociale e nelle relazioni; case, residenze belle e accoglienti di dimensioni e con funzioni differenziate a misura dei bisogni delle persone; cooperative sociali capaci di aprire traiettorie, percorsi verso un reale godimento dei diritti di cittadinanza. Servizi che vanno verso le persone e, dunque, come succede a Troia, ambulatori nei piccoli paesi, coinvolgimento del medico di famiglia, visite a casa, sostegno delle persone nel loro contesto, azioni e programmi quotidiani, e senza fine, per ostacolare e ridurre i processi di esclusione e di emarginazione. Poche cose, semplici, che tuttavia avvengono con fatica e meritano cura: devono cambiare la cultura, gli atteggiamenti, i modi di amministrare la cosa pubblica, la maniera di essere psichiatra, psicologo, operatore; il modo di intendere la propria vita nella sua interezza singolare e collettiva intorno alla follia e alla malattia mentale. Percorsi essenziali, sensati che nel loro divenire organizzazione sottendono la grande fatica di cui sto cercando di parlare, e che conosco bene. Ed è la fatica che intravedo in queste pagine. E tuttavia perché i servizi, le reti, crescano, non bastano


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Teresa Mastrangelo L’UNIONE 100 x 100 Aerografia

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solo risorse materiali, buoni amministratori, organizzazioni efficienti, cittadini attenti, ma anche, e forse soprattutto, persone che amino il lavoro che fanno, che sappiano apprezzare i piccoli successi, che siano in grado di essere se stessi. E Peppe Pillo è proprio il tipo di persona indispensabile affinché i servizi di salute mentale crescano. Intendo riferirmi a quel modo di operare, di stare nelle relazioni, di coltivare il gruppo di lavoro, di trasgredire le distanze e le gerarchie, di “prendere in carico”, di costruire ambiti di libertà senza sottrarsi al gioco infinito della responsabilità. E’ la ”dimensione affettiva” del lavoro di cambiamento che qui pretendo ricordare. Il gruppo di persone che lavora a Troia sta tentando di fondere intelligenza e passione, ragione e sentimento; ha capito che gli amministratori o sono degli alleati - e queste alleanze bisogna saperle costruire - o si finisce per vivere nella sterilità di una lotta senza fine e senza quartiere; ha compreso che i cittadini vanno incontrati nelle piazze, nei bar, nei loro luoghi di ritrovo oppure diventano degli sconosciuti e infine dei nemici. Dell’organizzazione dei servizi di salute mentale di Troia sapevo poco, prima di leggere questo libro. Certo, di Foggia conoscevo la tragedia e l’orrore del suo manicomio, ”fratello minore”, ma non meno orrendo, del più rinomato istituto, sempre della Divina Provvidenza, di Bisceglie. Ho incontrato Peppe Pillo a Trieste nell’ottobre 1998 al convegno “Franco Basaglia. La comunità possibile”. Mi ha chiesto con affetto, gentilezza ed intelligenza, di pubblicizzare i prodotti della cooperativa “In volo B” nella seduta plenaria (più di settecento persone) che io presiedevo. In poche parole mi ha chiesto di fare uno spot per i vini e i formaggi della cooperativa. Mi sono fatto coinvolgere dalla sua simpatia e, tra una relazione e l’altra, ne è sortito uno spot che si è rivelato molto efficace. Lui ha venduto tutto il ”rosso suonato”, tutto il formaggio e ha raccolto tante ordinazioni. Siamo diventati amici, ma non credo per le vendite che in quella circostanza gli ho procurato. Sono stato a trovare gli amici di Troia in occasione di una conferenza che segnava la nascita dell’associazione locale dei familiari. Anche queste nascite sono il segno del cambiamento. Ho ascoltato e ho apprezzato il loro lavoro.

Sia i familiari che gli operatori hanno saputo raccontare la loro esperienza con consapevolezza e con dignità. Per il lavoro che faccio so che dignità e consapevolezza non sono per niente effetti casuali. Sono sempre conseguenza di quella “banale quotidianità” che accade, riconoscendo i bisogni, sforzandosi di trovare risposte e percorsi, offrendo la propria disponibilità, piegando le gerarchie e le organizzazioni dei servizi alla domanda sempre singolare delle persone. In quella circostanza, bevendo un bicchiere di “rosso suonato” (lo preferisco di gran lunga al “bianco da legare”), Peppe mi ha raccontato che nell’ottobre del 1997 sono stati ricevuti dal Papa, e mi ha fatto vedere le fotografie ufficiali. Non è stato facile. C’è voluta perseveranza, testardaggine, un investimento, direi, ossessivo. In una riunione era venuto fuori che sarebbe stato bello andare a Roma dal Papa. Persone dimesse dal manicomio di Foggia e persone del territorio, circa cinquanta, seguite dal Centro Salute Mentale di Troia. Persone, alcune con esperienze lunghissime di istituzionalizzazione. Una uscita per la prima volta dopo cinquantun anni di internamento, ormai settantenne, era andata a vivere con alcuni familiari disponibili. Molti avrebbero dovuto “ricominciare a vivere”, a riconoscere il mondo e - perché no? – essere ricevuti dal Papa. Peppe e tutti loro avevano scritto alla Prefettura Pontificia, avevano scoperto l’ufficio che organizza visite e pellegrinaggi, facendo capire che cinquanta “matti”, alcuni usciti dal manicomio di Foggia volevano appunto essere ricevuti dal Papa. Con gentilezza era stato loro risposto che si poteva fare, ma che avrebbero dovuto parlarne con il parroco del paese e promuovere l’iniziativa tramite la parrocchia. E loro ringraziando per l’interessamento e per il suggerimento, si spiegavano meglio: erano proprio quelle persone in quanto tali, in quanto gruppo,collettivo, in quanto appartenenti al Centro Salute Mentale di Troia che volevano essere ricevuti dal Papa. Con la parrocchia non sarebbe stata la stessa cosa. La Prefettura Pontificia, dopo alcuni mesi, aveva risposto


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Antonio Menichella SULLE ALI DELLA CREATIVITA’ 100 x 100 Acrilico su tela

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che apprezzava questa insistenza e che, se questo viaggio proprio si doveva fare, sarebbe stato meglio parlarne con il vescovo del luogo. Senza desistere, Peppe e tutti gli altri avevano ringraziato per i consigli e rimarcato che quel gruppo, in quanto tale, voleva far visita al Papa. Ci furono altre comunicazioni, trascorse altro tempo dalla prima lettera. La Prefettura Pontificia aveva, intanto, risposto che avrebbe vagliato meglio il caso. Per un certo tempo più niente. La questione però ritornava nelle riunioni. Peppe e l’intero gruppo scrivevano di nuovo, questa volta sollecitando gentilmente una risposta definitiva, o sì o no. E la risposta non tardò ad arrivare: si andava dal Papa. Veniva, così, fissato il giorno: mercoledì 22 ottobre. Cominciavano i preparativi. I contatti con la Prefettura Pontificia si intensificavano per gli ultimi accordi. Prima del grande giorno avrebbero dovuto ritirare i permessi nominativi per accedere in Piazza San Pietro. Ci volevano documenti personali validi e recenti. Alcuni avevano dovuto rinnovare la carta d’identità, fare le fotografie. Tutti erano andati dal barbiere o dal parrucchiere. Tutti avevano comprato un vestito nuovo. Per l’occasione avevano pensato bene di invitare il Direttore Generale, quello Amministrativo e quello Sanitario dell’Azienda. Si veniva ad instaurare, così, una sorta di alleanza sulle cose da fare. I tre Direttori nel corso dell’esperienza avrebbero fatto, come hanno poi fatto, gli accompagnatori volontari, occupandosi, insieme agli altri operatori, di alcune persone più bisognose di aiuto. Dopo il viaggio, le porte dell’Azienda Sanitaria sono rimaste sempre aperte per il piccolo CSM di Troia. Il martedì prima del grande giorno, arrivavano a Roma. Venivano contattati telefonicamente in albergo dalla Prefettura Pontificia che si offriva di consegnare direttamente in quel luogo i permessi: erano sessanta. Ma ora non erano più sufficienti. Ne occorrevano degli altri per il Direttore Generale e gli altri amministratori. Venivano concessi. La mattina del mercoledì, vestiti di tutto punto, entravano in Piazza San Pietro passando prima lo sbarramento controllato dalle forze dell’ordine italiane e, subito dopo, quello presidiato dalle guardie svizzere. Peppe, capo comitiva per l’occasione, presentava i permessi, le guar-

die controllavano la strana compagnia lasciandola subito passare. Attraverso il varco aperto tra la gente che affollava la piazza, superavano un altro sbarramento, finché arrivavano ad una terza barriera che oltrepassavano senza alcun problema. Peppe cominciava ad essere sconcertato,impacciato; non pensava di portare il suo gruppo così vicino al Papa. Sempre in mezzo a due ali di folla venivano invitati ad andare più avanti. Il quarto blocco stava proprio sotto le scale che portavano sul sagrato della basilica, al centro del quale era stata collocata la sedia del pontefice. Ancora una volta venivano esibiti i permessi e la guardia svizzera stava per farli andare oltre, invitandoli a salire le scale. Non era possibile! Peppe, ora era davvero stupito. Era sicuro: ci doveva essere un errore ed invitava la guardia a controllare meglio. Questa, osservando incuriosita il bizzarro gruppo, chiedeva di revisionare i permessi e si allontanava. Dopo alcuni minuti ritornava. Era tutto in regola. Potevano passare. Salivano così le scale che portavano sul sagrato e lì trovavano una fila interminabile di sedie, oltre sessanta, allineate alla destra del Papa, a pochi metri di distanza dal trono. A sinistra c’erano un gruppo di cardinali e delle giovani spose polacche in abito bianco. Partecipavano, così, a tutta la cerimonia compunti, compassati, attenti, sotto l’occhio vigile e gentile delle guardie svizzere. Alla fine il Cardinale, assistente del Papa, si avvicinava per dire che Sua Santità avrebbe voluto salutarli tutti, ma era molto stanco ed affaticato, e non sarebbe riuscito in questo suo intento; tuttavia, se lo desideravano e se lo avessero voluto, potevano loro andare da Lui. E così, ad uno ad uno, cominciavano a sfilare dicendo il loro nome, mentre il Papa li accarezzava, li ascoltava paterno, quasi sembrasse cogliere tutto il peso della loro storia. Ho visto immagini straordinarie di questo evento. E non posso nascondere di aver avuto un nodo alla gola per la commozione. Che dire di più. O uno pensa che vuole essere ricevuto dal Papa e allora apre i Centri di Salute Mentale, organizza le cooperative sociali, costruisce reti e relazioni nella comunità. Oppure si accontenta di quello che passa… la parrocchia. A Troia hanno deciso di essere ricevuti dal Papa.


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Michela Merla SENZA TITOLO

83 x 50 x 40 Mosaico in legno su zinco

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Dario Molinaro NON SOLO IL FUMO UCCIDE... 78

55 x 77 Mosaico sperimentale


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Nicoletta Molinaro LIBERTY 64 x 94 x 37 Tecnica mista

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Filomena Monaco CERVELLO AL CENTRO 80

50 x 70 Carta su tavola


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Savino Morelli LE BAMBOLE ROTTE 50 x 40 Olio su tela

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Floriana Mucci VEDO SOLO TE

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24 x 24 x 13 Porcellane e mosaico in vetro e specchio


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Leonardo Napolitano PAZZO, MATTO, FOLLE 108 x 79 Carta su tavola

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Antonio Nasuto MATTO DA LEGARE

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70 x 70 Elaborazione digitale su carta fotografica a colori


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Veronica Palermino MARIO E IL SUO MONDO 60 x 50 Acrilico su tela

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Antonio Patruno TRASCENDENZA 86

60 x 60 Mosaico in legno


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Valentina Pazienza MIND GAMES 60 x 80 Tecnica mista

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Marianna Pelullo DEGRADATIO 88

118 x 135 Carta su tela


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Stefania Piccirilli GLI ALTRI TRA LUCE E OMBRA 54 x 40 Tecnica mista

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Filomena Poliseno IN & OUT 90

50 x 65 x 43 Tecnica mista


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Monica Refolo L’UOMO DEI PALLONCINI

77 x 50 x 50 Terracotta, carta, pasta, legno e vetro

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Rosanna Roggia SEGREGAZIONE 92

40 x 50 Olio su tela


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Valentina Santamaria LIBERTA’ 65 x 65 x 192 Tecnica mista

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Erika Scarano INDIFFERENZA 94

100 x 100 Tecnica mista su tela


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Tommasa Scommegna ARBOR MENTIS 120 x 80 Tecnica mista

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LA CORTE DEI MIRACOLI Un luogo per gli scambi

Dott. Giuseppe Pillo, Direttore del Centro Salute Mentale 3 di Troia – ASL FG, Foggia (da “In volo News Italia”, Numero speciale, luglio 2001)

Un luogo all’aperto , meglio se nel centro storico di una comunità, tanti piccoli stand bianchi, ricchi di originali proposte d’acquisto di prodotti, i più disparati, mentre fanno da cornice, in uno scenario di festa e allegria, musica esotica e suggestiva, persone in maschera che interpretano fiabe d’altri tempi ma sempre attuali e che appaiono, come d’incanto, da nuvole di fumo, colori e suoni carichi di emozioni: é “La Corte dei Miracoli” Ideata dal progetto horizon “In volo”, promosso dall’ex Azienda USL FG/3 di Foggia attraverso il Centro Salute Mentale di Troia, attuato dalla cooperativa sociale “Futura” e cofinanziato dall’Unione Europea, rappresenta uno dei tanti prodotti che questa iniziativa ha realizzato nei suoi tre anni di vita, con l’intento di ricercare modelli innovativi, possibilmente esportabili anche in altri contesti comunitari, per l’inserimento lavorativo di persone affette da disturbo mentale. Essa rappresenta una modalità originale di dire no all’esclusione sociale, fenomeno dilagante nell’attuale contesto mondiale, che non si configura necessariamente in un luogo, ma in modello perverso, che nega i diritti e le libertà dei cittadini più vulnerabili. Mercatino itinerante per l’inclusione sociale di tutti e l’accettazione delle diversità, coniuga la vendita di prodotti, realizzati proprio con il lavoro di queste persone, allo spettacolo, alla musica, alla danza, in uno scenario suggestivo e coinvolgente. Dagli oggetti in legno alla ceramica, dalla carta pesta alla cera, dall’antiquariato a prodotti alimentari rispettosamente evocativi di una tragedia, quale la storia della follia, che si è consumata nei secoli passati e che oggi si tenta, con fatica, da arginare. E così è possibile degustare il “rosso suonato” o il “bianco da legare”, vini d.o.c. della Capitanata, sgranocchiare i fragranti “mattaralli”, assaggiare il gustoso “caciomatto” o “La picchiatella” pasta fresca di semola, nei formati della più autentica tradizione pugliese, condita con lo ”schizzolio”, intrattenersi con lo “psiconcello” liquore di limone e di olive, o la “grappazza” ed infine brindare con un buon bicchiere di “spumatto”,dal perlage fine ed intenso.

Quanti ricordi in questi nomi, quanti fiumi di parole scritte, quanta sofferenza vissuta, quante delusioni, quanta rabbia, quanta voglia ancora di lottare e di mettersi in gioco per una causa così nobile: il rispetto e la tutela dei diritti e della dignità di qualsiasi persona, al di là del colore della pelle e dell’età, del sesso o dello stato sociale, della fede politica o di quella religiosa, dello stato di salute o malattia fisica e mentale. E’ come se, da quella tragedia, fatta da abusi perpetuati all’insegna della difesa della società “sana” e di colpe attribuite, si levasse fiera la riscossa, rendendo noti a tutti la propria sofferenza e il proprio disagio, senza più indugi e senza vergogna. Non sono prodotti “da tutti” anche se sono “per tutti”, non possono essere acquistati, distrattamente, in un giorno triste d’inverno o in una notte stellata d’estate, sono prodotti dedicati particolarmente a coloro che vedono la diversità come risorsa, che si battono per garantire opportunità a tutti, che auspicano un modello sociale fondato sulla partecipazione e non sulla competizione, che credono nella possibile trasformazione del mondo dell’assistenza in quello della produttività. E’ proprio questo “La Corte dei Miracoli”, mercato degli scambi per la salute mentale, luogo di incontro e di scambio di oggetti, idee, emozioni, cultura, opinioni, sensazioni, che trovano fondamento su regole diverse. Non più il mercato in cui vige la legge del più forte che, inesorabilmente, schiaccia tutti i suoi possibili concorrenti, ma quello basato sulla partecipazione di tutti e sul diritto di ognuno ad esserci, per apportare il proprio contributo, tanto importante quanto indispensabile per la sopravvivenza e l’arricchimento di tutti. Ormai l’ora è giunta. Si odono i primi suoni, si vedono luci e colori d’altri tempi, la gente incuriosita affluisce sempre più numerosa per visitare i piccoli stand bianchi, ricolmi di prodotti di ogni genere: la festa degli scambi ha inizio, la “Corte dei Miracoli” è pronta per un’altra sua riproposizione, densa di fascino e di suggestione, ma sopratutto di valori e di umanità.


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Antonia Seccia LA FOLLIA DELL’UOMO 50 x 70 Carta su tela

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Raffaella Simone LE ALI DELLA SPERANZA 98

90 x 70 Olio su tela


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Maddalena Strippoli FOLLIA NELLA FOLLIA 53 x 42 Tecnica mista

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Mariangela Teneriello L’ANGOSCIA CONDIVISA 100

39 x 29,5 Acquaforte, acquatinta


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Giuseppe Luca Torraco TUTTI ALIENATI MENTIS 61,5 x 91 Acrilico e spray su cartone

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Cristina Trentalange ESPRESSIONI NASCOSTE 102

30 x 40 Acrilico e olio su tela


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Barbara Trombetta IDENTICHE DIVERSITA’

100 x 170 (dittico) Tecnica mista con resina compressa

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Mariangela Velluto LIBERO PRIGIONIERO 104

50 x 60 Olio su tela


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Valentina Savina Vurchio LABYRINTH 64 x 70 Mosaico in pietra

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Irene Zingarelli ELOGIO DELLA FOLLIA 106

30 x 70 Acrilico su tela di cotone


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SE QUESTO E’ UN UOMO Primo Levi Si immagini ora un uomo, a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, la sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.

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HO CONOSCIUTO UN UOMO Prof.ssa Floriana Mucci, Docente Accademia di Belle Arti di Foggia

«Come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo? Come restare per sempre condannato a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia?» Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila

Ho conosciuto un uomo che per fare 100 metri prendeva la sua auto… questo non è normale! Ho conosciuto una donna che impegnava tutto il suo tempo ciattando senza vivere la sua vita… e questo non è normale! Eppure siamo circondati da queste persone, senza sentirle diverse da noi. Ho conosciuto un uomo, emarginato, stigmatizzato, etichettato dalla nostra società… mi ha raccontato un sogno: Gesù gli aveva detto che oltre questa vita c’è qualcos’altro… e questo è normale! Non è forse anche un nostro bisogno, quello di credere a qualcosa di più elevato a noi, che ci guida e che non ci abbandona mai? Che sia Dio, Allah, Gesù, Maometto, questo non ha importanza. E’ importante invece credere… Allora mi chiedo dove si celi quel sottile confine tra l’essere normale e il non esserlo, chi decida cosa lo sia e cosa invece non lo sia, e chi ancora decida che queste persone debbano essere emarginate, allontanate, quasi si abbia paura di loro… L’Accademia di Belle Arti di Foggia ha portato avanti questo progetto di lotta allo stigma con la ASL di Troia, in modo attivo, cercando un contatto con queste persone che non sono molto diverse da noi, coinvolgendo i ragazzi in laboratori d’arte affiancandosi l’un l’altro, senza timore; ma cercando di comunicare con i colori, l’argilla, le parole… Ci si affaccia su un altro mondo che noi allontaniamo con tutte le nostre forze, ma che non è poi così distante dalle nostre mani. L’Accademia guida i propri ragazzi professionalmente, artisticamente; fornisce loro strumenti e conoscenze e cerca di farli crescere anche e soprattutto nell’animo; essa li avvicina a quelle realtà diverse che

ci circondano e non sentiamo mai nostre perché, fortunatamente, non ci appartengono. Poiché l’arte è anche e soprattutto denuncia, allora credo che le Accademie dovrebbero essere più attente a quelli che sono i disagi e le “malattie mentali” della nostra società, per cercare di cancellare quest’alone di indifferenza che, oggi, è l’unica cosa che ci accomuna veramente tutti! I laboratori, magistralmente coordinati dalla proff.ssa Marianna Pelullo, non hanno solo evidenziato la creatività e l’estro che ci accomuna tutti, ma soprattutto l’inserimento di queste persone in un ambiente totalmente nuovo, senza vivere la diversità come un ostacolo, ma tutt’altro, come spunto per confrontarsi senza paure e riuscire a dare e, nello stesso tempo ad avere, con uno scambio equo e solidale. Nello specifico si sono svolti tre laboratori. I ragazzi, dopo aver seguito degli incontri informativi, organizzati dal Dott. Pillo e dalla Dott.ssa Iuliani, si sono spostati nei laboratori. Il primo si è svolto nel laboratorio di Scultura, dove ragazzi e pazienti hanno manipolato l’argilla creando personaggi magici o semplici portaoggetti… É stato divertente vedere con quanto entusiasmo essi si sono “sporcati le mani”, dando una forma ai pensieri e ai personaggi della


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loro fantasia. Ogni giornata di laboratorio è stata preceduta dall’informazione e dal confronto… poi si sono realizzati, questa volta con i colori, paesaggi fantastici, sogni forse dimenticati, realtà che forse non sono poi così lontane dalle nostre. Man mano che il disegno prende forma, che i colori si impadroniscono del foglio bianco, ci si accorge che proprio noi, che isoliamo queste persone nel mondo immaginario del non essere normale, avremmo voluto avere, anche solo per un solo istante, quelle realtà così svagate e slegate

dai troppi vincoli che noi ci imponiamo di rispettare; che avremmo voluto essere noi i protagonisti di quei sogni che ci appaiono così lontani, quasi irraggiungibili… La cosa straordinaria che mi ha sorpreso è come, in realtà, basti così poco per instaurare un contatto, scambiarsi un sorriso ed ascoltare, quasi sbalorditi, la profondità dei loro pensieri, il loro essere così sinceri… E’ questo che in fondo ci spaventa? I laboratori sono finiti, i giorni e i nostri amici ritornano ad essere quelli di sempre… siamo sicuri che in noi non sia cambiato qualcosa? Che continuiamo a percepire la realtà come prima, senza nessun cambiamento? O al nostro modo di guardarci intorno si è aggiunta qualche sfumatura che ci permette di vedere quel qualcosa in più che prima ci sfuggiva? Così si è evidenziato nei ragazzi e nei docenti, che hanno partecipato in maniera attiva ai laboratori, come l’atteggiamento, superficiale e influenzato dalla società, che si aveva prima nei confronti di queste persone, sia cambiato, e si sia affermato un interesse più reale alla loro maniera di vivere, ai pensieri che affollano le loro menti scivolando in discorsi di varia natura e di vario interesse. Personalmente, in molte occasioni della mia vita, avrei voluto avere quel coraggio nel dire realmente le cose che


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pensavo, senza essere condizionata da fattori esterni che quasi ci modellano a loro piacimento, nascondendomi dietro una maschera… e così le persone considerate normali, si nascondono dietro cento, mille volti diversi…: alla fine, siamo veramente sicuri di poter ritrovare noi stessi? O i nostri volti sono diventati talmente tanti che, quando ci guardiamo allo specchio, riusciamo a stento a riconoscerci? Eppure questo non ci spaventa! Perché? Forse perché in realtà siamo abituati a non cercare la verità, a non cercare nell’altro il vero essere; ma prendiamo quello che ci fa più comodo, quello che non ci spaventa, che non ci crea domande. Dall’altro lato troviamo questa verità palesemente gridata, queste persone che si propongono così come sono, che non hanno paura di rivelare i propri pensieri, che non si lasciano modellare dai fattori esterni. E’ stato come trovarsi su due sponde opposte dello stesso fiume e insieme si è costruito un ponte per potersi incontrare; senza chiedere nulla ma dare qualcosa di sé, una collaborazione nell’esprimere qualcosa del nostro animo. Nei laboratori hanno preso vita vere e proprie opere d’arte, realizzate a quattro o più mani, dove a mescolarsi non erano solo colori ma anche, e soprattutto pensieri, parole,

gesti, sorrisi… Si è creata una sorta di collaborazione indispensabile tra artista e paziente, una complicità unica che ha dato vita alle più svariate interpretazioni artistiche. Arte come momento di gioia condiviso, arte come denuncia… Ed è sempre l’arte che, dopo l’esperienza di comunanza, ritorna prepotente protagonista di una seria volontà di cambiare una società troppo stretta e di una forte volontà di svincolarsi dai pregiudizi che portano inevitabilmente all’emarginazione di queste persone. Queste opere mostrano non solo un connubio perfetto tra tradizione e sperimentazione, ma all’occhio del fruitore attento mostrano l’uguaglianza nell’essere diversi, la forza di questi due concetti che possono racchiudere il tutto e il nulla, l’essere e il non essere, la forza e la debolezza, la felicità e la tristezza, la compagnia e la solitudine…

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Finito di stampare nel mese di ottobre 2007 presso le

Grafiche Gercap Foggia - Roma



… ogni cosa è in realtà allucinazione, ogni cosa è polvere, ogni cosa è uno splendido fiore nel cielo. (Ronald Laing)

è una produzione

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