ANNO 4 NUMERO 15 Maggio / Giugno 2017
Ferrari e Giro d’Italia, 170 anni di glorie e trionfi
Comune di Bari
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Speciale
6 - 28 maggio
Slow Economy - Golf in Tour gustando Moda, Agroalimentare e Turismo Anno 4 I Numero 15 I Direttore Responsabile: Stefano Masullo Direttore Editoriale: Saverio Buttiglione Art Director: Daniele Colzani Segretaria di redazione: Emanuela Cattaneo
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della Redazione
La storia del Giro
1909 - 2016: 107 anni di vittorie dal “Pioniere” Luigi Ganna allo “Squalo” Vincenzo Nibali
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a corsa a tappe che si contende il titolo di “più famosa al mondo” al cugino Tour de France, fu ideata dal giornalista e sportivo italiano Tullo Morgagni che realizzò altre gare ciclistiche divenute storiche come il Giro di Lombardia e la Milano-Sanremo. Istituito nel 1909, da allora si è sempre disputato, salvo che per le interruzioni dovute alla prima e alla seconda guer-
La Gazzetta dello Sport del 24 luglio 1908 che annuncia la nascita del Giro
Tullo Morgagni, ideatore del Giro
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ra mondiale. Mentre il luogo di partenza è in genere ogni volta diverso, l’arrivo, salvo eccezioni come Napoli, Firenze, Verona, Roma e Brescia, è a Milano, città ove ha sede “La Gazzetta dello Sport”,
il quotidiano sportivo che organizza la corsa sin dalla sua istituzione e che le dà il familiare nome de “la corsa rosa”. Occasionalmente il percorso può interessare località al di fuori dai confini italiani.
Il Giro è una delle tre corse a tappe più importanti del calendario, e l’Unione Ciclistica Internazionale l’ha inserito nel suo circuito professionistico insieme alle altre due grandi corse internazionali, il Tour de France e la Vuelta a España. Storicamente è da ritenersi la seconda corsa a tappe più prestigiosa dopo quella francese, anche se, a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta (al tempo dei duelli Coppi-Bartali) e durante gli anni settanta, il prestigio e il numero di grandi ciclisti iscritti portarono il Giro ad avere un’importanza pari a quella del Tour. Dal 1999 al vincitore viene consegnato il “trofeo senza fine”, composto da una barra
Luigi Ganna. nell’edizione del 1909 vinse ben 3 delle otto tappe previste
di rame bombata, piegata a spirale, che si eleva dalla base in cerchi sempre più ampi, sui quali sono incisi i nomi di tutti i vincitori. La storia
Da sinistra: il vincitore della prima edizione Luigi Ganna, il secondo classificato Carlo Galetti, il terzo Giovanni Rossignoli e Dario Beni, vincitore della prima e dell’ultima tappa della corsa (Milano-Bologna e Torino-Milano)
La nascita del Giro venne formalizzata con un annuncio sulla Gazzetta dello Sport il 24 agosto del 1908, con la promessa di 25.000 lire di premio al vincitore e la volontà di organizzare «una delle prove più ambite e maggiori del ciclismo internazionale». La prima edizione del Giro risale al 1909: partì il 13 maggio, alle ore 2.53, da Milano e, dopo 8 tappe per complessivi 2.448 chilometri, si concluse ancora a Milano con la vittoria di Luigi Ganna che ai cronisti che gli domandavano come si sentisse rispose con un emblematico: «Me brüsa el cü». La lista completa dei partecipanti al 1º Giro è tutt’oggi sconosciuta nonostante sia considerato un documento storico, tuttavia si sa che dei 127 corridori al via, solo 49 terminarono la corsa: tutti i partecipanti furono fotografati alla partenza in modo che non vi fossero dubbi sulla loro identità all’arrivo. Nell’organizzazione del Giro
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L’arrivo all’Arena di Milano della prima edizione del Giro d’Italia
“La Gazzetta dello Sport” anticipò di poco il Corriere della Sera, che stava per lanciare l’iniziativa. Il leader della classifica generale indossa ogni giorno la maglia rosa, lo stesso colore del quotidiano che organizza la corsa, La Gazzetta dello Sport; il miglior scalatore indossa una maglia azzurra (che ha sostituito la storica maglia verde), mentre il primo nella classifica a punti indossa una maglia rossa (dal 2010, fino ad allora era stata di colore ciclamino). Oltre a queste casacche, nel corso degli anni sono state messe in palio una casacca che di volta in volta ha contraddistinto l’ultimo in classifica (maglia nera), una per il miglior giovane (maglia bianca), oppure, come è accaduto negli ultimi anni, la maglia azzurra, la cosiddetta maglia dell’intergiro, traguardo volante posto di solito a metà tappa, (espediente con il quale gli organizzatori hanno pensato di rendere più movi-
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mentata la corsa dalle prime battute). Dal 2007 è tornata la maglia per il miglior giovane, considerata da ciclisti e addetti ai lavori molto significativa. Il record di vittorie è condiviso da 3 ciclisti, ognuno con 5 vittorie, gli italiani Alfredo Binda, vincitore tra il 1925 e il 1933, Fausto Coppi, vincitore tra il 1940 e il 1953 e il belga Eddy Merckx, che vinse tra il 1968 e
il 1974. Per quel che riguarda le vittorie di tappa, il record appartiene al velocista toscano Mario Cipollini, che nell’edizione del 2003 riuscì a superare il record di 41 vittorie che dagli anni trenta apparteneva ad Alfredo Binda; a quest’ultimo rimangono i record di vittorie di tappa in una stessa edizione, 12 tappe su 15 nel 1927, e di vittorie di tappa consecutive, ben 8 nel 1929.
Luigi Ganna, primo vincitore del Giro
1909-1930: i pionieri del ciclismo Il primo Giro d’Italia fu organizzato dal quotidiano sportivo La Gazzetta dello Sport. L’edizione parti il 13 maggio 1909 alla 2:53 per la prima tappa vinta da Dario Beni a Bologna dopo 397 km a 28,090 di media oraria. Vi furono 8 tappe fra il 13 e il 30 maggio che videro i migliori ciclisti dell’epoca affrontarsi nella corsa rosa: Giovanni Gerbi, Giovanni Rossignoli, Luigi Ganna (cui andò la vittoria finale), Carlo Galetti, Eberardo Pavesi, Giovanni
Cuniolo ed il francese Lucien Petit-Breton. I dispacci telegrafici che venivano appesi in Piazza Castello per consentire ai tifosi di seguire l’evolversi della corsa erano l’unico modo per avere aggiornamenti, salvo attendere il giorno successivo e la lettura del giornale. Il vincitore portava a casa 5.250 lire e l’ultimo classificato riceveva 300 lire. Da segnalare è il Giro del 1912, corso per quell’edizione a squadre, vinto dall’Atala e, in via solo ufficiosa da Galetti, tenendo conto del tempo impiegato singolarmente. Nel 1914 fu introdotta la classifica generale a tempo, che sostituiva quella a punti in vigore i primi anni, e fu vinta da Alfonso Calzolari, nonostante la richiesta di squalifica (poi comminata in penalizzazione di tre ore dalla Gazzetta) da parte dell’Unione Velocipedistica Italiana che gli imputava di essersi attaccato ad un’auto sulla Salita delle Svolte. I maggiori protagonisti nei
Alfredo Binda, per il suo strapotere non fu iscritto al giro del 1930
primi anni furono Ganna e Galetti e dopo alcune annate interlocutarie e l’inizio della Prima guerra mondiale si ebbero diversi protagonisti che diventeranno delle leggenda quali Costante Girardengo, Giovanni Brunero, Alfredo Binda e Gaetano Belloni. Girardengo, Brunero e Belloni vinsero i primi cinque Giri d’Italia dopo la guerra ma nell’edizione del 1925 si affrontarono Girardengo, Brunero, Belloni (già vincitori della corsa rosa) ed il giovane Binda che prevalse distanziando i rivali di diversi minuti. Tra il 1926 e il 1929 Binda trovò solo Brunero come valido rivale e riuscì a vincere tre giri consecutivi lasciando a Brunero solo l’edizione del 1926. Il dominio di Binda era tanto forte che gli organizzatori della corsa rosa decisero di non farlo partecipare al Giro d’Italia 1930, riconoscendogli comunque un premio pari a quello che sarebbe spettato al vincitore, cioè 22.500 lire. La partenza del Giro fu posta per tutte le edizioni a Milano tranne nel 1911 e nel 1929 (a Roma) e nel 1930 (a Messina) mentre l’arrivo fu piazzato ancora a Milano ad eccezione del Giro 1911, dove l’arrivo fu a Roma e nel 1912 dove l’arrivo fu disposto a Bergamo. 1931-1955: l’epoca d’oro di Coppi e Bartali Armando Cougnet, vero ideatore e fac-totum del Giro d’Italia fin dalla sua fondazione e fino al 1948, decise nel 1931 di istituire per il leader della corsa un simbolo che lo rendesse
Learco Guerra, il primo ad indossare la maglia rosa nel 1931
riconoscibile a prima vista in mezzo al folto plotone. Fu così introdotta la maglia rosa, che venne vestita da Learco Guerra per primo, al termine della prima tappa del Giro 1931 tra Milano e Mantova. Nel 1933 invece si decise di premiare chi più di altri primeggiava sulle vette, e si diede il la al Gran Premio della Montagna, con quattro salite che assegnavano punti. A vincere fu Binda, che transitò davanti a tutti su tutte le quattro salite designate e vinse anche quel Giro, dopo due anni di sfortunati ritiri. Dal 1934 vinsero Guerra, Vasco Bergamaschi, Gino Bartali, Giovanni Valetti, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni. In particolare Coppi dimostro la sua forza al Giro 1949 nella tappa Cuneo-Pinerolo dove riuscì ad attaccare sul primo dei cinque colli della frazione, il Colle della Maddalena, sorprendendo il suo diretto avversario Gino Bartali. A pochi chilometri dalla Maddalena scattò anche Bartali e
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Coppi e Bartali in azione durante il Giro del 1949
la corsa si spezzò con pochi corridori ad inseguire i due fuggitivi. I corridori affrontarono Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere incontrando diverse difficoltà meccaniche che fecero perdere molto tempo ai ciclisti. A fine tappa Coppi vinse con più di dieci minuti su Bartali e quasi venti su Alfredo Martini, terzo classificato. Nel 1950 lo svizzero Hugo Koblet vinse la corsa divenendo il primo corridore straniero a vincere il Giro d’Italia. Altri successi andarono a Magni e a Coppi dopodiché fu nuovamente un corridore svizzero, Carlo Clerici a vincere la corsa rosa, conquistando una sola tappa. L’ultimo successo dell’epoca d’oro andò a Magni. Nell’epoca d’oro il Giro iniziò e terminò quasi sempre nella città sede della Gazzetta dello Sport, ovvero Milano, eccetto nelle edizioni del 1949 dove la partenza fu fissata a Palermo e l’arrivo a Monza, nel ‘50 dove l’arrivo fu previsto a
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Roma e nel ‘54 quando fu ancora Palermo sede di partenza del Giro. Sia nel ‘50 che nel ‘54, ovvero quando la partenza della corsa fu Palermo la vittoria finale andò a ciclisti svizzeri. 1956-1978: gli infiniti anni del dominio straniero Dal Giro d’Italia del 1956 comincia un vero e proprio dominio straniero che vede le vittorie di Charly Gaul, Jacques
Anquetil in mezzo quelle degli italiani Gastone Nencini, Ercole Baldini, Arnaldo Pambianco e Franco Balmamion. Dopo le vittorie di Vittorio Adorni e Gianni Motta davanti allo sfortunato Italo Zilioli (tre secondi posti in tre anni) incomincia una nuova era che vede contrapporsi il Cannibale Eddy Merckx e Felice Gimondi: il belga vincerà 5 giri in sette anni mentre Gimondi trionferà in tre occasioni; in mezzo i successi dello svedese Gösta Pettersson e di Fausto Bertoglio. Dopo i successi dei belgi Michel Pollentier e Johan De Muynck incominciò una nuovo dualismo. In questo periodo la città destinata ad ospitare la partenza fu cambiata annualmente tra il 1960 ed il 1978 solo in due edizioni Milano ospitò l’inizio della corsa; anche l’arrivo fu cambiato quasi ogni anno ma era quasi sempre stabilito a Milano. 1979-1990: il dualismo tra
Felice Gimondi a fianco del rivale Eddie Merckx
Saronni e Moser e l’arrivo di Hinault A soli 21 anni Giuseppe Saronni vince il Giro d’Italia davanti a colui che diventerà il suo più grande rivale Francesco Moser. Negli anni ottanta arriva al Giro d’Italia il transalpino Bernard Hinault che parteciperà a tre giri vincendoli tutti. Giovanni Battaglin, Saronni e Moser si spartiranno gli altri successi uno a testa nella prima metà degli anni 80’. Nella seconda metà degli anni ottanta le vittorie della corsa rosa andranno a Roberto Visentini, all’irlandese Stephen Roche, allo statunitense Andrew Hampsten, al francese Laurent Fignon e a Gianni Bugno. In questo periodo solo in tre edizioni Milano ospitò l’arrivo del Giro ma non fu mai fissata la partenza nel capoluogo lombardo. 1991-1999: da Indurain al “pirata” Pantani Nella prima metà degli anni
Francesco Moser e Giuseppe Saronni al Passo San Marco nel 1986.
1990 furono molti i duelli fra Gianni Bugno, Claudio Chiappucci e Franco Chioccioli ma, dopo le vittorie al Tour de France, fu lo spagnolo Miguel Indurain a dominare la corsa italiana conquistando le tappe a cronometro, specialità nella quale era maestro e difendendosi in salita: in questo modo conquistò i giri 1992 e 1993; in quest’ultimo venne messo in difficoltà dal lettone Pëtr Ugrumov che giunse secondo a meno di un minuto. Nel 1994 il Giro andò a Evgenij
Marco Pantani in azione durante il Giro del 1998
Berzin: il russo prese il comando nella quarta tappa a Campitello Matese e pochi giorni dopo consolidò il vantaggio vincendo la crono di Follonica; dopo le tappe per velocisti arrivarono le salite: qui Pantani si mise in mostra vincendo a Merano e all’Aprica, Berzin comunque suggellò il primato conquistando un’altra prova contro il tempo, lasciò indietro i rivali e si aggiudicò il Giro. Dopo i successi di Tony Rominger, Tonkov e Ivan Gotti, il 1998 fu l’anno del “pirata” Pantani, che batté Tonkov e conquistò Giro e Tour de France. Nel Giro 1999 Marco Pantani ripartì come favorito riuscendo a portarsi in testa, ma a poche tappe dalla fine venne fermato dopo la frazione di Madonna di Campiglio per valori di ematocrito fuori della norma. Il Giro andò a Gotti che bissò il successo del 1997. Tra il 1991 e il 1999 Milano non fu mai ospite della partenza del Giro ma l’arrivo fu sempre disposto a Milano. Nel 1996 il Giro partì da Atene, in Grecia e nel 1998 partì da Nizza in Fran-
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Julio Alberto Pérez Cuapio Frigo provò allora il sorpasso nella cronometro di Salò, ma invano, poi, tra il 6 e il 7 giugno, ecco le perquisizioni dei NAS ad Imperia: nella stanza di Frigo vennero rinvenute sostanze dopanti, il ciclista venne di conseguenza allontanato dalla gara. La tappa dell’indomani venne annullata, due giorni dopo Simoni vinse anche la frazione di Arona suggellando così il successo finale. Nel 2002 la corsa partì nei PaStefano Garzelli vince a Bergamo davanti a Gilberto Simoni esi Bassi e percorse Germabig rimasero già attardati, e nia, Belgio, Francia e Lussemcia. la maglia rosa andò a Dario burgo per celebrare l’Unione 2000-2005: gli anni delle Frigo: il varesino guidò la ge- Europea. vittorie di Simoni e Savoldelli nerale per nove giorni, fino Protagonista di inizio Giro fu Il Giro del 2000 prese il via da al tappone dolomitico con Garzelli: in rosa già dal terzo Roma per celebrare il Giubileo. Marmolada e Pordoi, quando giorno, il varesino venne troDopo una prima settimana Simoni staccò tutti i rivali e vato positivo ad un diuretico e dedicata ai velocisti, arriva- prese il simbolo del primato squalificato. Il simbolo del prirono le prime montagne e lasciando la vittoria di tappa a mato passò al tedesco Jens Heppner, che lo tenne subito Francesco Caper dieci giorni sagrande prese la maA Campitello Mateglia rosa sull’Abetone se vinse Simoni, ma staccando di 1’39” i anche lui venne squaprimi avversari, tra cui lificato per una poStefano Garzelli. sitività alla cocaina, Casagrande riuscì a e anche un altro big, controllare la corsa Casagrande, dovette nonostante gli attaclasciare la gara, punito chi di Gilberto Simoni per una scorrettezza. e di Garzelli; la gara Nell’ultima tappa alpina si decise così nella Paolo Savoldelli riuscì penultima tappa, la a staccare il rivale Tycronoscalata del Seler Hamilton e a prenstriere: Garzelli, che dere la maglia rosa doveva recuperare a Cadel Evans, che 25”, inflisse al toscainvece scivolò fuori no un distacco di 1’52” dalla top 10; nell’ultima e si aggiudicò il Giro. cronometro il bergaTerzo chiuse Simoni. masco resisté potenNell’edizione 2001 già do così festeggiare la al quinto giorno, sulprima vittoria finale al le prime salite, alcuni Gilberto Simoni in una tappa a cronometro nel 2003
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ne di Mercogliano. Il ship; il varesino dovette però veronese dovette ce- cederla a Paolo Savoldelli due dere la maglia a Jaro- giorni dopo, per poi uscire di slav Popovyc dopo la classifica l’indomani dopo escronometro di Trieste sere andato in crisi sull’ascevinta dallo specialista sa dello Stelvio. Serhij Honcar, ma fu Pur fuori classifica, Basso poi abile a riprenderla vinse la frazione di Limone staccando l’ucraino Piemonte e la cronometro di nella frazione di Falzes. Torino. Savoldelli rimase in Le ultime tre tappe rosa, Gilberto Simoni e José sulle Alpi permisero a Rujano recuperarono sul berCunego, trionfatore gamasco in salita salvo poi anche a Bormio (vinse perdere quanto guadagnato a in tutto quattro tap- cronometro. pe), di consolidare il La gara si decise sulla salita di vantaggio sul secon- Sestriere: Rujano, Simoni e Di do, Serhij Honcar, e di Luca attaccarono da lontano, conquistare la sua pri- Savoldelli riuscì però a conma “Corsa rosa”. Ales- trollare a distanza e a manDamiano Cunego trionfatore nel 2004 sandro Petacchi vinse tenere il primato con soli 28 secondi su Simoni. ben nove tappe in volata. Giro. Nell’edizione 2003, dopo un Nell’edizione 2005 i primi die- 2006-2010: i successi di inizio adatto ai velocisti, sul ci giorni di corsa videro Paolo Basso e Contador Terminillo Garzelli conquistò Bettini e Danilo Di Luca alter- Nel 2006 la corsa partì dal un successo di tappa e la ma- narsi in vetta alla classifica. Belgio in memoria dei minatori glia rosa. Nella frazione di Fa- Con le prime montagne fu Ivan morti nel 1956. Dopo la prima enza Simoni staccò Garzelli Basso a prendere la leader- settimana Ivan Basso si scasottraendogli il simbolo del primato. La gara giunse alle Alpi; sullo Zoncolan Simoni staccò tutti e vinse in solitaria imponendosi successivamente anche all’Alpe di Pampeago. Con la frazione di Cascata del Toce consolidò un vantaggio già netto, andando a vincere il suo secondo Giro in tre anni. L’edizione 2004 partiva col ricordo della tragica scomparsa di Pantani, avvenuta pochi mesi prima. Nella seconda tappa vinse Damiano Cunego, l’indomani in salita Simoni prese la maglia rosa; la tenne sino alla settima tappa, quando gli venne strappata da Cunego, primo a Montevergi- Paolo Savoldelli affronta l’ascesa del Colle delle Finestre nel 2005
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M a d d a l e n a guadagnò 32” su Di Luca menper ricordare i tre Mazzoleni si staccò dagli 200 anni dal- altri big, scivolando al terzo la nascita di posto in classifica. In pratica il Giuseppe Ga- Giro finì lì, decretando Di Luca vincitore davanti a Schleck. ribaldi. Nella prime L’edizione 2008 partì dalla due settima- Sicilia. Christian Vande Velne vestirono de, Franco Pellizotti, Giovanni di rosa Enrico Visconti e Gabriele Bosisio Gasparotto, portarono la maglia rosa nelle Danilo Di Luca, prime due settimane di corsa. Marco Pinotti Con l’arrivo delle tappe in sae Andrea Noè. lita si mise in evidenza EmaNella dodice- nuele Sella, vincitore a sorsima tappa, presa al Passo di Pampeago e a Briançon, si al Passo Fedaia; la leadership impose Da- passò invece allo spagnolo nilo Di Luca, Alberto Contador. che rifece sua Nonostante gli attacchi di la leadership. Pellizotti, Simoni, Sella e soNei giorni se- prattutto quelli dell’agguerito Ivan Basso con il trofeo per la vittoria del 2006 guenti Eddy Riccardo Riccò, Contador si tenò dominando la corsa: vin- Mazzoleni cercò di insidiare il difese nelle tappe rimanenti se alla Maielletta, si classificò primato dell’abruzzese (spe- riuscendo a tenere un vansecondo dietro Jan Ullrich nel- cialmente sulle Tre Cime di taggio minimo fino alla cronola cronometro di Pontedera e Lavaredo) assieme ad un gio- metro finale di Milano, in ocalle spalle del solo Leonardo vane Andy Schleck, ma senza casione della quale distaccò in realtà avvicinarsi partico- nettamente Riccò portando il Piepoli a La Thuile. margine da 4” a 1’57”. Marzio Dopo due settimane poteva larmente. così contare già su un van- Nella tappa dello Zoncolan Bruseghin chiuse terzo. taggio di 3’27” su José En- vincitore fu Simoni davanti al L’edizione 2009, quella del rique Gutiérrez e di 5’30” su compagno Piepoli; Schleck centenario, partì da Venezia Savoldelli. A Trento il varesino consolidò la leadership vincendo la tappa, l’indomani lasciò il successo a Piepoli sul Passo Furcia; suggellò infine il trionfo nella frazione dell’Aprica, imponenedosi in solitaria davanti a Gilberto Simoni. Basso vinse così il Giro 2006 da dominatore, con quasi 10’ su Gutiérrez, 12’ su Simoni e quasi 20’ su Cunego e Savoldelli. Nel 2007 la corsa prese il via dalla Sardegna, con una cronosquadre da Caprera a La Danilo Di Luca festeggia il trionfo nella corsa a tappe del 2007
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condo diven- su Arroyo e di vincere il suo terà Carlos secondo Giro. Nibali concluse Sastre, terzo terzo, Scarponi quarto. Ivan Basso. L ’ e d i z i o n e 2011-2016: gli anni di 2010 partì da Contador e Nibali Amsterdam, L’edizione 2011, quella dell’UPaesi Bassi. nità d’Italia, partì da Torino. Al Nei primi dieci terzo giorno la tragedia scongiorni vesti- volse il Giro: lungo la discesa rono la rosa dal Passo del Bocco il ciclista Bradley Wig- belga Wouter Weylandt cadde gins, Cadel ad alta velocità e, nonostante Evans, Vin- i soccorsi, morì poco dopo. I cenzo Nibali consueti festeggiamenti di e Aleksandr fine tappa vennero annullati, V i n o k u r o v . e la frazione successiva neuNell’undicesi- tralizzata. ma tappa, con Al termine della prima settiarrivo all’A- mana, sull’Etna, il favorito Alquila, giunse berto Contador staccò tutti invece al tra- e vestì di rosa. Lo spagnolo Alberto Contador vince il Giro del 2008 solamente nell’ultima tappa, la cronometro con arrivo a Milano guardo, con incrementò il margine sugli ale si concluse a Roma. Di Luca 12’40” sul gruppo, una fuga tri big, Scarponi e Nibali, anche vinse subito la quarta tappa di 52 corridori: tra essi anche nelle tre successive tappe ale l’indomani, nel giorno del Richie Porte, che andò in testa pine della seconda settimana, allungando poi ancora nella successo di Denis Men’sov alla classifica provvisoria. all’Alpe di Siusi, vestì di rosa. Tre giorni dopo, nella frazione cronoscalata del Nevegal. Il L’abruzzese consolidò poi la del Monte Grappa vinleadership con la vittoria nella ta da Nibali, la maglia rosa passò sulle spaldecima tappa a Pinerolo. Nella lunga cronometro di Ri- le di David Arroyo, omaggiore fu però Menchov anch’egli nella fuga a prevalere e a salire in testa dell’Aquila. Arroyo realla graduatoria; sul Monte Pe- sisté inizialmente a trano e nelle tappe seguenti Basso sullo Zoncolan Menchov e Di Luca si diede- e nella cronoscalata ro quindi battaglia, e il divario di Plan de Corones, si ridusse a soli 20 secondi. ma dovette infine ceNella decisiva crono finale di dere la maglia al vareRoma Menchov, nonostante sino dopo la frazione una caduta, riuscì a mantene- all’Aprica, nella quale re il vantaggio e a vincere così il trio Scarponi-Nibail suo primo Giro. Terzo chiuse li-Basso staccò il resto del gruppo. Pellizotti. La classifica verrà poi riscritta La cronometro finale dai giudici a causa delle squa- permise a Basso di inlifiche per doping di Di Luca crementare ulteriorprima, e di Pellizotti poi: se- mente il vantaggio Il russo Menchov vince il Giro del 2009
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con altre due tappe, seguite dalla prima delle due giornate di riposo. Dopo il rientro in territorio italiano, la corsa è ripartita da Verona con una cronometro a squadre. Come da tradizione l’arrivo finale è stato fissato a Milano, con una crono individuale di 31,5 km. La novantaIvan Basso nel 2010 bissa in successo del 2006 seiesima edizione della “Corsa Rosa”, si successo finale fu nettamente appannaggio di Contador, è svolta in 21 tappe dal 4 al con sei minuti su Scarponi e 26 maggio 2013, su un percorso di complessivi 3 341,8 sette su Nibali. La successiva squalifica per km. È stato vinto dall’italiano doping del vincitore, divenuta Vincenzo Nibali dell’Astana ufficiale nel febbraio del 2012, ProTeam, che ha concluso la ha dato la maglia rosa a tavo- corsa in 84h53’28”, con 4’43” lino a Michele Scarponi. La novantacinquesima edizione della corsa rosa del 2012 viene vinta dal canadese Ryder Hesjedal che ha conquistato la vittoria finale senza imporsi in nessuna tappa. Per la prima volta nella storia del Giro, la corsa ha preso il via in Danimarca. È stata la decima volta che la tappa iniziale si è disputata fuori dall’Italia: l’ultima era stata ad Amsterdam nel 2010. La partenza è avvenuta a Herning, dove si è disputata una breve cronometro individuale. Il soggiorno danese è proseguito
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di vantaggio sul colombiano Rigoberto Urán. A causa di un maltempo eccezionale che ha colpito l’Italia settentrionale, il tracciato previsto avrebbe subito significative variazioni, tanto che tutti i tracciati delle tappe d’alta montagna disputate sull’arco alpino sono state ridisegnate. La 19ª tappa è stata addirittura annullata. Con l’arrivo a Erto e Casso e la successiva partenza da Longarone, il Giro ha reso omaggio alle 1917 vittime del disastro del Vajont del quale ricorreva il cinquantenario. L’edizione del 2013 prese il via a Napoli e si concluse a Brescia. L’annata fu caratterizzata da numerose perturbazioni atmosferiche che fecero mo-
A Michele Scarponi (primo da sx) venne attribuita la vittoria nel 2011 dopo lo squalifica di Alberto Contador per doping
Il canadese Ryder Hesjedal, trionfa nel 2012 senza aver vinto alcuna tappa
dificare molti tracciati delle tappe e perfino annullare per neve la diciannovesima tappa a Val Martello. Al termine della prima settimana, con la cronometro di Saltara, Nibali vestì di rosa; il siciliano resistette agli attacchi di Rigoberto Urán, Cadel Evans e Scarponi, staccò tutti sia nella cronoscalata a Polsa che sulle Tre Cime di Lavaredo e portò il primato fino a Brescia,
festeggiando la vittoria. Mark Cavendish vinse cinque tappe in volata. L’edizione 2014 partì da Belfast, in Irlanda del Nord. Dopo la prima settimana di volate (in cui leader fu Michael Matthews) Cadel Evans prese la maglia rosa a Montecopiolo, tallonato da Urán e dal polacco Rafal Majka. La cronometro di Barolo portò Urán al primato, prima del colpo di scena della
sedicesima tappa, da Ponte di Legno a Val Martello, con l’attacco da lontano dell’altro colombiano Nairo Quintana, capace di infliggere al traguardo più di 4 minuti ai rivali. Quintana difese il vantaggio nelle altre frazioni alpine, guadagnò nella cronoscalata di Cima Grappa e a Trieste, sede conclusiva, precedette Urán di 2’58” e il giovane Fabio Aru di 4’04”. Nell’edizione 2015 la corsa prese il via da Sanremo e si concluse a Milano. Alberto Contador vestì di rosa già al quinto giorno sull’Abetone, inseguito a breve distanza da Richie Porte, Fabio Aru e Mikel Landa (questi ultimi compagni di squadra all’Astana). Lo spagnolo incrementò il margine nella cronometro di Valdobbiadene, potendo così amministrare nelle tappe successive sulle Alpi. Nonostante le vittorie di Landa a Madonna di Campiglio e all’Aprica e di Aru a Cervinia e al Sestriere, il Giro 2015 andò a Contador, di nuovo trionfatore a sette anni di
Vincenzo Nibali si aggiudica il Giro 2013 vincendo anche due tappe
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distanza, davanti alla coppia Astana, con Aru secondo a 1’53” e Landa terzo a 3’05”. Il Giro d’Italia 2016, novantanovesima edizione della Corsa Rosa e valido come quindicesima prova dell’UCI World Tour 2016, si è svolto in ventuno tappe da venerdì 6 maggio a domenica 29 maggio. La gara è stata vinta per la seconda volta in carriera dall’italiano Vincenzo Nibali in forza all’Astana Pro Team con il tempo di 86h32’49”, precedendo di 52” il colombiano Esteban Chaves, e di 1’17” lo spagnolo Alejandro Valverde.
Il colombiano Nairo Quintana in maglia rosa al Giro d’Italia 2014
Alberto Contasor bissa il successo del 2008
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Un Giro d’Italia 2016 trionfale per Vincenzo Nibali
Giro d’Italia 2017: le due tappe in terra pugliese Tappa 7 - VenerdÏ 12 Maggio
Tappa 8 - Sabato 13 Maggio
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Approfondimenti
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Statistiche, numeri e albo d’oro della corsa “rosa” 1) Arrivi, partenze e sconfinamenti Per circa mezzo secolo il Giro è iniziato e finito a Milano, città dove ha sede la Gazzetta dello Sport. Anche se con sporadiche eccezioni, questa è stata la regola fino al 1960: da quell’anno, il luogo di partenza è cambiato ogni volta. Per alcuni periodi (1965, 1966, 1968, 1970, 1973, 1975, 19811989) anche il luogo d’arrivo è cambiato, ma dal 1990 è stato ripristinato il tradizionale arrivo a Milano, con un circuito da ripetere più volte che funge da passerella finale. Nell’edizione 2009, per commemorare il centenario della manifestazione, l’arrivo è avvenuto a Roma. La capitale era già stata luogo conclusivo del giro nel 1911 e nel 1950. Nell’edizione 2010 è terminato a Verona, come già avvenuto nelle edizioni 1981 e 1984. Il Giro d’Italia 2011 è iniziato a Torino, prima Capitale d’Italia, per commemorare le celebrazioni del 150º anniversario dell’Unità d’Italia. Il Giro si svolge prevalentemente in Italia, ma sono state inserite partenze o conclusioni di tappa all’estero, scome San Marino (1965), Francia (1998), Principato di Monaco (1966), Svizzera, Austria e Slovenia. Alcune tappe si sono svolte anche in Olanda
(2010), Belgio (1973, 2006), Germania (2002), Grecia (1996), Danimarca (2012) e Irlanda (2014). 2) Vittorie di tappa La classifca dei vincitori di tappa di tutti i tempi vede al-
primo posto Mario Cipollini con 42 vittorie, che precede di una sola lunghezza Alfredo Binda (41); seguono Learco Guerra con 31, Costante Girardengo con 30 e conclude la top-five il “cannibale” Eddie Merckx con 25 vittorie.
“SuperMario” Cipollini, detentore del maggior numero di vittorie di tappa
6) Classifica del GPM 7 vittorie - Gino Bartali (1935, 1936, 1937, 1939, 1940, 1946, 1947)
3) Vittorie finali 5 vittorie Alfredo Binda (1925, 1927, 1928, 1929, 1933)
Felice Gimondi
4) Numero di podi 9 podi - Felice Gimondi con 3 vittorie, 2 secondi e 4 terzi posti
Alfredo Binda
Fausto Coppi (1940, 1947, 1949, 1952, 1953)
Gino Bartali
7) Vittorie di tappa 12 - Alfredo Binda (1927) 8) Giorni in Maglia Rosa 76 - Eddy Merckx 9) Vittorie di tappa consecutive 8 - Alfredo Binda (1929) Francesco Moser
Fausto Coppi
Eddy Merckx (1968, 1970, 1972, 1973, 1974)
5) Classifica a punti 4 vittorie - Francesco Moser (1976, 1977, 1978, 1982) e Giuseppe Saronni (1979, 1980, 1981, 1983)
10) Vincitore piĂš giovane Fausto Coppi (1940) a 20 anni, 8 mesi e 25 giorni
Fiorenzo Magni
Eddie Merckx
Giuseppe Saronni
11) Vincitore piĂš anziano Fiorenzo Magni (1955) a 34 anni e 180 giorni
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L’albo d’oro del Giro d’Italia
Luigi Ganna (1909)
Carlo Galetti (1910-11)
Atala (1912)
Costante Girardengo (1919-23)
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Carlo Oriani (1913)
Alfonso Calzolari (1914)
Gaetano Belloni (1920)
Giovanni Brunero (1921-22-26)
Giuseppe Enrici (1924)
Alfredo Binda (1925-27-28-29-33)
Luigi Marchisio (1930)
Francesco Camusso (1931)
Antonio Pesenti (1932)
Learco Guerra (1934)
Vasco Bergamaschi (1935)
Gino Bartali (1936-37-46)
Giovanni Valetti (1938-39)
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Fausto Coppi (1940-47-49-52-53)
Fiorenzo Magni (1948-51-55)
Hugo Koblet (1950)
Carlo Clerici (1954)
Charly Gaul (1956-59)
Gastone Nencini (1957)
Ercole Baldini (1958)
Jacques Anquetil (1960-64)
Arnaldo Pambianco (1961)
Franco Balmamion (1962-63)
Vittorio Adorni (1965)
Gianni Motta (1966)
Felice Gimondi (1967-69-76)
Eddy Merckx (1968-70-72-73-74)
Gรถsta Pettersson (1971)
Fausto Bertoglio (1975)
Michel Pollentier (1977)
Johan De Muynck (1978)
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Giuseppe Saronni (1979-83)
Bernard Hinault (1980-82-85)
Giovanni Battaglin (1981)
Franceco Moser (1984)
Roberto Visentini (1986)
Stephen Roche (1987)
Andrew Hampsten (1988)
Laurent Fignon (1989)
Gianni Bugno (1990)
Franco Chioccioli (1991)
Miguel Indurain (1992-93)
Evgenij Berzin (1994)
Tony Rominger (1995)
Pavel Tonkov (1996)
Ivan Gotti (1997-99)
Marco Pantani (1998)
Stefano Garzelli (2000)
Gilberto Simoni (2001-03)
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Paolo Savoldelli (2002-2005)
Damiano Cunego (2004)
Ivan Basso (2006-10)
Danilo Di Luca (2007)
Alberto Contador (2008)
Denis Menchov (2009)
Michele Scarponi (2011)
Ryder Hesjedal (2012)
Vincenzo Nibali (2013-16)
Nairo Quintana (2014)
Vincenzo Nibali (2016)
Alberto Contador (2015)
di Saverio Buttiglione
Un mito italiano
Ferrari: oggetto dei desideri da settant’anni
A
nche chi non ama le gare automobilistiche e persino chi detesta il lusso (come dargli torto in un mondo dove sempre più una piccolissima parte di persone detiene la maggior parte delle ricchezze e la stragrande maggioranza vive con poco o addirittura non riesce a vivere per povertà estrema) deve convenire che c’è un “oggetto” della manifattura italiana che è il simbolo di questa nazione dappertutto, è un concentrato di stile, la ben nota “bellezza”, che deriva dalla civiltà romana per poi esprimersi nella sua massima poEnzo Ferrari
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tenza nelle opere d’arte del Rinascimento, per confluire infine nella Moda Italiana, ragion per cui vorrei che una volta l’amico Vittorio Sgarbi ne parlasse esponendolo fra i quadri dei nostri più importanti artisti. Ma una autovettura FERRARI è pure un concentrato di materie prime trasformate a Maranello / Modena / Emilia Romagna / Italia / Europa, con an-
tica passione derivata dal DRAKE Enzo Ferrari che giusto a marzo 1947 fece uscire dalla sua officina la sua prima vettura, la 125 S, unita costantemente a sviluppo e ricerca inne-
stando in questo oggetto dei desideri le più avanzate tecnologie derivate dal progresso scientifico spruzzando, similmente al cacio sui maccheroni, un pizzico di genialità e creatività tutta italica, vecchia storia che riscontriamo dai tempi di Leonardo da Vinci o Galileo Galilei. Arriverei a dire addirittura che a buona ragione una macchina Ferra-
ri, proprio per l’abilità di trasformare le materie prime in una “creatura” (come la definiva l’ingegner honoris causa Enzo Ferrari) che si muove, respira e sbuffa, ammalia e seduce, sfidando le leggi della natura (i nuovi dischi al carbonio della SF70H 2017 di Formula Uno, italiani
anch’essi della Brembo, riescono a frenarla a temperature vicine ai 1.000 gradi) è pure testimonial dei nostri prodotti agroalimentari, i quali sono salubri e buone creature che ci nutrono trasformando le migliori materie prime che la campagna della penisola italiana da sempre riesce a produrre. L’iperbole dei paragoni l’ho ascoltata da un famoso economista, Francesco Lenoci che insegna alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, quando nei suoi discorsi pubblici sul “Nuovo Bilancio Integrato” (best seller diffuso anche tra le aziende, gli studi di commercialisti e gli Istituti di Credito), paragona quest’ultimo ad una Ferrari, simigliando le sue 3 componenti fondamentali al telaio, alle ruote, al motore. Enzo Ferrari era emigrato a Milano dove gestiva lo staff di tecnici e faceva pure il collaudatore alla Alfa Romeo, dalla quale, forse per il suo non facile carattere, fu costretto ad allontanarsi. Tornò a Maranello e la sua ostinazione nella ricerca di un’opera che lasciasse il segno della sua esistenza su questa terra, lo portò a
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realizzare il suo sogno di costruttore di auto, sia da strada che da pista, le migliori che ci fossero, e come tutti i visionari intelligenti, non solo ci riuscì, ma fece in modo che la sua creatura attraversasse gli ultimi 70 anni che ci consentono quest’anno di festeggiarlo. Grazie al supporto di mio cugino Vito Radicci, che dal papà Vittorio ha ereditato la più antica concessionaria Ferrari al mondo, quella di Bari esclusivista per il Sud Italia, alla quale ora si è aggiunta una seconda sede ad Ancona esclusivista per la dorsale adriatica, già nel 2007 organizzai in Puglia un Galà televisi-
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vo per celebrare i 60 anni, al ritorno dal tour mondiale nel quale ogni Nazione fece omaggio di preziosi regali alla Casa del Cavallino Rampante, e quest’anno a maggio con piacere ripeterò l’esperienza aprendo di fatto i festeggiamenti che vedranno il loro clou nel mese di settembre a Maranello dopo il Gran Premio d’Italia Formula Uno a Monza.
2017: l’esordio a Ginevra per la 812 Superfast... Ma ad inizio anno già al salone di Ginevra la Ferrari ha dato il via ai festeggiamenti del 70° anniversario con il debutto mondiale della sua auto stradale di serie più potente e prestazio-
nale, la 812 Superfast. La presentazione di questa berlinetta V12 da 800 CV è particolarmente significativa, poiché la tradizione Ferrari nei V12 getta le sue radici proprio nella fondazione dell’azienda, 70 anni fa, e la Ferrari resta l’unica casa ad aver prodotto con continuità vetture sportive con motore a 12 cilindri per tutto questo tempo. Spinta da un nuovo motore V12 da 6.5 litri, in grado di erogare 800 CV, la 812 Superfast è il nuovo punto di riferimento per vetture sportive a motore anteriore-centrale, con la potenza massima raggiunta a 8500 giri/minuto, che esalta la sensazione di sportività estrema
soprattutto agli alti regimi. L’80% della coppia massima di 718 Nm @ 7000 giri/ minuto è già disponibile ai 3500 giri/minuto, a totale vantaggio della guidabilità e dell’accelerazione in ripresa fin dai bassi regimi. La 812 Superfast è equipaggiata con componenti e sistemi di controllo di ultima generazione, e si contraddistingue per un handling unico. E’ la prima Ferrari dotata di EPS (Electric PowerSteering), il servosterzo elettrico, che viene impiegato per estendere le prestazioni e il divertimento di guida. L’introduzione del Passo Corto Virtuale 2.0 (PCV) unisce al concept meccanico costruito attorno alle dimensioni degli pneumatici e all’asse posteriore sterzante anche l’assistenza elettrica dello sterzo anteriore. Il tutto integrato nell’insie-
me dei sistemi di controllo veicolo basati su SSC, giunto alla versione 5.0, al fine di migliorare le prestazioni della 812 Superfast come l’agilità e i tempi di risposta ai transitori volante. I due esemplari di 812 Superfast che sono stati esposti avevano due colori nuovi: lo speciale e celebrativo Rosso 70 Anni e il Grigio Caldo Opaco. Accanto al nuovo modello c’erano anche la California T, in Bianco Italia, la 488 GTB in Giallo Tristrato, la 488 Spider nel classico Rosso Corsa, e la GTC4Lusso in Nero Stellato. In esposizione anche una delle 70 livree Ferrari esclusive realizzate per celebrare il 70° Anniversario. Create dal programma Tailor Made, sono ispirate ad auto iconiche nella storia dell’azienda e sono disponibili su ognuno dei cinque modelli della gamma. La 488 GTB esposta aveva gli esterni in Rosso Corsa con livrea Blu Laguna e Giallo Modena, ispirata alla 290 MM guidata da Juan Manuel Fangio nella Mille Miglia del 1956, dove le Ferrari
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conquistarono i primi quattro posti. ... e quello della SF70H sui circuiti della Formula 1 Invece la novità per la Formula Uno si chiama SF 70 H, dove la h sta per la motorizzazione Hybrid, un mondiale ben cominciato dopo anni di digiuno contraddistinto dalla superiorità incontrastata delle Red Bull prima e delle Mercedes poi, infatti nelle prime 3 gare del campionato Sebastian Vettel ha vinto 2 volte con un secondo posto. La vettura appare più rossa rispetto a quella delle stagioni precedenti: solo gli alettoni anteriori e la parte alta del retrotreno presentano un po’ di bianco attraversato, sul retro, da un tricolore bianco, rosso e verde. Tra i marchi presenti sulla vettura anche quello dell’Alfa Romeo. La sigla SF70H, oltre a indicare la motorizzazione ibrida, celebra i 70 anni della Ferrari, nata nel 1947, quando uscì dallo storico portone di via Abetone Inferiore a Maranello la prima vettura con il marchio del Cavallino, la 125S, la prima creatura a portare il nome del fondatore, Enzo Ferrari.
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Il nome in codice di questa monoposto è 63/a ed è figlia del cambiamento regolamentare che ha pochi precedenti nella storia della Formula Uno, perché si era quasi sempre andati verso norme che limitavano le prestazioni sempre più elevate consentite dalle nuove tecnologie, invece ora è consentito un aumento del carico aerodinamico con miglior aderenza in curva. Perciò si è lavorato cercando il miglior compromesso tra deportanza (il carico cioè) e la resistenza aerodinamica. Per regolamento le nuove gomme (della italiana Pirelli) sono più larghe, 6 cm le anteriori, 8 cm
quelle posteriori. La maggior sezione frontale ora consentita se da un lato costituisce un “freno” all’avanzamento, così come lo stesso maggior carico derivante dall’ala anteriore, dal fondo scocca e dal diffusore, di contro questo carico unito alla maggiore impronta a terra delle gomme, favorisce maggior aderenza e quindi velocità in curva. Il nuovo telaio 668 per il nuovo regolamento ha il muso allungato e l’ala a freccia e può montare una vistosa “pinna” sul cofano motore con appendici aerodinamiche più complesse dinanzi alla presa d’aria delle fiancate, la cui forma molto inusuale è stata studiata in armonia con il posizionamento della struttura anti-intrusione. Anteriormente è visibile un condotto con funzioni aerodinamiche mentre alle spalle del pilota l’archetto di protezione (roll-hoop) che ingloba la presa dinamica del motore è stato totalmente ridisegnato, come pure l’alloggiamento delle sospensioni che mantengono lo schema a puntone (push-rod)
davanti e a tirante (pull-rod) sul retrotreno. Per agevolare il lavoro dei meccanici durante i cambi gomme ai box previsti in 2,7 secondi anche mozzi e dadi delle ruote sono stati ridisegnati. Sono stati potenziati servoguida ed impianto frenante in funzione delle elevatissime prestazioni previste nel 2017. La Power Unit per regolamento resta sostanzialmente invariata con l’unica novità della benzina utilizzabile da ciascuna vettura in gara che passa da 100 a 105 chilogrammi, mantenendo però la stessa portata massima di carburante (100 kg/ora). Questo ibrido (motore a combustione gemellato a quello elettrico alimentato dall’energia cinetica derivante dalle frenate) 062 consentirà alla squadra di tecnici ed ingegneri di Maranello una maggiore libertà di sviluppo in corso di stagione grazie all’abolizione dal regolamento del sistema dei tokens (i gettoni). Tutta la Power Unit Ferrari è stata completamente reingegnerizzata dai tecnici guidati da Sassie Zimmermann,
questo 6 cilindri turbo con una cilindrata di 1.600 cc è stato pensato per sfruttare i 5 kg in più che sono ora concessi dal regolamento. Dal 2014, anno della introduzione dei nuovi V6 Turbo ibridi, le cronache tecniche della Formula 1 fanno spesso riferimento ai famigerati “1000 cavalli”, soglia che da sempre affascina e stuzzica l’immaginario collettivo, obiettivo a cui addetti ai lavori e appassionati ambiscono. Le odierne “power unit” di Formula 1, secondo le ultime ipotesi e misurazioni indirette, sono in grado di erogare potenze ragguardevoli. L’unità endotermica (6 cilindri in V di 90°, 1600cc di cilindrata, 4 valvole per cilindro, monoturbo, regime di rotazione limitato a 15,000 giri/minuto, portata di carburante da e oltre i 10,500 giri/ minuto pari a 100 kg/h) partecipa in modo preponderante al raggiungimento di siffatti elevati valori: questi motori, infatti, si attestano attorno ai 700800 CV (il V6 Mercedes pare esprima la bellezza di 820 CV in configurazione da qualifica).
Valori, invero, straordinari, resi possibili dalle sopraffine tecnologie motoristiche oggi a disposizione. La restante fetta di cavalli proviene dal moto-generatore elettrico, il cosiddetto MGU-K (Motor Generator Unit-Kinetic). In questo caso, la potenza massima di questa unità è fissata dal regolamento: 120 kW, pari a 163 CV. Ecco, dunque, che le attuali “power unit” di Formula 1 toccano potenze massime dell’ordine dei 900 CV complessivi o poco meno. Le migliori unità (su tutti la PU106C Mercedes) pare si attestino attorno ai 930-950-980 CV totali (picco di potenza nella mappatura più spinta). Alcune fonti, attestano la “power unit” realizzata dal Mercedes AMG High Performance Powertrains diretta da Andy Cowell (la sede è a Brixworth) ad oltre 980990 CV globali. Difficile, però, dare valori specifici e certi. Come in molti ricorderanno, l’introduzione dei V6 Turbo aveva prodotto una forte ondata di “malcontento popolare”; in tanti, alquanto frettolosamente, denunciavano motori poco
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potenti e, come diretta conseguenza, scarse e opache prestazioni velocistiche e sul giro da parte delle nuove monoposto turbocompresse. La realtà degli ultimi tre anni – anche grazie al progresso delle mescole degli pneumatici Pirelli, non particolarmente durevoli ma eccelse dal punto di vista della prestazione pura, dei carburanti e dei lubrificanti – ha smentito senza appello anche i più scettici. Occorre, tuttavia, fare una doverosa precisazione. Le attuali potenze delle odierne unità ibride di Formula 1 non sono costanti. Come abbiamo visto, il computo della potenza totale deriva dalla somma delle due potenze in gioco, propulsore endotermico + MGU-K. Il MGU-K, in quanto moto-generatore elettrico alimentato da batterie (che si scaricano nell’arco di utilizzo), eroga una potenza massima (pari a 163 CV) non costante. Altrettanto non costante, per-
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tanto, risulterà la potenza complessiva termico + MGU-K. In sostanza, gli oltre 900 CV delle “power unit” andranno a morire dopo pochi istanti, poiché a morire sarà la potenza data dal MGU-K. Gli unici cavalli sempre disponibili nella loro – per così dire – interezza sono quelli espressi dal motore endotermico. E su questi i motoristi debbono Saverio Buttiglione (a dx) con il dott. Vito Radicfare affidamento. ci, titolare della concessionaria Ferrari di Bari, la Ma gli ingegneri più antica del mondo. motoristi che lavorano tutto esattamente come le berline di l’anno a Maranello hanno sem- serie che escono dalla fabbrica pre dimostrato di saper bene voluta da Enzo sono in grado di interpretare ogni variazione di spingere alla massima velocità regolamento, consentendo al possibile ed in tutta sicurezza, “cuore” delle Ferrari di battere su ogni strada del mondo, i forin ogni condizione di tempera- tunati guidatori, perciò AUGURI tura, su asciutto o bagnato, e FERRARI, Buon 2017 e buon 70° su qualunque pista del mondo, compleanno.
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di Stefano Masullo
Il punto del Direttore
Il boom degli investimenti “non tradizionali”
O
ro, diamanti, ma anche terreni, opere d’arte e vino: il paniere degli investimenti alternativi è ricchissimo. In tutti i sensi: di occasioni ma anche quanto a valori in gioco. Le formule di investimento non convenzionali, diverse cioé da azioni, obbligazioni ed immobili , hanno conosciuto in questi anni un boom inatteso. Complice l’incertezza che ha segnato i mercati finanziari dopo lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti, un numero crescente di investitori e piccoli risparmiatori si è allontanato dalla Borsa. Con risultati non sempre po-
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sitivi. Ad esempio chi avesse puntato sull’oro prima del maggio 2010 avrebbe salvaguardato il capitale. Dopo quella data, quanti hanno messo in portafoglio il metallo giallo (e lo avessero tuttora) possono soltanto averci perso. Le quotazioni dell’oro, infatti sono tornate di fatto al livello del 21 maggio di tre anni fa, quando un grammo valeva 31,68 euro . Già, parlo di euro e non dollari, perché la variabile del cambio, sui mercati delle materie prime è determinante. Ed è meglio fare i conti nella propria valuta. Il consiglio di tutti, compresi
Il Direttore Responsabile di Slow Economy Prof. Stefano Masullo
quelli che vivono delle transazioni di questi mercati, è di non investire più del 10-15% del proprio portafoglio. Ma la variabile decisiva è quel che si definisce il timing dell’investimento (o del disinvestimento): il momento in cui si entra e quello in cui si esce. Se per ipotesi un risparmiatore avesse acquistato 1000 euro di oro sempre il 21 maggio 2010, rivendendolo poi sui massimi degli ultimi 5 anni il 27 settembre 2012, avrebbe incassato 1380 euro. Diverso il discorso per quanti avessero tenuto i lingotti o le monete fino ad oggi. Nel 1995 un Patek Philippe che era stato venduto per 400 mila franchi svizzeri , nel 2010 aveva raggiunto un valore di ben 3,2 milioni di franchi ( una rivalutazione pari al 600% in soli 15 anni ) . Il ricarico medio sul prezzo finale nelle 267 filiere osservate da una indagine ufficiale del Senato della Repubblica è risultato pari al 200%, valore ottenuto come media tra
ricarichi del 77% - nel caso di filiera cortissima – e di poco meno del 300% - nel caso di filiera lunga . Duecentocinquanta euro al chilogrammo, che moltiplicati per 8 fanno 2.000 euro. È questo il prezzo di uno Jamon Pata Negra Albarragena, il prosciutto spagnolo più caro al mondo . In 5-6 anni la rivalutazione delle bottiglie di vino italiane
più pregiate è stata del 500% con punte del 1.000% . Parmigiano Reggiano: Ferrari Il re dei formaggi stagionato 96 mesi a 70 euro il chilo La Ferrari 335 S Spider Scaglietti del 1957 è stata venduta all’ asta per 32 milioni di euro. Un investimento finanziario alternativo, a colpi di gusto ed eccellenze italiane. E’ il minibond garantito da un vero tesoro del nostro Paese, ovvero il Parmigiano Reggiano che “farà gola” agli investitori professionali. Saranno loro, infatti, a poter puntare su questa formula ghiotta di obbligazione avendo un valore nominale di 6 milioni di euro e con rendimento fisso annuo del 5% con cedola semestrale.Secondo l’indice Whisky Highland Investment Grade Scotch Index, possedere un’ottima bottiglia di whisky single malt ha generato un guadagno del 440% in sei anni (2008-2014).
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di Saverio Buttiglione
Punti di vista
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100 ore per 100 anni di Giro d’italia
I
l petrolio e tutti i combustili fossili fin’ora utilizzati per produrre Energia per tutto il secolo appena trascorso, finalmente nella consapevolezza che non sono rinnovabili e che per di più sono inquinanti, dovrebbero essere sostituiti dalle nuove fonti di energia rinnovabile ed ecosostenibili, forse questo sarà il maggior risultato della globalizzazione che si otterrà dalla circolazione incensurabile di idee nuove basate sulle nuove frontiere della ricerca tecnologica. Tutte le ricchezze prodotte negli ultimi decenni, che hanno aumentato il solco tra pochi ricchi sempre più ricchi del pianeta Terra e l’ormai immensa popolazione mondiale in larga parte sempre più povera, sono derivate dal possesso e dal relativo sfruttamento di queste risorse, ed infatti le guerre successive a quella mondiale finita
nel 1945, che chiudeva l’epoca della conquista con la forza dei territori vicini, sono state causate, con scuse idiote finanche utilizzando pretesti religiosi, proprio per poterne acquisire il loro possesso. Ma all’orizzonte si profilano nuove minacce di guerre per il possesso e sfruttamento da parte di pochi di 2 Alimenti finora rimasti liberi alla fruizione di tutti gli oltre sette miliardi di individui, l’ACQUA e l’ARIA. L’attacco all’acqua è già avvenuto, prima inquinando mari e soprattutto i fiumi che ci forniscono quella dolce che ci serve da bere, con interi Popoli ormai costretti alla sete come ha più volte sottolineato col suo grido di allarme Papa Francesco, poi imbottigliandola e vendendola a caro prezzo. L’aria che respiriamo pare stia seguendo una sorte simile, sembra impossibile visto che non pare
Il Direttore Editoriale di Slow Economy, Saverio Buttiglione
possibile ingabbiarla e venderla, ma la fantasia umana trova anche nel male soluzioni impensabili, comunque come ha sottolineato l’OCSE a parte i danni causati alla nostra atmosfera dal noto buco nell’ozono, molte megalopoli sono attanagliate da aria talmente inquinata da essere palesemente irrespirabile senza aspettare i tempi relativamente lunghi necessari
alle gravi malattie respiratorie a cominciare dai tumori ai polmoni. L’allarme ora riguarda anche città europee relativamente popolate come Londra o Milano, ma le immense megalopoli come Pechino già fanno i conti con chi può respirare aria pulita nei grattacieli muniti di condizionatori e chi invece, la massa, deve vivere e circolare con una inutile mascherina/filtro sul viso. Slow Economy nasce per una consapevolezza di essere in un passaggio tra un’epoca, chiamata post/industriale, col crollo di tutte le certezze consolidate negli ultimi secoli, ed una nuova della quale non riusciamo nemmeno ad immaginare valori e standards di riferimento, esattamente come quando crollò l’Impero Romano, oppure come intuì Dante Alighieri di esser tra quelle generazioni che vedono finire un mondo (nel suo caso il Medioevo) e forse non vedranno mai il nuovo (nel suo caso, per fortuna dei suoi successori, il Rinascimento). L’unica cosa certa da fare mi sembra perciò, ed è questo lo spirito di Slow Economy, quella di guardare ad un nuovo sviluppo economico da un diverso punto di vista, non presupponendo che finita la crisi, come avevano “rassicurato” i soloni dell’economia e della finanza nel 2008 all’inizio di quella finanziaria innescata dai mutui subprimes statunitensi, tutto ritornerà come prima come successe nel 1929 con la caduta irrefrenabile della borsa a Wall Street. Occorre, mi sembra, per un semplice
buon senso, dedicarsi a nuove tecnologie intelligenti che usino fonti di energia pulite e rinnovabili come il sole o l’idrogeno per i mezzi di locomozione, dedicarsi alla costruzione di abitazioni domotiche ed energeticamente autonome, come stanno già facendo le Nazioni del Nord Europa, ma pure salvare e tutelare con tutti gli sforzi possibili “cose antiche” che si riveleranno di enorme utilità alle prossime generazioni, dedicarsi cioè alla tutela degli antichi prodotti della terra, coltivando le materie prime in modo “sano, pulito e giusto” come predica da anni il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, ma pure antichi manufatti, a cominciare dagli abiti che indossiamo con tessuti ecocompatibili e maestrìa di confezione sartoriale ed artigianale come ha dimostrato Brunello Cucinelli che vi inserisce addirittura dei micro-
chips che ne denotano tutta la tracciabilità di filiera. Ma dal passato va conservato anche l’ambiente per quanto incontaminato si possa e le costruzioni più degne utilizzando “restauro e riuso” senza sottrarre ancora terra per ulteriori cementazioni, come scrive l’architetto veneziano docente universitario Cesare Feiffer e come dimostra nelle realizzaizoni l’architetto Boeri (quello dei grattacieli/bosco di Milano). Queste sinergie tra passato e futuro si consacrano, e l’Italia ne è un esempio mondiale, nella tutela e valorizzazione del Patrimonio artistico, dalle opere d’arte per arrivare alle opere architettoniche. In questo campo il critico d’arte, professor Vittorio Sgarbi, è il testimonial imbattibile del trapasso tra un’era ed un’altra. Riesce a combinare una grande competenza ed una sottile ironia ad un’istrio-
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nica presenza massmediatica utilizzando sui nuovi e vecchi media un linguaggio duro e provocante che, piaccia o non piaccia, smuove le coscienze e le consapevolezze. Tutto quello finora detto si può riassumere in un solo concetto: bisogna, in quest’epoca di estrema incertezza, aggrapparsi alla CULTURA. Nel panorama italiano dimostra un modo nuovo di concepirla l’economista Francesco Lenoci che insegna alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si impegna come testimonial nella promozione delle eccellenze della Moda e dell’Agroalimentare, perchè le ritiene a ragione incubatrici di “cultura”. Il suo best seller mondiale, Nuovo Bilancio Integrato, ad uso di aziende, istituti di credito, economisti ed esperti di finanza, pone per esempio fra le nuove variabili
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“intangibili”da inserire nelle positività il “brand”, quando però il marchio abbia connotati di storia, tradizione, socialità, in una parola di “cultura”, e fra le chase hystories cita la Nutella dei Ferrero e Monclair nella moda. In questa primavera 2017 il Giro d’Italia in bicicletta celebra i 100 anni di vita, e dopo un secolo passato da quando la Gazzetta dello Sport l’ha inventato, in uno sport che, nonostante il doping degli scorsi anni (ed i trucchi tentati come gli invisibili motorini elettrici nascosti nei telai), resta tra quelli più genuini dove bisogna impiegare, oltre al talento, fatica e sudore, tenacia e costanza, mi piace ricordare come i due alimenti principali dei ciclisti siano proprio l’aria e l’acqua. Indimenticabile è l‘immagine dei 2 campioni antagonisti sulle faticose rampe di montagna nella quale
Bartali si volta per dare la sua borraccia a Coppi. Per questo Extra DiVino, programma internazionale di marketing con Città di Bari e Regione Puglia, renderà omaggio all’avvenimento con l’evento “100 ore x cento anni di Giro”, nella location dei trulli di Alberobello, sito “patrimonio dell’umanità” dell’Unesco, tra eccellenze della moda e dell’enogastronomia, facendo incontrare produttori coi turisti ed i buyers internazionali, concludendo questo ideale Giro parallelo col Galà televisivo “Premio Puglia: Unici e Protagonisti 2017”. Buon Giro a tutti, col fil rouge del GOLF, sport di intelletto e fisico allenato, di calma e stategia, di silenzio, educazione e rispetto della natura, da diffondere di questi tempi turbolenti e maleducati.
Comune di Bari
Regione Puglia
Organizzazione
Media Partner
Con il Patrocinio di
Extra Virgin Olive oil & Wine International Week 2017
“ExtraDiVino” è un programma di marketing territoriale realizzato insieme a Milano Slow Economy e al Comune di Bari con il supporto di Regione Puglia
ASA Comunicazione
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Punti di vista di Paolo Petrosillo
Lotta all’Italian Sounding: posizione e interventi della Industria Alimentare Italiana
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Cosa è l’Italian Sounding? Possiamo definirlo come l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per far promozione e commercializzare prodotti che nulla hanno a che vedere con il nostro Paese. Tale fenomeno è diffuso maggiormente negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in America latina e in diversi altri mercati, inclusi anche quelli europei, relativi ai prodotti alimentari prodotti in tali Paesi. Questo non è un caso: si tratta infatti dei Paesi in cui l’emigrazione di cittadini è stata molto diffusa nel secolo scorso. E l’Italian Sounding – come rilevato da Federalimentare in una nota in cui prende posizione su tale fenomeno (presente sul sito
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della stessa federazione al link http://www.federalimentare.it/ new2016/AreeOperative/Promozione_Internazionalizzazione/ ItalianSounding. pdf) - spesso si avvale dell’esperienza e delle conoscenze produttive di emigranti italiani. L’Avvocato Paolo Petrosillo, consulente di Federalimentare
Esempi di Italian Sounding A titolo esemplificativo, la più comune fattispecie del fenomeno ha riguardato, all’inizio delle emigrazioni, l’impianto di aziende con le stesse produzioni realizzate in Italia da parte
degli espatriati nei nuovi paesi; poi, nel corso del tempo, sono stati creati nuovi prodotti con marchi che richiamano nomi italiani. In molti casi, i discendenti di emigrati italiani hanno semplicemente usato (o tut-
tora usano) il loro cognome italiano come un marchio per i prodotti che, di fatto, non hanno più alcuna relazione con quelli originali. Paradossalmente le denominazioni di prodotti falsi italiani sono oramai note anche in Italia: dal Parmesan americano al Parmesao brasiliano al Regianito argentino, solo per citarne alcuni. Ancora il salame Cacciatore e la Soppressata salami prodotti in Canada, il Prosciutto cotto Villa Gusto commercializzato in Germania. Per non parlare dei vini e qui ancora una volta la fanno da padrone i paesi a lingua inglese: il Barolo è diventato Barollo, il Cantia richiama il Chianti, Il Valpolicella si trasforma in Vinoncella e il Brunello di Montalcino lascia il posto al Monticino. I dati del fenomeno Secondo la stessa nota l’Italian Sounding costituisce una delle principali cause della ridotta incidenza dell’export italiano sul fatturato (poco meno del 20% per l’Italia, contro una media europea del 22% e contro il 26% di Francia e il 28% di Germania), perché consente ad alcune aziende locali di avere un vantaggio competitivo. Nello specifico il giro di affari dei prodotti falsi italiani si aggira intorno ai 60 miliardi di euro (stime 2010): quasi la metà dell’intero fatturato dell’Industria Alimentare italiana (132 miliardi di Euro) e più di due volte il suo export (27 Miliardi di Euro). Per essere chiari, almeno due prodotti su tre commercializzati all’estero si riconducono solo apparentemente
al nostro Paese. Di questi 60 miliardi, circa 6 riguardano la contraffazione vera e propria e i restanti 54 miliardi l’imitazione dei nostri prodotti Lo stesso dato è riportato nel rapporto “Agromafie”, elaborato da Eurispes nel 2013. Iniziative istituzionali e proposte di interventi a livello nazionale e comunitario A fianco di Federalimentare si è schierata la Direzione Generale Lotta alla Contraffazione presso il Ministero dello Sviluppo Economico – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Meritano nota due progetti realizzati negli anni scorsi e volti a contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding. Il primo progetto, realizzato in occasione della partecipazione dell’Italia alla manifestazione “SIAL” (Toronto), aveva quale finalità quella di promuovere e valorizzare i prodotti della filiera agroalimentare di origine italiana, educando il consumatore finale a riconoscere l’origine e la differenza di qualità del prodotto nazionale.
Il secondo progetto, motivato dalla positiva esperienza canadese, è stato attuato in Russia (in un periodo anteriore alle sanzioni imposte a tale Paese). La scelta della Russia è stata dettata dal crescente interesse di tale mercato nei confronti dell’industria alimentare italiana, e in quella occasione sono stati realizzati seminari informativi ad opera dei più rinomati chef di ristoranti italiani a Mosca, per educare il consumatore russo a riconoscere l’originale prodotto enogastronomico. Parallelamente ad “interventi sul campo” nei Paesi stranieri, Federalimentare, come riportato nella nota, ha richiesto al Governo Italiano la costituzione di un Osservatorio permanente sull’Italian Sounding. Un punto fondamentale nella lotta alla contraffazione è stato ottenuto in UE quando, nel dicembre 2014, è divenuto applicabile il nuovo Regolamento UE 1169/2011 sull’informazione al consumatore, grazie al quale è possibile implementare una più efficace azione di contrasto. Luigi Scordamaglia, Presidente Federalimentare
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Grazie a questa normativa, per gli alimenti prodotti in Europa e venduti nel mercato europeo non sarà più possibile ingannare il consumatore sull’origine del prodotto con simboli, immagini, parole e pittogrammi che possano far ritenere che un alimento sia italiano pur non essendo stato prodotto in Italia. Nel 2014, anche grazie a questi strumenti, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) è stato in grado di bloccare la messa in commercio di ben 203 prodotti falso Made in Italy venduti sui mercati europei. Concludiamo riportando la proposta in 4 punti, realizzabili a costo quasi zero, che in più occasioni Federalimentare ha avanzato per combattere un fenomeno criminale, e che si muove sulle direttrici già viste: 1) Potenziamento degli strumenti normativi e costituzione
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di una rete di studi legali di riferimento a carico dell’Amministrazione Pubblica. 2) Inserimento di clausole a tutela dei prodotti (marchi, Denominazioni di Origine e Indicazioni Geografiche) all’interno degli accordi bilaterali di libero scambio, nonché clausole che vietino l’evocazione. 3) Potenziare la partecipazione a manifestazioni fieristiche
e rafforzare le relazioni con i principali attori del canale ho.re. ca. e della GDO per favorire l’ingresso e la permanenza sui mercati esteri di prodotti autenticamente italiani. 4) Realizzare campagne educative di informazione e comunicazione sul vero valore del prodotto “realmente” italiano al fine di rendere edotto e tutelare il consumatore finale.
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di Saverio Buttiglione
Eccellenze Italiane
Delizia di nome e... di fatto
S
tavo scegliendo tra le delizie di Deliziosa, mentre uno dei furgoni stava partendo per le consegne, ma poi visto l’imbarazzo della scelta mi sono portato a casa tutto il furgone …. Scherzo naturalmente ma vale la pena di parlare di questa bella realtà della Murgia del Sud Est barese. Dietro ogni azienda, grande o piccola che essa sia, c’è
la storia di un uomo, delle sue esperienze, delle sue passioni e dei suoi valori. Dietro a quella di DELIZIA SPA, c’è la storia di Giovanni D’Ambruoso, nato da una famiglia di allevatori vissuti nella campagna della Puglia delle Murge, nel territorio tra Noci e Mottola, dove la natura è caratterizzata dal paesaggio dei campi, i cui colori variano con le stagioni, delineati dai muretti a secco e intervallati da stradine e tratturi all’ombra di antiche querce secolari. E’ in questo ambiente che matura presto l’intuizione di voler
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trasformare quel latte nei genuini e deliziosi prodotti, che è solito mangiare in casa. Ma per farlo è necessario conoscere il mercato. Parte, così, nel 1982 la sua esperienza da grossista che acquista da aziende della zona per rivendere i prodotti alla sua rete vendita sempre più vasta. Dopo 10 anni in giro tra la gente giunge il momento di mettere su campo tutta
produzione di mozzarelle, burrate e prodotti caseari, sempre più apprezzati dal mercato per la loro ottima qualità, tanto da dettare l’esigenza di spazi sempre più ampi. Nel 2010 il Caseificio D’Ambruoso diventa così Delizia spa con un nuovo stabilimento altamente tecnologico e moderno che si estende su una superficie di 6.500mq. l’esperienza e la conoscen- Alla base della filosofia azienza acquisite, nasce così nel dale c’è prima di tutto la qua1992 il Caseificio D’Ambruoso. lità della materia prima, viene L’azienda conquista presto lavorato esclusivamente latte una posizione prestigiosa nella crudo pugliese raccolto ogni
giorno, direttamente coi mezzi aziendali, dagli allevamenti della Murgia barese e tarantina, i fornitori vengono selezionati sulla base della qualità della loro produzione e della ricchezza dei pascoli che utilizzano. Il connubio, inoltre, fra la tradizione artigianale, grazie all’antico metodo di produzione mediante siero innesto, e l’utilizzo di moderne tecnologie, che è garanzia di controlli giornalieri per mantenere elevati standard di qualità, ha consentito la conquista di una posizione prestigiosa nella produzione di mozzarelle, fiordilatte, burrate e altri prodotti caseari a marchio Deliziosa. I prodotti Delizia sono stati protagonisti nei sei mesi di EXPO2015 a Milano facendosi apprezzare dai visitatori di tutto il mondo, l’azienda Delizia è una delle case history citate dal prof. Francesco Lenoci, docente di economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel suo libro “Il Rendiconto finanziario”, come raccontato di seguito.
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di Francesco Lenoci
Protagonisti
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F
Le attività a supporto delle realtà aziendali
rancesco Lenoci è il più autorevole testimonial di ExtraDiVino, programma internazionale di marketing territoriale con Città Metropolitana di Bari e Regione Puglia. Ecco il suo racconto, mirabile, sentirlo poi dalla sua voce dal vivo, con la sua carica emotiva è come ascoltare Roberto Benigni che declama la Divina Commedia, noiosa a scuola, gustosa in teatro: “Il rendiconto finanziario illumina Delizia S.p.A. (questo l’intervento di Francesco Lenoci, Docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano a NOCI” ... la parte alta della brochure della giornata contiene 4 elementi chiave: Noci, Lenoci, Rendicon-
to Finanziario, Delizia S.p.A., come faccio quindi ad assolvere al mio ruolo di conferenziere? ...creando tra i 4 elementi chiave ben 5 legami: - Lenoci a Noci, - Lenoci e il rendiconto finanziario, - Delizia e il rendiconto finanziario, - Lenoci e Delizia, - Delizia e Noci. Nel libro “Rendiconto Finanziario” ci sono 5 casi di educazione finanziaria: Caseificio Delizia, Biscottificio Di Leo, Biscottificio Campiello, Panealba, Gruppo Panealba – Campiello. Ecco lo sviluppo degli ultimi tre punti elencati sopra e che riguardano il Caseificio Deliziosa.
DELIZIA E IL RENDICONTO FINANZIARIO Facciamo riferimento ai dati del Caseificio Delizia al 31 dicembre 2014.
Il Caseificio Delizia quanto ha di capitale investito al 31 dicembre 2014: 15 milioni di euro. È in equilibrio patrimoniale? No, perché il patrimonio netto più il passivo MLT di 6,0 milioni di euro (il 41% del totale finanziamenti) non copre l’attivo immobilizzato (6,9 milioni di euro). Con quel capitale investito e quei finanziamenti, quanto ha fatturato nel 2014? 28 milioni di euro. È in equilibrio reddituale? Certo che si, perché ha una risultato operativo che è l’1,6% del fatturato (ROS) e il 3,1% del capitale investito (ROI). Capiamoci. Cosa significa che è in equilibrio patrimoniale? Pensate a una macchina di formula 1, alla Ferrari. Significa che ha un buon telaio. Cosa significa che è in equilibrio reddituale? Significa che ha un buon motore. Qual è l’obiettivo del telaio e del motore? Far correre il più velocemente possibile la vettura sulle sue quattro gomme. Le quattro gomme sono quindi
decisive per il conseguimento dell’obiettivo….debbono andare in temperatura il prima possibile…debbono deteriorarsi il più tardi possibile…diventa strategicamente importante quando sostituirle…. A cosa possiamo paragonare le gomme?....al più importante degli equilibri aziendali… all’equilibrio finanziario. Qual è il prospetto contabile che mostra la situazione finanziaria dell’impresa? È il rendiconto finanziario. Cosa dice il rendiconto finanziario di Delizia S.p.A. nelle parti basse? Delizia all’inizio dell’anno in oggetto ha Disponibilità liquide pari a 137 mila euro. E a fine anno? Le disponibilità liquide sono diventate 20.000 euro. Passando da 137 mila a 20 mila si è verificato un decremento di 117 mila euro. Sarebbe molto interessante sapere perché c’è stato un decremento di 117 mila euro? Ma come si fa? Semplice, basta risalire dalle parti basse alle parti alte del rendiconto finanziario.
L’attività di finanziamento ha assorbito liquidità per 1,4 milioni di euro. L’attività di investimento ha utilizzato liquidità per 800 mila euro. Se Delizia ha rimborsato i finanziamenti e ha investito abbastanza (2,2 milioni di utilizzi in totale), come ha fatto a diminuire la liquidità di soli 117 mila euro? Semplice, con la gestione reddituale che ha generato liquidità per 2,1 milioni di euro. Concludendo, Delizia gode di scarso equilibrio patrimoniale, buon equilibrio reddituale e finanziario. . . .Volendo continuare il paragone con la formula 1 ha un telaio così così, un motore che gira bene e delle gomme performanti. Questo è il giudizio che ne da’ un professionista, un direttore amministrativo, un direttore finanziario, un dottore commercialista. Vengo alla domanda imbarazzante, anche la banca da’ un giudizio altrettanto buono? Quanti si…. Quanti no…..
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Riformulo la domanda, dopo aver fornito un chiarimento. La Banca, quando dà un giudizio sul bilancio di un’impresa, un giudizio quantitativo, pensa sempre in maniera negativa. Considera la cosiddetta probabilità di default, ossia la probabilità che l’impresa salti, diventi insolvente nel corso di dodici mesi. Lo sappiamo tutti che, mentre la vita media degli esseri umani è aumentata in maniera significativa, la vita media delle imprese e degli artigiani si è drammaticamente accorciata. Ciò porta inevitabilmente la banca a considerare l’impresa come entità a rischio e il rischio è rappresentato dalla circostanza di non riuscire più a recuperare il capitale che le ha prestato e gli interessi che ne sono maturati. Ripeto la domanda. Il rischio relativo a Delizia, una banca lo considera basso o alto? Basso….. Alto….. La risposta esatta è basso. Evviva, Evviva, Evviva. DELIZIA, NOCI, LENOCI Come è riuscito il caseificio Delizia (dal 2010, prima si chiamava Caseificio D’Ambruo-
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so) a diventare molto di più di un’impresa con tutti gli equilibri a posto, come afferma un dottore commercialista, o con un profilo di rischio basso, come dice un addetto ai fidi? La risposta va ricercata, oltre che nel suo patrimonio tangibile, nel suo “meraviglioso patrimonio intangibile”. Delizia lavora esclusivamente latte crudo pugliese raccolto quotidianamente direttamente con i suoi mezzi, dagli allevamenti della Murgia barese e tarantina, che ha selezionato per qualità della loro produzione e per la ricchezza dei pascoli. Siamo di fronte al plurimenzionato Km 0, ma in chiave innovativa….Delizia non procede come un’azienda….Delizia si muove e si muoverà sempre di più come Distretto. Delizia prepara le cagliate manualmente. Il connubio fra la tradizione artigianale, grazie all’antico metodo di produzione mediante siero innesto, e l’utilizzo di moderne tecnologie per garantire il rispetto dei protocolli di certificazione, ha consentito a Delizia di conquistare una posizione prestigiosa nella produzione di mozzarelle, fior-
dilatte, burrate e altri prodotti caseari a marchio “Deliziosa”. Grazie a procedure computerizzate, Delizia è in grado di assicurare ai consumatori un prodotto lavorato e distribuito giornalmente da una moderna e capillare rete distributiva in grado di assicurare un’assoluta freschezza. Lo slogan di Delizia è “Dalla terra all’Uomo, dalla tradizione Pugliese alla tavole di tutto il Mondo”. Tutto il mondo….quale città nel 2015 ha avuto il mondo dentro? …Milano, grazie a EXPO 2015. Io, pugliese come voi, non so come sia riuscito a non cadere per terra quando ho letto, sul lato superiore dell’ingresso Cairoli della Metropolitana di Milano “Caciocavallo Deliziosa stagionato in grotta, un piacere tutto pugliese”. Sono sceso al Duomo e c’era la stessa scenografia….era dappertutto, in tutti gli ingressi della metropolitana milanese. Dovevo assolutamente conoscere questo team capeggiato da Giovanni D’Ambruoso che porta avanti Delizia…e così è stato…il 4 maggio 2015 è avvenuto l’incontro a TuttoFood
di Milano (ma io ero anche stato al Vinitaly di Verona, come può certificare e testimoniare il qui presente direttore di Slow Economy Saverio Buttiglione). Ebbene, mi ci sono volute 5 settimane per combinare il matrimonio tra il caciocavallo stagionato in grotta di Delizia e il Madrigale del Consorzio Produttori Vini di Manduria Non l’ho solo combinato quel matrimonio….l’ho anche celebrato il 13 giugno a Milano (ed in prima fila, tra gli invitati, c’era Cino Tortorella. autore e regista di decine di trasmissioni RAI e Mediaset ma sopratutto emerito giornalista enogastronomo che ama la Puglia).
16 giorni dopo, il 29 giugno 2015, Delizia è stata capace di qualcosa di incredibile. Nel pomeriggio ha affidato i suoi prodotti allo chef messicano Mario Espinosa, presso il meraviglioso padiglione del Messico a Milano EXPO2015 e, a cena, alla chef portoghese Elsa Viana ed allo chef stellato piemontese Walter Ferretto presso il Padiglione dell’Angola. Tanto per capirci, la cucina messicana è patrimonio dell’Unesco ...ma siamo noi che abbiamo spiegato a loro che l’origine della parola “formaggio” si deve ai Greci. L’etimologia deriva infatti dal greco formos che indicava il
paniere di vimini dove si poneva a riposare la cagliata, che ha poi dato origine al formaggio. Questo termine divenne in latino formaticum e poi formaggio in italiano e fromage in francese. In età romana, però, prima epoca d’oro del formaggio, era indicato come caseus da cui derivano gli italiani casaro e caseificio, oltre che il tedesco kase. Lo stesso termine “cacio” deriva dal caseus latino. Il 18 agosto 2015 ho visitato finalmente il laboratorio e le grotte di Delizia qui a Noci, vedendo di persona tante cose che avevo già intuito. In quella circostanza sono riuscito a convincere Giovanni D’Ambruoso a superare il tabù che attanaglia tante imprese del settore alimentare (sia pugliesi che nazionali, anche importantissime, molte di quelle che possono permettersi di partecipare alle Fiere di settore nel mondo): “la diffusione dei dati di bilancio”. MI AVVIO ALLE CONCLUSIONI Come ne veniamo fuori da un mondo in cui gli antichi valori sono andati giù, in cui il mare ha inghiottito le boe, sicure e galleggianti, cui attraccavamo le nostre imbarcazioni in pericolo? Un mondo che ci appare pieno di paure, come facciamo a non perdere i risparmi di una vita a causa di un investimento sbagliato, non potendo nemmeno ottenere una pensione decente, e perciò come si fa a reperire le risorse per comprare o prendere in affitto una casa, trovare una banca che prenda in seria considerazione un progetto imprenditoriale e
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lo finanzi? La risposta, come ha indicato un maestro–testimone, vescovo–poeta, profeta–prossimo Santo, don Tonino Bello, è che non basta più enunciare la SPERANZA: occorre ORGANIZZARLA ! La risposta è che occorre far pervenire tanti messaggi di coraggio e operatività ai giovani capaci di dar vita ad attività imprenditoriali, vale a dire alla punta più avanzata di organizzatori della speranza, per sé e per gli altri. Chi sono i giovani? Sono le persone capaci di coltivare degli ideali per i quali valga la spesa battersi, a prescindere dal numero degli anni vissuti. Chi è l’imprenditore? È una persona che – sapendo, e poi sapendo fare ed infine facendo sapere – è capace di creare valore aggiunto, tanto valore ag-
giunto, vedendo quasi sempre il bicchiere mezzo pieno anche nei momenti bui. La più bella definizione di attività imprenditoriale. . . . di sempre, l’ha data ….Papa Francesco: “L’attività imprenditoriale è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti. L’attività imprenditoriale può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”. (Cfr. “Laudato si’ “ 129 di Bergoglio, Papa Francesco). CONCLUSIONE Il prodotto “formaggio” ha conosciuto brutti momenti, quando con il boom economico a fine anni cinquanta veniva
prodotto in tanti casi con latte pastorizzato. In quegli anni, purtroppo, i sapori si sono omologati, i profumi diventati quasi inesistenti, la ristorazione non aveva più nulla a che fare con il formaggio e, come se non bastasse, pure la medicina considerava il formaggio un problema per la salute. Oggi invece le cose sono cambiate: la ristorazione è sempre più alla ricerca di formaggi di qualità, connotati di identità, testimoni del territorio di appartenenza e delle biodiversità C’è un solo modo per esprimere questo concetto al meglio ed è quello di ricorrere ad una poesia, ovviamente nel dialetto di questa terra ricca di masserie e allevamenti di mucche, nel dialetto di NOCI:
Muzzarĕddẹ de Nŏuscẹ (di Giovanni Nardelli) Jẹ’ ca sŏntẹ sciùcaróulẹ vŏgghjẹ dẹscẹrẹ dò paróulẹ, sòp’a mŏzzarĕddẹ dẹ Nóuscẹ ca tanta piacère a mè m’annóuscẹ. “Muzzarĕddẹ bẹrafattẹ, c’agnẹ rịgghjẹ jẹ’ t’accattẹ, bianca bianchẹ bĕdda lucĕntẹ, tŭ mẹ tinẹ u córẹ cuntĕntẹ. Te sẹntẹ mŏrbẹdẹ e succóusẹ m’addẹfrišchẹ tŭttẹ i móusẹ, nu mùzzẹchẹ tẹ stóc’azzĕcchẹ póurẹ u ‘nzẹddẹ tẹ stóc’allĕcchẹ. Bĕdda tŏnnẹ ‘ssẹ’ pẹrfĕttẹ sòpẹ a tawulẹ ‘ssẹ bẹnẹrĕttẹ. Fióurẹ dẹ lattẹ fióurẹ dẹ pannẹ tŭttẹ quantẹ tẹ vònẹ acchiannẹ, sijẹ lẹ jrannẹ ca lẹ pẹccẹnnẹ tŭ accuntintẹ tŭttẹ u mŭnnẹ.
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“La bocca non serve solo per respirare e mangiare, ma è anche un importante organo di comunicazione, pertanto non stupisce che, denti bianchi, splendenti e regolari, sono riconosciuti come un segno di vitalità e di salute del corpo; inoltre, un sorriso accattivante influenza in modo decisivo la fiducia in se stessi.
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di Saverio Buttiglione
Ricordi
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Dieci anni con Cino Tortorella
E
ro nella nuova Fiera di Milano alla BIT 2007 con tutta la mia troupe televisiva davanti al padiglione della Puglia, che quell’anno era il più grande della Borsa Internazionale del Turismo, costruito addirittura su 2 piani. Mentre la mia inviata stava intervistando Albano, il presentatore barese Antonio Stornaiolo mi chiese il microfono per chiedere di persona cosa ne pensasse di questa regione ad un signore coi capelli bianchi che era con lui, lo riconobbi come il Mago Zurlì dello Zecchino d’Oro. La puntata faceva parte della serie settimanale “Spazio Puglia: I Protagonisti”, che ho mandato in onda per 4 anni su Teleregione, per poi passare a Telenorba ed infine ad Antenna Sud, con un breve intervallo su Mediaset, ed aveva l’obbiettivo di far conoscere le eccellenze agroalimentari, del tessile/ abbigliamento e del turismo di questa regione, da sempre
considerata la Porta d’Oriente dell’Europa, indagando tutta la filiera, dalle materie prime al prodotto finito, con missioni nelle fiere internazionali nelle quali esponevano. Cino Tortorella era affascinato da questo modo di fare televisione, anche perché mi disse di essere pure un giornalista enogastronomo ed ogni puntata si chiudeva con il piatto della settimana preparata a turno dai più importanti chefs del Tacco d’Italia, quando ancora non c’era l’attuale inflazione di trasmissioni TV sulla cucina, e siccome amava le Puglie (come diceva lui), mi dette appuntamento di lì
ad una settimana a Bari. Intanto davanti le nostre telecamere aveva detto che lui, nato al confine con la Francia, a Ventimiglia, aveva origini lucane di Maratea, perciò si sentiva meridionale nello spirito e le puglie non offrivano solo mare e trulli, ma anche masserie, castelli federiciani, cattedrali, insomma attrattori turistici che evidentemente noi non sapevamo enfatizzare abbastanza per dare valore aggiunto ad un turismo che andava assolutamente destagionalizzato portando benefici economici tutto l’anno (in dieci anni i suoi consigli sono stati ampiamente recepiti, a cominciare dalle istituzioni preposte che lo hanno costantemente invitato nella redazione dei piani di marketing). Chiuse l’intervista dichiarando la cucina pugliese la migliore del mondo (mentre lo ascoltavo
non sapevo della sua grande competenza in materia, per me era solo il noto Mago Zurlì, solo in seguito, quando lo accompagnai dallo chef di Conversano Nicola Savino, che tornando da Dallas dove aveva lasciato la gestione del suo ristorante al fratello, ne capii l’importanza. Savino, poco propenso a facili commozioni essendo abituato a frequentare personaggi famosi, avendo servito a Dallas petrolieri e professionisti, ma pure il Presidente USA George Bush, così come aveva cucinato le polpette pugliesi a Frank Sinatra, ed era corteggiato dall’attore Christofer Lambert per aprire insieme un ristorante in Francia, ebbe gli occhi lucidi alla vista di Cino perché conservava tutti i numeri della rivista patinata “Gran Gourmet” che Tortorella (aveva sempre creduto fosse un omonimo) aveva diretto per anni. Da quel giorno almeno due volte al mese Cino cominciò a venire in Puglia, per parlare con me dei progetti che intendeva realizzare in questa regione, e tranne poche volte nelle quali, a 80 anni suonati, arrivava da solo in auto da Milano, andavo
a prenderlo in aeroporto e lo portavo agli incontri che aveva programmato, spesso pranzavamo o cenavamo soli, e pian piano nacque un feeling grazie al quale incominciammo anche a scambiarci confidenze personali. Incominciai a chiamarlo padre putativo, si arrabbiava ed accettava solo il ruolo di maestro di professione, ma infine mi sono accorto che è stato soprattutto maestro di vita e che siamo diventati ottimi, rari, grandi amici. Se devo sintetizzare la start up della sua incredibile vita, sono 2 i momenti che hanno dato inizio alla sua doppia carriera, quella di attore/autore/regista e quella di giornalista enogastronomo.
Felice Tortorella è nato a Ventimiglia a pochi metri dal confine francese che perciò è stata la sua 2a lingua naturale, dai genitori che lì s’erano trasferiti da Maratea sulla costa lucana, ma rimase subito orfano di padre e poi perse anche la sua unica sorellina, nonostante ciò la mamma lo allevò al meglio e finite le superiori lo invitò a scegliere tra l’università di Torino e quella di Milano. Cino scelse la facoltà di giurisprudenza a Milano perché durante le vacanze estive s’era invaghito di una fanciulla meneghina. Arrivato nel capoluogo lombardo partecipò anche ai test di ammissione, insieme ad altri 1.000 concorrenti, ai corsi per 10 studenti che Giorgio Strelher aveva indetto per entrare nell’accademia del Piccolo Teatro, e ci riuscì. Entrò ben presto nella più importante compagnia teatrale che, diretta da Alberto Lupo nelle vesti di attore principale, veniva accolta nelle sue tournee a Parigi nella stessa maniera entusiasta con la quale oggi vengono accolti negli stadi le stars della musica pop. Gustoso è il ricordo che Cino m’ha raccontato di quando, avendo lui giovine attore una
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piccola parte iniziale, uscì dal teatro parigino con un collega molto prima che terminasse lo spettacolo, e fuori trovarono una splendida ragazza che attendeva Alberto Lupo avendo con lui un appuntamento. Solo Cino sapeva parlare francese e perciò le disse che Lupo aveva altri impegni ed era già andato via, offrendosi di accompagnarla in un caffè di Montmartre. La ragazza accettò comunque di buon grado perché Cino era un bel ragazzo, alto ed affascinante nella sua eleganza e gentilezza, per cui salutarono l’amico ed andarono a spasso per la città. Nacque un’irresistibile attrazione fatale, perciò si misero alla ricerca di un albergo per stare insieme anche la notte, ma non riuscendo a trovare proprio nessuna stanza libera, andarono a finire nella stanza che Cino condivideva col collega della compagnia, nello stesso albergo dov’erano tutti, Alberto Lupo compreso, che la mattina, avvisato della cosa dalla spiata dell’attore sfrattato a dormire sul divano della hall, irruppe nella stanza rimando a bocca aperta
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nel trovarli insieme a letto. Nei mesi successivi Cino si specializzò nella scrittura di pezzi teatrali e nella regìa, fino ad arrivare a portare in scena, proprio al Piccolo di Strelher, una commedia intitolata “Zurlì, mago lì per lì”. Una sera fra gli spettatori c’era un giovanissimo funzionario della RAI, Umberto Eco, che piacevolmente sorpreso, fece chiamare l’autore/regista della piece, e chiese a Tortorella se avesse voglia di farne una trasposizione televisiva, che sarebbe andata in onda sull’allora unica rete TV per 4 giovedì, a partire dal primo giorno in cui la
RAI avrebbe trasmesso anche da Roma in giù, e quindi su tutto il territorio nazionale, e per questo l’avrebbe dovuta chiamare “Zurlì, il mago del giovedì”. Cino accettò ma, il grande attore Dettori che interpretava Zurlì (passato alla storia come il miglior interprete dell’Arlecchino di Goldoni) non era molto d’accordo anche perché non si sentiva tanto bene in salute in quel periodo. Tortorella allora organizzò un casting per scegliere il sostituto ma non era soddisfatto di nessuno, per cui tutta la troupe lo convinse ad indossare personalmente i panni del Mago, tanto era solo per 4 puntate !!! Lo fece e fu un successo straordinario, indimenticato anche dai suoi amici frati dell’Antoniano di Bologna, ai quali aveva appena regalato uno spettacolo canoro per bambini, ispirato a Pinocchio, che lui aveva ideato per il Salone del Bimbo (una settimana dedicata al mondo dei bambini, dai giocattoli agli abiti, che Fiere di Milano aveva organizzato nel 1957) e che dopo esser andato addirittura
in televisione per due anni era stato sospeso per mancanza di fondi da parte dell’Ente Fiere di Milano. Questo spettacolo, i cui diritti furono subito registrati con brevetto dai frati, che ebbero perciò anche i contributi dalla RAI per costruire a Bologna un loro studio televisivo, si chiamava “Lo Zecchino d’Oro”. Per ringraziare Cino di tanta generosità i frati lo invitarono perciò a condurlo lui stesso, ma proprio nelle vesti del personaggio “Mago Zurlì”, con tanto di tutina e mantello azzurro, così come l’avevano visto in TV, e chiesero alla signora Maria Perego di inventare un pupazzo di grande simpatia ed empatia coi bimbi, da affiancargli. Nacque Topo Gigio, e Cino inventò allora anche il personaggio di “Richetto”, un adulto vestito con grembiulino e calzoncini corti, che nella trasmissione faceva il ruolo del discolo (anni dopo nacque al cinema il “Pierino” interpretato da Alvaro Vitali), e chiamò ad interpretarlo un attore siciliano trapiantato a Milano, Peppino Mazzullo, che visto che c’era ed era abilissimo, dette pure la voce ufficiale a Topo Gigio (anche quando Gigio è sbarcato nelle TV di tutto il mondo, diventando il pupazzo più famoso tuttora, molte volte ospitato nel talk show americano Ed Sullivan Show, dove persino i presidenti degli USA e le stars del cinema fanno a gara per esser invitati e sbeffeggiati dal noto conduttore, Mazzullo gli ha dato voce nelle varie lingue straniere). Cino Tortorella ha condotto lo Zecchino d’Oro, che è l’unica trasmissione TV dichiarata
dall’UNESCO “patrimonio immateriale dell’umanità”, per ben 50 anni (gli ultimi vestito “in borghese) e perciò è citato nel libro del Guinness dei Primati, uno dei pochi records che non potranno mai esser superati, nemmeno nei nuovi media, vista l’obsolescenza precoce che insidia le nuove stars popolari, che a grandi successi globali vanno incontro a repentine sostituzioni con nuovi talenti emergenti. Cino ha pertanto portata ricamata addosso l’etichetta di “Mago Zurl’ “ fino all’ultimo giorno della sua vita, a volte sconfortato da questo perché
quasi nessuno nell’incontrarlo sapeva che lui è stato anche, e soprattutto, autore e regista di decine di trasmissioni RAI e Mediaset, basti per tutte citare “Chissà chi lo sa” condotta dal maestro Febo Conti, antesignana dei moderni quiz TV di successo, a cominciare da quelli del suo grande amico Mike Bongiorno che ne aveva fatto la sua specialità, oppure “il Sabato del Villaggio” che cominciò a condurre passando poi il testimone a Davide Mengacci. Io gli dicevo che era a buon titolo il “Padre della Televisione Italiana” e lui ironicamente mi rispondeva che non c’erano padri ma 2 mamme, due uccelline, mamma e figlia a loro volta: Tortora e Tortorella !! Infatti fu con Enzo Tortora, che con un altro volatile diventato famoso, il pappagallo, conduceva in RAI “Portobello”, che Cino Tortorella creò la più importante televisione privata, Antenna3 Lombardia, nella quale innestarono la prima e tuttora unica scuola televisiva per cameramen, datori luci, montatori e registi. Quando il costruttore edile Silvio Berlusconi volle cimentarsi
Cino Tortorella in compagnia della figlia Chiara
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con la TV fu proprio lì che mandò il suo amico di sempre Fedele Confalonieri (col quale da ragazzi suonavano e cantavano nei piano bar delle navi da crociera) a prendere 30 professionisti che assunse per costruire Canale5. Per inciso il numero 5 veniva dal civico di via Arquati dove Berlusconi aveva costruito la sua prima palazzina, investendo il denaro della liquidazione pensionistica che gli aveva dato suo padre funzionario di banca, e fu proprio Richetto/TopoGigio/Peppino Mazzullo che acquistò il primo appartamento. Fu proprio ad Antenna3 Lombardia che un’infausto giorno Cino vide arrivare i carabinieri per arrestare Enzo Tortora con l’accusa di spaccio di droga, una falsità messa in piedi da persone maligne ed invidiose dalla quali Enzo fu ampiamente scagionato coi lunghissimi tempi della giustizia italiana, dopo aver avuto la vita distrutta per sempre. Cino mi raccontò di quel giorno e dei suoi inutili tentativi di dire ai carabinieri che certamente c’era uno sbaglio, probabilmen-
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te di omonimia, che lui ne era certissimo perché conosceva e frequentava Tortora come e più di un fratello, cosa che ripetette davanti ai magistrati quando fu chiamato a deporre, inutilmente, perché Tortora restò in galera per molto tempo !! Cino era sempre elegantemente ironico ed autoironico, lo paragonavo a quel gigante di ironia di Raimondo Vianello, ma nelle sue confidenze in questi anni sono emerse 3 cicatrici che lo rabbuiavano quando me ne parlò. La prima riguardava un cosiddetto scoop che fece “Striscia la Notizia” circa un suo presunto coinvolgimento nella vendita di enciclopedie quale contropartita alla partecipazione nelle puntate del-
lo Zecchino d’Oro, ventilando pure il sospetto che i vincitori si conoscevano ben prima della votazione delle giurie. Cino, ingoiò amaramente questa calunnia e da gran maestro di comunicazione qual’era preparò a tal proposito un contro scoop, con telecamere nascoste, nelle quali si evidenziava bene ch’era tutto regolare e che quella di striscia era stata tutta una montatura per fare audience. Ricci, che pure s’era sempre professato “amico” di Cino (come faceva qualunque personaggio famoso in ogni campo lo incontrasse) la prese addirittura a male, ma sono personalmente testimone che le cose sono andate proprio come m’ha raccontato Cino. Infatti in una delle sue venute in Puglia, Telenorba mi chiese di portarlo nei loro studi per intervistarlo a riguardo del suo grande progetto che insieme realizzammo a Bari sulla “denatalità in Italia”, quello che lui aveva chia-
mato l’Anno della Cicogna, che il sindaco Michele Emiliano volle adottare, con un convegno sul Comune al quale Cino chiamò a partecipare eminenti personalità del giornalismo, della cultura e della scienza da ogni parte d’Italia, culminato poi in giochi di piazza (ben 3 strade e 4 piazze chiuse al traffico e dedicate a clown, artisti di strada, mongolfiere, concerti dei bambini dello Zecchino d’Oro e della trasmissione di Gerry Scotti “Io Canto”, una parata di centinaia di bambini di Manfredonia vestiti coi loro tipici abiti di carnevale fatti di carta, due dirette per i TG nazionali per le quali il mio staff di produzione TV dovette superarsi in abilità professionale perché le connessioni sul Comune di Bari, che ci erano state garantite, all’ultimo momento erano saltate). Mentre Cino si stava preparando all’intervista mi avvicinò il più antico inviato di Striscia la Notizia, il noto attore barese Mingo, per chiedermi di approfittare dell’occasione e di intervenire convincendo Cino ad accettare le sue scuse per quel falso scoop di anni addietro, cosa
che feci nonostante Cino fosse riluttante e non volesse incontrarlo. La seconda ferita riguardava gli anni precedenti alla mia conoscenza di Cino nei quali la Edisud proprietaria della “Gazzetta del Mezzogiorno” e dell’emittente regionale Antenna Sud l’aveva chiamato nelle vesti di direttore artistico di quest’ultima. Cino si era prodigato a portare innovazione e idee geniali, pur con budget ridicoli, ma era stato tutto un flop e la proprietà aveva deciso di vendere, come accadde, la TV. Come immancabilmente accade in questi casi sempre e dovunque, la persona più gentile, onesta e laboriosa, specie se vive fuori zona (Milano appunto) diventa il candidato ideale per fare da capro espiatorio al
quale addossare tutte le colpe e responsabilità, infatti tutto fu addebitato alla “inadeguatezza di Tortorella”, la qual cosa mi turbava non poco quando me lo dicevano in sua assenza. Col tempo ed ascoltando i testimoni di quel periodo ad AntennaSud, ho potuto infatti accertare che il disastro era stato causato da un paio di managers, dei quali preferisco omettere i nomi, che avevano compiuto spese faraoniche per loro personali progetti, mettendo in ombra le genialità portate invece da Cino, salvo poi, a dissesto avvenuto, addossare proprio a lui ogni decisione, a lui che non fu nemmeno retribuito per l’ultimo anno di lavoro svolto ! L’ultima ferita era intima e riguardava l’incontro casuale che aveva fatto qualche anno fa con una sua fidanzata di gioventù, la grande attrice Monica Vitti, da poco aggredita da una malattia degenerativa simile all’Alzheimer, perché non lo riconobbe, e quando me l’ha raccontato pochi mesi fa l’ho visto in uno dei suoi veramente rari momenti di tristezza. Ma era felice ogni volta che parlava dei suoi figli, il maggiore, Davide, che era stato pure il “notaio” alla “Ruota della Fortuna” di Mike Bongiorno, il secondo, Guido, che si fa onore a Roma
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come regista di cinema e l’ha reso nonno, ma soprattutto le figlie femmine, a cominciare da Chiara, che lui mi diceva essere simile a lui in tutto, famosa conduttrice della trasmissione Top of the Pops, nonché modella e record woman di paracadutismo da quote elevate (Cino era appunto alpino paracadutista), per finire alla “piccola” Lucia, ora all’Università ma anche specializzata in clowneria. Mi fece ridere, ma anche capire quale fosse il suo carattere liberale, quando mi raccontò del giorno in cui tornò a casa da una lunga tournèe teatrale e la moglie gli comunicò che l’adolescente Chiara, al ritorno da scuola, doveva chiedergli una cosa: a pranzo gli chiese il permesso di fare un pearcing. Cino che non era affatto d’accordo, invece di sgridarla o vietarglielo, riprese la valigia e, per tutta risposta, uscì di casa per ritornare solo 2 giorni dopo ! La carriera di esperto giornalista enogastronomo cominciò invece così. Giovane attore si recò a Roma perché a quei tempi era a Cinecittà che si facevano i films importanti, ed ebbe la fortuna di conoscere il grande attore Aldo Fabrizi, che
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lo portò a parlare in un bar di via Veneto. Dopo averne ascoltato i consigli, Cino si alzò per salutare ed andar via, e Fabrizi gli chiese dove stesse andando.
Lui, che non voleva disturbare oltre, rispose che sarebbe andato a cercare un posto dove mangiare. Allora Fabrizi lo fece risiedere e lo invitò a pranzare con lui lì in via Veneto, aggiungendo in romanesco (solo Cino era capace di raccontarlo in maniera esilarante): “… perché ricorda che noi attori, con la vita che facciamo sballottati dovunque in anonimi alberghi, o mangiamo bene o moriamo presto”. Da allora Cino cominciò a gustare più che mangiare, diventando espertissimo di ogni fi-
liera dell’agroalimentare. Un altro mito del giornalismo, anche televisivo, che lo influenzò, fu lo scrittore Luigi Veronelli. Un giorno lo passò a prendere da casa a Milano e gli disse di salire in auto con lui, senza dirgli la meta lo portò al porto di Monopoli in Puglia, dove aveva convocato la stampa ed avvertito i carabinieri di bloccare una nave cisterna che arrivava dall’estero con Olio Extra Vergine D’Oliva “taroccato”. Fece arrivare il famoso pane da Altamura e vi versò il vero Olio pugliese, distribuendolo a tutti i presenti, forze dell’ordine incluse. Cino mi disse che incredibilmente non ne parlò nessun giornale o televisione pugliese, e solamente dopo che lo scrisse il New York Times (mi ha fatto vedere l’articolo) aggiungendovi che questo traffico produce profitti illegali pari a quelli derivanti dal traffico di cocaina, in Italia solo La Repubblica ne riportò la notizia. Da allora Cino ha sempre condotto una personale campagna per rivalutare l’Olio pugliese, ritenendo che fosse svenduto alle grandi aziende del nord come nel secolo scorso si fa-
ceva col vino che andava a tagliare (leggi migliorare) perfino i grandi vini di Bordeaux, e si arrabbiava veramente quando trovava olio venduto a 3 euro, un prezzo che non copre nemmeno il costo del mantenimento dei famosi ulivi secolari ed il lavoro dei successivi frantoi. Due episodi sono significativi di questo suo impegno, la volta che insieme in un ristorante pugliese si è alzato di scatto invitandomi ad andare altrove quando sul tavolo ha trovato un’impresentabile olio anonimo, rilevando come per esempio ogni ristorante del Lago di Garda espone orgogliosamente il proprio olio ai suoi commensali, e la volta che mi ha chiamato al telefono alle 22.00. Ero già in pigiama e lui m’ha chiesto di raggiungerlo a Trani, dove aveva riunito una decina di produttori d’olio. Arrivato lì già stanco di quei 100 chilometri serali dopo una giornata di lavoro, ho scoperto che lui, già ben oltre gli ottant’anni, da solo in auto era arrivato da Milano, passando prima da Gardland per un consiglio che gli aveva chiesto l’amico Claudio Mazzoli, l’architetto che lì vi costruisce le note attrazioni, e poi dall’Antoniano di Bologna …. a pranzo, ed ora era a Trani per cena !
Pochi mesi fa Cino, col supporto della ADI Associazione Dentisti Italiani, ha avuto finalmente il piacere di vedere pubblicare un libro al quale teneva molto, “Regalati un sorriso a tavola”, nel quale aveva coinvolto i ristoranti, da lui personalmente recensiti, dei più grandi chefs italiani, da Carlo Cracco al suo carissimo amico Gualtiero Marchesi, che nell’occasione gli aveva regalato, in anteprima, una sua nuova pasta. Poche settimane fa Cino mi ha invitato a dormire da lui a casa sua evitandomi di andare in albergo e l’ha cucinata apposta per me. Mi ha detto che sarebbe venuto al più presto in Puglia, invitandomi a parlare con le autorità regionali, perché è in questa regione che voleva realizzare il suo film contro l’obesità infantile. Al copione aveva concorso anche Michelle, la moglie del Presidente USA Barack Obama, in occasione della sua vi-
sta a MilanoEXPO2015, e molti nomi famosi dello spettacolo, da Albano a Gerry Scotti, si erano detti pronti a parteciparvi. Io dal canto mio ne avevo parlato ai pugliesi Luca Medici (Checco Zalone) e Riccardo Scamarcio, ma soprattutto ero andato a portare il copione a Mediaset, convincendoli a farne una serie TV piuttosto che un film per le sale cinematografiche. Questo era Cino, un mito, basti pensare che nemmeno il sindaco di Bari (dove risiedono le spoglie del santo Nicola, venerato anche e soprattutto nei Paesi dell’est dai cristiani ortodossi, ma pure nel Nord Europa, dov’è stato trasfigurato persino in Babbo Natale, grazie ai suoi famosi miracoli a favore dei bambini) Michele Emiliano era a conoscenza che c’è un protocollo, firmato tanti anni fa, di gemellaggio con la città di Rovaniemi, dov’è costruita, fra i ghiacci, la casa ufficiale di Babbo Natale, e dove arrivano ogni anno le lettere dei bambini di tutto il mondo. Cino lo sa bene perché fu lui ad andare lì con un cameramen RAI (quello più resistente al grande freddo artico) per filmare per
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primo questa favolosa residenza. Fu sempre lui il primo a recarsi in Cina per conto della RAI per filmare la famosa “Opera di Pechino” che impiega centinaia di ballerini, attori e cantanti. Mi ha raccontato che erano i tempi nei quali non c’era nessuna apertura nei confronti del mercato e delle culture straniere, erano i tempi nei quali in Cina il comunismo era reale, ma lui, forse perché insignito dell’onoreficenza di ambasciatore Unicef, fu accolto dalle autorità come un capo di stato. Fu portato a pranzo con una tavola rotonda a due cerchi concentrici, dove quello interno ruotava distribuendo le portate, tuttavia gli fu detto che sarebbero potuti andare a teatro alle 15. Ma alle 14 erano ancora tutti intenti a mangiare e Cino si stava agitando perché non voleva perdere l’inizio dello spettacolo, ma gli dissero di star calmo e tranquillo perché era tutto sotto controllo. Arrivarono infatti alle 15,15 ma entrando Cino s’accorse che il teatro era completamente vuoto, gli dissero di sedersi e lui pensò ad uno scherzo di cattivo gusto. Invece di alzò il sipario e cominciò l’Opera di Pechino, unico spettatore Cino Tortorella. Dopo una mezz’ora gli chie-
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sero se fosse di suo gradimento, ed allora fermarono tutto, fecero entrare 2 cameramen e ricominciò lo spettacolo per esser ripreso televisivamente. Non posso che chiudere il ricordo di questo giovanissimo vecchio UOMO, che per me è stato un Amico della cui amicizia sarò sempre onorato, uno di quei vecchi che quando scompaiono in Giappone piangono per giorni disperandosi come se fosse capitato un incendio ad una grande biblioteca, un fratello che quando andavo a
prendere all’aeroporto di Bari per portarlo ad alcune sue creature pugliesi come lo spettacolo “Ducato d’Oro” a Gravina, oppure al “Festival dei biricchini” nel carnevale di Putignano, oppure ancora da Albano (il primo a firmare), Lino Banfi, e Renzo Arbore per creare l’Associazione culturale VIP (Very Important Pugliesi, dai lui ideata, dopo avermi fatto notare che Domenico Modugno era di Polignano a Mare, Adriano Celentano di Conversano, Teo Teocoli di Bari, Valter Chiari di Andria, per esempio), o ancora per portarlo dal rettore dell’Università di Bari Corrado Petrocelli che voleva fargli fare un’accademia televisiva nel college CIASU fra gli ulivi della Selva di Fasano, non vedevo l’ora di vederlo spuntare agli arrivi dell’aeroporto con la sua borsa da palestra invece che col consueto trolley. Bisogna senz’altro parlare anche del suo viaggio nell’aldilà, andata e ritorno. Una mattina ricevetti una telefonata dal suo cellulare mentre ero in Puglia a Putignano e mi parlava una voce femminile che si presentò come medico del 118, dicendomi che all’uscita da un supermercato milanese, il proprietario del cellulare dal quale mi chiamava, un signore anziano coi capelli bianchi, era svenuto ed ora era disteso sul marciapiede, ed il mio era il primo numero in agenda che aveva trovato. Dissi alla dottoressa di guardarlo bene in volto perché si trattava di Mago Zurlì, al secolo Cino Tortorella, e chiesi a quale ospedale stessero per portarlo, e che avrei avvisato subito
la figlia Chiara, cosa che feci immediatamente. Cino aveva avuto un infarto, pare che il suo cuore si fosse fermato per molto tempo, ed era pure andato in coma. Ma poi, per fortuna, o per magia, o per fede, si è risvegliato ed ha raccontato di aver fatto e vissuto un viaggio nel quale c’era un tunnel di luce in fondo al quale aveva incontrato sua mamma e Mariele Ventre, la indimenticata direttrice del Coro dell’Antoniano di Bologna. Ne ha scritto un libro, l’ha invitato Barbara d’Urso in TV a parlarne. Di seguito m’ha telefonato un signore qualificandosi come il segretario di Maurizio Costanzo che voleva anche lui in TV Cino per parlare ancora di questo argomento. Ho convinto Cino, che non voleva ancora a raccontare solo questa cosa, perché gli sarebbe piaciuto parlar anche d’altro, ma visto che son queste le cose che fanno alti indici di gradimento televisivo, per scherzare gli ho detto di dire di aver visto e parlato anche con 2 angeli coi riccioli biondi, come quelli dello spot del caffè Lavazza interpretati da Maurizio Crozza … così sarebbero stati tutti più contenti. Lui si è messo a ridere ma mi ha detto che non avrebbe potuto dirlo perché non era vero. Grande Cino, onesto fino alla fine, e fino alla fine m’ha sempre e costantemente ripetuto che è importante vivere ogni giorno ogni attimo possibile con le persone che più ci sono care, perché il tempo non ritorna e .. non aspetta. Quando abbiamo pranzato insieme l’ultima volta al ristorante, come al solito
dopo esser stato riconosciuto e dopo essersi sottoposto alle foto ricordo ed agli autografi di rito, immancabilmente ho sentito fargli la stessa identica domanda che gli fanno da anni: “ma quanti anni ha?”. E lui immancabilmente ha risposto con la stessa identica risposta: “mi spiace, non ne ho più, sono finiti”. Ora che son finiti davvero, caro Cino, i tuoi anni che non finiranno saranno quelli che serberemo nei ricordi tutti noi, tutti quelli che ti hanno voluto bene. Son certo che se c’è un aldilà stai pure lì a proporre idee e progetti, instancabilmente …
naturalmente dopo aver pranzato a base di peperoncino (veniva chiamato ogni anno come testimonial al festival del peperoncino calabrese) e finendo con l’immancabile grappa (di cui era il massimo esperto mondiale, fu lui a convincere, insieme a Veronelli, la signora Nonino ad imbottigliarla per prima in Italia). Grande Cino, Grazie per tutto quello che mi hai regalato. Ad un mese dalla scomparsa di Cino Tortorella, ho avuto finalmente la forza di scrivere questo articolo su di lui, e nel cercare il suo libro a cui teneva tanto “Pietro Paolo da Pioppi sul Po inventore della P” ho riletto la sua dedica che non ricordavo più - “A Saverio caduto da un pianeta dove quando si dice “buongiorno” vuol dire davvero “buongiorno” Felice di averlo conosciuto. Cino Tortorella. La commozione è stata enorme, non riesco ancora a credere che non mi arrivino più le sue telefonate quasi quotidiane ... quel pianeta della correttezza da dove dice io sia caduto è proprio quello dov’è ora lui, un gentiluomo di cui s’è perso lo stampo!
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Punti di distribuzione Bruxelles • Petit rue au beurre, 12 - Ristorante “La Capannina” a due piani nel centro storico, strada che immette nella fantastica “Grand Place” della città belga sede del Parlamento Europeo, con cucina italiana rivisitata al gusto francese e clientela internazionale, primo ristorante italiano in città fondato 50 anni fa da una giovanissima e tenace Anna Bianco emigrante da Noci in Puglia.
Dublino • 208 Lower Rarhmines Road, Dublin 6 - ristorante pizzeria “Il Manifesto”. Infotel: 353 1 496 8096 - m a n i f e s t o r e s t a u r a n t @ gmail.com - www. manifestorestaurant.ie - In Irlanda una vera pizza napoletana, fatta da Salvatore di Salerno che, se è in vena, fa pure il giocoliere con l’impasto, è un miraggio che pure in Italia sarebbe raro.
• Lower Ormonde Quay, Dublin 1 - ristorante pizzeria “Bar Italia”. Infotel: 353 1 874 1000 info@baritalia.ie www. baritalia.ie. Fa onore alla cucina italiana nel mondo, ottimi primi, ottima piz-
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za, squisita la frittura di calamari e gamberi.
ogni stanza dedicata ad un paese del mondo che produce cioccolata, un museo incredibile. Milano • Ristorante l’”Osteria dei Pirati” - via Fogazzaro, 9 del noto presentatore TV Marco Predolin che offre fantastici menù a base di pesce con musica dal vivo
• Upper Merrion Street, Dublin 2 - “Merrion Hotel” - www.merrionhotel.com. Nel centro storico si nota l’eleganza già dal portale d’ingresso, di fronte al palazzo di governo irlandese. Creato dalla fusione di 4 antiche case in stile georgiano si sviluppa attorno a 2 giardini del XVIII secolo.
Torino • via Santa Chiara, 54 - Ristorante “Asian Fusion”. infotel: 338 8194846. Nel quadrilatero romano non lontano dalla Mole Antoneliana ottime cucine tipiche malese, cinese, giapponese ed Italiana, con pietanze fedeli alle tradizioni ed ai gusti originali, crocevia culinario tra oriente ed occidente. Cuneo • Santuario di Vicoforte - Ristorante albergo “CioccoLocanda” - via F. Gallo,19. infotel: 0174 563312. Website: www.cioccolocanda.it. Del grande artigiano della cioccolata Silvio Bessone
• Residence “Abbadesse Resort” - via Oldofredi e via Abbadesse antico monastero fra i grattacieli del nuovo Quartiere della Moda, Isola di Porta Nuova, magistralmente gestito dal proprietario ing. Antonio Savia.
“Pola Residence” - via Pola Milano. Di fronte al nuovo grattacielo sede della Regione Lombardia, al centro del nuovo quartiere della moda meneghina, e vicino alla Stazione Centrale
Camisano Vicentino (VI) • Ristorante Locanda “Alla Torre da Zemin” - via Torerossa, 39/41 locale n.407 zona 4est infotel: 049 9065621. Nella torre di avvistamento del 1270 sul confine Vicenza/Padova, nei due piani della locanda un incredibile Gianfranco Zemin propone una cucina solo con prodotti di stagione e ingredienti del territorio, dalla “piramide di tartare di tonno su battuta di mango e avocado con salsa di limoni caramellati” alla “suprema di faraona”, indimenticabili i suoi risotti. Se lo si prega Gianfranco, forse, racconterà la storia di Occhi d’Oro e del cavaliere misterioso. Padova • “Q Bar” - vicolo dei Dotto, 3 infotel: 049 8751680. Nella centralissima piazza Insurrezione è elegantissima meta della movida chic padovana e ritrovo dei calciatori del Padova calcio. Dinner&Dance, cucina mediterranea e sofisticata musica live • “Osteria Barabba” - via Vicenza, 47. Marco offre la cucina delle osterie venete in un lounge space, a cominciare dall’ora dell’aperitivo, memorabile quello del mercoledì con ricco buffet, ottimo winebar infotel: 049 8716845 Parma • Ristorante “ I Tri Siochett” strada Farnese, 74/a. Squisiti “tortelli all’erbetta” piatto tipico parmense (grandi ravioli ripieni di spinaci annegati in burro fuso con Parmigiano) e torta fritta (detta anche “gnocchi fritti” nel modenese e nel reggiano, di origine longobarda, semplici sfoglie di pasta per pane fritte in olio che si gonfiano come pan-
zerottini vuoti all’interno) ottima per accompagnare il salame di Felino, il culatello di Zibello ed il prosciutto di Parma, oppure il Parmigiano Reggiano sorseggiando Lambrusco di alta qualità. Collecchio (PR) • Agenzia Viaggi “Tra le nuvole” - via Giardinetto, 6/I. Condotta con competenza e professionalità da Elena Bizzi. Città di Castello (PG) • Ristorante “La Taverna di Mastro Dante” - via Montecastelli Umbro/ Promano in località Coldipozzo, 45. E’ la patria dei prosciutti di montagna di Norcia infotel: 075 8648133
Soliera (MO) • “Hotel Marchi” - via Modena/ Carpi. Situato tra la patria dell’aceto Balsamico e la più bella piazza d’Italia (Carpi), all’incrocio fra l’autostrada adriatica nord/ sud e l’autostrada del Brennero che collega l’Austria ed il nord Europa . Quattro Castella (RE) • Ristorante Albergo “La Madda-
lena” - via Pasteur, 5. Emilio ed Emiliano Montanari accolgono con simpatia ospiti da tutta Italia deliziandoli con salumi parmensi e Parmigiano Reggiano. • Resort B&B “Quattrocolli“ - Via Lenin, 81. Sulla collina tra Parma e Reggio Emilia offre una discreta raffinata ospitalità di lusso San Polo d’Enza (RE) • Ristorante “La Grotta” - via della Resistenza, 2/B. Sulla collina reggiana, fra stalattiti e stalagmiti in grotta con cucina tipica reggiana. Roma • Golf & Country Club “Parco di Roma” - quartiere Cassia, via dei due ponti, 110. Progettista P.B.Dye per un 18 buche “par72” infotel: 06 33653396, direttore architetto Giuseppe Miliè, progettista di campi da golf in tutto il mondo. • Ristorante “Ristovino” quartiere Prati - via Durazzo, 19. Nei pressi dell’emittente televisiva nazionale LA7, è anche caffetteria per ottime colazioni mattutine ed enoteca ben fornita per pranzi o cene che vanno dai tipici piatti romani come gli “gnocchi freschi ai 4 formaggi” a quelli napoletani. Sant’Agata sui due Golfi (NA) • Ristorante albergo “Don Alfonso dal 1890” - corso Sant’Agata, 11/13. Nel cuore della penisola sorrentina si affaccia sul Golfo di Salerno, è considerato tra i primi dieci migliori ristoranti d’Italia, condotto da Alfonso Iaccarino, chef internazionale, che vi ha aggiunto un albergo e la scuola di cucina con showcooking.
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Orsara di Puglia (FG) • “Piano Paradiso” ristorante. Peppe Zullo noto chef internazionale, riceve ospiti da tutto il mondo. Infotel: 0881 964763 Torre Canne (BR) • Masseria San Domenico e Golf Club. Struttura composta dalla prestigiosa masseria San Domenico e da Borgo Egnazia, resort di alta qualità apprezzata anche da importanti clienti arabi e russi e dai divi di Hollywood, è munita di campo da golf a 18 buche fra gli ulivi secolari ed è affacciato sul mare
da Mosca di pellegrini cristiani ortodossi e, nel quartiere Palese hotel Parco dei Principi, di fronte al nuovo aeroporto Karol Wojtyla, modernissimo e dotato di tutti i confort per clientela business, entrambi della famiglia del vicepresidente Federalberghi di Bari, Antonio Vasile. • Villa Romanazzi Carducci - via Capruzzi, 326. Albergo resort elegante e con architettura di prestigio circondata da splendido parco in pieno centro cittadino, diretto dalla famiglia dell’imprenditore ing. Lorenzo Ranieri, è dotato di suggestive sale convegni sparse nel giardino ed offre la cucina del noto chef prof. De Rosa. • Ristorante Terranima - via Putignani. Nella strada delle banche e della movida, è l’unico ristorante che conserva l’architettura antica, dalle “basole” del pavimento alla coorte che ricorda le piazzette degli artigiani dei secoli scorsi (presenti ancora solo nel centro storico) offre l’inimitabile cucina tipica barese, dalle “strascinate alle patate e cozze”, dalle mozzarelle ai dolci caldi con crema “sporcamuss”
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Polignano a Mare (BA) • Resort & SPA Borgobianco - Contrada Casello Favuzzi. Moderni arredi interni in una struttura esterna a masseria, intonacata a calce bianchissima che si specchia su di una immensa piscina con idromassaggio, che compone la “Salus per acquam” insieme al centro benessere interno “Unica”. Cinque stelle meritate come meritata è stata l’elezione a presidente “Associazione Albergatori Polignano” di Roberto Frugis socio e marketing manager. Tel: 080-8870001 • B&B dei Serafini - piazza Vittorio Emanuele, 43. Riduttivo chiamarlo B&B perché si tratta di un eccezionale albergo diffuso nel centro storico della città di Domenico Modugno. Sporgendosi dalle case costruite sulla scogliera a picco sul
Bari • Barialto Golf Club. Storica club house pugliese con importante campo da golf.
• Hotel Boston - via Piccinni, 155. A 5 minuti dal centro storico e dalla Basilica di San Nicola, meta
• Hotel Oriente, nel centralissimo Corso Cavour al numero 32, un 4 stelle di lussuosa eleganza, ospita da gennaio 2013 la Golf Club House “Porta d’Oriente”, punto d’incontro al Sud Italia di giocatori ed eccellenze della moda e dell’enogastronomia.
• Radicci Automobili S.p.A. - Via Amendola, 146. Concessionaria Ferrari e Maserati per il Sud Italia ora Concessionaria anche per la dorsale adriatica con la nuova sede di Ancona. Il Gruppo Radicci a Bari, è anche prestigiosa Concessionaria Jaguar e Land Rover.
mare sembra proprio di ascoltare “Volare” o “Nel blu dipinto di blu” onde sonore che da Polignano hanno raggiunto ogni angolo del globo. Putignano (BA) • Proloco - piazza Plebiscito,1. Nel centro storico della città patria degli abiti da sposa e del Carnevale più antico e lungo del mondo. • Fondazione Carnevale di Putignano. via Conversano, 3. • Osteria “Chi va piano” - Via Monache, Putignano, 0802373445 - cell. 3932378898. In un vicolo nascosto di Putignano, Stefano Guglielmi, ex macellaio, ha creato una locanda di eccellenza. Con il suo staff cucina solo teglie di terracotta in un enorme camino utilizzando solo eccellenze enogastronomiche fresche di giornata. Il suo motto è “cibo e vino per andare lontano”.
• B&B “San Domenico” - Estramurale a Levante, 4 - 70017 Putignano (BA) - Cell. 3332284769 - info@bebsandomenico.com. La struttura è in un angolo pittoresco della città, a pochi passi dalla Chiesa di San Domenico con vista sul campanile,
nei pressi di Porta Barsento e dell’interessante centro storico. La struttura è gestita in maniera esemplare da Vincenzo Gigante: la sua gentilezza e le sue attenzioni vi metteranno a vostro agio, facendovi sentire in famiglia. • Agenzia Viaggi Netti - via Tripoli, 63. La signora Netti organizza viaggi in tutto il mondo, pur in tempi del “fai da te via internet”, con una costante ricerca del prezzo più basso col massimo della qualità e della garanzia, facendo inoltre incoming turistica in Puglia con educationals tours, showcooking ed itinerari guidati in posti unici ancora sconosciuti ai grandi tours operators. Noci (BA) • Ristorante “L’antica Locanda” - via S.Santo, 49. In una “gnostra” del centro storico meta di turismo internazionale a novembre per “Bacco nelle gnostre”, di Pasquale Fatalino, chef noto in trasmissioni RAI, che prepara orecchiette con fave e cime di rape ed incantevoli braciole di carne al sugo. in-
Da sinistra: Ignazio Capasso (imprenditore nel campo della plastica), Saverio Buttiglione, lo chef Pasquale Fatalino e Pino Sguera (Presidente di Teleregione) davanti al ristorante Antica Locanda di Noci
dimenticabili come dimostrato dai personaggi del mondo dello spettacolo che lo raggiungono apposta in ogni momento dell’anno.
• Ristorante “Il falco Pellegrino” in località Montedoro a Noci, immerso nella campagna della Murgia pugliese, fra antiche masserie, nel quale lo chef Natale Martucci prepara primi indimenticabili, secondi di pesce fresco o tagliate di manzo podolico, con attenta scelta dei migliori vini regionali.
Conversano (BA) • Ristorante “Savì” - via San Giacomo. Condotto dallo chef Nicola Savino, già chef a Dallas dove ha servito al presidente Bush ed al famoso cantante Frank Sinatra le polpette al sugo pugliesi. Qui ha inventato le crepès pugliesi, panzerottoni (dolci o salati) ripieni di leccornie regionali. Turi (BA) • Ristorante “Menelao” - via Sedile, 46. A Santa Chiara in un palazzo signorile del 1600 nella cittadina custode dell’”oro rosso”, la Ciliegia Ferrovia. Aperto da Michele Boccardi che dopo la laurea in economia e commercio e l’abilitazione di commercialista è diventato Marketing Manager alla Scuola di Economia & Turismo di Londra. Visto il successo ottenuto dall’aver trasformato
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la masseria fortificata di famiglia “Menelao”, sulla strada per Rutigliano, in eccellenza per la banchettistica, i ricevimenti, le cene di gala ed i meeting, con “Santa Chiara” affronta la sfida della cucina di alta classe internazionale. Dispone di un’ottima cantina di vini ed offre prodotti tipici, sia nazionali che d’oltremare, dai cappelletti con cicoriella campestre su letto di fave alla costata di manzo podolico della Murgia non disdegnando però il salmone Balik norvegese o la costata di manzo della val di Chiano della Toscana. Infotel: 080-8911897. Castellana Grotte (BA) • “Palace Hotel Semiramide” via Conversano. Affascinante albergo immerso nella natura, accanto al parco dei dinosauri in cartapesta, ospita anche la sede italiana dell’Università Europea per il Turismo, a cinque minuti dalle famose Grotte che richiamano visitatori da tutto il mondo per gli affascinanti percorsi carsici sotterranei lunghi chilometri, famose per le eccezionali stalattiti e le stalagmiti della “grotta bianca”. • Ristorante e braceria “Le Jardin Bleu Belle” - via Firenze. Affascinante struttura in legno costruita su quella in pietra dell’antico bar della villa comunale, creandone un unico ambiente che guarda dalle vetrate le cime degli alberi che la circondano mentre si gustano squisiti piatti tipici pugliesi. Alberobello (BA) • Ristorante “Casanova” - via Monte San Marco, 13. Ricavato in un antico frantoio ipogeo sotterraneo in pieno centro fra i trulli patrimonio UNESCO. I soci Ignazio Spinetti (presidente
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sostenibile. Questo GAL comprende i comuni di Alberobello, Putignano, Castellana Grotte, Turi, Sammichele, Noci, Gioia del Colle.
Associazione Ristoratori Alberobello) e lo chef Martino Convertino offrono l’ottima cucina tipica pugliese indescrivibile a parole perché semplicemente da gustare in silenzio. • Museo del vino Antica Cantina Albea - via Due Macelli, 8. Unico completo museo del vino pugliese produce vino anche per il Vaticano, è la storica cantina che prima dell’unità d’Italia inviava, dalla vicina e collegata stazione ferroviaria, i propri vini per tagliaree migliorare quelli di Bordeaux in Francia. Produce “Lui” negramaro in purezza affinato in barrique primi 12 mesi. • Condotta Slowfood “Alberobello e Valle d’Itria” - via Sisto Sante, 5. Fiduciario Francesco Biasi, promotore dei presidi “salame Capocollo di Marina Franca” (ingrediente delle famose “bombette”), “Cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti” e “Pomodorino di oasi protetta Torre Guaceto”. • GAL Terra dei Trulli e di Barsento - Via Bligny, 23. Il primo Gruppo di Azione Locale fra quelli in cui, per zone omogenee, è stata diviso il territorio d’Europa, ad essere partito operativamente con gemellaggi in tutto il continente. I GAL sono un’iniziativa UE, che li finanzia col programma “Leader”, al fine di valorizzare le potenzialità dei territori integrando produzioni agricole, artigianali e di piccola industria per uno sviluppo
Andria (BAT) • Ristorante “Antichi Sapori” contrada Montegrosso. Pietro Zito importante chef internazionale offre la cucina tradizionale pugliese e le antiche erbe ed ortaggi riscoperti e curati nell’immenso orto che ha costruito e nel quale lavora tutta la contrada.
• Cantina Rivera con annessa sala di degustazione, condotta dal presidente di “Movimento Turismo del Vino” Sebastiano De Corato, produce il famoso “Falcone Rivera”. Corato (BA) • Cantina Torrevento condotta dal prof. Francesco Liantonio presidente della “Strada dei vini Castel del Monte” guarda lo splendido maniero ottagonale dell’imperatore Federico II di Svevia “Stupor Mundi” patrimonio UNESCO, dove produce eccellenti vini. Crispiano (TA) • Masseria Resort “Quis Ut Deus”. Una delle inimitabili “Cento Masserie di Crispiano”, affascinanti masserie in pietra e tufo, ristrutturate per resort di livello e aziende agricole di prodotti tipici quali olio extravergine d’oliva e prodotti caseari.
Fasano (BR) • Tenuta Monacelle - Selva di Fasano. Antico monastero di monache del 1700 fatto di trulli, ognuno adibito a stanza d’hotel, con affianco parco nel quale sono ricavate modernissime stanze d’albergo costruite in tufo. Si affaccia dal monte Selva sui sei milioni di ulivi secolari che lo distanziano dal mare di Fasano. Savelletri di Fasano (BR) • Masseria Resort Torre Coccaro - contrada Coccaro, 8. Infotel.:080 4827992. Bianca e splendida sul mare, antica torre
di avvistamento della linea difensiva dalle scorribande dei Saraceni del XVI secolo, che andava dal Gargano al “finibus terrae” Santa Maria di Leuca. Non ci sono parole per descriverla, guardare sul web! La stessa famiglia Muolo possiede la collegata Masseria Torre Maizza infotel: 080 4827838. Un hotel a 5 stelle con campo da golf 9 buche executive “par27” costruito fra gli ulivi secolari ed affacciato sul mare. A Coccaro Golf Club il 4 novembre, festa della Vittoria dell’Italia nella grande guerra, l’Apulia Golf District dell’architetto Giuseppe Germano e Do You Golf di Ester Monacelli hanno organizzato per il Circuito “Eccellenza di Puglia 2012” la 2a edizione della gara Pitch&Putt, 18 buche stableford con 18 squadre e 36 giocatori.
Il buffet preparato dagli chefs della struttura è stato inimitabile. Masseria Torre Coccaro è risultata per il 2012 tra i migliori 10 Beach Hotel nella classifica di “Conde Nast Travel”. Ostuni (BR) • Grand Hotel Masseria Santa Lucia SS.39, km 23.5 località Costa Merlata. Incantevole resort sul mare sotto la città bianca di Ostuni, diretto da Bartolo D’Amico, presidente ADA Puglia, associazione direttori d’albergo. Cellino San Marco (BR) • Cantina Tenuta Albano Carrisi. Prestigioso albergo e ristorante ricavati nella masseria del padre del famoso cantante, don Carmelo, che da il nome al vino più prestigioso qui prodotto. • Cantina Due Palme. Con avveniristica sala convegni ricavata nella bottaia produce vini ormai famosi nel mondo e vincitori di primi premi al Vinitaly di Verona come il “Selva Rossa”. Salice Salentino (BR) • Cantina Conti Leone De Castris. Cantina ricavata nel palazzo dei conti Leone De Castris, dove è nato il primo vino rosè del mondo settant’anni fa,il “Five Roses”. E’ annessa al prestigioso albergo e ristorante di proprietà della famiglia. Lecce • Acaya Golf Resort - Strada per Acaya, km.2 località masseria S.Pietro. Infotel: 0832 861385. Splendido campo da golf rivisto e ristrutturato, anche agronomicamente, dallo studio di architetti “Hurdzan
Fry” per un 18 buche “par71” di 6192 metri, con ben sette ettari di specchi d’acqua, accanto al “Castello di Acaya”, costruito seguendo le nuove esigenze fortificatorie dell’epoca dovute all’affermarsi delle armi da fuoco ed ora esempio di moderno restauro. L’albergo resort della catena Hilton è costruito nel ricordo stilistico degli antichi monasteri con una grande piscina esterna ed un’importante SPA di ben 1200 metri quadri. Bari • Eataly Bari - Lungomare, ingresso monumentale Fiera del Levate: Oscar Farinetti ha voluto portare in Puglia Eataly per il sudItalia, affittando e ristrutturando la parte monumentale della Fiera del Levante, facendo affacciare i ristoranti sul lungomare di Bari, offrendo nel capoluogo pugliese le migliori specialità enogastronomiche italiane, così come Eataly fa ormai in tutto il mondo.
Oscar Farinetti tra il Presidente del Consorzio DOP Pane di Altamura Giuseppe Barile ed il direttore Saverio Buttiglione
www.facebook.com/SlowEconomy - www.issuu.com/SlowEconomy 69
della Redazione
Miss Slow Economy
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Mariafrancesca Discipio
er il nuovo anno abbiamo scelto come “Miss Slow Economy” Mariafrancesca Discipio, esempio di ragazza che si rimbocca le maniche e senza aiuti esterni riesce a mettere a profitto i suoi studi ed i suoi talenti, brava nel modellare il suo corpo con lo sport per fare l’indossatrice, nell’utilizzare il suo estroverso carattere come vocalist di eventi (Francesca Discipio Voice) da Montecarlo al Billionaire di Dubai, ma pure nel creare una sua linea di moda “MFD Fashion Designer”: MFD è un marchio italiano d’abbigliamento femminile d’alta moda, per una donna del terzo millennio con tante sfaccettature, grintosa, decisa ma anche raffinata e sensuale, Francesca Discipio è una ragazza della Puglia!
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La Valle d’Itria ha il piacere di presentare
“un Giro in Ferrari” tra Moda, Enogastronomia e Turismo
Evento celebrativo in occasione dei
100 anni del Giro d’Italia
70 anni della Ferrari
Comune di Bari
Regione Puglia
11 - 13 maggio 2017 Un evento
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Galà serale 8a ed. “Premio Puglia: Unici & Protagonisti”
Extra DiVino