Associazione culturale
SpazioAmbiente www.spazioambiente.org info@spazioambiente.org
Ideato e promosso da:
Con il patrocinio di
Ministero dell'Istruzione Uff. Scolastico Regione Marche
Comune di Ancona
Partner
Con la collaborazione
“La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali.” M. Gandhi
Gli animali siamo Noi? Questo libro raccoglie fiabe, storie e poesie scritte da alunni e alunne delle scuole primarie marchigiane, e ci da’ l’opportunità di ripensare al rapporto uomo-natura o, per essere più precisi, il rapporto che l’uomo ha con l’Animale e, di conseguenza, anche con se stesso. Gli Animali domestici assumono un ruolo importante nella vita degli essere umani perché possono aiutarli a superare le loro paure, la solitudine, lo stress, ma quello che abbiamo voluto fare con questo nostro progetto dedicato agli Animali a quattro zampe, è stato quello di pensare alle tante specie animali che popolano il nostro pianeta. La fantasia dei giovanissimi scrittori ha dato vita a storie bellissime, che affrontano il tema dell’abbandono, della protezione, della diversità, dell’accoglienza, della difesa dell’ambiente e dell’aiuto che gli Animali possono darci in tante occasioni. Conoscere gli Animali significa conoscere anche noi stessi ed è uno degli elementi essenziali per aver rispetto della Natura, della sua biodiversità e dell’Ambiente che ci circonda. Da leggere tutto con molta attenzione!
Robertino Perfetti Presidente SpazioAmbiente
La Fondazione Ospedale Salesi Onlus La Fondazione Ospedale Salesi Onlus rappresenta un aiuto e sostegno agli Ospedali Riuniti di Ancona e realizza molteplici progetti in stretta sinergia con il personale medico-infermieristico per assicurare interventi mirati per ogni singolo bambino. Il ricovero ospedaliero è sempre motivo di tensione e preoccupazione per il bambino e i suoi familiari e in alcuni casi è ancor più complicato e difficile in base al tipo di procedura medica a cui il piccolo paziente si è sottoposto. Con il progetto di Pet Therapy si lavora per attenuare lo stress e distogliere l’attenzione dal dolore e si cerca, con l’aiuto e l’alleanza con l’animale, di rafforzare l’autostima del bambino e valorizzare la sua parte sana. Ecco il nostro Staff di professionisti guidati da Giorgio Monterubbianesi con Shaky, Siberian Husky di 6 anni: Maria Florio con Hermes, Pastore Tedesco di quasi 6 anni Alessia Pieroni Mazzante con Kira, Boule Dog francese di 8 anni Cristiano Bellissimo con Zuma, femmina di Labrador di anni 3 anni
Principali obiettivi delle sedute nei reparti sono: l far rilassare il bambino facendogli accarezzare l’animale l far diminuire l’oscillamento emotivo e l’irritabilità del paziente con le coccole al pet l allentare lo stato di stress dovuto all’ospedalizzazione l migliorare il livello motorio e delle attività occupazionali, ove possibile l ottenere un effetto stimolante e ansiolitico l aumentare l’integrazione e la partecipazione sociale (indicata in particolare per le persone timide, demotivate, ansiose e per favorire la relazione). Il coinvolgimento della famiglia nell’attività di Pet Therapy è fondamentale in quanto permette di creare un ponte tra il piccolo paziente , gli Operatori di Pet, e l’équipe coinvolta, ovvero: il fisioterapista, logopedista, psicologo, infermieri e medico referente. Ѐ provato che le sedute di Pet Therapy facilitano il personale infermieristico nel compiere manovre che in assenza del cane sarebbero più difficili da realizzare. In ogni caso, la presenza dell’animale, da il giusto sostegno emotivo al piccolo paziente e la possibilità di concentrarsi su qualcosa che non è fonte di dolore, rassicurandolo grazie all’intesa raggiunta con il pet. I Professionisti con i loro cani speciali sono presenti in tutti i reparti dell’Ospedale Salesi di Ancona compresa la rianimazione.
Ringraziamo vivamente gli Enti promotori del Concorso, tutte le scuole e gli alunni partecipanti, in modo particolare l’Associazione SpazioAmbiente e soprattutto l’ideatore Robertino Perfetti, da tempo Amico del Salesi. Per sostenere la Fondazione potrai FARE UNA DONAZIONE: Conto Corrente Bancario Unicredit IT 55 G 02008 02619 000101647368 Conto Corrente Postale: C/C N° 67968677 intestandoli a Fondazione dell’Ospedale Salesi Onlus. Potrete inoltre donare il 5X1000 ALLA FONDAZIONE OSPEDALE SALESI ONLUS. Ѐ un gesto che non costa nulla basta inserire LA TUA FIRMA e il nostro codice fiscale 02211020421 nel tuo modulo per la dichiarazione dei redditi. Contatti: Fondazione Ospedale Salesi via Toti, 4 60123 Ancona tel. 071 5962850 fondazionesalesi@ospedaliriuniti.marche.it Pagina FB - LINKEDIN - INSTAGRAM Fondazione Salesi
www.fondazioneospedalesalesi.it
Sedici anni insieme. Grazie!
Ringraziamenti (XVI Edizione!) Il nostro progetto continua e stiamo già lavorando per la prossima edizione! Nominerò di nuovo tutti i miei collaboratori ed amici: Maurizio Ferracuti, Donatella Ricci, Pietro Vitale, Paola Nicolini e soprattutto Michele Casali (amministratore Delegato ELI - La Spiga Edizioni), con i quali da anni condivido il successo di questo progetto. Da qualche anno al gruppo di amici si sono aggiunti: Duilio Compagnucci e Luana Bolletta (Puli Ecol Recuperi), Carlo Rossi (Direttore della Fondazione Ospedale Salesi Onlus) e Giuliano Giordani (Funzionario del Comune di Ancona). Un grazie all’Assessore regionale Angelo Sciapichetti, all’Assessore Paolo Marasca e alla Città di Ancona che ospita nuovamente la manifestazione conclusiva e la presentazione del libro alla Mole Vanvitelliana. Non posso dimenticare e ringraziare i componenti della giuria ai quali ho affidato il compito difficile e delicato di selezionare i tanti lavori in concorso: Francesca Pulcini e Marcella Cuomo (Legambiente Marche), Alessandra Pierini (Cronache Maceratesi Junior), Marco Ribechi (antropologo e giornalista), Samantha Fratini (CEO office executive assistant - RAINBOW), lo staff di Puli Ecol Recuperi, Giulia Messere (Dottoranda di Ricerca Unimc), ed infine lo staff della Fondazione Ospedale Salesi Onlus di Ancona coordinato dalla Arianna Panzini (psicologa psicoterapeuta). Un abbraccio “ecologico” a tutti i miei compagni di avventura. Grazie infine agli illustratori che, con la loro disponibilità e professionalità, hanno permesso la realizzazione e soprattutto impreziosito questo libro.
Marco Lorenzetti Martina Biondini Liliana Pinducciu Cinzia Veccia Francesco Cicarilli Lorenzo Sabbatini
info.marcolorenzetti@gmail.com martinabiondini@libero.it lilianapinducciu@gmail.com cinziaveccia@live.com francicica7@gmail.com info@lorenzosabbatini.com
Grazie a tutte le insegnanti e gli alunni delle scuole primarie delle Marche che hanno aderito all’iniziativa e che ci hanno narrato le loro storie e donato le loro emozioni. Voglio ringraziare infine le oltre 3.000 persone che hanno votato on-line le fiabe, le storie e le poesie in concorso. © Diritti riservati a tutti gli alunni delle scuole primarie marchigiane.
Illustrazione di Liliana Pinducciu
Scuole Primarie Provincia di Ancona
Il magico treno degli animali Il regno degli animali è immenso, come la nostra voglia di aiutarli. La classe quinta A della scuola Collodi conduce infatti un treno magico dove tutto è possibile... I componenti della nostra classe hanno ruoli di cruciale importanza, come i due Mattia, che sono a turno capotreno, Edoardo, il custode della savana e Alessandra, la guardiana della giungla. Ogni vagone è enorme all’interno ma, visto dall’esterno, non ha proprio niente di speciale, almeno per chi non lo conosce veramente! Il nostro compito è quello di aiutare gli animali in difficoltà, in pericolo o in via di estinzione. Viaaaa! Partiamooooo! È una bellissima giornata di sole. Gli uccellini spensierati volano insieme nel cielo limpido e azzurro; sembrano preparare la strada al treno che procede sulle sue rotaie color arcobaleno; queste compaiono al suo passaggio per poi svanire istantaneamente nel cielo. Nel nostro fantastico mezzo di trasporto c’è sempre molto da fare e di solito non c’è tempo da perdere. Anche ora Giulio ha segnalato un leoncino in pericolo. L’autista va a tutto gas per arrivare in fretta. Brando ha visto che il leone si trova vicino ad una roccia. Dal Vagone numero due scendono le infermiere Viola, Camilla, Emma e Shu ya, che con cautela prendono l’animale e lo portano in infermeria, dove lo appoggiano amorevolmente sul lettino per le cure necessarie. Il treno riparte in men che non si dica mentre Matteo, Pietro, Sebastian e Lorenzo si occupano, nel Vagone “Ristorante”, di dar da mangiare e da bere agli animali ospiti. Dovete sapere che nel nostro treno ogni vagone è importante perché rappresenta un habitat. Gli animali che raccogliamo si trovano perfettamente a loro agio e le nostre attenzioni sono sempre minuziose. Tutti noi, infatti, anche quelli che a scuola sono generalmente un po’ distratti e sfaticati, sul treno volante sono efficientissimi e vigili. Del resto il nostro compito è molto importante e noi lo sappiamo benissimo: non possiamo e non vogliamo permetterci distrazioni. Tutti gli animali, dai più piccoli a quelli di dimensioni più grandi, sono essenziali per il nostro ecosistema, che non funzionerebbe più se anche una sola specie venisse rubata o uccisa.
- 14 -
A proposito: - Attenzione! Attenzione! Una giraffa è in pericolo. Vedo un tipaccio malintenzionato vicino a lei. Andiamo a salvarla! - grida Gjon. In un battibaleno Nicola e Leonardo, balzati giù dal treno, si intrufolano tra i cespugli e poi saltano addosso al bracconiere, lo disarmano e lo lasciano come un baccalà portando via dalle sue grinfie la povera giraffa. Per fortuna Filippo, che è muscoloso, forte e sensibile, cioè in poche parole l’uomo perfetto da sposare, prende la giraffa e la mette in salvo nel Vagone della savana. Lei lo ringrazia guardandolo con i suoi occhioni dolci come il miele e leccandolo affettuosamente alla mano. Nicholas, che sa parlare la lingua degli animali, la accoglie a bordo e le chiede di raccontargli la sua storia. La giraffa, ancora piuttosto impaurita, gli sussurra poche parole, ma queste bastano per informare che lei è l’unica sopravvissuta della sua famiglia, infatti tutti gli altri membri erano stati portati via dai bracconieri. Non le sembra vero di essersela scampata! È però anche molto triste per non aver più nessuno e si sente quasi in colpa di essere viva e di star bene. Nicholas la rincuora dicendole che si troverà bene sul treno; le suggerisce anche di non pensare al peggio e la porta nel Vagone “Relax” dicendole di fare un bel riposino, perché adesso la giraffa ne ha davvero bisogno. Intanto per il corridoio si sente squillare il telefono e Davide prende la chiamata. - Salve, parlo con il treno magico della classe quinta A Collodi di Jesi? Avreste un tenero cane per aiutare mio figlio, che è molto malato? Davide risponde prontamente: - Certo, signora. Le passo subito la mia collega Sofia, che si occupa della distribuzione degli animali. Sofia ascolta attentamente la voce seria e preoccupata che le parla di un bambino gravemente malato e terribilmente triste, così pieno di sconforto che non vuole ormai più neppure mangiare. I suoi genitori sono molto in ansia, oltre che per la sua salute, anche per il suo stato d’animo. Avevano sentito parlare di “Pet Therapy” e stavano cercando aiuto proprio nel nostro treno speciale. Sofia, con la sua parlantina e con tutto l’amore e la sensibilità che la caratterizzano, rassicura quella povera mamma prendendo accordi precisi per poter essere d’aiuto al piccolo Bartolo. Così, in breve tempo, Ambra
- 15 -
prepara la scheda tecnica con tutte le informazioni ricevute da Sofia, facendo anche uno schizzo con un semplice ritratto del cane, poi la passa a Miriam, Natalia e Jennifer, che, svelte, vanno a scegliere il cucciolo che tanto piacerà a Bartolo. È un bellissimo maltese color della neve. Ha il pelo lungo e soffice; la coda è così corta e folta che sembra di vedere una palla di neve. I suoi due occhioni sono neri come due chicchi d’uva mentre il naso, sempre umido, è simile ad una prugna. Gastone, così si chiama il cane, fa spesso vedere la sua linguetta rosa, come se sorridesse e questo lo rende un cagnolino molto tenero e simpatico. - Bartolo sarà felicissimo appena lo vedrà! - esclama Miriam. Le tre ragazze preparano per Gastone una bella gabbietta di legno e metallo e vi mettono dentro una copertina bianca di raso, così il cane sembra appoggiato su una nuvola. In pochissimo tempo il treno della quinta A arriva sopra la città di Bartolo, poi si apre il portellone da cui Pietro e Matteo scendono, fanno calare la gabbia e la portano proprio a casa del bambino. Bartolo non si aspettava di ricevere un regalo così prezioso. Rimane immobile, a bocca aperta, incredulo e strafelice. Dopo qualche minuto di ammirazione, si avvicina al suo nuovo fantastico amico a quattro zampe, lo accarezza, gli fa il solletico sul capo e sul pancino... Finalmente un sorriso compare sul viso del bambino malato... e su quello dei suoi genitori. Gastone sembrava un cane normalissimo ma evidentemente ha un dono speciale: quello di riportare la gioia nei cuori affranti. Sul treno volante, intanto, Giulio controlla il radar di bordo e scopre che c’è un’altra bambina di circa cinque anni che avrebbe bisogno di un animale per poter tornare a vivere serenamente. Questa volta nessuno ha telefonato ma è tutto chiaro lo stesso: ad Arianna Tuttintini, del paese di Regnobello, serve un coniglio con il pelo color caffè, più morbido che si può, vivace e brioso, con cui vivere molte avventure spensierate. Ebbene, noi alunni della quinta A provvederemo anche a lei! Continueremo a lavorare tutti insieme sul nostro treno speciale, sicuri che la nostra è una missione importante che permette di fare star bene gli animali e le persone e di ristabilire una sana amicizia tra di loro:
- 16 -
È proprio vero che gli animali tolgono agli uomini molti dei mali, portano loro serenità sol con la loro semplicità. Basta nutrirli, pulirli e curarli, stringerli forte ed accarezzarli. In cambio loro ti danno amore un grande affetto e leccate di cuore. Se triste un giorno purtroppo sarai, al nostro treno tu penserai. Chiamaci pure, verremo in tuo aiuto con un animale bello e paffuto: ti affideremo un amico speciale e passerà presto tutto il tuo male. Insieme vedremo sul tuo dolce viso rifiorir nuovo e spontaneo il sorriso.
Autore: Classe V A Scuola Primaria “Carlo Collodi” Istituto Comprensivo San Francesco di Jesi (AN)
- 17 -
Dammi la zampa... e salviamo la natura C’era una volta un lupo ma non era il lupo di “Cappuccetto rosso” né quello dei “Sette capretti”. No! Era un lupo ignorante, che non conosceva storie perché non sapeva leggere e neppure gli interessava imparare a farlo. Si chiamava Tom e aveva occhi azzurri, orecchie dritte e appuntite, una lunga coda e il pelo soffice, grigio chiaro, con delle sfumature bianche e, sul fianco destro, una macchia nera a forma di cuore. Tom viveva nel Bosco dell’Amicizia insieme alla sua famiglia. In verità non amava stare con i suoi parenti perché era un tipo solitario. Gli piacevano il silenzio, la pace e la pulizia, invece quando c’erano gli altri tutto ciò non era possibile: il papà e la mamma ululavano tutto il giorno per rimproverare i cuccioli, che scorrazzavano qua e là tra gli alberi e i cespugli, bisticciando continuamente tra loro, graffiandosi e mordicchiandosi a vicenda o rotolandosi tra la polvere. A volte papà lupo ringhiava ferocemente perfino contro la mamma che, stanca di sentirlo, si allontanava un po’ in cerca di tranquillità. Anche Tom in genere se ne andava lasciando che gli altri continuassero a far rumore. Aveva trovato un angolo speciale, che era diventato il suo rifugio segreto: in una radura, dietro la collina degli abeti, c’era un grosso albero con il tronco cavo che sembrava fatto apposta per nascondersi e rilassarsi un po’ nei momenti più bui. Un giorno, però, Tom, che se ne stava assorto nei suoi pensieri “lupini” e che ragionava e rifletteva tra sé e sé, all’improvviso si accorse che in quel momento non c’era la solita quiete: si sentiva uno strano brusio simile a un grande sciame di api. Questo rumore lo riportò alla realtà e lo fece incuriosire. Tom uscì dal suo rifugio e fece qualche passo incerto per capire la fonte del rumore. Intuì subito che le voci provenivano da dietro l’albero. Guardò attentamente ma non vide nessuno. No. Non c’era proprio nessuno! Insospettito da questa stranezza decise che sarebbe stato meglio tornare a casa. Ma... Girovagando per la foresta all’improvviso sbatte’ la testa. Non c’era niente, neppure un muro, ma, accidenti! Quant’era duro!
- 18 -
In realtà qualcosa c’era: Tom aveva colpito con il capo una porta invisibile e misteriosa che si era aperta nell’aria come d’incanto. Di fronte a lui vide diverse specie di animali che sembravano riuniti in assemblea: erano disposti in cerchio e parlavano tra loro in modo acceso. Alzavano la zampa a turno per avere la parola. Un anziano e saggio leone presiedeva il meeting. Tom cercò di capire l’argomento della loro discussione: si era immediatamente reso conto che era qualcosa di molto importante. Incuriosito, cercò di avanzare un pochino, ma senza farsi troppo notare. L’orso diceva che negli ultimi tempi le cose non stavano più andando bene perché gli uomini avevano preso brutte abitudini: buttavano le cartacce per terra, tagliavano gli alberi senza limitazioni, cacciavano e uccidevano gli animali... Insomma, non stavano più rispettando la natura. Il panda Luke esclamò: - Ecco perché sento di non voler più bene alla razza umana! Nocciolino, lo scoiattolo, aggiunse: - Gli uomini stanno diventando insopportabili! Io non ho più la mia casa perché si sono permessi di distruggerla portando via l’albero dove l’avevo costruita! Ma con quale logica?! Dove mi rifugerò? Povero me! Il saggio leone ruggì il suo richiamo all’ordine e alla calma. - Non vi agitate, figlioli. E non ci scoraggiamo. Troveremo una soluzione! Tom si sentì molto triste. Quello che aveva udito dire dagli animali gli sembrò grave e lo sconvolse a tal punto che ebbe voglia di piangere. Il nostro lupo si rese conto che le sue solite preoccupazioni erano sciocchezze in confronto a questi problemi ambientali che incombevano sul Bosco dell’Amicizia e sul mondo intero. Era necessario ricreare un legame, un’armonia tra uomini, animali e natura. Ma come si poteva fare? Tanti erano i problemi da risolvere e le persone erano difficili da convincere, con idee praticamente impossibili da cambiare. Tom non aveva mai avuto direttamente a che fare con gli umani, anche se, a dire il vero, conosceva da vicino un bambino, Pedro, che aveva incontrato casualmente un giorno in uno dei suoi soliti ritiri pacifici. Pedro amava la natura ed era sensibile proprio come Tom; anche a lui piaceva la solitudine
- 19 -
ma, diversamente dal lupo, egli era un ragazzino molto intelligente, leggeva volentieri ed era già colto, nonostante la sua giovane età. Quel giorno Pedro aveva sentito al telegiornale la notizia di una montagna di rifiuti che imbrattava un’intera città. Era così triste che se ne era andato sulla sua casa sull’albero a riflettere. Vide uno strano movimento sotto di lui. Era una foglia? Una lepre? No! Là sotto c’era un curioso lupo rifugiatosi proprio nel tronco del suo albero! Pedro scese, guardò negli occhi Tom e, per la sua grande sensibilità, vide che i due potevano capirsi e ben presto nacque un’amicizia speciale. Entrambi avevano la stessa preoccupazione per l’ambiente e volevano contribuire alla soluzione dei problemi. Parlarono insieme a lungo, analizzando la situazione dai due punti di vista, quello degli uomini e quello degli animali. Pensandoci bene, non c’erano due diversi punti di vista: l’obiettivo era lo stesso! Ciò diede forza ai due, soprattutto a Tom, che ora aveva l’appoggio di un ragazzino in gamba come Pedro. Il lupo allora prese coraggio e si fece avanti tra gli animali riuniti in assemblea. Alzò la zampa, ottenne la parola e disse che era necessario e urgente convincere gli uomini a non inquinare più la natura. Per farlo, però, bisognava dimostrarsi uniti agli esseri umani: non si poteva essere arrabbiati con loro, criticarli, considerarli cattivi e poi sperare in un loro cambiamento. Tom presentò Pedro agli animali che si sorpresero piacevolmente perché egli riusciva a capirli. Lo considerarono simpatico fin da subito per il suo modo di rivolgersi a loro chiamandoli “Amici”. È proprio vero che chi è gentile ed ha un cuore grande può ottenere molto e aprirsi tante strade! In questo modo fu facile mettersi d’accordo. Il ragazzo li ascoltava e cominciò a tradurre i loro suggerimenti in un motto da proporre a tutti gli uomini:
- 20 -
Noi e gli umani dovrem ricordare che non si deve mai inquinare. Tutti d’accordo ci dobbiamo unire perché altrimenti andremo a soffrire, pertanto insiem diamoci da fare, così la natura si potrà risanare. Luke e Nocciolino erano molto soddisfatti e speranzosi. Suggerirono di aggiungere al discorso l’idea che gli uomini erano famosi per la loro intelligenza. - Dite loro che sono esseri capaci di osservare, di ragionare, di pensare anche meglio di noi animali: di sicuro capiranno l’importanza di vivere in una natura pulita e incontaminata! Il lupo Tom annuì: - Noi animali saremo dalla loro parte. Insieme ricostruiremo l’armonia con la natura! L’inquinamento ormai è finito: sapientemente l’uomo ha capito che chi sporca e disprezza l’ambiente non è saggio proprio per niente. Se vuoi abbandonar la malinconia, con la natura ricrea l’armonia, perché la natura vibra potente riempiendo di gioia il cuor della gente. Se poi ti affezioni anche ad un animale lo curi, sorridi... e ti passa ogni male. Sentimi, ascolta! Lo sai che ti dico? A quattro zampe è speciale l’amico!
Autore: Classe V B Scuola Primaria “Carlo Collodi” Istituto Comprensivo San Francesco di Jesi (AN)
- 21 -
Il signor Piero grande amico degli animali a 4 zampe C’era una volta un coniglio, di nome Pippo, che viveva nella fattoria di Piero, e la sua famiglia, un fattore gentilissimo,con due bambini molto bravi. Bob il loro cagnolino era giocherellone e con esso stavo bene... Un giorno uscì dalla sua tana per cercare delle carote. Cammina, cammina, cammina, dopo aver fatto molta strada e percorso tutto il boschetto si trovò in fondo ad una radura vicino ad un laghetto. Pippo incontrò una rana di nome Lulù. Il coniglio la salutò e la rana ricambiò il saluto, poi con la nuova amica (la rana), raccolsero le carote, fecero una scorpacciata ed il coniglio, avendo mangiato troppo, si stese a terra e si addormentò. La rana Lulù, si preoccupò e pensando che stesse male, si avvicinò e si accorse che respirava ancora, lo lasciò dormire e si nascose dietro un cespuglio del laghetto, aspettando che si fosse svegliato. Dopo un po’ di ore il coniglio si svegliò, contento di avere finalmente un’amica. Lui si sentiva triste e solo: - oggi è un giorno fortunato disse fra sé, ho conosciuto la rana Lulù, che è molto gentile e simpatica. Pippo aveva amici coniglietti, che erano sgarbati e non bene educati, lo avevano totalmente escluso da tutti i giochi. Pippo, appena sveglio, provò a chiamare Lulù, rattristito perché, pensava che anch’essa fosse andata via, ed era nuovamente solo. Chiamo di nuovo Lulù... Lulù, la rana sentendosi chiamare corse da lui dicendogli << Eccomi mi avevi fatto spaventare, mi ero nascosta dietro il cespuglio, in attesa che ti svegliassi. << Sono molto contenta di averti conosciuto,disse la rana, << anch’io sono molto contento, raccontò il coniglio << i miei amici ormai mi hanno lasciato solo, non avevo più nessuno con cui giocare o scambiare due parole, certo: - continuò Pippo, con il cagnolino del mio padroncino ci vado d’accordo è simpaticone, pacioccone, ma vive più dentro casa con i padroni”. Disse ancora: -a me ogni tanto Mario il padroncino, mi fa entrare a giocare con Bob il suo cane. Il padroncino è molto affettuoso. La rana gli propose << vieni con me? ti faccio conoscere la mia casa e ti presento i miei amici: l’ippopotamo Piero, la libellula Lisa, la farfalla Gialla e le mie sorelle rane ed amiche >>. Continuò ancora essa << Perché con la tua famiglia, non ti stabilisci qua? c’è ancora posto, è confortevole qui. Pippo disse << Sei stata molto gentile con me, invitandomi a casa tua, “verrò volentieri a conoscere i tuoi amici, ma penso
- 22 -
che ora è giusto che vada, i miei genitori ed i padroni della fattoria, mi aspettano e si preoccupano, non vedendomi tornare. Appena posso verrò. Pippo ritornando a casa, sentì un miagolio, ed uno strano starnazzare, era Un’ oca, gli disse di chiamarsi Lilli, e che si era persa, non si ricordava più la strada, senza il suo gatto- sitter . Lilli chiese a Pippo di accompagnarla, e che doveva trovare il gatto suo amico. Pippo aveva sentito il miagolio, vicino ad una albero lì c’era un gatto, indicò il posto a Lilli, che chiamò "Ugo" il suo gatto. Il gatto comparve, ma lei gli fece un rimprovero, poi si presentò a Pippo con una stretta di zampa, ringraziò il coniglio e si avviarono alla vicina fattoria, dove mamma Oca aspettava Lilli. I due si promisero di ritrovarsi ancora e di rimanere, amici per sempre. Prima di sera Pippo finalmente fu a casa, raccontò ai suoi genitori le avventure, e che Lulù (la rana) li aveva invitati nella sua zona e raccontò quanto era stata accogliente. Pippo chiese ai genitori se potevano trasferirsi laggiù vicino al laghetto della rana Lulù ed alla fattoria, dove c’era Ugo e Lilli l’ochetta. I genitori vedendolo cosi entusiasta e felice, acconsentirono, ad andare a conoscere il nuovo posto. I giorni a seguire, Pippo era sereno e non aveva più paura del buio. Bob e Mario convinsero i genitori ad accompagnare Pippo a trovare i nuovi amici nella fattoria del Laghetto”. Mario aveva conosciuto i figli della fattoria del Laghetto, Bob aveva trovato li la bella cagnolina Trilly, i genitori di Pippo (il coniglio), contenti che grazie a Lulù e gli altri amici, Pippo era più tranquillo, decisero di accontentarlo, aiutati da Mario e la sua famiglia. Passarono una giornata lì al laghetto insieme ad Ugo, Lilli. Il posto era splendido. Conobbero gli amici di Lulù finalmente, Piero l’ippopotamo era simpaticissimo, con la chitarra intonò : Grazie prego, per favore, Un piccolo gesto è una pietra preziosa, qualcosa accadrà se la gentilezza si userà Grazie prego per favore, la gentilezza ci rende buoni, e siamo forti come leoni.
- 23 -
Grazie Prego per favore i piccoli gesti hanno forza infinita ti aggiustano la vita. Rit: Tra la la, tra la la la tra la là che felicità. Ecco qua la nostra canzone Rit: Tra la la la tra la la la Tra la la tra la la la La famiglia di Pippo dopo un po’ di tempo insieme alla famiglia di Mario si trasferì al laghetto, tutti gli fecero festa e vissero felici e contenti. Il fattore Piero, avevano venduta la Fattoria Piero e la ricostruirono al Laghetto così le due famiglie, con gli animali compresi, poterono essere vicini e frequentarsi in amicizia aiutarsi. Tutti stettero bene, perché ritrovarono amici e compagnia, e non si sentirono isolati. Le due fattorie erano vicine. Il Signor Piero denominò la nuova fattoria “Arcobaleno”.
Autore: I bambini della scuola Primaria "G. Salesi" (insegnante Maria Caterina Galati)
- 24 -
Disegna il tuo animale del cuore!
- 25 -
Illustrazione di Martina Biondini
Elena e Lea C’erano una volta due fratelli, Ettore ed Elena, che vivevano in una casa di campagna con i loro genitori. Elena fin da piccolina aveva imparato bene a gestire in autonomia la sua sedia a rotelle. L’unica difficoltà era il tragitto per andare a scuola, che si snodava lungo e pieno di buche. Come tutte le strade di campagna era impervia e buia, senza lampioni per illuminarla. Essa percorreva tutto il fiume e portava fin dentro il bosco dove c’era una capanna a forma di fungo, costruita dalla gente del posto. Lì andavano a scuola tutti i bambini del villaggio. Ad Ettore piaceva spingere la sorella ed era diventato abilissimo ad evitare tutti i pericoli. Lungo la strada, da lontano, i due bambini potevano scorgere ogni giorno una cagnolina meticcia che nessuno voleva. Lei silenziosa li seguiva durante il tragitto ma non si avvicinava mai. Gli adulti del villaggio temevano i cani randagi e perlustravano spesso il territorio per catturarli. Lea, per fortuna, era sempre sfuggita ad ogni controllo. Quando Ettore andava a scuola da solo, Lea non si faceva vedere. Elena non sempre riusciva a frequentare. Spesso si sentiva diversa dagli altri bambini e a disagio su quella sedia che considerava a volte amica ma tanto spesso la isolava dai giochi degli altri. Un giorno mentre stavano rientrando a casa un sasso appuntito bucò la ruota della carrozzina di Elena, lasciando i due fratellini nel pieno sconforto. Aspettarono un po' di tempo ma non passava nessuno, così Ettore prese una decisione: doveva andare di corsa a casa per avvertire il padre. Elena sarebbe rimasta lì da sola. La paura la invase non appena Ettore, dopo averle dato un bacio, si allontanò dal suo sguardo. Elena iniziò a provare un leggero senso di paura e una lacrima rigò il suo bellissimo viso triste. Scese la sera e con essa il buio, Elena esausta nascose il viso tra le mani e non si accorse che Lea lentamente si stava avvicinando. Le annusò dapprima le scarpe, poi le gambe e le mani che reggevano il viso. Sentendo il conforto del fiato caldo di Lea, Elena aprì gli occhi e incrociando quelli della cagnolina riconobbe in essi la solitudine e l’isolamento che lei ben conosceva. Da lontano cominciò a distinguere la voce del padre che la chiamava per confortarla, istintivamente alzò il capo per un breve istante e già Lea non c’era più. Ormai tra le due si era formato un legame profondo e sincero. Elena non fece parola di quanto accaduto ma ogni giorno cercava l’amica lungo il fiume e lei costante e fedele li accompagnava fino a scuola. La
- 28 -
maestra notò questa dolce cagnolina che buona e paziente aspettava l’uscita dei bambini e notò che nei momenti di pausa Elena usciva spesso per dividere la sua merenda con Lea. Anche gli altri compagni iniziarono ad uscire dalla scuola con Elena e le facevano tante domande su questa amica speciale. Così la maestra ebbe una splendida idea: tutti i bambini potevano portare a scuola il loro amico animale. La scuola sarebbe diventata “scuola delle diversità” dove anche gli animali potevano essere educati. L’indomani tutti i bambini arrivarono con il loro amico animale. Emma e Greta con Tippy, coniglietto anziano e ipovedente che le bambine avevano salvato da fine certa, Luigi, il bambino più timido della classe, con il suo pesciolino rosso Lillo che dalla felicità faceva certi salti incredibili quasi a voler uscire dalla boccia. Ludovica e Ottavia con Wendy, la loro gattina birichina. Lea e Wendy divennero presto compagne di giochi e dilettavano tutti i bambini con i loro continui inseguimenti e le loro affettuose coccole. La notizia della scuola speciale si diffuse velocemente tra la gente del villaggio, destandone l’interesse e la curiosità. Anche i genitori di Elena e Ettore notarono la gioia che la cagnolina aveva portato a tutta la famiglia, compresa l’anziana nonna che si svegliava di buon ora per accudire Lea e decisero così di adottare la cagnolina. Gli uomini del villaggio iniziarono a mostrarsi più accoglienti con i cani randagi e cercarono famiglie disposte ad accogliere gli animali rimasti soli. I bambini e gli adulti scoprirono presto che ognuno di loro era speciale, che tutti amavano amici diversi e che era molto bello permettere agli altri di leggere il proprio cuore.
Autore: Classe I A - I B Scuola Primaria “Fornace Fagioli” Istituto Comprensivo Caio Giulio Cesare di Osimo (AN)
- 29 -
Galoppo oltre il silenzio Tanti anni fa, in una stalla da tempo abbandonata, viveva un giovane cavallo con una folta criniera ingarbugliata come se fosse stata folgorata da un fulmine, sporco e trasandato, mai amato da qualcuno. Non aveva mai incontrato nessuno in vita sua e aveva sempre avuto il sogno di essere cavalcato da qualcuno che lo amasse per davvero. Lo chiameremo Tempesta, perché nessuno gli aveva mai dato un nome, e perché era indomabile, agile, con degli zoccoli robusti e assai veloce ed imprevedibile. I suoi occhi erano grandi e lucenti come stelle e facevano trasparire tutto il suo desiderio di trovare un’anima gemella. Indomabile e spaventato era anche il povero Jack che, come ogni giorno, si recava nel bosco per tagliare la legna…quando all’improvviso si trovò davanti agli occhi proprio lui, Tempesta, che calciava, nitriva, girava intorno a se stesso terrorizzato e ferito, scappato da un mattatoio che lo aveva catturato giorni prima. Jack non sapeva come fare per aiutare Tempesta e portarlo a casa; chiamò la moglie e il figlio Michael che prontamente si recarono nel bosco. Michael era un bambino di dieci anni sordo-muto dalla nascita, gracilino e dai capelli rossi con i riccioli ribelli che gli pendevano sul volto e lo coprivano a metà. Aveva una grande passione per i cavalli tanto che con la sua fervida fantasia aveva costruito dei ferri di cavallo che, secondo lui, possedevano il potere magico del teletrasporto. Non si poteva presentare occasione migliore che riportare a casa Tempesta. E fu così che Michael con il padre ferrarono Tempesta che magicamente si trovò nella loro stalla, senza neanche accorgersene. Tutti i giorni Michael portava a Tempesta carote fresche e squisite mele, ma non si avvicinava mai più di tanto cercando di conquistare la sua fiducia. Riuscì persino a strecciargli la criniera. Michael trascorreva molto tempo nella stalla con Tempesta in assoluto silenzio, ma un silenzio che era pieno di magia. I genitori incuriositi sbirciavano ogni tanto dalla fessura della porta della stalla e non riuscivano a credere ai loro occhi: Michael e Tempesta sembravano insieme cavalcare paesaggi fantastici mentre parlavano tra di loro una lingua sconosciuta.
- 30 -
Nessuno riusciva a capire la magia di quell’amicizia muta e silenziosa. A noi piace pensare, chiudendo gli occhi, che entrambi, Tempesta e Michael, insieme canticchiassero tra sé e sé una dolce filastrocca: “Muso dolce occhi vivaci vuoi essere mio amico? Tu mi piaci! Manto bianco, nero, marrone per una corsa anche sotto un acquazzone; in mille modi lo puoi sfruttare per lavorare, gareggiare, passeggiare. Ma la cosa più importante, non ti dimenticare, tanto amore lui ti può dare. Hai capito di chi parlo? Guarda in fondo alle valli: ci sono i nostri amici cavalli!”
Autore: Classe V C Scuola Primaria “Raffaello Sanzio” Istituto Comprensivo Montemarciano-Marina - Marina di Montemarciano (AN)
- 31 -
Landfill City Tanto tempo fa, dopo la scomparsa dei dinosauri, con le loro ossa si formò misteriosamente una MACCHINA DEL TEMPO che rimase ferma per milioni di anni. Un bel giorno da lì spuntò fuori un diplodoco che venne catapultato nel presente: si ritrovò in campagna, proprio davanti a una discarica. Quel giorno faceva molto caldo e l’odore puzzolente dell’immondizia era proprio insopportabile! Il povero dinosauro aveva fame e si guardava intorno in cerca di qualche albero, ma di un vegetale…nemmeno l’ombra! All’improvviso tra quella montagna di rifiuti apparve un topolino che cominciò a osservare con curiosità quel gigante sconosciuto. -Chi… chi… sei? - gli domandò il diplodoco, spaventato da quella piccola cosa spuntata dal nulla; gli sembrava uno di quei dinosauri minuscoli, ma poi pensò che era troppo piccolo per essere un deinonico. -Tutti mi chiamano Codastorta - disse il piccolo ratto - perché… vedi com’è la mia coda? Per questo alcuni topastri bulletti mi prendono di mira. Vorrei dirlo ai miei genitori, ma poi quegli sciocchi mi prenderebbero in giro ancora di più. Se piango per le loro brutte parole, se corro via perché ho paura, se mi arrabbio e cerco di dimostrarmi più forte di loro, scommetto che diventerebbero ancora più cattivi! Allora me ne sto nascosto in questo posto puzzolente dove loro non vengono mai, per mia fortuna. Tu invece chi sei? Non mi è mai capitato di vedere in giro un tipo strano come te: sei enorme, con un collo lungo lungo … assomigli ad una giraffa un po' più grande. Il diplodoco aveva ascoltato in silenzio, pensando ai dinosauri che aveva conosciuto: alcuni erano di una prepotenza unica!!! - Io sono uno dei grandi rettili vissuti milioni di anni fa in un ambiente ricco di vegetazione; l'uomo ancora non esisteva, ma c'erano dei dinosauri terribili, primo fra tutti il T-rex! Vorrei capire come mai sono ancora vivo e perché mi trovo qui. Purtroppo sento e vedo tante cose strane come la montagna da cui sei spuntato! esclamò pensieroso. - Sono i rifiuti, cose che l’uomo butta via ogni giorno e che vengono portate in questo posto chiamato discarica: fra poco sulla Terra ci sarà più robaccia che esseri viventi- rispose sconsolato Codastorta. - Aiutami! Dobbiamo far
- 32 -
capire all’uomo che la spazzatura deve essere riciclata e non buttata per terra. Il diplodoco rispose: - Sì, ti aiuterò, ma prima devo capire chi mi ha mandato in questo mondo senza alberi, dove presto morirò di fame! Sono riuscito misteriosamente a salvarmi dal meteorite e ora rischio di morire per una manciata di foglie!!! Dai, esci da lì! -Scherzi? Se mi vedono i bulletti, cominciano a tormentarmi. E io sono stanco, preferisco stare in solitudine. Vai in cerca di cibo e ritorna quando sarà buio: di notte i cattivi dormono e io potrò girare tranquillamente. -Forza, esci da quell'orribile posto, altrimenti prima o poi gli umani ti porteranno via insieme ai rifiuti! Per risolvere il problema, non devi nasconderti, ma far capire loro che stanno sbagliando. Codastorta si fece coraggio e si avvicinò piano piano al dinosauro, guardandosi intorno con occhi spauriti. Si incamminarono verso il bosco più vicino e il diplodoco, per quanta fame aveva, spelacchiò quasi tutte le chiome degli alberi: senza le foglie sui rami, i raggi del sole penetrarono con forza in quel luogo e il diplodoco disse al piccolo amico: - Il sole è vita, non deve spegnersi per colpa dell’uomo! Partiremo con la macchina del tempo e arriveremo nel futuro per fotografare l’ambiente e far capire agli umani che è ora di cambiare comportamento se non vogliono fare la fine dei dinosauri. Andiamo a chiamare il mio caro amico Bido: costruisce cassonetti colorati, è un ragazzo buono e sono sicuro che ci aiuterà – disse felice Codastorta. Mentre camminavano, il topino vide i bulletti avvicinarsi e il suo sorriso si spense; corse a nascondersi dietro al dinosauro che esclamò stupito: - Sono quelli i cattivi? Ma sono piccoletti, piccoletti come te! Il topo dalla coda storta rimase in silenzio a pensare, poi disse: - Si chiamano Rick, Ron e Sanick e sono proprio terribili. Mentre parlava, gli cadde una lacrima e…i tre non aspettavano altro per cominciare a torturarlo: - Che fai fifone, ti nascondi dietro al tuo amico verde? A quelle parole, Codastorta sentì una rabbia talmente grande nascere dentro al suo corpo, che cominciò a prendere coraggio; avvicinandosi ai tre bulli, con sguardo minaccioso disse: - Non ho voglia di perdere tempo con voi che andate in giro tutto il giorno a fare del male ai vostri simili! Io voglio vivere alla luce del
- 33 -
sole per fare del bene, non mi va di passare la mia giornata a nascondermi per causa vostra. Andiamocene- disse rivolgendosi al diplodoco. I topastri erano rimasti di stucco tanto che le parole non uscivano dalla loro bocca.; invece il diplodoco era felice perché il suo piccolo amico si era trasformato finalmente in un vulcano in eruzione, vincendo la paura. I due amici corsero a chiamare Bido che quasi svenne alla vista del dinosauro, ma Codastorta lo tranquillizzò, raccontandogli tutto quello che c’era da sapere; il ragazzo decise di aiutarli, prese il tablet e iniziarono insieme l’avventura. La macchina del tempo partì alla velocità della luce e incominciò a volare. Dopo un po’i viaggiatori sentirono una voce robotica che diceva: - Benvenuti! Il diplodoco aprì la porta e vide il cielo scuro, la terra arida e spoglia. - Che luogo triste! - esclamò. - Cos’è questo schifo? - disse Bido. - Landfill nel 2050! - precisò il dinosauro - Non c’è un minuto da perdere: scatta le foto, Bido, e ritorniamo immediatamente nel 2019. Appena atterrarono nel presente, il ragazzo si diede da fare per inserire le foto su youtube e facebook , le spedì ai giornali e rilasciò interviste con la speranza di far capire agli uomini l’importanza di sprecare di meno, di fare la raccolta differenziata e di riciclare la plastica anziché gettarla in ogni luogo, addirittura anche in mare. I tre amici avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per cambiare il futuro ed era arrivato il momento di salutarsi. Il gigante verde volle lasciare in regalo al dolce topino delle parole speciali: - Ora sei un eroe e non devi più aver paura di niente e di nessuno. CHI HA RISPETTO PER GLI ESSERI VIVENTI E NON VIVENTI troverà sempre dei veri amici che lo aiuteranno nei momenti di difficoltà. Codastorta sorrise e lo ringraziò, poi disse: - A proposito, non mi hai ancora detto il tuo nome! - Mi chiamo TEMPO – rispose con un misterioso sorriso il gigante verde e si allontanò con la sua prodigiosa macchina. Autore: Classe III Scuola Primaria “L. Mercantini” Istituto Comprensivo Ancona Nord (AN)
- 34 -
La scomparsa di Ciambella Ciambella è un cane che vive libero in un paese di campagna. E’ simpatico, gioca con tutti i bambini ed è molto goloso…indovinate un po’… ma di ciambelle, naturalmente! Davide, Martino e Giulio lo portano spesso al parco a giocare con loro a palla, Mariachiara, Selin ed Edo gli fanno il bagnetto una volta alla settimana, Niccolò, Matteo e Lara sono incaricati della passeggiata serale, mentre Giorgia, Matilde e Francesca di quella mattutina infine Davide, Lorenzo e Giulia gli portano le crocchette. Insomma, tutti si danno da fare per Ciambella! Nello stesso paese vive anche un gatto che si chiama Orfeo. Orfeo combina un sacco di guai: sporca i panni stesi ad asciugare, mangia i dolci della nonna, non si lascia mai accarezzare, se qualcuno si avvicina lo graffia. Un giorno, mentre Ciambella mangiava la sua bella razione di ciambelle appena sfornate, Orfeo con un balzo le fa cadere nel fango; immaginate il muso di Ciambella…per la rabbia comincia a rincorrerlo ma , essendo un gran mangiatore di ciambelle, il suo fisico è rotondetto e quindi non è agile come quello di Orfeo! Ad un certo punto Ciambella non lo trova più e si perde in un sentiero sconosciuto, inizia a lamentarsi per la paura e il suo lamento viene sentito da un altro cane, bello e robusto, con un folto pelo bianco e grigio e due splendenti occhi azzurri. Ciao, come ti chiami?- abbaia Ciambella al nuovo arrivato. Io sono Tommy, il cane del Soccorso Alpino. Tu chi sei e che cosa fai qui?risponde Tommy Io mi chiamo Ciambella e mi sono perso correndo dietro a uno stupido gatto! Ora non so più trovare la strada di casa. Seguimi, non aver paura, ti porterò nel mio territorio. I due cani si avviano per un sentiero e iniziano ad arrampicarsi sulla montagna, ma Ciambella ad ogni metro che conquista ne perde due perché, non essendo molto allenato, scivola e rotola sulla sua pancia piena! Tommy lo aiuta e lo spinge con forza così riescono a scalare metà montagna. Ad un tratto un ululato rompe il silenzio della montagna: sono Tommy e
- 35 -
Ciambella che spaventatissimi si imbattono niente di meno che in uno Yeti … un essere mostruoso, tutto ricoperto di neve e ghiaccio…i due si avvicinano incuriositi e sentono provenire da quell’ammasso di neve un lamento flebile. Tommy allora con le sue zampe inizia a togliere un po’ di neve e compare una piccola bambina, spaventata e infreddolita. Tommy non aspetta un secondo di più e corre velocissimo verso la base del Soccorso Alpino. Appena arrivato abbaia forte, chiedendo agli uomini di seguirlo. I soccorritori arrivano, vedono la bambina e la portano subito in salvo. Tommy e Ciambella ritornano in paese, stanchi ma felici per aver salvato una bambina. Appena arrivati tutto il paese è in festa, il sindaco e i genitori della bambina vogliono premiare i due cani eroi: per Tommy salsicce e per Ciambella ciambelle a volontà! Il sindaco dona loro anche una medaglia con i loro simboli: salsicce e ciambelle! Dopo qualche giorno Ciambella sente nostalgia di casa e dei suoi amici bambini. Allora Tommy decide di accompagnarlo nel suo villaggio facendosi aiutare dal Soccorso Alpino. Giunti al villaggio tutti i bambini riconoscono il loro amico e decidono di fargli una bellissima festa. E così Ciambella si ritrova a mangiare ancora tante deliziose ciambelle!
Autore: Classe II Scuola Primaria “L. Mercantini” Istituto Comprensivo Ancona Nord (AN)
- 36 -
Il mio nome è Kate Il mio nome è Kate, sono una cagnolina brava ed educata, sono buona e non mordo mai, dormo poco, amo passeggiare nel bosco e stare con le persone. Fin qui, una storia del tutto uguale a tante altre. Eppure io sono “speciale” e non so nemmeno se la storia che sto per raccontarti può essere inserita tra le storie di amici a quattro zampe. Mettiti comodo, ora ti spiegherò. Tutto iniziò all’età di sei mesi…… Vivevo nel bosco, mi divertivo tantissimo e quando camminavo sulle foglie secche si sentiva un bel rumore; avevo paura di tante cose per esempio dei bruchi, dei ragni e di molte altre cose ancora. Quando pioveva mi mettevo sotto gli alberi oppure dentro piccole grotte al buio e in quei momenti non mi divertivo per niente, poi aspettavo che finisse di piovere e andavo a saltare nelle pozzanghere di fango. Non ti immagini quanto sia meraviglioso! Mi piaceva inseguire gli scoiattoli, giocare con le foglie e con i miei fratelli e sorelle, sentire gli odori del bosco, ascoltare il canto degli uccellini. Ti chiederai perchè vivevo nel bosco...già...non ho ancora spiegato perchè la mamma scelse di far nascere me i miei fratelli in una grotta in un bosco... La mia mamma era una cagnetta senza padrone e per lei non sarà stato facile farci crescere tutti quanti ma è stata molto brava e coraggiosa e ci è riuscita. Per noi cuccioli il bosco è stato una meravigliosa casa. E la nostra vita è continuata serena e giocosa fino a quel giorno in cui un tremendo acquazzone colpì il bosco e io per cercare rifugio dai tuoni che mi impaurivano e i lampi che mi terrorizzavano entrai in una grotta buia e puzzolente. Non avevo nemmeno fatto in tempo a tirare un sospiro di sollievo che mi piombò addosso” una cosa” che non conoscevo: aggressiva e forte, la sua ombra sulle mura della grotta la faceva sembrare grandissima. Mi buttò a terra, sentii un dolore fortissimo, cercai di alzarmi per difendermi, ma sentivo la mia zampetta posteriore debole, come se non ci fosse. Il tasso mi prese al centro del collo con la sua bocca, mi immobilizzai e lui mi gettò fuori dalla grotta. Lì fuori, sola, impaurita, dolorante, infreddolita gridavo aiuto ma non arrivava nessuno. Se ci fosse stata la mamma mi avrebbe portata dal saggio del bosco, un vecchio lupo con una cicatrice sull’occhio e il pelo arruffato; lui mi avrebbe salvata di sicuro.
- 37 -
Al mattino, quando aprii gli occhi, vidi due ragazze che si stavano prendendo cura di me, mi avevano presa e portata …..non nella loro casa...ero in un luogo che profumava di disinfettante e medicine. Faticai a capire, poi mi resi conto di due cose: ero in un ambulatorio e la mia zampa posteriore sinistra non c’era più. Rimasi immobile, provai a capire cosa dicevano ma io non conoscevo la lingua degli umani...Poi, finita la visita, mi fecero entrare in una scatola rumorosa che si muoveva da sola e che si fermò davanti ad una casa dalla quale uscivano odori meravigliosi che risvegliarono la mia fame, visto anche che non mangiavo più da tempo. Ero molto emozionata, però lì io non sapevo cosa fare, mi sentivo un pesce fuor d’acqua! Mi ci volle poco a capire che le mie due nuove mamme lavoravano in un ristorante e che era bene che io le aiutassi nel loro lavoro. Le vedevo alzarsi presto al mattino, correre continuamente, cucinare , parlare con gli ospiti….e io? Non potevo mica stare a guardarle! Loro mi avevano salvata! Appena recuperai le forze, iniziai la mia nuova vita. Facevo la guardia, avvisavo quando nel parcheggio arrivavano delle auto, mi facevo accarezzare da tutti, accompagnavo i clienti al loro tavolo, raccoglievo da terra gli oggetti che venivano dimenticati e li portavo davanti alla porta della cucina (nella mia carriera ho raccolto: una sciarpa, un portafogli, 5 euro, un giocattolo, un mazzo di chiavi). Stare al ristorante è stato proprio bello: ero al sicuro, mi rendevo utile, ho avuto coccole e pranzetti formidabili! Nel tempo libero, andavo a giocare con un’altra cagnetta che abitava vicino a casa mia e mi divertivo tantissimo con lei: giravamo per il bosco, annusavamo tartufi e li portavamo in dono ai nostri amici umani, ci rincorrevamo e in tante corse sono stata più veloce di lei, cacciavamo topi e stavamo alla larga dalle tane dei tassi. Un giorno ero andata a giocare con lei senza avvisare nessuno; quando le mie salvatrici hanno telefonato a casa della mia amica per avere notizie erano arrabbiatissime e mi è bastato sentire il loro tono di voce al telefono per tornare a casa con la coda tra le gambe, lo sguardo languido e le orecchie basse. Ora gli anni sono passati e sono invecchiata e diventata cicciottella, non faccio più la cameriera però nella mia vita ho avuto tante gioie: ho avuto tanti amici che mi hanno amata e io ho amato loro, ho dormito in una cuccia accogliente e calda, sono
- 38 -
diventata mamma ed ho avuto quattro splendidi cuccioli. In tutti questi anni non mi sono quasi accorta di non avere una zampa perché la mia vita è stata come quella di tanti altri cani. Forse ...se non mi fosse successo tutto questo, probabilmente non sarei qui a raccontarti la mia storia. Il tempo non è passato solo per me ma anche per le mie padrone ma loro sono rimaste bellissime, allegre, buone e brave a cucinare e mi hanno sempre assistita, anche quando ho partorito i miei quattro bellissimi figli (figli è una parola strana, come tutte le parole che dicono gli umani). Con il passare del tempo, quel luogo con il signore che profuma solo di medicine e disinfettanti me lo sono fatto piacere, ora ci portiamo i miei cuccioli ed io sono molto contenta che i piccoli non ringhiano al signore (sono orgogliosa di questa cosa perché significa che li ho educati bene). Da quando avevo sei mesi ho sempre visto la mie adorate crocchette a forma ad osso al lato destro della porta d’ingresso e ho sempre sperato che non finissero mai! Fortunatamente nella mia vita non ho visto più nemmeno un tasso e di questa cosa sono molto felice! Adesso sai tutto di me e spero che la mia storia ti sia piaciuta; ora... devo andare... questo tempo che ti ho dedicato spero che per te sia stato prezioso, vedrai che ci rivedremo (in una altra storia). Ti saluto, devo andare a parlare con un altro bambino, alla prossima!!! Aspetta ancora un momento... non ti ho detto... tutto quello che hai letto è una storia vera... il mio nome è Kate.
Autore: Classe IV sez. unica Scuola Primaria “L. Mercantini” Istituto Comprensivo Ancona Nord (AN)
- 39 -
Illustrazione di Francesco Cicarilli
Scuole Primarie Provincia di Fermo
La citta’ di Zootropolis C’era una volta una città di nome Zootropolis , una città proibita a tutti gli animali.. I bambini chiedevano ai loro genitori di avere un animale domestico per il compleanno, ma la risposta era sempre quella: no! Un tempo gli animali c’erano a Zootropolis poi un giorno il sindaco incolpò gli animali dello sporco e dell’ inquinamento della città e li cacciò. Gatti, cani di tutte le razze, criceti, scoiattoli, capre, pecore, conigli, pesci e tartarughe, tristi lasciarono la città e trovarono rifugio in una foresta magica dove dei nuovi amici, gli animali selvatici, insegnarono loro come vivere nella natura. Gli animali selvatici decisero di presentarli al loro re perciò insegnarono loro a cacciare costruire tane, trovare erbe. L’ultimo step. prima di presentarsi al re, era dimostrare di essersi affezionati a quella foresta. Un cucciolo di cane di nome Zuma, aveva troppa nostalgia della sua casa e non riuscì a superare questa prova perché pensava sempre al suo padrone Alessandro. Zuma ricordava i bei momenti: - Come mi piaceva giocare a riporto, fare le passeggiate andare al parco con Alessandro, era bello andare dal vicino a fare gli scherzi al suo cane Zeus. Io con Zeus non ci andavo d’accordo perché lui era un aski ed io un bassotto, ora nella foresta sono amico di Zeus però mi piacerebbe tornare in città.Intanto anche il padrone di Zuma sentiva nostalgia del suo cane e pensava: -Che brutta questa città! Non ci sono animali che ci danno aiuto e affetto, noi bambini siamo tristi: loro ci regalavano il sorriso. Il mio amico ipovedente non può più uscire da solo perché non ha più il suo cane guida; la nonnina che mi abita vicino, non si sente più utile senza i suoi canarini Cip, Ciop e Ciap; non esce più nessuno perché non ci sono animali che ti fanno compagnia durante le passeggiate; le nostre case non sono sicure senza i cani da guardia.Il giorno seguente Alessandro andò a chiamare i suoi amici a due zampe cioè tutti i Giacomo, tutti i Leonardo, tutti i Lorenzo, le Greta e…insomma tutti noi bambini. I bambini andarono a chiedere al saggio della città, il vecchio Kristiano che
- 42 -
sa tutto, dove fossero gli animali e lui svelò il posto dove si erano rifugiati: la foresta magica. Arrivati, incontrarono Zuma che, con nostalgia, guardava la città cercando di scorgere la casa del suo padroncino Alessandro. Alessandro e Zuma si abbracciarono e poi Zuma portò i bambini dagli altri animali. Gli animali promisero di tornare in città solo se gli uomini l’avrebbero pulita dall’inquinamento. I bambini andarono dai genitori ed insieme si recarono dal sindaco, riferirono le condizioni degli animali, il sindaco però rifiutò perché il paese non aveva abbastanza soldi per finanziare le spese di bonifica. I cittadini si impegnarono con generosità a: 1 - fare correttamente la raccolta differenziata 2 - usare solo detersivi biodegradabili 3 - non gettare nulla a terra o nel mare 4 - usare automobili elettriche 5 - andare a piedi o in bici nei brevi tragitti 6 - usare i mezzi pubblici in particolare il treno 7 - usare l’energia solare per l’illuminazione 8 - non sporcare l’acqua 9 - piantare alberi e organizzare spazi verdi 10 - mettere filtri ai camini delle fabbriche E infine in coro promisero di pulire gli animali e di raccogliere i loro bisogni. Dopo mesi di lavoro, la città fu pronta e, nella notte di Natale, arrivarono le cicogne che consegnarono un cucciolo ad ogni famiglia. Cuccioli e padroni da quel giorno andarono molto spesso a passeggiare nella foresta magica. Oggi tutte le città vorrebbero essere come Zootropolis, un luogo degno del suo nome, dove tutti a due o quattro zampe si sentono accolti e amici. Autore: Classe IV B Scuola Primaria Cupra Marittima ISC Cupra Marittima Ripatranzone (FM)
- 43 -
Un eroe a quattro zampe C’era una volta un cagnolino di nome Billy. Viveva a Felicilandia, un paese pieno di gioia ed amore. C’era sempre il sole e, nell’aria, profumo di lavanda. Tutte le case erano di legno dipinte di colori caldi e vivaci. Le persone quando si incontravano, si guardavano negli occhi, sorridevano e si abbracciavano. Billy era un cane meticcio, di taglia media, peloso con il pelo bianco e nero. Sul dorso aveva una chiazza bianca a forma di cuore. I suoi occhi erano azzurri, le sue orecchie a punta e la coda era lunga e folta. Billy amava viaggiare e un giorno decise di visitare il paese di Tecnolandia perché aveva sentito, dai suoi amici cani, che era un luogo bello e pieno di attrazioni. Si raccontava che c’erano statue a forma di robot, una ruota panoramica che permetteva di visitare tutto il paese, droni, gatti elettrici e tante altre cose strane. Billy si mise in cammino e appena arrivò… Che delusione! Era, sì un paese tecnologico, ma inquinato e privo di amore. Il cielo era plumbeo. C’erano solo grattacieli alti, grigi o neri. Le automobili emettevano gas inquinanti che rendevano l’aria irrespirabile; c’erano tantissime industrie che emenavano fumi tossici. Le persone indossavano una mascherina sulla bocca e tutte avevano la testa china concentrate ad utilizzare cellulari e tablet per comunicare anche con quello che avevano accanto. Mentre passeggiava per la città, Billy stava quasi soffocando per lo smog quando vide una bambina seduta in un angolino. Si chiamava Sofia, era esile, con capelli castani con delle sfumature bionde come le spighe di grano dorato. Gli occhi erano verdi e tristi. Stava piangendo disperata. Billy le si avvicinò e leccò le sue lacrime. Sofia lo guardò e cominciò a raccontare a quel buffo cane che era triste perché aveva perso il suo cellulare e per questo motivo non poteva più comunicare con nessuno. Billy la guardava con tenerezza; tra i due nacque subito una sincera amicizia e Sofia lo portò a casa sua per dargli una mascherina. Sofia mostrò subito a Billy la sua stanza. Appena entrarono sentirono
- 44 -
qualcosa muoversi sotto i loro piedi, una piastrella non era ben fissata. La sollevarono e scorsero sotto un cunicolo. Si calarono dentro e strisciarono fin ad arrivare in una grotta dove videro un vecchio baule chiuso a chiave. Cercarono la chiave, ma niente finché il cane si accorse di una piccola fessura sulla parete della grotta, ci infilò la zampa e trovò la chiave. Sofia la infilò nella serratura del baule e … Che meraviglia! Il baule era pieno di tantissimi giocattoli; erano di legno, dipinti a mano con colori variopinti. Man mano che li tiravano fuori il baule non si svuotava mai… sembrava una fabbrica in continua produzione. Tra i giocattoli c’era anche uno strano collare. Subito Sofia lo attaccò intorno al collo di Billy e il cagnolino si alzò sulle zampe posteriori con un mantello verde metallizzato e un gilet con stampata la sigla SB sul petto: -Ciao Sofia, cara amica mia, io sono SUPERBILLO, ho una super intelligenza e sono pronto a salvare, insieme a te, Tecnolandia! Sofia sgranò gli occhi. Billy parlava!!! I due amici si misero subito all’opera per escogitare un piano per salvare il paese. Con i giocattoli Sofia allestì una bancarella fuori dal grattacielo dove viveva e iniziò ad attirare l’attenzione urlando:- Cellulari gratis! Non perdete quest’occasione! Tutti iniziarono ad alzare lo sguardo dal loro mezzo tecnologico e ad incuriosirsi alla vista di quegli strani oggetti. In particolar modo i bambini iniziarono a prenderli, ma non sapevano come funzionavano. Poi fecero una grande scoperta… ci si poteva giocare ed era veramente divertente! La voce si sparse e ogni giorno centinaia di bambini o genitori erano in fila per potersene accaparrare uno. Tutti i bambini cominciarono ad non usare più cellulari, tablet… anzi si radunavano nelle piazze o nei giardini per giocare, anche qualche adulto ogni tanto si fermava con loro. Intanto SUPERBILLO era all’opera nell’appartamento di Sofia per inventare qualcosa per salvare Tecnolandia dall’inquinamento. Dopo giorni e giorni riuscì a inventare uno strano oggetto che divorava rifiuti e produceva
- 45 -
carburante ecologico… catturava l’aria inquinata e la restituiva ricca di ossigeno. Subito produsse centinaia di questi oggetti e li collocò in giro per il paese. Con il passare del tempo i grattacieli non erano più neri o grigi, ma bianchi; l’aria respirabile, i cittadini non dovevano più indossare le mascherine e, come per magia, iniziarono a guardarsi negli occhi, a salutarsi e a scambiarsi quattro chiacchiere. Una bella mattina nel cielo riapparve il sole con i suoi raggi luminosi e caldi. Super Billo aveva compiuto la sua missione, finalmente poteva ritornare a Felicilandia. Decise con Sofia di togliersi il collare e ritornare il semplice cane Billy, lo sotterrò in un posto sicuro per poterlo usare in caso di una nuova emergenza. Billy ritornò nel suo paese, ma ogni tanto andava a trovare la sua amica Sofia nel paese, non più di Tecnolandia, ma di Ecogiocattolandia, così il Consiglio Comunale aveva deciso di chiamarlo e Sofia era sempre nella sua bancarella a donare giocattoli.
Autore: Classe V A Scuola Primaria “Cesare Murani” di Massignano I.C. di Cupra Marittima e Ripatransone (FM)
- 46 -
Disegna il tuo animale del cuore!
- 47 -
Illustrazione di Marco Lorenzetti
Scuole Primarie Provincia di Macerata
Il mio migliore amico È: furbo grosso veloce veloce simpatico dolce carino giocherellone grande coccolone adorabile. Si strofina sulla mia pancia come fossi un cuscino. Mi piace giocare insieme a lui, fare le gare di velocità. È il mio migliore amico, non so cosa farei senza, mi rende felice. Quando sono triste mi lecca le manine, mi fa ridere e divento felice, non sento più la solitudine! Il mio animaletto sei tu, ti voglio più bene dell’universo: è stata lei a scegliermi venendo in casa, l’abbraccio e la stringo forte, non mi sento più sola!
Autore: Classe II Scuola Primaria “Anna Frank” Istituto comprensivo “Enrico Fermi” - Macerata
- 50 -
Scompiglio il magiconiglio Io sono Luca e quella mattina, Tino il mio lettino, così morbido, proprio non mi voleva lasciare andar via. – Dove vai? Resta qui al calduccio – mi diceva – Dai, ancora un altro po’, non lasciarmi così solo. Tornerai solo stasera, ti pare bello? Io non risposi, ma lo guardai tentato, era così soffice e caldo. Ma, dovevo andare a scuola. Eh sì, mi toccava proprio. Feci colazione (poca), c’era però qualcosa di strano nell’aria, chissà cos’era? Boh! Andai a scuola per niente contento, sarebbe stata un’altra giornata … pesante. Mentre la maestra parlava non riuscivo a fermare i miei pensieri: avrei voluto essere in giardino a giocare con i miei cani, o nella mia cameretta a costruire quel modellino di aereo che avevo iniziato; fuori era una bellissima giornata, come sarebbe stato bello andare a giocare con la terra nell’orto, piantare fragole … pensavo alla storia del Mago di Oz, si sarebbe potuto fare una recita se ci fosse stato il teatro … dovevo concentrarmi altrimenti non avrei capito niente. Mentre ero assorto in questi pensieri notavo che anche altri compagni si distraevano: Lorenzo S. giocava con le penne, Hawawu faceva un disegnino, Enrico roteava il suo temperino come fosse un aereo … Ma cos’era quello!! Un guizzo! Avevo captato un movimento veloce sul pavimento ma non vedevo niente! Eppure ero sicuro: qualcosa si era mosso. Massimo mi guardò, si, anche lui aveva visto qualcosa! La maestra continuava imperterrita con la preistoria ma l’attenzione di noi tutti era svanita. Lei se ne accorse e ci invitò a fare una pausa. Subito ci catapultammo fuori dall’aula. – L’hai visto anche tu? - chiesi a Massimo. – Si, anch’io ho visto qualcosa, ma cos’era? – Tornammo in aula decisi a svelare il mistero. Susanna e Lucia stavano parlottando cercando sotto i tavoli. – Allora anche voi l’avete visto!! – Si, si, ma non sappiamo cos’era! – disse Susanna. Al rientro la maestra annunciò che c’era una sorpresa per noi, arrivava direttamente dal Ministero: per far appassionare i bambini alla cura e al rispetto di un animale da compagnia aveva autorizzato a tenere a scuola un coniglio vero, in carne e ossa, non un peluche! Il mio umore si risollevò immediatamente, guardavamo tutti quell’esserino con una voglia matta di prenderlo in braccio ma ciò gli avrebbe causato un forte stress e fummo invitati a sederci e a riprendere la lezione. Ma ora era proprio impossibile
- 51 -
rimanere concentrati! - Cosa c’è bambini? Vi vedo scontenti e poco concentrati. Se il coniglio vi disturba lo mettiamo in un’altra stanza! – disse la maestra. – No, no, è che … - rispose Alessia - …bè, non so perché ma oggi la mia testa non ne vuol sapere di storia. – - Va bene, allora vi lascerò un po’ liberi di osservarlo, speriamo che ciò vi aiuti a riprendere la concentrazione, dobbiamo assolutamente concludere oggi il capitolo sull’Homo erectus! – Felicissimi, ci avvicinammo al coniglio che ci guardava con un’aria un po’ … sorniona, sembrava strano. Daniele cominciò a parlargli: - Ciao coniglietto come stai? – - “Abbastanza bene ma, preferisco stare su un prato che sul pavimento, qui non c’è nessun nutrimento!” – Coosa? Il coniglio parlava! – Maestra, maestra! Il coniglio ci ha parlato! – gridò Lorenzo M. – Non dire sciocchezze Lorenzo! Quando ti deciderai a scendere dal tuo mondo fantastico? Adesso ci mancava pure che un coniglio parli! – La maestra era un po’ irritata ma noi tutti gridammo in coro: - Si, si, ha parlato! - esasperata disse: - Ok, va bene, va bene. Io intanto preparo le fotocopie per dopo, giocate un altro po’ e poi ricominciamo. Tornammo ad osservarlo con immensa curiosità – “Allora? Cosa c’è da guardare, non avete mai sentito un coniglio parlare?” - Veramente no! – disse Amadou. – Ma com’era possibile che solo noi bambini potessimo sentire le sue parole? La maestra nel frattempo aveva acceso la LIM e ci invitò a sederci per riprendere la lezione. Uffaa! A malincuore ci rimettemmo ai nostri posti mentre lei iniziava a mostrarci un video sulla vita degli uomini preistorici. Come sarebbe stato bello poter entrare nella LIM per vedere dal vivo come viveva l’Homo erectus. Come per incanto mi ritrovai nella savana, accanto ad una caverna in cui alcuni individui stavano scheggiando delle pietre!! Era come se il mio pensiero si fosse avverato! Al suono della campanella scappammo nel corridoio per la ricreazione e raccontai ai miei compagni cosa era successo. Non mi credevano. Allora Dame disse: - Si, allora io vorrei un bel campo da calcio in giardino! – Bè, non ci crederete, immediatamente comparve un campetto con tanto di pallone nel nostro giardino. – E io vorrei un laboratorio per costruire le cose!
- 52 -
– affermò con slancio Giorgio. E nell’aula si materializzò un laboratorio pieno di attrezzi. – E io vorrei tanti costumi per giocare! – disse Irene. Ed ecco una scatola piena di costumi. – Mi piacerebbe che in giardino ci fossero tanti animali – disse Petru e vedemmo nel giardino cani, gatti, gechi, farfalle: sembrava uno zoo! - Io vorrei le sedi più morbide – dichiarò Isabella. Le nostre sedie si erano trasformate in poltrone su cui adagiarsi comodamente, erano dei troni per principesse e principi, la nostra aula era diventata uno spazio fantastico. Wuaaaaaaaaaauuuuuuuu … ma cos’era successo alla nostra scuola??? Era proprio una magia! Ogni nostro desiderio si stava avverando!!! Sicuramente era merito del coniglio, non poteva essere diversamente. Ma come aveva fatto quell’esserino a quattro zampe, non troppo appariscente, a realizzare queste magie. Mi misi ad osservarlo con attenzione. Era bianco, con un pelo soffice, liscio, un musetto da sembrare levigato, due orecchie appuntite, quattro zampette agili e scattanti di chi ha l’aria d’essere veloce. Candido come un batuffolo aveva portato in mezzo a noi un magico scompiglio. Tra le zampe teneva stretto stretto un oggetto usato dai maghi per le loro esibizioni … era un cappello a cilindro! - Ehi! Magico Coniglio, qual è il tuo nome!? - gli chiesi. – “Ciao Bambino, alla tua domanda innocente per me rispondere diventa sconveniente, io non ho un nome bambino curiosetto …e quel che vedi oggi intorno a te non è di certo un mio scherzetto.” - Non capii cosa volesse dire e intanto tutti gli altri miei amici si strinsero intorno a noi ... Il coniglio allora, con voce assai autorevole, si rivolse a tutti maliziosamente… - “Bambini, il mio nome volete sapere, ma io un nome non posso avere. I nomi appartengono alle cose esistenti… e io, questo non lo avevate previsto, non esisto … se non dentro di voi! Io sono il Magiconiglio di questo cilindro… ma voi siete il cilindro di un altro Magiconiglio. Non dimenticatevi mai di tirarlo fuori, ogni volta che ne avrete bisogno lui ci sarà, ognuno di voi uno ne ha, e ricordatevi che la magia non sta mai nel fare centro ma nel riuscir a tirar fuori tutto quello che si ha dentro!! Non sono stato certo io oggi a far la magia, siete voi che avete preso la sua via. E percorrerla, vedete, lo potete fare ogni volta che volete. Ah! Quasi dimenticavo, come per ogni altra via,
- 53 -
si può cadere anche nella via della magia, non temete le ferite difficili da rimarginare, perché è proprio da lì che tanta luce potrà entrare.” Ascoltate queste parole, rimanemmo in silenzio e le lasciammo cadere come semi nel terreno del nostro cuore, vedemmo il Magiconiglio allontanarsi, anzi sparire, ma avevamo capito una cosa: la magia è nella visione di un desiderio e nell’impegno che possiamo mettere nel volerlo realizzare.
Autore: Classe III Scuola Primaria “Anna Frank” Istituto comprensivo “Enrico Fermi” - Macerata
- 54 -
Amici per sempre C’era una volta un cagnolino chiamato Willy. Era una cane ricco e fortunato perché viveva in una villa lussuosa e la sua cuccia era adornata con pietre preziose. Il nostro Willy era un labrador dal pelo bianco e soffice. D’inverno indossava un mantellino rosso ricamato con fili d’oro. Tutte le cagnoline erano invaghite di lui. Per i suoi padroni era il re della casa, tanto gli volevano bene e ne erano orgogliosi che lo facevano partecipare a tutte le competizioni cinofile. Willy aveva vinto tanti premi; quello di cui era più fiero era una medaglietta d’oro che portava sempre al collo. Tutto queste gare, però, non gli permettevano di avere amici. Ma all’improvviso tutto cambiò. Un giorno incontrò una cagnolina dal muso dolce, dagli occhi languidi e dal pelo rossiccio: il suo nome era Scarlett. Lei era unica in tutta la città, molto diversa da tutti gli altri animali e per questo sempre tanto sola. Per avere compagnia passava le giornate vicino al laghetto e parlava con la sua immagine riflessa nell’acqua. Willy e Scarlett avevano un proprio carattere: lui rumoroso, atletico e sempre impegnato in “palestra”; lei, invece, era delicata e tanto vanitosa. Per questo motivo, la prima volta che si videro al laghetto si trovarono molto antipatici e non avevano nulla da dirsi eppure, non ci crederete, piano, piano riuscirono ad intendersi. Willy si sentiva triste e solo senza di lei ma non sapeva come fare per portarla in un posto diverso dal laghetto; finché un giorno gli venne in mente di farle un regalo speciale: prese dal suo cestino del pranzo degli ossi con cui costruì una cornice: Ora mancava lo specchio…dove trovarlo? Willy allora salì sul Monte vicino alla città dove viveva il Mago delle Nevi, il quale gli diede una lastra del suo speciale ghiaccio magico che non si scioglie mai, da usare come specchio. Ora la cagnolina Scarlett poteva specchiarsi ovunque e iniziò ad accompagnare Willy in “palestra” e a tutte le gare. Adesso c’era qualcuno che teneva a lui; si sentiva felice e sempre più forte. Dopo diverse gare conquistò un’altra medaglia d’oro che gli permise di entrare nel Guinness dei Primati
- 55 -
per le sue molteplici vittorie. Ora Willy e Scarlett non erano più soli; avevano conosciuto il valore dell’amicizia e della solidarietà. Adesso il loro compito era quello di aiutare gli altri animali a realizzare i propri sogni, perché con l’aiuto di un amico tutto si può ottenere. Willy, grazie a Scarlett aveva vinto gare prestigiose e Scarlett ora non aveva più bisogno del suo specchio perché lo sguardo dell’amico era il “vero specchio della sua vita”. L’amicizia vale oro, ed io la adoro. Tutti sanno che è preziosa E tra tutte è la più graziosa, come dei cristalli luminosi che ci rendono coraggiosi. Oggigiorno è poco apprezzata Ma da alcuni è ancora amata; E saperla cercare responsabilmente Ci aiuta ad ingrandire il cuore e la mente.
Autore: Classe IV Scuola Primaria “Anna Frank” Istituto comprensivo “Enrico Fermi” - Macerata
- 56 -
Un lupetto per amico La mattina era serena, ma io sentivo l'aria carica di tensione. Verso le tre di pomeriggio, vidi uno sbuffo di fumo dal versante est della foresta. Fuoco! Presi una bacinella d'acqua e mi precipitai sul luogo. Durante il lungo tragitto, l'incendio si dilatava. Incrociai le dita e mi inoltrai nel bosco in fiamme. Ad ogni passo, perdevo la speranza di trovare qualcuno ancora vivo, ma, fortunatamente, sembrava che il luogo fosse totalmente deserto. Poi vidi in mezzo al rosso del fuoco, una lunga striscia vivida e brillante... Sangue! Un pensiero mi balenò nella mente: - Forse c'è qualcuno ferito o... già morto! Segui la traccia rossastra e alcune impronte, che sembravano proprio quelle di un animale a quattro zampe. Infine giunsi in una caverna scura. Presi un tizzone e avanzai sino alla parete di fondo dove, tra il denso fumo, intravidi una sagoma. Mi avvicinai titubante: spaventato e sanguinante, c'era un piccolo cucciolo di lupo. Lui mi guardò, ringhiò appena, poi stramazzò, stanco, stordito e ferito. Delicatamente lo sollevai e lo misi nella bacinella vuota. Aveva i peli un po' bruciacchiati, era caldissimo e per raffreddarlo usai le ultime risorse d'acqua. Guardai con dolcezza il suo corpo che si abbandonava lentamente e notai una cosa: la sua zampa posteriore sinistra era stata tranciata crudelmente. Lo presi in braccio con tutta la forza che mi rimaneva e mi allontanai velocemente da quel luogo pericolosissimo. L'incendio ormai divampava. -Fiùùù! - sospirai- Il lupetto l'ha scampata bella! E anch'io, a dire il vero! Lo portai da un mio amico veterinario che lo esaminò con attenzione: sul corpo riscontrò varie ferite ancora aperte e diverse cicatrici, sicuramente doveva aver anche patito gli stenti della fame; mi disse che era in codice rosso, ma non in pericolo di vita. L'unica cosa che, purtroppo, non si poteva salvare era la zampa massacrata. Si poteva tentare di mettere una protesi in ferro, ma non garantiva che l'operazione potesse riuscire. Lo supplicai di provare. Dopo diversi giorni di lunga attesa, finalmente il veterinario mi diede la buona notizia: l'operazione era andata a buon fine. Fui sollevato. Giorno dopo giorno le condizioni di Fiamma (questo era il nome che avevo scelto per lui) migliorarono. Mi divertiva osservarlo mentre mordicchiava la protesi, credendo che fosse un osso o quando provava a sollevarsi, ma era piuttosto traballante! Stavo pensando di lasciarlo alla clinica per animali per
- 57 -
poi rimetterlo in libertà, quando qualcosa di rasposo e umido mi distolse dai miei pensieri: Fiamma mi stava leccando la mano. Lo tirai su, in braccio e lo accarezzai. Il lupetto mi guardava e gli angoli della sua bocca erano curvati verso l'alto. Sorrideva. Sentii un tuffo al cuore, lo strinsi forte e gli sussurrai: “Noi due diventeremo grandi amici, piccolo!”. Avevo deciso di tenerlo. Ci volle tanto tempo per farlo crescere e per insegnargli a rispettare le regole. Tra di noi nacque una grande amicizia: il mio affetto e le mie cure erano ripagati dalla sua fedeltà e obbedienza. Diventammo inseparabili: tanti passi facevo io, tanti ne faceva lui. A volte, prendevo l'arco e la faretra e con Fiamma mi inoltravo nella foresta. Improvvisamente, come se scattasse qualcosa nella mente del lupetto, lo vedevo partire a razzo (si fa per dire,data la sua zampa artificiale!), facilitato dalla sua agile stazza, tanto che facevo fatica a seguirlo. Quando lo raggiungevo, teneva sempre qualche preda in bocca, così tornavamo a casa, lui soddisfatto e io raggiante. Un giorno tornammo nella zona della foresta distrutta dall'incendio: vidi che il mio amico era notevolmente cresciuto da allora. Abbattemmo un cervo, ma l'odore del sangue attirò un enorme lupo dal pelo irsuto. Era pronto ad aggredirmi : caddi all'indietro, lasciando cadere l'arco, sentii scricchiolare i rami intorno a me, iniziai a vedere tutto buio, poi non vidi più nulla. Quando rinvenni, vidi Fiamma che mi leccava e l'altro lupo a terra, freddato. Lo abbracciai e gli dissi “Grazie!”. Mi aveva ricambiato il favore: mi aveva salvato da morte certa, come io avevo salvato lui. Oggi Fiamma vive ancora con me: ha dieci anni, tanti per un lupo! La nostra è un'amicizia molto speciale, un po' strana, ma stupenda. Dialoghiamo in una lingua che solo noi possiamo capire. E' proprio vero che l'amicizia non ha confini! Oh,scusatemi! Fiamma mi chiama: ci aspetta una nuova avventura, alla prossima! Autore: Classe V Scuola Primaria “Anna Frank” Istituto comprensivo “Enrico Fermi” - Macerata
- 58 -
Lotta all’ultimo formaggio a Caciocity Nel villaggio di Caciocity un topo di nome Clarence viveva in un cassonetto della spazzatura perché tutti lo cacciavano con disprezzo dalle proprie case. Clarence aveva un pelo spettinato come la criniera di un leone, l’occhio destro rosso come le squame di un drago e il sinistro turchese come il mare cristallino di Saranda, in Albania. Agitava in continuazione la coda sottile, lunga e di color rosa come la pelle dei maialini. Arricciava spesso il suo naso nero come l’ebano. In bocca brillavano denti d’oro come le monete da cinquanta centesimi. Il suo migliore amico era un canarino di nome Timotino. Lui e Clarence giocavano sempre a palla prigioniera. Un giorno, durante una partita, all’improvviso arrivò il peggior nemico dei topi: Gattivo! Era un gatto cattivo; era facilmente riconoscibile perché alla fine della coda aveva una piccola palla spinata come un riccio di mare, sulla schiena una corazza di aculei. Esibiva orgoglioso degli artigli e denti di fuoco come tante piccole fiammelle accese fra le fauci e sulle zampe. Il gatto era invulnerabile al calore, infatti riusciva a sputare fuoco. Clarence e Gattivo non erano semplici animali, ma avevano dei super poteri. Il topo aveva il potere di andare super veloce e di rivestire la sua coda con lamine di acciaio; invece Gattivo, oltre ad incenerire chiunque gli capitasse davanti, riusciva a chiudersi nel guscio e a rotolare alla massima potenza. Anche Timotino aveva una particolarità, fra le sue piume gialle ne spiccavano due blu che lo rendevano unico nella sua specie. Un giorno Gattivo bruciò tutto il formaggio del mondo per fare un dispetto al suo nemico Clarence. Le case dei topi si sciolsero in un lago di fonduta, le forme di parmigiano rotolavano dagli scaffali per finire nei crateri dei vulcani, le mozzarelle cominciarono a filare come lunghe funi. In un battibaleno la colonia dei topi, compreso Clarence, rimase senza case e senza cibo. Bisognava porre rimedio a questo disastro! Clarence, allora, sfidò il gatto e disse: “Non hai il diritto di bruciare tutto il nostro formaggio! Affrontiamoci in un duello: se vinco io, tu riprodurrai tutto il formaggio, se invece vinci tu, mi schiaccerai rotolando.” Gattivo accettò la sfida.
- 59 -
Timotino, sebbene volesse evitare la lotta, decise di restare accanto al suo migliore amico. I tre eroici animali si diedero appuntamento al tramonto nella Valle delle Scamorze; nessuno tardò e si accese subito una lotta spietata. Il canarino, non essendo abituato a lottare, fu subito colpito dalla coda spinata del gatto. Timotino, stramazzato a terra, prima di morire donò a Clarence le sue speciali piume blu. Fra le fiamme lanciate da Gattivo, il topo le prese e per non perderle le attaccò alle sue zampe anteriori. Mentre Gattivo si preparava a ferire il suo nemico roteando la coda spinata, Clarence, incoraggiato dal gesto eroico di Timotino, ricorse al suo super potere: sbatté a tutta velocità le zampe come le ali di un colibrì in volo e si accorse che dalle piume blu uscivano potenti spruzzi d’acqua. Decise di indirizzarli verso Gattivo per renderlo innocuo spegnendo i denti e gli artigli infuocati. Gattivo, oramai disarmato, si arrese e si consegnò a Clarence. Restava il patto da rispettare: il topo lo condusse nella Valle dei Pascoli dove, lavorando di gran lena sotto lo sguardo dei topi lattai, mantenne l’accordo producendo formaggi di ogni tipo. I topi poterono ricostruire le loro case e, per ringraziare Clarence, gli donarono la forma di formaggio più grande dove scavarono una lussuosa dimora. Gattivo, dopo aver saldato il suo debito ed essere stato perdonato, venne nominato e riconosciuto da tutti come guardiano del villaggio. Inoltre, per ricordare il gesto eroico di Timotino, venne creata in mezzo alla piazza una statua di in suo onore sulla quale spiccavano due lucenti piume di lapislazzuli.
Autore: Classe IV A Scuola primaria “Dolores Prato” Istituto comprensivo “Egisto Paladini” - Treia (MC)
- 60 -
Una storia di amici inseparabili Nei pressi della riserva naturale Tasman National Park in Australia, viveva una bambina di nome Giorgia insieme alla sua famiglia. La bambina, che aveva undici anni, amava molto gli animali, in particolare leoni e tigri. Suo padre era il direttore della bellissima riserva nella quale, da qualche tempo, accadevano fatti strani: qualcuno sottraeva animali di piccola taglia per prendere le loro pellicce, le zanne e i corni e poi venderli segretamente a prezzi altissimi. Gli animali vivevano nascosti ed in pessime condizioni: erano maltrattati e denutriti. Un giorno, mentre Giorgia passeggiava sola tra la natura incontaminata, vide un sentiero stretto e buio, lasciato incolto. Prese un po’ di coraggio e iniziò ad esplorarlo. Subito avvertì un odore nauseante sempre più intenso, ma proseguì lo stesso fino in fondo al percorso dove, nascoste tra i cespugli, vide delle gabbie. Incuriosita, si avvicinò e scorse degli animali tristi e deperiti; fra questi c'era un bellissimo cucciolo di tigre della Tasmania dagli occhi neri come la pece. Colpita dal tenero musetto, subito Giorgia liberò dalla gabbia il cucciolo e lo condusse in un giardino isolato e sicuro. Poi prese tutto l’occorrente per curarlo: spazzola, sapone, spugna e cibo in abbondanza e, con amore, pulì e nutrì il piccolo di tigre. Decise di chiamarlo Achille. Ad un tratto le giunse la voce di suo padre che la chiamava: «Giorgia, andiamo a casa! È ora di cena!» La ragazzina non sapeva dove nascondere il cucciolo, poi ebbe un’idea: lo mise dietro la schiena, ben coperto dal suo giaccone imbottito. «Arrivo subito, papà!» rispose Giorgia cercando di non insospettire il padre. Giunta a casa, la bambina nascose Achille in un garage dismesso. Il giorno dopo portò il cucciolo nel “giardino segreto”. I due si misero a giocare e, in poco tempo, divennero amici inseparabili. Giorgia riusciva a capire il linguaggio di Achille e insieme trascorrevano ore spensierate. Un giorno il cucciolo le fece capire che anche gli altri animali erano importanti quanto lui e per questo andavano salvati. Dopo averci riflettuto un po’, la bambina e Achille individuarono i koala come possibili aiutanti. Sin dai primi giorni della sua nascita, il cucciolo aveva ascoltato i bramiti dei koala e, anche se il loro linguaggio era diverso
- 61 -
dal suo, sapeva come comunicare con loro. Di comune accordo decisero di aspettare una notte di luna piena per entrare nella riserva e liberare gli amici animali. Quando fu vicino alla foresta degli eucalipti, Achille iniziò ad emettere strani e forti suoni che Giorgia riuscì a tradurre: «Amici koala, ho bisogno del vostro aiuto! Per favore scendete dagli alberi e raggiungetemi!» Trascorsero pochi minuti e decine di ciuffetti pelosi si videro spuntare tra i cespugli. Nessuno di essi si rifiutò, anzi, tutti erano fieri di aiutare Giorgia e Achille nella loro eroica impresa. In poco tempo insieme raggiunsero il luogo dove si trovavano gli sventurati animali e con le loro abili zampe aprirono tutte le gabbie. Gli animali rapiti si ritrovarono liberi e uniti. I rumori, però, avevano svegliato il direttore della riserva e tutti i suoi collaboratori. Tra questi c'era anche il criminale, un addetto alla cura dei prati, che pensava di non essere riconosciuto. Appena lo videro, i poveri animali, pieni di spavento, iniziarono a tremare e Achille informò Giorgia che lui era l'uomo malvagio che li aveva imprigionati. L'addetto alle pulizie venne immediatamente allontanato. La riserva era nata per proteggere gli animali dal rischio dell'estinzione e per farli vivere nelle splendide e selvagge bellezze naturali della Tasmania. Il papà di Giorgia promise che in futuro avrebbe scelto con più attenzione i suoi collaboratori e che avrebbe sorvegliato con maggiore attenzione affinché tutti avessero lavorato in nome del rispetto per gli animali e la natura.
Autore: Classe V A Scuola primaria “Dolores Prato” Istituto comprensivo “Egisto Paladini” - Treia (MC)
- 62 -
Valerio e il gattino Nella periferia della grande città di Barcellona, c’era una bellissima villa, dove viveva una famiglia di origini italiane, che si era trasferita lì da poco tempo per motivi di lavoro. Questa famiglia era formata da padre, madre e un figlio, Valerio, di 10 anni. Il ragazzino si sentiva molto solo, perché i genitori erano quasi tutto il giorno fuori per impegni lavorativi, inoltre ancora non aveva fatto amicizia con nessuno. Arrivò il 26 Aprile, giorno del compleanno di Valerio: compiva 11 anni! Era il suo primo compleanno in quel posto e per farlo contento i genitori fecero una grande festa, dove invitarono tutti i parenti italiani, nonni, zii e cugini, con i quali il bambino era molto legato. Valerio ricevette molti regali e mentre era intento a scartarli, vide davanti a sé la nonna che, invece di un pacchetto infiocchettato come tutti gli altri, teneva fra le mani un cesto, dal quale spuntarono prima due orecchie a punta, poi un musetto simpatico, vispo e incuriosito dal nuovo ambiente. Era un batuffolino bianco e nero, con due occhietti di un azzurro brillante: un gattino bellissimo! Valerio in quel momento capì che non si sarebbe più sentito solo; da molto tempo desiderava un gattino, ma non aveva avuto mai il coraggio di chiederlo ai genitori. Lo abbracciò tutto contento e appena lo appoggiò a terra, l’animaletto cominciò a correre per la stanza velocissimo, sgattaiolando fra le gambe degli invitati, fino ad arrivare in camera di Valerio, per “tuffarsi” sul morbido piumone del letto: il ragazzino non aveva dubbi, si sarebbe chiamato Fulmine! Con il passare dei giorni e dei mesi, Valerio e Fulmine diventarono inseparabili. Quando al mattino il ragazzino si recava a scuola, Fulmine lo seguiva fino al cancello della villa, poi si arrampicava su un grande albero lì vicino e guardava il suo amico che si allontanava, nell’auto del padre, con il musetto triste e nostalgico; si appollaiava su un ramo ed aspettava con ansia il ritorno di Valerio. Verso l’ora di pranzo, riconosceva da lontano l’auto che riportava a casa il ragazzino; quest’ultimo scendeva davanti al cancello e subito il gattino si
- 63 -
precipitava giù dall’albero, si sfregava intorno alle gambe del padroncino, rotolava in terra e aspettava a pancia all’aria qualche grattatina come saluto, poi insieme facevano una corsa fino al portone. Quando Valerio non stava tanto bene, rimaneva sul letto o si stendeva sul divano, allora il gattino gli saltava sopra e gli faceva i massaggi con le sue zampette, poi si avvicinava al suo viso e gli dava qualche leccatina sulla punta del naso: con il suo linguaggio “speciale” sembrava che rassicurasse il ragazzino e che gli augurasse di guarire al più presto. - Grrr… grrr… - faceva continuamente le fusa e non lasciava solo Valerio neanche per un minuto. Una domenica mattina, Fulmine fu proprio un supereroe! Il padre aveva da poco regalato a Valerio una bicicletta nuova e quella mattina il ragazzino voleva andarci a fare un bel giro lungo il viale alberato, fuori dalla recinzione della villa; naturalmente il suo fedele compagno lo seguì, trotterellando instancabile al suo fianco. Ad un certo punto Valerio non si accorse di una buca sulla strada e cadde a terra battendo la testa; subito il gattino gli saltò sopra e vedendo che il suo compagno non si muoveva, gli leccava il viso e gli dava dei piccoli morsi sul naso con i suoi dentini appuntiti. Il ragazzino però non si svegliava e Fulmine, di corsa come sempre, si precipitò a casa, dove fece di tutto per attirare l’attenzione dei genitori di Valerio. -Roarr… grrr… miaooo! - gridò con tutto il fiato che aveva in gola e contemporaneamente correva avanti e indietro dal portone alla cucina, dove la mamma stava preparando il pranzo. Alla fine il babbo e la mamma capirono che il gattino voleva comunicare loro di seguirlo e l’animaletto li accompagnò sul luogo dell’incidente. Nel frattempo Valerio si era svegliato; il babbo lo prese in braccio, lo portò in camera sua e chiamò il dottore. Fortunatamente non era successo niente di grave, il ragazzino aveva una piccola ferita sulla fronte e le ginocchia “sbucciate”, ma il suo fedele amico non lo lasciò solo un istante, nemmeno durante la visita del dottore. Valerio era felicissimo di avere un amico così speciale. Autore: Classe V B Scuola primaria “Dolores Prato” Istituto comprensivo “Egisto Paladini” - Treia (MC)
- 64 -
Carina e il gatto dalla coda rosa Carina era una strega. Carina viveva in un casolare in cima a una verde collina. Carina non era affatto “carina”, anzi era piuttosto brutta. Al posto dei capelli aveva una sorta di cespuglio spinoso, il suo naso, lungo e bitorzoluto, si appoggiava su una grande e larga bocca. Quando sorrideva si vedeva il suo dente scheggiato e lei ne provava vergogna. Carina tutte le mattine si spaventava guardandosi allo specchio. “Aaahhh!!!! Mamma mia quanto sono bruttaaaaa!!!!! Oh, povera me!” Carina pensava che tutti i guai che le capitavano derivassero dalla sua bruttezza. Come quella volta che si era scottata mentre cuoceva la pasta al forno, oppure quando cercando di cucire un bottone sulla sua giacca si era punta con l’ago. “Ahi, se non fossi così brutta, probabilmente non sarei caduta dalle scale…” Carina aveva un gatto. Il gatto, dal morbido pelo nero, aveva un vezzo: una meravigliosa coda rosa. Quella bella coda rosa era il risultato di un esperimento andato male: la boccetta era scivolata dalle mani di Carina ed era finita sopra la coda di Nerone. Ora Nerone avrebbe potuto chiamarsi Rosone, ma i suoi amici gatti lo identificavano come “il gatto nero dalla coda rosa”. Il gatto, furbo e sornione, rideva sotto i baffi quando Carina la mattina si avvicinava a uno specchio, aspettando l’urlo spaventato della strega. Nerone amava starsene alla finestra a guardare i tramonti, era ghiotto di salmone e cioccolato al latte. Durante le notti di luna piena, il gatto nero dalla coda rosa era solito recarsi al fiume, dove aveva appuntamento con i suoi amici gatti. Sulle rive tranquille, saltellavano tra i ciottoli, cercando di cogliere al volo i disgraziati pesci che nuotavano in quelle acque. Poi, sazi, si accucciavano e miagolavano alle stelle, raccontando storie di gatti e di topi, di avventurosi incontri di cani o degli umani presenti nel villaggio. Il gatto nero dalla coda rosa conduceva una vita serena, gli piaceva abitare in quella stravagante casa con la strega e trovava divertente osservare Carina
- 65 -
mentre preparava miscugli e pozioni. Il gatto, curioso, aveva letto più volte i libri degli incantesimi di Carina. Carina aveva provato in tutti i modi a essere più carina. Faceva impacchi di balsamo ai capelli ogni giorno, li spazzolava e li impregnava di lacca; soddisfatta poi si guardava allo specchio ma, dopo pochi istanti …POF! … i capelli tornavano dritti e saettanti come prima. Si metteva creme colorate per coprire i bitorzoli, ma il risultato, ahimè, era disastroso e sembrava che avesse la faccia piena di fango. “Ah! Se fossi bella come il sole!” – diceva. Carina era sempre più triste. Carina non si accettava così come era. Il gatto nero dalla coda rosa consolava la strega con fusa e smorfiette, ma Carina neppure se ne accorgeva. Il gatto nero dalla coda rosa, con un guizzo di astuzia, un giorno consegnò un libro a Carina: all’interno avrebbe trovato la formula magica per migliorare il suo aspetto. Il libro parlava di un girasole magico, capace di rendere bello chiunque lo riconoscesse. Carina si mise subito alla ricerca del girasole magico. Il gatto nero dalla coda rosa la seguiva passo passo. Arrivarono in un vastissimo campo di girasoli. Furono estasiati dalla bellezza dei colori, avevano entrambi la sensazione di trovarsi in un campo pieno d’oro. Il gatto nero dalla coda rosa si mise in mezzo a quegli alti fiori, provava quasi le vertigini e un principio di torcicollo mentre li osservava, così maestosi, eppure semplici nel loro aspetto. Il gatto nero dalla coda rosa sperava di riconoscere il girasole magico. Intanto Carina aveva quasi dimenticato il motivo per cui era tra i girasoli e accarezzava le loro corolle vellutate; si divertiva a fare ventagli con le larghe foglie verde smeraldo. Cercando il girasole magico, si fece sera. Che bello il tramonto visto dal campo!
- 66 -
Il gatto nero dalla coda rosa sedeva accanto a Carina appoggiando la testa sulle sue ginocchia, mentre con la coda faceva carezze alle guance della strega. Carina e il gatto decisero di trascorrere la notte nel campo di girasoli. L’alba era vicina, il sole stava per nascere dietro le colline. I girasoli erano pronti per accogliere i raggi del sole e distendevano la loro corolla verso la luce. Alcuni però non riuscivano a drizzarsi in piedi, altri avevano i petali tutti stropicciati perché durante la notte il vento di tramontana aveva soffiato a lungo. Carina, prontamente, aiutò questi sfortunati fiori a stare in piedi, a sistemare la loro corolla, a staccarli uno dall’altro affinché potessero seguire bene la direzione del sole durante la giornata. Il gatto nero dalla coda rosa si guardava intorno cercando il girasole magico, quando fu attratto da un pulviscolo che emanava un fiore colpito da un raggio di sole. Si disse con certezza che era quello il girasole prodigioso. Lo aveva finalmente trovato! Allora iniziò a miagolare insistentemente, finché Carina non si avvicinò a lui. Il gatto nero dalla coda rosa girava intorno al lungo stelo del fiore magico. Carina si chinò per osservare il suo gatto che fissava con gli occhioni grandi il girasole, poi si rizzò e accarezzò il fiore. Era così splendido e armonioso! “Come sei bello! Quanto vorrei essere un pochino meno brutta e somigliarti un po’!” A questo punto il girasole, allargando le sue foglie, disse con voce delicata: “Ma tu sei già bella, sei bella dentro!” Un raggio di sole illuminò il volto di Carina e quel calore le fece nascere un sorriso. Carina aveva capito che non le importava più di essere bella, perché ciò che conta è essere belli nell’animo. Prese tra le sue braccia il gatto nero dalla coda rosa e, ringraziandolo, lo riempì di coccole.
Autore: Classe IV Sez. Unica Scuola Primaria “Sandro Pertini” I.C. “Enrico Fermi” Macerata
- 67 -
Un gatto: un complice perfetto Un giorno mi ritrovai in un gran pasticcio: giocando a palla in casa avevo accidentalmente colpito un soprammobile della mamma. Sapevo che se fosse tornata in quel momento ne avrei passate delle brutte. Tutti i frammenti di vetro e porcellana giacevano a terra,i miei occhi già vedevano la mamma infuriata che mi sgridava, l’unica cosa che mi restava da fare (e che mi veniva in mente) era raccogliere i cocci. Fufi, il mio gatto, vedendomi in quelle condizioni mi venne vicino e mi lanciò un'occhiataccia come per dire: ”Quante volte la mamma ti avrà detto di non giocare a palla dentro casa?!” dopo quel pensiero comune io mi chiusi in camera rimuginando su che cosa le avrei detto per spiegare l’accaduto. Appena sentii la chiave che girava nel chiavistello, balzai in piedi come una molla;entrando in salotto vidi Fufi che era seduto sul davanzale a posto del soprammobile. La mamma entrò senza accorgersi di nulla il mio complice mi fece l’occhiolino (o almeno sembrava così!): l’avevo scampata bella!
Autore: Classe I Sez. Unica Scuola Primaria “Sandro Pertini” I.C. “Enrico Fermi” Macerata
- 68 -
Mirta ha una vita come la tua Mi chiamo Mirta e sono una cagnolina molto timida e paurosa. La mia vita è in questo piccolo appartamento al caldo. Ieri ho sentito parlare Giulia e Alessandro, i miei padroni, mentre stavano organizzando la loro vacanza in crociera. Io sono molto preoccupata, passerò l'estate con la nonna che non mi farà mangiare molto. L'inverno è passato ed è iniziata l'estate, ma in questo periodo la mia famiglia ha superato un lutto: la mia unica speranza, la nonna, è diventata un angelo. La mia agitazione è cresciuta, non sono mai salita su una nave da crociera e soprattutto non sono mai uscita di casa! La settimana dopo.... Oggi usciamo di casa e i miei padroni hanno una grande gabbia tra le mani; credo che metteranno tutti i bagagli lì dentro. Non capisco dove siamo diretti, ma sono sicura che siamo davanti ad un immenso prato. Ad un tratto Giulia mi prende per la zampa destra e mi trascina verso quella trappola (la gabbia). Io abbaio, ma troppo impaurita, entro. Loro girano la chiave e corrono via lasciandomi sola con quel lucchetto serrato. E' passato un giorno e sono ancora qua. BUM! Sento uno sparo provenire proprio da sopra la mia testa. Un uomo alto, magro, anziano, dallo sguardo rassicurante, però, mi prende da dentro la gabbia con le sue grandi mani, ha staccato il lucchetto che, in realtà, era solo appoggiato. Sono pochi giorni che vivo in questa piccola casa di campagna; mi sono fatta nuovi amici e sono diventata una cagnolina da guardia e da caccia. Senza quell'uomo ora non sarei viva. Sono sicura che questa storia non è capitata solo a me. Ogni giorno moltissimi animali vengono maltrattati e abbandonati. ABBANDONARE UN ANIMALE VUOL DIRE ABBANDONARE UNA VITA. Autore: Classe V Quartiere Pace, I. C. “E. Fermi” di Macerata
- 69 -
Fedelix Magari un giorno anche voi racconterete questa storia. Questa storia parla di un cane fedele di nome Fedelix e del suo padrone, il signor Harry Jastin. Harry Jastin era alto un metro e ottanta, era intelligente, non era muscoloso ma aveva tanta voglia di fare. Si vestiva sempre con dei pantaloni neri, giacca nera, scarpe marroni, camicia bianca e una cravatta blu, quasi nera. Purtroppo lui aveva dei problemi economici perché aveva un debito di 20 000 euro; la persona a cui doveva dei soldi era un certo Trevor. Trevor era alto, robusto, aveva un fare losco ed era tonto. Viveva in una stalla vicino alla quale c’era un capannone pieno di armi che chiudeva sempre a chiavi; si guadagnava da vivere compiendo brutte missioni che gli commissionava la gente. Harry, invece, era un semplice impiegato con la passione del gioco e sapeva che prima o poi Trevor lo avrebbe minacciato per farsi restituire i soldi. Per questo era spesso triste e preoccupato. Fedelix, che non sopportava vedere il suo padrone in quello stato, gli portava sempre una piccola pallina per giocare. Allora a Harry venne in mente di addestrarlo per provare a guadagnare qualche soldo. In due settimane Fedelix fu pronto per affrontare il pubblico. La prima esibizione fu perfetta e con tutta la gente che c’era guadagnarono 550 euro. Dopo un mese avevano già un bottino di 18 500 euro. Nell’ultima esibizione però Fedelix cadde male e si storse una zampetta. Da quel momento i guadagni si fermarono e Trevor si fece vivo per avere indietro i suoi soldi. Una mattina molto presto Trevor si intrufolò da una finestra con un coltello in mano ma Fedelix se ne accorse, gli ringhiò con tutta la rabbia che poteva e lo fece scappare a gambe levate. Allora Trevor fissò un appuntamento in campagna, in un posto sperduto. Fedelix fiutò il pericolo e sarebbe voluto andare col suo padrone, ma Harry lo lasciò a casa. Harry sapeva di non avere soldi a sufficienza, però sperò che
- 70 -
Trevor non se ne accorgesse. Non fu così e con un colpo di pistola Harry morì lì. Fedelix lo aspettò davanti casa mentre sgranocchiava qualche osso e dopo un po’ decise di mettersi in cammino. Giorno dopo giorno, con pazienza, cercava il suo padrone, ma alla gente faceva pena perché Fedelix non sapeva che Harry era morto. Col passare degli anni, Fedelix invecchiò, era molto malato e quindi decise di andarsi a riposare in un posto dove c’erano delle rocce con dei nomi scritti sopra: il cimitero. Alla fine vide una lapide con la foto del suo padrone e riconobbe Harry; lì si sdraiò. La malattia e la vecchiaia presero il sopravvento e Fedelix un giorno morì, accanto al suo padrone. Fedelix fu il suo nome perché un animale più fedele del cane non c’è e questo Harry lo aveva capito fin dal primo momento in cui si erano incontrati.
Autore: Classe V Scuola Primaria “Enrico Medi” I.C. “Enrico Fermi” Macerata
- 71 -
L'orso e il bambino C'era una volta un orso che stava mangiando il miele. Improvvisamente ha sentito un rumore e si è avventurato nella foresta per sentire quel rumore. Da lì ha visto un bambino e si sono spaventati entrambi. Il bambino corre e non si accorge che c'è un lago e allora va a finire nell'acqua. Il bambino chiede aiuto e l'orso che era spaventato ci pensa un po', anche perché ha paura dell'acqua. L'orso vuole salvare il bambino, va al lago, entra dentro l'acqua, prende il bambino e lo tira fuori dall'acqua. Il bambino, quando vede l'orso, lo ringrazia e decidono di diventare amici. Questa storia ci insegna che bisogna sempre aiutare le persone in difficoltà e che “non bisogna giudicare un libro dalla copertina”, cioè prima di dire che una cosa fa paura devi conoscerla più da vicino.
Disegna il tuo animale del cuore!
Autore: Classe II Scuola Primaria “Maria Montessori” Macerata
- 72 -
- 73 -
Illustrazione di Cinzia Veccia
Una bella amicizia In una graziosa fattoria, vicino ad un fiume, vivevano il piccolo Leo, un bambino forte, coraggioso e scherzoso, e la sorellina Sonia, una bambina molto allegra e giocherellona, insieme alla mamma e al papà. A far loro compagnia c'erano il cagnolino Fufi, il gatto Miao, il maialino Miché e la mucca Betti. Fufi era di taglia media; aveva il pelo corto di colore marrone chiaro, una macchia nera sull'occhio destro e una bianca sulla coda lunga e pelosa. Di carattere era buono e gioioso, veloce come una scheggia. Il gatto Miao aveva un musetto dolce e un morbido pelo arancione, con qualche macchia nera sulla coda. Era furbo e anche un po’ dispettoso, ma tanto tenero. Il maialino Michè, invece, era tutto rosa, un po’ infangato e con un bel codino a forma di punto interrogativo. Era simpatico, affettuoso e cercava sempre le coccole. Aveva una macchietta marrone sulla zampa destra. Il grande corpo della mucca Betti era ricoperto da una pelliccia marrone con qualche macchia bianca. La sua coda era lunga quasi fino a terra e terminava con un ciuffetto nero che usava come scacciamosche, facendolo andare una volta a destra e l’altra a sinistra del suo gigantesco sederone. Betti era tranquilla, ma con i suoi grandi occhioni neri era attenta a tutto, non le sfuggiva nulla di quello che accadeva intorno a lei. I due bambini e i quattro animali erano veri amici, inseparabili. Non si sentivano mai soli, si divertivano tantissimo nel cortile di casa o per i campi: giocavano a palla, a nascondino, a rialzo, a uno due tre stella; mangiavano, si riposavano sdraiati sull'erba, stavano sempre insieme. Leo e Sonia, nel pomeriggio, svolgevano i compiti velocemente e bene, così poi avevano tanto tempo per giocare con i quattro amici, senza stancarsi mai. Tutti quelli che li incontravano si chiedevano come facevano ad essere così amici. Un giorno un topolino che si trovava a passare lì vicino disse: Io lo so perché siete amici. E' perché tutti avete una bocca. Ma la nostra bocca è rosa, con i denti quasi tutti della stessa altezza – osservarono Leo e Sonia. Mentre la mia si trova sotto con un lungo muso
- 76 -
Fedelix nero e ho, davanti, quattro denti aguzzi – precisò il cane. Il mio musetto, invece, è corto, con dei lunghi baffi, denti a lama e affilati sul davanti – aggiunse il gatto. La mia è grande come quella di un ippopotamo e la muovo continuamente, a destra e a sinistra, ruminando il cibo tra i denti piatti – disse la mucca. La mia bocca sta sotto un grugno rosa, e sono famoso perché con i miei denti forti mastico di tutto!- concluse il maialino. Una pecora affermò: Io lo so perché siete amici. E' perché tutti avete due occhi. Sì, ma i miei sono celesti con delle ciglia quasi invisibili – osservò il maialino. Mentre i miei sono neri e grandissimi – aggiunse la mucca. I miei sono gialli e assomigliano a quelli di un lupo – disse il cane. I miei , pensate un po’, brillano al buio, hanno pupille che diventano fessure, alla luce, e sono di colori verde. – precisò il gatto. I nostri sono occhi di bambini, rotondi, vispi e curiosi – dissero i bambini Castani, con delle lunghissime ciglia nere – spiegò Leo Azzurri con ciglia bionde – concluse Sonia. Un giorno gli abitanti della fattoria, tutti insieme, chiesero: Ma perchè siete amici? I quattro si guardarono l'un l'altro e si misero a ridere a crepapelle. Volete sapere la verità? Non lo sappiamo! Siamo amici e basta! - dissero in coro Leo, Sonia, Fufi, Miao, Miché e Betti. In un pomeriggio di primavera i quattro amici andarono a fare una passeggiata in un prato pieno di fiori e farfalle. Leo si divertiva a lanciare a Fufi il pallone e lui andava sempre a riprenderlo per riportarglielo. Il bambino lanciò un tiro troppo forte e il pallone andò a finire nelle vicinanze del fiume che scorreva in mezzo ad un boschetto. Il cane corse alla ricerca a tutta velocità, ma sentendo il cinguettio di un uccellino suo amico, non si fermò e continuò a seguire quel canto. I quattro amici si accorsero che Fufi ci stava mettendo tanto a recuperare il pallone, quindi decisero di andare a controllare cosa fosse accaduto. Una volta arrivati al fiume, Leo e Sonia scorsero il pallone fermo proprio sul
- 77 -
letto del fiume, vicino all’acqua, ma non videro Fufi. Tenendosi per mano, cercarono di recuperare la palla che stava in fondo all’argine scosceso, ma si sporsero troppo, inciamparono e finirono entrambi nell'acqua gelida, in un punto in cui era profonda e non c'erano appigli. I due bambini non sapevano nuotare tanto bene e, spaventati, cominciarono a gridare: Aiuto, affoghiamo! Il gatto, la mucca e il maialino, immediatamente, si separarono, andando ognuno in una diversa direzione, alla ricerca di Fufi. Miao miagolava forte: Miaoooo! Miaoooo! Betti, guardava a destra e a sinistra e muggiva terrorizzata: Muuuuuu! Muuuuuuu! Michè grugniva con forza: Oink! OiiiiinK! Da strade differenti arrivarono, contemporaneamente, in un grande prato, in mezzo al boschetto. Finalmente Fufi sentì i loro versi disperati, li raggiunse, li seguì e vide i suoi due amici nell'acqua che stavano per annegare. Subito, senza esitazione, si gettò nel fiume. Era un cane addestrato molto bene, sapeva nuotare e salvare persone in difficoltà. Prima accostò un legno vicino a Leo per farlo rimanere a galla, poi trascinò Sonia fuori dall'acqua. Successivamente raggiunse Leo, fece un ultimo sforzo, e portò in salvo anche il suo amico. I due bambini erano a terra impauriti, ma salvi. Miao leccava teneramente il nasino di Sonia; Michè scodinzolava il suo buffo codino a molla; Betti, con la sua lingua ruvida, carezzava la gamba di Leo; Fufi abbaiava e saltava felice intorno a loro. Quando i bambini si ripresero dallo spavento, tornarono a casa. Raccontarono tutto ai loro genitori. Il papà e la mamma li sgridarono per aver fatto una cosa molto pericolosa, poi, però, corsero subito dai quattro amici animali per ringraziarli di tutto quello che avevano fatto per mettere in salvo i loro adorati figlioli. Quella sera tutti mangiarono un pasto ottimo e abbondante: cotolette,
- 78 -
patatine e gelato per Leo e Sonia; latte caldo e pane per Miao, crocchette di prima qualità per Fufi, fieno fresco e profumato per Betti e un intruglio con cibi gustosi per Michè. Al termine di quella giornata tutti ringraziarono per lo scampato pericolo e pensarono a quale avventura avrebbero vissuto il giorno dopo. Erano felici di essere veri amici. Nonostante le loro differenze, si giurarono che sarebbero restati sempre uniti! Fufi e Miao, nella stessa cuccia, intrecciarono le loro codine; Michè e Betti, nella stalla, si sdraiarono vicini vicini, sulla paglia, fino a toccarsi. Leo e Sonia, prima di infilarsi sotto le calde coperte, promisero alla mamma e al papà che sarebbero stati più attenti, si raccontarono belle storie, si abbracciarono e dissero: - È bello volersi bene e avere qualcuno a cui dire ogni notte: “Sogni d'oro caro amico mio!”
Autore: Classe II D Scuola Primaria “Lorenzo Lotto” Recanati
- 79 -
Gli animali… nostri amici!! Nei luoghi più lontani e vicini nelle fattorie, nelle case e nei giardini ci sono, ad aiutarci e tenerci compagnia, animali grandi, medi, piccoli e così via. Nella sua gabbietta c'è un criceto tutto bianco che diverte il suo padroncino tanto stanco. C'è un cane grande e grosso che abbaia a più non posso per proteggere il suo padrone che cammina con il bastone. Una pecorella segue il suo pastore e gli dà latte e lana a tutte le ore, ma se incontra il lupo scappa via e grida:- Beeeee....Aiuto, aiuto!!! Nel recinto di una casa in campagna galoppa col suo cavallo una nostra compagna, si sente libera come una farfalla poi lo porta a riposare nella stalla. Ma ci sono animali un po' malandati, si sentono soli e tristi perché abbandonati. C'è un gattino affamato e infreddolito, non solo…… è anche ferito! C'è un cagnolino appena nato che sulla strada è stato lasciato.
- 80 -
Fedelix Per fortuna ci siamo noi bambini che pensiamo a questi animali, poverini! Chiediamo ai nostri genitori di esser buoni e di aprire i loro cuori: se proprio in casa non possiamo tenerli, in un canile dobbiamo portarli! LĂŹ di sicuro qualcuno potrĂ curarli e troveranno chi saprĂ anche AMARLI!!
Autore: Classe II A Scuola Primaria "Pittura del Braccio" Istituto Comprensivo B. Gigli - Recanati
- 81 -
Un amico per sempre C’era una volta una piccola città che non era un paese come gli altri. Alle porte delle sue grandi mura c’era la statua di un grande cane che proteggeva la città mantenendola bella, serena, ricca e piena di vitalità. Questo cane si chiamava Alexis: era un cane magico che prendeva vita quando gli abitanti della sua città si trovavano in pericolo. Aveva una grande amica, una bambina di nove anni di nome Saetta, sempre pronta a prendersi cura di lui. Ogni mattina, infatti, lo andava a salutare e gli raccontava cosa succedeva in paese. Qualunque forestiero passasse di là, alla vista della statua, rimaneva perplesso e spaventato di fronte alla grandezza e agli occhi del cane che si muovevano. In una città vicina, però, viveva un mago malvagio che desiderava molto diventare il re di quel bel paese. Per potersi impossessare delle sue ricchezze, doveva per forza sconfiggere il cane guardiano! Dopo anni di tentativi andati male, il malvagio stregone costruì una rete di metallo capace di intrappolare e rendere suo schiavo Alexis. Così in una notte di tempesta, mentre gli abitanti dormivano tranquilli e beati, il mago scagliò un potente incantesimo e mise in gabbia il cane guardiano, prima che lui avesse il tempo di reagire. Gli abitanti, poi, furono svegliati dal tremore della terra e da una pioggia di fulmini che il mago iniziò a lanciare sulla città per distruggerla. Presi dallo spavento fuggirono da tutte le parti. Solo una piccola bambina non scappò via. Era Saetta che, immune ai fulmini, corse verso il suo amico Alexis e lo liberò distruggendo la rete che lo intrappolava. A quel punto, con le sue abilità magiche, il cane diresse i fulmini verso il mago e lo annientò definitivamente. Gli abitanti tornarono tutti a casa e fecero una grande festa in onore del loro grande eroe. Saetta e Alexis, dopo questa avventura, divennero ancora più amici. Autore: Classe III A Scuola Primaria "Pittura del Braccio" Istituto Comprensivo B. Gigli - Recanati
- 82 -
Un’amicizia ad alta quota In una piccola baita di montagna viveva una vecchietta burbera e scontrosa di nome Gelsomina. Lei era di corporatura esile, la pelle del suo viso era rugosa e abbronzata, i suoi occhi erano verdi e scintillanti come foglie bagnate dalla rugiada che risplendono sotto i primi raggi del sole. Aveva i capelli grigi e crespi e li portava sempre raccolti. Era da tempo che era rimasta vedova ed essendo senza figli si era isolata da tutti. Le piaceva la vita di montagna, curare l’orto e passare le giornate a pascolare le sue pecore sugli alpeggi montani osservando il volo delle aquile. Solo ogni tanto sentiva la nostalgia degli amici e dei parenti da cui si era allontanata. I giorni passavano e una notte venne svegliata da un rumore che veniva dalle stalle, proprio dove si trovavano le sue pecore. Andò a controllare e vide che tutto era a posto, evidentemente era stato un lupo o qualche altro animale di passaggio a spaventarle. La vecchietta tornò a dormire. La storia continuò per giorni. Una mattina finalmente vide il lupo davanti alla sua casa e lo cacciò ma si pentì del gesto che aveva fatto, perché c’era qualcosa in quel lupo che gli altri animali non avevano, qualcosa di speciale! Ormai quasi ogni giorno il lupo era davanti alla porta della baita e aspettava che la vecchietta uscisse. Era come se si volesse assicurare che Gelsomina stesse bene. Un pomeriggio Gelsomina stava curando il suo orto quando si accorse che le mancava l’acqua per innaffiare l’insalata. Allora si recò al torrente con un secchio. Mentre si avvicinava alla riva mise il piede su una roccia scivolosa e cadde in acqua. Cercò di risalire sulla riva ma la corrente era troppo forte. All’improvviso un lupo si tuffò, la prese per la camicia, la trascinò in salvo e poi fuggì. Gelsomina riconobbe subito il suo salvatore: era il lupo che gironzolava intorno alla sua baita da qualche giorno. Passarono delle settimane finché una notte dei ladri provenienti dalla città irruppero nella casa della signora: cercavano dei soldi o dei gioielli, ma la vecchietta non aveva né l’uno né l’altro. Ad un tratto si sentì ringhiare
- 83 -
fortemente: era proprio lui, il lupo che l’aveva salvata al torrente. I ladri impauriti scapparono via senza esitare. Gelsomina per ringraziarlo gli diede da mangiare gli avanzi della cena della sera precedente e pensò di dargli un nome. Allora disse: «Zaffiro, ti piace Zaffiro?». E il lupo le fece un guaito per dire di no. Quindi Gelsomina riprovò: «Rocky, ti piace Rocky?». Ma come risposta ebbe un altro guaito triste. Infine la vecchina ebbe un’idea: «Brezza! Ti chiamerò Brezza!». Il lupo le fece subito un abbaio deciso, il nome Brezza finalmente era di suo gusto. Da quel momento tra i due si strinse un forte legame: una vera amicizia! Brezza era un giovane lupo dal folto pelo grigio che degradava al bianco sul dolce musetto e sulla pancia. I suoi occhi erano la cosa più bella: erano celeste chiaro come il ghiaccio e osservavano curiosi ed espressivi la sua nuova amica. Gelsomina non era più sola, tutte le mattine Brezza andava alla baita a salutarla e lei gli metteva da parte qualche bocconcino delizioso. Erano diventati inseparabili: ovunque si recasse la vecchina, il lupo la seguiva. Quest’amicizia aveva cambiato l’anziana che non era più burbera e scontrosa ma gentile e disponibile con tutti. Gli abitanti del vicino villaggio però vennero a sapere che la “vecchia delle montagne” - così l’avevano soprannominata - teneva un lupo con sé. Questa cosa a loro non piacque affatto, fu così che un giorno mandarono un cacciatore ad ucciderlo. Gelsomina, appena lo seppe cercò di allontanare Brezza dalla sua casa, ma il lupo non capiva, non la voleva lasciare sola. Allora si avventurò nel bosco e il lupo la seguì. Una volta lontani gli lasciò un bel pezzo di carne e lo abbandonò promettendogli che un giorno si sarebbero ritrovati. Tornata alla baita trovò il cacciatore che perquisì tutta la casa della vecchia, da cima a fondo, alla ricerca del lupo, ma non lo trovò. Brezza allontanato da Gelsomina nei giorni successivi si avvicinò al villaggio per cercare del cibo. Una notte mentre gironzolava per i vicoli si accorse che era scoppiato un incendio. Tutti erano indaffarati a spegnere il fuoco e solo lui sentiva che nella casa era rimasto qualcuno: Federico, il figlio minore del
- 84 -
fornaio. I genitori appena se ne resero conto iniziarono a piangere disperati, ma quando videro Brezza uscire dalla casa in fiamme con il bimbo in groppa esultarono di gioia. Gli abitanti del villaggio avendo visto tutto andarono a fermare il cacciatore e chiesero scusa a Gelsomina. Il lupo dopo l’accaduto scappò lontano. Passarono gli anni, ma la vecchietta non fu più sola, ormai veniva accolta ed apprezzata da tutti. Un bel giorno vide davanti alla sua porta cinque lupi: due adulti e tre cuccioli. Il suo Brezza era ritornato con una bella famigliola. Sulle guance scarne di Gelsomina scesero delle lacrime di gioia, l’amico che aveva riportato la felicità nel suo cuore e nella sua vita era di nuovo con lei. Quel che i componenti del villaggio impararono dal lupo è che non avrebbero dovuto giudicare guardando dall’esterno, ma che avrebbero dovuto conoscere prima il suo grande cuore pieno d’amore.
Autore: Classe V Sez. Unica Scuola Primaria San Claudio, I. C. “L. Lanzi” di Corridonia (MC)
- 85 -
Indice Gli animali siamo noi - Robertino Perfetti La Fondazione Ospedale Salesi Onlus "C'era una foglia" Ringraziamenti
3 4 8 9
Scuole Primarie Provincia di Ancona
Illustrazioni di Liliana Pinducciu - Martina Biondini
Titoli:
Il magico treno degli animali Dammi la zampa… e salviamo il mondo Il signor Piero grande amico degli animali a 4 zampe Elena e Lea Galoppo oltre il silenzio Landfill City La scomparsa di Ciambella Il mio nome è Kate
14 18 22 28 30 32 35 37
Scuole Primarie Provincia di Fermo Illustrazioni di
Francesco Cicarilli
Titoli:
La città di Zootropolis Un eroe a quattro zampe
42 44
- 86 -
Scuole Primarie Provincia di Macerata Illustrazione di Marco Lorenzetti - Cinzia Veccia
Titoli:
50 51 55 57 59 61 63 65 68 69 70 72 76 80 82 83
Il mio migliore amico Scompiglio il magiconiglio Amici per sempre Un lupetto per amico Lotta allâ&#x20AC;&#x2122;ultimo formaggio a Caciocity Una storia di amici inseparabili Valerio e il Gattino Carina e il gatto dalla coda rosa Un gatto: un complice perfetto Mirta ha una vita come la tua Fedelix Lâ&#x20AC;&#x2122;orso e il bambino Una bella amicizia Gli animaliâ&#x20AC;Ś nostri amici Un amico per sempre Un'amicizia ad alta quota
- 87 -