Associazione culturale
SpazioAmbiente Sede operative Via Emilio Cecchi, 2 - Macerata www.spazioambiente.org info@spazioambiente.org
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Regione Marche
Provincia di Macerata
Provincia di Fermo
UniversitĂ di Macerata
Scuolabooks
Legambiente Marche
Rena Foundation Uganda
“Il mare ha questa capacità; restituisce tutto dopo un po’ di tempo, specialmente i ricordi.” Carlos Ruiz Zafón
Un Mare blu di… solidarietà Il Mare, la Terra, il Sole, il Vento. Ogni anno un tema differente, ma sempre legato all’Ambiente. Dall’anno scolastico 2003-2004, questo progetto ha coinvolto circa 6.000 alunni ed alunne di 137 scuole primarie marchigiane: numeri che danno l’idea dell’importanza dell’iniziativa che ha già raccolto oltre 500 lavori di gruppo. “C’era una foglia” è un progetto che intende motivare i bambini a pensare “liberamente” all’Ambiente, incentivando un percorso di educazione ambientale attraverso il loro immaginario, e a concepirlo come una risorsa, come spazio vitale e come luogo di integrazione di culture diverse. L’obiettivo è proporre agli insegnanti percorsi di educazione scientifica e strumenti didattici da utilizzare in classe, riconoscendo il loro ruolo primario e assicurando libertà nell’approccio comunicativo con i propri alunni. Alcune delle storie, delle fiabe e delle poesie, che leggerete in questo libro, sono state tradotte in più lingue, grazie anche all’aiuto dei genitori dei giovani scrittori. Le diverse identità culturali possono essere una ricchezza così, come nella natura, i diversi colori dell’arcobaleno che creano qualcosa di straordinariamente bello. Il Mare oggi è il protagonista, da sempre fonte ispiratrice per il genere umano di racconti mitologici e credenze popolari. Le storie, le fiabe e soprattutto le poesie che leggerete raccontano il Mare visto con gli occhi adulti di un bambino. Anche quest’anno il progetto avrà una finalità solidale; ringrazio quindi tutti i giovani autori che con le loro emozioni regaleranno un sorriso ai loro coetanei meno fortunati di un piccolo villaggio dell’Uganda.
Robertino Perfetti Presidente dell’Associazione SpazioAmbiente
Illustrazione di Lisa Gelli
Un omaggio al nostro mare Con grande piacere ed entusiasmo il Comune di San Benedetto ha aderito alla bellissima iniziativa dell’associazione culturale SpazioAmbiente che da anni porta avanti con sacrificio e grande volontà un lodevole progetto di sensibilizzazione alle tematiche ambientali rivolto ai giovani studenti della nostra Regione e di solidarietà per i bambini meno fortunati. Il tema di quest’anno è dedicato al Mare e il coinvolgimento della nostra città e delle scuole cittadine è il modo migliore per rendere omaggio al nostro mare, l’Adriatico, che da sempre è fonte di gioie, ricchezze e dolori per i sambenedettesi. Prima la pesca, poi il turismo hanno vissuto e vivono del Mare, della sua bellezza e della sua ricchezza e oggi più che mai ci si rende conto dell’importanza della suo stato di salute, della necessità di preservarlo, di “coccolarlo” e di dedicargli la massima attenzione in modo da garantirgli lunga vita. Dedicargli una fiaba rappresenta un modo unico di mostrare attenzione e affetto per il Mare. I bambini amano le fiabe, regalano loro gioia, serenità e pace, le stesse sensazioni ed emozioni che ci offre il Mare quando lo osserviamo da soli, lontani dai problemi e dagli affanni del quotidiano. Sono certo che leggere i lavori dei nostri bambini ci offrirà un punto di vista diverso del Mare e, come spesso accade, ci permetterà di vedere ciò che non riusciamo più a guardare e, spero, ci aiuterà a migliorare il nostro rapporto con la natura. Dai più giovani può e deve venire la spinta al cambiamento, il loro entusiasmo e la loro preparazione culturale devono rappresentare i nostri punti di forza per regalarci grandi speranze per il futuro. Buona lettura.
Paolo Canducci Assessore Urbanistica, Politiche ambientali, Sviluppo sostenibile, Parco Marino, Riserva Sentina. Comune di San Benedetto del Tronto
Non basta fare del bene… bisogna anche farlo bene! Chi siamo Buona Comunicazione® onlus è un’ associazione che ricerca e realizza BUONE IDEE di Comunicazione No Profit. Il nome dato all’associazione dichiara le sue finalità, si intende fare uso della comunicazione per produrre effetti benefici e solidali alle popolazioni locali e di aree internazionali che versano in difficoltà sociali. E’ costituita da un gruppo di amici che provengono da mondi professionali diversi, ma con richiami comuni, che vanno dalla comunicazione pubblica e privata alla pubblicità, dal design all’economia, dal marketing e il fundraiser alla promozione sociale. RENA Foundation Uganda è una piccola Organizzazione non Governativa Ugandese. Il suo quartier- generale è posto nel villaggio di Mahyoro, Distretto di Kamwenge, sulle sponde del Lago Giorgio. L’Associazione, composta da persone autoctone, ha un efficiente gruppo dirigenziale che attraverso le disponibilità economiche raccolte da organizzazioni internazionali provenienti da diversi Paesi Europei, realizza progetti di sviluppo nei campi dell’alimentazione, sanità ed educazione, proponendo un’ elevazione dei livelli sociali. Buona Comunicazione® onlus e RENA Foundation Uganda sono strette da un legame umano e fraterno e comunicano per affrontare i temi delle emergenze delle popolazioni ugandesi e sviluppare idee e progetti. Il progetto Casa Famiglia - Progetto DONO “Donation Of a New Opportunity”, nel piccolo villaggio di Mahyoro in Uganda, è l’ ultima idea nata dalle loro condivisioni. Il ricavato della vendita ad offerta del libro “Una fiaba dedicata al Mare” sarà devoluto per il completamento di questo progetto.
Progetto DONO Donation Of a New Opportunity Dopo aver dotato di un Mulino e di una Barca il piccolo villaggio di Mahyoro, in Uganda, arriverà, attraverso un progetto complesso chiamato DONO (Donation of a New Opportunity) una nuova struttura atta ad ospitare, con la formula della “Casa Famiglia” 40 bambini orfani educati e curati da 4 giovani donne sole o vedove. Un ulteriore importante tassello del puzzle, iniziato anni fa con l’ iniziativa delle adozioni a distanza. L’Uganda vanta un primato negativo, quello di avere un grande numero di orfani e di donne abbandonate a causa della forte presenza di casi di HIV e dell’ antico malcostume degli uomini di abbandonare le proprie famiglie al loro destino e allontanarsi dalla propria terra e poi crearsi una nuova famiglia altrove. Bambini e donne emarginati sono spogliati di tutto; la “Casa Famiglia” sarà il loro grande conforto: una comunità che ridà loro la vita che per lungo tempo hanno ritenuto perduta per sempre. www.buonacomunicazione.org Se desideri avere informazioni in più o hai voglia di aiutarci, contattaci! Buona Comunicazione® onlus Via Fusinato, 42 - 63074 San Benedetto del Tronto (AP) +39 348 7633913 - info@buonacomunicazione.org
Ringraziamenti Un ringraziamento personale a Paolo Canducci per aver promosso questa nuova edizione del concorso, a Paola Nicolini per la collaborazione, la professionalità e soprattutto la fiducia che mi ha sempre concesso, a Maurizio Ferracuti che in questi dieci anni ha costruito con me questo straordinario progetto editoriale ed a tutti i miei compagni di avventura “ecologicamente”. Un grazie a Michele Casali (Amministratore Delegato ELI - La Spiga Edizioni), Lucia Tancredi (scrittrice), Salvatore Passaretta (Gruppo editoriale Raffaello), Samantha Fratini (CEO office executive assistant Rainbow), Eleonora Sarti (Accademia delle Belle Arti di Macerata), Michele Togni (Scuolabooks), Sabrina Pandolfi (dottoranda Università di Macerata) per aver accettato di far parte della giuria con il difficile compito di valutare e selezionare tutti i lavori in concorso. Grazie infine agli amici, illustratori e artisti, che con la loro disponibilità hanno permesso la realizzazione e soprattutto impreziosito questo libro:
Emilia Pieroni Federica Ricci Letizia Cirilli Lisa Gelli Lorenza De Dea Lorenzo Sabbatini Roberta Torregiani Rossella Trionfetti Valeria Colonnella
emiliapieroni@libero.it flabilla@libero.it letiziacirilli@facebook.com lisa.caos@gmail.com dedealorenza@gmail.com info@lorenzosabbatini.com roberta torregiani@gmail.com rossella.trionfetti@libero.it bolladifumo@hotmail.com
A tutte le insegnanti e gli alunni delle scuole primarie delle Marche che hanno aderito all’iniziativa e che ci hanno narrato le loro storie e donato le loro emozioni.
© diritti riservati a tutti gli alunni delle scuole primarie marchigiane
Scuole Primarie
Provincia di Ancona
Illustrazione di Roberta Torregiani
C’era una volta il mare C’era una volta il mare inquinato, Da tanta plastica tutto sporcato, Perciò non potevi farci un bel bagno, Giacché sembrava un putrido stagno. C’era petrolio, mercurio,di tutto Alghe tossiche lo avevan distrutto. Molti pensavano a fare qualcosa Ma in realtà era solo una posa. Poi fu chiamata la V- O - L - O - N - T - Á Oh,era ora di avere pietà Di tutta quella distesa in rovina, Un vero peccato, una vera rapina. Lei trovò subito la soluzione Per ribaltare la situazione, Tanto da rendere il mare sicuro, Bello, pulito, celeste e più puro. Per prima cosa impose ai chioschetti Di ricordare ai bagnanti distratti L’uso assoluto di tanti cestini Con molti cartelli, davvero carini. Poi fu la volta di scuole e istituti Con nuovi progetti ancora più astuti Per far capire ai molti bambini - Adulti futuri e perciò cittadini Che il mare è bello e va tutelato Perché è di tutti, perché è regalato! Anche alla nave e alla barca che parte La VOLONTÁ dettò la tal sorte: - Guai a sversare sporcizia e veleni, Controlli ai furbastri e continui divieti. Solo chi è in regola può salpare e sulle onde allegro sguazzare!”.
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Ora che tutto è ben sistemato Il mare è tornato perfetto aggraziato. Grandi e piccini allegri e felici Di quella distesa si sentono amici. Questa è la nostra viva speranza Affinché il mare con la sua esistenza Possa servire alla gioia di tutti Per tanti secoli. Siete convinti? Autore: Classe IV A Scuola Primaria “E. De Amicis” - Montemarciano (AN)
Il Mare Il mare piatto e calmo sembra una distesa infinita il vento ondeggia sull’acqua. Le onde ci cullano come un tenero abbraccio, fanno capriole e baciano la sabbia bagnata. Una balena canta nel profondo oceano e il suo canto giunge fino al mare dove ballano i pesci. La barca cavalca le onde mentre il sole si tuffa nel mare. Autore: Classe IV B Scuola Primaria “Don Bosco” - Polverigi (AN)
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Scuole Primarie
Provincia di Ascoli Piceno
Illustrazione di Federica Ricci
Razzo il delfino Il mare, una volta, era immensamente limpido, azzurro, pulito e felice perché era circondato da tanti amici. Ogni mattina si svegliava con il canto delle sirene e gli schizzi dei pesciolini d’argento che si divertivano a fargli solletico. I gabbiani stanchi di volare a pelo d’acqua si facevano cullare dalle sue dolci onde. I delfini curiosi si lasciavano ammirare e con le piroette davano spettacolo sicuri di incantare il mare. Le danze sinuose delle meduse lo accarezzavano. I suoi fondali immensi erano pieni di coralli rosa, rossi e bianchi, conchiglie di madreperla a cui facevano da guardia i cavallucci marini e dove pesci di ogni specie vivevano tranquillamente rispettandosi e aiutandosi a vicenda. Il mare si divertiva ad ascoltare le grida di gioia dei bambini che si fermavano sulla sua spiaggia a costruire bellissimi castelli di sabbia; era orgoglioso di ospitare sulle sue acque tutte le imbarcazioni grandi e piccole che passavano di lì. Un brutto giorno si levò un dispettoso e forte vento: le onde incominciarono ad ingrossarsi, diventarono altissime, una più alta dell’altra quasi a sfiorare il cielo. E… Un’onda gigantesca colpì, come se fosse stata una piccola barchetta di carta, una grossa petroliera, comandata da un capitano senza scrupoli che, di nascosto, stava lavando le proprie cisterne e rovesciava in mare tanto sporco. La petroliera si ribaltò e lasciò cadere tutto il suo carico. Il mare all’improvviso divenne una distesa di acqua nera e oleosa: il petrolio. Tutti i suoi abitanti rimasero intrappolati in quella vischiosa macchia scura. Che disastro! Il piccolo delfino Razzo era scampato miracolosamente al pericolo. Proprio perché molto agile e veloce era riuscito ad allontanarsi dal disastro e ora da lontano guardava incredulo l’accaduto. Capì cosa c’era da fare e corse velocemente verso l’isola a cercare aiuto. Mentre guizzava disperatamente e già molto affaticato incontrò la balena Rosi e a “squarciagola” gridò: - Aiuto! Aiuto! Rosi. I miei amici sono rimasti invischiati in una macchia nera, non riescono a liberarsi e il mare è disperato e triste perché non sa cosa fare. Rosi allora si ricordò di avere una medaglia con poteri magici che un giorno lontano aveva ingoiato. - Portala al tuo amico mare. - disse al delfino - Gettatela in mare mentre insieme pronunciate le parole magiche.
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Razzo tornò nel luogo del disastro e tutti insieme gridarono: Medaglia dorata, medaglia fatata fa tornare incantata e immutata quest’acqua inquinata. Come per incanto la macchia nera cominciò a ritirarsi fino a scomparire del tutto come se un mulinello l’avesse risucchiata. Magia delle magie... il mare in un baleno riacquistò l’azzurro e la lucentezza di sempre. Ora, pulito e liberato da quella coperta soffocante, era al settimo cielo: tutti i suoi amici erano scampati alla morte sicura e potevano tornare alla vita spensierata di sempre. Per ringraziare Rosi, il mare e i suoi abitanti la festeggiarono e la elessero “Sindaco” della Città Acqua Marina.
Autore: Classe III Scuola Primaria “Cesare Murani” Massignano (AP)
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Mattoni di corallo Nei fondali marini si trovava un castello abitato dal re degli abissi, dalla sua regina e dai sudditi. Un giorno, ma in realtà era una sera perché nei fondali non arrivava la luce del sole, una parte del castello crollò e vi rimasero intrappolati la regina e alcuni abitanti. Il re sconvolto non si dava pace perché nel suo popolo mancavano i muratori che potessero liberare la sua sposa con gli altri abitanti e ricostruire l’ala del castello andata distrutta a causa del cedimento del fondale sabbioso. Infatti, i sudditi che facevano i muratori si estinsero perché una volta costruito il castello, questo non necessitò di manutenzione per quanto era ben realizzato e, attualmente il popolo svolgeva lavori da cuoco, ragioniere, impiegato, taxista e pilota. Il re decise allora di farsi accompagnare sulla terra ferma per ricercare un muratore. Una volta arrivato si trovò spaesato perché proprio non sapeva come riconoscerlo, non ne aveva mai visto uno! Incominciò allora a domandare a tutti quelli che incontrava se per mestiere erano muratori. - No, mi spiace, io sono un giocatore di calcio della castignanese, venga a tifare per me domenica prossima! - No, me ne dolgo, io sono un avvocato, non nota le mie mani come sono lisce? Il re stanco cercò di riposarsi su una panchina quando notò un uomo con un curioso berretto in testa e una paletta in mano. Gli si avvicinò e gli chiese se era un muratore. - Sì, signore, che le serve? Un muro? Un tetto? Io faccio tutto! rispose l’uomo. Il re gli spiegò la situazione del castello e si accordarono per aggiustarlo. Felice d’aver trovato la soluzione, il re telefonò al suo autista e si fece venire a prendere col sommergibile di corte. Nel frattempo il muratore, con gli ori dell’abisso datigli dal re per pagare i nuovi mattoni di corallo, si rivolse ad un’industria che lavorava gli scarti di altre aziende. Fece realizzare un’enorme serie di mattoni di corallo con i quali rifare l’ala del castello distrutto. Quei mattoni però avevano solo il colore del corallo perché in realtà erano stati fatti con alga tossica essiccata e lavorata. Quando il muratore ebbe messo insieme tutto il materiale, si spinse giù negli abissi fino ad arrivare al castello e, giorno dopo giorno, riuscì a liberare la regina, gli altri intrappolati e, nel giro di un mese ricostruì il castello.
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Tutti gli abitanti furono contenti. Il re, per ringraziarlo dell’opera, gli donò gli ultimi ori dell’abisso e lo fece riaccompagnare in superficie. L’esultanza durò poco poiché tutti i sudditi, il re e la regina avevano problemi alle squame della loro pelle che diventava dura come una corazza. Inoltre, non respiravano più bene e molti di loro si sentivano male per davvero. Non capendo cosa stesse succedendo, il re decise di ritornare sulla terra ferma e lì notò come tutti gli umani che si bagnavano nelle acque avevano problemi respiratori e di bolle sulla pelle. I bagnanti intossicati venivano portati in ospedale e curati con aerosol e cortisone. Il re, nuovamente sconsolato si fermò a leggere un gobbo dove c’era scritto che un gruppo di scienziati aveva capito che tutto questo dipendeva dall’alga tossica presente nel mare. Non avendo più ori dell’abisso, il re comunque decise d’incontrare il gruppo di scienziati e si mise alla loro ricerca. Li rintracciò e li convinse a costruire un enorme aerosol da poter utilizzare giù nei suoi fondali. Gli scienziati lavorarono alacremente e costruirono il più grande e sicuro aerosol per il mare. Vi inserirono dentro più di mille quintali di medicina e aiutarono il povero re a portarlo al castello. Qui, lo sistemarono davanti l’ala ricostruita del maestoso edificio e cominciarono ad azionarlo. Tutti quanti guarirono nel giro di poco tempo, mentre i bei mattoni rosso corallo pian piano perdevano il loro colore e si presentarono per quelli che erano: alghe tossiche. Passò di lì, incuriosito dall’apparecchio, un enorme polipo che spaventato dalle nebulizzazioni dell’aerosol cominciò a spargere inchiostro. Non si sa se per reazione con la medicina o con l’alga, il nero inchiostro si appiccicava ai mattoni trasformandoli in argento puro. Da quel giorno, la comunità scientifica, per il bene di tutta l’umanità, controllò costantemente lo stato di salute delle acque marine e dei suoi abitanti. Il re invece, garantì, per il favore ricevuto, l’aiuto con la sua flotta marina a tutte le navi degli uomini in pericolo e, da allora, tutti vissero felici e contenti. Tranne uno: il muratore disonesto. Il muratore dopo i lauti compensi ricevuti dal re, li nascose nella sua casa, ma tutti gli ori dell’abisso, nel giro di poco tempo si trasformarono in comunissima sabbia e lui ritornò a costruire muri, tetti e qualche casa. Autore: Classe V A Plesso Primaria - Castignano (AP)
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Illustrazione di Rossella Trionfetti
Mare Chi sei mare? Con gli occhi di bimbo ti voglio guardare! Mi fermo sulla spiaggia… e sussurro… Raccontami le tue storie pitturate, tinte di azzurro! Narrami quelle imprigionate, racchiuse in lucenti conchiglie, che le onde trascinano a riva come trasparenti, colorate biglie. Portami sulle ali candide dei gabbiani le avventure di luoghi lontani, dove l’orizzonte non ha confini e giocano, saltano da acrobati i delfini. Mare, mare, mare che bello, che incanto poterti ascoltare! È come salire su una giostra e girare, spinti dalla brezza che mi vuole portare parole leggiadre, scritte con la schiuma bianca, che di spumeggiare mai è stanca. Così resto in silenzio, non dirò nulla, sfiorato dal vento che dolcemente mi culla, chiuderò gli occhi, lasciando volare i miei pensieri per ricordare racconti passati di vecchi pirati, antichi velieri da sempre sognati su isole spruzzate di sole giallo, con sabbia orlata di rosso corallo.
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E davanti all’arancio di un acceso tramonto mi arrendo allo spettacolo più bello del mondo! Mare, mare, mare sono ancora un bimbo, ma so apprezzare che l’acqua è vita e la vita è dono e ora che più ti conosco, mai ti abbandono. Ti difenderò da chi non ti sa amare poiché tu sei una “bellezza” da rispettare. E noi bambini ti vogliamo ringraziare per la gioia e l’allegria che ci sai regalare, così gridiamo in coro: “Viva il mare, prezioso tesoro!”
Autore: Classe III Scuola “Ragnola” - I.S.C. Centro - San Benedetto del Tronto (AP)
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Il mare Su un vecchio bidone di latta sulla spiaggia abbandonato è seduto un bambino, il suo nome è Rabal. Lo sguardo perso verso il mare il mare dal quale il suo babbo è partito stipato, ammassato insieme a tante altre persone su un vecchio arrugginito barcone. Uno sguardo, un abbraccio, il sogno... promesse di una vita migliore. In quell’ultimo abbraccio al babbo ha donato un piccolo cuore un pezzo di legno scolpito un pezzo di legno che il mare ha lasciato: storto, nodoso, levigato dal tempo dall’acqua e dal sale un piccolo dono del mare. Quel cuore è il suo dono il babbo l’ha preso e l’ha stretto felice... Sulla sponda opposta di quello stesso mare, seduto su un vecchio pattino sulla spiaggia abbandonato, un bimbo annoiato lo sguardo perso verso il mare come ogni sera aspetta il suo babbo
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che da lui fa ritorno stanco, ma soddisfatto, riconoscente verso il mare, che è un dono fonte di vita anche se costa lavoro e fatica. Ogni sera trova il suo piccolo lo abbraccia e non sembra più stanco... Ma quella sera il suo sguardo è diverso, gli occhi velati da un sordo dolore, è lo sguardo di chi ha visto un uomo che muore. Nelle reti, quella sera, lo sbracciare disperato di tante persone, gettate nel mare da un vecchio, arrugginito barcone. Tra quei disperati un uomo senza vita che stringeva forte un cuore di legno tra le dita. E Rabal è ancora là che guarda lontano aspettando un abbraccio, sognando il ritorno dell’uomo a cui il mare il sogno ha negato al quale un cuore di legno come ultimo gesto d’amore lui ha dato. Un cuore, un piccolo cuore, di legno scolpito che accompagnerà il suo babbo verso l’infinito. Oh mare, che a noi dai tanta allegria e in estate felici ci fai compagnia, da sempre sei ponte verso una vita migliore, ma puoi esser la tomba di un uomo che muore.
Autore: Classe V B Scuola primaria Bice Piacentini - I.S.C. Centro - San Benedetto Del Tronto (AP)
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Il mare di notte I pescatori erano al largo nel mare e stavano pescando con le navi e i pescherecci. Era notte e c’era la nebbia. Il faro era acceso, ma non illuminava le onde; allora venne acceso il faro acustico che faceva la voce per il porto. Improvvisamente si alzò una tromba d’aria anche se nel cielo c’erano la luna e le stelle. Sulla spiaggia, ricoperta di immondizia, si aggiravano i gatti in calore alla ricerca della compagna e i gatti affamati alla ricerca dei topi. Più lontano, nelle case, ci sono le famiglie: i bambini che dormono e le mamme che attendono con ansia e timore i loro mariti sul mare di notte.
Autore: Classe IV C - Alunno Manuel Ryszard Rekowoski Plesso Moretti - I.S.C. Nord - San Benedetto del Tronto (AP)
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Al mare con i delfini Un giorno siamo andati al mare felici e sereni: era un pomeriggio di maggio. Il tempo era stupendo, il sole spendeva nel sole azzurro con nuvole bianche, bianche come ovatta. Il mare tranquillo, i gabbiani volavano in alto, l’aria aveva l’odore salato della brezza marina. All’orizzonte si vedevano gli scogli, le onde un po’ spumeggianti superavano i grandi massi. Passeggiando sulla riva c’erano dei vetrini levigati dal mare e bastoncini portati nelle giornate con il mare in tempesta. Sulla riva sassi e conchiglie brillavano come diamanti sotto i raggi del sole che scaldavano l’aria. Nel mare un gruppo di delfini saltavano come acrobati del circo. I delfini erano grigi e azzurri con le code che sbattevano nell’acqua spruzzando schizzi d’acqua che formavano piccole fontane! I delfini sono animali eleganti, allegri, simpatici, giocherelloni, vivaci e sempre contenti che tolgono tristezza e malinconia quando li vediamo. In lontananza si sentiva il suono del faro per far rientrare le barche al porto dopo una giornata lunga, faticosa e stancante di pesca. Arrivata la sera, dopo un tramonto stupendo, arancione, siamo tornati a casa soddisfatti della giornata trascorsa al mare..
Autore: Classe III B Plesso Moretti - I.S.C. Nord - San Benedetto del Tronto (AP)
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Birba l’onda malvagia Un giorno il Drago Alberto andò al mare con la mamma Daniela e il padre Fabio. Appena arrivò sulla spiaggia, si mise sotto il suo ombrellone e, dopo che si era infilato il costume, dei pantaloncini a pallini blu, la cuffia viola si tuffò in acqua. Cominciò a nuotare, a nuotare, a nuotare finché non arrivò alla boa che non si può oltrepassare. Lui non la vide e continuò a nuotare. Passò sotto i motoscafi e sotto le barche, mentre i suoi genitori urlavano a squarciagola: - Aaaaaaalllllllllbbbbeeeeeeerrrrrttttooooo! ! Lui non li sentiva perché era arrivato fino al Mar di Sardegna; si fermò per un attimo ma non si rese conto di dove stava. Uscì dall’acqua e cominciò a incamminarsi verso un bar che conosceva; lo cercò ma non lo trovò perché il bar era nella sua città e non in Sardegna! Allora tornò indietro e si rituffò in acqua. Cominciò a nuotare velocemente, strillando e urlando perché non era più tranquillo come prima, ma poi si fermò un attimo, si calmò e cercò di vedere dove stavano i suoi genitori. All’improvviso arrivò un’onda malvagia di nome Birba. Il Draghetto non la vide, ma quando lei lo stava per inghiottire, lui si girò e con uno scatto le diede un calcio, ma non le fece niente perché un’onda è solo acqua. Allora l’onda passò alle maniere forti, ma Alberto il Drago non si fece spaventare e attaccò ancora. Alla fine Birba se ne andò perché il Draghetto era così scatenato che non ce la faceva ad attaccarlo. Nessuno era mai riuscito a sconfiggerla; chiunque si metteva a combattere contro di lei non ritornava mai indietro. Il Drago Alberto fece un sospiro di sollievo e cominciò a nuotare verso la spiaggia per tornare dalla sua famiglia. Uscì dall’acqua e andò al suo ombrellone; vide la mamma che piangeva e il papà che la consolava. II Draghetto chiese:- Mamma, perché piangi? Al sentire la sua voce, la mamma alzò la testa e lo abbracciò. Alberto il Draghetto era fiero di sé: era riuscito a sconfiggere Birba, l’onda Malvagia, e a ritrovare i suoi genitori. Il Drago Alberto non si era mai sentito così coraggioso in tutta la sua vita.
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Birba zlá mořská vlna Jednoho dne šel drak Albert s maminkou Danielou a tatínkem Fabiem k moři. Hned poté co přišel na pláž si sedl pod svůj slunečník, oblékl si mohavičkové plavky s modrými puntíky, fialovou koupací čepicí a skočil do vody. Začal plavat. Plaval a plaval až k boji za kterou se již nesmí. Bohužel si toho nevšiml a plaval dál. Přeplaval čluny a podplaval lodě, jeho rodiče na něj z dálky volali z plných plic: Aaaaaaaaalllllllllbbbbbbbbbbeeeeeeeerrrrrrrttttteeeeeeeeeeeeeeee! ! ! ! ! ! ! ! ! ! Ale on je neslyšel, doplaval až do Sardinského moře. Na chvilku se zastavil, vůbec si neuvědomil, kde vlasnč je. Vylezl z vody a šel směrem k baru, ktery’ znal; chvíli jej hledal, ale nenašel ho, nebot’ ten bar byl v jeho městě a ne na Sardinii! Vrátil se tedy a skočil znovu do vody. Začal plavat rychle zpět, křičel a volal, měl strach, po chvilce zpomalil a snažil se v dálce uvidět svoje rodiče. Najednou přišla zlá mořská vlna jménem Birba. Drak si ji hned nevšiml, ale v momentě co jej pohltila se rychle otočil a kopnul do ní, ale to nebylo nic platné, protože vlna je jen voda. Zlá vlna krutě pokračovala dál, ale drak Albert se nenechal zastrašit a znovu zaútočil. Nakonec to vlna vzdala, protože drak se mlel ze všech sil. Ještě nikdy se nikomu nepodařilo zlou vlnu přemoci, kdykoliv se o to někdo pokusil, nevrátil se zpět. Albert si oddychl úlevou a začal znovu plavat za svoji rodinou směrem k pláži. Vyběhl z vody a šel pod svůj slunečník; maminka plakala a tatínek ji utěšoval. Dráček se zeptal: - Proč pláčeš mami? Když maminka uslyšela jeho hlas, zvedla hlavu a objala ho. Byl tak hrdý: podařilo se mu přemoci Birbu, zlou mořskou vlnu a vrátit se ke svým rodičům.
Autore: Classe IV B - Alunno Manuel Alberto Massi (Repubblica Ceca) Plesso Moretti - I.S.C. Nord - San Benedetto del Tronto (AP)
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Il Delfino d’Oro e la grande avventura sul mare Tanto tempo fa in un villaggio della Turchia sul mare Egeo, vivevano due fratelli gemelli, Melic e Lezin con il nonno Ebubechir, pescatore. I due avevano perso i genitori durante una rivolta nel villaggio. Le loro giornate scorrevano felicemente: giocavano sulla spiaggia, si tuffavano nel mare e litigavano, ma facevano subito pace. Amavano il mare. Il nonno diceva: «Il mare è nostro amico perché ci dà il cibo ed è una strada per il mondo». I due fratelli si fermavano spesso a guardare l’orizzonte e provavano a immaginare cosa ci fosse oltre. «Un giorno partirò e andrò a scoprire cosa c’è dietro» diceva Melic alla sorella. «Io verrò con te». Lezin sognava il meraviglioso viaggio che li avrebbe portati a scoprire nuove terre. Il giorno arrivò quando i due fratelli avevano quindici anni. Lezin era diventata una bellissima ragazza dagli occhi e i capelli d’ebano. Melic era più alto di lei di dieci centimetri e aveva i capelli tagliati a zero come voleva il nonno. Una mattina Lezin entrò in camera del nonno per portargli la colazione: era ancora addormentato e sorrideva. Lezin lo chiamò, provò a svegliarlo con la mano, ma niente. «Nonno, nonnino!» e corse fuori a chiamare il fratello. Ebubechir, ormai molto vecchio, li aveva lasciati. Melic corse a chiamare Femi, il caro amico del nonno che abitava poco distante. I funerali si svolsero il giorno dopo. C’era tutta la gente di Cayseri poiché Ebubechir era molto amato. «Ragazzi, ora mi prenderò io cura di voi» disse Femi a Melic e Lezin. «Grazie Femi, mi occuperò io di Lezin» rispose Melic. Quella sera stessa i due fratelli decisero di intraprendere il lungo viaggio che desideravano da tanto. All’alba del giorno dopo, in una bella e ventosa domenica di marzo, caricarono di provviste la barca a vela del nonno e si diressero verso sud ovest, sul Mar Mediterraneo. Il viaggio proseguiva tranquillamente. Melic pescò alcune sardine che Lezin cucinò sul fuoco acceso come fanno gli scout. A un tratto Melic urlò: «I pirati, i pirati!». «Aiuto! Che cosa facciamo? » chiese Lezin. «Salgo sull’albero a girare le vele, disse Melic, guarda c’è un’isola, ci nascondiamo lì». I pirati li avevano avvistati e si stavano avvicinando velocemente.
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All’improvviso si alzò davanti a loro un’onda e spuntò un delfino tutto d’oro. «Ragazzi, non vi preoccupate. Seguitemi verso l’isola». Con grande stupore Melic vide apparire alle sue spalle una grande isola d’oro. Anche gli alberi erano d’oro luccicante. I pirati senza pensarci due volte puntarono sull’isola d’oro che subito si trasformò in un grosso vortice che li risucchiò. «Ragazzi, via libera. Prendete questa conchiglia, vi proteggerà lungo il viaggio. Basta che ci soffiate dentro ed io arriverò in vostro aiuto». I due ragazzi fecero appena in tempo a ringraziarlo che già il delfino era scomparso. Ripresero il viaggio tranquilli poiché sapevano che il delfino li avrebbe aiutati. Costeggiarono le coste dell’Africa. A volte attraccavano ai porti, perlustravano la zona, conoscevano la gente del luogo e facevano provviste di cibo e acqua. Se la gente era ospitale, rimanevano anche molti giorni. Stavano raggiungendo le coste di Tunisi, quando a largo all’improvviso furono circondati da un branco di squali con le fauci spalancate. I due ragazzi furono presi dal terrore. Subito Melic corse in coperta per prendere la conchiglia d’oro, ma nella foga essa gli scivolò in acqua. Lezin, senza pensarci due volte, si tuffò fra gli squali, ma un’onda le restituì la conchiglia che all’istante soffiò. All’improvviso gli squali fuggirono rincorsi da un grosso delfino d’oro. Il grosso cetaceo divenne piccolo: «Brava Lezin, sei una ragazza davvero coraggiosa» e si rituffò sotto il mare. Melic aiutò la sorella a risalire a bordo e la rimproverò per il rischio che aveva corso. Lezin non rispose. «Guarda, Tunisi!» urlo Melic. Ancorarono la barca vicino a uno scoglio e raggiunsero la spiaggia a nuoto. C’era tanta gente e tutti urlavano. Melic e Lezin si allontanarono verso gli scogli dove era seduto un ragazzo con il turbante verde sulla testa. «Salut» disse il ragazzo. «Salut» rispose Melic che aveva imparato un po’ di francese lungo il viaggio. I tre ragazzi erano diventati amici e si raccontarono tutte le loro avventure. Verr era un ragazzo indiano Sikh della regione del Punjabi, partito tre anni prima dall’India con una piccola imbarcazione di mercanti francesi. Aveva risalito il Mar Arabico, poi il Mar Rosso e attraverso il Canale
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di Suez aveva raggiunto la Tunisia. Qui si era fermato per aiutare i pescatori e aveva guadagnato anche un po’ di dinari. Melic parlò a Verr del Delfino d’Oro e della conchiglia magica. Verr li invitò a casa dove viveva con il pappagallo di nome Balj. Erano trascorsi due mesi. Una sera di fine agosto i tre passeggiavano sulla battigia. «Verr, è stato bello conoscerti, ora però dobbiamo ripartire. Vogliamo raggiungere la Francia prima che venga l’inverno» disse Melic. «Potrei venire con voi!» esclamò Verr. «Ne sarei veramente felice, anche Lezin si è molto affezionata a te». «Allora d’accordo, partiremo domani». All’alba i tre ragazzi caricarono le provviste e si misero in viaggio. Costeggiarono le coste del Marocco, oltrepassarono lo stretto di Gibilterra e sbucarono nell’oceano. «Sta arrivando la tempesta!» Lezin indicò i grossinuvoloni. «Stiamo vicino alla costa» ordinò Verr. «Hai ragione, potremmo ripararci dietro quelle rocce». All’improvviso il cielo in pieno giorno si fece tutto nero, poi scoppiò la tempesta. «Non riesco a tenere il timone! La barca si ribalta!» Ma il sole tornò a brillare e una voce ben conosciuta li salutò: «Ciao ragazzi». «Grazie Delfino, ti presento Verr». «Ciao Verr, ma non ci siamo già conosciuti?» Verr pensò e ripensò, poi si ricordo di quella volta che era scivolato in mare e che un delfino lo aveva salvato. «Come potevo averlo dimenticato?» si chiese Verr e si vergognò per tanta ingenerosità. «Sì, sono io, il Delfino magico nato apposta per aiutare i ragazzi di tutto il mondo che come voi viaggiano in acque straniere. Ora vi scorterò fino alle coste della Francia. Tu Verr ripartirai dopo pochi anni per raggiungere il Regno Unito dove diventerai un grande avvocato e tornerai in India ad aiutare la tua gente. Tu Melic ti sposerai e diventerai papà di due bei bambini, un maschio e una femmina.. Anche tu Lezin ti sposerai con un ragazzo che ti vorrà molto bene e sarete felici e contenti». I tre ragazzi si guardarono. «So che state pensando, disse il Delfino d’Oro, no, voi resterete amici per tutta la vita, vi aiuterete e vi rincontrerete varie volte». Giunti sulle coste della Francia, dopo una breve sosta in Spagna per fare rifornimento, il Delfino li salutò e scomparve. Quando arrivarono sulla spiag-
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gia di Bordeaux c’era tanta gente ad accoglierli. «Un’altra magia del Delfino» pensò Melic. Il sindaco della città diede ai tre ragazzi il benvenuto, una casa e un lavoro. Verr andò a frequentare una delle più importanti Università della Francia. Dopo pochi anni Melic faceva il commesso in un negozio e Lezin e suo marito aprirono un pub. I tre ragazzi non rividero più il Delfino d’Oro ma non lo dimenticarono mai. Ogni volta che Melic soffiava dentro alla conchiglia si sentiva il rumore del mare ed egli raccontava ai suoi bambini la meravigliosa avventura.
Autore: Classe III A - Alunno Manuel Alberto Massi (Repubblica Ceca) Plesso “Nicola Miscia” - ISC Nord, San Benedetto del Tronto (AP)
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La storia del mare: dalle origini a Capitan Kretino Maremort C’era una volta nel centro del mare Adriatico, un palazzo fatto di scogli, buio e profondo, dove nessuna creatura osava andare. Lì viveva Maremort: una creatura marina dall’aspetto umano, trasparente come l’acqua, sul mento aveva dei tentacoli, il naso era adunco e aveva il potere di comandare le creature marine. Un giorno Sabbiamort, una creatura terrena dall’aspetto umano, entrò nel suo cervello e gli comandò di prosciugare il mare. I pesci si ribellarono a Maremort, lo abbandonarono e si misero contro di lui. Di nascosto entrarono nel palazzo , gli spruzzarono nelle orecchie e dalla bocca uscì Sabbiamort. Mentre la creatura di sabbia e Maremort lottavano,un pescecane distrusse il palazzo, distribuendo gli scogli sulle rive e i due combattenti morirono: la sabbia andò sul fondale e l’acqua la ricoprì. Da allora, nel mare, la sabbia sta sotto e l’acqua sta sopra. Poseidone Così nel mare trasparente e pulito per molti anni vissero tranquillamente le creature marine, rallegrate dal dolce canto delle sirene, fin quando non apparvero le creature umane. A quel tempo sul mare vigilava il super- mega- supremo - neutro dio del mare POSEIDONE, che viveva dall’altra parte dell’oceano, in un castello anche questo fatto di scogli, ma luminoso ed abbellito con conchiglie, alghe e coralli. Ogni tanto andava a fare un giro di perlustrazione, con il suo carro guidato da delfini molto giovani; come i suoi guidatori, egli era giovane e bello, aveva una folta barba turchina e in testa portava una corona decorata con conchiglie dei colori dell’arcobaleno. Aveva occhi verdi come lo smeraldo più lucente e quando si mutava in umano, i suoi occhi brillavano di una luce più intensa del cielo. Sua moglie (regina delle cozze e delle sirene) esercitava una potente forza sulle creature marine, mentre il potere di Poseidone era di controllare la mente delle creature umane. Un giorno mentre Poseidone, come ogni buon dio, faceva una perlustrazione tra il suo popolo, si accorse che alcune creature umane erano sfuggite al suo controllo. Capitan Kretino Erano capitan Kretino e la sua ciurma. Capitan Kretino comandava una nave da crociera a cinque stelle, dove si conduceva una vita disordinata e dove nessuno voleva lavorare. L’equipaggio e i passeggeri mangiavano tutto il giorno ed avevano consumato e distrutto le specie più
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pregiate dei pesci, che catturavano senza pietà e con metodi di pesca non rispettosi dell’ambiente. Quello che era più grave, gettavano dalla nave ogni tipo di rifiuto: bicchieri, posate, piatti, tovaglie, avanzi di cibo, sedie e tavoli rotti, contenitori non degradabili, liquidi velenosi. I pesci morivano avvelenati, le tartarughe morivano soffocate, il mare era schifoso, sembrava un cassonetto liquido, nero e marrone. Allora Poseidone andò a cercare gli squali Megalodon( gli squali più feroci), chiamò la moglie con le figlie sirene, incantatrici più fidate ( Gialla la più luminosa, Gaia la più allegra, Sara la più veloce) e raccontò loro la situazione: - Amici, gli umani ci stanno attaccando con i loro rifiuti! - Sirene, ecco il mio piano, voi mi distraete gli umani, al resto penseranno gli squali! - Squali, quando i pirati del mare saranno distratti, voi li attaccherete! Il piano andò a gonfie vele; le sirene con la loro danza e il loro canto riuscirono a distrarre i pirati e…crash, gli squali cominciarono a mordere gli umani. Capitan Kretino e la sua ciurma si arresero . Poseidone comandò alle creature marine di smettere e stabilì un patto con gli umani: - Non gettate più nel mare la spazzatura e noi non vi attaccheremo! Conclusione Da quel giorno la nave fu trasformata in un eco-cassonetto marino che raccoglieva tutti i rifiuti gettati dall’uomo, capitan Kretino e la sua ciurma diventarono marinai ecologici, impararono anche la raccolta differenziata e furono condannati a ripagare i danni. Con l’aiuto del dio Poseidone costruirono sulla nave, un marchingegno che rigenerava ogni rifiuto differenziato e lo trasformava in nuovi oggetti utili a tutti, all’uomo, al mare ed alle sue creature, come: depuratori, boe, zattere, reti da pesca, barche a vela, tavole da surf…. Così nel grande parco marino tutti vissero felici e contenti. Ed è per questo che nel mare la sabbia sta sotto e l’acqua sta sopra. Ed è per questo che non ci sono più rifiuti. Ed è per questo che è stata inventata la raccolta differenziata. Ed è per questo che l’uomo rispetta il mare. Classe IV A Primaria Miscia - I.S.C. Nord - San Benedetto del Tronto (AP)
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Scuole Primarie
Provincia di Macerata
Illustrazione di Lisa Gelli
Filastrocca del mare Oggi il cielo promette pioggia ma io voglio andare in spiaggia, tanta acqua viene giù e un’onda sale su. L’onda del mare d’inverno schizza, spruzza, impazza. Nel mare corrono i cavalloni come nel cielo volano i nuvoloni. “Calmati mare, non ti arrabbiare!” La spiaggia è bagnata dall’onda soffiata, dall’aria gelata. Un bambino raffreddato sulla spiaggia mangia il gelato. Nel cielo grigio vola un gabbiano, al mio papà prendo la mano noi ci guardiamo e l’onda insieme saltiamo. C’è un pescatore: guarda l’acqua e sbadiglia e intanto gioca con la conchiglia. Nel cielo volano altri gabbiani e io li saluto con le mani. Un raggio di sole si specchia nel mare, il pescatore si ferma a osservare: l’immensa acqua che lo circonda e ad ascoltare la melodia dell’onda. Quant’acqua in questo mare che viene voglia di nuotare! Poi arrivano i delfini che nuotano vicini ma rimangono impigliati tra i sacchetti e le carte dei gelati.
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Un pescatore del pericolo si è accorto e chiama i soccorsi al porto. Pronte le barche di salvataggio gridano: “All’arrembaggio!” Gli animali sono liberati e i rifiuti ripescati. Ancora freddo d’inverno è il mare, ma presto il sole arriverà a riscaldare. Di nuovo i granchi grandi e piccini e i giochi allegri dei bambini: il castello ed il rastrello, la paletta col secchiello. Il pescatore è tutto contento, l’acqua pulita brilla d’argento: perché la filastrocca del mare d’inverno è proprio finita in questo quaderno.
Autore: Classe II Scuola “P. Santini” - Loro Piceno (MC)
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Enis, il ragazzo che ascolta il mare Un giorno qualsiasi, in una città qualsiasi, in una casa qualsiasi, un ragazzo di nome Enis era pronto per andare a scuola. Era abbastanza alto, con i capelli corti e marroni; aveva sempre un viso felice, indossava spesso una maglia rossa e due braccialetti portafortuna, colorati, al polso destro. Amava portare i pantaloni lunghi, neri come il carbone, e un paio di scarpe blu. Era molto allegro, salutava chi incontrava per strada ed era sempre di buonumore: aveva così tanti amici che spesso non sapeva con chi stare. Andando a scuola Enis incontrava sempre i due bulli della classe: Endi e Bill che rubavano i soldi ai bambini più piccoli con la prepotenza. Quella mattina, quando Enis entrò nell’aula e incominciò la lezione, la maestra disse: “Oggi parleremo del mare. Allora ragazzi, sapete dirmi una leggenda o un mito riguardante il mare?”. Tutti alzarono la mano: uno raccontò del dio Poseidone, un altro degli animali venerati … . Enis alzò la mano e disse: “Maestra io conosco una leggenda: la leggenda di Atlantide!”. Subito Endi si mise a ridere e rispose: “Ah!Ah!Ah! E secondo te Atlantide esiste?”. “Sì, ci credo! Che cosa c’ è che non va?”. “La cosa che non va è che Atlantide non è mai esistita! Sei proprio un credulone!”. “Ah sì?! Vedremo! Facciamo un patto, se mi porterai una prova che non esiste Atlantide tu potrai sempre prendermi in giro; se invece vinco io e Atlantide esiste tu non farai mai più il prepotente!”. Endi rispose già sicuro di vincere: “Certo che accetto!”. Così si strinsero la mano e dopo la lezione si misero subito a lavoro. Endi corse ad accendere il computer; Enis andò al mare, si mise a sedere sulla spiaggia e, guardandolo così azzurro e cristallino, aspettò di vedere qualcosa d’interessante. Aspettò ore ed ore fino a che si addormentò. Si svegliò a notte fonda e capì che forse era meglio provare l’indomani. Il giorno seguente Enis si sedette di nuovo sulla riva: aveva portato pinne e boccaglio, potevano servire! Dopo un po’ di osservazione si tuffò nel mare bianco e implacabile. Enis si meravigliò di andare sempre più lontano dalla spiaggia, ma per quanto fosse bello il mare non scoprì niente che lo potesse aiutare a trovare Atlantide. Enis ci provò e riprovò per tanti giorni senza mai arrendersi.
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L’ ultimo giorno sconsolato raggiunse la spiaggia e si inginocchiò pregando: ”Aiutami mare! Dammi un piccolo segno che Atlantide esiste veramente!”. Non appena ebbe terminato di parlare, il mare diventò grosso, si gonfiò sempre di più fino a formare un onda gigante che si infranse con forza sulla riva e bagnò completamente Enis fino all’ osso. Davanti a sé vide qualcosa di strano, una stele su cui erano incise queste parole: ”SE TU VORRAI VEDERE ATLANTIDE, DOVRAI ATTRAVERSARE IL PONTE D’ ARGENTO”. Sorpreso Enis pensò: ”Allora Atlantide esiste veramente!”. All’ inizio provò a cercare tutti i ponti che c’ erano in città, ma non trovò nulla. Il giorno dopo provò a perlustrare le miniere d’ argento, purtroppo non successe niente. Così una notte si mise di nuovo a guardare il mare. C’ era la luna piena ed Enis sospirando disse: ”Ti prego mare, fammi vedere il ponte d’ argento!”. Ad un tratto si accorse di qualcosa di familiare e capì che le onde illuminate dalla luna formavano un ponte d’ argento. Così Enis si tuffò senza paura e si fece colpire dalle onde schiumose fino a che una di loro lo travolse; in quel momento chiuse gli occhi. Dopo un po’ il mare si fece calmo e quando il ragazzo aprì gli occhi rimase stupefatto, si alzò a fatica ed esclamò: “Non posso crederci! Ho trovato Atlantide! É gigantesca!”. Felicissimo decise di inoltrarsi e scoprirla tutta. Vide castelli, case e torri tutte dipinte di bianco e azzurro. Entrando avvistò una strana creatura: era una sirena! Lei gli si avvicinò e gli rivolse parole mai sentite. Enis non capì niente, ma quando lei lo toccò lui comprese subito cosa stava dicendo: ”Io sono Perla, la figlia del re di Atlantide. Caro Enis, tu solo sei riuscito ad arrivare fin qui perché sei speciale, unico al mondo, hai un potere che nessun altro ha: tu puoi parlare al mare e, cosa ancora più importante, lo sai ascoltare!”. Enis sorpreso rimase a bocca aperta. Perla lo prese per mano e gli mostrò tutta Atlantide. Era meravigliosa. Giunsero ai piedi di un palazzo. All’ interno vi erano tante stanze diverse. Lo attraversarono tutto finché non arrivarono alla stanza più bella, cristallina e lucente, dove li accolse Agregor, il re di Atlantide. Costui, dopo aver osservato a lungo il ragazzo, gli domandò:
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”Che cosa ti ha spinto ad arrivare fin qui?”. Enis rispose: ”Sono venuto, sire, per avere una testimonianza che Atlantide esiste veramente”. Il re gli spiegò che la leggenda di Atlantide doveva restare tale altrimenti la città sarebbe sparita per sempre. Enis però doveva dimostrare al suo compagno Endi che tutto quello che aveva visto esisteva veramente così lui avrebbe smesso di essere cattivo e prepotente con tutti. Agregor fidandosi di Enis decise allora di dargli come prova uno dei più preziosi tesori: la squama d’argento del primo re di Atlantide, con la promessa di proteggere il segreto della città dagli umani. Ad un tratto una luce avvolse Enis e lui si risvegliò sulla spiaggia. Aveva le prove tanto desiderate: la stele e la squama d’ argento. Il giorno dopo andò a scuola felice più di sempre, le mostrò a Endi e gli disse: ”Non smetterò mai di credere al mare!”.
Autore: Classe II Scuola “P. Santini” - Loro Piceno (MC)
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I sogni... son desideri Nemo e Plip sono due simpatici pesciolini che vivono con mamma e papà in fondo al mare, in una casetta vicino agli scogli. Il posto è bellissimo, l’acqua limpida e cristallina e possono perfino vedere i loro amici che abitano più in profondità e spesso vanno giù a giocare. Si sa... alla loro età sono molto vivaci e disturbano il vecchio polipo brontolone che vuole starsene in pace a godersi la pensione. Per scappare, quando lui allunga i tentacoli, corrono tra le alghe amiche e si nascondono dietro i coralli...che divertimento!!!!! Oggi sono particolarmente felici: è vacanza e i loro genitori hanno deciso di portarli al parco giochi. Esso si trova proprio dove è stato costruito un grande depuratore che ripulisce l’acqua proveniente dagli scarichi delle industrie. Esso funziona molto bene e l’acqua è pulita e di un bel colore azzurro. - Come sono felici i nostri figli - dicono mamma e papà pesci - a pensare che quando eravamo piccoli noi, qui non potevamo venire: l’acqua puzzava, vi galleggiava ogni sorta di rifiuti e la schiuma ci impediva di respirare!! Chicco, Chicca e i loro amici amano scorrazzare liberi in mare aperto, non hanno paura delle reti dei pescatori, tuttalpiù fanno gli sberleffi ai vermetti che, appesi alla lenza, cercano di catturare qualche pesciolino. Certo, a volte qualcuno più temerario si avvicina un po’ troppo e allora sono guai!!!!! Spesso i pesciolini vanno con i loro maestri in gita in “un’isoletta nera” molto particolare, che si è formata tanti anni fa, quando il mare era attraversato da vecchie petroliere che spesso perdevano il petrolio. Quanti danni! Quanti pesciolini morti! Ora quel monumento è lì per non dimenticare ... ... Marco è un bambino che frequenta la classe prima nella scuola primaria di San Claudio. Oggi si è svegliato contento, perché la maestra insegnerà agli alunni a scrivere la letterina M...come MARE e naturalmente lei parlerà del mare, che lui ama tanto. Poi lui non vede l’ora di raccontare il sogno che ha fatto la notte passata.... Tutti lo ascoltano attentamente, poi il loro sguardo si volge verso la finestra e si perde nell’azzurro del cielo...........il sogno di Marco si realizzerà????? Autore: Classe I Scuola Primaria San Claudio - Corridonia (MC)
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Illustrazione di Lorenza De Dea
Il pesciolino rosso C’era una volta, ma c’è ancora purtroppo, un mare molto inquinato. Gli umani erano abituati a buttare ogni genere di rifiuto nell’acqua: sigarette, lattine, bottiglie, plastica di ogni genere, rifiuti tossici e scarichi delle aziende. I pesci del mare erano molto arrabbiati, era capitato che qualcuno si fosse gravemente ammalato, le tartarughe marine rischiavano di soffocare con tutti i sacchetti che si trovavano nel mare, le mamme non facevano più uscire i loro piccoli per paura dei pericoli che potevano incontrare, i pesci più anziani non andavano più alla “ Conchiglia bar”, il loro circolo, perché le strade erano piene di rifiuti e loro non riuscivano ad evitarli. Il mare era completamente vuoto, ognuno restava chiuso nella propria conchiglia per paura di ammalarsi. Non si poteva più andare avanti così!!!!!! Un giorno la regina Balenottera Azzurra, mentre guardava fuori della finestra del suo castello, vide una lunga fila di pesci davanti allo studio del dottore e decise di chiamare i capi del governo marino per trovare una soluzione ma, dopo lunghi giorni di riunioni, non riuscirono a mettersi d’accordo sul da farsi. La regina a quel punto decise che era giunto il momento di mettere in atto il piano “Operazione pulizia”. Chiamò le tre sirene Sidney, Alice e Rosa e chiese loro di ripulire la città in fretta. Le sirene iniziarono a spazzare con le loro code ma non ci riuscirono, tanto era sporca! Andarono quindi da un loro caro amico, il principe delfino e gli chiesero aiuto. “Come si può rimediare al grande inquinamento?” chiesero, e lui rispose “ Se un rimedio volete trovare un anello dovete cercare dove sempre andate a nuotare”. Alice capì che dovevano andare al cratere dove giocavano tutti i giorni. Mentre nuotavano videro che qualcosa stava accadendo: all’improvviso il mare si oscurò e un’enorme “cosa” scura si stava espandendo in superficie. Pian piano scendeva verso il basso e si stava attaccando alle loro squame rallentando la loro nuotata. Era una corsa contro il tempo, bisognava fare in fretta se si voleva salvare il mare! Mentre nuotavano con fatica videro un pesciolino rosso che galleggiava solitario.
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Rosa gli chiese disperatamente di aiutarle a prendere l’anello nascosto tra la sabbia dentro il cratere del vulcano perché avevano bisogno di fare una magia in fretta per salvare il loro mare. Lui non se lo fece ripetere due volte e partì immediatamente infilandosi di fretta in una fessura della roccia. Dal cratere videro uscire scarpe vecchie, jeans, forchette e pezzi di legno. Dopo un po’ videro il pesciolino venire fuori dal vulcano e notarono che sulla sua coda aveva un enorme anello luccicante con un grandissimo zaffiro. Non potendo ancora muoversi le tre sirene chiesero al pesce di portare l’anello al delfino che lo prese e, agitandolo con forza e recitando la formula magica ”Anello anellino, rinchiudi lo sporco nel tuo bel zaffirino”, ripulì il mare. Salì in superficie con l’anello ben stretto in bocca e con un colpo di coda ben assestato lo scagliò contro una roccia. L’anello si ruppe e tutta la sporcizia raccolta dal mare ritornò sulla terra ricoprendo tutto il mondo di immondizia. Il pesciolino rosso diventò un eroe e fu nominato cavaliere del re, il fondo del mare ricominciò ad animarsi, tutti i pesci vissero felici e contenti mentre gli umani molto meno ma non impararono la lezione perché qualcuno ancora continua a gettare di tutto nel mare.
Autore: Classe III Scuola Primaria “G. Mameli” - Macerata
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La tartaruga solitaria Era una calda mattinata d’estate, il tempo ormai era agli sgoccioli per le tartarughine che dovevano venire alla luce. A pochi minuti dalla nascita si vedevano già le loro teste sbucare dalla sabbia. Un’ora dopo stavano già dirigendosi verso il mare. Erano tutte uguali tranne una. Mentre le altre avevano il guscio verdde smeraldo e la pelle marroncino chiaro, lei aveva il guscio viola porpora e la pelle di colore verde salvia. Trascorsero i mesi e le tartarughe erano già cresciute. Mentre quattro sorelle giocavano a rincorrersi, Trinky, la tartaruga speciale, chiese loro: - Posso giocare con voi?. Le sue sorelle arroganti risposero: - Siamo al completo, magari un’altra volta. Così Trinky sconsolata si mise in un angolo a parlare con il suo unico amico: il granchio Koko. Il giorno dopo fu esclusa ancora e così decise di partire alla ricerca di nuovi amici con cui giocare. Iniziò il viaggio con Koko, senza una mèta dove fermarsi. A due giorni di cammino, sfiniti dalla stanchezza, decisero di fermarsi a riposare un po’sopra un comodo letto fatto di alghe. Sognò di essere su un’isola insieme ad altre tartarughe. Giocavano insieme felici e nessuno veniva escluso! Il sogno venne interrotto quando sentì che le mancava aria, così si svegliò di colpo e si trovò immersa tra rifiuti e schiuma, dove non riusciva a nuotare. Si guardò intorno e vide Koko aggrappato ad una roccia per cercare di salvarsi e non essere trascinato via tra quella sporcizia. Ad un certo punto il lago tossico in cui stavano nuotando cominciò a spostarsi e così Trinky riuscì ad arrivare sulla riva di una spiaggia. Una bambina la vide e pensando che fosse malata, per il colore del suo guscio, la portò a casa sua dentro il suo acquario.
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Quando si svegliò si sentì osservata, dieci pesci la stavano fissando incuriositi dal suo strano colore. Trinky si sgranchì le pinne e timida disse: - Dove siamo? - Un pesce-farfalla dall’aria scocciata le rispose: - Siamo in un acquario Trinky e gli altri pesci fecero amicizia e si divertirono a giocare a palla, a nascondino marino e a tanti altri giochi a cui lei non aveva mai potuto partecipare se fosse rimasta con le sue sorelle. La sera tornò a casa Elena, la bambina dell’acquario e, vedendo che la tartaruga ormai stava bene, decise di riportarla in mare. Elena indossò dei guanti e prese delicatamente la tartaruga in mano, la portò in spiaggia e la lasciò sulla sabbia. Voleva vedere se lei veramente voleva tornare in mare. Trinky ripensò ai suoi nuovi amici che erano tristi quando era stata portata via. Non poteva tornare in mare, li avrebbe delusi e pensò che nessuno l’avrebbe mai apprezzata come loro. Così, si voltò e tornò dalla bambina che la riportò nel suo acquario. Da quel giorno Trinky ebbe una casa e una famiglia così la bambina divenne la proprietaria di un acquario che oggi è l’attuale Acquario di Genova, dove tutti possono ammirare la bellezza degli animali marini e imparare ad amarli e rispettarli. Ogni tanto pensava a Koko ma sapeva che lui sarebbe stato felice di sapere che lei aveva trovato finalmente un luogo speciale in cui vivere.
Autore: Classe V Scuola Primaria “G. Mameli” - Macerata
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L’ amicizia del Mare Sto per addormentarmi. Sullo scaffale vicino al mio letto il veliero della “Lego” sta prendendo vita. Salpa, solca il mare. Io sono al timone. Il mare è splendente, luminoso, immenso. Le onde s’inseguono, brillano al sole. Vedo magnifici cavalli bianchi, fatti di spuma, che galoppano sulla cresta delle onde. Qua e là spruzzi di balene. I delfini giocano con le onde; saltano fuori, poi si tuffano di nuovo. Penso che bello il mare ! Getto l’ ancora; mi tuffo. Posto incantato. Pesci stupendi, nuotano felici nell’ acqua limpida e trasparente. Ovunque ci sono coralli, anemoni, stelle marine e cavallucci. All’ improvviso incontro uno squalo; mi sfiora. Sono terrorizzato. Mi parla: “ non avere paura, non sono cattivo. Vieni con me e ti farò vedere meraviglie sconosciute agli uomini “. Io mi aggrappo alla sua pinna dorsale; lo cavalco. Scendiamo nei fondali, poi risaliamo. La bellezza dello spettacolo, che mi appare, mi riempie di gioia. Tutti i pesci fuggono però al nostro apparire. Il mio amico mi confessa: “quanto sono infelice! Sono così solo; non ho un amico. So di far paura, ma sono buono. Loro non lo sanno. Aiutami !”. Mi faccio coraggio, salgo su uno scoglio. Chiamo tutti i pesci. Si affacciano, curiosi, tra le alghe. Li incoraggio: “uscite dai nascondigli, fate amicizia con questo squalo buono; non vi divorerà, anzi vi proteggerà”. Piano, piano salgono timorosi dagli abissi. Poi, rassicurati, si affiancano allo squalo e, felici, nuotano insieme. Nel profondo del mare è nata un’ amicizia incredibile.
Autore: Classe II Scuola Primaria “G. Mameli” - Macerata
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Illustrazione di Lorenzo Sabbatini
La gocciolina marina La gocciolina Marina viveva tranquilla in un piccolo mare dove non succedeva mai niente di straordinario, infatti si chiamava Mar Camomilla: non era mai agitato, non c’ era mai una tempesta, mai un attacco di pirati... mai nulla. Il papà e la mamma erano due onde tranquille, che la cullavano sempre avanti e indietro, ma Marina si annoiava ogni giorno di più... Così una notte Marina decide di partire di nascosto per andare ad esplorare il grande e misterioso Oceano. Dopo aver nuotato per giorni e giorni , Marina incontra un bellissimo e giovane delfino che fa acrobazie in superficie e lo saluta così : - Ciao, io sono Marina e tu chi sei?- Mi chiamo Pino - risponde il delfino - sono molto curioso e sto andando a caccia di avventure nei profondi abissi! Vuoi venire con me?- Non vedo l’ ora! Partiamo subito ! - risponde Marina eccitatissima, mentre si aggrappa alla coda del suo nuovo amico. Scendono in picchiata e all’improvviso raggiungono il relitto di un antico veliero. Dentro trovano forzieri colmi di tesori e monete scintillanti, ma mentre si avvicinano un terribile squalo li assale, sta per divorarli... quand’ecco che un coraggioso pesce martello sferra un colpo fortissimo sulla testa dello squalo, facendogli vedere tante stelle... marine! : - Che avventura paurosa! Per fortuna ci hai salvati... come ti chiami?- chiede Marina - Sono un pesce martello, per gli amici Lello!! I tre ripartono verso altre avventure e, mentre risalgono in superficie, sentono un lamento: - Vi prego, aiutatemi! - Avete sentito? Chi può essere? - bisbiglia Marina. Vedono da lontano qualcosa che si muove. - E’ un sacco di plastica – dice Lello. - E’ vero! - aggiunge Pino – ne ho visti molti anch’io. Gli uomini li abbandonano in acqua e molti pesci ci finiscono dentro, rischiando di soffocare! Presto, non perdiamo tempo, qualcuno ha bisogno di noi! - Lello colpisce il sacco con il suo martello e riesce a farci un bel buco; così in un attimo guizza fuori un bellissimo pesciolino argentato, che li ringrazia così: - Grazie! Mi avete salvato la vita! Sono
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caduto in quella trappola e per poco non soffocavo! Ma per fortuna siete arrivati voi! Ora devo raggiungere i miei compagni, eccoli lassù, volete conoscerli? - Certo! - rispondono Pino, Lello e Marina. Così, mentre risalgono in superficie, vengono travolti da un banco di pesci azzurrini, che si sta esercitando nel “nuoto sincronizzato”. E’ un vero spettacolo armonioso e originale perché ad un tratto il banco diventa una freccia, subito dopo un fiore, poi una stella... La gocciolina rimane a bocca aperta! Ma con un guizzo improvviso il banco fugge via! Un’ ombra gigantesca passa sopra le loro teste, Marina, tremando di paura, domanda: - Ma che razza di pesce è? È più grande di una balena! - Non è un pesce, - spiega Pino - è una petroliera! E’ una nave gigantesca, che trasporta il petrolio: un liquido nero, denso e puzzolente, che per noi è veleno puro! Quando il petrolio cade in mare, è un disastro! - E’ meglio starle alla larga, - aggiunge Lello - andiamo da un’altra parte! E subito si dileguano in acque più profonde, ma poco dopo si sentono degli strani rumori, cosa sarà? Una corrente gelida e fortissima travolge in un vortice Pino, Marina e Lello che dice: - Ragazzi, siamo spacciati!! È una tempesta terribile, dobbiamo trovare un riparo!...Fulmini, tuoni, un vento fortissimo, onde alte dieci metri agitano l’ Oceano e la gocciolina spaventata improvvisamente sente, per la prima volta, tanta nostalgia di casa . - Per mille balene! Cosa stiamo aspettando? Venite con me, ho trovato una caverna, andiamo!! - grida Pino. All’interno i rumori sono ovattati e si vede una famiglia di cavallucci marini che sta riposando sotto le “ali” di una manta che esclama:- Benvenuti nel mio hotel! Mi chiamo Samantha volete anche voi una stanza?-No, grazie - risponde Marina - ripartiamo subito, giusto il tempo di riprendere fiato!!- Mentre ancora trema per lo spavento,Marina ripensa alla sua famiglia e decide di ritornare al suo tranquillo Mar Camomilla. Intanto si è fatto giorno e i raggi del sole rischiarano le acque dell’Oceano, Marina abbraccia Lello e Pino: - Amici, è stato un piacere vivere con voi così tante avventure!
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Vi ringrazio di tutto, ma ora ho deciso di tornare a casa - Addio, Marina! Anzi, arrivederci. Quando andremo in pensione, verremo a trovarti! - esclamano Lello e Pino. Allora la gocciolina Marina si lascia galleggiare sul pelo dell’acqua, per farsi riscaldare dal sole e, all’improvviso, si sente leggera, leggera; sta volando dentro una nuvola insieme a tante altre goccioline, mentre il vento la spinge dolcemente verso il suo Mar Camomilla. - Evvivaaaaa...sto arrivando!!!! Sono felice, non vedo l’ ora di tuffarmi nel mio mare tranquillo, di vedere le mie sorelline e di farmi cullare dolcemente da mamma e papà! Eccomi, mi tuffoooo!! Finalmente la curiosa gocciolina Marina aveva capito che la felicità è ovunque ti trovi...basta saperla riconoscere !! Autore: Classe III B Scuola Primaria Via Piave - Morrovalle (MC)
Il pesce che sapeva leggere C’era una volta un pesce che un giorno imparò a leggere. Viveva nel mare di un paese dove c’era una piccola scuola. Tutti i giorni sentiva una maestra che insegnava ai suoi alunni a leggere e a scrivere “ Ma… me… mi…mo…mu. Pa…pe…pi…po..pu…”. Alla fine dell’anno anche il pesce sapeva leggere ma non solo aveva imparato anche l’alfabeto “A come Acqua, B come Balena, C come Calamaro, D come Delfino, E come Esca, F come Foca, G come Gamberetto, H come H2O la sostanza dell’acqua, I come Isola, L come Luccio, M come Medusa, N come Nave, O come Onda, P come Pirata, Q come..?..... “. Ahi…, Ahi….., al pesce non venivano parole con la “Q”!!! .
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“R come Rana, S come Sogliola, T come Tonno, U come Uncino, V come Vela, Z come Zattera”. In fondo al mare c’era ben poco da leggere, ma il pesce era molto fiero della sua abilità. Un bel giorno, ma forse e’ meglio dire un brutto giorno, il pesce vide una bottiglia di plastica galleggiare vicino a dove lui andava a nuotare di solito. Lì per lì’ non ci fece caso perché la bottiglia era vuota, ma poi vide l’etichetta e ne fu contento “Finalmente qualcosa da leggere!!!” esultò. “ Acido Cloridico…Ammoniaca…Biodegradabile…non biodegradabile”. Il pesce non sapeva il significato di queste parole anche se sapeva leggerle, ma poi vide quell’orribile disegno di un pesce avvelenato sulla spiaggia e si allarmò. “Devo avvertire gli altri!.......” pensò. Di gran corsa il pesce si precipitò dai suoi amici spiegando loro che erano in pericolo. Da quando aveva imparato a leggere , godeva di una grande stima e rispetto. “ Qualcuno sta inquinando la nostra casa!!!!!” disse qualcuno. “E’ Terribile!!!!!” disse qualcun’ altro . “Aiutaci Tu!!!!” chiedevano disperati gli amici al pesce che sapeva leggere. Finalmente venne loro una grande idea. “Guarda Maestra ci sono delle lettere sul mare!!!!”. “Ma che dici, Filippo, ritorna al tuo posto e allontanati dalla finestra!!!”. “Ma no Maestra, e’ proprio così vieni a guardare! Anzi, venite a guardare tutti!”. I bambini e la Maestra si affacciarono e si accorsero che sul mare c’era scritta la parola “AIUTO!!!”. Erano i pesci guidati dal pesce che sapeva leggere, ad essersi messi in modo da poter formare questa scritta. I bambini una volta finita la lezione scesero in spiaggia ad osservare il mare. Non l’avevano mai guardato con attenzione e non si erano mai accorti di quanto fosse sporco! Una volta a casa i bambini convinsero i genitori a non inquinare più e a non buttare niente in giro, ma solo negli appositi contenitori della raccolta differenziata. Tutte le domeniche, con le loro famiglie andavano in spiaggia a raccogliere i rifiuti e facevano a gara, chi ne raccoglieva di più. Da quel giorno, sul mare comparve la parola “GRAZIE !”. Autore: Classe IV A Scuola Primaria Via Piave - Morrovalle (MC)
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Una fiaba dedicata al mare In un tempo lontano viveva Ottavio, sovrano di un reame sottomarino chiamato Atlas che aveva due figlie: Marina e Delfina. Marina era la più grande, aveva dei lunghi capelli castani e gli occhi color verde smeraldo; mentre Delfina aveva capelli biondi e occhi celesti color del mare. Entrambe erano bellissime e molto ammirate dai sudditi per la dedizione ai loro genitori. La famiglia reale aveva una particolarità: anche se non avevano né le branchie per respirare né la coda per muoversi, potevano sopravvivere tranquillamente sotto l’acqua. Vivevano tutti in un meraviglioso castello di cristallo situato sopra un grande scoglio attorno al quale i coralli rosa e rossi avevano creato una specie di merletto che lo rendevano ancor più bello e scintillante. Attorno ad esso nuotavano un’infinità di pesci di varie specie, amici del re. La dimora delle due ragazze era bellissima, e lo era ancor di più durante il compleanno della madre Iris. I grandi festeggiamenti duravano una settimana, tutto il castello era addobbato con conchiglie e perle pregiate. A corte venivano invitati numerosi ospiti del mondo sottomarino , si organizzavano banchetti e feste da ballo e tutti erano molto felici di partecipare al compleanno in onore della loro amata regina. Una sera durante i festeggiamenti, il terribile squalo Brutus, nemico mortale del re, si presentò al castello assieme ai suoi fedeli scagnozzi. Egli aveva un aspetto sinistro: mostrava in continuazione i denti affilatissimi come sciabole, mentre gli occhi torvi e nerissimi sprigionavano tutta la sua malvagità. Ad un tratto i suoi feroci aiutanti, mentre il re stava parlottova con gli ospiti e le figlie stavano giocando assieme alle loro amiche, rapirono Iris. Quando Ottavio se ne accorse si disperò e chiamò al suo cospetto tutte le guardie in servizio, ma nonostante le ricerche effettuate in lungo e in largo per i fondali marini nessuno riuscì a trovarla. Intanto le ragazze, piangevano disperate pensando al destino della loro amata madre. Ragionarono sul da farsi e all’insaputa del padre decisero di andare a salvarla. Dopo aver preso tutto il necessario, partirono per il pericoloso viaggio che le aspettava: la sorte della regina era nelle loro mani! Dopo aver fatto un lungo cammino si trovarono davanti ad una distesa popolata da rossi coralli splendenti, alghe e pesciolini di tutte le dimensioni. Ad un tratto videro delle meravigliose creature: le sirene! Avevano la pelle chiara e i capelli lunghi e fluenti. La cosa che le colpì era la loro coda lunga che si muoveva dolcemente ed emanava bagliori di tutti i colori . Incredula
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Delfina si avvicinò ad una di esse e piangendo spiegò cosa era successo alla regina. Queste, commosse per la triste storia e preoccupate dalla crudeltà dello squalo Brutus, regalarono alle ragazze un fischio magico in grado di chiamare due delfini, i più veloci dell’oceano, che in poco tempo le avrebbero trasportate al castello del padre. Piene di speranza, e rincuorate dal dono di quelle splendide e generose creature, si rimisero in viaggio, ringraziandole con riconoscenza. Il giorno seguente, furono raggiunte dai guardiani dello squalo, il quale aveva scoperto che le figlie volevano liberare Iris così decise di chiamarle a lui. Arrivate alla tana di Brutus, videro la madre sospesa all’interno di una gabbia e lo squalo che la guardava trionfante dall’alto del suo trono. Non riuscì neanche ad aprir bocca per parlare alle ragazze, poiché fu distratto dall’arrivo di una figura molto strana. Si trattava di un vagabondo, che girava arrivando in ogni dove per porre i suoi enigmi. Il suo nome era Eddard Nigma, ma tutti lo chiamavano Mr. E.Nigma. L’uomo, conoscendo la situazione, propose una sfida: se le principesse fossero riuscite a risolvere uno dei suoi indovinelli, la regina sarebbe stata liberata, in caso contrario sarebbe rimasta allo squalo. Accettata la proposta dai contendenti, Mr. E.Nigma disse: <<Per gli occhi e per il naso è una delizia, la mano la teme perché può dare un gran dolore, solo le api la assaggiano perchè sanno che non c’è più dolce cosa, la risposta è la...>> Marina e Delfina in coro risposero: “La rosa!” L’ uomo annuì, e come era stato deciso, Brutus liberò la regina Marina e Delfina abbracciarono la loro cara mamma e partirono immediatamente per il castello. Lo squalo però, non si diede per vinto, voleva che Iris stesse insieme a lui, quindi le rincorse, ma le principesse usarono l’incantesimo donato dalle sirene. All’improvviso Delfina Tirò fuori il fischietto magico e soffiò dentro di esso. All’improvviso si presentarono davanti a loro due magnifici delfini che le invitarono a salire sul loro dorso e con estrema velocità raggiunsero il castello liberandosi del feroce squalo che le inseguiva. Le guardie allo loro vista spalancarono i maestosi cancelli del castello e così tutte e tre poterono raggiungere il padre che le attendeva ansioso. Si abbracciarono, felici di essersi di nuovo riuniti, e vissero per sempre felici e contenti. Autore: Classe IV Scuola Primaria Castelnuovo - Recanati (MC)
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Il mare Catturare, d’improvviso, nel silenzio il mormorio soffocato del mare. Afferrare, per un attimo ancora, il tintinnio ritmato di barche che vanno a remare. Assaporare, in gola, l’odore di alghe dolci e amare. Ammirare, di notte, il cielo stellato sulle acque turchine riposare. Ascoltare, del vento, il soffiare leggero e lasciarsi cullare. Che vertigine di calma! Chiudo ed apro gli occhi senza voglia: resto seduta a mirare questo dolce mare.
Autore: Classe III A Scuola “B. Gigli” - Recanati (MC)
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Poseidone ed Eolo Un giorno Poseidone, dio del mare, e il figlio Eolo, dio del vento, decidono di giocare insieme: - Dai, dammi il via – dice Poseidone con la sua voce possente. Eolo chiede al padre come vuole che soffi, se forte o piano . Il dio del mare ha i capelli bianchi e lunghi, è barbuto, ha una corona d’oro in testa, tiene in mano un tridente. Il suo carattere è scontroso, burbero, ma anche paziente con suo figlio, che è vivace e imprevedibile. Tutti e due hanno nostalgia del passato – Ti ricordi, Eolo, com’era la terra quattromila anni fa? -Certo, padre mio, ricordo eccome ... c’erano anche Marte, Giove, Venere e tanti altri parenti e amici, poi hanno perso la pazienza con gli uomini e sono andati via, sulla Luna. Perché, padre, noi non siamo andati via con loro? –Perché io sono il dio del mare e comando tutti i mari - risponde Poseidone - e tu sei il dio del vento e comandi tutta l’aria. Non possiamo andarcene . . . Giove ci ha fatto un brutto tiro!!! -Ma io sono stanco degli uomini – ribatte Eolo - ci regalano solo malattie; con l’inquinamento pian piano moriremo anche noi . . . gli uomini riescono a far morire anche gli dei! E il padre – Lo so, piccolo Eolo, sapessi quante schifezze mi buttano addosso in tutto il mondo: petroli, virus, batteri, liquami. . . e sapessi com’è la situazione nelle mie cantine, nei fondali più profondi si agitano creature mutanti. E, in più in alto, pesci che muoiono, i miei amati delfini che soffrono . . . e le alghe che galleggiano come una coperta e impediscono il ricambio di ossigeno. - Ma tu pensi, caro padre, che l’aria dei cieli stia meglio delle acque dei mari? No, non è così. Anzi! Dalla superficie della terra salgono fumi, polveri e veleni in gran quantità. E sempre di più. Pensa tu, neanche il Sole sa più cosa fare: i suoi raggi da qualche parte passano diretti sulla terra attraverso strani buchi nell’atmosfera e fanno danni. Il calore, poi, resta imprigionato intorno al pianeta e i ghiacciai si sciolgono. Boh! Non lo so cosa stiano combinando gli Umani. Chissà come fanno a resistere lì sotto. Cosa cercano, cosa vogliono fare? Per me, sono partiti di testa!
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- Ti ricordi – mormora il padre con tanta nostalgia - quando la natura era pulita? Le spiagge erano incontaminate, i pesci guizzavano su e giù per il mare e gli uccellini canticchiavano felicemente ? - Poi che cosa è successo? - È successo che gli uomini senza ragionare, nel corso del tempo, hanno tagliato gli alberi, hanno costruito i palazzi, strade, ferrovie, fabbriche, macchine, aerei, elicotteri, petroliere . . . rovinando la natura. - E noi cosa possiamo fare? - Dobbiamo rimetterci all’opera; con il tuo vento e la mia forza potremmo creare grandi onde e ripulire tutto il mare dall’inquinamento. Dobbiamo far capire agli uomini che noi siamo importanti per la salute del pianeta e, quindi, ci devono rispettare. Noi siamo la parte più importante del pianeta, siamo i mari e i cieli. - Sai cosa ti dico, caro padre? Se gli uomini vogliono continuare ad avvelenarsi facciano pure: prima scompaiono e prima la Terra tornerà come prima. - No figliolo, questo non accadrà mai, senza di loro l’estate non sarebbe gioiosa, perché non ci sarebbero i bambini con il loro divertimento e la loro felicità, i loro giochi i tuffi tra le mie onde. - Ma padre, i bambini che a te piacciono tanto potrebbero ammalarsi per la sporcizia e non verrebbero più a giocare, allora come possiamo fare per aiutarli? - Caro Eolo, gonfia le tue guance comincia a soffiare forte. - Ok padre , va bene la Bora ? Il padre gli sorride – Fai del tuo meglio. E così Eolo comincia a soffiare con tutta la forza che ha nei polmoni e Poseidone affiora dagli abissi oscuri del mare con il suo tridente. Uniscono le loro forze e gli Umani si spaventano per la voce possente di Poseidone e l’ urlo lacerante di Eolo. Ma è giusto così ..... è anche per il loro bene!
Autore: Classe IV B Scuola “B. Gigli” - Recanati (MC)
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Ballata del mare C’era una volta un’Estate tutta d’ORO quando ogni cosa sembrava un TESORO Nell’aria si sentiva il profumo del MARE e tutti noi correvamo a NUOTARE; facevamo il GIROTONDO dentro il mare, giù nel FONDO. C’erano tanti PESCIOLINI PICCOLINI PICCOLINI, vivevano in minuscole CASETTE, le conchiglie erano le loro BARCHETTE. Guizzavano vispi e BIRICHINI proprio come noi BAMBINI. Si sentiva il suono dell’acqua GELATA, il gusto dell’onda SALATA, ’odore della sabbia BAGNATA; la nostra pelle era ABBRONZATA. Con le palette volevamo SCAVARE una buca grande dove poter ENTRARE. Il povero granchio timido e LENTO catturavamo in un MOMENTO. Ora che è INVERNO al mare è freddo anche a MEZZOGIORNO, ma noi stiamo qui ad ASPETTARE e prima o poi l’Estate vedremo TORNARE. Con racconti, canti, risate e AMICI cercheremo di esser FELICI E se ci annoieremo un POCO, sguazzeremo nella vasca, ma solo per GIOCO.
Autore: Classe I A Plesso “Via Politi” - RecanatiScuola “B. Gigli” - Recanati (MC)
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Scuole Primarie
Provincia di Pesaro Urbino
Illustrazione di Emilia Pieroni
Il cristallo degli abissi Sull’isola di Halo, completamente circondata dalle acque dell’Oceano Atlantico e da vulcani ancora attivi, si trovavano anche animali come serpenti, pantere e numerose tigri. Su questa sperduta isola c’erano lunghissime spiagge di sabbia bianca e, proprio al centro di una di esse, in mezzo ai rottami di una barca, si trovavano il marinaio James e la sua fidanzata Arianna, che erano svenuti in seguito alla tempesta della notte precedente, che aveva travolto tutta l’America e il Canada. En la Isla de Halo totalmente rodeada de agua del Oceano Atlantico y de volcanes todavía activos, se encontraban aunque animales como serpientes, panteras y numerosas tigres. En esta isla perdida habian largisimas playas de arena blanca y precisamente al centro de una isla, en medio de pedadasos de una barca, se encontraban el marinero James y su novia Ariana que se habian desmayado despues de la tormenta de la noche anterior, que habla afectado toda la America y el Canada. I due ragazzi erano molto agili e resistenti: lo si notava dal loro fisico muscoloso e agile. Entrambi erano sui vent’anni, con bei capelli castani e occhi chiari. Erano anche dei lupi di mare in cerca di nuove avventure. Appena ripresero i sensi, andarono a cercare un riparo, ma all’improvviso da dietro un albero sbucò una grossa pantera, nerissima e affamata, che incuteva paura soltanto a guardarla. Il marinaio e la sua fidanzata presero un grosso masso e lo lanciarono contro la belva, che cadde nelle tempestose acque marine ed annegò. I due naufraghi costruirono un riparo, costituito da un telaio di rami ricoperto da un telo di plastica scampato alla tempesta e si coricarono sotto il piccolo rifugio per riposare. Il mattino seguente, appena svegli, si trovarono circondati da un’intera tribù di cannibali nudi, dipinti e inferociti, che li legarono braccia e gambe per ucciderli in seguito. Fortunatamente James aveva in tasca un coltello svizzero affilatissimo e, in un momento di distrazione dei selvaggi, riuscì a liberarsi e sciogliere le corde che legavano Arianna. velocemente e dopo chilometri notarono sulla spiaggia un cavallo abbandonato. Era bianco e socievole e si avvicinò a loro.
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I giovani salirono sulla sua groppa e proseguirono il cammino, sentendo le grida dei cannibali che li stavano inseguendo. Riuscirono a raggiungere la parte opposta dell’isola, si tuffarono in acqua in una zona ricca di grotte sottomarine e mentre nuotavano notarono, incastrata in uno scoglio nero, una bottiglia contenente un foglio consunto e bagnato dove c’era scritto:”Un tesoro troverai se sotto il mare andrai e una mappa avrai, che indizi ti darà assai”. Arianna e James seguirono le indicazioni appena lette: presero un bel respiro e si tuffarono. Si immersero e dopo breve tempo notarono una grotta sottomarina che all’interno si allargava permettendo loro di respirare liberamente. Sulla riva, una schiera di enormi granchi si muoveva attorno ad una mappa agitando minacciosi le chele verso i due estranei. James staccò una stalattite appuntita da una parete della grotta e la utilizzò come arma per uccidere i granchi, con grande coraggio e determinazione .Il giovane afferrò la mappa e la srotolò con mani tremanti. Nello stesso istante la caverna venne invasa dalle acque del mare e un grosso squalo toro emerse con la sua pinna dirigendosi verso i due giovani arrampicati su un alto scoglio. James aveva ancora in mano la stalattite e colpì la bestia sulla testa disorientandola. I coraggiosi avventurieri si tuffarono poi in acqua con la pergamena stretta in mano e riemersero in superficie tornando sull’isola .Arianna srotolò la carta antica e c’era scritto: “ La fortuna avrete se il cristallo troverete, nell’acqua vi tufferete e un abisso scoprirete”. I giovani si tuffarono immediatamente e sul fondo del mare videro due abissi. Nuotarono verso il primo e ad un tratto un serpente marino li attaccò. James estrasse la stalattite dallo zaino e gliela infilzò nel ventre, dove si spezzò in due. I giovani tornarono in superficie per riprendere fiato, quando il mostro prese Arianna per le gambe e la trascinò sul fondo del mare. James riprese fiato e subito si immerse per inseguire il serpente. Quando lo raggiunse, cercò di attaccarsi alla sua coda e ci riuscì, poi strisciò verso la sua testa, prese Arianna per un piede e la trascinò verso di sé. Infine con la stalattite colpì’ al cuore il mostro, che morì. Finalmente i due ragazzi riemersero per fare il pieno di aria. Poco più tardi si immersero nel secondo abisso. Sul fondo c’era un’altra grotta e incastonato su un grande scoglio bianco splendeva un cristallo oblungo, di colore viola.. I due coraggiosamente lo afferrarono e fuggirono nuotando rapidissimi, evi-
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tando l’immediato crollo della caverna sottomarina. Riemersero sull’isola con il cristallo in mano: lo studiarono, poi videro che si illuminava e produceva una scia, che li condusse verso nord. In quella direzione, arenato sulla spiaggia, trovarono un vecchio piccolo sottomarino senza più elettricità. Lì attorno nuotava un branco di anguille elettriche. James sapeva che le anguille avrebbero dato abbastanza elettricità al sottomarino da permettergli di ripartire. Avvicinando il cristallo ai pesci, una forte scarica investì l’imbarcazione che magicamente si mise in moto. Finalmente i due giovani riuscirono ad abbandonare l’isola e dopo giorni e giorni di navigazione tornarono a casa, felici di essere sopravvissuti alla terribile avventura. Acercando el cristal a los pescados una fuerte corriente llego a la emborcazion que magicamente se metio en movimiento. Finalmente los dos jovenes llegaron a abandonar la isla y despues de dios y dios de navegar regresaron a casa, felices de haber sobrevivido a la terrible aventura.
Autore: Classe V A Scuola “Pirandello” - Pesaro
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L’enigma del mare Stavamo per partire da Los Angeles per prendere l’aereo ed andare in viaggio di studio in Germania . Siamo quattro studenti americani ed abbiamo vinto una borsa di studio per andare ad imparare il tedesco. Ci chiamiamo: Michelle, Christy, Jack e Marcus. Ci incontrammo all’aeroporto di Los Angeles per poi decollare assieme. Durante il viaggio all’improvviso sentimmo uno schianto. Durante una tempesta, un’ala dell’aereo si spezzò a causa di un fulmine. Cademmo in mare e la mattina seguente ci ritrovammo storditi e sconvolti sulla riva di un’isola senza aver compreso che cosa ci fosse realmente accaduto. Ci guardammo intorno e vedemmo una spiaggia tropicale, piena di palme con noci di cocco. Prendemmo una fune dai vicini rottami dell’aereo per arrampicarci su una di esse e prendere i frutti per rifocillarci. Due di noi partirono poi per esplorare l’isola e vedere se esistevano ricoveri o villaggi. Dopo un paio d’ore tornarono e ci riferirono che non esisteva anima viva. Eravamo feriti e senza cibo. Non sapevamo dove accamparci nonostante stesse per scendere la notte e tutti i nostri vestiti erano stati dispersi in mare con le intere valigie. Di certo il nostro pilota era morto e l’aereo e la sua radiotrasmittente erano distrutti. Arrivò il tramonto e con le parti dell’aereo che si erano salvate dallo schianto provammo a costruire un rifugio per trascorrere la notte. Dopo una nottata tormentata riuscimmo ad accendere un falò di segnalazione con alcuni rottami e pezzi di legno sparsi sulla spiaggia. Jack e Christy andarono a cercare del cibo mentre io e Marcus costruimmo arpioni per pescare utilizzando aste di legno e schegge. La notte successiva ci ritrovammo alla capanna con il cibo procurato . Avevamo pescato due grossi pesci e i nostri compagni avevano trovato noci di cocco, banane e papaya. Mangiammo avidamente il pesce e il cocco e trascorremmo la notte a costruire una zattera con i sedili dell’aereo e alcuni tronchi. Il giorno dopo eravamo pronti per partire, ma prima pescammo e ci procurammo altro cibo e frasche per dormire comodi sulla zattera. Partimmo e durante la navigazione, il mattino del terzo giorno, sentimmo un tonfo sotto la nostra imbarcazione.
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Vedemmo un orrido tentacolo uscire dall’acqua, piano piano sempre di più. Era un enorme cracken. Appena lo vedemmo gridammo dal terrore e Christy cadde in acqua. Jack, innamorato di lei, si tuffo’ per salvarla e la riportò sulla zattera stordendo il cracken con un pugno sferrato in uno dei suoi occhi, che si accecò. Ma il mostro lo ferì con le sue ventose avvelenate. Marcus trafisse l’altro occhio della piovra con un palo di legno appuntito e la bestia lanciò uno stridio di dolore. Mentre si agitava attorno a noi, ne approfittammo per tagliargli i tentacoli. Era ora senza difese così approfittammo per scappare .Il giorno dopo ci svegliammo inebetiti dallo shock e dal mare mosso. Mangiammo alcuni tentacoli cotti con un piccolo fuoco. A un certo punto la zattera cominciò a roteare sempre più forte. Era un gorgo marino largo alcuni metri. Scampato il pericolo ci dirigemmo verso un’altra isola in cerca di aiuto. Lì, appena sbarcati, notammo un gruppo di aborigeni. Sapevano procacciarsi il cibo molto bene così ne approfittammo. Insieme cercammo di costruire una barca più solida utilizzando il legno di alcuni alberi e lamiere della vecchia zattera .Prima di ripartire facemmo amicizia con la tribù di selvaggi, chiamati Kishna. All’alba del giorno dopo partimmo dopo aver preso alcune provviste donateci dalla tribu’. Dopo qualche ora ci trovavamo già in mare aperto e, finite le provviste, cominciammo a sentire i morsi della fame. Sfortunatamente calo’ anche la nebbia e non riuscivamo a vedere l’orizzonte. Notammo però che il mare si stava agitando, fino a provocare una vera tempesta. Vedemmo poi una forte luce: ci avvicinammo e davanti a noi si stagliava una parete rocciosa. Entrammo nella grotta che ci si presento’ davanti. Sulle sue pareti era incisa una maledizione: ”Se il tesoro prenderete, giù nell’acqua affonderete!”. Noi non ci scoraggiammo ed avanzammo verso il fondo della grotta. L’uscita alle nostre spalle si blocco’ a causa del crollo di alcune rocce. Trovammo uno scrigno in un incavo della grotta e prendemmo le monete contenute al suo interno, Poi un’enorme voragine si spalancò sul soffitto e da lì caddero montagne d’acqua, come aveva predetto la maledizione. Christy urto’ inavvertitamente una pietra e un passaggio segreto si aprì da-
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vanti a noi. Con il tesoro, scappammo attraverso il varco e sbucammo sulla spiaggia. Trovammo subito un villaggio, abitato da una tribù e pagammo con alcune monete le provviste necessarie per affrontare un nuovo viaggio. Mangiammo qualcosa e poi ci mettemmo al lavoro per costruire la nostra barca. Impiegammo tutta la notte.. La mattina dopo eravamo distrutti ma ne era valsa la pena, perché così potevamo ripartire subito verso la nostra destinazione: la Germania. Andammo dalla tribu’ che ci aveva aiutato nei giorni precedenti, li ringraziammo e come nostro ricordo regalammo o le foto che avevamo scattato raffiguranti il tempo trascorso insieme. Ritornammo alla spiaggia e ci imbarcammo verso la Germania. I giorni passavano lentamente e ogni tanto veniva a mancarci il cibo. Scampavamo per miracolo alle tempeste e ogni volta pensavamo che non ce l’avremmo fatta. Navigammo per giorni finchè una mattina, mentre stavamo dormendo, si aprì un vortice marino, dal quale usci’ una figura trasparente e blu. Era un mago. Ci disse con voce cupa che per proseguire il viaggio avremmo dovuto rispondere a un sacro enigma.. Noi accettammo sfiniti ed egli disse:” Che cosa è sempre davanti a voi ma non si può vedere?”. Jack rispose e sbagliò. Ci spuntarono le branchie. Io tentai dando la mia risposta, ma sbagliai e ci apparvero le pinne. Infine Christy speranzosa ci pensò e disse…..:”Il futuro!!”. Era la risposta esatta e tutti noi tornammo in condizioni umane. Il mago blu, incredulo e arrabbiato,, recitò una formula oscura che attirò un gigantesco cobra marino dal fondo dell’oceano. Il mago scoppiò in una risata malvagia. Il cobra ci attaccò ma noi, furbi scappammo senza che il male blu se ne accorgesse. Il cobra tentò di inseguirci, ma Christy, con una cerbottana donatale dai selvaggi, li colpì con una freccia avvelenata lo uccise. Eravamo salvi. Dopo un mese arrivammo in un porto vicino alla nostra casa. Jack vide subito dei suoi amici, li raggiungemmo in fretta ed essi ci condussero verso la nostra nuova scuola. Passarono molti giorni e fummo costretti a ripartire per Los Angeles. Quando arrivammo raccontammo le terribile avventura alle nostre famiglie. Era stato pericoloso ma bellissimo.
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Autore: Classe V B Scuola “Pirandello” - Pesaro
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Lindo, polpetta e gli abissi marini C’era una volta, negli abissi marini, un polipo piccolo e scontroso di nome Polpetta. I suoi genitori lo avevano chiamato così perché da piccolo era pacioccone e rotondo come una polpetta, ma crescendo era cambiato: amava starsene solo nella sua grotta, circondato da pochi amici fidati quali Pesce Spada, Pesce Martello, Granchio Roby e Ostrica Melissa. Era spesso malato, perché era un gran pigrone e non amava fare sport e tenersi in forma. Per esempio ultimamente aveva preso un gran raffreddore, ma proprio grosso, e non faceva altro che starnutire. Essendo un polipo, ogni volta che faceva “etciuuuuu!!!!” lasciava andare tra le onde una grande quantità di inchiostro, e tutta l’acqua all’interno della sua grotta si anneriva e diventava torbida. Un giorno che aveva starnutito più del solito, decise di pulire la grotta dalla grande quantità di inchiostro che aveva sputato con gli starnuti, ma essendo pigro e un po’ fannullone, pensò di chiedere l’aiuto di qualcuno: “Potremmo chiamare il Pesce Pulitore,” disse Pesce Spada, “lui ama molto fare queste cose”. Salirono fino alla Cascata dei Coralli, dove viveva Pesce Pulitore, per chiedergli aiuto. “Ehi Lindo - così si chiamava il pesciolino - potresti aiutare Polpetta a ripulire la quantità di inchiostro che si è accumulata nella sua grotta? “Certo!” rispose Lindo, “Lo faccio volentieri!”. Subito prese la ramazza, l’aspirapolvere marino, la paletta di conchiglie, e si mise all’opera. Lavorò davvero tanto, facendo tanta fatica, ma alla fine la grotta di Polpetta sembrava di cristallo tanto era lucida. Polpetta, come ulteriore favore, gli disse allora:”Visto che ami pulire, vorrei chiederti un’altra cortesia: la dimora della cara Melissa, la nostra amica Ostrica, è sporca e vecchia, potresti aiutarla a dare una sistemata? Se lo farai potrebbe donarti una delle perle che possiede, e che lei stessa regala a chi è buono di cuore”. Lindo si avvicinò alla caverna di alghe variopinte dove viveva Melissa, ma non la trovò. Decise comunque di farle un favore, e le ripulì la dimora, lasciandola profumata e piena di coralli colorati. Uno Squalo Balena, che aveva udito tutto, credendo che Lindo avesse con
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sé le perle magiche, decise di seguirlo per impadronirsi delle stesse. Quando si accorse che Lindo non le aveva, pensò che le avesse nascoste da qualche parte, e divenne furioso e vendicativo. Preso dalla rabbia, obbligò il povero pesciolino a pulire anche la sua grotta, che era davvero enorme, piena di cunicoli, anfratti e alghe lunghissime. Lo obbligò a pulire ancora, poi ancora, poi ancora, fino a consumargli le sue preziosissime pinne. “Non te ne andrai finché non mi dirai dove sono le perle!” Disse Squalo Balena, e rinchiuse Lindo nella grotta con le inferriate. Fu grande la sorpresa di Lindo quando, dentro la prigione, trovò Ostrica Melissa. “Anche tu qui?” le disse. “Squalo Balena mi ha rapito per rubarmi la perla magica, ma non sa che essa è racchiusa nel mio cuore, e solo con l’amore può essere estratta”. Gli rispose Melissa. Lindo l’ascolto’, poi riprese a piangere, disperato. Era triste, era solo, non aveva trovato le perle, era rinchiuso in una prigione, e, soprattutto, non aveva più’ le sue bellissime pinne pulitrici, consumate dalla troppa fatica. “Non avere paura”, lo consolò Ostrica Melissa, “devi avere il cuore pieno di speranza e d’amore, solo così’ riuscirai ad aprire il mio”. Intanto Polpetta, non vedendo tornare il suo amico, aveva mandato Pesce Martello, Pesce Spada e Granchio Roby a cercarlo. Costoro lo trovarono, e decisero di liberarlo. Chiamarono Pesce Sega, che tranciò le sbarre della prigione di netto, poi chiesero aiuto a Cavalluccio Willy perché facesse salire in sella Lindo e lo riaccompagnasse da Polpetta. Quando stavano per partire Polpetta si fermò e disse: ”Dobbiamo liberare anche Melissa, come facciamo? Squalo Balena è là fuori e non ci farà passare!” Chiamarono Polpetta, che, preoccupato per l’amico, fu ben felice di aiutarlo. Cominciò a starnutire e riempì tutta la prigione di inchiostro, ce n’era così tanto che Squalo Balena non vide più’ nulla. I nostri amici, approfittando dell’oscurità, riuscirono a fuggire. Cavalluccio Willy fece salire in sella Melissa e Lindo, che non poteva nuotare essendo senza pinne, e li portò in salvo. Quando furono al sicuro Polpetta vide Lindo tutto tutto piangente e dimesso e gli disse:”Amico mio, che cosa ti è successo? Dove sono le tue pinne?” “Squalo Balena mi ha fatto lavorare tanto, e si sono consumate dalla fatica,” rispose Lindo. “Non avere paura, vedrai che troveremo una soluzione”. Chiamarono Pesce Sega, che segò due tentacoli di Polpetta. “Ecco - disse Polpetta - te li regalo, sono tuoi se vuoi. Io ne ho così tanti!”
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“Ma io non voglio tentacoli, io voglio pinne!” disse Lindo. “Niente paura, abbi fiducia!” gli rispose il polipo amico. Chiamarono Pesce Martello, che cominciò a battere violentemente col suo martello sui tentacoli, li schiacciò e li appiattì, facendoli assomigliare a pinne vere e proprie. “Ora sono pinne, ti piacciono?” Lindo le guardò e riguardò, e fece no con lo sguardo. Erano rosa, come la pelle di Polpetta, mentre lui era blu, e aveva bisogno di due belle pinne color blu intenso come gli anfratti marini. “Queste sono rosa, io sono tutto blu!” piagnucolò disperato. Fu proprio in quell’istante che a Polpetta venne un’idea: cominciò di nuovo a starnutire forte, liberando nel mare una grande quantità di inchiostro, il quale si posò sulle pinne di Lindo e le colorò di blu. “Ecco qua le più’ belle pinne blu che si siano mai viste! Ora sei soddisfatto?” In realtà mancava ancora un piccolo particolare per accontentare Lindo: le pinne erano staccate dal suo corpo, come fare per attaccarle? Ci rimuginarono tutta la notte, ma non riuscirono a trovare una soluzione. Tentarono di legarle con le alghe marine, ma dopo un po’ il nodo si sciolse, cercarono di incollarle con la sabbia mista a coralli, ma non era abbastanza appiccicosa. Mentre erano intenti a pensare, videro un bagliore, si girarono e trovarono una bella perla bianca come l’alabastro. “E la perla del mio cuore”, affermò Ostrica Melissa, “quel cuore che solo un cuore altrettanto puro poteva aprire. Voi mi avete salvato, e io ve la dono. Prendete la perla, e sappiate che è magica!” Detto questo scomparve. Polpetta prese la Perla tra le mani e l’avvicino’ alle pinne di Lindo, che subito si attaccarono al corpo diventando bellissime. Lindo cominciò a ballare e a gridare dalla felicità, nuotando avanti e indietro nella grotta di Polpetta. Era davvero felice per il meraviglioso dono ricevuto! Polpetta , Lindo, Pesce Spada, Pesce Sega e Pesce Martello cercarono Melissa per ringraziarla, ma non la trovarono. Rimasero a vivere insieme, nella grotta variopinta, aiutandosi sempre e conservando la perla magica per aiutare e sostenere chiunque avesse avuto bisogno. Autore: Classe II Scuola Primaria di Santa Veneranda - Pesaro
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Illustrazione di Valeria Colonnella
Le meraviglie del mare Sotto le onde del mare c’è un tesoro da esplorare! C’è un polipetto bello e perfetto, uno squalo possente e potente che vuol mangiare tutta la gente, c’è un delfinetto che legge un fumetto, un bellissimo cavalluccio marino osserva un corallo da molto vicino! In mezzo agli anemoni c’è un pesce pagliaccio che ha tanta paura del freddo e del ghiaccio! C’è una stella marina che rotola allegramente senza pensare mai a niente, c’è una medusa assai birbante e molto urticante! C’è una tartarughina lentina e rugosa che cerca un compagno per diventare una sposa! C’è un granchio che allunga le chele e si chiama Raffaele! Quando si arrabbia il pesce palla si gonfia e va a galla, c’è una murena che si allena per dare la scossa ad una balena, c’è una seppia che si spaventa e l’inchiostro scaraventa, la nuvola nera crea stupore ingannando il predatore!! C’è un’ostrica che con gran vigore protegge la sua perla con tanto onore! Vedi nel profondo del mare quante bellezze puoi ammirare? Allora ricorda se l’ecosistema vuoi salvare tu il mare non devi inquinare!
Autore: Classe IV A Scuola Primaria “F. da Montefeltro” - Sant’Angelo in Lizzola - Montecchio (PU)
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Celestina e gli abissi del mare C’era una volta, nel lontano regno di Acqualandia, un castello in riva al mare Adriatico, in cui vivevano un re, sua moglie e le loro adorate figlie: Celestina, che era bella e buona e Nicole, brutta e malvagia che odiava la natura. Nicole stava tutto il giorno a praticare le arti magiche e a sperimentare nuovi filtri e formule di magia per inquinare il mare. Grazie ad un passaggio segreto, nascosto in un vecchio armadio, raggiungeva il suo laboratorio stregato negli abissi marini. Per entrare, Nicole, doveva pronunciare queste parole: “Ziguli’ zigulà Apriti porta e fammi passar Che nel mio laboratorio Voglio entrar ed il mare inquinar!” Celestina,invece, amava tanto il suo mare, camminare sulla riva, fissare il verde e l’azzurro dell’acqua, sentire l’odore della salsedine, ascoltare il suono della risacca e nuotare tra le onde. Durante la giornata, trascorreva ore ed ore a parlare con Zic, il suo amico delfino. Un giorno Nicolas, Cavaliere del Raggio di Sole, principe di un regno vicino, si trovava a camminare sul bagnasciuga con il suo unicorno, chiamato Arcobaleno, azzurro come il mare e conle ali bianche, quando all’improvviso vide la bella Celestina, subito se ne innamorò e le disse: “O mia bella fanciulla, io già lo so che il tuo cuor conquisterò Io non voglio nessun’altra oltre te Perché nel mondo di più belle non ce n’è! Se tu mi vorrai mai sposare I tuoi sogni potrò realizzare Insieme ci sposeremo E per sempre felici e contenti vivremo.” Di corsa, Celestina tornò al castello per raccontare la lieta notizia, ma Nicole divenne gialla e verde dall’invidia e tramò un piano per far annullare il matrimonio.
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Silenziosamente, la sorella malvagia si recò nel suo laboratorio segreto, preparò una terribile pozione e la bevve dopo aver pronunciato la formula segreta: “Bacchetta bacchettina tu che sei cosi’ perfidina Fammi diventare una pesciolina, mai più azzurro,verde e arancione voglio che tutto il mare sia marrone!” Subito si trasformo’ in un pesce malefico e, passando per l’armadio, nuotò negli abissi. La mattina seguente, Celestina decise di andare a fare un bagno nel mare, ma, giunta sul bagnasciuga, vide cartacce,lattine,schiuma nera e pesci impigliati nella plastica, galleggiare nell’acqua. Improvvisamente un flutto, provocato dal pesce malvagio, la trascino’ in fondo al mare; la creatura marina imprigionò la giovane in una conchiglia e si rivelò essere la sorella cattiva, Nicole. La bella Celestina tentò di liberarsi per tornare sulla terra, ma il pesce andò alla ricerca di un’alga speciale, chiamata Anfibioalga, per trasformare la giovane in una sirena, imprigionarla ed ucciderla. Trovata l’alga, il pesce si rivolse a Celestina con queste parole: “ Se tu l’alga non mangerai, male finirai! ” La ragazza mangiò l’alga e si trasformò in una sirena. Celestina, ormai senza speranze, tentò di addormentarsi, ma,appoggiando il capo, senti’ qualcosa di appuntito. Sollevo’ il cuscino e vide una bacchetta magica marina; il pesce, tuttavia, se ne accorse e fece per prendere con i suoi denti aguzzi la bacchetta. Celestina, però, in fretta la afferrò e lanciò un incantesimo pronunciando queste parole: ”Bacchetta bacchettina fammi ritornar ragazzina quel pesce devi far morire e l’inquinamento far sparire!” Celestina torno’ umana e subito il mare tornò pulito,ma non sapeva come uscire dalla conchiglia.
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Nel frattempo, al castello, erano tutti disperati perché nessuno aveva più notizie della principessa; cosi’ il re, suo padre, ordinò, al delfino Zic di cercarla nel mare. Zic nuotò a lungo tra i flutti del mare, tra coralli marini e pesci colorati fino a quando trovò la giovane, la liberò dalla sua prigionia e la condusse sul suo dorso fino alla spiaggia. Quando la ragazza tornò al palazzo reale, il re e la regina la abbracciarono e le dissero: “ Figlia nostra, sei tornata finalmente! ” Ben presto si celebrò a corte il matrimonio tra Celestina e Nicolas: il vestito della principessa era magnifico, di una preziosa stoffa del colore del mare e adornato da perle marine. Furono preparati addobbi di conchiglie e coralli, vassoi in sabbia colmi di cibo e in onore della principessa, che aveva salvato il mare dall’inquinamento, tutti i delfini e i cavallucci marini emersero dalle acque per cantare dolci musiche. Celestina fece tornare in vita la sorella, decise di perdonarla , a patto che non sporcasse più il mare ed imparasse ad apprezzare la natura e vissero tutti felici e contenti. Ancora oggi nel regno di Acqualandia il sole brilla nel cielo azzurro, la sabbia dorata risplende sulla spiaggia, il mare verde e celeste luccica, mentre le sue onde, infrangendosi sulla risacca, spargono per tutta la costa una melodia soave ed infinita.
Autore: Classe V A Scuola Primaria “F. da Montefeltro” - Sant’Angelo in Lizzola - Montecchio (PU)
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Storia della goccia che conobbe il mare, ma volle ritornare al torrente C’era una volta una goccia che viveva nel torrente Cesano, lungo le pendici del Monte Catria. La goccia si chiamava Tempesta, perché non stava mai ferma un momento; solo nei giorni di pioggia le piaceva rintanarsi nelle insenature delle rive del suo torrente, riparata dalla corrente dell’acqua che scorreva veloce. Di notte poteva capitarle di sognare di quando era un cristallo di neve, che, nascosto in un fiocco, aveva paura di andarsi a sfracellare sulla terra dura. Era nata così, ma in realtà l’impatto era stato attutito dalle foglie di una quercia. Era finita sulla sponda del Cesano e ci era scivolata delicatamente dentro. Stando lì aveva imparato a riconoscere le voci e i suoni dei dintorni: bambini che giocavano, cardellini che cinguettavano, merli che fischiavano, anziane signore che cantavano. Crescendo aveva fatto amicizia con tutti gli animali del torrente: la carpa pigra, la libellula vanitosa, il ragno acrobata, il gambero ballerino. Tempesta però era inquieta e curiosa e desiderava tanto andare a conoscere il mare, aveva sentito dire che lì la vita era tutta un’altra cosa, lì miliardi e miliardi di gocce formavano insieme una enorme distesa d’acqua e una straordinaria compagnia. Ma si sa che ci vuole sempre un evento forte per provare a cambiare vita. Capitò infatti che una notte ci fu un furibondo temporale, che fece cadere con forza tante gocce nel torrente: una di queste cadde proprio vicino a Tempesta e così esse divennero subito amiche, si presero per mano e tutte e due furono trascinate via dalla corrente del torrente in piena. Mentre scorrevano vorticosamente, Tempesta chiese alla sua amica cosa sarebbe successo e dove sarebbero andate a finire. Lei le rispose che avrebbero vissuto una straordinaria avventura prima di arrivare al mare, dove si sarebbero immerse nei suoi fantastici fondali, avrebbero conosciuto i suoi abitatori e sarebbero diventate salate. In effetti lungo il viaggio successe di tutto: Tempesta cambiò colore perché i granellini di terra la intorbidirono, cambiò forma perché andava a sbattere sui rami galleggianti, trattenne il fiato mentre precipitava da una cascata, ebbe anche paura quando entrò negli ingranaggi di un mulino, allagò un campo di granoturco e ad un certo punto si accorse che il suo sapore era
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davvero diventato un po’ salato. Era giunta al mare e questa consapevolezza le dava le vertigini, era stupefatta ed emozionata. Era proprio vero quello che le aveva detto la sua amica goccia. Anche il mare era in burrasca e in quell’immensità perse di vista la sua amica di viaggio. Tempesta sbatteva da tutte le parti a destra e a sinistra, il mare si alzava e si abbassava e lei non poteva farci niente. In questa burrasca si ritrovò come ingoiata in un vortice oscuro, grande come il ventre di una balena, aprì gli occhi e le sembrò di vedere tanti piccoli uomini con gli occhialini, la barba bianca, vestiti con la camicia a scacchi e la giacchetta di velluto che parlavano tra di loro di un certo Pinocchio. All’improvviso come risucchiata da non si sa bene quale forza venne spruzzata fuori verso il cielo, poi cadde di nuovo nell’immenso mare, ma subito un’onda impetuosa la spinse in una buca profonda. Vide qualcosa di luminoso apparire e scomparire; giù nel fondo era tutto più calmo, cercò di nuotare e avvicinarsi al chiarore: vide una piccola perla all’interno di quella che doveva essere un’ ostrica che apriva e chiudeva la bocca, la accarezzò prima che l’ostrica si richiudesse e tornò in superficie. Era convinta che questo fatto le avrebbe portato fortuna! Il mare intanto si era calmato, ma nel frattempo si era fatto buio, solo la luna, la stessa che conosceva da sempre, brillava chiarissima nel cielo e pareva esser così vicina da sollevarla: si sentì cullata e colma di un indicibile benessere. Tempesta sfinita si addormentò e fu svegliata da qualcosa che urtava contro di lei. Aprì gli occhi e vide un bottiglia chiusa che le galleggiava vicino, piena di biglietti piegati, sui quali si intravedeva una scrittura. Proprio in quel momento Tempesta vide avvicinarsi due strane figure piene di tentacoli e quasi trasparenti: erano due meduse che le danzavano intorno come se volessero esser seguite. Tempesta le seguì e conobbe a poco a poco gli abitanti del mare: la stella marina splendida principessa delle profondità, il pesce pagliaccio al quale piaceva tanto essere applaudito, il terribile barracuda grande divoratore dei pesci più piccoli, il cavalluccio marino austero destriero delle correnti. Tempesta era davvero felice, la sua vita pareva essere fantastica. La luna, regina delle maree, ogni notte sollevava lentamente lei e il mare e poi la
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faceva sprofondare e in questo movimento poteva capitare di inondare enormi castelli di sabbia e di trasportare sulla spiaggia migliaia di conchiglie ognuna diversa dall’altra. Era entusiasta di abitare il mare, di giorno scorrazzava insieme ai suoi nuovi amici seguendo la scia dei giganti d’acciaio che solcavano le acque più profonde, aveva imparato a non farsi tagliare in due dalla chiglia appuntita di questi mostri meccanici, alcuni dei quali facevano anche un rumore tremendo; la notte poi c’erano le narrazioni del mare che aiutavano i pescatori a non addormentarsi: erano le storie sui fantasmi dei pirati, sulle gesta eroiche di Ulisse e sulle avventure nell’isola di Robinson Crusoe. Un giorno però, faceva molto caldo e Tempesta si affacciò alla riva, vide tante alghe e tanti piccoli pesciolini e granchi morti, avvelenati dall’inquinamento, in lontananza vide anche delle bandierine colorate issate sui castelli di sabbia e sentì un trillo: era il gelataio col suo carretto di gelati e granite. Chissà perché e chissà come le venne una grande nostalgia e iniziò a piangere. Se ne accorse Stella Marina che, dopo averla ascoltata, salì in superficie, cercò una nuvoletta nel cielo, la chiamò e la fece avvicinare al mare. Parlarono sottovoce e come per incanto Tempesta si ritrovò leggera leggera, così leggera da sollevarsi sopra il mare, le sembrava di essere diventata d’aria. La nuvola la abbracciò e la tenne stretta a sé. Volarono nel cielo spinte dal lieve vento del nord. Lungo il viaggio Tempesta si accorse che il paesaggio cambiava, a poco a poco scomparve dalla sua vista l’enorme distesa d’acqua e comparvero sotto di lei boschi e stradine di montagna, finché vide qualcosa di noto: la vetta del Monte Catria e… il suo amato torrente Cesano. L’aria si fece più fresca, la luce si oscurò, un boato di tuono improvviso e fortissimo la fece tremare così tanto da staccarsi dalle braccia della nuvola. Tutto avvenne in un attimo: splash, era di nuovo nelle sue acque di torrente, riconosceva la sua insenatura e stranamente era tornata dolce.
Autore: Classe IV Scuola Primaria di Serra Sant’Abbondio (PU)
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La fine del mare C’era una volta un bambino che voleva vedere la fine del mare. Il bambino si chiamava Marco, aveva i capelli marroni e gli occhi celesti come il mare e la pelle chiara come la luna. Marco, abitando sulla costa, tutti i giorni dalla sua finestra ammirava il mare infinito e misterioso. Era un bambino intelligente e molto curioso. Tempo prima aveva letto in un libro che nel mare si nascondeva un grande tesoro, ma bisognava percorrerlo tutto fino alla fine, per poterlo trovare. E così ogni giorno guardava il mare pensando a questo tesoro. Un giorno passeggiando sulla spiaggia vide una barca abbandonata, era piena di alghe, ma quasi nuova. Allora gli venne un’idea: si avvicinò alla barca, la ripulì dalle alghe e pensò: “ Con questa esplorerò il mare in lungo e in largo finché non avrò trovato il tesoro.” Tornò a casa, mise in un borsone tutto ciò che gli poteva servire, e la mattina successiva, molto presto, uscì di nascosto, si diresse verso la spiaggia, salì in barca e partì. Quella mattina il mare era calmo e l’aria tiepida e tranquilla. Prese il suo quaderno di poesie e scrisse: “Il mare si sveglia lucente, infiltrato nel grande azzurro. Anche il sole si sveglia rilassato e roseo nel grande cielo immenso”. Poco dopo incontrò un giovane pescatore, si avvicinò e lo rimproverò: “Ma sei pazzo ad ammazzare queste belle creature!?” E lui: “Ma a me servono per mangiare!” “Ma non vedi quanto sono piccoli! Se non darai loro la possibilità di crescere, e di fare figli, tra un po’ nel mare scompariranno tutti i pesci!! E dopo che mangerai?” Marco cercò di convincerlo, ma il pescatore non gli diede troppa considerazione e continuò a pescare. Marco proseguì il suo viaggio. Navigò per diverse ore, poi stanco si addormentò. Fu svegliato da un coro di gabbiani che stridevano, innalzandosi dal mare verso il cielo azzurro. Poco più avanti vide nell’acqua una macchia nera e oleosa, in mezzo c’era qualcosa che si muoveva, si avvicinò, sentì uno stridio di aiuto e vide che si trattava di un gabbiano, che cercava disperatamente di spiccare il volo, ma non riusciva a muovere le ali. Si sporse
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dalla barca e cercò di afferrarlo, ma non ci riuscì, cadde nell’acqua e nuotò in mezzo alla macchia nera e puzzolente. Con fatica riuscì a liberare il gabbiano e a tornare sulla barca. Il gabbiamo non riusciva né a volare né a muoversi, le sue ali erano impregnate e appiccicose. Marco allora cominciò a pulirlo e a poco a poco vide riapparire le sue piume bianche e argentate. Chiese al gabbiano cosa era successo e lui gli rispose che mentre andava in picchiata nell’acqua per procurarsi da mangiare, era rimasto intrappolato e non era riuscito a riprendere il volo. Marco si chiese che cosa potesse aver causato quel lago nero in mezzo al mare, allora si guardò intorno e scorse un po’ lontano da lì una grande petroliera. Capì cosa era successo; aveva letto che a volte i marinai vanno al largo a pulire le loro cisterne. Pensò a quanto male potevano fare al mare comportandosi in questo modo. Era ormai sera, Marco osservava l’orizzonte e scrisse nel suo quaderno: “E’ sera dal mare nasce una freschezza immensa, arriva l’onda nera, ricopre il sole e lui sparisce, arriva la luna, bianca come il latte, il mare è ancora rosso e si ricopre di un velo. Solo le stelle rimangono ad illuminare il mare.” Arrivò la notte, Marco si addormentò. La mattina successiva quando si svegliò, invece del cielo limpido del giorno precedente, trovò un cielo annebbiato e l’aria era fredda, come nelle giornate d’inverno. All’improvviso scoppiò una tempesta di pioggia e di vento, il mare arrabbiato scaraventò Marco e la sua barca contro le onde e lui cadde nell’acqua. Rimase in mare per ore, poi si sentì sollevare e portare fuori dall’acqua. Il suo salvatore era un delfino, che riportò Marco alla sua barca. Intanto il mare si stava calmando e il vento non soffiava più tanto forte, tra le nuvole scure riapparve il sole caldo dell’estate. Marco si asciugò e riprese la navigazione. Si accorse che il delfino lo seguiva a distanza come se volesse proteggerlo. Il suo verso era melodioso e nei giorni che seguirono quella voce incoraggiò Marco e gli fece compagnia. Marco
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continuò il suo viaggio. Il mare era tranquillo e liscio come uno specchio, sembrava che si riposasse dopo una giornata burrascosa. Marco scrutava l’orizzonte sperando di vedere la fine del mare, invece vide in lontananza un barcone; era una di quelle imbarcazioni che pescano le balene per ricavarne trofei da vendere. Sentì un rantolo provenire dal mare, e vide galleggiare una balena ferita. Non era molto grande, la sua pelle era scura e dal suo corpo usciva un rivolo di sangue. Marco si fermò accanto alla balena e capì che cosa era accaduto, sicuramente quei pescatori avevano cercato di catturarla, ma lei era riuscita a sfuggire alla cattura e si era ferita con l’arpione. Marco l’ osservò attentamente e vide che ancora respirava, i suoi occhi semichiusi gli chiedevano aiuto. Marco l’ accarezzò: la sua pelle era morbida e liscia. Curò la ferita della balena come meglio poté, ma non poteva portarla con lui sulla barca, quindi quando vide che non sanguinava più, la salutò e le augurò buona fortuna. Il giorno seguente, in lontananza, Marco intravide una collinetta che si ergeva sul grigio-azzurro del mare. Si diresse verso di essa e approdò sull’isoletta. La perlustrò da cima a fondo, ma non trovò il tesoro. Sulla riva trovò però un pesciolino disteso sulla sabbia. Le sue squame colorate erano secche e opache. Capì che sarebbe morto. Lo prese in mano e lo riportò nell’acqua, poi incuriosito prese maschera e pinne e si immerse con il pesciolino. Appena mise la testa sott’acqua, scoprì un mondo favoloso: c’erano centinaia di pesci di tutte le forme e di tutti i colori. Il pesciolino si diresse verso una parete di coralli rossi e si unì al suo branco. Dopo aver perlustrato quel mondo sottomarino, Marco tornò alla barca e ripartì. Il viaggio durò ancora per tanti giorni, durante i quali incontrò sul filo dell’acqua di tutto: bottiglie, copertoni, scatole, lattine, sacchetti di plastica, altre macchie oleose, reti di pescatori. Sembrava impossibile che sotto quella sporcizia potesse esistere quel mondo meraviglioso che aveva visto. Impigliato in una di quelle reti, Marco trovò anche un grosso pesce. Vide che era ancora vivo, allora lo liberò, poi continuò il suo viaggio. Marco andò in ogni angolo del mare, ma non trovò la fine. Si arrese e decise di tornare a casa, ma proprio in quel momento scorse in lontananza la costa. Si voltò verso il delfino e gli disse: “Ora sei libero, puoi andare, credo che il mio viaggio sia finito. Grazie per l’aiuto.” Il delfino con la sua pinna grigia e lucente lo salutò e prese il largo. Arrivato
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vicinissimo alla costa, Marco scese dalla barca, immerse i piedi nell’acqua fresca, poi raggiunse la spiaggia. Appena sceso, scorse sulla spiaggia un pescatore suo amico, allora capì di essere ritornato nella sua città. Il pescatore gli chiese: “ Hai trovato il tesoro che cercavi?” Marco gli rispose: “ Ho capito che IL TESORO E’ IL MARE, che appartiene a tutti noi e i comportamenti incoscienti degli uomini rischiano di distruggerlo.” Il pescatore pensò che era un bambino molto saggio. Marco ritornò a casa e riprese a guardare il mare dalla sua finestra e a scrivere poesie a lui dedicate: “Dolcemente il mare si sdraia sui granelli di sabbia che sembrano frammenti di sole giallo. Al suono delle onde il mare canta e questo suono riempie di felicità. Quando viene illuminato sembra uno specchio gigante e se qualcuno lo sporca, lui si arrabbia e cambia colore e il suo profumo così delicato svanisce. Il mare è una cosa preziosa per tutto il mondo”.
Autore: Classe V B Scuola primaria di Pergola (PU)
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Scuole Primarie
Provincia di Fermo
Illustrazione di Letizia Cirilli
Elena, il mare e un mondo da salvare Elena, la bambina più ricca della città, andò in crociera con una nave lussuosissima, il viaggio sarebbe stato lunghissimo ma anche emozionante per lei. Però, per arrivare a destinazione, bisognava passare in una baia dove c’erano delle temutissime rocce affioranti. La nave le urtò e si aprì una falla: stava affondando! Purtroppo,con un violento scossone, Elena cadde in acqua. Cercò di tornare in superficie, quando vide una luce. ... la toccò con le mani e le sue gambe diventarono una lunga coda e poteva anche respirare! Era diventata una sirena! Elena fece un veloce giro sul fondale marino aspettandosi chissà cosa ma... non era come se lo aspettava! I pesci stavano morendo per i rifiuti marini e l’acqua era nera per il petrolio versato in mare. Elena, vivendo come una persona ricca, non si era mai accorta di cosa stesse succedendo al mare! Così decise di radunare i pesci per convincerli a far cambiare le cose: insieme pulirono l’intero fondale marino e, facendo vedere agli uomini come era bello il mare senza rifiuti, anche loro cambiarono idea e decisero di non inquinarlo più. Elena era triste perché doveva tornare in superficie ma promise ai suoi amici pesci che sarebbe ritornata per aiutarli a mantenere il loro amato mare pulito! E tutto il mondo ne sarebbe stato felice perché ...
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Autore: Classe V A Scuola primaria di Amandola (FM)
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Indice Un mare blu di... solidarietà (Robertino Perfetti) Il nostro mare (Paolo Canducci) Progetto DONO Scuole Primarie Provincia di Ancona Illustrazioni di Roberta Torregiani
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Titoli:
C’era una volta il mare Il Mare
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Scuole Primarie Provincia di Ascoli Piceno Illustrazioni di Federica Ricci - Rossella Trionfetti
14
Titoli:
Il razzo delfino Mattoni di corallo Mare Il mare Il mare di notte Al mare con i delfini Birba l’onda malvagia Il delfino d’oro e la grande avventura sul mare La storia del mare: dalle origini a Capitan Kretino
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Scuole Primarie Provincia di Macerata Illustrazioni di Lisa Gelli - Lorenza De Dea - Lorenzo Sabbatini
36
Titoli:
Filastrocca del mare Enis, il ragazzo che ascolta il mare I sogni... son desideri
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38 40 43
Il pesciolino rosso La tartaruga solitaria Lâ&#x20AC;&#x2122;amicizia del Mare La gocciolina marina Il pesce che sapeva leggere La fiaba dedicata al mare Il mare Poseidone ed Eolo Ballata del mare
46 48 50 54 56 58 60 61 63
Scuole Primarie Provincia di Pesaro Urbino Illustrazione di Emilia Pieroni - Valeria Colonnella
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Titoli:
Il cristallo degli abissi Lâ&#x20AC;&#x2122;enigma del mare Lindo, polpetta e gli abissi marini Le meraviglie del mare Celestina e gli abissi del mare Storia della goccia che conobbe il mare, ma volle ritornare al torrente La fine del mare
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Scuole Primarie Provincia di Fermo Illustrazione di Letizia Cirilli
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Titoli:
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Elena, il mare e un mondo da salvare
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La Narrativa per la Scuola Primaria www.alberodeilibri.com
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