Più Salute! #5

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La copertina di Giò

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utto è numero. Il numero è in tutto. Il numero è nell’individuo. L’ebbrezza è un numero.” (Charles Baudelaire) Anche la Sanità ha bisogno di una costante analisi e comprensione di numeri. Da sempre i clinici non sono sulla stessa linea d’onda degli amministrativi, un po’ perché pensano che questi ultimi basino tutto sui numeri intesi come ”vil denaro”, un po’ perché pensano che la Sanità debba essere decisa dai medici. Beh certo, questo è indubbio. Senza medici non si può parlare di Sanità ma è altrettanto vero che senza una giusta comprensione dei numeri difficilmente una struttura sanitaria può stare in piedi, nè si possono apportare innovazioni scientifiche e organizzative. È necessaria una stretta collaborazione tra clinici e amministrativi per migliorare il servizio alla persona. Ricordo un’importante analisi fatta di micro e macro dati su uno dei più noti ed importanti ospedali di Bologna, dove risultò un tasso (%) di ”no show” (ovvero pazienti che non si presentano alla visita) troppo elevato. Grazie all’analisi e a un test poi validato su un campione di persone, trovammo la soluzione per abbassare (impossibile azzerare) questo dato. Quale? Semplice, è risultato dall’analisi che il lasso (Δ) di tempo tra prenotazione e visita era elevato. Durante questo periodo la persona poteva: rivolgersi ad altra struttura ricettiva, risolvere il problema, non voler più fare la prestazione per n° motivi oppure non poterla fare per decesso. Essendo una struttura pubblica con un elevato flusso di persone, non venivano riavvisati i pazienti i giorni prima della prestazione. Bene, inserimmo una procedura tale per cui una settimana prima della prestazione prenotata mesi prima (tempi di attesa standard per prestazioni sanitarie pubbliche) la persona veniva richiamata e se confermava rimaneva in agenda; se annullava si attivava la procedura di richiamo a chi era in lista attesa o in appuntamento i giorni successivi. Risultato persone/cittadini/pazienti contenti, medici contenti (nessun ”buco” in agenda), riduzione delle liste di attesa, che si traduce in ottimizzazione delle risorse e risparmio economico. Questo è un piccolo esempio di come persone abituate a ”torturare” i numeri possano canalizzare strategie verso migliori risultati. E’ necessario far coesistere le due nature: quella clinica e quella aministrativa, ovviamente sia nel pubblico che nel privato. La percezione di qualcosa può essere fuorviante rispetto al fatto stesso. Sempre meglio oggettivare le cose attraverso i numeri, così da avere una ”reale visione della realtà” (anche su questo argomento avrei diversi aneddoti ma ve li racconterò nelle prossime edizioni). Buona lettura.

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Indice 06 > Il Sig. Decenzio incontra l’Ortopedico Dott. Vincenzo Di Placido

08 > Medicina Integrata: l’apporto dell’agopuntura Dott.ssa Stefania Maggi

10 > Proctologia Dott. Marco Laterza

13 > Screening Prenatali: quali, quando, per chi Dott.ssa Cinzia Melchiorri

18 > L’Alluce Valgo e i dolori dell’avampiede Dott. Giancarlo Corrado

22 > Tricologia Dott. ssa Ilaria Minnetti

28 > Chirugia Ortognatica Dott. ssa Elisabetta Sarti

36 > Oftalmopatia di

Basedow-Graves Dott. ssa Elisabetta Sarti

40 > L’importanza della segretaria Giorgia Alessandrini

46 > Omeopatia in ambito Pediatrico Dott.ssa Federica Carnaroli

50 > Le piante adattogene Dott.ssa Giorgia Montemaggiori

54 > Hatha Yoga Elisa Giovannini

52 > Mindfulness Dott.ssa Federica Roccetti

60 > Food In Salute Dott.ssa Elisa Zaffini / Elisa Prioli

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IL SIG. DECENZIO INCONTRA L’ORTOPEDICO Dott. Vicenzo Di Placido, Specialista in Ortopedia

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esaro, Via Rossini, ore 16,45

- Buon giorno dottore come va? - Bene grazie e lei? - Mah, mi fanno male tutte le ossa, mi sa che ho l’artrite - Forse è meglio dire artrosi visto che ha superato i 60 anni; l’artrite è un problema infiammatorio di tipo reumatico, mentre l’artrosi, il cui vero nome è Osteoartrite degenerativa, interessa tutte le articolazioni e si manifesta nel 60% della popolazione. - Però siamo in tanti a star male? - No, per fortuna solo il

5% manifesta la malattia e lei è fra questi. - Ma quali sono le articolazioni più colpite - Soprattutto quelle che sopportano il peso del corpo come le anche, le ginocchia e le caviglie, ma anche le spalle e naturalmente la colonna vertebrale. - Come si può rimediare al dolore e alla limitazione dei movimenti. - Sicuramente con le medicine, senza esagerare, e la fisioterapia, se poi il problema persiste si dovrà ricorrere alla chirurgia. - Bisogna operarsi allora? - Si ma solo se il dolore è

forte e non si riesce più a muoversi liberamente. - E che interventi si fanno? - Nelle articolazioni come l’anca, il ginocchio, la caviglia ed anche la spalla o in caso di grave problema artrosico, quindi con dolore e limitazione dei movimenti, si deve metter una protesi. - Ma cosa è di preciso la protesi? - La protesi è uno strumento artificiale che sostituisce un’articolazione che non funziona più. - Ma è un intervento difficile? - Se fatto da mani esperte, è un intervento non difficile, anche se il


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paziente che lo subisce deve conoscere che non è una passeggiata. - In che senso? - Il paziente deve essere motivato, informato e a conoscenza di tutti gli aspetti sia chirurgici che riabilitativi. - Insomma tocca sapere quello che viene fatto. - Già. L’informazione è indispensabile. - Ma tutti gli ortopedici fanno questi interventi: a chi rivolgersi? - Sono interventi che vengono eseguiti dai chirurghi ortopedici. - Ma siete in tanti. - Già. - E come si fa a scegliere? - Bisogna valutare l’esperienza del chirurgo, cioè quanti interventi ha eseguito: maggiore esperienza, maggiore sicurezza. - Certo, anche nel mio lavoro è così. - Che lavoro faceva? - Falegname nelle costruzione di barche, lavoro di precisione ed esperienza. - Come vede anche nel suo lavoro conta

l’esperienza. - Già ma i mobili quando si rompono si rifanno e le protesi? - Anche le protesi si rifanno, certo la seconda volta è un pò più complicato. - Ma quanto dura una protesi? - La protesi è di titanio o acciaio e ceramica, quindi eterna, ma il problema non è la protesi è l’osso. - Cioè? - È l’osso a cedere, per cui se qualcuno dice di mettere le protesi eterne, gioca sulle parole, poco onesto. - Anche i dottori? - Già anche i dottori. Comunque stia tranquillo. Se il chirurgo è bravo ed anche onesto non deve preoccuparsi. - No, no anche perchè non credo che debba mettere una protesi, forse mia moglie. E nella donna è uguale? - Si certo, non cambia. - Grazie dottore delle spiegazioni. - Si figuri, la saluto, arrivederci. - Arrivederci.

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MEDICINA INTEGRATA: L’APPORTO DELL’AGOPUNTURA Dott.ssa Stefania Maggi, Specialista in Agopuntura

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a medicina del futuro viene da un passato molto lontano. L’agopuntura è infatti una tecnica millenaria, ampiamente diffusa e praticata in Cina già 2000 anni prima di Cristo. In questi ultimi anni, sono sempre più numerosi i lavori scientifici che alla luce dell’Evidence Based Medicine (medicina basata sull’evidenza) confermano l’efficacia dell’agopuntura in determinate patologie, in accordo con quanto già espresso da numerose istituzioni scientifiche e sanitarie quali il National Institutes of Health e l’Organizzazione Mondiale per la Sanità.

L’agopuntura va ad agire regolando e bilanciando il flusso di energia e sangue, in punti specifici del corpo. Lo scopo di tale tecnica medica è recuperare un equilibrio psico-fisico nell’organismo, che era

dopo aver posto una diagnosi nel corso della visita secondo i principi della Medicina Tradizionale Cinese, individua sulla superficie corporea del paziente punti specifici dove esistono speciali concentrazioni di energia e di sangue, evidenziate anche da recenti studi elettrofisiologici. Tali punti, combinati fra loro, costituiscono la formula terapeutica prescelta. Vengono utilizzati aghi sottili, sterili, monouso, nella massima sicurezza per il paziente. In un momento di riscoperta della cosiddetta medicina integrata come quello attuale, in cui si cerca di curare l’uomo da un punto di vista olistico,

UN TIPO DI MEDICINA DOLCE, CHE COSTA POCO, E CHE SPESSO RISOLVE UN NUMERO ELEVATO DI PATOLOGIE andato perduto con la malattia. Dal punto metodologico, in una seduta di agopuntura, il medico,


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l’agopuntura oggi in misura sempre maggiore affianca la medicina ufficiale, talvolta con funzioni di supporto e miglioramento della qualità della vita, come per esempio nella cura dei tumori, a volte come vera e propria terapia eziologica in campi dove la medicina convenzionale talvolta fallisce come ad esempio le emicranie e le cefalee o l’infertilità.

Il campo d’azione di questa terapia sostanzialmente dolce e priva di rilevanti effetti collaterali è estremamente ampia e spazia dalle patologie muscolo scheletriche, all’endocrinologia, alle malattie dell’apparato digerente, respiratorio e cardiologico, al controllo del sistema idro-elettrolitico e sostanzialmente a tutti i campi in cui una

componente funzionale sia rilevante in una patologia. Una medicina dolce quindi, ma anche una medicina che costa poco e che spesso risolve in un tempo contenuto patologie che normalmente richiedono anche terapie farmacologiche di lunghissima durata, talvolta costosissime e affette da rilevanti effetti collaterali.

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PROCTOLOGIA Dott. Marco Laterza, Specialista in Chirurgia e Proctologia

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a Proctologia è la branca della Chirurgia Generale che si occupa dello studio e del trattamento delle patologie e dei disturbi del canale anale. Innanzitutto occorre una breve descrizione anatomica degli organi e apparati in questione, che consenta una maggiore chiarezza: - Il colon costituisce, insieme al cieco e al retto, l’intestino crasso, di cui è il principale componente per dimensioni e lunghezza; la sua principale funzione è l’assorbimento dell’acqua

e la formazione delle feci, prodotti di scarto della digestione; a sua volta si suddivide in ascendente, trasverso, discendente e sigma - Il retto è la porzione terminale dell’intestino crasso e quindi del tubo digerente; svolge la funzione di ”ampolla” ovvero di contenitore delle feci in attesa di consentirne l’evacuazione in concomitanza con lo stimolo della defecazione - Il canale anale è il tratto terminale del retto, della lunghezza di circa 2 cm, ed è avvolto da importanti muscoli che

svolgono la funzione di sfintere; termina con l’orifizio anale che consente la fuoriuscita delle feci all’esterno del nostro organismo. Le principali patologie con cui si confronta il Chirurgo Proctologo sono: patologia emorroidaria (ovvero l’infiammazione, dilatazione e congestione delle vene emorroidarie interne al canale anale), ragadi (piccole ferite lungo il margine anale), ascessi e fistole anali (processi infiammatori con formazione di pus interni o esterni al canale anale).


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Quando rivolgersi ad un chirurgo proctologo? I sintomi più comuni che suggeriscono un disturbo della regione ano-rettale sono: dolore, bruciore o prurito a livello anale (che possono comparire durante o dopo la defecazione, ma anche indipendentemente da essa), riscontro di sangue nelle feci o comunque ad origine rettale, generiche difficoltà nell’evacuazione. Le cause più frequenti che portano a queste problematiche sono: una dieta non equilibrata povera di fibre e acqua, il consumo frequente di cibi speziati (pepe, peperoncino e curry in particolare) e alcolici (specialmente vino rosso), la stitichezza, lo stress, il caldo (la frequenza dei disturbi aumenta in estate), la gravidanza, uno stile di vita sedentario e con poca attività fisica. In che cosa consiste la visita? La visita proctologica inizia con un’attenta anamnesi,

cioè nel raccogliere informazioni riguardo a tempi e modalità d’insorgenza dei sintomi, abitudini alimentari e stile di vita, eventuali altre patologie. Fondamentale sono poi l’esplorazione rettale, (termine che incute in tutti un po’ di timore…) ma che altro non è che una ispezione digitale del canale anale che consente di valutare

informazioni più complete al medico. La visita è dolorosa? Assolutamente no! Certo non è piacevole, non illudiamoci, ma non si tratta di una procedura che provoca dolore (non è assolutamente paragonabile ad esempio ad una colonscopia per intenderci) e comunque la sua durata è di circa 15-20 minuti. Qual è la cura? Devo essere operato? Raramente la patologia proctologica richiede un intervento chirurgico (solo nell’1% dei casi!). Compito del proctologo sarà quindi quello di individuare per ciascun singolo paziente la causa del disturbo e di pianificare il trattamento più corretto, che il più delle volte consiste nel migliorare le abitudini alimentari e in una cura farmacologica per via locale (pomate, creme, gel) o orale (compresse, integratori) di bassissimo impatto sull’organismo.

LA VISITA È DOLOROSA? ASSOLUTAMENTE

NO

l’eventuale stato infiammatorio delle vene emorroidarie e di ricercare la presenza di ragadi, e l’anoscopia che si realizza con l’introduzione di un piccolo strumento di circa 2 cm di lunghezza con pareti trasparenti che consente di vedere all’interno del canale anale fornendo

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SCREENING PRENATALI

QUALI, QUANDO, PER CHI Dott.ssa Cinzia Melchiorri, Specialista in Ginecologia e Ostetricia

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l test prenatali rappresentano un’opportunità per i genitori di venire a conoscenza, durante la gravidanza, della presenza di alcune patologie congenite del feto. La maggioranza dei bambini nasce sana, tuttavia 1 su 100 nasce con importanti handicap fisici o mentali e quindi nessuna coppia può definirsi esente da rischi. Le tecniche di diagnosi prenatale hanno subito negli ultimi anni un rapido sviluppo e le possibilità di scelta da parte del genitore si sono moltiplicate, ponendolo spesso in difficoltà. Compito del ginecologo curante è valutare se la coppia presenta rischi specifici indirizzandola

ad indagini di secondo livello oppure, in assenza di indicazioni specifiche, illustrare i benefici e gli svantaggi degli esami attualmente disponibili, in modo che i futuri genitori siano in grado di operare una scelta, tenendo anche conto della loro personale posizione di fronte a una eventuale diagnosi di patologia. In assoluto, le anomalie congenite più frequenti sono le malformazioni (anomalie di struttura del cuore in primo luogo, degli arti, del volto, del sistema nervoso centrale); queste sono presenti nel 2-3% dei nati, in genere non hanno una causa genetica, e quindi possono manifestarsi anche nei figli di coppie

che non avevano a priori nessun particolare fattore di rischio; quindi, una ecografia dettagliata per la verifica della anatomia fetale dovrebbe essere eseguita in ogni gravidanza; il periodo migliore è sicuramente quello compreso tra 19 e 21 settimane (ecografia morfologica). Le anomalie cromosomiche sono invece modificazioni quantitative o qualitative dei cromosomi. La più frequente è la Sindrome di Down, che si verifica quando il bambino riceve un cromosoma 21 in più (Trisomia 21). Tale evento è tanto più frequente quanto più elevata è l’età della madre, ma può verificarsi a qualsiasi età materna (vedi tabella).

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Età materna 21

Rischio di trisomia

settimane e prevede il prelievo di una piccola quantità di tessuto dalla placenta. L’amniocentesi prevede invece il prelievo di una piccola quantità del liquido che circonda il feto, e si esegue solitamente dopo le 15 settimane. Entrambi forniscono un campione da esaminare che contiene tessuto con lo stesso patrimonio genetico del bambino e permette uno studio dettagliato dei suoi cromosomi. Tuttavia il problema di tali test invasivi è che questi possono, seppur raramente, causare l’aborto, anche se il bambino è sano. Secondo gli studi più recenti, il rischio di aborto è stimato intorno a 1 su 1000.

Alla nascita A 12 settimane

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1:1526

1:1018

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1:1351

1.901

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1:894

1:596

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1:658

1.439

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1:297

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1:187

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1.167

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1:30

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Molte anomalie cromosomiche hanno gravi conseguenze sullo sviluppo fisico e soprattutto intellettivo dei bambini e sono quindi una preoccupazione maggiore per i genitori: la loro frequenza è di circa un caso ogni 200 nati. Studi recenti suggeriscono che la ICSI, una tecnica di fertilizzazione assistita, è associata ad un aumento sensibile del rischio. Il solo modo per essere certi che un feto sia affetto o no dalla Sindrome di Down è l’effettuazione di un test diagnostico invasivo, cioè l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali. Il prelievo dei villi coriali si effettua a 11-14

Attualmente si tende a guidare la decisione se eseguire o meno un test diagnostico invasivo sulla

base della probabilità (=rischio) di avere o meno un bimbo Down, basata su un test non invasivo. Si tratta di esami privi di rischio di aborto, che forniscono una probabilità (non arrivando mai a rischio zero) che il feto possa essere affetto. I due test di screening attualmente più sensibili sono il test combinato e il test sul DNA fetale. Il test combinato fornisce una stima del rischio di avere un feto Down combinando informazioni fornite da: • L’età della madre • La misura ecografica della translucenza nucale a 11-14 settimane • Il dosaggio a 9-10 settimane di due sostanze nel sangue materno: La beta-HCGlibera e la PAPP-A che possono modificarsi in presenza di alcune anomalie cromosomiche. La translucenza nucale è una raccolta fluida sottocutanea a livello della nuca del feto visibile e misurabile ecograficamente a 11-14



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settimane. Tutti i feti a quest’epoca di gravidanza hanno un po’ di fluido sottocutaneo, ma quelli affetti da Sindrome di Down tendono ad avere lo spessore di tale fluido aumentato rispetto alla norma. Lo screening della Sindrome di Down basato sulla sola età materna individua il 30% dei feti affetti. Lo screening della Sindrome di Down mediante test combinato (età materna + misurazione della translucenza nucale + esame sul sangue materno) permette di riconoscere circa l’ 85% dei feti affetti. Alla fine del test viene fornito un rischio che il bambino abbia la Sindrome di Down. Tale rischio non fornisce la sicurezza che il bambino sia o non sia Down, ma può essere utilizzato per aiutare i genitori a scegliere se affrontare o meno i rischi di un esame invasivo, scelta da considerarsi strettamente personale e che nasce esclusivamente dalla

decisione della coppia. Si sottolinea che, anche se il rischio stimato con l’ecografia genetica risulta elevato, molte coppie avranno un bambino normale (esempio rischio 1 :100 = una coppia su cento avrà un bimbo affetto), tuttavia il rischio che si corre eseguendo ad esempio la villocentesi risulta più vicino a quello che corre il bambino di avere un difetto cromosomico. Il Servizio Sanitario Nazionale considera un rischio di 1:300 o superiore, sufficientemente elevato da consentire l’effettuazione gratuita di un test diagnostico invasivo alle coppie che lo richiedano. Il NIPT( test prenatale non invasivo) è una nuova metodica che consente di rilevare le più frequenti trisomie libere (13,18 e 21) e le anomalie dei cromosomi sessuali X e Y attraverso un prelievo di sangue venoso della madre. Rispetto al test

I TEST PRENATALI RAPPRESENTANO UN’OPPORTUNITÀ PER I GENITORI DI VENIRE A CONOSCENZA, DURANTE LA GRAVIDANZA, DELLA PRESENZA DI ALCUNE PATOLOGIE CONGENITE DEL FETO. combinato, questa metodica consente una riduzione dei falsi positivi, e rileva più del 99% di casi di trisomia 21 fetale libera. La NIPT si basa sulla ricerca di DNA fetale libero circolante nel sangue materno, individuabile a partire dalla 10° settimana compiuta di gravidanza. Per l’esame sono necessari circa 20 ml di sangue materno. Per ogni trisomia i


risultati vengono espressi come basso rischio (<1/10000) o alto rischio (99/100). Un risultato di basso rischio significa che il test ha rilevato una bassa probabilità che il feto abbia una anomalia nel numero di copie dei cromosomi indagati (21,13,18,X e Y). Un risultato di alto rischio significa che il test ha rilevato un’alta probabilità che il feto abbia una anomalia nel numero di copie dei cromosomi indagati (21,13,18,X e Y). In caso di alto rischio o di esito dubbio è raccomandato un colloquio con il medico genetista per impostare il controllo

mediante la diagnosi tradizionale (villocentesi o amniocentesi). Questo controllo è considerato ancora necessario in quanto è possibile che la trisomia derivi dal DNA della placenta e non del feto (1-2% di casi). La donna che valuta l’opportunità di accostarsi allo screening prenatale non invasivo (NIPT) viene aiutata a comprendere se è candidata a questo percorso valutando il livello di rischio individuale, i dati ecografici, la storia familiare, affinchè si possa proporre il percorso più indicato. Il prelievo viene effettuato a partire dalla 12-13esima settimana

di gestazione, in relazione alla necessità di avere a disposizione l’esito dello screening ecografico e un dato di una regolare evoluzione della gravidanza. Dallo screening del primo trimestre (Test combinato) infatti possono emergere elementi che modificano il percorso della diagnosi prenatale rendendo più indicate altre procedure rispetto allo screening non invasivo. Il termine ultimo entro il quale le richieste verranno accolte è la 17esima settimana compiuta, epoca che consente di avere il tempo necessario per eventuali approfondimenti.


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L’ALLUCE VALGO E I DOLORI DELL’AVAMPIEDE Dott. Giancarlo Corrado, Specialista in Podologia

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’ Alluce Valgo rappresenta la prima causa di dolore dell’avampiede e viene definito generalmente come la deviazione laterale del primo dito rispetto al primo metatarso (osso dell’avampiede che si articola con l’alluce). La definizione, introdotta nel 1863 da Carl Hueter, per quanto veritiera non fa comprendere a pieno la complessità della deformità che varia notevolmente in base alla morfologia del piede, alle attività ed alle abitudini del paziente e, in genere, quando si approccia alla patologia non si considera l’alluce come la parte terminale

dell’apparato muscoloscheletrico ma come singola entità che si deforma per l’utilizzo di calzature con tacchi

calzature in attesa di un trattamento chirurgico che abbia come scopo il riallineamento dei segmenti scheletrici. Negli ultimi 150 anni sono stati proposti più di 120 tecniche chirurgiche per la risoluzione della problematica tra tecniche e modificazioni delle stesse, e questo ci porta a comprendere quanto in realtà la deformità sia più complessa di quello che vediamo, vari notevolmente da persona a persona e soprattutto che non esiste un trattamento unico per tutti; rimane pertanto indispensabile riuscire ad inquadrare la deformità in un contesto biomeccanicofunzionale più ampio che non veda

IL PIEDE È UN ORGANO COMPLESSO LA CUI FUNZIONE NON È SEMPLICEMENTE QUELLA DI FARCI CAMMINARE, MA CI PERMETTE ANCHE DI MANTENERE L’EQUILIBRIO... alti o perché si ha la sfortuna di averlo ereditato, proponendo trattamenti farmacologici antinfiammatori e modificazioni delle


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Figura 1: Alluce Valgo Bilaterale associato a sovradduzione del II dito (Lussazione delle II art. metatarso-falangee) in Piede Piatto di I grado associato ad insufficienza del I metatarsale.

l’alluce come singolo elemento ma come parte integrante del sistema propulsivo che ci permette di concludere il passo deformandosi sia per condizioni morfologiche ereditarie, sia per vizi accomodativi di patologie disfunzionali di articolazioni sovrasegmentarie (retropiede, caviglia,

ginocchio, anca, etc.). L’Alluce Valgo deve far sospettare dell’esistenza di un problema più ampio che interessa tutto l’avampiede e che nella maggior parte dei casi non risiede nell’alluce ma esso è semplicemente una vittima che sopporta sollecitazioni importanti, a volte costretto in calzature inadeguate che,

come tutto il piede, non ci accorgiamo di avere fino a quando le degenerazioni non raggiungono livelli insopportabili tali da comportare forti dolori. Una diagnosi affrettata che non tiene in considerazione il modo di camminare, eventuali disfunzioni sovrasegmentarie e la postura generale del Paziente può portare, dopo trattamenti cruenti ed un post-operatorio abbastanza doloroso, a fallimenti terapeutici che, nella migliore delle ipotesi, ci riportano in poco tempo allo stesso grado di deformità ma con una maggior

Figura 2: Baropodometrico (dinamico) che mostra l’ipercalorico dell’alluce ed un’insufficienza del I metatarsale da retrazione del sistema Achilleo-Calcaneo-Plantare (Nel grafico la linea verde che mostra il momento e l’intensità di contatto dell’avampiede è molto anticipato rispeltto la normalità).

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Figura 3: Alluce Valgo Iatrogeno: Situazione clinica di un alluce che è stato sottoposto ad un trattamento chirurgico inadeguato. Postoperatoriamente l’alluce risulta nuovamente valgo ed impossibilitato a toccare il suolo. Da notare le dita adiacenti che si atteggiano ad artiglio nel tentativo di sostituire la funzione dell’alluce ormai disfunzionale.

rigidità articolare e quindi un alluce che, non riuscendo più a compiere il proprio lavoro come prima, è costretto a sovraccaricare le strutture limitrofe. La stessa condizione la si riscontra quando vengono ignorati il primi segni clinici: i disturbi della pianta del piede (le metatarsalgie), le deformità ungueali (onicolisi, onicogrifosi, onicocriptosi, etc.) e le deformità digitali (dita a martello, dita a griffe) devono essere considerati come la conseguenza di una modo di camminare patologico, che provoca la formazione di callosità ed ipercheratosi dolenti che quasi mai sono considerate come lesioni o come l’esigenza della cute di difendersi da

attriti o ipercarichi e vengono quasi sempre gestiti attraverso trattamenti estetici o di pedicuria che permettono il peggioramento della condizione. Come sempre la migliore cura è la prevenzione che deve instaurasi precocemente, con una valutazione sopratutto biomeccanica in cui il Paziente deve essere sottoposto a test articolari e muscolari ed a esami specifici, non solo radiografici ma anche baropodometrici, esami non invasivi che ci consentono con estrema precisione di quantificare l’atteggiamento del Piede in ortostatismo (in piedi fermo), in dinamica (camminando) e di valutare la capacità dell’organismo di mantenere l’equilibrio

fornendoci informazioni importanti che devono servire di ausilio alla visita Podologica per poter impostare un trattamento efficace, adeguato e sopratutto personalizzato. Nelle condizioni avanzate è comunque possibile integrare i trattamenti ortopodologici con trattamenti chirurgici definiti ”minimamente invasivi” in cui con uno strumentario specifico, dopo una lunga curva di apprendimento e sopratutto con la consapevolezza della condizione da gestire ci permettono di riallineare e gestire le deformità ossee ed articolari attraverso incisioni di qualche millimetro permettendo un post-operatorio agevole e sopratutto in assenza di dolore. È chiaro che il Piede è un organo complesso la cui funzione non è semplicemente quella di farci camminare, ma ci permette anche di mantenere l’equilibrio e


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Figura 4: Perionichite dell’alluce dx in alluce valgo pronato. Anche in questo caso l’unghia come l’alluce non hanno colpa, l’atteggiamento postulare del piede obbliga l’alluce a lavorare più di quanto dovrebbe sopportando carichi con direzioni anomale che nel tempo lo deformano a tal punto da innescare lesioni e sovrainfezioni.

non è difficile riscontrare clinicamente piedi che poggiano male non per una loro problematica ma per adattarsi a dimorfismi della colonna vertebrale o per problematiche dentali, pertanto, rimane di fondamentale importanza, eseguire sempre una valutazione ed un diagnosi chiara che non tenga solo conto delle caratteristiche della deformità ma che sia in grado di spiegare le cause della deformità potendo solo in questo modo decidere la giusta strategia terapeutica che non per forza debba essere ortesica o

Figura 5: RX di un Alluce Valgo completamente disfunzionale. L’incapacità dell’alluce di eseguire il proprio lavoro ha disarticolato completamente il II dito dal rispettivo metatarso comportando un forte dolore alla pianta del piede.

chirurgica ma che possa combinare le due strade terapeutiche al fine di risolvere definitivamente la patologie e prevenire degenerazioni future.

Dr. Giancarlo Corrado Podologo Master in ”Diagnosi e Cura del Piede Diabetico” Master in ”Posturologia”


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TRICOLOGIA Dott.ssa Ilaria Minnetti, Specialista in Dermatologia e Venereologia

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a caduta dei capelli è un problema che, da sempre, affligge una percentuale rilevante della popolazione non solo maschile ma anche femminile. Oggi viene considerata una vera e propria patologia in quanto può ripercuotersi nella sfera psicologica dei pazienti affetti, influenzando negativamente l’autostima, la fiducia in sé stessi e la vita di relazione. La tricologia è quella branca della dermatologia che studia l’anatomia, la fisiologia e la patologia dei capelli e dei peli. Il follicolo pilifero è l’unica struttura del corpo umano con un’attività ciclica che perdura per

tutta la vita dell’individuo. Tante, e molto diverse tra loro, sono le patologie che possono aggredire i follicoli piliferi, o possono interferire nel loro ciclo, in una specifica, o meno, fase della vita.

colpisce e alle cause che l’hanno scatenata. Si distinguono dunque varie tipologie di caduta di capelli, ognuna delle quali ha un diverso grado di gravità, cause differenti e rimedi specifici. Tra le cause principali di caduta dei capelli rientrano: la genetica, il sesso (gli uomini sono maggiormente esposti), i cambi di stagione (in particolare primavera ed autunno), la densità di capelli (più capelli si hanno e maggiore sarà la loro caduta in termini assoluti), gli ormoni, lo stress, un’alimentazione scorretta, carenza di ferro e/o zinco, terapie farmacologiche in atto, disturbi alla tiroide, diabete, infezioni e patologie proprie

UNA CORRETTA DIAGNOSI È ALLA BASE DI UNA CORRETTA GESTIONE DELLA PATOLOGIA NEL TEMPO La natura delle diverse modalità di caduta dei capelli non è semplice da identificare: può essere diversa in base alle zone del cuoio capelluto che


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del capello (infettive, infiammatorie o autoimmunitarie). Solitamente si tende a considerare patologica una perdita di oltre 100 capelli al giorno che si protrae anche per settimane. Entro questo range la caduta viene considerata fisiologica. Una corretta diagnosi è alla base di una corretta gestione della patologia nel tempo e di un trattamento efficace. Per far questo il dermatologo si avvale non solo dell’anamnesi

e dell’esame obiettivo ma anche di una serie di esami strumentali non invasivi e, in casi selezionati, di biopsia per esame istologico. In questo contesto la tricoscopia (o dermatoscopia del cuoio capelluto) si inserisce come tecnica diagnostica non invasiva, che permette di osservare condizioni del capello e del cuoio capelluto altrimenti poco visibili con il solo esame clinico, utile non solo per la diagnosi ma anche per

il monitoraggio delle malattie dei capelli e del cuoio capelluto. Essa infatti permette: di distinguere rapidamente le alopecie cicatriziali (in cui non si ha ricrescita del capello) dalle alopecie non cicatriziali (in cui si avrà la ricrescita); una diagnosi immediata delle patologie del fusto del capello; in caso di biopsia chirurgica, di identificare il sito ottimale per eseguire il prelievo; infine, di stabilire la terapia più indicata e la possibilità di risposta al trattamento.


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DISMORFOSI DEI MASCELLARI E CHIRUGIA ORTOGNATICA Dott.ssa Elisabetta Sarti, Specialista in Chirurgia Maxillo Facciale

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’armonia del faccia anteriore si Anatomia dei mascellari volto è data presenta come un rilevo L’osso mascellare è un dalle corrette arcuato diretto in voluminoso osso pari proporzioni basso che insieme a che contribuisce a delle strutture quello del lato opposto anatomiche che forma l’arcata alveolare lo costituiscono. superiore, La funzione e’ con gli strettamente elementi legata al giusto dentari. rapporto di queste strutture. Così Fig. 1 Osso morfologia mascellare e funzione vengono a essere La strettamente mandibola correlate. è un osso Lo scheletro impari che maxillo facciale nel si articola suo terzo con l’osso 1. sfenoide 7. sutura maxillo montante 13. canale lacrimo- temporale (osso zigomatica malare medio e inferiore 2.3. arcata nasale malare 8. fossa canina 14. foro sotto4. fessura pterigo 9. apofisi può presentare della scatola cranica) orbitale mascellare piramidale 5. ala esterna 10. arcata orbitale 15. fossetta deviazioni dalla permettendo la mirtiforme dell’apofisi pterigoidea 11. orbita 16. bozza canina 12. apofisi norma che danno 6. tuberosità masticazione. luogo ad anomalie morfo-funzionali che delimitare le cavità prendono orbitarie, le cavità nasali Esso accoglie, nell’arcata alveolare, il nome di dismorfosi e la cavità buccale. gli elementi dentari. dei mascellari. La parte inferiore della


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Fig. 2 Mandibola Le anomalie dentomascellari, oggetto di trattamento chirurgico, possono rientrare nell’ambito di malformazioni congenite (cioè presenti dalla nascita), di anomalie di sviluppo, oppure essere esito di traumi (deformita’ acquisite). Quali sono le cause? Dal punto di vista etipatogenetico sono in causa fattori genetici e o teratogeni per le forme congenite, mentre per le anomalie di sviluppo dentomascellari sono in causa fattori ereditari. Vengono riconosciute particolarmente trasmissibili tra padre e figli le dimensioni mandibolari (tipica la facies della dinastia degli Asburgo caratterizzata da mandibola protrusa: III classe) e tra madre e figli l’altezza facciale. Agiscono anche fattori ambientali a livello locale (compressioni posturali, abitudini

viziate quali: succhiamento del pollice, la deglutizione infantile con interposizione della lingua tra i denti e la respirazione orale). Che cosa significa malocclusione? Per malocclusione dento-scheletrica si intende una condizione nella quale i denti e le strutture anatomiche che li sostengono (mascellare superiore e mandibola) non si trovano nella giusta posizione e correlazione. Le malocclusioni dentoscheletriche di pertinenza chirurgica sono quelle per la risoluzione delle quali non è sufficiente la sola terapia ortodontica. L’anomalia può essere sostenuta da vari tipi di alterazioni: può essere presente

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una mandibola di grandi dimensioni (progenismo o III classe scheletrica oppure, al contrario, può essere presente un difetto di sviluppo mandibolare (retrognazia o micrognazia o II classe scheletrica). La dismorfia può interessare in maniera asimmetrica la mandibola (in eccesso o in difetto) dando luogo ad una laterodeviazione. Può essere presente una anomalia a

1 e 11. testa del condilo 2. collo del condilo 3. bordo anteriore della branca montante 4. creste di inserzione del massetere 5. angolo goniaco 6. goccia dell’arteria facciale 7. linea obliqua esterna 8 e 10. bordo superiore

del corpo e bordo alveolare (tavolato esterno) 11. foro mentoniero 12. incisura sigmoide 13. apofisi coronoide 14. orifizio del canale dentale inferiore 15. spina di Spix

16. doccia miloioidea 17. creste dello pterigoideo interno 18. tavolato interno del bordo alveolare 19. eminenza mentoniera e sinfisi


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carico del mascellare superiore per difetto, caratterizzata dall’arretramento del terzo medio della faccia (ipoplasia del mascellare) o da deficit trasversale del mascellare superiore, oppure, al contrario, essere presente un eccesso di sviluppo del mascellare (protrusione mascellare). Le anomalie descritte possono associarsi e presentarsi in varie combinazioni: - Eccesso mandibolare (III classe) - Deficit di lunghezza mandibolare (II classe) - Laterodeviazione mandibolare È chiaro quindi che per impostare un corretto piano di trattamento è necessario effettuare una diagnosi, è necessario cioè capire quali siano le anomalie che determinano la malocclusione. Per fare diagnosi è necessario effettuare una visita specialistica

maxillo –facciale che tramite l’acquisizione di una serie di dati ricavati da: 1)esame clinico 2)analisi delle fotografie del volto e endorali 3)analisi dei modelli delle arcate dentarie 4)analisi delle radiografie (analisi cefalometrica) in proiezione laterolaterale, postero-anteriore e valutazione della ortopantomografia consentiranno di formulare una corretta diagnosi e quindi di impostare un adeguato piano di trattamento. Il piano di trattamento delle dismorfie dei mascellari prevede un trattamento ortodontico pre-chirugico finalizzato ad eliminare le compensazioni dentali presenti (cioè le anomalie di posizione che i denti hanno assunto) e alla preparazione delle arcate dentarie in relazione all’intervento chirurgico programmato.

In questa fase di collaborazione tra ortodontista e chirurgo maxillo facciale verranno effettuati controlli trimestrali per valutare la progressione della preparazione all’intervento. A trattamento ortodontico prechirugico ultimato sarà necessario eseguire nuove radiografie, nuovi modelli dentali e fotografie, allo scopo di permettere al chirurgo di effettuare la programmazione definitiva dell’intervento da effettuare, simulando gli spostamenti ritenuti idonei alla correzione delle anomalie sulla documentazione radiologica (simulazione bidimensionale su teleradiografie o 3D ) e allestendo placche (bite) che permetteranno, nel corso dell’intervento chirurgico, di riprodurre l’intervento simulato. Cosa è possibile fare con la chirurgia? In base alla diagnosi effettuata il chirurgo


Fig.4: osteotomia di mandibola associata a mentoplastica

predispone il programma operatorio, che permetterà la correzione della posizione della mandibola o del mascellare superiore (intervento monomascellare) oppure di entrambe le strutture ossee (intervento bimascellare o combinato). A volte è necessario correggere anche la posizione del mento. Intervento chirurgico sulla mandibola L’intervento che richiede il riposizionamento della mandibola (che potrà essere arretrata o avanzata a seconda dei casi) si effettua in anestesia generale, tramite incisioni endorali

che permettono di evidenziare la mandibola, che potrà quindi essere sezionata (osteotomia) e riposizionata fino ad ottenere la corretta occlusione, che verra’ poi mantenuta stabilmente avvalendosi di mezzi di osteosintesi (placche e viti). Fig.3: osteotomia sagittale bilaterale di mandibola A questo intervento a volte e’ necessario associare un riposizionamento del mento (mentoplastica). Anche in questo caso la via di accesso è endorale, si effettua la osteotomia a livello del mento, che viene riposizionato (avanzato, arretrato o modificato nella sua dimensione verticale ) e fissato con placche e viti. (Fig.5) Quando si richiede un riposizionamento del

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mascellare superiore si effettua la osteotomia e il riposizionamento in avanti e/o verso l’alto, seguito ancora una volta dalla fissazione con placche e viti. (Fig.6) A carico del mascellare superiore può, in alcuni casi, essere necessaria una espansione (un aumento cioè del diametro trasversale del mascellare superiore). Si parla in questo caso di espansione del palato chirurgicamente assistita. Questo intervento precede spesso l’intervento definitivo correttivo della malocclusione. Con il termine ”intervento combinato” si intende un intervento che prevede la mobilizzazione di

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Fig.5 A sinistra retrusione de l mascellare superiore. A destra avanzamento del mascellare

entrambi i mascellari (mascellare superiore e mandibola). Gli interventi chirurgici descritti vengono eseguti in regime di ricovero (generalmente 2 notti di degenza), in anestesia generale, in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Nel post-operatorio il Paziente dovrà seguire una dieta liquida che consentira’, nonostante la presenza di elastici intermascellari, un apporto calorico

sufficiente e una dieta equilibrata e completa. Il paziente dovrà eseguire una corretta ed accurata igiene orale per permettere una migliore e più rapida guarigione delle ferite chirurgiche. Sarà necessario eseguire controlli ambulatoriali sia con il chirurgo che con l’ortodontista fino alla completa stabilizzazione del risultato ottenuto con l’intervento.

La chirurgia ortopedica dei mascellari permette il recupero della funzione, con miglioramento della masticazione, dello stato nutrizionale, della fonazione e della respirazione, unitamente al miglioramento morfologico. Per ottenere il migliore risultato morfologcoestetico, la moderna chirurgia ortopedica dei mascellari si avvale di una serie di procedure ancillari che seguono l’intervento


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primario: chirurgia del naso, mentoplastica, lipofilling nelle regioni zigomatiche e/o labiali etc. Caso clinico Nel seguente caso clinico si presenta una giovane paziente con dismorfia dentoscheletrica di III classe (protrusione mandibolare associata a retrusione del mascellare superiore) con laterodeviazione mandibolare e atrofia dei tessuti molli

dell’emivolto sinistro (Foto a sinistra) Sottoposta a trattamento ortodonticoprechirurgico in previsione di intervento di osteotomie combinate dei mascellari , la paziente è stata operata di osteotomia Le Fort I di avanzamento del mascellare superiore e arretramento di mandibola con correzione della laterodeviazione mandibolare (Foto al centro)

In un secondo intervento è stata eseguita una mentoplastica riduttiva e innesti di tessuto adiposo prelevato dall’addome in regione emivolto sinistro. (Foto a destra).

Chirurgia ortognatica Dott.ssa Sarti Elisabetta Dott. Vittorio Dallera Specialisti in Chirurgia Maxillo Facciale Maria Cecilia Hospital Cotignola (Ravenna) dr.elisabettasarti@gmail.com vittorio.dallera@gmail.com


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CURA E TRATTAMENTO DELL’OFTALMOPATIA DI BASEDOW-GRAVES Dott.ssa Elisabetta Sarti, Specialista in Chirurgia Maxillo Facciale

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uesto articolo ha lo scopo di informare i Pazienti su una patologia frequente in Italia, come nel resto del mondo, che può essere trattata sia con terapia medica che con terapia chirurgica. L’Oftalmopatia di Basedow-Graves ( o oftalmopatia endocrina) è una malattia invalidante, sia dal punto di vista funzionale che da quello morfologico, limitando le possibilità lavorative e i rapporti sociali. È una complessa alterazione a carico del contenuto orbitario sostenuta da infiltrazione linfocitaria, edema e

proliferazione dei tessuti connettivi endorbitari. Queste modificazioni portano alla protrusione dei bulbi oculari (esoftalmo). Le alterazioni a carico dell’orbita possono

associarsi al gozzo tireotossico, alla cardiotireotossicosi (cardiopatia,ipertensione arteriosa) e/o alla dermopatia infiltrativa che si manifesta

essenzialmente con edema degli arti inferiori (Malattia di Basedow-Graves), ma possono anche presentarsi isolatamente (oftalmopatia di Basedow-Graves in eutiroidismo). In questo caso quindi sono presenti i disturbi a carico dell’orbita ma non si evidenziano alterazioni legate alla ghiandola tiroide. Alla base di questa patologia c’è un processo autoimmunitario, l’organismo cioè ad un certo punto riconosce come ”diverse” alcune componenti del nostro corpo, innescando contro esse una reazione da parte degli anticorpi, cioè le cellule che vigilano ed


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eliminano tutto ciò che viene riconosciuto come estraneo. L’Oftalmopatia di Basedow-Graves copisce più frequentemente le donne, l’età più colpita e tra i 30 e i 50 anni. Più frequente nei fumatori (probabilmente per depressione del sistema immunitario). Esiste anche una predisposizione genetica a sviluppare la malattia. Approssimativamente circa il 40% dei pazienti con Malattia di Basedow-Graves hanno o svilupperanno una oftalmopatia. La comparsa dell’oftalmopatia è comunque da considerare imprevedibile, essa può precedere o conseguire,anche a molti anni di distanza, la diagnosi di Malattia di Basedow-Graves. L’Oftalmopatia ha generalmente una lenta progressione, con decorso fluttuante, con

periodi di stabilizzazione alternati a periodi di attività. Il periodo attivo può protrarsi per qualche mese fino ad alcuni anni. L’esoftalmo o protrusione oculare è il segno predominante dell’oftalmopatia. E’la conseguenza

UNA COMPLESSA ALTERAZIONE A CARICO DEL CONTENUTO ORBITARIO SOSTENUTA DA INFILTRAZIONE LINFOCITARIA, EDEMA E PROLIFERAZIONE delle alterazioni che avvengono a carico dei tessuti endorbitari: infiammazione del tessuto connettivo che circonda i muscoli extra-oculari, edema dei muscoli stessi, aumento

del grasso orbitario che circonda i muscoli oculari. L’esoftalmo può interessare un solo globo oculare o entrambi. L’aumento dei muscoli oculari in corrispondenza della parte posteriore del globo può determinare la compressione del nervo ottico con riduzione fino a perdita della vista (neuropatia ottica). Sono comunque casi rari. Oltre all’esoftalmo possiamo avere altri segni e sintomi: edema delle palpebre, congiuntivite, chemosi (cioè edema della congiuntiva e della caruncola), lagoftalmo (cioè incompleta chiusura dell’occhio). Il paziente lamenta aumento della lacrimazione, sensazione di corpo estraneo (sabbia negli occhi), fotofobia (disturbo alla esposizione alla luce). L’infiltrazione dei muscoli estrinseci del bulbo provoca oftalmoplegia cioè incoordinazione dei muscoli oculari con conseguente diplopia (visione doppia). La diplopia può essere

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presente in tutte le posizioni oppure solo peralcuni movimenti oculari Un’altra manifestazione caratteristica dell’ Fig.1 Aspetto tipico dei Pazienti affetti da oftalmopatia endocrina. oftalmopatia è la retrazione delle palpebre, funzionalità dei muscoli Tale fase può essere con conseguente oculari. L’esecuzione ottenuta tramite terapia allargamento della rima di una ecografia di tipo farmacologico, palpebrale e mancata endorbitaria fornirà radioterapico o chirurgico coordinazione dei ulteriori informazioni (tiroidectomia). movimenti della palpebra sullo stato del nervo Il trattamento superiore con quelli del ottico e dei muscoli dell’oftalmopatia prevede globo oculare (occhio oculari, consentendo invece una fase iniziale, sbarrato). La eccessiva inoltre di eseguire con utilizzo di cortisone, esposizione dell’occhio diagnosi differenziale che tende a stabilizzare conseguenza di esoftalmo con altre patologie i valori di esoftalmo o in e retrazione palpebrale occupanti lo spazio alcuni casi, a diminuire può determinare cheratiti, orbitario. L’Oftalmologo l’esoftalmo stesso. ulcerazioni corneali, fornirà inoltre i valori di La radioterapia sull’orbita, degenerazioni della esoftalmo e di pressione molto utilizzata in cornea. oculare. passato, viene oggi La diagnosi della patologia Una volta stabilito che eseguita solo in casi necessita di un team di il Paziente è affetto da particolari . specialisti. oftalmopatia endocrina Il Chirurgo Maxillo Facciale Se il Paziente, il Neuroradiologo interviene quando all’insorgenza di una effettuerà gli esami che l’esoftalmo è stabile sintomatologia tipica permetteranno uno studio o quando subentrino dell’oftalmopatia di approfondito dell’orbita complicazioni quali Basedow-Graves, e del suo contenuto : diminuzione improvvisa non ha mai sofferto TC e RNM per orbite. dell’acuità visiva o di problemi tiroidei, In proiezione assiale, insorgenza di ulcerazioni dovrà essere indirizzato coronale e sagittale. o degenerazioni corneali. dall’Endocrinologo per Il trattamento Il Chirurgo Maxillo valutare la funzionalità dell’oftalmopatia Facciale si occupa di tiroidea e intraprendere il endocrina è orientato ridurre la protrusione trattamento indicato. prima di tutto verso il oculare mediante L’Oftalmologo valuterà ripristino di una normale decompressione orbitaria. la funzionalità visiva e la funzionalità tiroidea. La chirurgia di


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decompressione orbitaria prevede numerose tecniche. Attualmente le più utilizzate sono: 1) Tecnica di decompressione ossea mediante aumento delle dimensioni dell’orbita ossea ottenuta mediante allargamento delle pareti orbitarie inferiore,laterale e mediale 2) Tecnica di decompressione grassosa mediante lipectomia con diminuzione del contenuto orbitario mediante asportazione di parte del tessuto grassoso in essa contenuto

possono essere associati interventi correttivi a carico delle palpebre superiori ed inferiori che permettono una ulteriore minore esposizione del globo oculare. Questi interventi vengono eseguiti in anestesia generale. La diplopia potrebbe non essere completamente corretta con l’intervento, quindi, trascorso un periodo di alcuni mesi, in cui le strutture orbitarie si adattano alla nuova posizione, si prenderà in considerazione l’utilizzo di lenti particolari o la chirurgia dei muscoli oculari (che verrà eseguita dall’Oftalmologo). I pazienti colpiti da Oftalmopatia Endocrina sono pazienti che soffrono per il loro aspetto e per le difficoltà che incontrano nella vita quotidiana, nonostante cio’devono essere consapevoli che si tratta di una malattia cronica, che tutti i trattamenti eseguiti avranno lo scopo di migliorare la qualità della vita del Paziente senza però ottenere in

MODERNE TECNICHE D’INTERVENTO VENGONO IMPEGNATE PER RISOLVERE LA SITUAZIONE 3) Nei casi più gravi le due tecniche vengono associate per permettere una maggiore riduzione della protrusione oculare. All’intervento che permette la riduzione della protrusione oculare

tutti i casi una guarigione definitiva. È stato scritto che ”il Basedow non è poi tanto crudele come può sembrare”…..”perché in alcuni casi regredisce e, se questo sfortunatamente non avviene… moderne tecniche d’intervento vengono impegnate per risolvere la situazione. È indispensabile quindi che si venga a creare un rapporto di fiducia tra il Paziente e il Chirurgo. Il piano di trattamento verrà stabilito insieme e sarà compito del chirurgo informare chiaramente il Paziente su quali saranno i probabili risultati, le possibili complicanze e se saranno necessari ulteriori trattamenti sia farmacologici che chirurgici. Cura e trattamento dell’Oftalmopatia di Basedow-Graves. Dott.ssa Elisabetta Sarti Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Maxillo Facciale Maria Cecilia Hospital Cotignola (Ravenna) Mail dr.elisabettasarti@ gmail.com

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L’IMPORTANZA DELLA

SEGRETARIA Giorgia Alessandrini - Ufficio Amministrativo

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egli ultimi anni, il rapporto tra paziente e medico odontoiatra non è più così saldo e fedele, i pazienti infatti sono diventati ”clienti osservatori”, perchè si informano molto di più e prima di scegliere un professionista ed iniziare le cure chiedono informazioni, leggono le recensioni sullo studio, sui medici e le persone che lavorano al suo interno. A seconda della sensazione che avranno, decideranno se iniziare un percorso di terapia presso lo studio o andare altrove ed è per questo che la figura della segretaria è fondamentale, poiché è la prima persona con cui il paziente si relaziona.

I pazienti sono sempre più esigenti e desiderosi di attenzioni per cui occorrerà seguirli in tutto il loro piano cure, sviluppare e curare una vera relazione, la segretaria sarà la persona di riferimento dello studio con cui il paziente si interfaccerà. Dovrà intuirne i bisogni e i timori rassicurandoli con le conoscenze e competenze professionali che le competono. Spesso si pensa che il suo lavoro si limita solamente alla gestione degli appuntamenti in agenda e alla riscossione del pagamento delle prestazioni eseguite e che il suo compito non è così complicato, ma vi posso assicurare che non è assolutamente vero. L’ufficio amministrativo infatti, è un solido punto

di riferimento nella gestione organizzativa è al centro della vita dello studio odontoiatrico, deve far da filtro tra titolari, colleghi, fornitori, pazienti, cercando di soddisfare le richieste di tutti. La segretaria si deve creare un ruolo in ogni situazione che si presenta, è un mestiere che richiede doti di adattabilità, pazienza, organizzazione, resistenza allo stress, autonomia decisionale, buone doti comunicative verbali e scritte, un unico lavoro che racchiude varie discipline come: - manager perché deve pianificare le varie attività dello studio, gestire gli appuntamenti in agenda, convocare i pazienti per i controlli periodici e ricordare gli


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appuntamenti fissati, curare la corrispondenza interagendo e talvolta gestendo le richieste e le offerte dei fornitori o degli istituti bancari. - ragioniera, perché deve registrare i pagamenti in entrata, verificare e inoltrare i vari pagamenti a fornitori e collaboratori, gestire le varie convenzioni con le assicurazione ed enti privati; stilare preventivi con proposte di pagamento che accontentino al meglio i pazienti. - amica, perché deve accogliere i pazienti al loro arrivo nello studio, sempre sorridendo, chiedendo sempre ”Come sta?” e aspettando la risposta, ricordandosi qualche piccolo aneddoto famigliare per far sentire il paziente in famiglia, chiamando ed accompagnando il paziente in sala. - psicologa, poiché le tipologie di pazienti che si possono incontrare in una sala d’attesa sono

varie. Nel corso degli anni ho incontrato tantissime persone con esigenze diverse: - l’ odontofobico, con i disturbi d’ansia, che ha paura di qualsiasi

GLI APPROCCI DELLA SEGRETARIA VERSO I PAZIENTI SONO MOLTEPLICI E CON MILLE SFACCETTATURE. DEVE SEMPRE AFFRONTARLI CON LA MASSIMA GENTILEZZA, DISCREZIONE E AFFABILITÀ trattamento a cui verrà sottoposto dall’igiene ad interventi chirurgici più complicati e che deve sempre essere tranquillizzato, - il tuttologo, che ha già visto tutto su internet e

consiglia lui il dottore sul piano di trattamento da eseguire, - l’imprenditore, che ha sempre fretta e si fida ciecamente senza neanche voler sapere il dettaglio delle prestazioni, -il pensionato, che ha sempre molto tempo e ha voglia di chiacchierare, - il ritardatario, che ti scombina tutti gli appuntamenti della giornata, il paziente migratore che gira per tutti gli studi odontoiatrici per fare preventivi e non si ferma da nessuno. È per questo che come è facile intuire gli approcci della segretaria verso i pazienti sono molteplici e con mille sfaccettature. Deve sempre affrontarli con la massima gentilezza, discrezione e affabilità. Certamente, essere il biglietto da visita dello studio, la prima e l’ultima persona che i pazienti salutano è motivo di orgoglio, ma porta con sé responsabilità importanti.


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OMEOPATIA

IN AMBITO PEDIATRICO Dott.ssa Federica Carnaroli, Farmacista

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’ Omeopatia ha un approccio alla persona nel suo insieme e non solo al sintomo che manifesta. Questo metodo terapeutico è molto interessante in ambito pediatrico per due ragioni in particolare : 1. Innanzitutto utilizza rimedi curativi del tutto sicuri per i bambini, ossia non ha effetti collaterali (se il bambino decide di “farsi fuori” un intero tubetto di granuli può accusare eventualmente un pò di mal di pancia con tanto di dissenteria, ma nulla di irrecuperabile!)

2. Inoltre, i piccoli pazienti pediatrici, non ancora inquinati da farmaci chimici, risponderanno meglio e più velocemente degli adulti alle terapie proposte. Interessante è l’intervento della medicina omeopatica in una fase importante della vita di ciascun bambino: quella delle eruzioni dentarie. La nascita del primo dente, difficilmente avviene in maniera asintomatica; il più delle volte è caratterizzata da una fase piena di sintomi caratteristici, quali la salivazione ( la prima

fase che dura settimane ), sensazione di fastidio con gengive gonfie e arrossate ed, infine, crisi dolorose accompagnate da febbre, diarrea in prossimità della eruzione vera e propria. È utile analizzare il bambino dal punto di vista ”costituzionale” per mettere in evidenza alcune differenze sostanziali in questa precisa fase della vita: - la COSTITUZIONE CARBONICA che prevede un soggetto grassottello, pigro, linfatico, avrà un’eruzione dentaria


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ritardata ( 9-12 mesi ) e sempre problematica ! La nascita del dente sarà quindi preceduta da una fase in cui il bambino emette tanta saliva, è irrequieto, ha coliche addominali con feci lente e qualche linea di febbre. Il bambino di notte è agitato e di giorno si porta tutto alla bocca per massaggiarsi le gengive in modo da trovare un po’ di sollievo. I denti saranno di forma quadrata ;

- la COSTITUZIONE SULFURICA ha un’eruzione dentaria regolare ( 6-7 mesi ) con pochi sintomi. Gengive molto arrossate e anche in questo caso c’è molta irrequitezza, collera e pianti immotivati. I denti saranno di forma rettangolare; - la COSTITUZIONE FOSFORICA, con soggetto magro a crescita rapida, avrà un’eruzione dentaria precoce ma irregolare nel tempo e può essere asintomatica. I denti sono ovali, piccoli, con sfumature opache; -la COSTITUZIONE FLUORICA, infine, ha un’eruzione del tutto disordinata, o precoce

o tardiva, spesso con un cattivo impianto e molta salivazione. I denti saranno dismorfici. Inoltre nel Fluorico possono verificarsi patologie dentarie importanti come l’agenesia, l’ectopia, anomalie varie, carie precoci. Quindi, dal punto di vista omeopatico, possiamo dire che la dentizione più fastidiosa sarà quella del bambino Calcarea Carbonica; i disturbi non dipendono direttamente dalla dentizione, ma dal fatto che in questa fase le difese naturali del bambino si abbassano e il piccolo diventa molto più vulnerabile agli attacchi di germi o di virus. A volte, l’eruzione dentaria può provocare gengiviti, gengivostomatiti, oppure questi problemi possono essere indipendenti dalla dentizione ma favoriti

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dalla disbiosi intestinale e dall’affaticamento del fegato. Per risolvere le problematiche sopra indicate vi sono alcuni interessanti farmaci omeopatici: Dolore + irrequitezza -> CHAMOMILLA è il rimedio principe, adatto ad ogni costituzione; utile per le eruzioni dentarie dolorose, con gengive gonfie ed infiammate, diarrea verdastra, otalgia e qualche linea di febbre. Il bambino è nervoso, irrequieto, insonne; piange per il dolore e si calma solo se cullato o preso in braccio (o se cullato in auto!).La sintomatologia peggiora nelle prime ore della notte.

Diarrea + forte agitazione -> RHEUM OFFICINALE rimedio epatico ed intestinale che accompagna bene Chamomilla nei disturbi della dentizione! Il bambino è irrequieto, con forti dolori addominali e feci abbondanti e scure. Odore acre della pelle e alla testa. Rimedio per le gengive -> APIS si usa se le gengive appaiono molto gonfie ed edematose, ma pallide; il dolore locale, in questo caso, è acuto e puntorio e migliora con applicazioni fredde (ghiaccio) o con l’assunzione di bevande e cibi freddi (come il gelato). E ancora, AETHUSA CYNAPIUM -> è il rimedio omeopatico

ideale per bambini intolleranti al latte vaccino, che tra l’altro, provoca diarrea verdastra durante la prima dentizione. BORAX -> si usa quando la salivazione intensa e i dolori della dentizione sono dovuti anche alla presenza di afte. KREOSOTUM -> si usa per placare le gengive dolenti e sanguinanti, soprattutto nei bambini in cui la dentizione si manifesta anche con alito pesante, saliva abbondante ed acida e diarrea (è un rimedio ottimo anche contro la gengivo-stomatite). BELLADONNA -> se il neonato ha gengive tumefatte ed arrossate, dolore bruciante e febbre elevata, con intensa sudorazione. PODOPHYLLUM -> se la dentizione provova diarrea abbondante e dolore addominale; si assumeranno ⅗ granuli di tal rimedio ad ogni scarica.


MERURIUS SOLUBILIS -> la dentizione che richiede questo rimedio è aggravata tanto dal caldo quanto dal freddo; ci possono essere piccole ulcere sanguinanti sulle gengive e linfonodi satelliti gonfi e dolenti. Per quanto riguarda il trattamento del RITARDO DELLA DENTIZIONE, si useranno i relativi RIMEDI COSTITUZIONALI specifici : • CARBONIC : Calcarea Carbonica • SULFURIC : Sulphur • FOSFORICO: Calcarea Fosforica • FLUORICO: Calcarea Fluorica, Luesinum Bambino Calcarea Carbonica : bimbo tranquillo, riservato, timido, pauroso; pochi interessi, il suo mondo è tutto quello che abbraccia il suo campo visivo; buon rendimento scolastico poichè è molto preciso nello svolgere i compiti che gli vengono assegnati; con gli altri bambini diventa prepotente e permaloso, ha poca fantasia, piange con facilità; porta tutto alla bocca: succhia il

dito, il ciuccio, mangia le ughie, ama i dolci e il pane; da adolescente tende all’obesità, alla quale resta piuttosto indifferente poichè non ha mai dato importanza a una sana alimentazione e forma fisica. Bambino Sulphur : bambino caloroso, attivo, concreto, sano, reattivo; soffre il caldo del letto, dorme scoperto, non ama lavarsi e presenta sudori acri; carattere autonomo, coraggioso, accentratore;

OMEOPATIA: RIMEDI CURATIVI SICURI E PRIVI DI EFFETTI COLLATERALI è il soggetto allergico. Bambino Calcarea Phosphorica: bambino magro, delicato, sensibile, attento; coltiva sogni e realtà fantastiche; non è forte fisicamente, sempre stanco soprattutto al mattino, e presenta i soliti problemi

di alimentazione, poichè scarica tutto sullo stomaco ( gastrite ) e sull’intestino ( coliche addominali ); vive pienamente tutti i traumi tipici dell’infanzia, ossia l’arrivo di fratelli, il conflitto con la figura paterna, … Bambino Luesinum : bimbo che già alla nascita rivela la sua fragilità; nasce dismaturo, o prematuro, presentando patologie anche gravi con deficit, e crescendo si ammala facilmente (catarri cronici, verdastri, escorianti); sono bambini che hanno grossi problemi di alimentazione, di comportamento…..e la famiglia, vista la natura delle problematiche, finirà per ”viziarlo”, senza mai adottare un metodo educativo efficace; crescendo si accentueranno i problemi relativi al carattere con piccole violenze, fughe, insofferenza; a scuola, sarà l’alunno in ritardo, pigro, distratto, che deve ripetere l’anno; sarà l’adolescente che stenta ad integrarsi.


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LE PIANTE

ADATTOGENE Dott.ssa Giorgia Montemaggiori, Farmacista

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on il termine di adattogene si intende un gruppo di piante i cui principi attivi sono capaci di aumentare, in maniera aspecifica, la resistenza fisica contro gli stress ambientali e l’efficienza generale in situazioni di carico, in maniera tale da ”adattare” l’organismo a sollecitazioni straordinarie e prevenire l’insorgenza di malattie . Caratteristiche di un adattogeno: - un adattogeno è innocuo per la fisiologia

del paziente; - un adattogeno produce una risposta aspecifica con un aumento della resistenza contro i fattori di stress multipli, compresi gli agenti fisici,

chimici o biologici; - un adattogeno ha un’influenza normalizzante sulla fisiologia, indipendentemente dalla direzione del cambiamento causato

dallo stressor. Selye fù il primo a studiare gli effetti e le conseguenze dei fattori di stress e formulò la teoria della Sindrome Generale di Adattamento, che consiste in una risposta aspecifica dell’organismo, a decorso sempre uguale, a diversi fattori di stress. Gli stressor turbano l’equilibrio dell’organismo, inducendolo a reagire per contrastare la minaccia. Lo stress si può suddividere in 3 parti: Stato normale • Fase di allarme: l’organismo si attiva rispondendo ai fattori di stress;


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Ginseng

• Fase di resistenza: detta anche fase di adattamento, perché l’organismo attiva dei meccanismi che gli consentono di adattarsi e resistere allo stress; • Fase di esaurimento: se i fattori di stress continuano ad agire, l’organismo esaurisce le sue riserve, rendendolo più vulnerabile allo sviluppo

di malattie. L’azione adattogena si traduce in un rafforzamento o

prolungamento dell’adattamento fisiologico allo stress, riducendo la fase di stress oppure

prolungando la fase di resistenza, evitando così la fase di esaurimento. Gli adattogeni sono diversi dagli stimolanti: gli stimolanti producono un temporaneo aumento nella capacità lavorativa; tuttavia, dopo l’iniziale incremento, segue un periodo di marcata riduzione dell’attività. Al contrario,

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gli adattogeni mostrano un tipo completamente diverso di azione: il livello della prestazione dopo aver raggiunto il suo massimo non è seguito da un corrispondente minimo della capacità lavorativa,

aspecifica. Ginseng (Panax ginseng) Di origine asiatica, la droga è costituita dalle radici. È ricco di aminoacidi, vitamine e sostanze minerali. È un tonico generale, fisico

Eleuterococco ma rimane costante. Le piante adattogene hanno proprietà antiossidanti, tanto da essersi dimostrate utili nel contrastare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento. Inoltre, hanno dimostrato di essere in grado di aumentare l’immunità

e psichico e si usa per tonificare l’organismo delle persone affaticate o asteniche, per ristabilire la concentrazione e per recuperare le forze durante la convalescenza. Adattogeno, è un ottimo rimedio contro lo stress. Migliora le funzioni

cognitive e ha dimostrato di avere un’azione neuroprotettiva, quindi trova impiego anche in geriatria. Migliora il tono dell’umore, ha una azione antidepressiva e può essere quindi utile anche in menopausa. Immunomodulatore. Eleuterococco (Ginseng siberiano) La parte utilizzata è la radice e trova impiego come adattogeno e antifatica. Si usa in caso di astenia, durante le convalescenze come ricostituente, per contrastare l’ipotensione e lo stress. Ottimo tonico per aumentare la capacità di lavoro e di concentrazione. Ottimo da usare durante l’attività sportiva per migliorare le prestazioni atletiche e per la sua azione anabolizzante. Stimola il sistema immunitario aspecifico e ha dimostrato di avere proprietà antivirali. Rhodiola rosea Cresce ad altitudini elevate; si usano le radici


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e i rizomi. Rafforza il sistema immunitario (ottima anche come immunostimolante) e combatte lo stress; inoltre presenta proprietà antidepressive, neuroprotettive, antifatica, ansiolitiche, stimolanti il Sistema Nervoso Centrale. Migliora le funzionalità cognitive in caso di stress e affaticamento, riduce la fatica mentale, migliora la memoria a breve termine e la capacità di concentrazione. Migliora il tono dell’umore, anche in menopausa. Indicata nella fibromialgia e nella sindrome da fatica cronica. Negli sportivi facilita il recupero e aumenta la produzione di energia muscolare, pur non essendo Rhodiola Rosea

Astragalo doping (viene usata anche dagli olimpionici per aumentare le prestazioni). Durante le diete è utile per controllare la fame nervosa e per la sua attività dimagrante in quanto stimola la lipasi (fondamentale è associare, però, esercizio fisico). Può essere utile in caso di emicrania, acufeni e nella sindrome premestruale. Migliora la percezione visiva. Utile per chi vuole smettere di fumare. Astragalo La droga è costituita dalle radici. È un tonico adattogeno, ottimo stimolante delle difese immunitarie e ricostituente, specie dopo malattie virali.

Withania (Withania somnifera) Si usa la radice, ed è diffusa anche nel Mediterraneo. Viene chiamata anche ginseng indiano. Adattogena, supporta la funzione cognitiva e quindi risulta utile per il tono dell’umore; inoltre ha proprietà ansiolitiche e antidepressive. Ha anche azione antinfiammatoria a livello articolare e un’ottima azione antimicrobica. Whitania Somnifera

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HATHA YOGA METODO SATYANANDA Elisa Giovannini - Insegnante di Yoga

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a crescente esigenza di una condizione psicofisica ottimale, le problematiche relative allo stress, al bisogno di rilassamento e alla ricerca di una nuova dimensione interiore, hanno creato le premesse ideali per la scoperta e la pratica di un metodo a carattere psicosomatico come lo Yoga. Lo scopo dell’Hatha Yoga è quello di far sperimentare una nuova dimensione fisica e mentale, con semplici pratiche alla portata di tutti.

L’esperienza dello Yoga fa riscoprire all’individuo, troppo spesso distratto da ritmi di vita che non

sono in armonia con le esigenze reali, la sua vera dimensione ”umana e naturale” e lo aiuta a gestire lo stress che inevitabilmente subisce. Il benessere che si ottiene con la pratica è dato prin-

cipalmente dall’equilibrio degli stimoli fisici con quelli mentali e lo Yoga, ci guida verso la realizzazione e il mantenimento di questa condizione. Il Metodo Satyananda sviluppa la pratica dell’Hatha Yoga in: Asana (movimenti dinamici e posizioni statiche) per eliminare la rigidità del corpo e permettere di riappropriarsi delle reali capacità fisiche; Pranayma (esercizi di respirazione) per scoprire la corretta respirazione ed armonizzare l’energia attraverso l’utilizzo del respiro; Yoga Nidra (rilassamento


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profondo) per allentare le tensioni mentali ed emozionali, sviluppare la concentrazione Elisa Giovannini Laureata in economia ed attualmente iscritta alla Scuola Italiana di Medicina Olistica di Milano, diventa insegnante di Yoga per passione dopo 5 anni di pratica personale ed un percorso di formazione biennale prima al ”Triyoga” di Londra, poi presso il ”KPJ Astanga Yoga Institute”, in India.

Le lezioni si svolgeranno ogni Mercoledì dalle 19,30 alle 21,00


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Dalla traDizione teDesca Un farmaco Di oriGinale veGetale traDizionale per le malattie Da raffreDDamento. Kaloba® è un farmaco di origine vegetale tradizionale, estratto dalle radici di Pelargonium sidoides, una varietà medicinale di geranio, che cura quello che c’è sotto ai primi sintomi di raffreddore, tosse e mal di gola.

Disponibile in compresse, gocce oppure sciroppo

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Dai laboratori del Gruppo Schwabe Pharmaceuticals Medicinale di origine vegetale tradizionale da utilizzare per indicazioni specifiche basate esclusivamente sull’impiego di lunga data. Kaloba® è un medicinale di automedicazione. Leggere attentamente il foglio illustrativo prima dell’uso. Autorizzazione Min. Sal. del 04/10/2017.


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MIND FUL NESS I

Dott.ssa Federica Roccetti, Psicologa Psicoterapeuta

l Mindfulness insegna un modo profondamente diverso di porsi in relazione con se stessi e con la propria esperienza, è una capacità intrinseca a noi esseri umani da sempre, che va riscoperta. Questa tecnica viene applicata in varie problematiche psicologiche come ansia, depressione e attacchi di panico, o eventi di vita emotivamente complessi come lutti, separazioni, difficoltà di coppia. Viene altresì utilizzata per diverse patologie e come coadiuvante

delle terapie mediche, poiché è dimostrato che diminuisce la percezione del dolore, serve a contenere gli stati di ansia fino a diminuirne l’intensità e a disattivare intenzionalmente gli automatismi dei pensieri condizionanti. La pratica insegna alle persone a prendersi cura di sé per vivere in modo più sano, adattandosi con maggiore flessibilità alle circostanze della vita e alleviando la sofferenza fisica e psichica. Il corso è a cura della Dott.ssa Federica Roccetti, Psicologa Psicoterapeuta, si è

formata a Urbino, Padova e Roma, frequentando dopo la laurea, la Specializzazione quinquennale in Psicoterapia SistemicoRelazionale e diversi altri Master di II° livello, tra i quali in Psiconcologia (presso La Seconda Facoltà di Medicina e Chirurgia de ”La Sapienza”) conseguendo l’abilitazione al sostegno del malato oncologico ed alla famiglia; ed in Psicologia Giuridica (presso l’Università degli Studi di Urbino) che l’ha portata prima ad essere Consulente del Tribunale di Ancona e poi Giudice Onorario della Corte D’Appello delle Marche. Durante la formazione in Psiconcologia, conosce il Professor Pietro Spagnulo, promotore della tecnica in Italia e allievo diretto di Jon Kabat-Zinn negli Stati Uniti, dal quale apprende la tecnica della Mindfulness. Inizia così dal 2009 una serie di esperienze di conduzione di gruppi tra istituzioni pubbliche e private.


Il corso è costituito da lezioni della durata di 1h e 30 min. Giovedi: 16.30 / 18.00 18.15 / 19.45 Venerdi: 18.15 / 19.45


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FOOD IN SALUTE Dott.ssa Elisa Zaffini, specialiasta in Nutrizione - Elisa Prioli, foodblogger

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l 26 settembre, presso la nostra struttura, si è svolto il sesto appuntamento con Food in Salute: la rubrica dedicata alla corretta alimentazione frutto della collaborazione tra Foodimmersions. com e SPAZIO SALUTE SAN DECENZIO, per condividere con tutti voi l’importanza che ha il cibo in rapporto alla nostra salute. Sapete che ogni ingrediente ha delle proprietà che incidono sul nostro organismo nel bene o nel male? Ecco, noi cerchiamo di creare ricette che fanno bene, al corpo e all’anima

e che ci aiutano a prevenire dai malanni, più o meno gravi. Vogliamo farvi capire che se si mangiano gli ingredienti giusti si può vivere più a lungo e in buona salute. Con l’aiuto delle Dott.sse Elisa Zaffini e Enrica Zaffini (Nutrizioniste del Centro Medico San Decenzio), e della Psicologa Laura Brutti, vi abbiamo mostrato le proprietà di alcuni ingredienti stagionali e gli effetti che hanno sul nostro organismo, mentre con Elisa Prioli, cuore e mente di Food Immersions, abbiamo assistito ad una rapida dimostrazione

pratica di alcune ricette per darvi un’idea su come utilizzare quegli ingredienti in cucina. Ecco gli ingredienti presenti nel 6° appuntamento: - GOMASIO: Farro dell’orto al gomasio - CURCUMA: Focaccia alla curcuma - BARBABIETOLA ROSSA: Praline di barbabietola - ZUCCA: Zucca alla paprika e primosale - CAFFE’: Mousse al caffè con uvetta e avena Una serata frizzante, grazie alla degustazione dei vini dell’azienda agricola Cignano Winery e delle bollicine della Birra Venere


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Spazio Salute San Decenzio Contatti: Spazio Salute San Decenzio Via San Decenzio 6/16/20 - 61121 Pesaro Parcheggio privato sempre disponibile

www.spaziosalutesandecenzio.it centromedico@sssd.it Spazio Salute San Decenzio Spazio Salute San Decenzio Tel. Centro Medico +39 0721 65905 Tel. Studio Odontoiatrico +39 0721 410010 Tel. Parafarmacia e Sala Corsi +39 0721 34233


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