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Immagini di Fabio Favaretto Testo di Enrico Lucchese

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Copyright © 2006 Fabio Favaretto (immagini) / Enrico Lucchese (testo) Copyright © 2006 MiMiSol / AUTEDITORI – Quarto d’Altino (VE) www.auteditori.it – redazione@auteditori.it Finito di stampare nel febbraio 2006 presso Litostampa Veneta S.r.l. – Mestre/Venezia PRINTED IN ITALY – Stampato in Italia ISBN-10: 88-89981-01-6 ISBN-13: 978-88-89981-01-6


Prefazione

L’idea di pubblicare la storia biblica di Giona è nata dopo averne vista una rilettura per immagini fatta da Fabio Favaretto secondo una sua originale commistione di tradizioni e culture: quella ebraica per i contenuti e quella del cristianesimo copto-etiope per lo stile grafico e l’uso prevalente dei colori panafricani (rosso, giallo, verde). Nelle intenzioni di Fabio il destinatario ideale di questa serie di otto piccole pezze di cuoio squadrate, dipinte con colori acrilici, doveva essere un pubblico di bambini, al quale raccontare per immagini le vicissitudini fisiche e spirituali che il mercante Giona si trova a vivere in seguito al suo tentativo di sfuggire agli ordini impartiti dal suo Signore. Come normalmente accade, l’entusiasmo ha contagiato anche chi bambino non lo è più da un bel po’, stimolando inoltre Enrico Lucchese a rivisitare in modo personale la storia di Giona con un testo in versi che per ritmo e


linguaggio si avvicina ad una canzone hip-hop, alzando quindi il tiro della comunicazione dal pubblico-bambino al pubblico-giovane. In entrambi i casi, comunque, si tratta di una rilettura che cerca di andare alla radice del messaggio e dei contenuti del racconto, e per la quale è risultata fondamentale la traduzione del testo originale ebraico fatta da Erri De Luca per l’editore Feltrinelli. Concludendo, nel suo complesso questa edizione del libro di Giona vuole essere un invito ad avvicinarsi ai testi che stanno alla base della nostra cultura in modo critico e creativo, a rimetterli in gioco prescindendo da forzature ideologiche o confessionali che si sono accumulate nei secoli. Mirko Visentin NOTA TECNICA: per volontà dell’autore i disegni, originariamente a colori, sono stati elaborati elettronicamente in modo tale da farli assomigliare a delle incisioni. Una riproduzione a colori dell’intera serie – sebbene in miniatura – è stampata in quarta di copertina.

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“Senti per favore alzati e va’ a Ninive! che vedessi come si comportano! Va’ e gridagli qualcosa contro” fa Dio a Giona, figlio di Amittai, e mica con un tono così paterno... gli scaraventa addosso come un tuono. Ma Giona, niente da fare, scappa si tira su e fila via da tutto quel rumore celestiale via dal volto del Signore. Scende a Giaffa, paga il nolo del battello e si imbarca per Tarshish (Spagna).




Così, puoi figurarti, il Capo, il Responsabile dei Cieli e della Terra gli scaglia contro un vento esagerato, roba da sconquassare il mare, che la barca un po’ si allarma... (Roba che poi è solo l’impeto normale, che c’è da aspettarselo, l’impeto che fuoriesce da un padre contrariato.) E intanto i marinai sono agitati urlano, fanno tutte le loro preghiere personali, buttano le cose in mare. Tolgono peso. Mentre Giona, sceso sul fondo, dorme proprio. Finché gli si avvicina il comandante della nave che lo esorta ad alzarsi, a invocare il suo dio,

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fare, per carità, anche lui le sue preghiere, per placare la bufera, lisciare il mare. Poi “Venite tiriamo a sorte per scoprire chi è la causa del disastro!” si dicono i compagni l’un l’altro. E la sorte cade giustappunto su di Giona. E questi allora esigono per forza di capire, vogliono il perché della sciagura. E la sua identità. Il suo lavoro e la sua gente specificati, la sua direzione attuale. Lui risponde “Sono Ebreo e temo Iddio creatore dell’asciutto la terra, e del resto gli abissi.” Poi racconta loro della fuga che era in atto, la sua fuga via dal Viso Universale.

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E qui il timore si fa grande tra l’equipaggio. La questione è “Perché l’hai fatto?” e “Che fare di te per calmare questo mare brontolone che continua a tempestare?” “Prendetemi e lanciatemici dentro che sono il motivo di tutto il malanno” risponde. Ma loro, prima, preferiscono provare la via del ritorno: prendono l’acqua a badilate, ci infilano remate forzutissime ma invano. Quindi, non volendo perire per colpa di quello lo sollevano e lo gettano fuori del battello. E fuori del battello si quieta tutto, compreso il battello. Dentro cui non c’è più quello. La cosa li spaventa: faranno un sacrificio a testa e un voto. 13


2.

Così l’Altissimo fa in modo che una specie di balena inghiotta Giona. Gli trova questo albergo viscerale (crociera senza comfort ma in offerta). Gli fornisce questo stomaco di pesce per tre giorni e tre notti di pernottamento. E Giona in questo schifo implora il Signore suo Elohìm, perché non lo abbandoni; esprime il suo disagio per l’acqua che lo soffoca, le alghe sulla testa e gli promette fede. Gli dice una serie di cose come: ho gridato il mio dolore e mi hai risposto




ti ho strillato giù dai buchi più profondi, il regno sottoterra delle anime dei morti e mi hai ascoltato. Mi hai sbattuto dentro i mari dentro gli schiaffoni delle onde sopra i mari, sotto gli sciacquoni universali... E dico sono stato scacciato dai tuoi occhi via lontano, come farò a guardare ancora al tuo palazzo santo, nel contesto le galassie? Mi asfissiavano l’acqua dappertutto, le alghe. Sono stato messo sotto, che toccavo il fondo, sono sceso proprio e mi hai tirato su del tutto. In mezzo a questa sofferenza, qui dabbasso mi sei venuto in mente,

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e la mia preghierina ti è arrivata, è arrivata fino al palazzone tuo celeste. E lo so, quelli che si perdono in cosette in vanità ti lasceranno, smarriti. Io farò dei sacrifici. E dice quasi questo, tutto spiegazzato dentro il ventre, messo male in assoluto. Prega a dirotto fino a farsi vomitare dal pescione sulla riva.

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Quindi nuovamente viene chiesto a Giona di recarsi a Ninive a sistemare un po’ le cose, a portare la parola del Signore. Quello stavolta si alza e ci va. E si trova di fronte una città per dio! immensa, di tre giorni di cammino. E l’esclamazione che gli mette in bocca Dio fin dall’inizio funziona: “Ancora quaranta giorni e Ninive è rivoltata!” La folla si fida, fifona.


E infatti cominciano un po’ tutti a vestirsi con i sacchi, grandi e piccini e le bestie comprese, il re addirittura. E annunciano un lungo digiuno. E Dio si accontenta, Iddio è cosĂŹ. La loro soggezione, cosa vuoi, lo intenerisce e revoca la distruzione.

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A questo punto però Giona si sente tradito e si scalda. Si inventa la scusa che già lo sapeva che andava a finire così, che conosceva la sua puntuale misericordia. E per quello se ne stava quatto quatto andando in Spagna... Poi gli dice “Su, prendimi la vita, toglimi ’sto fiato. È meglio che io muoia!” E l’Altro “Ti pare bene infiammarti così?” Giona esce di città, non risponde, si sposta verso est e impianta una capanna. Si ferma per vedere che sarà di quel postaccio. E Dio gli procura un ricino allora, gli fa spuntare accanto questa pianta


che sia ombra, che sia oggetto di gioia. E infatti lo è. Giona è inondato di gioia. Giona è rapito del tutto dal campioncino di vita che gli spicca vicino. Da quel piccolo esempio di vegetale. Però procura, Iddio, anche l’apposito verme del giorno dopo che gli secca l’arbusto. Che gli toglie il piacere dell’ombra, mentre la testa è picchiata dal sole. Vorrebbe morire. Tra sé e sé vuole morire! “Ti pare bene infiammarti così per quel ricino?” fa Dio. “Mi pare ok, da morire” fa lui. “Ti commuovi per una piantina di cui nemmeno ti sei preso cura che dura un giorno, un giorno è durata! e non dovrei avere pietà di una città così grande e di tutte le sue mandrie, una città di sprovveduti?” 26


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Ringraziamenti


Fabio: ringrazio l’onnipotente, i miei genitori, Sonia, Bro Makka Chang, Sis Barbara, Auteditori, Moa Anbessa Crew, il “Nonno”, Sveta, Erri De Luca, la Famiglia Baker, R. Nesta Marley, Paco “Chef” Ndyae,Venezia e la sua laguna. Enrico: ringrazio Fabio per lo stimolo e l’opportunità, Erri De Luca per la base essenziale, gli Auteditori per l’editing puntiglioso, e la Giorgina. Saluto tutti gli amici, i fratelli e i genitori che ho; Giona, i marinai, la balena, gli abitanti di Ninive e perfino Dio.


Fabio Favaretto (1974) è laureato in storia sul movimento Rastafari. Ha tenuto una mostra personale a Mosca e partecipato a due collettive all’interno dell’Italian Reggae Sunsplash. Attualmente vive e lavora tra Quarto d’Altino e Venezia. È dj selecta dei Lion Roots Sound System. Enrico Lucchese (1981) vive a Quarto d’Altino e lavora a Venezia. Collabora a diversi progetti musicali come cantautore o compositore. Fa parte dell’associazione culturale Diapason&Naima, impegnata nella promozione della musica tra i giovani. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Il guardasala” (Auteditori, 2004). Altri suoi testi sono stati pubblicati nell’antologia “9 poeti esordienti” (edizioniDN, 2003).



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AUT EDIT ORI CosÏ l’Altissimo fa in modo che una specie di balena inghiotta Giona. Gli trova questo albergo viscerale (crociera senza comfort ma in offerta). Gli fornisce questo stomaco di pesce per tre giorni e tre notti di pernottamento.

Una delle piÚ famose storie dell’Antico Testamento rivisitata da Fabio Favaretto (immagini) ed Enrico Lucchese (testo).

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