SPIRITOTRAIL TRAIL RUNNING WEBZINE
personaggi
N° 9 - DICEMBRE 2008
MAURIZIO SCILLA
cronache
TA PICCOLE DOLOMITI CAPE ODISSEY LES TEMPLIERS CORMORULTRA MADONNA DELLA SALUTE MONTE DI PORTOFINO MONTE CASTO
interviste
MATTEO GRASSI & SIMONE BROGIONI
concorso
FOTO DEL MESE
anteprima gare
attualità
DALLA WEBZINE ALLA CARTA materiali
CIRCUITO WINTER TRAIL ECOMEZZA DELLA VAL D’ORCIA TRAIL DELLA MERLA TRAIL BLANC
GARMIN FORERUNNER 405 SCARPE INOV8 le gare da sogno
scritto da voi
MAGICO CANSIGLIO
BOAVISTA, COSTARICA, ROYAL RAID MAURITIUS
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are ieri, eppure è passato un anno da quelle prime e-mail, dai quei brevi messaggi privati in cui iniziavamo a ipotizzare un sito, un forum, un punto di ritrovo per gli appassionati di trail running in Italia, “con tanto di rivista” si diceva “ma in digitale, per cominciare”.
Poi la fatica di mettere assieme i pezzi, di rendere concrete le idee. Tante, ma tante ore dedicate a questo progetto che una volta partito, permettetemi un pizzico di orgoglio, non si è più fermato. Da aprile ad oggi abbiamo confezionato 9 numeri di Webzine, con cronache, anticipazioni, approfondimenti tecnici e test di materiali, ma anche con spazi dedicati alle persone: tanto ai campioni quanto agli atleti amatoriali; e un inserto speciale sull’evento clou stagionale, cioè UTMB e CCC. Nel Forum abbiamo registrato numerosissimi interventi (mentre sto scrivendo vedo che sono già 12.620 i messaggi per 683 argomenti!) e oltre alla segnalazione di gare e ai loro resoconti, sono state affrontate anche questioni importanti come la sicurezza o il rispetto per l’ambiente.
IMMAGINE DI COPERTINA T.A. Col de Moi Foto di Francesco Zanchetta
E proprio da queste discussioni è nata la campagna Io non getto i miei rifiuti che, con tanto di testimonial e diverse adesioni da siti, blog e gare, si sta diffondendo capillarmente sul territorio nazionale. Non dimentichiamoci poi l’altro nostro fiore all’occhiello, cioè i Trail Autogestiti, che
SPIRITO TRAIL N. 9 - DICEMBRE 2008 redazione@spiritotrail.it www.spiritotrail.it DIRETTORE RESPONSABILE Simone Brogioni REDAZIONE Simone Brogioni, Matteo Grassi, Gualtiero Linetti, Stefano Michelet, Cristina Murgia, Maurizio Scilla, Leonardo Soresi, Francesco Zanchetta HANNO COLLABORATO Enrico Pollini, Paolo Bestini, Riccardo Ghislanzoni, Alberto D’Enrico, Jérome Debize, Nicolas Bigard, Daniela Banfi, Marco Vendramel, Marco Flamminii Minuto
si organizzano proprio a partire dal nostro Forum, ma che si stanno affermando nella pratica di altri gruppi sportivi e associazioni. Abbiamo poi ideato la Mappa degli spiriti trail, una sezione in cui si collocano geograficamente alcuni degli utenti iscritti alla community, che si propongono come referenti geografici e accompagnatori per trail estemporanei: quante volte capita infatti di spostarsi per lavoro, aver voglia di correre, ma non sapere dove andare... In questi mesi ci siamo anche fatti promotori di una regolamentazione del Trail e dell’Ultra Trail in Italia, proponendo un incontro tra organizzatori di gare, per discutere di calendario, di etica e di regolamenti. Infine è stata la volta di SPIRITOTRAIL A.s.d. (Associazione sportiva dilettantistica), un’ulteriore forma di aggregazione per chi ha voglia di partecipare a un gruppo sportivo un po’... cosmopolita (o “cosmotrailita” ?) ma, va sottolineato, senza nessuna preclusione nei confronti di chi non vi si iscrive. Spiritotrail rimane e rimarrà sempre il nostro punto di ritrovo, di discussione, dibattito e confronto, di scambio di idee e di esperienze, il nostro stimolo per continuare e per migliorare, il nostro contatto reciproco e, da febbraio, finalmente, anche la nostra rivista su carta, da leggere e sfogliare comodamente a casa, sul divano o, chissà, magari anche nel bosco all’ombra di una quercia... Matteo >emme< Grassi
PROGETTO GRAFICO Stefano Michelet e Cristina Murgia
S P I R I T O T R A I L OFFICINAGRAFICA
[ATTUALITA’...]
DALLA WEBZINE alla RIVISTA su CARTA Testo di Matteo >emme< Grassi
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orreva dicembre 2007 quando iniziarono a circolare, per non dire turbinare, i primi messaggi e-mail. Una vera e propria triangolazione di idee e proposte. Tempo di avviare i progetti, tempo di registrare un nuovo dominio e di dare una forma al sito e al forum, tempo di impostare un po’ di grafica e... Il giorno 7 di aprile uscì il numero 1 della webzine SPIRITOTRAIL, prima rivista digitale in Italia interamente dedicata alla corsa trail, inaugurando al contempo anche sito e forum. Sono poi seguiti altri 8 numeri fino a quello attuale, con un crescendo di temi, cronache, anticipazioni e approfondimenti. Nove mesi in cui però non si è mai abbandonata l’idea, il sogno nel cassetto, di trasformare la webzine in rivista su carta. Settembre 2008. Sì? No? E come? I molti dubbi, le perplessità, i timori sono stati completamente spazzati via dai risultati del sondaggio al quale ben 420 trailer, nostri lettori, hanno partecipato dando un responso assolutamente inequivocabile: questa rivista su carta s’ha da fare! Eccoci allora ad oggi, 7 dicembre 2008, giorno in cui esce il nono ed ultimo numero dell’anno della webzine e in cui si chiude una prima stagione per noi carica di risultati e soddisfazioni. Giorno in cui annunciamo ufficialmente che da FEBBRAIO 2009 la rivista SPIRITOTRAIL verrà stampata e spedita via posta agli abbonati. Grazie allora per i molti suggerimenti e per le critiche, per gli incoraggiamenti e anche per i complimenti con cui in questi mesi ci avete aiutato a crescere e speriamo anche a migliorare. Arrivederci a FEBBRAIO 2009! La Redazione di SPIRITOTRAIL Per informazioni: info@spiritotrail.it Tra pochi giorni sarà possibile abbonarsi online tramite il sito www.spiritotrail.it ▼
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[CRONACHE...]
TRAIL AUTOGESTITO delle PICCOLE DOLOMITI RECOARO TERME, UN TEMPO RINOMATA LOCALITÀ TURISTICA, OGGI UN PO’ DEMODÉ E Testo di Enrico >Pollo< Pollini Foto di Giovanni >gio62< Mastropaolo Leonardo >leocaster< Castegnaro
PROVINCIALE ASSAI, POSTA NELLA CONCA DI SMERALDO, CIRCONDATA DALLE CRODE DELLE PICCOLE DOLOMITI. DOPO VARI POST, ANNUNCI, BARUFFE TOPONOMASTICHE E SMENTITE, SIAMO FINALMENTE IN OTTO, CINQUE VICENTINI E TRE FORESTI, A BERE IL CAFFÈ
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AL BAR CENTRALE, LA CUI LOGGIA RICORDA VAGAMENTE IL PADOVANO PEDROCCHI. DOMENICA NOVE NOVEMBRE, ORE NOVE, RIFUGIO C. BATTISTI, SETTECENTO METRI PIÙ IN ALTO, DOVE LA STRADA ASFALTATA FINISCE, SUL LIMITARE DEI BOSCHI E DEI PASCOLI, AI PIEDI DEI GHIAIONI CHE SCENDONO DALLA LORA, HA INIZIO IL TRACCIATO CHE CI PORTERÀ IN UN COLPO D’ALA A PERCORRERE I LUOGHI PIÙ SIGNIFICATIVI DELLE NOSTRE PICCOLE.
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i inizia per il primo chilometro in falsopiano sulla strada delle Montagnole, con tratti di bosco che si alternano a compluvii pietrosi, le basi del vajo Battisti e del vajo dell’Acqua, fino ad incontrare, in pieno faggeto, il bivio del Ristele, da dove un sentiero di arroccamento della prima guerra mondiale, con tornanti dapprima lunghi e dolci e poi via via sempre più stretti e ripidi, conduce all’omonimo passo. E’ la prima fatica della giornata, la prima rottura del fiato, il primo sudore caldo, quando di buon passo, i primi addirittura corricchiando, risaliamo fuori dal faggeto lo stretto canale roccioso per sbucare sui pascoli sommitali di Malga Frassele. Dalle rocce all’erba, dall’umido agli sprazzi di sole, lo sguardo all’indietro verso la valle dell’Agno e in avanti verso la val d’Illasi, già in odore di Lessinia, una foto di gruppo sul passo e via, per il sentiero ora dolce che a mezza costa e tra i mughi risale verso il passo della Zevola. Nuvole basse si alternano a buchi di azzurro e di luce, le prime chiazze di timida neve autunnale per terra. Scollinato il passo l’ambiente cambia e il paesaggio è bianco di neve, ed è neve fredda e battuta quella che ricopre il sentiero ora in leggera discesa, consentendoci una corsa morbida e a lunghe falcate fino al passo delle Tre Croci o della Lora, ancora un affaccio verso la conca di Recoaro, che compare e scompare tra le nuvole basse, vento e crocevia di sentieri. E si ricomincia a salire tra i mughi della Lora, neve ora bagnata per il sole di passaggio, sono solo duecento metri di dislivello, tratti su roccia, a strapiombo in alcuni punti e poi, scollinati, si scende correndo su mulattiera più larga, girata a nord, di nuovo neve compatta e morbida SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 4
sotto i passi, ci si affaccia sull’innesto dei sentieri del Plische e dell’Omo e la Dona, in ambiente ora veramente dolomitico, e si arriva al rifugio Scalorbi. Nella grande conca del Carega, dai millesettecento in su, è adesso neve che ricopre tutto, nascondendo l’asprezza del paesaggio che qui è da alta quota, bianco abbagliante che si confonde nella nebbia delle nuvole basse accese da un sole che non si vede. Un tiro da cinquecento metri nel vallon della Teleferica, sentiero in costa, qualche tornante ogni tanto, il passo silenzioso e costante sulla neve, a ritmo relativamente tranquillo, il rifugio Fraccaroli che all’improvviso compare, la croce della cima che non riusciamo a vedere. Se fosse sereno, da qui lo sguardo si perderebbe dall’Appennino al lago di Garda, dalle Dolomiti di Brenta alla sud della Marmolada, ed è invece in un’atmosfera quasi surreale che sgranocchiamo qualcosa prima di scendere, e prima che il freddo si faccia sentire siamo di nuovo in movimento. Leggera discesa, ancora nel bianco senza dimensione, giù per la poco ripida mulattiera militare, il passo morbido nella neve, una sernsazione di silenzio ovattato. E finalmente perdendo quota la nebbia si dirada, svelandoci la sommità dei canaloni a nord del Carega, il vajo dei Camosci e il vallon di Pissavacca dietro, rocciosi e con il manto invernale, e in lontananza i boschi e i pascoli della Vallarsa ancora verdi, e più in là ancora il Pasubio con la cima innevata. Qualche foto sull’orrido del vajo dei Colori, con la freccia che indica “sconsigliato in
discesa”, e avanti sul sentiero a risalire leggermente, tagliando la base di cima Mosca, e passando poi sul circo sommitale del boale dei Fondi, che si apre maestoso sotto di noi. E’ sentiero su roccette, in alcuni passaggi anche esposto, il passo è cauto, lo sguardo ora avido di scorci spettacolari e di sole. Arrivati a bocchetta Fondi, foto di rito, un ultimo sguardo verso la luce, prima di girarci e di entrare nel prematuro crepuscolo del canalone verso nord, e giù su sentiero tecnico, nel primo tratto ben innevato, poi più dolce e pulito. Siamo nel boale dei Fondi, luogo di mitiche discese giovanili sul ripido con gli sci, uno sguardo verso il circo sommitale dove siamo passati poco prima, ad una quota adesso irraggiungibile, e poi lo sguardo indugia sulle striscie di ghiaia, non sono certo i ghiaioni dolomitici del Pordoi o delle cime di Fanes, però, magari, si può fare... Il primo esce dal sentiero e prova, seguito da un altro e da un altro ancora, e subito dopo siamo tutti lanciati, con balzi lunghi, aerei e gioiosi, a perdere velocemente quota senza sforzo, giù, giù, giù, fino al limitare dei mughi, fino a dove il sentiero ci passa davanti piegando a mezzacosta verso destra. E’ più caldo ora, la corsa e la quota più bassa si sentono, e tolte le giacche a vento riprendiamo sul sentiero che taglia alla base il Prà degli Angeli (che è un ghiaione e non un prato!) e il Giaron della Scala, portandoci in saliscendi verso il passo delle Buse Scure. L’ambiente è ancora dolomitico, nel versante verso il Trentino, fino ad affacciarsi di nuovo verso la valle dell’Agno prima del passo. Al passo
siamo di nuovo sull’erba e il sentiero che scollina e scende sul versante di casa, cosiddetto “delle Mole” per la presenza di antiche macine, entra quasi subito in un bosco di faggi in ripido versante. Si corre su letto di foglie, giù fino alla strada forestale che porta alla frana del Rotolon. Siamo di nuovo a mille metri, l’ambiente dolomitico l’abbiamo lasciato più in alto, anche se negli scorci aperti del bosco riusciamo a vedere bene le guglie del Fumante sopra di noi e il gruppo delle Tre Croci in lontananza di fronte. Corriamo ora nel tipico ambiente prealpino: boschi di faggi, di pini sui versanti settentrionali, pascoli aperti, qualche ghiaia di torrente che scende dai vaji soprastanti, ora su sentiero stretto ora su carrareccia, in saliscendi, più sali che scendi, il rifugio Battisti, punto di arrivo, finalmente in vista, colorato di rosa sul verde sfondo dei prati. Le nubi si sono aperte, sono gli ultimi colpi d’occhio sulla corona delle nostre Piccole, gli ultimi metri di corsa attraversando il ghiaione del Pelegatta, e scendendo infine tra i mughi le auto, i bagagliai aperti, i compagni arrivati prima con una birra fresca in mano. Un bel percorso, ventidue chilometri e qualcosa, milleottocento metri di dislivello positivo, molti tratti corribili, altri solo camminabili, paesaggio vario e cangiante, se il tempo è buono panorami spettacolari, a ritmo turistico poco meno di sei ore, tirando in cinque ore ci si arriva. Un piacere i compagni di viaggio: Michele, Dinaleone, Leocaster, Raffaella, Robi 54, Gio 62 e Kapobecero. ▼
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[CRONACHE...] Testo di Paolo Bertini Foto di Gary Perkin
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DOPO LA MERAVIGLIOSA ESPERIENZA DELLA MARATHON DES SABLES IN MAROCCO DEL 1999 VOLEVO DI NUOVO CIMENTARMI IN UNA GARA A TAPPE, MA MAI AVREI PENSATO CHE L’OCCASIONE SAREBBE ARRIVATA A DISTANZA DI QUASI DIECI ANNI, SEMPRE IN TERRA D’AFRICA, MA QUESTA VOLTA QUALCHE DECINA DI MIGLIAIA DI CHILOMETRI PIÙ A SUD, DOVE L’OCEANO INDIANO E L’OCEANO PACIFICO SI INCONTRANO IN UNA TERRA RICCA DI RISORSE MA ANCHE DI CONTRASTI, DI COLORI E UNA MISCELA DI TRIBÙ IN CONTINUA LOTTA TRA DI LORO: IL SUDAFRICA.
l tutto era nato quasi per scherzo quando Giovanni Montini, parlando con un operatore di Sky Sport, gli aveva accennato di questa gara, del fatto che era alla sua seconda edizione ma soprattutto che ancora nessun team italiano vi aveva partecipato, quindi potevamo fare leva sull’organizzazione che, con la nostra partecipazione come inviati televisivi, ne avrebbe avuto un ritorno di immagine notevole. Dopo un po’ di perplessità arriva finalmente la risposta: non credevamo alle nostre orecchie, eravamo stati accreditati come team Icarus Sky Sport nella categoria Master della Cape Odyssey! Per uno che solo 40 giorni prima aveva concluso l’Ultra Trail del Monte Bianco, una “passeggiata” di 166 km intorno alla montagna più alta d’Europa con più di 9000 m di dislivello, sicuramente era una sfida notevole. Sentivo ancora nelle gambe tutti quei chilometri fatti tutti d’un fiato in 39 ore di corsa continua, ma mancava ancora qualche settimana ed ero fiducioso nelle capacità “riparatorie” dei miei muscoli. La Cape Odyssey è una corsa a piedi di circa 200 km in cinque tappe, da effettuarsi in squadre composte da due
CAPE ODYSSEY SUDAFRICA [ 204 km in 5 tappe a coppie ]
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persone. Nasce dalla costola della più conosciuta Cape Epic, gara di mountain bike, che oramai alla sesta edizione, attira centinaia di atleti da tutto il mondo. L’organizzazione è davvero eccezionale: tenda con materassino all’interno per ogni atleta, tende mensa, docce, spogliatoi, infermeria, che ogni giorno, dopo la partenza, vengono smontate e spostate all’arrivo della tappa successiva. La partenza della prima tappa è da Hermanus, cittadina sull’Oceano ad un centinaio di chilometri a sudest di Città del Capo. Forse è stata la tappa più emozionante nonostante fosse la più corta; dalla scogliera vicino alla partenza si potevano osservare decine di balene che con i loro piccoli emergevano per respirare mostrando la schiena, mentre sulla spiaggia in alcuni tratti dovevi stare attento a non pestare conchiglie enormi! Correre in uno scenario simile è stato veramente esaltante.
Ancora più esaltante è stato guardare la classifica all’arrivo, decimi assoluti e primi della categoria Master con i secondi a dieci minuti! Eravamo andati veramente forte anche se gli ultimi undici chilometri corsi tutti sulla battigia, con le scarpe a mollo piene di sabbia ed un fiume da passare in ginocchio su un ponte di barche, ci avevano già fatto capire che terminare questa gara non sarebbe stato facile. Tutto ciò era stato l’aperitivo di quello che sarebbe successo il giorno seguente. Infatti nella seconda tappa da sessanta chilometri, il team ufficiale Montrail ci passava avanti. Erano loro gli uomini da battere! Naturalmente ora dovevamo predisporre una tattica di gara che ci permettesse di restare agganciati a loro e mantenere la posizione. La mattina seguente uscire dai nostri giacigli è davvero difficile. Durante la notte la temperatura è scesa a pochi gradi sopra lo zero, ma quello che dà più fastidio è la condensa che si forma dentro e fuori la tenda,. Tutto è umidiccio e freddo e sinceramente alle cinque del mattino non è una bella sensazione. Sentiamo le gambe un po’ doloranti dai sessanta km del giorno precedente ma è tutto nella norma, ora il nostro pensiero è un altro, attaccarci alle calcagna del team Montrail e non mollarli! La partenza dall’azienda Paul Cluver Wine Estate inizialmente è veloce, una bella strada sterrata con un leggero saliscendi ci fa percorrere i primi sette km, ma poi si inizia a salire ed il primo GPM è al 13° km dopo 700 metri di dislivello. Restiamo incollati ai nostri uomini, Giovanni dice che così gli facciamo del pressing psicologico, il fatto è che io sono al limite e mantenere questo ritmo per 42 km è impensabile. Sono proprio forti i nostri avversari! Al ristoro in cima decidiamo di rallentare un poco mantenendoci sempre a vista, uno dei due non è proprio forte in discesa, ma dopo poco riprende la salita e decidiamo di mollare e andare al nostro passo. Ma è troppo tardi, evidentemente le energie spese fino a qui sono state troppe, e la temperatura che nelle prime ore del mattino era piuttosto fresca si è riscaldata molto. Sul lato della montagna esposto a sud la vegetazione è composta solo da cespugli risecchiti, il sentiero si snoda con continui saliscendi abbastanza veloci, il mio gps segna 21 km, tra poco ci dovrebbe essere l’altro ristoro poi una salita ripida e 13 km di discesa fino al traguardo. Dopo una curva finalmente la tenda dell’organizzazione sembra un miraggio, il caldo è insopportabile, riempio la borraccia di acqua e bevo un po’ di coca. Poco più in là Giovanni vedo che con una smorfia si piega in due e inizia a vomitare! Corro da lui, cerco di dargli conforto ma anch’io non sono messo molto meglio. In pochi secondi vedo davanti a me delinearsi i contorni della disfatta. In questo genere di competizioni la corretta amministrazione delle forze, dei liquidi e degli alimenti è fondamentale; si va avanti per un perfetto equilibrio di muscoli e cervello, di forza fisica e volontà, che noi abbiamo rotto
volendo ad ogni costo tenere dei ritmi che non erano i nostri. Stiamo all’ombra sotto la tenda qualche minuto, Giovanni sembra riprendersi: “se aspettiamo ancora non ripartiamo più” gli dico; lui mi fa segno con la testa di proseguire. Davanti a noi un sentiero ripido sale fino alla cima: ”dai forza non dobbiamo fermaci, dopo quella cima è tutta discesa!”. Appoggio la mia mano dietro la sua schiena e lo spingo su fino allo scollinamento. Da qui si può vedere l’arrivo, una leggera brezza muove l’aria su questo versante. Riprendiamo a correre, Giovanni sembra riesca a tenere nuovamente un discreto ritmo. Quasi non ci accorgiamo dei km che passano, il sentiero diventa strada sterrata, passiamo tra vigneti e filari di mele che in questo periodo sono fioriti. Una miscela di profumi ci accompagna fino all’arrivo all’interno dell’Elgin Country Club dove è posto l’arrivo. Stiamo qualche minuto steSPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 0 8
si sull’erba all’ombra, il pensiero è già alla quarta tappa. Recuperare la “cotta” di oggi non sarà semplice, beviamo molto per reintegrare liquidi preziosi che ci serviranno domani, per la tappa che è considerata la più calda. Ormai la sveglia è un rito, gesti uguali che dal suono della sirena del camion alle 5 in punto, ci portano alla colazione alle 5:30 e allo sparo del via alle 7:00. Oggi i km sono 44, in classifica generale siamo terzi, se amministriamo bene le forze dovremmo farcela a tenere la posizione. La parte centrale del percorso di oggi è un piattone sabbioso a perdita d’occhio. Non forziamo l’andatura, dobbiamo a tutti i costi mantenere un ritmo costante e riuscire ad idratarci con costanza lungo tutto il tracciato. La temperatura è circa 37 gradi ma riusciamo a correre bene, osservo Giovanni al mio fianco e penso che è davvero un grande dopo quello che ha passato ieri! Finalmente l’ultima discesa ci porta
all’arrivo nella cittadina di Franschhoek. L’ultima tappa di 30 km del giorno successivo è una “formalità” che liquidiamo in poco meno di tre ore, il vantaggio accumulato ci ha permesso di prendercela relativamente con calma e gestire il nostro terzo posto Master. L’arrivo dell’ultima tappa è all’interno della tenuta Boschendal famosa per i suoi vini, due ali di folla ci accolgono: è finita, abbiamo passato dei brutti momenti ma ci è servito di lezione, un abbraccio al mio compagno sotto lo striscione e la foto di rito coronano questa nostra meravigliosa esperienza africana. ▼
Partenza: Hermanus, città della costa sud-occidentale del Sud Africa, nella provincia di Western Cape. Si affaccia sulla Walker Bay, una baia rinomata per la possibilità di osservare le balene australi e altri cetacei durante l’inverno e la primavera australi. Arrivo: Boschendal, fra Stellenbosch e Paarl, un “gioiello” nel centro della regione dei vigneti periodo: 8-12 ottobre organizzazione: http://www.capeodyssey.com/ Squadra Icarus Sky Sport Giovanni Montini e Paolo Bertini terzi classificati cat. Master
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[ CRONACHE... ]
LA GRANDE COURSE DES TEMPLIERS Testo di Riccardo >Pibe< Ghislanzoni Foto: JMP -- kikourou.net
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ià l’anno scorso avevo buttato un occhio sul sito di questa gara poiché avevo sentito nominare spesso questa “festa” che si svolge in Francia, ossia la patria del trail. L’anno scorso a giugno le iscrizioni (con ben 3000 pettorali!) erano già chiuse e così quest’anno ho anticipato i tempi e mi sono iscritto. Dunque sabato mattina si parte all’alba da Biassono (MI) e nel tardo pomeriggio giungiamo a Nant, piccolo paese circondato dalle montagne delle Causses et Cévennes e abitato nel passato dai Templari. Ritiriamo i pettorali e cominciamo già a respirare l’atmosfera trail. Tanti atleti hanno già corso le gare più brevi del pomeriggio, l’Expò è pieno di stand sulle tante gare che si corrono in Francia e sull’attrezzatura sempre più all’avanguardia (bastoncini, zaini, frontali, calze). Torniamo alla nostra base di appoggio e cominciamo a preparare lo zaino per il giorno dopo. Oltre al materiale obbligatorio (frontalino, telo termico, fischietto, scorta di liquidi, k-way) metto nella sacca una maglia di ricambio, 5 barrette, 5 Enervit Gel, un po’ di bustine di fruttosio e della frutta disidratata. Nella sacca dei liquidi metto 1,5 litri di acqua ed Enervit. Facciamo poi il pieno di carboidrati con quasi due etti di pasta al pomodoro più affettato, grana e una bella fetta di crostata. Prima di andare a dormire uno sguardo in alto: c’è un cielo molto terso e la stellata è davvero spettacolare. Il tempo domani sarà buono. Ore 3.30: suona la sveglia. Ci vestiamo, facciamo colazione, ultimiamo i preparativi dello zaino e usciamo dal camper. Una nebbia che si taglia col coltello ci accoglie, l’umidità è micidiale e ti entra nelle ossa. Il termometro segna 5°C. Ci dirigiamo belli coperti verso la zona di partenza che già brulica di atleti. Alle 5.15 si parte tra due ali di fumogeni rossi, roba da pelle d’oca. I primi chilometri sono spettacolari. Sono sì su asfalto in leggera salita, ma dopo i primi tornanti si può vedere sia davanti che dietro un
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lungo serpentone formato dalle centinaia di piccole luci delle nostre frontali. Dopo qualche chilometro risalgo un po’ di posizioni e finalmente si abbandona l’asfalto e comincia il trail. Il percorso è molto corribile e il sentiero, pur essendo largo, è pieno di corridori: 2750 persone sono proprio tante. Attraversiamo anche due vecchie gallerie e verso le 6.30 comincia ad albeggiare. Dopo 13,5 km c’è il primo ristoro con sola acqua nel piccolo paesino di Sauclières. Nonostante sia molto presto, c’è tantissima gente ad incitare e moltissimi bambini: davvero emozionante. Ora si riprende a salire leggermente ma i tratti corribili sono tanti. Finalmente si fa chiaro e riusciamo così ad apprezzare il bellissimo panorama davanti a noi: altipiani sconfinati e la vista può spaziare a perdita d’occhio! Al ristoro di Dourbies (km 35) c’è tantissimo tifo: “Allez Ricardò”. Vallo a dire tutti che si dice “Riccardo”. Nel tendone c’è di tutto, da bere e da mangiare. Bevo avidamente acqua e coca-cola e mangio delle caramelle gelée giganti oltre ad albicocche disidratate. Passo dal pit-stop dove mi riempiono la sacca del Camelbag con imbuto e brocca d’acqua. Ormai il clima si è scaldato e quindi tolgo i manicotti che fino ad ora non mi avevano assolutamente dato fastidio, anzi… Si riprende finalmente con una vera salita. Si scollina e si scende verso Trèves
attraverso un lungo sentiero nel bosco a tratti molto ripido. Si torna a salire fino a Causse Bégon dove c’è ancora tanto tifo e un altro ristoro (km 52). Riparto e c’è un tratto abbastanza pianeggiante ma poi si comincia a scendere. Si passa accanto a dei placconi strapiombanti dove si arrampica che è un piacere. Arrivati a St. Sulpice si riprende a salire e si attraversa una bellissima zona solcata da canyon e vallate davvero spettacolari. Si torna a scendere e si arriva finalmente al ristoro del 64° km a Cantobre. Mi alimento per bene e affronto deciso gli ultimi 400 m di dislivello che portano alla Roc Nantais. La salita è dura nel primo tratto e poi si fa quasi corribile: ormai manca poco al traguardo. Scollino e poco dopo si comincia a vedere il paese di Nant nella valle sottostante. Mi dicono che mancano 2 km. Il terreno torna pianeggiante, riconosco la zona dove abbiamo parcheggiato il camper e capisco che manca poco. C’è un sacco di gente ad incitare. Serie di curve, piccola salitella e finalmente si comincia a vedere il traguardo. Allungo finale tra due ali di folla e passo sotto lo striscione d’arrivo in 8h50’28” (185a posizione) e sono pienamente soddisfatto del mio risultato. Poco dopo arriva anche Antonio (9h24’ e 317° posto) che ha sofferto di dolori alle ginocchia nelle ultime discesa.
In 9h49’ arriva anche il buon Luca (418° posto) soddisfatto pure lui di questa bella gara. La Corsa dei Templari merita tutta la buona fama di cui gode. Ha un bellissimo percorso e un’organizzazione impeccabile. E che dire poi del tifo, con la gente che ti incita chiamandoti per nome. Sul pettorale, infatti, il nome è scritto bello in grande. I paesaggi sono poi davvero incantevoli! Sono stati 72 km con 3180 m di dislivello positivo ricchi di emozioni. Una gara che, per gli amanti dei trail, almeno una volta va corsa! ▼
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[CRONACHE...] CORMORULTRA CHILOMETRI
2008. DA
SESSANTASETTE
PERCORRERE
A
PERDIFIATO. UNA SPLENDIDA GIORNATA D’AUTUNNO
SOTTO
IL
TERSO
CIELO
FRIULANO. UN PERCORSO CHE SI SNODA DALLE CAMPAGNE DI BUJA SINO AI MOLI DI MARANO LAGUNARE: AMBIENTI E CHILOMETRI DA TOGLIERE IL FIATO. UNA MANIFESTAZIONE
PER
POCHI
“INTIMI”
(UNA SETTANTINA APPENA I PARTENTI DI QUESTA SECONDA EDIZIONE) CHE, PROPRIO GRAZIE AL LIMITATO NUMERO DI ISCRITTI, GARANTISCE AGLI ATLETI UNA LOGISTICA IMPECCABILE ED UN AMBIENTE QUASI FAMILIARE. MA ANCHE, GRAZIE ALLA STESSA BASSA “CONCENTRAZIONE” DI CONCORRENTI, LA POSSIBILITÀ DI CORRERE SOSPINTI DELLE RUVIDE CAREZZE DI UNA TRIADE DAL FASCINO PERVERSO: LA SOLITUDINE, LA FATICA, IL SILENZIO.
DELIRI MENTALI del ° 65 CHILOMETRO Testo di Enrico D’Alberto Foto Archivio D’Alberto
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n’ultramaratona non è una passeggiata. Lo sapevi, ma non per questo hai rinunciato all’idea di partecipare ad una simile manifestazione, pur riconoscendo di non essere più di tanto preparato a questo genere di cose. C’è poco da fare: le sfide con te stesso ti hanno sempre incuriosito ed eccitato, facendoti dimenticare i dettami del buon senso. E poi lo sai bene che arrivare perfettamente preparati a questo genere d’appuntamenti è praticamente impossibile, per cui tanto vale osare. Accetti quindi di buon grado di sentirti un pesce fuor d’acqua. Tu non ne sai nulla e nulla te ne frega di cardiofrequenzimetri
cinguettanti, di orologi in stile quadro comandi dello Shuttle, di GPS da polso, di pomate balsamiche (gusto canfora o naftalina?), di cerotti spalanca-narici, di pozioni miracolose monodose appese a vere e proprie cartucciere, di prodigiose barrette energetiche (le mitiche arachidi di Super Pippo?), di piani scientifici di allenamento, di prestazioni monitorate ogni chilometro, di classifiche assolute e per categoria: tu corri quando puoi e quanto vuoi semplicemente perché ti piace. Tutto il resto non fa per te. Avevi messo in preventivo che questa “spaventosa” sequela di chilometri
sarebbe stata una prova psicologica prima ancora che fisica. La fatica, il dolore, la stanchezza si insinuano attraverso muscoli e articolazioni sino ad intaccare la mente in un progressivo stillicidio di gocce di sudore e di passi. E goccia di sudore dopo goccia di sudore, passo dopo passo tu intessi pensieri, azzardi ragionamenti, fai congetture: ne hai tutto il tempo, anche se ad onor del vero stai perdendo progressivamente, passo dopo passo, la tua tanto consueta quanto opinabile lucidità. L’acido lattico su queste distanze indurisce le gambe e scioglie alla rinfusa i pensieri: li aizza e li confonde. Corri e pensi, pensi e corri.
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E allora ragioni su ciò che ti sei lasciato dietro, ragioni su ciò che hai attraversato, ragioni che quelle che hai calcato non sono state semplicemente strade, ma sono state soprattutto un percorso… Ne hai lasciata di strada alle tue spalle da quando ti hanno dato il via. Chilometri su chilometri. Comodi tratti asfaltati e sconnessi sentieri sterrati. Fredde zone d’ombra ed afose aree assolate. Strade larghe su cui hai potuto correre fianco a fianco con altri compagni d’avventura e sentieri stretti su cui, giocoforza, hai dovuto e voluto procedere in solitudine. Ne hai lasciata di strada alle tue spalle da quando sei partito. E ne hai ancora davanti a te, anche se non riesci a quantificare con esattezza quanta ancora te ne manchi per arrivare alla fine. Puoi solo immaginare e azzardare ipotesi: tre chilometri, forse due, magari anche meno. Riesci a percepire che la conclusione è ormai imminente, ma riconosci a te stesso che la stanchezza che hai addosso, che hai dentro, altera il tuo metro di giudizio: ogni passo percorso ora pesa sul tuo fisico come decine, centinaia dei passi percorsi nei primi chilometri. Ormai hai le gambe dure, le articolazioni doloranti, il fiato corto, la volontà assottigliata. Quasi quasi ti penti di esser lì. Il cuore intanto continua a pulsare perché lo ha sempre fatto
e perché, oltre ad amare e a pulsare, non sa proprio far altro. “Chiamalo niente” pensi tra te e te. Ed intanto lui continua a pulsare come un perfetto metronomo che ti dà il tempo per correre e per vivere: pum-pum, pum-pum, pumpum… E lui continua ad amare: luoghi, suoni, persone, orizzonti, voci, incontri. E al ritmo del cuore tu devi andare, devi andare come lui ti suggerisce, devi andare quanto lui te lo consente, magari dosando le energie ed evitando capricci ed eccessi: lo sai per certo che se lo dovessi ignorare commetteresti un errore irrimediabile, lo sai per certo che se seguissi solo il ritmo suggerito dalla testa e dall’orgoglio andresti fuori giri, finendo probabilmente a gambe all’aria. in fondo le ragioni del cuore e quelle della mente è giusto che si confrontino e, se necessario, si scontrino per trovare un ragionevole compromesso. Ormai sei stremato e lo sei già da un po’. Pensi che il tuo pettorale numero 20 sia stato di cattivo auspicio, avendo rappresentato un sorta di etichetta di scadenza delle tue energie: ad una ventina di chilometri dall’arrivo hai avuto infatti i primi inequivocabili ed inesorabili segnali di cedimento. Ti compiaci per aver comunque macinato una cinquantina di chilometri senza eccessive difficoltà. Malgrado la spossatezza dilagante non
te la sei proprio sentita di fermarti: forse non è proprio possibile fermarsi e sedersi a riprendere fiato. Se hai deciso di misurarti in quest’avventura, corsa o vita che sia, allora devi viverla fino in fondo e fino in fondo crederci. Eppure hai avuto una voglia matta di fermarti e ripensare a tutta la strada che hai calcato fino a quel momento. Hai fatto curve che mai avresti pensato di dover fare: svolte inaspettate quando pensavi di andare avanti su facili e scontati percorsi rettilinei, quando ormai avevi già pianificato tutto, ritmo e compagnia, lungo quel tragitto che andava diretto e comodo verso l’orizzonte. Quelle improvvise curve ti hanno fatto cambiare i piani strada facendo e hanno rivoluzionato la tua prospettiva, ma ti hanno anche fatto scoprire lati nuovi e sorprendenti del percorso, lati che altrimenti non avresti mai potuto conoscere ed apprezzare. Ti è pure capitato di sbagliare strada. E allora hai inveito contro chi, secondo te, aveva tracciato male il tuo percorso, ma poi hai capito che, proprio perché il percorso era il tuo, spettava esclusivamente a te tenere gli occhi aperti per percepire quei magari piccoli segnali che ti avrebbero fatto comprendere che la strada giusta era una piuttosto che un’altra. Il più delle volte per capire di aver sbagliato strada devi prima averla imboccata. Ti sei scoperto ad aiutare un paio di
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concorrenti alle prese con problemi assai comuni, problemi chiamati crampi, sfiducia, stanchezza fisica e mentale. Lo hai fatto perché far finta di niente e continuare per la tua strada non ne saresti stato proprio capace: puoi avere obiettivi ben precisi nella testa, ma certi princìpi per te sono sacri ed imprescindibili. E poi quei ringraziamenti e quella gratitudine manifestati ad ogni successivo incontro valgono molto più di mille obiettivi raggiunti. Sarai pure uomo per qualcosa, no? Ormai il traguardo è vicino. Ormai stai trascinando i piedi. Ormai ti manca poco. Ormai è finita. Ormai sei finito. Senti improvvisamente una mano che ti batte sulla spalla. “Dai! Dai! Bravo!” Ti volti. Un’altra atleta ti affianca. “Dai che ci siamo!” ti dice. Incredibile come certe donne riescano a mantenere la loro eleganza anche dopo aver incenerito in poche ore badilate di kilocalorie! Hai sempre provato un certo imbarazzo quando una donna ti “passa via”, quando dimostra di “averne più di te”. E questo soprattutto quando l’appartenenza al sesso forte dovrebbe garantirti un vantaggio incolmabile in termini di forza e resistenza fisica... No, non è misoginia la tua, ma semplice e forse legittimo orgoglio di “macho latino”.
“Se qui bisogna fare dei complimenti a qualcuno, quel qualcuno sei tu…” mugugni con una flebile voce alterata dalla fatica e dalla gola secca. Ti metti sulla sua scia, perché, se ti è stata dietro sino ad ora, non si può “permettere” di piantarti lì adesso. Il gusto dolciastro del traguardo che oramai riesci ad assaporare nell’aria ti estrae di prepotenza le ultime energie residue. Ma che fatica essere in due! Da un lato ti stimoli l’un l’altra e fai sicuramente più strada rispetto a quanta ne faresti se fossi da solo, ma è dura trovare e mantenere un ritmo comune. La affianchi e capisci che è prima piacevole e poi irrinunciabile avere qualcuno accanto. Ogni uomo dovrebbe avere una donna al suo fianco che ne argini l’energia e la orienti, ogni donna dovrebbe avere un uomo al suo fianco che ne abbia cura e la faccia fiorire e sorridere. Ed il più delle volte sono il caso e la fatalità a pilotare questi “abbinamenti”. Ora siete in due, per caso, per fatalità, per poco. Eccolo laggiù il traguardo, a poche centinaia di metri!
risposta. Riconosci che dopo una settantina di chilometri sfidarsi all’ultimo fiato sugli ultimi metri è una cosa a dir poco assurda. “Hai ragione, scusa,” rispondi “non ha proprio senso.” Cosa conta limare una manciata di secondi dopo oltre sette ore di corsa? Cosa conta voler passar davanti di un passo a qualcuno? Cosa conta la vanità di dimostrarsi superiore a qualcuno quando con questo qualcuno si può condividere una soddisfazione comune? Insieme ora state correndo sfiniti ed insieme ora tagliate il traguardo! Ora potete alzare insieme le braccia al cielo, lei a ragione (scoprirai essere la prima donna classificata), tu perché hai vinto la tua sfida contro te stesso. Tu sei riuscito ad essere allo stesso tempo vincitore e vinto: vincitore sulla fatica e vinto dalla stanchezza. E’ il tuo modo perverso di sentirti vivo!
“Dai che lanciamo lo sprint!” le suggerisci in preda ad una confusa euforia.
Questa mia prima ultramaratona è stata un viaggio, una scoperta, una sorpresa, una poetica e faticosa metafora di una cosa esaltante che impari a conoscere e ad apprezzare a fondo man mano che
“No, no... vai pure tu” è la sua scarna
te la lasci alle spalle: la vita. uin
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[CRONACHE...]
SE DIRE TRAIL VI SEMBRA TROPPO A
nche una podistica domenicale
MADONNA della SALUTE Costa di Vittorio Veneto (TV) 16 novembre 2008
di dodici chilometri può avere il sapore del trail; far lasciare a
bocca aperta dalla meraviglia e regalare il sapore di una breve avventura. A Costa di Vittorio Veneto, dopo la partenza, un breve tratto di asfalto costeggiando l’ospedale, per scaldare le gambe e
Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta
riflettere sulla fortuna e la grazia di essere sani. Quindi si imboccano subito i sentieri che salgono decisi a cavalcare le creste delle colline. In poche centinaia di metri il panorama è già aperto sui quattro punti cardinali e fa guardare lontano. Città, borghi, montagne e pianura, e soprattutto le aspre e nervose colline del vittoriese. Poi caldi boschi e prati e radure, discese veloci e salite involate di slancio, divertimento allo stato puro. E una strana sensazione come di un qualcosa in sospeso. Per chi già conosce questa corsa un girare intorno in un previsto crescendo di attesa, per i novizi un saliscendi senza motivo apparente. E invece lo scopo è preciso: farci imboccare la lunga passerella che attraversa le grotte del Caglieròn, obbligarci a chinarsi sotto la roccia ad ossequiare il paziente lavoro di erosione dell’acqua che si intreccia in un continuo indistinguibile con il duro lavoro di cava dell’uomo. Ci sono passato molte volte per queste grotte, e lo stupore non manca mai, per non riuscire a cogliere il passaggio fra dove per secoli ha scavato l’uomo e dove invece per millenni ha consumato l’acqua. E non si fa caso se al sudore si mescolano gli spruzzi d’acqua fresca perché, poco dopo l’uscita, di nuovo il sole riscalda l’aria e ci accompagna per gli ultimi due chilometri di discesa in volata, sulla strada che porta all’arrivo. Peccato, le cose belle durano sempre troppo poco. ▼
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[CRONACHE...]
IL PIU’ BEL TRAIL “AU MONDE”
1° TRAIL del MONTE di PORTOFINO 16/11/2008 Testo di Jérome Debize
Foto di Nicolas Bigard
T
utto è cominciato qualche settimana fa. Il mio amico Nicolas da Modena mi chiede: “Lo so Jérome che hai deciso di riposare alla fine di quest’anno 2008, ma guarda un po’ nel calendario: a Portofino c’è un bellissimo trail di 23 km vicino al mare...”. Rispondo che prima corro la maratona dei 42.000 passi in Valsusa e vedo come vanno le gambe. Bingo! Dopo la maratona inizio 2 settimane di riposo e dico a Nico di prenotare l’agriturismo. Ci troviamo a Portofino (non ero mai stato da queste parti, e ringrazio Nicolas per avermi detto di venire) per una passeggiata il sabato. La giornata è stupenda; una bella spaghettata alle vongole, prima di prendere il pettorale a Santa Margherita Ligure. E andiamo all’agriturismo che abbiamo trovato a 25 km della partenza. Siamo in collina con una bellissima vista sul mare.
Per me che vengo da un posto lontano dal mare, queste vedute sono sempre una gioia. Approfittiamo della sera per visitare Chiavari e mangiare in un ristorante tipico, dove dobbiamo aspettare 30 minuti che una tavola si liberi, in piedi. Non è perfetto la sera prima della gara, ma la coda fa pensare ad una cena tipica in uno posto speciale. Domenica mattina colazione alle 7.00, poi arriviamo al parcheggio verso le 8.00 e prendiamo una navetta per arrivare in centro. Una bellissima giornata ci aspetta. Niente nuvole, temperatura alta, percorso che ci hanno garantito meraviglioso e quasi 500 persone pronte a correre. Dopo 2 km siamo già in alto, la salita con i gradini è difficile. Dopo 5 minuti di corsa sui gradini le cosce bruciano. Devo camminare e mi superano in tanti. Il
panorama è bellissimo e mi fermo per la prima foto. Oggi mi fermerò tanto per fare le foto perché ne vale la pena; il risultato non importa, non sono ben allenato. Arriviamo nel bosco, la salita è molto ripida e cammino. La gente corre ancora, non sono abituato a correre così in salita sui trail lunghi, ma mi metto al mio passo con camminata rapida. Perdo tante posizioni; arrivo a ripartire e supero due concorrenti prima di arrivare al ristoro sulla cima. Siamo a quasi 470 m di altitudine e siamo partiti dal mare. Mi fermo per bere 2 bicchieri e riparto. Ieri gli organizzatori mi hanno detto che ci sono tanti rifornimenti, così sono partito senza
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niente. Ho messo solo il “corsaire” perché ha una tasca per mettere la macchina fotografica! La discesa è bella e prendo una bella velocità. Riprendo tanti podisti in questa discesa. Penso che tanti vengono della strada perché sono proprio lenti nei punti tecnici. Arriviamo nel paese di San Rocco: il panorama è troppo bello. Vediamo anche le Alpi piene di neve e una bella vista sul golfo di Genova. Iniziano tanti saliscendi, ma ogni salita è difficile per me. Cammino sempre, e provo a ripartire di corsa appena diventa meno ripido. Poi riprendiamo la seconda salita, anche questa lunga, ma non mi faccio sorpassare troppo questa volta. Ci sono ancora 250 m di dislivello positivo. La salita si fa molto piano. Siamo un bel gruppo di 10-20, ma siamo tutti a camminare, nessuno corre. E’ molto ripido e saliamo in un bel passaggio a zig-zag. Arriviamo ad un punto con un po’ di pubblico (10 persone) e la vista è stupenda. Adesso vediamo il Sud del parco. Il sentiero è molto bello, di fianco alla collina, ma non c’e mai riposo, ogni discesa e rotta con una salita, una scala… Iniziamo una lunga e pericolosa discesa fino al mare. La discesa è proprio difficile, con tante curve a 180 gradi. All’inizio nel bosco, poi tante curve tra gli ulivi. Che profumo, che caldo, che bello. Siamo ancora un bel gruppo, qualcuno scende molto forte, e supero poche persone. Poi arriviamo all’Abbazia, l’attraversiamo e arriviamo sulla spiaggia, ma non c’è tempo per fare il bagno: dobbiamo iniziare l’ultima salita. Come le prime 2 salite, anche questa è molto ripida. Mancano ancora 9 km, l’inizio è molto difficile, con ancora tante scale, ma il finale è in pianura, con tanti ulivi, e riesco a correre ancora. Negli ultimi 4 km di discesa non ho potuto scattare nessuna foto. La mia velocità tra 16km/h e 18km/h non permetteva di distrarmi dalla “strada”. Il finale è stato bello ma impegnativo; arriviamo sulla strada, dopo 22 km senza vedere nessuna macchina. Che bel posto, solo gente che camminava! Vedo 2 persone davanti, provo ad accelerare ma sono troppo veloci. Non potrò superarle, ma finisco con un ottimo 28° posto. Non male per una gara senza allenamento e con un po’ di tempo “perso” per fare delle foto. Aspetto il mio amico Nico che arriverà in 3 ore; ci troviamo all’ultimo rifornimento tenuto dagli alpini, con tutto quello che si può chiedere ma anche di più! Siamo a due passi dal mare e decidiamo di defaticare le gambe con un bel bagno. Per un 16 novembre siamo stati proprio fortunati! E la fine del weekend finisce con il pranzo speciale del trailer: pizza e birra. Per favore non parlate troppo di questa gara, altrimenti ci saranno 20.000 persone alla partenza nel 2009! ▼
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[CRONACHE...]
TRAIL del MONTE CASTO Testo e foto di Maurizio >mauscilla< Scilla
HO UN’IMMAGINE MOLTO CHIARA IMPRESSA NELLA MIA MENTE: MI VEDO SEDUTO A TERRA SFINITO SUL PALCO DEL PARCO “LA SALUTE” DI ANDORNO (DOVE NEGLI ANNI SESSANTA HANNO CALCATO LA SCENA I VARI MORANDI, GIGANTI, DIK DIK, GABER, PER CITARNE QUALCUNO), NELLA MANO SINISTRA UN BICCHIERE DI BIRRA CHE QUALCUNO GENTILMENTE MI AVEVA PORTATO E NELLA DESTRA IL MICROFONO.
A
vevo estratto l’ultimo numero dei premi a sorteggio e con la poca voce rimasta e il groppo in gola ringraziavo tutti gli amici trailer che erano ancora lì ad ascoltare. Sottolineo “amici” perché questo week end intenso mi ha ancora più convinto che chi frequenta l’ambiente faccia parte di una grande famiglia che ha legami molto forti: il rispetto e l’amore per la natura e per la montagna, la grande voglia di condividere la propria passione con gli altri e renderli partecipi di quello che si prova. Si dovranno ricredere quelli che non frequentano l’ambiente e son convinti che i trailer sono degli “invasati” che vivono di barrette e sali minerali! Certo, si usano e sono utilissimi, ma nel dopo gara. In particolare in questo caso: sembrava
l’Oktoberfest, visto che sono stati “prosciugati” 250 litri di birra! Quel giorno in diversi momenti ho vissuto grandi emozioni, ma quanta gioia ho provato quando dopo 7h36’ ha tagliato per ultimo il traguardo colui che, ironia della sorte, aveva il numero 1 appeso al petto, vinto a sorteggio l’anno scorso. Mauro aveva avuto quest’estate seri problemi di salute, credo che neanche lui solo un mese prima credesse di poter finire la gara, invece con il suo solito sorriso, la sua ironia, la sua tenacia ha vinto la sua sfida. Dopo 5h42’ tagliava il traguardo un omino magro con la barba e i capelli bianco/grigi, svizzero, nato nel 1939; Werner ha finito tutte le edizioni dell’UTMB e già questo lo rende un grande, l’anno scorso nel mese di aprile gli diagnosticarono un cancro con poche possibilità di vita; iniziò la sua battaglia, e con la sua serenità Werner dopo qualche mese ricominciò a camminare, poi a correre e finire l’UTMB. Per la prima volta ha detto che ha potuto goderselo, visto che negli anni precedenti aveva sempre sulle spalle la pressione di fare risultato (6° nel 2003); così anche quest’anno ha tagliato il traguardo nella piazza di Chamonix con il suo sorriso conosciuto da tutti, un simbolo di purezza. Terza in campo femminile in 4h37’ Carmela Vergura, che ha stupito tutti quest’anno alla sua prima stagione sui trail; in sole 4h16’, al secondo posto ha portato a termine la sua prova Cecilia Mora, una piccola grande donna che questa stagione ha vinto il titolo italiano a coppie di skyrunning con Emanuela Brizio, si è aggiudicata la Chaberton Marathon, il Trail del Bangher e la Biella - Monte Camino, decisamente una “mamma volante”, avendo 4 figli da accudire. Maurizio Fenaroli ha chiuso in 3h53’ al terzo
posto, aggiudicandosi così il Challenge “8000m nelle montagne biellesi”; il pinerolese Daniele Gaido, primo italiano alla CCC, è salito sul secondo gradino del podio. Cosa dire invece di una ragazza di Aurano, che è arrivata fresca fresca dopo 42 km e 2000 metri di dislivello in sole 3h44’, solo 1’43” dopo l’arrivo del vincitore Paolo Fornoni, un habitué della vittoria in terra biellese? Ci sarebbe molto da scrivere su Emanuela Brizio, campionessa italiana di skyrunning. La prossima stagione avrà modo, grazie alla Valetudo Skyrunning Italia, sua nuova società, di prendere parte al circuito mondiale, e non credo di esagerare dicendo che in questo momento nel mondo degli skyrunner sia la più forte. Questo lato di Emanuela è ben conosciuto, ma metterei in evidenza invece la sua semplicità, disponibilità, la sua sensibilità a riuscire a vivere certe emozioni nonostante abbia il peso del risultato: “E poi cosa non era quella discesa tra le foglie di faggio che facevano da tappeto naturale! Mi sono buttata a rotta di collo... mi sono divertita come una bambina”. La giornata era iniziata non proprio nel migliore dei modi perché dopo aver stressato il mondo intero sul cambio dell’ora nella nottata fra sabato e domenica, sono riuscito ad essere alla consegna pettorali alle 4 non avendo modificato l’ora nella sveglia! Ma il trail era già iniziato la sera prima con la cena consumata insieme e il ritiro pettorali “mangereccio” con prodotti locali; nel primo pomeriggio con l’apertura del cancello del parco era iniziato un week end che avrebbe lasciato il segno nel cuore di chi ha visto avverarsi un sogno. ▼
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Il fascino della DISCREZIONE Testo e foto di Francesco >Checo< Zanchetta
L
e luci in autostrada hanno un effetto ipnotico, le palpebre faticano a restare sollevate cedendo al peso della stanchezza. Ogni tanto guardo di soppiatto l’amico che guida, cercando di capire se sia stanco pure lui, se magari c’è il rischio di un colpo di sonno. Forse se ne accorge, e spalanca gli occhi per tranquillizzarmi, ma comunque mi sembra abbastanza a posto. E’ stata una giornata intensa. Ho indosso la stanchezza che prende la sera dopo una giornata di vendemmia, quando il lavoro è stato tanto, ma finalmente il mosto riempie i tini e prima di andare a letto si va ancora una volta a controllare se tutto è a posto, con l’ultima fatica, tanto ristoratrice quanto inutile. E’ con un piacevole sforzo che cerco quindi di correre ancora, con la mente, su per quelle montagne biellesi che fino a ieri ignoravo, e che appena arrivati non si sono fatte notare; discrete come le persone vere. Come l’emozione di Maurizio Scilla sul finire delle premiazioni, via via che la tensione si allentava e poteva uscire dai suoi occhi sempre più luccicanti, insieme al piacere di una giornata veramente vissuta, il coronamento della fatica di un anno di lavoro. Se nello sforzo la mente sostiene il corpo, così all’inverso ora il formicolio nelle gambe mi aiuta a ripercorrere quegli ultimi metri fra le alte mura delle fabbriche storiche dismesse. Come si usava, lanifici costruiti a ridosso del paese, o viceversa. Visti con l’occhio contemporaneo si dicono archeologia industriale, opportunità di recupero e valorizzazione, ma qualche decennio fa forse una contraddizione fra lavoro e quindi pane, e le vite rubate dallo sfruttamento. Per me che arrivo dal nordest un brivido: da noi vite intere
dedicate volontariamente al lavoro, fabbriche su fabbriche, capannoni a perdita d’occhio che ora la crisi ha già iniziato a svuotare. Chissà come saranno le cose fra qualche anno, ma forse, se crisi nera continuerà ad essere, poi ritroveremo magari il tempo di guardarci intorno come qui ora, e apprezzare quel che avremo lasciato, salvato per acume o forse piuttosto per negligenza. E fa uno strano effetto incontrare nei boschi delle pecore, nel paese dei lanifici ormai vuoti. Nel gregge c’è anche la famosa pecora nera, con vicino un’altra, più opportunistica, pezzata. Mi saltano in mente i nomi di un po’ di politici, che a seconda della convenienza stanno con il bianco o con il nero, sempre antipaticamente fuori posto ma anche opportunamente ammanicati con tutti. Resta il dubbio se con la lana della pecora pezzata si possano fare maglioni, certamente si, ma di quale colore? Bianchi, neri, o misti? O quella lana la si butta via? Il mal di gambe fa filosolfeggiare, e mi inerpico in pensieri a vicolo cieco, anche perché non mi tornano col ragionamento le maglie fucsia... Ma ben altri colori ho ancora negli occhi; l’autunno oggi ha acceso per noi sfumature incredibili: toni su toni con sferzate sgargianti, felci marroni sul verde ancora fresco e intenso delle erbe, il candore dei tronchi di betulla che sfuma nelle chiome ingiallite dove ancora resiste il verde, anche se sempre più tenue. Addirittura stupendi anche i sassi dei ghiaioni, dai quali il sole del mattino estraeva toni violacei per mettere in risalto le fiammate biancastre dei tronchi. Betulle, betulle e ancora betulle, che se ho ben capito qui si chiamano “biule”; chilometri e chilometri di betulle a perdita d’occhio. Poi faggi, castagni, ogni tanto qualche macchia di larici e SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 0
abeti. Un continuo alternarsi di boschi e radure, prati e boscaglia e, nei punti giusti, ristori ben forniti da dove poi era difficile ripartire. Potrei dire che è una corsa dove il tema dominante è stato l’eleganza della discrezione, dei luoghi e nelle persone. Montagne e boschi all’apparenza anonimi ma che guardati con l’animo sereno sanno svelare colori e vedute intense, persone silenziose e riservate che poi si aprono in caldi sorrisi. E un sorriso mi scappa ancora ripensando a quando, a metà percorso, mentre nel bosco si risaliva lungo un torrente, ci sbuca di fronte un meraviglioso ponte di pietra, ancora perfetto. Il percorso ce lo fa attraversare, calpestando i ciotoli ancora ben ordinati, per fermarsi al banchetto del ristoro. Saluto e mangio qualcosa, mentre i ristoratori mi chiedono come sta andando. Strani tipi, a primo impatto rudi montanari burberi e inselvatichiti, ma appena li guardo negli occhi vi scopro dei folletti gentili e sensibili che spontaneamente mi spostano uno striscione pubblicitario per farmi fare una bella foto del loro ponte. Non vorrei mai uscire dalla cornice di questo quadro naïf ma si sa, noi podisti siamo sempre di corsa, e riparto anche da qui a malincuore. Chi organizza quasi da solo una corsa la fa a sua immagine e somiglianza, dal percorso al più minimo dettaglio, come sceglie anche le persone a suo supporto, e penso di aver capito un carattere in più di chi ha organizzato questa. E mi viene il sospetto che anche chi sceglie di partecipare, in qualche modo assomigli a chi organizza, come la fanciulla con la quale ho condiviso una bella fetta di strada pur se a fisarmonica causa le mie soste fotografiche. Sempre serena e assorta in contemplazione, non un lamento o imprecazione dopo aver preso la storta, ha stretto i denti e continuato come se nulla fosse accaduto, pur con il sacchetto del ghiaccio dentro il calzino. A un certo punto le ho chiesto il nome: “Chiamami Skoppiata!”, dice. Beh non mi pare neanche tanto, visto che comunque mi è arrivata davanti. Riapro gli occhi e vedo davanti a me il buio illuminato dall’autostrada. Il risveglio mi fa fare un salto di immagine mentre ricontrollo l’efficienza del pilota che ho a fianco: sì, lui è ancora sveglio. E sì che il “Ticci” sopra a tutti ha fatto la sua bella baldoria, partita dalla sera prima a cena su all’ostello San Giovanni d’Andorno dove poi abbiamo dormito, e conclusa nell’estenuante estrazione dei premi a sorteggio dopo le premiazioni. Ho il sospetto che Maurizio l’abbia fatta durare apposta il più a lungo possibile, per non farci andar via; deve aver saccheggiato qualche magazzino durante la notte. Riguardo avanti, ormai siamo quasi arrivati e la stanchezza sta per avere il definitivo sopravvento, ma ho la bella sensazione che, stasera, i tini sono pieni. ▼ SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 1
[ IL PERSONAGGIO... ]
MAU e L’ISOLA CHE NON C’È O
ttobre, una giornata di sole di qualche decennio fa Appoggiando la bici al muro di cinta suonai il citofono, il terzo partendo dall’alto. “Chi è?” “Sono io… allora Orso ti sbrighi, dai che è tardi!” “Arrivo, un momento”. La porta d’ingresso si aprì di colpo ed ecco Orso correre fuori, con un enorme panino in una mano e la sacca con il pallone nell’altra. “Figuriamoci se non stavi mangiando, dai, muoviamoci gli altri sono già partiti, manchiamo solo noi” Orso, un po’ di cognome, Dell’Orso Andrea, e un po’ perché sempre alla ricerca di cibo, uscì dal cancello senza la sua mitica bicicletta rosso fiammante. “Andrea, la bici non la prendi?” “No, non posso, sono in punizione, mio padre mi ha vietato di usarla per una settimana. Lui pensa che così non mi muovo da casa.” Disse sorridendo. “Beh… facciamo così: sali tu sulla mia che io ti vengo dietro di corsa. Ho promesso a mio padre che lo avrei aiutato in
negozio, è arrivato del nuovo materiale, non so se sono sci o altro, ma dobbiamo sistemarlo, per cui devo tornare presto.” Ci avviammo per la stradina che conduceva fuori dal paese, io davanti e Orso dietro con ancora il panino, ma finitolo Andrea mi sopravanzò, gridandomi ancora con la bocca piena di salame: “Vediamo chi arriva prima, ci vediamo al solito posto...” e s’infilò su per il sentiero pedalando come un matto… “Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e per sempre sarà così“ John Keating. Trail del Monte Casto 2008 Se si cerca Monte Casto in Wikipedia, oltre ai tanti riferimenti inerenti al trail, si trova anche un villaggio con il medesimo nome in Idaho, United States, all’altitudine di 1725 m. La foto dal satellite colloca questo paese in mezzo alle montagne, in uno di quei paesaggi tipici americani dove la Wilderness è di casa, dove le abitazioni sono quasi inesistenti e l’infinito è racchiuso da
Testo di Daniela Banfi Foto Archivio Maurizio Scilla
montagne, dove la natura è selvaggia e dove si può camminare per ore, forse giorni senza incontrare anima viva. Ma il Casto di cui vorrei raccontare è un altro. E’ quel Monte che alle spalle di Andorno Micca veglia su questo paese ed i suoi abitanti, non è molto alto, sulla sua sommità una croce, come su tutte le montagne, i suoi pendii sono perlopiù ricoperti di boschi, serpeggiato da numerosi sentieri, è luogo di passeggio per molti e percorso d’allenamento per Mau, la mente, il motore pensante di questo trail. Andorno è un paese, come mille in Italia e nel mondo, e potrebbe essere solo un semplice granello di sabbia nel deserto, uno uguale a tanti altri, sconosciuto, un punto sulla carta geografica, ma per Mau è una pietruzza che brilla, una gemma che insieme al suo territorio spicca con le sue tonalità di colore che variano dal verde brillante della tzavorite al marrone topazio, al rosso granato mandarino. “Rosso-arancio è il cielo della sera, nel Nord ovest della Namibia, sopra quiete montagne ed un fiume solitario” a seconda della stagione e della luce che la illumina, e nel giorno di festa ha uno
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zaffiro al posto del cielo… Ho conosciuto Mau nel 2003, appena entrata a far parte della DRS, Dead Runners Society, la società dei podisti estinti, ricordate “L’Attimo Fuggente”? Bellissimo film in cui Robin Williams interpreta la parte di un professore d’inglese fuori le righe rispetto ai canoni universitari inglesi. La Drs ricalca un po’ quello spirito: è una comunità virtuale in cui si “filosofeggia” di corsa nei suoi più svariati e variopinti aspetti, una sorta di Spirito Trail sezione strada. Ci si ritrova prima di una maratona o altro evento, in qualche ristorante a mangiar pasta facendo il carico di carboidrati, a conferire di propositi e tempi, svelando desideri e cercando conferme per i dubbi, non leggiamo poesie di Whitman in una buia grotta illuminata da torce, ma lo spirito è quello, non più ragazzi alla ricerca di risposte, ma adulti alla scoperta di un mondo di corsa. Mau nell’agosto di quell’anno partecipò al “Le Defi de l’Oisans”, 200 km e 12.000 m di dislivello positivo in 6 tappe, c’era la possibilità di seguirlo attraverso il sito della Raidlight. Per farla breve, concluse secondo in 18h22’. In quegli anni non erano molti i trailers e le corse in natura, forse in lista Drs era l’unico. Il suo spassionato amore per la montagna e per i trail ha presto contagiato molti di noi. “Tornando a casa” scrive in un suo racconto “accendendo il camper e ingranando la prima mi è sembrato di lasciare L’isola che non c’è”. Mau è un Peter Pan e “L’isola che non c’è” la raggiunge ogni volta che va a correre, per piacere, per allenamento o per gareggiare insieme agli amici. Forse è stato tra i mille pensieri che nascono quando corriamo, un po’ per tenerci compagnia, un po’ perché in quei momenti riusciamo a mettere tranquillità tra le file di cose che dobbiamo fare, che deve essere nato in lui il desiderio di voler portare gli amici e gli amici degli amici sulla sua “Isola che non c’è” almeno per un giorno. Così tra il pensare ed il fare ecco che il 29 ottobre 2006 si corre la prima edizione del Trail del Monte Casto, un piccolo sogno che finalmente si avvera, un percorso da 21 km e una passeggiata da 9 km entrambi lungo sentieri nei boschi di castagni, faggi, betulle e pini. Il cielo è azzurro e il sole splende, regalando così una splendida giornata con temperature ideali per correre. Il piccolo sogno continua l’anno successivo, il 28 ottobre 2007, con la seconda edizione del Trail del Monte Casto, ricalcando sempre il percorso da 21 km e la passeggiata da 9 km nei boschi. Il cielo è azzurro e il sole splende, donando per una seconda volta una splendida giornata impreziosita da quel piacevole tepore autunnale e non dalla soffocante calura estiva, umida e appiccicosa; quell’amabile irradiamento, che come lucertole andiamo a cercare quando l’inverno sta per arrivare. Il 26 ottobre 2008 la terza edizione del Trail del Monte Casto, un grande sogno che apre le ali e vola per 42 km più il solito, ormai collaudato, percorso da 21 km
e sempre la passeggiata da 9 km per i boschi che a tratti paiono pennellati da Monet. E ancora una volta il cielo è azzurro e il sole splende. All’alba la temperatura è freddina, ma la giornata sarà più che gradevole, perfetta per correre e per poter ancora pranzare e festeggiare all’aperto. C’ero nel 2006 per la 21, nel 2007 passeggiando con mio figlio lungo i 9 km e quest’anno per cavalcare il sogno da 42 km. Ho visto di anno in anno aumentare la partecipazione dei trailers, la mole di lavoro, ma anche la gioia, la soddisfazione negli occhi di chi ha corso, di chi c’era per la prima volta, di chi era all’esordio in un trail ed è rimasto stupefatto dall’ambiente e dall’organizzazione, e poi in ultimo, ma non per ultimo, da chi ha ideato questa manifestazione, che ci crede con il cuore e con l’anima, che ama questi luoghi tanto da volerli far conoscere e condividere, che sta lavorando perché si possa apprezzare queste terre per ciò che offrono, per la loro semplice bellezza, perché chi ci abita si renda conto del valore che hanno questi luoghi e possa rivalutarli. Valori che stiamo perdendo, pensando solo alle nostre quattro mura che ci circondano, come se il mondo esterno non ci appartenesse. Abbiamo fatto i turisti correndo per questi posti, ma il tam tam riecheggia nell’etere: molti arriveranno, altri torneranno, magari anche in periodi diversi, ma ricordiamoci il rispetto, trattiamo i boschi e i sentieri come fossero le stanze e i corridoi delle nostre case, manteniamoli puliti. Mau corre su e giù per questi posti da sempre, li conosce meglio di chiunque altro, ma ha l’umiltà di saper accettare consigli, di scoprire angoli che forse gli erano sfuggiti nella routine degli allenamenti. Questa volta ci ha pensato Aldo, invitandolo a passare per la sua baita, un piccolo gioiello, che lui ha definito “il suo passatempo”. All’origine credo potesse essere un po’ come quelle altre costruzioni semidistrutte che abbiamo visto mentre correvamo. Ma Aldo l’ha fatta rinascere lavorandoci ogni weekend, ogni momento libero. Ha fatto sì che un sogno diventasse reale, che l’immagine proiettata nella mente si trasformasse in qualcosa di tangibile. Un altro esempio di come credendo nei sogni si può cambiare la vita. Mentre correvo, ho pensato che le forze della natura fossero dalla parte di Mau. Il sole, vecchio saggio, ha sparso i suoi raggi regalandoci calore, facendo risplendere i fili d’erba al pianoro delle Selle di Pratetto, all’alpe Monduro, ma soprattutto inventando quei bellissimi riflessi e scorci di luce che penetravano tra i boschi, donando al paesaggio un certo non so che di irreale. Il signore della pioggia ha aspettato qualche giorno a riversare acqua a catinelle sui sentieri ricoperti di foglie secche, un giorno in più non sarebbe stata la fine del mondo. La natura avrebbe poi continuato il suo corso. Era un po’ il suo modo di sdebitarsi per il rispetto e l’amore che lui incondizionataSPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 3
mente le riserva. Quel giorno, il giorno di festa, tutto sarebbe rimasto sospeso nello spazio, come se un’enorme macchina del tempo avesse riportato tutto indietro all’ultima domenica del mese di ottobre del 2006, a quella prima volta in cui un desiderio si stava avverando. Stesse condizioni climatiche, dunque, ma in più c’erano nuovi elementi: bipedi rumorosi e sbuffanti, muniti di strane protuberanze sulla schiena o intorno alla vita, una truppa variopinta e rumorosa che invadeva il Monte e in qualche modo magari avrà dato fastidio ai cacciatori incontrati lungo il percorso allontanando le prede. Solo coincidenze? Forse, ma perché non fantasticare? Mi è piaciuto pensarla così, mentre in solitudine correvo in discesa su un tappeto di foglie fruscianti, camminavo in salita, cercando nel terreno chissà quali tesori, ogni tanto alzavo lo sguardo per cercare la sommità, la fine, il cielo, e una volta raggiuntolo un bel sospiro e via avanti di nuovo. Ho ripercorso tratti già calcati precedentemente con altre persone, ed era come se fossero ancora presenti. Mau con la sua corsa leggera e saltellante, forse per riuscire a tenere il ritmo lento, i gomiti larghi e quella facilità di movimento che tanto invidio, Trab chiacchierava amabilmente tirando il freno, sembrava corressero sul posto, Franz ed io a rincorrere con il fiatone. E’ strano come a volte le piccole cose restano impresse e le grandi passino inosservate, come le parole dette in un certo momento e in un certo luogo rimangano indelebili e il solo passare nuovamente nel medesimo posto in cui sono state dette fa sì che si ritorni per un istante indietro nel tempo, come catapultati in quel preciso fotogramma nel lungometraggio dei nostri ricordi. E’ bizzarro meravigliarsi di come le cose rimangano tali, anche se siamo convinti che il tempo possa, debba mutarle: il lavorio dei cinghiali, i guadi, i ponticelli, la vasca da bagno in mezzo al prato, l’albero caduto di traverso sul sentiero, l’acqua che scorre limpida. Sono le nostre sensazioni a variare, siamo noi in perenne movimento, non il nostro incedere lungo il percorso, ma la nostra anima, l’essere intimo che vive in noi. Sono stata in compagnia, per un tratto, di Mauro Ghirlanda: insieme abbiamo corso, camminato e chiacchierato attraversando la pineta e sbucando poi all’aperto, alla luce tenue del giorno appena incominciato, cogliendo la bellezza, il silenzio e la solitudine del luogo, lieve come lo svolazzare dei frutti del dente di leone una volta soffiati via dallo stelo, è stato come aprire una porta e ritrovarci in un altro mondo, un luogo lontano dalle nostre abitudini, è stato un attimo ma lo abbiamo colto e proseguendo lo abbiamo lasciato alle spalle senza voltarci indietro, sarebbe stato inequivocabilmente diverso, una diversa angolazione, una diversa luce. Poi mi sono involata nel mio viaggio. Ho incontrato Luciano, gli amici di Aldo, all’alpe Scheggiola, dove il padrone di casa aveva promesso un ristoro goliardico
con vino e salame, ma più saggiamente era stato allestito con biscottini, cioccolato, tè ed acqua. Ogni tanto raggiungevo qualcuno, alzando lo sguardo mi appariva così, all’improvviso, sempre attenta a dove mettere i piedi mi accorgevo della presenza di qualcuno solo dal rumore dei passi o dalle voci. Ho visto con piacere le guide alpine, posizionate nei punti più a rischio, gentili e sempre sorridenti. I fotografi sul percorso sono stati grandi, credo di aver sorriso a tutti; era bello incrociare persone, anche se devo confessare che ho gradito la mia compagnia che è diversa dalla solitudine: pregi e difetti di chi corre nelle retrovie. La parte alta della gara è quella che in assoluto mi è piaciuta di più. Il torrente Sessera percorso al contrario, verso monte, quegli spiazzi che Mau ci aveva raccontato essere usati per produrre il carbone. Il ponte a schiena d’asino, il ristoro dei ragazzi del campeggio verde, il gruppo di camminatori chiassosi muniti di bastoncini che hanno invaso parte della sterrata, l’altro ponte stavolta di legno, mancante di un asse e poi la bellissima cascatella, forse meno ricca d’acqua dell’ultima volta, ma comunque paesaggio da favola, ci si aspetta un folletto da un momento all’altro. Al Bocchetto Tessera, all’andata, mentre io partivo per il giro alto il quinto concorrente iniziava il ritorno, e al ragazzo con paletta alla mano che fermava le macchine ho detto: “oh oh, sono un po’ in ritardo…”. E lui, sorridendo, mi ha promesso che mi avrebbero aspettato. Così saluto con un sorriso lui e gli addetti al ristoro e passati quei pochi metri d’asfalto incomincio a scendere verso Pratetto sulla via del ritorno. Questo primo tratto non mi piace molto, non amo i sassi e di rimando penso al trofeo vinto da Mau al Trail de Frahans nel 2006. Una grande pietra intagliata da sapienti scalpellini, semplice, ma di grande valore affettivo, è lì in casa sul muretto a ricordare una vittoria, ma più che altro l’amico al quale era stata dedicata. L’obiettivo quel giorno non era vincere per se stesso, ma era correre e volare come lui sa fare su e giù per quei sentieri in terra di Francia, arrivare per primo portando nel suo cuore Lakpa, un fratello di Dawa. Accompagnandolo per l’ultima volta dove l’aria è rarefatta e il cielo si può toccare con un dito, in cima alle montagne, diverse da quelle Nepalesi, ma pur sempre montagne, fatte di rocce, di boschi, di ghiacci, di piccoli fiori azzurri, di fruscii, di scricchiolii, di vento che sussurra voci e musica sventolando piccole bandiere colorate che volteggiando diffondono buoni pensieri, preghiere e desideri. Il terreno cambia e correre sull’erba è una vera goduria. E’ incredibile come il corpo si risolleva, come anche l’attenzione, pur sempre alta, sembra tirare un sospiro di sollievo, come il passo affondi sofficemente attutendo il sobbalzo. Passo dopo passo, tra tratti di prato e sentieri ci si avvicina alla civiltà per poi allontanarsi di nuovo, quando si torna a salire per un ripido cammino fino alla chiesetta degli Eremiti. Avremmo dovuto girarci intorno,
ma un signore ci ha fatto proseguire a destra, ancora su. Caspita, non ricordavo fosse così. Oggi con tutta probabilità è una di quelle giornate in cui tutto sembra più difficile. Ritorno al racconto di Mau che ci aveva svelato come non ci fossero due strade per salire e scendere dalla Chiesetta, così era stato costretto a tracciare un sentiero nel bosco, pulendolo dalle sterpaglie e ripassandolo in modo da renderlo visibile senza essere invasivo; saremmo passati di lì oggi, ma poi come un sipario, la natura nel giro di poco tempo lo avrebbe abbassato chiudendo il palco nuovamente, immaginando Puck, il folletto di” Sogno di una notte di mezza estate” alla fine del nuovo sentiero che ci dice: “se lo spettacolo non è piaciuto, questo potrebbe aver fatto finta di dormire, oppure può considerarlo come un prodotto dei sogni, e che se lo lasceranno fare, Puck farà ammenda dei danni”. Da qui in poi si alternano tratti in salita, a volte con forti pendenze e discese secche simili alle montagne russe nel bosco, man mano che si scende ci si avvicina ad Andorno, tra gli alberi si vede il campanile. La casa di Mau, sempre aperta per gli amici, è da quelle parti, una casa come quelle di una volta, con scalini di pietra e i locali grandi ed alti, il lungo balcone come quello delle case di ringhiera, in giardino la sua vecchia 500, il pozzo. L’arrivo è sempre più vicino. Le prime case e il profumo dell’arrosto invade la strada, è un po’ triste passare per le vie principali, non c’è anima viva, sono tutti a casa a gustarsi il pranzo domenicale, svoltato l’angolo mi avvio verso gli ultimi metri, mi ricompongo e cerco di aumentare la mia andatura, giro ancora a destra e delle grida mi incitano: “Dai mamma che abbiamo fame…” All’arrivo trovo Davide, Adriano, Stefano e Mirco; sono trascorse 6 ore e 20 minuti dall’inizio del viaggio e adesso è l’ora di condividere con gli altri pensieri e sensazioni. Siamo saliti e scesi, abbiamo valicato valli, guadato ruscelli, calpestato sassi e foglie, attraversato un territorio ai più sconosciuto e senza saperlo siamo passati in un luogo magico nel bosco; un fazzoletto di prato, più o meno dalla forma rettangolare dove, sui due lati opposti, sono cresciute due coppie di alberi che sembrano le porte di un campo da calcio. E, come in quella scena de “l’Attimo Fuggente “in cui il professore Keating esorta i ragazzi, mentre osservano le bacheche dei ricordi ad ascoltare le voci dei loro predecessori: “Ma se ascoltate con attenzione, li sentirete sussurrare il loro monito. Avanti, avvicinatevi. Ascoltate, lo sentite? – Carpe – lo sentite? – Carpe, carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita!” Lasciate che la fantasia si faccia strada ed immaginate che, in quella pezzuola d’erba, sorvegliati dai faggi, dei ragazzini siano in attesa di amici. Mancano Orso SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 4
con il pallone, e Maurizio. La partita senza di loro non può cominciare. “Stanno arrivando” grida Mauro. “Era ora” mugugna Schizzo con un filo d’erba che gli pende dalla bocca, “ancora un po’ e si faceva notte”. “Sei sempre il solito brontolone” replica Paolo. “Ma…cosa stanno facendo? Orso è in piedi sui pedali della bici di Mau e lui sta correndo… sembrano inseguiti da un cinghiale”dice Alex. Tutti insieme urlano e gridano, sbracciandosi. “Dai Mau….” “Forza Orso…” “Daiiiiiiiii….” Dopo la scuola, nei pomeriggi liberi, quando il tempo lo permetteva, dal paese di Andorno partiva una banda di ragazzini in bicicletta, pedalando come matti facevano a gara a chi prima tagliava il traguardo, in piedi sui pedali, gridando, prendendosi in giro, ridendo, arrivando in scivolata dopo una brusca frenata, giù di corsa e in un attimo appariva il pallone, un calcio e il passare delle ore scivolava rapidamente verso il tramonto quando, soddisfatti e inzaccherati, riprendevano le biciclette e fischiettando tornavano a casa.
Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto… HenryDavid Thoreau ▼
Il prossimo anno provate ad ascoltare, tra il fruscio delle foglie le voci allegre dei ragazzi che qualche decennio fa spezzavano il silenzio del bosco.
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GARMIN FORERUNNER405 Testo di Leonardo >leosorry< Soresi
SONO PASSATI ORMAI OTTO ANNI DA QUANDO LA COMPARSA DEL FORERUNNER 101 HA CAMBIATO LE ABITUDINI DI MOLTI PODISTI. MESSI DA PARTE CALENDARI E AGENDE SU CUI SEGNARE ALLENAMENTI E CHILOMETRAGGI, MOLTI SI SONO LASCIATI AFFASCINARE DAI SISTEMI GPS “DA POLSO”. NEL 2006, CON L’USCITA DEL 305, LA GARMIN HA FATTO UN SALTO DI QUALITÀ OFFRENDO UN PRODOTTO CHE HA SBANCATO IL MERCATO, VENDENDO MILIONI DI PEZZI A LIVELLO MONDIALE.
O
ra l’azienda texana ci riprova con il Forerunner 405, ultimo nato in casa Garmin dopo ben 14 mesi di sviluppo che promettono un ulteriore drastico miglioramento tecnologico. Per poter dare un giudizio maggiormente ponderato, oltre a raccogliere come sempre le opinioni dei lettori, abbiamo voluto inserire le osservazioni di ben quattro “tester”: Marco Vendramel, Maurizio “maudellevette” Scilla, Cristina “Cris” Murgia e il sottoscritto. In prima battuta possiamo dire che tutti abbiamo apprezzato il grande sforzo di “miniaturizzazione” fatto da Garmin: si è passati dal modello 305 che somigliava ad un piccolo computer, ad un modello che oramai ha dimensioni del tutto simili a quelle di un orologio normale. Diverse sono state invece le reazioni per quel che riguarda la valutazione dell’effettivo miglioramento rispetto ai modelli passati. Chi possedeva il modello 101/201/301 ne è rimasto entusiasta, mentre chi possedeva i più recenti 205/305 avrebbe desiderato dei miglioramenti più drastici, anche per giustificare maggiormente l’acquisto di uno strumento dal costo non certo contenuto. ▼ SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 6
Look “Sicuramente avanti rispetto ai modelli precedenti” M. Vendramel “Di fatto assomiglia ad un normale cronometro, anche se forse avrebbe potuto essere più “stilosa”. Un mezzo punto in meno per l’aspetto del cinturino che mi è sembrato eccessivamente largo.” L. Soresi “A livello estetico direi che il Garmin 405 è da promuovere, è leggero, comodo da indossare grazie alla morbidezza della gomma del cinturino” M. Scilla “La nuova linea accattivante, i due colori disponibili, nero e verde, le dimensioni notevolmente ridotte e il peso contenuto (solo 60 gr) fanno sì che possa essere utilizzato anche come un normale orologio da polso” C. Murgia Dimensioni e peso “È addirittura leggermente più piccolo di un orologio Suunto (Vector, Altimax…)” M. Vendramel “Niente da dire: il lavoro di miniaturizzazione fatto da Garmin è stato davvero incredibile. Infilatevi su un polso il 305 e sull’altro il 405 e vi accorgerete subito della differenza.” L. Soresi
Funzionalità GPS “Il sistema GPS e di conseguenza l’antenna dovrebbero essere i medesimi del modello 305. I tempi d’aggancio dei satelliti sono velocissimi, direi almeno quattro volte più veloci del modello 201, e nel mio caso posso permettermi di accendere il GPS già in casa, dove è visualizzato senza problemi il segnale. Segnale che in questi due mesi di prova non è mai stato perso su tutti i percorsi che ho fatto: boschi fitti, città, con tempo soleggiato, nuvoloso, temporalesco e nebbia. Il sistema GPS indipendentemente dall’orologio può essere spento, in modo che utilizzato come orologio non sia attivata inavvertitamente la funzione di ricerca dei satelliti a scapito dell’autonomia della batteria.” M. Vendramel “In tutte le uscite di prova ho utilizzato il 405 assieme al 305 per verificare eventuali differenze nelle misurazioni. Il risultato è stato di sostanziale parità in condizioni di segnale forte. Ho riscontrato invece delle differenze, più marcate, in condizioni “ostiche”. Nei sottoboschi il segnale del 405 rimaneva più forte con una misurazione migliore della distanza percorsa. Rimangono invece i problemi relativi alla misurazione dell’altimetria e quindi dei dislivelli: questo però è un problema insito nei sistemi GPS “stand alone”, che può essere superato solo ricorrendo a fonti esterne di dati come fa Sporttracks. Un ultimo appunto riguarda la possibilità di creare delle rotte da seguire durante l’allenamento: questa caratteristica, presente nel 305, è stata invece tolta nel 405” L. Soresi “E’ molto veloce nell’acquisire i satelliti. Ri-
sulta ancora deficitario a livello di altimetria: per poter infatti avere i dati relativi a questa funzione bisogna aspettare di tornare a casa e scaricarli sul PC. Qui però iniziano i dolori perché se si usa il Training Center della Garmin i valori sono molto distanti da quelli reali, mentre le cose vanno molto meglio utilizzando Sporttracks, software gratuito scaricabile dal web. Sicuramente questo non sarà però un problema importante per chi corre solamente su strada.” M. Scilla “Ho trovato il GPS estremamente preciso. L’aggancio dei satelliti è sempre stato immediato, sia da ferma sia in movimento, contro il minuto impiegato normalmente dal 305, da fermo. Non ha mai perso il segnale, sia sotto gli alberi sia in città. E’ inoltre estremamente preciso nella misurazione della distanza: l’ho utilizzato più volte su percorsi di gara, misurati ufficialmente, e lo scarto su un chilometro è sempre stato non maggiore di un metro.” C. Murgia
Funzioni innovative “Non ci sono i tasti! Tranne 2: start/stop/enter e lap/reset/quit.Tutto il resto è affidato ad una ghiera sensibile al tatto con la possibilità di scegliere il livello di sensibilità. Le pressioni sulla ghiera danno accesso alle funzioni: time, training, menu e GPS. I sottomenu sono visualizzabili tramite lo scorrimento del dito sulla ghiera. Non ho trovato assolutamente difficile utilizzare la ghiera durante la corsa, neppure se bagnata. Anche con i guanti che normalmente uso in corsa accedo tranquillamente a tutte le funzioni. Ghiera che in ogni caso è possibile bloccare in modo da non accedere inavvertitamente a pagine diverse da quelle in utilizzo, anche se i tasti che fermano e azzerano il cronometro sono i due di cui ho parlato all’inizio e quindi impossibili da premere inavvertitamente” M. Vendramel “L’idea di utilizzare una ghiera anziché i tasti tradizionali è carina, ma tutto sommato non costituisce un vero valore aggiunto per l’utilizzatore. Inizialmente poi il suo utilizzo non è così intuitivo e talvolta può accadere di premerla inavvertitamente.” L. Soresi “Personalmente non avrei abbandonato i vecchi pulsanti, perché la ghiera non è così facile da usare in caso di uso di guanti o di pioggia.” M. Scilla “Dopo i primi momenti di difficoltà nel comprendere quale fosse l’esatta pressione da effettuare sulla ghiera, le cose non sono andate meglio. Ho provato a modificarne i 3 diversi gradi di sensibilità, ma con nessuno dei tre sono riuscita ad impostare rapidamente le funzioni necessarie per il mio allenamento. Impossibile effettuare modifiche con i guanti o con le mani sudate! In ogni caso per evitare di toccare inavvertitamente la ghiera è possibile disattivarne la funzionalità premendo contemporaneamente i tasti START e LAP posti a lato.” C. Murgia
Autonomia “Sicuramente ridotta rispetto agli altri modelli, io ero abituato alle 14 ore del 201! Questa è di 8 ore in funzione training, quindi con GPS attivo, e di due settimane in risparmio energetico, quindi con la sola funzione d’orologio. Avrei apprezzato anche in questo modello la possibilità di poterlo spegnere completamente e di accenderlo solo per l’utilizzo in corsa, a tutto vantaggio della durata della batteria. Il livello di carica è in ogni caso visualizzabile e, raggiunta la soglia del 20%, avvisa che la batteria è quasi scarica.” M. Vendramel “L’impossibilità di spegnere completamente il 405 è una scelta che fatico a comprendere e che costituisce l’unico punto debole di questo modello rispetto a quelli precedenti. È vero che è possibile disattivare il segnale GPS, ma dubito che qualcuno lo utilizzi normalmente come orologio durante il corso della giornata.” L. Soresi “Il consumo della batterie è indicato con una percentuale decrescente, sistema molto preciso rispetto alle tacche di misurazione proprie dei modelli precedenti. La durata della batteria è però inferiore rispetto a quella del Forerunner 305.” C. Murgia
Schermo “Per quanto riguarda il display trovo che si potesse fare di meglio magari riducendo la grande scritta Garmin del quadrante. Se si utilizza la schermata con 3 dati la leggibilità ne risulta impoverita, in particolare per i 2 dati contenuti nei campi inferiori.” M. Scilla “La scritta Garmin occupa un15/20% del display, quando invece avrebbe potuto essere inserita sul cinturino o sulla cassa dell’orologio. La leggibilità è comunque più che buona, anche se ovviamente non è ai livelli di quella possibile con l’enorme display del modello 305. Eccellente invece la leggibilità in notturna grazie ad un’ottima retroilluminazione.” L. Soresi “Il display permette la visualizzazione massima di 3 campi dati, con una leggibilità ridotta rispetto al 305, soprattutto in corsa. Se si deve consultare un maggior numero di campi, è possibile impostare lo scorrimento automatico e visualizzarne così un massimo di nove. Questa opzione non è però comodissima, poiché non è possibile consultare un dato campo nell’immediato ma bisogna aspettare qualche secondo prima che compaia la schermata corretta. La retroilluminazione permanente è molto efficace ma causa un consumo elevato della batteria” C. Murgia SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 2 7
Garmin Forerunner 405
Dimensioni: 4.8 x 1.6 x 7.1 cm Look
Peso: 60 grammi Tipo GPS: SiRFStar III
Sensore GPS
Alimentazione: batteria ricaricabile litio Waypoint: 100 Software: Garmin Training Center
Cardiofrequenzimetro
Prezzo consigliato: € 329,00 PRO
Software di allenamento
Sensore GPS preciso e “stabile” Esportazione dati wireless Dimensioni ridotte
Ampiezza display
Intuitivo CONTRO
Facilità d’uso
Software limitato Autonomia batterie Impossibilità spegnimento Ghiera a volte imprecisa
Autonomia batteria
IL PARERE DEI LETTORI “Lo uso da sei mesi circa e mi trovo benissimo. La ricezione è ottima, soprattutto nei boschi. L’unica grossa pecca è la ghiera: spesso con il sudore, dopo lunghi trail, non risponde bene ai comandi. Nel complesso è un ottimo strumento, e lo uso anche come orologio.” Maxbello
La grossa differenza dal 305 è il non poter seguire le corse con la mappa. Il cinturino è piccolo. Ricezione satelliti: aggancio migliore e più veloce del 305. Display lettura caratteri e possibilità impostazione schermate: buona. Autonomia batterie: con gps al pari del 305. Nota positiva: l’orologio si può portare sempre e in quel caso senza gps l’autonomia è di circa una settimana. Funzionalità di utilizzo: buona. La ghiera è pratica e immediata. Qualche pecca in presenza di bagnato, in quel caso è meglio bloccarla. Le mie conclusioni sono che per un giro in montagna più escursionistico con possibilità di seguire il sentiero appena fatto, il 305 è insuperabile. Per l’estetica e anche per la praticità di averlo sempre al polso, meglio il 405. Stefano
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INOV 8 MUDROC Testo di Leonardo >leosorry< Soresi
INOV8 È UN’AZIENDA CHE HA SEDE A CROOK, NELLA CONTEA DI DURHAM, NEL NORD –EST DELL’INGHILTERRA. QUESTO PARTICOLARE NON È AFFATTO SECONDARIO COME POTREBBE SEMBRARE: QUESTA ZONA È CARATTERIZZATA DALLA PRESENZA DEI MONTI PENNINI, VERA “SPINA DORSALE” DELL’INGHILTERRA, CHE PARTENDO DAL DERBYSHIRE RAGGIUNGONO I CONFINI DELLA SCOZIA. IN PRATICA LE SCARPE INOV8 NASCONO PROPRIO SUI MONTI DOVE VERRANNO POI UTILIZZATE DAGLI ATLETI DI TUTTO IL MONDO E L’AZIENDA PRODUTTRICE SI FA VANTO DI ESSERE COSTITUITA PRIMA DI TUTTO DA PERSONE CON LA PASSIONE PER LA CORSA IN MONTAGNA.
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l secondo aspetto caratteristico della Inov8 è da ricercare invece nel gioco di parole Inov e 8 (eight) che suona come “Innovate”, il verbo “innovare”. Le loro calzature non si limitano ad essere esclusivamente funzionali e leggere, ma soprattutto innovative. La filosofia costruttiva che guida il team Inov8 nella progettazione delle scarpe è semplice ma allo stesso tempo rivoluzionaria: correre scalzi è associato a un’incidenza minore di patologie croniche o acute alla caviglia e agli arti inferiori. Partendo da questo assunto, tutte le scarpe prodotte sono tali da seguire con precisione la forma del piede, offrendo a chi le indossa una calzata sicura e flessibile. Il piede ha 26 ossa e un sistema di articolazioni multidirezionale che gli permette di seguire perfettamente le variazioni dell’andamento del terreno: le scarpe non devono far altro che proteggerlo dalle asperità dell’ambiente esterno, mantenendo le sensazioni e la funzionalità del correre scalzi. Un ulteriore aspetto che caratterizza la Inov8 è la profondità della gamma offerta: attualmente ci sono 21 modelli in catalogo, un numero che non ha eguali fra le imprese che producono scarpe da trail e che può addirittura lasciare confuso il cliente finale. Per semplificare le cose, Inov8 ha deciso di identificare ogni modello con un nome ed un numero. Il numero indica il peso in grammi della scarpa per una misura 43, mentre il nome dà un’indicazione del tipo di terreno sul quale può essere utilizzata. Quelle che questo mese ci accingiamo a testare sono le Mudroc 280, la versione da competizione della Mudroc 290, modello cui la rivista Runners’ World nel 2003 assegnò il premio “Product of the year”. La sensazione che si prova non appena si indossa la scarpa è davvero difficile da descrivere: per me abituato a correre solamente con scarpe pesanti e superammortizzate da 400 grammi, è stato un vero e proprio shock. Se non le avessi infilate ai piedi io stesso avrei creduto di essere ancora scalzo. Il comfort è ottimo, anche perché la tomaia è leggerissima e perfettamente traspirante. L’allacciatura unitamente al
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sistema MetCradleTM regala una bella sensazione di fasciatura attorno al piede, sicura ma non fastidiosa. Il secondo aspetto che cattura subito l’attenzione è la suola: sembra che la Inov8 vi abbia piantato dei denti di squalo. I 54 tasselli di gomma presenti su ogni singola suola assicurano una tenuta incredibile anche in condizioni estreme. Le prime due settimane di novembre, caratterizzate nel nord Italia da continui piovaschi, hanno costituito un eccezionale banco di prova: fango, erba e rocce bagnate, ruscelli da attraversare. Il risultato? Le scarpe non hanno mai fatto una piega, quasi che stessi correndo sull’asciutto. La tenuta è davvero qualcosa di unico, difficile da immaginare se si è sempre utilizzato un modello da trail classico. Non è un caso che la suola sia realizzata nel materiale che in Inov8 hanno chiamato “Sticky Rubber Compound”, una mescola molto morbida che è stata sviluppata utilizzando la stessa tecnologia della gomma da arrampicata. Attenzione però che questo composto è tanto performante
quanto veloce a consumarsi, soprattutto se utilizzato su roccia. Ovviamente un peso così leggero ha un costo non indifferente: l’ammortizzazione è minimalista, per non dire quasi assente, e all’inizio è facile correre con il cuore in gola temendo per i propri tendini e le proprie ginocchia. Eppure proprio questa del minimalismo è una corrente che in America sta prendendo sempre più piede, con campioni del calibro di Tony Krupicka e Kyle Skaggs che non solo corrono con calzature leggere, ma che eliminano addirittura le suolette per “sentire” ancora di più il contatto con il terreno. In effetti queste Mudroc 280 anziché affidarsi a strati in Eva o in altri materiali elastici per assicurare l’ammortizzazione, preferiscono sfruttare la curvatura naturale del piede. Il BiPlanarTM Heel è infatti un disegno della suola nel quale la sezione della parte sotto al tallone presenta due piani allineati con la curvatura naturale del piede. Questo consente di attutire in modo naturale gli urti che il tallone riceve in particolar modo nelle discese.
Personalmente le ho trovate perfette per gli allenamenti di 15-20 km dove il sentiero costituisce la maggior parte del fondo: erba e terra sono già di per sé superfici “ammortizzate” e l’appoggio del piede molto più naturale compensa abbondantemente la risposta più “secca” offerta dalle scarpe. Per allenamenti più lunghi oppure con superfici rocciose, ho preferito invece inserire, al posto della soletta originale, una soletta ammortizzante, con risultati più che dignitosi: nessun dolore a ginocchia o tendini, e una meravigliosa sensazione di controllo nelle discese. In conclusione, la Mudroc 280 è una scarpa che esce dai canoni cui siamo abituati e che non cerca compromessi: imbattibile su terreni fangosi, fa di un grip pazzesco il suo punto di forza principale. Di certo chi le utilizza deve conoscerne anche i punti deboli, o meglio deve rispettarne gli ambiti di utilizzo per cui è stata concepita. ▼
PARAMETRI DI VALUTAZIONE Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo? Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase di appoggio a quella di stacco da terra? Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata? Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno sconnesso? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali infortuni? Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di scivolare sia su fondi asciutti sia bagnati? Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici? Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta durante le discese? Peso: qual è il peso della scarpa?
VALUTAZIONE delle INOV 8 MUDROC Comfort:
ECCELLENTE
La tomaia è leggerissima e perfettamente traspirante. Anche dopo due ore di allenamento intenso i piedi rimangono perfettamente asciutti. L’imbottitura interna è ridotta all’osso ma non ci sono rigidità che possono causare vesciche.
Reattività:
OTTIMA
Con le Mudroc 280 ai piedi sembra di non indossare nulla. La corsa è estremamente naturale, leggera, agile e precisa.
Ammortizzazione:
MINIMA
Le Mudroc 280 sono state studiate per percorsi non troppo lunghi su singletrack fangosi e umidi. Solo atleti veloci e leggeri possono permettersi di utilizzarle su percorsi diversi o più lunghi.
Stabilità:
ECCELLENTE
Le Mudroc 280 si muovono all’unisono con il piede sfruttando la naturale capacità del piede di mantenersi in equilibrio. Il design specificatamente studiato per le Mudroc segue esattamente la naturale biomeccanica del metatarso per non ostacolarne l’efficienza.
Grip:
OTTIMO
Anche costretti a correre su sentieri coperti da fiumi di fango non vi troverete a fare pericolosi ruzzoloni. Il design del battistrada è davvero aggressivo e la mescola StickyTM fa egregiamente il suo lavoro.
Protezione:
MINIMA
La protezione in gomma anteriore è davvero minimale, ma è proprio su questo aspetto che la Inov8 ha lavorato per togliere ancora grammi rispetto alla versione precedente.
Sistema di Chiusura:
BUONO
Peso:
OTTIMO
Il sistema di allacciatura asimmetrico è flessibile ed affidabile. La scarpa, con un peso di 280 grammi (versione maschile e misura US9), è ai limiti del “correre scalzi”. In alcuni momenti occorre guardare per rendersi conto di avere qualcosa ai piedi.
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CONDIZIONI DI TEST
Mudroc 280 INOV 8
Distanza: 100 km Terreno: sassi, rocce, fango, erba
Comfort Reattività Ammortizzazione Stabilità
DATI TECNICI Peso: 280 gr vers. maschile Prezzo: 114 € (consigliato) Misure: uomo: da US 4 a 12 Garanzia: 1 anno Colori: verde/nero
Grip Protezione Sistema di chiusura
CONSIGLIATA PER Appoggio: Neutrale Tipo gara: Trail corti, corsa in montagna
Peso Prezzo
Atleta veloce: gara Atleta lento: solo allenamento
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[CONCORSO FOTOGRAFICO...]
“SCATTI… DI CORSA!” “SPIRITO TRAIL” BANDISCE IL 1° CONCORSO FOTOGRAFICO “SCATTI… DI CORSA!” SUL TEMA: “LA CORSA IN NATURA”
OVVERO
IMMAGINI
ED EMOZIONI DEL TRAIL RUNNING.
Regolamento 1. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, senza distinzione di età o nazionalità. 2. Il concorso prevede una sola categoria ma è lasciata la massima libertà sia nell’interpretazione del soggetto sia nella tecnica. 3. Ogni autore/autrice può presentare un massimo di 3 fotografie in b/n e/o colore. Sono ammesse elaborazioni digitali. 4. Le opere dovranno avere le seguenti caratteristiche: . essere esclusivamente in formato digitale JPG . essere spedite via e-mail a redazione@ spiritotrail.it . essere nominate con cognome e nome dell’autore e numero progressivo in minuscolo separate da under_score (esempio: rossi_marco_01.jpg rossi_marco_02. jpg ) 5. Le foto potranno essere accompagnate da una didascalia, una storia, una poesia per raccontare l’evento legato al soggetto fotografato. 6. Le foto possono essere state scattate in ogni parte del mondo. 7. Le foto pervenute sono a disposizione della redazione e possono essere utilizzate senza vincolo alcuno. 8. Gli autori, inviando le foto, dispensano la redazione da qualsiasi onere presente e futuro, garantendo che le stesse opere non sono gravate da qualsivoglia diritto. 9. Le opere dovranno essere di proprietà dell’autore, non sono ammesse foto non scattate dell’autore 10. Il giudizio della Giuria è insindacabile ed inappellabile. 11. Ogni autore è responsabile del contenuto delle immagini pervenute e ne autorizza l’esposizione in internet sul sito www.spiritotrail.it 12. La premiazione verrà effettuata in
data e luogo da definirsi al termine del concorso. 13. L’invio stesso delle foto verrà considerato come accettazione del presente Regolamento. COMMISSIONE La commissione esaminatrice, presieduta dalla fotografa Belinda Sorice, è composta dalla redazione della webzine Spiritotrail. La commissione deciderà insindacabilmente le opere da premiare basandosi sui criteri seguenti: 1) QUALITA’ E TECNICA FOTOGRAFICA 2) CREATIVITA’ 3) PUNTO DI RIPRESA L’elenco dei primi classificati verrà pubblicato online sul sito www.spiritotrail.it. Il vincitore sarà contattato direttamente dalla redazione.
PREMI Tra le foto pervenute entro il giorno 20 di ciascun mese, la commissione esaminatrice sceglierà la “Foto del mese” che verrà pubblicata sulla webzine “Spiritotrail” del mese successivo. Tra le 6 foto prescelte come “foto del mese” nel periodo luglio 2008 – dicembre 2008 verrà scelto un vincitore assoluto, la cui foto verrà premiata con il titolo di “Foto dell’anno”. La foto dell’anno, oltre ad essere pubblicata sul numero di dicembre della webzine, rimarrà esposta per almeno un anno al seguente indirizzo: www.spiritotrail.it SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 2
Skyrace Val Porcellizzo - Foto di Ivano Franguelli
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[INTERVISTE...]
& Matteo
GRASSI Simone
BROGIONI a cura di Matteo >emme< Grassi foto di Belinda Sorice e archivio M. Grassi
È DICEMBRE. IL 2008 VOLGE AL TERMINE E CON ESSO UNA PRIMA, INTENSA FASE DI SPIRITO TRAIL, LA “NOSTRA” WEBZINE ORMAI PRONTA PER IL GRANDE PASSO DAL WEB ALLA CARTA STAMPATA. E ALLORA PERCHÉ NON COGLIERE L’OCCASIONE PER UN’INTERVISTA DOPPIA UN PO’ SPECIALE? LASCIAMO STARE PER UNA VOLTA LA GENTE CHE CORRE SUL SERIO, QUELLI CHE HANNO METODO E RISULTATI, INSOMMA, QUELLI CHE HANNO QUALCOSA DA INSEGNARE, E CONCEDIAMO UN PO’ DI SPAZIO A DUE “SPIRITI” UN PO’ COSÌ ... SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 4
Anzitutto: vuoi presentarti?
Caspita! È ben strano rispondere alle proprie domande, comunque: Matteo Grassi, 36 anni, di Padova.
Simone Brogioni, 1967, Firenze
Quando e perché hai iniziato a correre? Hai mai smesso per poi riprendere?
Avevo 14 anni, era una gara di 7 chilometri. Arrivai in ritardo alla partenza, ma prima della fine recuperai quasi tutti. A 16 anni la mia prima maratona fu collinare, la Traversata dei Colli Euganei: arrivai in fondo strisciando. A 27 anni la mia prima ed unica maratona su strada. Quest’anno per la prima volta oltre i 42 chilometri: mi è piaciuto. In questi 22 anni ho amato tanto la corsa, ma a volte l’ho tradita, abbandonandola per alcuni periodi in cui mi sono dedicato a tempo pieno prima allo studio, poi al lavoro e alla famiglia.
Da piccolo correvo sempre. Ricordo che mio padre prendeva per mano me e mio fratello e correva fino alla fine del marciapiede. Era un gioco bellissimo, le gambe frullavano all’impazzata e mi sembrava di volare; andava a finire sempre che non reggevo il ritmo e mi lasciavo andare, strascicando i piedi. Alle elementari ero il più veloce della scuola, e in prima media partecipai alle selezioni per i Giochi della Gioventù, vincendo nei 60 metri con il tempo di 9 secondi. Proprio alle semifinali regionali dei Giochi della Gioventù scivolai sui blocchi di partenza, perdendo più di un secondo. La mia carriera da velocista finì lì. Ho ricominciato a correre nel 2004, ma non ricordo perché.
Parliamo un po’ di allenamento e di gare: ti segue qualcuno oppure sei un corridore fai da te? Ti tieni aggiornata leggendo riviste o libri che parlano di allenamento? Segui delle tabelle?
Semplice. Indosso le scarpe e parto. Non ho né giorni fissi, né orari. Si tratta di ritagliare il momento giusto, in un gioco di incastri ed equilibri. Ho tre percorsi lungo il Brenta: 12-15 e 19 km. Quando riesco mi sposto sui colli Euganei e a volte nei fine settimana corro in provincia di Treviso (Montello, Colli, Prealpi), a volte mi spingo più in alto, sulle montagne. Ultimamente, avendo problemi a un ginocchio, ho iniziato a fare pedalate “trail” lungo i fiumi e i canali intorno a Padova. Chissà, se non passa mi darò alla pesca... sportiva, però!
Corro la sera dopo il lavoro. Non c’è giorno che non mi faccia fatica, ma ho la testa dura e difficilmente rinuncio al mio allenamento quotidiano. Spesso corro in riva all’Arno, su terreno sterrato, oppure nella zona del Piazzale Michelangelo. Ho la fortuna di abitare in una città che, nonostante non offra la possibilità di grandi percorsi trail, sa sempre emozionare con le sue vedute, specialmente d’estate al tramonto.
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Raccontaci qualcuna delle tue esperienze: qual è stata la corsa/ gara più bella che hai fatto? La più lunga, la più dura, la più “strana”? Quella che non rifaresti?
La Traversata dei Colli Euganei, per motivi affettivi, è sempre al primo posto. Ma ce ne sono anche tante altre fra cui ovviamente la Lavaredo Ultratrail, organizzata da... ah sì, da Simone... Alcuni dei ricordi più belli però sono di corse fatte in completa solitudine. Giornate trascorse da solo su e giù per le valli.
Le gare in montagna mi rapiscono. Sono affezionato alla Camignada, è stata la corsa che mi ha fatto innamorare di questo sport. Mi è piaciuta anche la Transcivetta, con la sua formula della gara a coppie. Ma forse se ne dovessi scegliere una in particolare sceglierei l’ecomaratona del Chianti. La più dura per me è stata l’ecomaratona dei Cimbri, fatta senza allenamento. Le più strane sicuramente le corse di retrorunning, con la gente che scuote la testa quando ti vede passare. Non rifarei e non rifarò le corse con partenza libera, è una cosa che non concepisco.
Qual è la gara che stai ancora sognando?
Il mio sogno non ha un nome. Ma se chiudo gli occhi lo vedo: correre veloce e senza fatica, salite, discese, boschi, prati ghiaioni, il vento in faccia, il panorama tutt’intorno.
Il Royal Raid alle Isole Mauritius... chissà...
Corri da sola o hai compagni di allenamento? E alle gare ci vai da sola?
Fino all’anno scorso sempre da solo. Un vero e proprio selvatico! Poi grazie al Forum e alla Webzine ho conosciuto un sacco di persone, con le quali ci si trova, alle gare o ai Trail Autogestiti. E devo dire che ho trovato anche degli amici.
Corro spesso da solo; ultimamente con Cris, la mia allenatrice, che mi ha fatto migliorare di parecchio. Visto che abbiamo i bioritmi speculari, quando uno dei due è in forma tira l’altro e viceversa. Ovviamente si conoscono tante persone correndo, ma riesco a fare amicizia solo con quelle che non parlano esclusivamente di corsa, tempi al km e metodi di allenamento. Condividere una grande passione come la corsa porta inevitabilmente ad avvicinarsi e, perché no, ad innamorarsi.
Parliamo di alimentazione: segui una dieta? Sei sempre attenta a quello che mangi oppure no, e ti concedi qualche vizio ogni tanto?
Mangio tanto e di tutto un po’, ma non ingrasso. Per Bacco! Se ne ho di vizi...
Uno dei motivi per i quali corro regolarmente è proprio la possibilità di mangiare e bere quanto voglio. Ma se prendo due chili, che vanno a ricadere nella pancia, non mi sento a mio agio e mi metto “a stecchetto” per un paio di settimane, fino a ritornare al mio pesoforma. Vizi? Adoro la birra e so di essere in buona compagnia in questo sport. Niente superalcolici e niente fumo.
Cosa mangi prima di una gara lunga? E durante? E dopo?
I giorni prima: carboidrati. Due-tre ore prima della partenza 120 grammi di pasta con olio e grana. Durante niente fino alle 4-5 ore, poi qualche gel. Dopo, di tutto di più.
Mi hanno sempre detto tutti di mangiare tanta pasta prima di una gara lunga, e così faccio, anche se non so perché. Il gelato poi è obbligatorio, mi rende felice. Durante mangio di tutto: dalla pizza, alle crostatine, ai gel. Dopo non se ne parla! Primo, secondo, dolce, birra, birra e birra.
Oltre la corsa: hai un diario, un quaderno di appunti, un blog? Tieni traccia o memoria delle tue corse?
Certo. Ho da sempre un diario per le corse. Prima cartaceo, oggi in digitale, in cui segno: data, luogo e caratteristiche della corsa. Da un anno e pochi mesi ho un blog in cui racconto le mie
Credo di aver scritto per 3 o 4 giorni i tempi dei miei allenamenti, all’inizio. Più che scrivere, mi piace leggere le emozioni degli altri. Anche per questo ho creato il forum di Spirito Trail, dove i racconti dei SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 3 6
esperienze e descrivo l’aspetto più intimo ed emozionale. Scrivo poi su ST Webzine (cioè qua), che fra pochissimo diventerà una rivista cartacea...
partecipanti sono le mie letture preferite.
Come concili la corsa con tutto il resto (lavoro, famiglia...)?
Ci provo!
Ora abbastanza bene. Un po’ peggio quando le mie due bimbe erano piccole. Allora era dura, soprattutto per le ore di sonno perse.
Scusa ma... perché corri?
Corro perché mi piace.
Non mi piace la corsa fine a se stessa, trovo che sia uno sport noioso. Corro per allenarmi in vista di gare, soprattutto in montagna, che altrimenti non potrei sostenere. A questo penso durante i miei allenamenti più noiosi: al fatto che lo sto facendo in vista di qualcosa di esaltante.
...tema libero!
Eccoci al dunque, spazio per la reclame! No dai, scherzo. Aggiungo solo una cosa. Per me la corsa va ben oltre il puro e semplice sport: è una passione e soprattutto uno stile di vita. La corsa mi ha aiutato nei momenti difficili, e non solo come sfogo, ma piuttosto per la capacità di resistere che mi ha insegnato.
Nel trail running ho trovato persone ricche di umanità e di spirito. Mi auguro che la semplicità e la spontaneità che ho respirato finora possa resistere nel tempo, sia sul forum di Spirito Trail, sia sulla futura rivista che spero di cuore possa piacere, proprio perché con il cuore è fatta. Grazie a tutti voi.
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WINTER TRAIL 2008-2009 Testo di Marco >marcobummi< Flamminii Minuto
E
’ uscito il calendario Winter Trail per la stagione 2008/2009. Le sei tappe che lo compongono seguono la filosofia vincente del calendario Parks Trail estivo e cercheranno di replicare il grande successo di questo circuito. I percorsi pertanto saranno accomunati dal fatto di presentare tracciati abbastanza scorrevoli, non eccessivamente lunghi e in grado di soddisfare sia i trailer più accaniti sia quanti vogliono cominciare a praticare il trail running. Si comincerà il 14 dicembre con il Trail dei due Laghi che prevede partenza ed arrivo ad Anguillara Sabazia, a due passi dalla capitale. La gara si svolgerà sulle strade sterrate e sui sentieri che costeggiano il Lago di Bracciano e il suo fratello minore, il lago di Martignano. Il 28 dicembre ci si sposterà ad Atina per la seconda edizione dell’Eno Trail, competizione organizzata con un pizzico di spirito goliardico dall’ASD Atina Trail Running. Lungo il tracciato i ristori saranno a base di ottimo vino locale DOC. Il nuovo anno si aprirà il 4 gennaio 2009 con una tappa immersa nell’Appennino Romagnolo, a Poggiolo in provincia di Ravenna, su un bel tracciato di 22 km. Il 25 gennaio sarà la volta del Winter Trail dei Marsi a Collelongo, località celebre tra i trailer per essere il luogo di partenza dell’Ecomaratona dei Marsi, la prima ecomaratona in Italia. L’8 febbraio ci si sposterà nei pressi di Viterbo per correre la prima edizione del Trail dei Monti Cimini, su un percorso molto suggestivo a due passi dalla città dei papi. La stagione del circuito Winter Trail si chiuderà a Campo Imperatore, a due passi da Castel del Monte, per l’omonimo Winter Trail, una gara particolare che si correrà su un percorso innevato. Di seguito il calendario con le informazioni sulle varie gare:
Anguillara Sabazia (RM) – 14 Dicembre 2008 Winter Trail dei 2 Laghi 19 Km ASD ANGUILLARA SABAZIA RUNNING CLUB www.asrc.it – info@asrc.it cell 348 2827796 Fax 06 99815375
Collelongo (AQ) – 25 Gennaio 2009 Winter Trail dei Marsi 15 Km ASD Ecomaratona dei Marsi Tel 328 1190037 www.ecomaratonadeimarsi.it
Atina (FR) – 28 Dicembre 2008 Atina Doc Eno Trail 14 Km ASD ATINA TRAIL RUNNING www.atinatrailrunning.com – info@atinatrailrunning.com cell. 348 3349155 – 348 3302382 Fax 077 6610556
Monti Cimini (VT) - 8 Febbraio 2009 Monti Cimini Trail 16.9 Km ASD Cimina Running Viterbo www.monticiminitrail.it Cell 335 5482434 Fax 0761 1760266
Poggiolo (RA) - 4 Gennaio 2009 Poggiolo Winter Trail 22 Km GM Sport 0546 51127 Cell. 339 1782.597
Castel del Monte (AQ) - 1 Marzo 2009 Winter Trail di Campo Imperatore 15 Km Polisportiva Castel del Monte – ASD PARKS TRAIL www.krakatoasport.com cell 347 5852327 ▼
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2 MEZZA ECOMARATONA a
della VALDORCIA 26 dicembre 2008
Testo di Simone Brogioni Foto a cura dell’Organizzazione
DIFFICILE “FARE IL TEMPO” AD UNA GARA CHE SI CORRE IL GIORNO DI SANTO STEFANO, ALL’INDOMANI DI PRANZI NATALIZI CHE NON INVOGLIANO CERTO A SVEGLIARSI PRESTO E A CORRERE VELOCI. MA NEL TRAIL IL CRONO NON È IMPORTANTE, PER CUI BEN VENGA LA MEZZA ECOMARATONA DELLA VALDORCIA, LA CUI SECONDA EDIZIONE SI SVOLGERÀ APPUNTO IL PROSSIMO 26 DICEMBRE. DOPO L’ECOMARATONA DEL CHIANTI DELLO SCORSO OTTOBRE, LE CAMPAGNE SENESI ACCOGLIERANNO NUOVAMENTE IL POPOLO ITALIANO DEI TRAILER, PRONTO AD IMMERGERSI NEI COLORI INVERNALI DELLA SPLENDIDA PIENZA.
Tra sogno e realtà Ho sognato gambe lanciate in corsa superbamente volte ad amene fatiche. Ho sognato sudore in perle gocciolanti a inumidire bruna terra, e macchie di colore in filare movimento negli ondulati nastri di bianche strade. La cornice era meraviglia di volti, di occhi mai avvezzi al bello pronti a lasciare ardore umano ad un acquarello invernale tinto di magia. Ho sognato la realtà di ogni ventisei dicembre nell’avvenente Pienza, e voi Podisti per un giorno attori di quest’avventura lunga ventuno chilometri …e poco più. Alessandro 18/9/2008
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1 TRAIL della ME R L A °
24-25 gennaio 2009
Gli ORSI corrono, corrono sempre! Testo e foto: Gli Orsi
O
rmai è diventato un vizio: neve, grandine, sole spaccapietre, buio, freddo… D’inverno, invece di ritirarsi in letargo, gli Orsi amano scorrazzare tra le colline del territorio alessandrino, in mezzo a vigneti, prati ricoperti di brina, assaporando il profumo della terra argillosa e l’aria frizzante che con un brivido solletica le guance. Il 24 e 25 gennaio 2009, il gruppo sportivo “Gli Orsi”, ormai conosciuto da tutti i trailers in quanto organizzatore dell’ultratrail “Le Porte di Pietra”, invita a conoscere un percorso meraviglioso chiamato “Il trail della Merla”, suddiviso in due parti: una notturna di 18 km il sabato (450 D+) e 37 km la mattina dopo (1000 D+). Il tutto percorrendo i sentieri collinari tortonesi, in provincia di Alessandria. La somma dei tempi darà la classifica finale. I tracciati saranno prevalentemente sterrati con paesaggi mozzafiato a 500 metri di altitudine. Preparatevi psicologicamente: il trail si svolgerà in qualsiasi condizione atmosferica!
La prima tappa percorre nei primi 3 km scalinate e ripide rampe asfaltate inframezzate dai sentieri dei giardini per raggiungere la Torre di Tortona; segue un tratto pianeggiante per affrontare poi due salite, quella del Monte Canino e quella che porta a Sarezzano. Il più è fatto, rimane solo una breve rampa fra le vigne e poi ci si potrà godere, presso la palestra Fausto Coppi, la cena, potendo così condividere una bella serata insieme. La seconda tappa, dopo i primi km pianeggianti (per uscire dall’abitato di Tortona ) diventa subito abbastanza impegnativa con alcuni saliscendi tra boschetti e vigne, poi si affronta la salita più lunga della gara che conduce ai 500 m della torre di S. Alosio, proprio nei pressi di Castellania, paese natale di Fausto Coppi. Inizia il rientro con una lunga e facile discesa, ancora qualche strappetto e infine il pianoro finale per raggiungere il traguardo. ▼
SCHEDA TECNICA: Trail della Merla sabato 24 gennaio 18km 450m d+ domenica 25 gennaio 37km 1000m d+ luogo: Tortona (Alessandria) organizzazione: Gli Orsi www.gliorsi.org info@gliorsi.org pernottamento: sarà possibile dormire nella palestra con materassino e sacco a pelo.
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[PREVIEW...]
IL TRAIL si VESTE di BIANCO Testo e foto a cura dell’Organizzazione
Trail Blanc I
4 gennaio 2009
l Trail Blanc e la Guisanette, che aprono la stagione del trail running 2009, si corrono in territorio francese, appena al di là del confine del Monginevro, a Villeneuve(Serre Chevalier), qualche km da Briançon. La particolarità di queste gare è data dal fatto che si corrono completamente su terreno innevato, con tratti su pista battuta e altri nel bosco con la sola motoslitta che ha tracciato il percorso, quindi la durezza della gara cambia molto a seconda delle condizioni della neve; in genere la temperatura può variare dai +5°C ai -10°C. L’associazione Courir en Briançonnais, forte dell’esperienza dei suoi due membri fondatori, Patrick Michel (già vincitore dei Templiers) e Marc Caveglia, organizzatori anche del Trail des Cerces, organizza
l’evento in modo rigoroso: circa 150 persone sono coinvolte nell’assistenza, lungo il percorso e all’arrivo, sicuramente un’organizzazione con molta esperienza e passione che non lascia nulla al caso. I due percorsi sono tracciati a forma di anello; il Trail Blanc prevede 27 km con 750 m di dislivello e si sviluppa fra i piccoli villaggi dell’alta valle della Guisane con alcune puntate nel bosco, quando i trailers già affaticati ritornano a Villeneuve; la Guisanette invece è la sorella minore con i suoi 10 km e 400 m di disl. Il sabato pomeriggio sarà in funzione un salone dedicato agli organizzatori di trail e alle ditte di materiali sportivi; è consigliabile iscriversi in anticipo visto che il numero chiuso è di 1.000 partecipanti. ▼
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[PREVIEW GARE...]
TRE SOGNI PER
NATALE È ARRIVATO IL FREDDO, QUELLO VERO, E NEGLI ULTIMI GIORNI ANCHE LA NEVE HA DECISO DI ANTICIPARE IL SUO ARRIVO, COPRENDO LE MONTAGNE E I SENTIERI SUI QUALI ANDIAMO AD ALLENARCI. LE GIORNATE SI SONO ACCORCIATE E PER CHI SI ALLENA LA MATTINA PRESTO O LA SERA, QUESTA È LA STAGIONE IN CUI LA LAMPADA FRONTALE NON PUÒ MAI MANCARE. ANCHE QUESTI MESI HANNO IL LORO FASCINO E COSTITUISCONO UN PERIODO RIGENERANTE PER CHI METTE DA PARTE LE SCARPE DA TRAIL E SI DEDICA ALLO SCI DI FONDO. PERÒ OGNI TANTO IL PENSIERO NON PUÒ CHE VOLARE LONTANO, VERSO I LONTANI TROPICI, DOVE IL CALDO E IL SOLE LA FANNO DA PADRONI, E IN CUI L’ABBIGLIAMENTO TECNICO CONTRO IL FREDDO È INUTILE. ORMAI CI SONO MOLTE GARE, IN OGNI ANGOLO DELLA TERRA: DAL POPOLARISSIMO GRAND RAID DE LA RÉUNION, CHE RADUNA 2000 CONCORRENTI OGNI ANNO, ALLA TRANSGRANCANARIA CHE ABBIAMO PRESENTATO SUL SECONDO NUMERO DI SPIRITO TRAIL. QUESTO MESE VOGLIAMO PRESENTARVI TRE EVENTI CHE, IN POCHE EDIZIONI, HANNO ATTIRATO PREPOTENTEMENTE L’ATTENZIONE DEI TRAILERS DI TUTTO IL MONDO: BOAVISTA ULTRAMARATHON, THE COASTAL CHALLENGE E IL ROYAL RAID ALLE ISOLE MAURITIUS. TRE TIPI DI GARE COMPLETAMENTE DIFFERENTI, IN LUOGHI LONTANISSIMI TRA DI LORO, UNITE DA UN CLIMA CHE NON CONOSCE IL FREDDO E DA PERCORSI CHE ATTRAVERSANO LUOGHI INCONTAMINATI IN CUI LA NATURA È ANCORA CAPACE DI STUPIRE L’UOMO. NON SOLO GARE QUINDI, MA DEI VERI E PROPRI VIAGGI, DI QUELLI CHE A TUTTI NOI PIACEREBBE TROVARE PER NATALE SOTTO L’ALBERO.
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[PREVIEW GARE...]
THE COASTAL CHALLENGE Testo di Leonardo >leosorri< Soresi photo © Tim Holmstrom
T
he Coastal Challenge nasce dall’esperienza di Tim Holmstrom, americano che da un decennio si occupa di gare multisport e che è anche collaboratore dell’Eco Challenge e della Primal Quest. Innamorato del Costarica, in questi ultimi anni ha lanciato addirittura tre gare (la Route of Fire, sempre in Costarica, e la Island Run a Panama). Holmstrom ha ripreso la struttura delle grandi gare a tappe, puntando su percorsi altamente scenografici che danno ai partecipanti l’occasione di attraversare i luoghi più belli del paese del Centroamerica. “La mia gara pone l’accento sulla parola esplorazione, non solo di luoghi ma anche della propria interiorità. Tutti possiamo fare molto di più di quel che crediamo, ma non lo possiamo sapere fino a che non raccogliamo la sfida”. Punti forti della The Coastal Challenge sono l’estrema varietà dei panorami e del fondo, che vanno dalle splendide spiagge ancora non toccate dal turismo, alle creste montuose, ai sentieri immersi nella foresta tropicale del Corcovado National Park, luogo considerato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Due sono le versioni presenti: la Expedition Run di 230-250 km in sei tappe che vanno da 18 a 60 km, o la più abbordabile Adventure Run di “soli” 150 km. Oltre alla distanza, la difficoltà principale è rappresentata da un fondo spesso irregolare, nonché dalla presenza di corsi d’acqua da guadare e di cascate da attraversare. SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 4
[PREVIEW GARE...] SCHEDA TECNICA
THE COASTAL CHALLENGE 5a Edizione
Luogo: Costarica Tipo di gara: gara a tappe in due versioni Expedition Run : 250 km Adventure Run: 150 km I concorrenti della Expedition Run che non riescono a rientrare nei tempi limite possono continuare nella Adventure Run. Partenza: Verrà svelata il giorno precedente. Arrivo: Bahia Drake, vicino al confine con Panama Distanza: le tappe variano da 18 a 60 km Percorso: giungla, sentieri montani, estuari di fiumi, spiagge. 85% sentieri 12% strade forestali 3% asfalto Dislivello+: non dichiarato Partecipanti: 70 concorrenti Note: una tappa verrà corsa all’interno del Corcovado National Park, una delle foreste tropicali più belle del mondo. Ristori: Sì, ogni 12-18 km. Il concorrente deve essere autosufficiente tra un ristoro e l’altro. Segnaletica: percorso segnato e servizio scopa Prossima edizione: 31 gennaio – 7 febbraio 2009 Costo $ 2.450 Sito web: www.thecoastalchallenge.com
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BOA VISTA ULTRAMARATHON L
a Boa Vista Ultramarathon è arrivata già all’ottava edizione, e ormai non raccoglie più solo italiani, ma atleti provenienti anche da Germania, Francia Svizzera e Austria. La formula è semplice: 150 km no-stop fra piste, sterrati e sentieri, ma soprattutto un’immersione totale in uno scenario lontanissimo dalla nostra realtà e dalla nostra immaginazione. L’isola di Boa Vista è uno degli ultimi paradisi incontaminati del nostro pianeta, ancora sconosciuta al turismo di massa, circondata da 55 km di spiagge bianche, tutte bellissime e ancora selvagge, ed un mare indimenticabile. A differenza di altre gare desertiche, la Boa Vista Ultramarathon richiede al concorrente anche un minimo di capacità di lettura di una mappa, giacché la segnaletica è presente solo nei tratti notturni sotto forma di trekking lights fluorescenti. Punti forti sono: un’organizzazione italiana divenuta ormai impeccabile, lo spirito di estrema familiarità tra i concorrenti, nonché paesaggi infiniti che sembrano usciti da uno schermo cinematografico. Rispetto alle altre due gare qui presentate presenta un tasso di difficoltà maggiore: 150 km non sono mai uno scherzo, ma in territorio desertico diventano ancora più impegnativi. Eppure, a volte, è proprio la difficoltà e la ricerca dei propri limiti ad attirarci.
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BOA VISTA ULTRAMARATHON 8a edizione
Luogo: Isola di Boavista, arcipelago di Capo Verde Partenza/Arrivo: spiaggia di Sal Rei Distanza: 150 KM Percorso: deserto, spiagge, sterrati, sentieri, piste Dislivello+: non dichiarato Partecipanti: 40 concorrenti Note: Temperatura media di 27째C con poca escursione tra giorno e notte Ristori: Autosufficienza completa. Solo acqua ogni 9-15 km. Segnaletica: no, occorre saper leggere il road book. Segnalazioni luminose nei tratti notturni. Tempo limite: 60 ore Prossima edizione: 5-7 dicembre 2008 Costo $ 2.450 Sito: www.boavistaultramarathon.com
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Q
uella del 2009 sarà la quarta edizione del Royal Raid, la fantastica gara di ultra trail che porta i concorrenti alla scoperta del cuore delle Mauritius. Un nome quest’ultimo sinonimo di scenari tropicali indimenticabili, dove tramonti infuocati si alternano ad albe assolate su lunghe spiagge bianchissime, lambite dalle acque cristalline dell’Oceano Indiano. Proprio la bellezza stupefacente delle coste rende così difficile accorgersi di quante altre meraviglie sia in grado di regalare l’Isola dell’Armonia, così come viene chiamata dai viaggiatori. Il grande merito del Royal Raid è proprio quello di far conoscere anche “l’altra” Mauritius: l’immagine di un rosso tramonto tropicale o di una candida spiaggia lambita da una placida laguna turchese non rende infatti giustizia alla varietà geografica e paesaggistica che l’isola può offrire a chi
si allontana dai paesaggi da cartolina che tutto il mondo conosce. Ad attendere i trailers che si cimentano nel Royal Raid c’è infatti un’altra Mauritius, un mondo completamente diverso, dalla bellezza altrettanto strepitosa, in cui si susseguono senza sosta foreste tropicali, piste che corrono tra le coltivazioni di canne da zucchero, sentieri di montagna, come il celebre Parakeet Trail, che si inerpicano verticali verso il cielo. Essendo situate appena a nord del Tropico del Capricorno, alle Mauritius il clima è sempre mite, e le temperature non raggiungono mai picchi di caldo eccessivo: proprio a queste condizioni climatiche si deve la rigogliosa vegetazione, una macchia verdissima che rinfresca le alture e che accompagna il concorrente del Royal Raid. Come
nelle
altre
isole
vulcaniche
dell’arcipelago delle Mascarene, anche al centro delle Mauritius si estende un altopiano, dalla morfologia movimentata dal gran numero di crateri vulcanici, di corsi e di salti d’acqua che lo punteggiano. Tre sono le cime basaltiche che dominano il profilo dell’isola e che caratterizzano il percorso del Royal Raid: il Piton de la Rivière Noire (828 m), il Pieter Both (823 m) e il Pouce (812 m). Quest’anno due sono i percorsi proposti dalla francese Naïade Events in collaborazione con Air Mauritius, e distribuiti in Italia dal Tour Operator “Le isole della Bellezza”: quello da 80 km, da percorrere nel tempo massimo di 22 ore, e quello da 35 km con un tempo limite di 9 ore. La gara parte dal Casela Bird Park, dove oltre 140 specie di uccelli hanno trovato un luogo accogliente in cui vivere, e dove le tartarughe giganti si muovono lente ai margini della foresta. La prima SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 8
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metà del Royal Raid 80 attraversa poi la Riserva Naturale dello Yemen, 4500 ettari di flora lussureggiante racchiusa tra i rilievi montuosi di Moka e della Chaîne de Grand Port, che accompagnano da nord a sud il profilo della costa occidentale. Il territorio è attraversato da numerosi fiumi, come la Grande Rivière Noire, e i dislivelli morfologici creano dei salti d’acqua imponenti, come le bellissime cascate del Tamarin. In questa riserva esiste una varietà di specie animali sorprendente: dai cervi di Java (si stima che almeno 9.000 vivano nella sola riserva dello Yemen), antilopi d’Africa, manguste e scimmie. Il Royal Raid potrebbe essere soprannominato il Raid dei Colori: si parte dall’azzurro del mare che si confonde con quello del cielo, si passa poi al verde delle vallate popolate dai cervi, all’ambra dei tramonti e delle terre vulcaniche, per poi tornare infine al bianco della sabbia e dei profumatissimi fiori di frangipane. Insomma il Royal Raid costituisce l’occasione perfetta per coniugare una vacanza nell’Isola della Felicità con un ultra trail particolarmente impegnativo capace però di ripagare il concorrente di tutto il sudore e gli sforzi fatti. SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 4 9
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ROYAL RAID 4a edizione
Luogo: Mauritius (Oceano Indiano) Partenza: Casela Bird Park Arrivo: Bel Ombre Distanza: Due possibilità: 80 km e 35 km Percorso: 90% sentieri 9% strade forestali 1% asfalto Dislivello+: 4.000 Partecipanti: 80 km 300 concorrenti 35 km 150 concorrenti Note: il percorso si snoda nell’entroterra alla scoperta del cuore tropicale dell’isola di Mauritius. Il percorso estremamente vario passa da sentieri montani a piste che percorrono la savana. Tempi limite: 9 ore per la 35 km 22 h per la 80 km Prossima edizione: 9-10 maggio 2009 Costo 90€ per la 80 Km, 70€ per la 35 km Come arrivarci: www.airmauritius.it Sito web: www.royalraid.com www.naiaderesorts.com Tour operator Italia: www.leisoledellapurezza.it
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LE ISOLE DELLA PUREZZA I
l Tour Operator “Le Isole della Purezza” nasce dall’esperienza quindicennale di Pierre Confiance, seychellois di nascita, e Francesca Toccu, abile conoscitrice dell’Oceano Indiano. Seychelles, Mauritius, Madagascar, Rodrigues, Oceano Pacifico, Polinesia e Nuova Caledonia: sono queste le destinazioni in cui Le Isole della Purezza si muove. Le estensioni che ne derivano sono: Parigi Seychelles, Parigi Mauritius, Seychelles Mauritius, Seychelles Dubai, Mauritius Dubai, Seychlles Sud Africa, Mauritius Sud Africa, Mauritius Rodrigues. Le conoscenze e le competenze acquisite nel corso di questi anni sono la garanzia di un servizio altamente qualificato: ogni richiesta viene seguita individualmente, con la cura e la passione che solo un team di professionisti, amanti dell’Oceano Indiano, può offrire. Le strutture proposte sono il frutto di una selezione attenta che pone l’alta qualità del servizio e il massimo rapporto qualità-prezzo come caratteristiche primarie. Il cliente viene seguito non solo durante la preparazione della vacanza ma anche e soprattutto durante lo svolgersi della stessa: attraverso il servizio “Consulent Specialist” potrà infatti mettersi facilmente in contatto con il personale dello staff e ricevere assistenza continua.
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Air Mauritius
A
ir Mauritius, Compagnia di Bandiera della Repubblica dell’Isola di Mauritius, offre la più ampia rete di collegamenti tra l’Isola di Mauritius e l’Italia, con voli plurisettimanali da Milano Malpensa. Con oltre un milione di passeggeri trasportati ogni anno, Air Mauritius ha visto un continuo aumento delle proprie attività, ponendosi ai primi posti tra le Compagnie aeree del mondo per l’altissimo livello di crescita.
Il continuo sviluppo nei collegamenti e nelle rotte verso quattro continenti ha creato le condizioni per affermare l’aeroporto di Plaisance Mauritius come un vero e proprio hub naturale nell’Oceano Indiano, una porta flessibile e piacevole sempre aperta su destinazioni come Africa Australe, Australia, Madagascar, Rodrigues e Reunion. Un hub, quello di Plaisance Mauritius, capace di offrire oltre a flessibilità nei collegamenti anche parentesi di piacevole svago e assoluto relax.
Lo spirito e l’ospitalità dell’Isola di Mauritius si esprimono sin dai primi contatti con la Compagnia: Air Mauritius, grazie all’attenta cura dei particolari, offre viaggi piacevoli a ciascun passeggero su ogni destinazione. Ogni passeggero Air Mauritius diventa protagonista di un viaggio indimenticabile: la grande attenzione per i minimi dettagli offre a tutti gli ospiti un’esperienza indimenticabile. SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 5 2
9 e 10 maggio 2009
ROYAL RAID MAURITIUS
Corsa montana di 80 e 35 km.
4a EDIZIONE
Royal Raid è la straordinaria corsa in montagna che si svolge ogni anno a Mauritius. Giunta alla sua quarta edizione, offre l’opportunità unica di vivere la passione per la corsa, insieme a partecipanti locali e internazionali, in mezzo a panorami mozzafiato e vegetazione tropicale. In due percorsi, da 80 km e da 35 km. Tutte le informazioni sul sito ufficiale.
S i t i We b U f f i c i a l i : www.royalraid.com www.naiaderesorts.com www.airmauritius.com www.leisoledellapurezza.it
Per informazioni e prenotazioni contattare Le Isole della Purezza al numero 039.67.36.10 o all’email info@leisoledellapurezza.it
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[SCRITTO DA VOI...]
Magico
CANSIGLIO Storia semiseria sull’ Ecomaratona dei Cimbri 2008
Testo e foto di Stefano >Tetano< Bettio
E
ntrai nel vallon Vallorch e il sentiero prese a scendere repentino in linea retta; ne approfittai allora per aumentare la falcata per cercare di raggiungere i tre concorrenti che mi precedevano di una trentina di metri. Avevo da poco lasciato alle mie spalle il più guascone dei miei compagni di corsa veneziani, Federico, nome in codice trail “Crepuscolo” il quale, con le sue elucubrazioni urlate per via delle cuffiette, aveva rotto di continuo l’idillio del luogo. Correvo, da pochi minuti, in un silenzio irreale dove a farmi compagnia solo il mio respiro e il suono secco delle foglie calpestate. Il bosco, in quel punto, era particolarmente fitto e la giornata grigia lasciava filtrare, attraverso il fogliame verde degli alti faggi, una luce pallida, donando al paesaggio un’ atmosfera ancora più incantata, al punto che se avessi incrociato un elfo o uno gnomo non mi sarei più di tanto stupito. Una curva in lontananza inghiottì i tre uomini davanti a me che scomparvero ai miei occhi. Mi preparai anch’io ad affrontare la curva rallentando un po’ e allargando la traiettoria verso il ciglio sinistro. Non avevo ancora terminato
la curva che inciampai in un ostacolo improvviso e caddi rovinosamente a terra. Con un balzo, vergognandomi dell’accaduto, mi alzai subito in piedi e ripresi a correre toccandomi le ginocchia solo un po’ sbucciate. Il sentiero riprese il suo percorso dritto ma, davanti a me, non c’era più nessuno. Lì per lì pensai che, alla faccia dell’ecomaratona, i tre si fossero inoltrati nel bosco per un improvviso bisogno corporale e volgevo la testa a destra e a manca per scorgerli, ma nulla, volatilizzati. Fu allora che mi accorsi che stavo correndo su un sentiero cosparso di tronchi d’albero che, istintivamente, saltavo con dei balzi. Mentre pensavo “Va bene corsa trail ma qui gli organizzatori hanno davvero esagerato”, improvvisamente fermai la mia corsa al cospetto di un uomo anziano seduto su di un tronco imponente. Era vestito con una casacca nera di lana grezza, un berretto sul capo sempre nero e calzava delle braghe lunghe appena sotto le ginocchia. Alzò il viso rugoso e guardandomi con modo accorto e di comando mi disse: - Chi ti xe, tutto intabarà (vestito) cussì?Poi di fronte al mio silenzio: - Ma ti xe sordo o insemenio?Mi si rivolgeva con una parlata in veneziano arcaico ormai in disuso da tempo. Per non indispettirlo ulteriormente provai a rispondergli, ma la stranezza degli eventi mi impacciava la parola. - Sono uno della corsa dei Cimbri- risposi con un filo di voce. E lui a squarciagola: - Un Cimbro! Ma se i vive sui monti dell’Asiago ti cossa ti fa qua? Gente stramba, gente todesca, voialtri Cimbri- (Gente strana e tedesca voi Cimbri). Il vecchio era probabilmente sordo per metà ed evitai di spiegargli che non ero un Cimbro; comunque la curiosità ebbe il sopravvento sulla perplessità e gli domandai: -E vu, chi siete?-Sono Bortolo Griguol, proto dei remieri dell’Arsenal dea Serenissima Veneta RepubblicaSempre più sbalordito lo incalzai: -Ma che ci fa il capo dei remieri di
Venezia in Cansiglio?-Ti xe (sei) tanto strano Cimbro, ti devi eser l’unico nel dogato a non conosser proto Bortolo. Ti devi saver che sono al comando del Bosco de San Marco, qua in Cansiglio, da tre lustri. So’ mi che ordino quali faggi segar e controllo che tuto vegna fatto a regola de mestier. Da ogni alboro tiremo fora sei, a volte anca otto tavole che poi diventarà remi da galea. Un bon faggio da remo el deve esser drito, con le vene anca lore dritte e sensa nodi. Ogni pianta che tiremo giu un’altra ne piantemo, cussì vol la legge veneta e mi la fasso rispetar anca col bacheto- Concluse fiero e contento di dare risposta alle mie domande. Guardai proto Bortolo e, indicandogli la distesa di tronchi sul terreno, gridai: -Ma qua è stato segato mezzo bosco!Alle mie parole il volto gli s’illuminò e con smisurato orgoglio, gonfiando il petto inspirando forte, mi disse: -Saria (sarebbe) un gran segreto ma ormai lo sa tutti! Gò fato (ho fatto) taiar, per ordine del Provveditorato dell’Arsenal, millesettecento piante par far diecimila remi che servirà par settanta galee da guera. Andremo, l’anno che vien, con Spagnoli, Savoiardi, el Papa de Roma e altri che non fasso nome (Genovesi) tutti insieme a romperghe i ossi ai Turchi!Con gli occhi fuori della testa tuonai: - Ma si può sapere in che anno siamo, proto Bortolo?- Mi non so in che mondo ti vivi Cimbro, ma semo (siamo) sotto el serenissimo doge Mocenigo nell’anno millecinquecentosettanta-Casso!- Mi uscì dalla bocca- ma è la battaglia di Lepanto!Bortolo, sempre più confuso, scosse la testa e sussurrò: - Ti se sempre più strano Cimbro, cossa saria (cosa sarebbe) sto Lepanto?Non gli risposi e ripresi a correre nella direzione da cui ero venuto. Svoltai nuovamente la curva della caduta e mi trovai di fronte una donna, grondante di sudore in braghette e canotta e, per non scontrarci, ci abbracciammo. -Sbagli direzione, Fregona è di là, stai correndo in senso opposto!Maleducatamente non le risposi, mi girai su me stesso e ripresi la corsa. SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 5 4
[SCRITTO DA VOI...] Anche i miei pensieri correvano veloci, non a Fregona, ma a Lepanto. Avevo visto i legni del Cansiglio che solo un anno dopo, trasformati in remi, avrebbero spinto la flotta veneta nella vittoria più importante della sua storia millenaria. Correvo e vedevo le oltre duecento galee della Lega Santa, per metà col vessillo marciano, fronteggiare le trecento turche. Udivo il fragore della grande mischia successiva allo scontro iniziale, gli arrembaggi e le urla degli assalti all’arma bianca. Infine lo stendardo di vittoria del Redentore Crocifisso sventolare sull’ammiraglia e la testa del comandante Ali Pascia penzolare dall’albero maestro. Così, sovrappensiero, mi ritrovai in una ripida discesa, a tratti cementata, con il campanile di Fregona sullo sfondo. A un centinaio di metri dalla linea di arrivo mi affiancò Crepuscolo che, ridacchiando, senza dir nulla, lanciò la sfida. Lo scatto finale fu all’ultimo sangue, tanto che travolsi un fotografo appostato pochi metri dopo il traguardo. Veri uomini “spirito trail”. Terminata la gara trovammo ad
attenderci il resto del g r u p p o di trailer veneziani giunti al traguardo da oltre venticinque minuti. Tra questi, Andrea, nome in codice trail “Dartagnan”, che con fare canzonato mi disse: Stefano, non arrivavi più, pensavamo ti fossi perso nel bosco! E poi: -Ma dove ti geri finio, che ti se anca ferio? (ma dove eri finito che ti sei anche ferito?)- A Lepanto Dartagnan, a Lepanto!
ps. Per la cronaca ho chiuso l’ecomaratona con il tempo di 5:27:24 mentre l’ amico Crepuscolo in 5:27:25 un secondo costatogli un carissimo spritz al Florian in Piazza San Marco. ▼
I perplessi Stefano (Tetano) e Federico (Crepuscolo) SPIRIT O T RAIL [D IC EM BRE 2 0 0 8 ] - 5 5
SPIRITO TRAIL a.s.d. Il gruppo sportivo dei veri trailers Iscriviti su www.spiritotrail.it