15 febbraio - Motosprint 7

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GP LEGENDS Settimo fascicolo, Eddie Lawson

GP L egends

7 15/21 FEBBRAIO 2011 Settimanale Anno XXXIV Fascicolo 1708

Eddie LAWSON

2,50 Euro (Italy only)

173002 771122 9

Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 46/2004) art.1, c.1, DCB Bologna PTE CONT. 5,00 Euro - Canton Ticino 8,00 Chf

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SUPERBIKE Il Mondiale 2011 visto da Tardozzi NOVITĂ€ Vyrus 986 M2 Moto2 stradale

Angeli e demoni DUCATI INFERNALE Rossi e Desmosedici raccontati da Burgess Il ritorno di Capirossi La prova della Diavel E nel futuro... in arrivo scrambler e scooter


Sommario numero 7/2011

1LA POSTA Lettere di Stefano Saragoni Officina di Massimo Clarke

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Scopri eCRP 1.4 la moto elettrica, 100% eco-friendly, dove l’emozione di una vera moto da corsa si fonde con la natura!

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1PADDOCK

Velocità, cross, enduro, trial, minimoto, speedway, supermoto

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1IN PISTA

MotoGP Rossi e la Desmosedici raccontati da Burgess e Guareschi Moto2 e 125 È l’ora dei test anche per le “piccole” MotoGP Loris Capirossi e il Team Pramac Superbike Il Mondiale visto da Davide Tardozzi

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1FUORISTRADA

Supercross USA La sesta prova a Houston (Texas) Enduro Hell’s Gate al Ciocco Cross Le anticipazioni sullo Starcross e la prima prova del Mondiale Freestyle Sportitalia I campionati regionali

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1SU STRADA

Prova novità Ducati Diavel Carbon Novità Vyrus 986 M2 Attualità La produzione, le leggi, le novità Motolandia Turismo, viaggi, epoca Made in Abbigliamento e accessori

1MERCATINO

Compravendita di moto e accessori

44 50 54 56 58 60

1GP GUIDA

Gare e raduni Gli appuntamenti in pista

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1RUBRICHE

Contromano di Marco Masetti Polvere di stelle di Luigi Rivola Qui Giappone di Akira Nishimura Donne e motori di Laura Cattaneo Via col vento di Giovanni Carlo Nuzzo

1GP LEGENDS Settimo fascicolo EDDIE LAWSON

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Direttore responsabile STEFANO SARAGONI 051.6227.232 s.saragoni@motosprint.it Redazione DARIO BALLARDINI 051.6227.234 d.ballardini@motosprint.it ENRICO BORGHI 051.6227.294 e.borghi@motosprint.it GIANCARLO GIANNOBILE 051.6227.231 g.giannobile@motosprint.it MARISA IMBROGNO 051.6227.203 m.imbrogno@motosprint.it RICCARDO PIERGENTILI 051.6227.360 r.piergentili@motosprint.it LUCIA VOLTAN 051.6227.321 l.voltan@motosprint.it Grafici grafici_ms@motosprint.it LUCA LAZAZZERA 051.6227.251 CRISTIAN TROMBA 051.6227.393 IGLIS BACCHI 051.6227.293 LUIGI RAIMONDI 051.6227.252 VANNI ROMAGNOLI 051.6227.420 Segreteria di redazione CINZIA STAFFA 051.6227.204 motosprint@motosprint.it Archivio CLAUDIO GIROTTI 051.6227.341 GIUSEPPE RIMONDI MAX MATTIOLI

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Collaborano

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Lettere

di Stefano Saragoni posta@motosprint.it

Più cara causa l’aumento dei rimborsi CHIEDIAMO ospitalità per rispondere alla lettera del signor Mirco, pubblicata sul n.6 di Motosprint. Innanzitutto, non è vero che i tesserati diminuiscono. Anzi: abbiamo chiuso il 2010 con poco meno di 160.000 appassionati che hanno acquistato la tessera, rispetto ai circa 150.000 del 2009. Allo stesso tempo, anche il numero dei licenziati 2010 è stato maggiore, rispetto al 2009. In secondo luogo, abbiamo spiegato molte volte, ed in molte sedi diverse, che la FMI ha dovuto affrontare nel corso del 2010 una grave emergenza economica, causata da un aumento improvviso, imprevisto, e di notevole entità, dei rimborsi assicurativi da pagare ai tesserati a seguito di incidenti avvenuti nel corso del 2009 e 2010. Un aumento di liquidazione dei danni praticamente superiore al premio complessivo pagato. Come conseguenza, la Compagnia di Assicurazione che copre questo rischio ha richiesto un notevole aumento per la copertura assicurativa del 2011. La FMI ha reagito muovendosi su più fronti, con

l’obiettivo primario di non fare pesare la situazione sulle spalle dei tesserati. In primo luogo si è deciso di assorbire buona parte dell’aumento richiesto con risorse economiche interne, riducendo o addirittura rinunciando (sia pure a malincuore), a progetti già definiti. Si è intervenuti sull’attività di allenamento, rimodulando le coperture assicurative. Si è intervenuti sul costo di alcune licenze. Ancora una volta cercando di non penalizzare i piloti più giovani, quelli che potenzialmente hanno di fronte una lunga carriera sportiva, che potrebbe portarli ai vertici delle rispettive specialità. Dovrebbe essere peraltro chiaro a tutti, ormai, che la licenza non è una tassa, ma “semplicemente” il pagamento di una copertura assicurativa, riservata ai piloti in gara ed in allenamento. E le coperture offerte dalla FMI sono di gran lunga migliori, rispetto a quelle di tutti gli altri Enti di Promozione . La tranquillità assicurativa di un pilota vale forse meno dei 30 euro in più richiesti al signor Mirco? Massimo Fiorentino Ufficio comunicazione FMI

PER I PILOTI CHE CORRONO PER PASSIONE (NELLA FOTO UN MONOMARCA HONDA) IL COSTO DELLA LICENZA PUÒ SEMBRARE ECCESSIVO. MA VA CONSIDERATO CHE SI TRATTA DI UNA COPERTURA ASSICURATIVA PER GARE E ALLENAMENTI.

Dirette in TV del Supercross USA non ce ne sono. Però, proprio dal prossimo giovedì, Nuvolari (canale 144 su Sky) tornerà a trattare l’argomento. Un programma in differita ma sicuramente interessante: con inizio alle 21.00, sintesi delle due heat e, per intero, le due finali. La telecronaca è in italiano. FORZA VALENTINO! ANCHE CON LA DUCATI Tra poco si ricomincia con le gare, meno male. Ma io, Yamahista da una vita (la mia ultima una R1), super tifoso del nostro Valentino nazionale, e anche un po’ anti ducatista... Ma dico, ora come la metto? Per chi tifo? La metto alla Pippo Baudo: questa non me la doveva fare, non me la doveva fare... Anche se devo ammettere che... Se Valentino facesse come in Sudafrica alla prima corsa con la Yamaha, esulterei! Roberto Lugano LA LICENZA VELOCITÀ COSTA TROPPO ANCHE PER ME Faccio riferimento alla lamentela di Mirco, pubblicata nel n. 6 riguardo l’aumento del costo della licenza velocità da parte della Federmoto. Mi associo a quanto scritto da Mirco, in quanto non vorrei mai che qualche signore della FMI pensasse... “Si è lamentato solo lui!”. Marco Stopponi Fabriano (AN)

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IN BREVE

LICENZA. NON TASSA MA ASSICURAZIONE

QUALE TV TRASMETTE IL SUPERCROSS USA? Sono un grandissimo appassionato di motociclismo in generale e adoro il motocross. Volevo sapere se noi poveri appassionati abbiamo qualche possibilità di gustarci il Supercross USA 2011. Mi sa tanto di no... Sarà che SKY ha sperperato tutti i risparmi per far vedere il calcio, visto che non si vede altro... Mah! Se avete notizie, gradiremmo averle anche se negative. Luca Gallerani

CON L’APPOSITA POLIZZA ASSICURATIVA A FRANCIACORTA LA PISTA BAGNATA NON SI PAGA DUE settimane fa, sul n. 5, la lettera a firma “Patrick” su una situazione verificatasi all’Autodromo di Franciacorta, mi sembra possa ingenerare nei lettori un po’ di confusione. Confusione alimentata anche dal titolo che recita: “Rischio pioggia assicurato?” con il punto di domanda. Come titolare della società Prima Guida, che gestisce le prove libere moto dell’autodromo, vorrei chiarire gli equivoci. L’assicurazione pioggia (ma è più giusto chiamarla assicurazione “pista bagnata”), è un po’ il nostro fiore all’occhiello. È gestita dalla compagnia Itas, l’unica compagnia che ha risposto favorevolmente a questa esigenza dei motociclisti (sarà perché il responsabile è un appassionato pistaiolo, anche piuttosto bravo), ed è stata ampiamente sperimentata e apprezzata. Lo conosciamo tutti, il problema della giornate piovose. Con pista “inagibile”, perché è tutto allagato, si va a casa e ovviamente gli autodromi risarciscono, in vari modi. Ma se piove solo un po’ e la pista è agibile, ma se vai dentro comunque ti diverti poco, o non ti diverti per niente? A meno di essere professionisti con meccanico al seguito e gomme rain di vario grado da montare? Un bel problema. Così noi proponiamo un’assicurazione che prevede, nel caso la pista sia “bagnata ma agibile”, il rimborso diretto. Cioè niente recupero del turno o spostamento o percentuale trattenuta: rimborso totale e cash “del tempo in cui la pista è rimasta nella condizione assicurata”. Cioè quando è bagnata. Questo vuol dire che se è bagnata per un’ora al mattino (perché magari ha piovuto il giorno prima), e poi si asciuga perfettamente perché d’estate con gli acquazzoni è così, Itas rimborsa ovviamente solo quell’ora, o le

due, o le tre ore in cui “effettivamente è bagnata”. O tutta la giornata, se non si asciuga per tutto il giorno. Questo è il contratto che i motociclisti stipulano con noi. Naturalmente è scritto a grandi lettere sul nostro sito con l’obbligo di leggerlo nel momento in cui fai la prenotazione. Attenzione: non pista chiusa o inagibile, ma semplicemente bagnata, cioè agibile in sicurezza con gomme rain o stradali. Difficilmente affrontabile con la slick. Questa è la discriminante tecnica. Se arrivi al mattino e piove, e te ne vai subito a casa perché pensi che pioverà tutto il giorno e invece viene un sole tropicale e la pista diventa perfetta (anche perché al nostro asfalto basta un po’ di sole e un po’ di vento per asciugarsi in poco tempo), sei stato poco fiducioso e previdente, non hai avuto pazienza, ma non puoi pretendere che l’assicurazione paghi il tempo in cui la pista è perfettamente asciutta. Quindi io vorrei pregarvi di togliere quel punto di domanda al titolo, perché il rischio pioggia a Franciacorta “è davvero assicurato”, senza punti di domanda. I rimborsi sono sempre stati regolarmente erogati attraverso bonifici diretti anche in meno di trenta giorni (che mi sembra un termine assolutamente accettabile) e quindi mi sembra un po’ ingiusto anche l’appellativo “Autodromo Bracciocorto” della vignetta. Tutto l’insieme, la lettera di Patrick, la titolazione un po’ ad effetto, la vignetta, creano un po’ di confusione che spero di avere contribuito a chiarire. Lasciatemi annunciare che l’assicurazione “pista bagnata” ci sarà anche quest’anno, visto che l’80% dei motociclisti l’anno scorso l’hanno stipulata (e nessuno si è mai lamentato). Ma rivolgerei un appello a tutti i nostri clienti: non fate come Patrick, leggete il

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DUCA... ALLEGRI CON STONER LEGGENDO la posta del n. 6 rimango interdetto dalla missiva scritta di Roberto di Genova, che giudica senza mezzi termini chi non ha accolto con entusiasmo l’arrivo di Rossi in Ducati. Secondo lui, nessuno avrebbe il diritto di criticare il nove volte campione italiano, soprattutto ora che guida una moto italiana. E considera i commenti di chi non la pensa come lui, quasi come un reato di “lesa maestà”. Bene, vorrei ricordare a Roberto e a quanti la pensano come lui, che il patriottismo applicato al motociclismo o a qualunque altro sport, lascia il tempo che trova. Siamo liberi di poter tifare o seguire un pilota indipendentemente dalla sua nazionalità, senza doverci sentire “colpevoli” di non amare il Rossi di turno. Lo sport, soprattutto il motociclismo, è passione, coraggio, incoscienza e spesso chi è motociclista (come me) o si sente motociclista dentro, ama identificarsi in UN pilota, quello che gli trasmette più emozioni e pathos. Queste emozioni, mi vengono trasmesse da Casey Stoner: pilota atipico, introverso, spesso incostante, ma con un talento e un polso destro, a mio parere, unico in tutto il panorama motociclistico. Tutto questo Rossi a me non lo trasmette. È da quattro numeri che Motosprint pubblica solo informazioni su Rossi e sulla sua nuova avventura con la Ducati. Ci mancherebbe, bisogna cavalcare la notizia del momento, però teniamo presente che da anni la Honda non presentava contemporaneamente tre moto; mi sarei aspettato, invece di un misero articoletto a pag. 35 sulla presentazione della nuova HRC, almeno due pagine, soprattutto considerando lo spazio dedicato, non molto tempo prima, alle pur “interessantissime” prove di Rossi su una Superbike... Non capisco altresì il motivo per cui non si possa criticare il nuovo aspetto estetico della GP11. Non si tratta di trovare il “pelo nell’uovo”, il contrasto di tutti quei colori sulla carena è un pugno in un occhio. Concludendo: i Duca… tristi non sono poi così pochi e, come dice il mio amico “Duca”, torneremo Ducatisti quando un certo “Canguro mannaro” tornerà a domare, come un tempo, il “mostro rosso”. Alessandro - Bologna


Lettere

contratto e se piove un po’ aspettate che asciughi. Perché d’estate succede. Patrick, invece, saremo lieti di omaggiarlo della mezza giornata perduta, perché in fondo essere distratti è umano. Lo aspettiamo. E poi si alleni un po’ con i regolamenti... Lucio Valetti Titolare di “Prima Guida” srl

RACCOGLIAMO l’invito al chiarimento, che ci ha fatto conoscere nei dettagli un’iniziativa interessante quale è l’assicurazione per uno dei rischi che più spaventano chi prenota una giornata o una serie di turni in pista.

LE VOSTRE PROVE IO STO CON I TESTER I COLLAUDATORI di Motosprint a me piacciono così come sono, l’importante è che riescano tutte le volte che provano delle moto, a farci venire un’idea di quello che hanno sotto il sedere, che poi scrivano di un forcellone monobraccio o con “capriata” di rinforzo non mi interessa, ci capiamo ugualmente, lo sappiamo che è difficile vedere uno con la laurea conseguita alla Bocconi che sappia fare anche il collaudatore... Quelli che criticano i tester li vorrei vedere. Se sono capaci di capire e sentire quello che hanno raccontato i tester sulla rivista, se sanno portare al limite una moto e se riescono a capire la differenza tra una moto e l’altra, se non la semplice seduta e

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altezza delle pedane o larghezza del manubrio. Scommetto che quelli che criticano sono gli stessi “sapientoni” che trovo sulle strade a periodi alterni (solo quando c’è il sole, la strada asciutta e la temperatura gradevole, perché in inverno, motociclisti “con le palle”, che sfidano tutte e quattro le stagioni son pochi…) con la supersportiva, la tuta di pelle e che “sgasano” solo a strada diritta e poi quando arrivano le curve ti fanno rallentare a tal punto che rischi di tamponarli! Io sono solidale con i collaudatori di Motosprint perché non sono dei “pirla” come cerca di far credere qualcuno e non lo dico per ruffianeria, ma sanno fare benissimo il loro lavoro e le belle parole o i termini esatti secondo me sono secondari. Forse la critica era meglio farla sul fatto di veder confrontati tre modelli uguali ma di differente cilindrata, e forse sarebbe ora di provare i vari modelli dopo un certo numero di chilometri per vedere a quali inconvenienti certi modelli vanno incontro, visto che c’è gente che dopo aver acquistato fior di moto, piangono come bambini per i problemi che sorgono nel tempo e di alcuni modelli non riescono a trovare i ricambi o devono pignorare la casa per acquistarli... Questi sì che sono problemi! Bastian Contrario

RINGRAZIO per l’accorata arringa in difesa dei tester di Motosprint. Che, al pari delle critiche, ci spinge a far sempre meglio.

Sul prossimo numero il POSTER CALENDARIO con le gare più importanti in Italia e nel mondo Da staccare e conservare E un servizio speciale dedicato ai protagonisti del Mondiale Superbike


Officina

di Massimo Clarke massimo.clarke@virgilio.it

PERCHÉ PIÙ GRIP CON LA MORBIDA?

Il legame tra gomme e aderenza

COS’È l’aderenza? Più o meno saprei dare una risposta a questa domanda, però sono molti i dettagli poco chiari. Mi sembra abbastanza evidente il legame tra l’aderenza e le caratteristiche dei pneumatici, però per quale motivo una mescola più morbida garantisce un maggiore grip? Inoltre, come varia l’aderenza all’aumentare o al diminuire della temperatura dell’asfalto? E infine, per quale ragione le gomme che garantiscono tanto grip durano meno delle altre? Per quanto ne so, l’usura è causata da numerosi, piccoli “strappi” di materiale dalla superficie del pneumatico. È corretto? Enzo Perrotta Catania

QUELLO dei pneumatici è un mondo decisamente particolare, ed effettivamente non è facile riuscire a documentarsi su di essi in maniera esauriente, o almeno con il dovuto dettaglio. Del resto, si tratta di componenti molto sofisticati, dal punto di vimotosprint

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I PNEUMATICI CON LA MESCOLA MORBIDA GARANTISCONO MAGGIORE GRIP, MA SI CONSUMANO IN FRETTA. PER RISOLVERE IL PROBLEMA, I COSTRUTTORI HANNO REALIZZATO DEI BATTISTRADA A DOPPIA MESCOLA, PIÙ DURA AL CENTRO (COLORE GIALLO), PIÙ MORBIDA SUI LATI.

sta tecnico. Quella che ci interessa principalmente è l’aderenza (cioè il cosiddetto “grip”), ovvero la forza che un pneumatico è in grado di trasmettere al suolo. Qui entrano in gioco due meccanismi diversi. Il primo è di natura adesiva ed è costituito da una serie di legami molecolari momentanei, che di continuo vengono formati e vengono distrutti, durante la rotazione. Il numero dei legami in questione è legato alla superficie effettiva di contatto pneumatico/fondo stradale e la loro intensità è legata alle caratteristiche dei materiali, ossia della mescola del BATTISTRADA e dell’asfalto. Come ovvio, se quest’ultimo è ba-

gnato, un velo d’acqua si interpone tra le due superfici e quindi la formazione di questi legami risulta fortemente ostacolata. Il secondo meccanismo è di natura meccanica ed è dovuto al fatto che la gomma è tenera e molto elastica, e quindi può penetrare nelle piccole irregolarità del fondo stradale, “aggrappandosi” letteralmente ad esse. Qui assume importanza anche la rugosità del manto stradale. Se un circuito viene riasfaltato, la scena cambia… Dunque siamo abbastanza distanti dalla situazione ideale descritta dalle leggi dell’attrito classiche, che prendono in considerazione corpi “duri”, che non si deformano (almeno in misura degna di nota), mentre qui uno dei due a contatto è tenero e si conforma alle microasperità dell’altro. E assume una grande importanza anche l’estensione della superficie di contatto, ovvero della “impronta a terra”. Attraverso quest’ultima passano le forze longitudinali (acceleranti e frenanti) e trasversali che il pneumatico trasmette a terra. È importante sottolineare che, quando sono in gioco forze di entrambi i tipi, l’aderenza che il pneumatico può offrire viene “utilizzata” per trasmettere a terra la loro risultante. In altre parole, se impieghiamo quasi tutta l’aderenza disponibile per quella longitudinale, ne resta ben poca per quella trasversale, e viceversa. Ecco perché quando si è molto piegati, nelle moto senza controllo di trazione non si può spalancare il gas, diversamente da quanto si può fare quando la moto è in posizione verticale o quasi!

BATTISTRADA È LA PARTE DEL PNEUMATICO CHE CONTATTA IL SUOLO. NELLE GOMME DESTINATE ALLE COMPETIZIONI SU PISTA ASCIUTTA È PRIVA DI SCOLPITURE (PNEUMATICI SLICK)

L’estensione della impronta a terra è legata alle dimensioni del pneumatico e alla deformazione elastica che esso subisce sotto l’azione del carico. Quest’ultimo varia, nelle diverse condizioni di funzionamento della moto. Basta pensare a una bella staccata: la parte posteriore della moto si alleggerisce, la forcella si comprime e quasi tutto il carico va a gravare sulla ruota anteriore (il contrario esatto avviene, come ovvio, quando si accelera a fondo, in particolare in partenza e all’uscita dalle curve lente, utilizzando le marce basse). Quanto più il pneumatico si schiaccia, tanto più estesa diventa la superficie di contatto col suolo, il che è vantaggioso ai fini della forza che può essere trasmessa a terra. L’entità della deformazione che il pneumatico subisce sotto carico è legata alla struttura del pneumatico e alla pressione di gonfiaggio. Quest’ultima deve avere il valore corretto (una volta alla temperatura di regime) in quanto determinante, oltre che per quanto riguarda l’estensione della impronta a terra, anche ai fini dell’ottenimento del corretto profilo del pneumatico. In seguito alla rotazione si ha un continuo susseguirsi di cicli di compressione ed estensione, con conseguente riscaldamento, che va ad aggiungersi a quello dovuto all’attrito. Maggiore la deformazione, più cospicua sarà la dissipazione di energia sotto forma di calore. Questo significa che la pressione di gonfiaggio ha anche una considerevole importanza ai fini della temperatura alla quale il pneumatico lavora durante il

funzionamento. Il miglior grip, per ciascuna mescola, si ottiene in corrispondenza di una determinata temperatura (che per i pneumatici da competizione destinati ad impiego su asfalto asciutto è in genere dell’ordine di 100 – 130 °C, mentre per quelli da bagnato è di gran lunga inferiore). Questo accade in quanto la temperatura influenza la mobilità delle catene molecolari degli elastomeri, costituenti fondamentali delle mescole impiegate per i pneumatici. Una temperatura sensibilmente inferiore a quella ottimale determina un grip scarso, mentre una troppo elevata determina un degrado della gomma, che può avere conseguenze deleterie (come ben sanno i piloti che continuano ad impiegare gomme da bagnato anche quando la pista si è già quasi completamente asciugata). La trasmissione al suolo di forze acceleranti o frenanti è accompagnata da un certo scorrimento del pneumatico, che si ottiene grazie alla sua elasticità longitudinale (considerazioni non dissimili valgono per le forze trasversali). Per disporre del miglior grip, lo scorrimento deve essere mantenuto nel range ottimale, che può variare anche considerevolmente a seconda delle mescole impiegate. La durata dei pneumatici è minore quando si usano mescole molto “tenere” (ma è più corretto definirle ad alta isteresi) in quanto esse offrono un grip migliore, che non viene ottenuto gratis, ma al prezzo appunto di una maggiore usura. Tanto i fenomeni adesivi quanto quelli di ancoraggio meccanico sono infatti accompagnati da rimozione di materiale. A questo punto dovrebbe essere chiaro che, per quanto riguarda i pneumatici, si dovrebbe parlare di coefficiente di aderenza e non di attrito. E, per la verità, sarebbe più rigoroso riferirsi sempre al sistema tribologico gomma-asfalto.

LA FASE DI LAVAGGIO COS’È E COME FUNZIONA SUL 2T HO DI RECENTE letto un articolo che parlava di una moto a due tempi di qualche anno fa (che avrei intenzione di restaurare). Nelle caratteristiche tecniche si diceva che il motore impiegava un lavaggio a correnti tangenziali. Potreste dirmi cos’è il lavaggio e cosa ha di particolare quello utilizzato sulla moto protagonista dell’articolo da me citato? Franco Radaelli Milano

VIENE detta lavaggio la fase durante la quale la miscela aria-carburante sostituisce i gas combusti all’interno del cilindro, completandone l’espulsione. La cosa non avviene mai con assoluta perfezione. Nei motori a quattro tempi il lavaggio ha luogo durante l’incrocio, quando la valvola di aspirazione inizia ad aprirsi mentre quella di scarico non ha ancora terminato di chiudersi. Questo avviene attorno al punto morto superiore, quando i gas combusti sono usciti quasi completamente e il volume interno è minimo in quanto si riduce in pratica a quello della sola camera di combustione. La situazione è molto buona e di gas di scarico all’interno ne rimangono assai pochi. Nei motori a due tempi le cose stanno assai peggio. Il lavaggio avviene quando la miscela aria-benzina arriva dal carterpompa e contribuisce ad espellere dal cilindro i gas combusti (che già avevano cominciato ad uscire spontaneamente). Ha luogo, dunque, quando le luci di travaso sono aperte e lo spazio a disposizione dei gas è praticamente massimo; allorché le luci vengono chiuse dal pistone, sopra quest’ultimo c’è ancora gran parte del cilindro (oltre alla camera di combustione). I gas freschi che arrivano dal-

la camera di manovella non si comportano che in misura limitata come un “pistone fluido”. Il risultato è che da un lato una parte cospicua della miscela aria-carburante si perde allo scarico (la luce si chiude dopo quelle di travaso) e dall’altro all’interno del cilindro rimane una quantità considerevole di gas combusti. Quello del cattivo lavaggio è da sempre il vero tallone d’Achille dei motori a due tempi. La situazione è stata pessima per lungo tempo, quando il sistema impiegato era a CORRENTE TRASVERSALE, con pistone munito di deflettore. Poi, grazie al tecnico tedesco Schnurle, è arrivato il sistema a correnti tangenziali, che offriva risultati di gran lunga superiori e prevedeva l’impiego di un pistone con cielo piano. Questo Schnurle lavorava alla Deutz di Colonia sui motori diesel a due tempi e aveva ottenuto il primo brevetto relativo a un sistema di lavaggio di questo tipo nel 1924. Il suo lavoro venne segnalato dal famoso ricercatore Venediger della DKW al titolare Rasmussen che si affrettò ad acquistare i relativi diritti, per quanto riguardava i motori a ciclo Otto, nel 1932,

CORRENTE TRASVERSALE IN QUESTO CASO LA MISCELA FRESCA ENTRA DA UN LATO DEL CILINDRO, VIENE DEVIATA VERSO L’ALTO DAL DEFLETTORE DEL PISTONE E TORNA VERSO IL BASSO DOPO AVERE RAGGIUNTO LA CAMERA DI COMBUSTIONE, DIRIGENDOSI VERSO LA LUCE DI SCARICO, CHE SI TROVA DAL LATO OPPOSTO RISPETTO A QUELLO DI ENTRATA

iniziando subito ad adottarlo sulle moto di sua produzione. Dopo la seconda guerra mondiale i brevetti sono scaduti e tutti gli altri costruttori di moto a due tempi hanno rapidamente abbandonato il sistema a corrente trasversale e i pistoni con deflettore. Da allora il lavaggio a correnti tangenziali domina incontrastato la scena. L’unica alternativa è costituita da quello a corrente unidirezionale, che però non viene utilizzato in campo motociclistico (mentre ha avuto e ha tuttora interessanti applicazioni nel settore dieselistico). NEI MOTORI A 2 TEMPI, IL LAVAGGIO, HA LUOGO QUANDO LE LUCI DI TRAVASO SONO APERTE E LO SPAZIO A DISPOSIZIONE DEI GAS È MASSIMO. DURANTE LA FASE DI LAVAGGIO, LA MISCELA DI ARIA E CARBURANTE SOSTITUISCE PARZIALMENTE I GAS COMBUSTI ALL’INTERNO DEL CILINDRO.

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Paddock A cura di Lucia Voltan

Rossi show il 4 marzo a Bologna UNA piazza tutta per lui e un premio molto particolare, il “Laureus Award”: Valentino Rossi è sempre e comunque protagonista. Lo sarà a Bologna, dove ha sede la fabbrica della sua nuova moto, la Ducati. Il 4 marzo, pochi giorni prima dell’inizio della sua nuova avventura mondiale in rosso, Valentino sarà la stella del grande spettacolo che prenderà il via alle 21. Sul palco, in Piazza Maggiore, anche il compagno di colori, Nicky Hayden, la Desmosedici GP11 e tutti i componenti del team. Per quanto riguarda il premio, Valentino è stato insignito del Laureus World Sports Award. Una giuria composta da scrittori, editori e giornalisti dei principali sport, provenienti da 80 Nazioni, assegna una serie di premi. Rossi ha vinto la sezione “ritorno dell’anno”, per avere impiegato solo 41 giorni per tornare a correre dopo il grave infortunio del Mugello. IL TEAM SUPERSONIC PRESENTA MAXIME BERGER «SARÀ IL MIO PRIMO MONDIALE IN SUPERBIKE, DUNQUE HO ANCORA TANTO DA IMPARARE»: COSÌ, CON MODESTIA, SI È PRESENTATO MAXIME BERGER, PILOTA DEL TEAM ITALIANO SUPERSONIC AL MONDIALE SUPERBIKE, ALLA “PRIMA” DELLA SQUADRA SATELLITE DUCATI, IN UN LOCALE LOMBARDO. «TROPPO FACILE PUNTARE SU UN QUARANTENNE, A ME PIACE LA VOGLIA DI EMERGERE CHE CARATTERIZA I GIOVANI»: PAROLA DEL “PATRON” DANILO SONCINI (SOTTO, COL PILOTA)

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SUPERMOTO

MARTINA AL TEAM 747 IL TEAM 747 Motorsport di Simone Girolami ha ingaggiato Martina Beltrandi. La giovane pilota lombarda affronterà la Coppa Italia, il campionato interregionale lombardopiemontese e il Trofeo Italia Supermotard UISP. Nella stessa squadra milita anche il vice campione del mondo in carica Davide Gozzini.

CHECA GUEST STAR ALLA FIERA DI LONDRA CARLOS CHECA, PILOTA DEL TEAM ALTHEA RACING AL MONDIALE SUPERBIKE, È STATO OSPITE D’ONORE AL LONDON MOTORCYCLE SHOW, LA FIERA INTERNAZIONALE SPONSORIZZATA DAL GIORNALE MOTOCICLISTICO BRITANNICO MCN.

«Io e Rossi eravamo come Coppi e Bartali. Lui Coppi, perché ha vinto un po’ di più. Io Bartali, perché almeno ha vissuto di più» Max Biaggi (Canale 5)

IL MOTOCLUB SPOLETO HA FESTEGGIATO 90 ANNI Simone Corsi è stato ospite d’onore di “La passione fa 90!”, il galà con cui il motoclub Spoleto ha festeggiato i 90 anni dalla fondazione. Nella cornice del Chiostro di San Nicolò sono sfilati i vincitori del National Trophy Marco Papa 2010 e tutti i piloti del sodalizio. Presentato anche il film prodotto dal giornalista Paolo Ciri, che ha raccontato e ripercorso tutta la storia del motoclub spoletino. ANDREA CARAVELLA NELLA PRE-GP 125 Andrea Caravella passa dalla Metrakit 80 alla PreGp125. Parteciperà infatti alla seconda edizione del Trofeo Metrakit abbinato alla Coppa Italia. Si cimenterà anche in alcune gare della Mototemporada Romagnola e nel Trofeo del Centauro.

IN BREVE

TUTTA LA PIAZZA PER VALENTINO

FORMULA NUOVA PER LA OPEN DEL TROFEO DEL CENTAURO C’è una novità nel Trofeo del Centauro, serie di gare organizzate dal Gentlemen’s Motor Club. Accanto alle classi tradizionali, 125 SP, 600 Stock e 600 Open, quest’anno esordirà una Open diversa: si disputerà come le altri classi su cinque prove, tre delle quali con la formula attuale (gare cosiddette in linea); le altre due saranno: una disputata in due gare separate (tipo Superbike) l’altra con una formula sprint. Infatti nel Trofeo di Natale, in programma il 4 dicembre la Open sarà articolata su tre prove di cinque giri ciascuna e i migliori 20 (per somma di punti) saranno ammessi ad una finale di dieci giri. Costo: 150 euro per l’iscrizione al Trofeo (gratis per i soci del Gentlemen’s Motor Club), più 200 euro per ogni gara della 125, 250 euro per 600 e Open. Info: www.gmc-roma.it

DATE E NOVITÀ

IL NUOVO MEDITERRANEO

Aitchinson con Pedercini IL TEAM PEDERCINI HA SCELTO IL PILOTA CHE AFFIANCHERÀ ROLFO NEL PROSSIMO MONDIALE SBK. L’AUSTRALIANO MARK AITCHINSON (AL CENTRO NELLA FOTO, TRA DONATO, A SINISTRA, E LUCIO PEDERCINI) SALIRÀ SULLA KAWASAKI NEI PROSSIMI TEST, A PHILLIP ISLAND. LO SCORSO ANNO AITCHINSON HA DISPUTATO SOLAMENTE LE ULTIME QUATTRO GARE DEL MONDIALE SUPERSPORT COME PILOTA DEL TEAM KUJA RACING.

NICOLAS STIZZA INFORTUNIO SUPERATO BRUTTO INCIDENTE PER NICOLAS STIZZA. UN MESE FA, IL PILOTA DEL TEAM GRILLINI AL CIV MOTO2 SI È LESIONATO I LEGAMENTI DELLA GAMBA SINISTRA. DOPO UNA INTENSA RIABILITAZIONE, IL PILOTA HA EFFETTUATO UN TEST A VALENCIA: «130 GIRI, IL GINOCCHIO MI FA ANCORA MALE, MA LA BELLA NOTIZIA È CHE RIESCO AD ANDARE ANCORA FORTE».

MONDIALE GP IN LUTTO

SE N’È ANDATA DEBBIE VAN ZON

IL SUO nome completo era Deborah Van Zon, ma al Mondiale GP tutti la conoscevano come Debbie. Più semplice, proprio come era lei. Passione per la moto, sorriso naturale, pronta ad aiutare chi volesse notizie sulla Honda, sulla HRC e sui suoi piloti. In prima linea ai tempi del Team Honda Rothmans, quelli in cui lo sponsor regalò al Motomondiale una sala stampa viaggiante perché i circuiti non erano attrezzati per ospitare i tanti che scrivevano di uno sport in crescendo. Ultimamente più defilata, ma sempre legata alle moto e alle corse. Se n’è andata in una notte d’inverno, a 53 anni. La raggiunga il nostro ultimo abbraccio.

MASCELLA ROTTA

TOWNLEY OPERATO

BRUTTO incidente per Ben Townley, che si è rotto la mascella durante un allenamento in Nuova Zelanda. L’ex campione del mondo MX2 è stato operato e l’intervento è, secondo un comunicato stampa «perfettamente riuscito». Il pilota l’ha presa bene («Non sono giorni piacevoli, ma ne ho passate così tante...»). La stagione non dovrebbe comunque esserne condizionata e Townley tornerà in Europa in tempo per l’inizio del Mondiale MX1, che affronterà con la Kawasaki.

QUALCHE modifica al calendario del trofeo del Mediterraneo, opportunità valuta dalla Federazione Motociclistica per pugliesi e siciliani: 16 e 17 aprile, Racalmuto; 7 e 8 maggio, Binetto; 25 e 26 giugno, Racalmuto; 9 e 10 luglio, Binetto; 17 e 18 settembre, Racalmuto; 8 e 9 ottobre, Binetto. Quest’anno ci sarà una categoria Junior (solo nelle tre date siciliane) riservata a chi non ha mai corso o lo ha fatto senza risultati di rilievo. Per informazioni: MC Sicilyonbike (346-2428035, info@sicilyonbike.

EUROPEAN JUNIOR CUP

TORNA CRAFAR. COME “TUTOR”

DOPO una lunga assenza, torna Simon Crafar. L’ex pilota neozelandese si prenderà cura dei piloti che parteciperanno alla nuova European Junior Cup, formula dedicata ai giovani dai 14 ai 17 anni che si correrà quest’anno a contorno di alcune tappe del Mondiale Superbike.

PER PROFESSIONISTI

BONINI INSEGNA IL CROSS SI SVOLGERÀ dall’8 al 10 marzo un corso professionale di cross organizzato da Matteo Bonini e dal preparatore atletico di vari piloti Yuri Naldini. Il corso di formazione tecnica e valutazione corporea è rivolto ai piloti di qualsiasi età che vogliono fare del cross la loro professione. Tre giornate, per un massimo di otto partecipanti. Il primo giorno si svolge presso il Fisiology Center di Forlì ed è dedicato alla valutazione atletica mentre i successivi si tengono sul circuito Monte Coralli di Faenza per tecnica e metodologie di guida. Il corso costa 600 euro (Iva esclusa). Per informazioni: yuritrainer@gmail.con e matteo@matteobonini.it oppure al numero 347/0438611.

LORENZO E SPIES

DUE STAR IN THAILANDIA TAPPA in Thailandia per Jorge Lorenzo e Ben Spies, che di ritorno dai test in Malesia sono stati ospiti dell’importatore Yamaha. Hanno trascorso una giornata in compagnia di più di 10.000 fan a Bangkok. Il campione del mondo ha ricevuto dai tifosi un trattamento da star; il nuovo compagno di squadra americano ha dato il via a più di 600 motociclisti che, accompagnati dalle forze dell’ordine, hanno sfilato lungo le vie della città. motosprint

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Paddock IDENTIKIT

ALEX BOTTURI 1

Dopo 12 stagioni in sella a moto a 4 tempi, quest’anno si cambia. Gas Gas 300 a 2 tempi. Perché? Perché i cambiamenti servono, soprattutto se non sei più giovanissimo. Cambiare vuol dire non adagiarsi, ricevere nuovi stimoli. Quando ho provato per la prima volta la mia moto di quest’anno mi ha fatto un effetto strano. Mi sembrava di tornare ragazzino, ai tempi delle mie prime gare. È tanto più leggera di una 4 tempi e faccio molta meno fatica a guidate.

CALENDARIO 27/03: Viterbo (Scooter+Pit Bike) 17/04: Castelletto di Branduzzo (Scooter+Trofeo Naz. Maxi Scooter+Pit Bike) 05/06: Ottobiano (Scooter+Pit Bike) 03/07: Binetto (Scooter+Trofeo Naz. Maxi Scooter) 25/09: Latina (Scooter+Pit Bike) 09/10: Pomposa (Scooter+Pit Bike)

FONSI NIETO SI RITIRA 2 A POCO più un mese dall’inizio del Motomondiale, Fonsi Nieto ha detto basta. Il trentaduenne pilota spagnolo, nipote del grande campione Angel, avrebbe dovuto prendere il via della sua seconda stagione in Moto2, su una Moriwaki del G22 Racing Team. «Un posto sicuro nella squadra dei miei cugini - come spiega lo stesso pilota nella lettera aperta con la quale ha annunciato la sua decisione - il dolore al piede dopo il bruttissimo incidente dello scorso anno a Indianapolis non è mai cessato e non mi consentirebbe di gareggiare ad alti livelli. Dire basta mi costa una pena infinita, perché la moto è stata la mia vita. Però me ne vado soddisfatto». Nieto ha dato il meglio di sé in sei stagioni nella 250, vincendo 5 GP. 112 le sue gare in Superbike, con un successo.

BAIOCCO E BALDASSARRI “BENEDETTI” DA UNCINI MATTEO BAIOCCO E LORENZO BALDASSARRI, ASSIEME DANIELE MOSCHINI, SONO I PORTACOLORI 2011 DEL MOTO CLUB FRANCO UNCINI DI RECANATI. ECCO L’EX IRIDATO DELLA 500 IN POSA CON BAIOCCO (A SINISTRA, IMPEGNATO NEL CIV E NELLE DATE ITALIANE DEL MONDIALE SUPERBIKE CON LA DUCATI-BARNI) E IL QUATTORDICENNE BALDASSARRI (AL CENTRO) SELEZIONATO PER LA RED BULL ROOKIES CUP DI QUEST’ANNO.

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KRASNIKOV SEMPRE PRIMO SUL GHIACCIO IL SEI VOLTE CAMPIONE DEL MONDO NIKOLAJ KRASNIKOV HA VINTO I PRIMI DUE GP DI SPEEDWAY SU GHIACCIO DISPUTATI NELLA PISTA RUSSA DI KRASNOGORSK. IL CAMPIONISSIMO DI UFA GUIDA LA CLASSIFICA A PUNTEGGIO PIENO CON 10 PUNTI SUL CONNAZIONALE KONONOV.

Con un fisico come il tuo, temprato da anni di rugby, la fatica dovresti reggerla benissimo. Sono alto un metro e ottanta per 97 chili. Un tempo ero tutto muscoli, ma da qualche anno c’è anche un po’ di pancetta... Il rugby è stato la mia prima passione. Anzi, qualcosa di più, visto che ho giocato fino alla A2. Contemporaneamente facevo anche gare di enduro, come tantissimi ragazzi delle mie parti. La scelta è arrivata alla fine del 1998, dopo la vittoria del titolo junior. Passare senior o giocare in A1? Non mi sono mai pentito, anche se il rugby mi piace ancora tanto, e mi alleno spesso con la mia ex squadra.

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L’impegno per quest’anno? Assoluti d’Italia e mondiale enduro, categoria E3. Farò le prime tre gare, poi, in base alla mia posizione, io e la squadra decideremo se varrà la pena proseguire. Ho fatto la stessa cosa nel 2010: dopo tre gare ero quinto, sono andato avanti e ho concluso sesto. Insomma, me la cavo ancora benino.

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La più grande soddisfazione e la peggiore delusione? Doppia vittoria a Rodengo Saiano, mondiale enduro 2003. Grosse delusioni non mi vengono in mente, ma quando non riesco a impegnarmi fino in fondo, senza risparmiarmi, in una gara, resto sempre un po’ deluso da me stesso.

NATO A

LUMEZZANE (BS) TEAM ELLE2 CIATTI

GIULIA ATZORI CI RIPROVA

ETÀ

NICOLA Morrentino, Marcello Brignoli e Giulia Atzori sono i piloti scelti dal Team Elle 2 Ciatti Racing per la stagione che sta per iniziare. Morrentino verrà schierato al via del campionato italiano classe 600 stock, mentre Brignoli prenderà parte al trofeo Yamaha. Giulia Atzori è ben decisa a confermarsi campionessa femminile.

HA VINTO

35 ANNI 8 TITOLI ITALIANI ENDURO 2 SEI GIORNI QUEST’ANNO

ASSOLUTI D’ITALIA MONDIALE E3

Polini Sicilian Cup: 22/05 Triscina (Scooter+Pit Bike). C’è molta attesa per la Polini Italian Cup 2011 che sarà articolata su sei prove per i Trofei Scooter e cinque per le Pit Bike. A Castelletto di Branduzzo e Binetto correranno anche gli scooter del Trofeo Nazionale Maxi Scooter.

Polini Day a Latina il 27 febbraio per il meeting di presentazione dei Trofei della Polini Italian Cup 2011 La Polini Motori in collaborazione con l’MC Bergamo e la FMI, hanno già centrato l’obiettivo più importante per i partecipanti alla Polini Italian Cup: contenere il più possibile i costi di partecipazione a questo campionato tricolore. Giunto alla sua settima edizione, il tricolore scooter e pit bike supportato dalla Polini, propone quest’anno anche la categoria AMATORI, riservata a chi vuole avvicinarsi per la prima volta alle gare in pista. Altra novità 2011 è il Trofeo Monomarca LML Scooter che vedrà scendere per la prima volta in pista gli scooter LML Star Deluxe 4T 125 e 150 con comando marce a mano e ruote con cerchio 10 pollici. SETTE TRICOLORI IN PALIO Saranno ben sette i titoli tricolori in palio: - Trofeo Scooter 70 Evolution “Monomarca Polini” e “Amatori” (Open) - Trofeo Scooter 70 Evolution “Open” - Trofeo Scooter 94 Big Evolution “Open” - Trofeo Scooter 70 Evolution “Amatori” riservato alla classe Monomarca Polini e Open - Trofeo Pit Bike XP 110-125 Street - Trofeo Pit Bike XP 150- XP65 2T “Open”, - Trofeo Monomarca LML Scooter. Una Polini Italian Cup che vedrà dunque per la prima volta scendere in pista gli scooter LML Star Deluxe 125/150 4T per uno spettacolo assicurato per le caratteristiche di uniformità tecniche dei kit di

Info: www.polini.com Iscrizioni: MC Bergamo: www.motoclub.bergamo.it

elaborazione Polini previsti per questo campionato dal regolamento tecnico. MONTEPREMI DI 20MILA EURO Il montepremi in palio avrà un valore di circa 20mila Euro, mentre a ogni gara verranno distribuiti 2mila Euro di premi in denaro. GARE IN TELEVISIONE Le immagini video della Polini Italian Cup saranno trasmesse sempre da Telenova nel programma Griglia di Partenza (Canale SKY 892) del giovedì sera condotto da Franco Bobbiese. Le prove di Castelletto di Branduzzo, Ottobiano e Pomposa saranno inoltre seguite direttamente da un centro mobile televisivo di produzione per realizzare servizi che saranno messi in onda la stessa domenica in prima serata su Telenova (Canale SKY 892) e Telenova 3 Sportaction (Canale 195), quest’ultimo nato con l’avvento della tecnologia digitale. I filmati delle gare saranno sempre visibili sul sito www.polini.com nella sezione media. INSIEME PER VINCERE Grazie alla collaborazione con AIROH HELMET, TCX BOOTS, SPEED tute e SAVA pneumatici è stato possibile concretizzare una straordinaria promozione per i primi cento piloti iscritti a tutto il campionato nei vari trofei. POLINI SICILIAN CUP Altra novità sarà l’organizzazione di una gara in Sicilia per far fronte alle numerosissime richieste pervenute da tutti gli appassionati dell’isola.

I partecipanti che si sono iscritti entro il 31 gennaio a tutte le prove della Polini Italian Cup 2011 riceveranno il kit abbigliamento da gara Airoh Helmet, TCX Boot, Speed tute, Sava pneumatici, previsto per il proprio Trofeo Scooter o pit bike.


contromano

LA VIA SPAGNOLA PER DIVENTARE CAMPIONE Non un semplice campionato nazionale ma un sistema integrato che funziona bene

di Marco Masetti fagnigol@yahoo.it

JORGE LORENZO E DANI PEDROSA, OVVERO IL MEGLIO DEL MOTOCICLISMO SPAGNOLO, INSIEME A CASEY STONER SULLA BROCHURE CHE SPIEGA COME MUOVERE I PRIMI PASSI NEL MONDO DELLE DUE RUOTE.

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IL FILE in formato pdf si apre in un lampo e sullo schermo appaiono tre ragazzi: due sorridono, il terzo no, ma quando scoprirete i nomi non vi meraviglierete più di tanto. La foto risale all’estate scorsa ed è stata scattata a Brno, dopo la gara della MotoGP. Siamo sul podio e, da destra, troviamo Casey Stoner ancora rossovestito, Jorge Lorenzo “guapo” come uno che sta portando a casa un titolo mondiale e un accigliato Pedrosa. Per rispettare la sponsorizzazione, Dani mette in mostra una delle solite borraccette di “liquido agitante”, senza rendersi conto di essere a fianco di un gonfiabile che rappresenta una maxi magnum di “frizzante” spagnolo. Un liquido che non vale i migliori Cartizze e Champagne (rigorosamente nell’ordine!) che, sotto il profilo organolettico e psicoattivo, battono qualunque “energy drink”. Non è questo che mi fa pensare, ma le due scritte che solcano la pagina. La prima è un titolo che recita: “Il cammino per diventare un campione della MotoGP”. La seconda è un sommario che ci spiega che: “Se il

motociclismo è la tua passione, questa è la tua chance per seguire il cammino di Lorenzo, Stoner o Pedrosa. L’età non è una barriera, visto che si può iniziare dall’età di sei anni… L’unico limite sono i tuoi piazzamenti e i tuoi progressi… Lo sapete che il 70% dei piloti della MotoGP hanno precedentemente partecipato al CEV Buckler?”. Bene, adesso avete capito di cosa sto parlando: di un promo del campionato spagnolo velocità (CEV). Un prodotto che ha il monopolio quasi assoluto delle new entry del Mondiale GP. E adesso vi spiego perché. Il campionato spagnolo, sponsorizzato da una birra analcolica (mica scemi e irresponsabili, questi spagnoli…) è in realtà un sistema integrato che raccatta giovani da tutto il mondo. La Spagna è piena di piste, ha un inverno mite, buona cucina, splendide località. Diciamo che per un ragazzino passare qualche mese in Spagna è stimolante. Infatti, si inizia a sette anni con i cinquantini con ruote da 12” del campionato catalano. Poi si sale di cilindrata, a 70 cm3, per arrivare, undicenni, al campionato mediterraneo dove c’è di tutto, comprese le Pre 125 GP e la Pre Moto3. Se siete ancora più giovani, a sei anni (!) c’è la Culla dei Campioni riservata ai minipiloti e che poi porta al CEV. E qui il menù si fa ricco: 125 GP, Moto2, Ninja Cup, Stock Extreme 1000 (che può essere considerata come l’anticamera della nuova MotoGP). La forza di questo “sistema” è che si corre nelle piste del Mondiale. Disputare la carriera giovanile a Valencia, Jerez, Montemelò, Aragon, significa “arrivare imparati” al debutto nel Mondiale. Ma anche incrociare nei test i piloti del massimo campionato, i manager che contano, le squadre competitive. Non è un caso che arrivino da mezzo mondo per correre in Spagna e che il motociclismo iberico sia una vera e propria industria. Ovviamente sul CEV si allunga la capace ed esperta mano della Dorna, che ha capito che per mandare avanti questo sport ci vuole una robusta base, fatta di tanti piloti, parecchi meccanici, molti addetti alla pista. Insomma, posti di lavoro ma anche tavoli prenotati ai ristoranti vicino alla pista, letti negli alberghi, biglietti aerei. E soldi che girano. Non sono fenomeni quelli del CEV, sia ben chiaro. Stiamo parlando di esseri umani come noi, che organizzano gare in moto. Nessuno ha la bacchetta magica, ma questi fanno sul serio. www.cevbuckler.com: andate a vedere di persona come la moto possa diventare una risorsa. Quando ci vuole, ci vuole: bravi.


polvere di stelle

RANDY CLEEK UNA TRAGEDIA DIMENTICATA Lo statunitense era una promessa. Morì nel 1977 in un incidente stradale dopo la 200 Miglia di Imola

di Luigi Rivola lurivola@tin.it

RANDY CLEEK NEL 1976, UN ANNO PRIMA DI MORIRE. ERA NATO NEL 1955 A SHAWNEE, IN OKLAOMA. NELLO SCONTRO, SULLA STATALE “CASOLANA RIOLESE” CON LUI SONO MORTE ALTRE CINQUE PERSONE.

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A SEI chilometri da Imola, sulla via Emilia, in direzione di Rimini, si arriva a Castelbolognese. Lì, prima di entrare nel centro abitato, sulla destra c’è il bivio per Riolo Terme che si raggiunge seguendo la statale “Casolana Riolese”. È una strada che ho percorso infinite volte in vita mia. Da oltre trent’anni, tutte le volte che transito su quel segmento di otto chilometri, da Castelbolognese a Riolo Terme o viceversa, quel muro mi ricorda la tragedia di Randy Cleek. È un grande muro sagomato a trapezio isoscele che non sfugge allo sguardo, a circa metà distanza fra le due località, sulla destra venendo dalla via Emilia. Funge da sostegno di un terrapieno sul quale si erge una grande casa che si affaccia direttamente dall’alto sulla strada. Uno dei due lati obliqui del trapezio, quello rivolto verso Castelbolognese, funge anche da scalinata che porta al pianterreno dell’edificio. Era la tarda serata di domenica 3 aprile 1977. A Imola si era disputata un’altra edizione di grande successo della 200 Miglia, stravinta da Kenny Roberts con la Yamaha 750

4 cilindri a due tempi che aveva trionfato in entrambe le manche. La prima purtroppo era stata funestata dalla mortale caduta al Tamburello, nel corso del quattordicesimo giro, del pilota californiano Pat Evans, che dopo un ottavo posto in prova stava comportandosi bene in gara. La caduta era stata attribuita a un grippaggio in piena velocità, una pericolosa eventualità che allora si verificava con una certa frequenza sui delicati motori a due tempi. Al termine della 200 Miglia, molti dei protagonisti si erano ritrovati, con gli organizzatori e i giornalisti, all’hotel Molino Rosso alla periferia nord di Imola. Tra questi, Randy Cleek, una promessa del motociclismo USA, che nella prima manche si era classificato ventiquattresimo, mentre nella seconda era riuscito a risalire sino all’ottavo posto. Verso le dieci di sera, Cleek decise che era tempo di rientrare in albergo a Riolo Terme e a lui si accodarono Kurt Williams Keifer, dirigente della Bel Ray che sponsorizzava il giovane pilota americano e Giuseppe Geraci, italiano di origine, ma da tempo residente a Miami, in Florida, che lo accompagnava in veste di interprete. Salirono sulla Fiat 132 a noleggio e si avviarono lungo la via Emilia. A Castelbolognese imboccarono la Casolana e, giunti al chilometro 4, procedendo a velocità elevata – stando almeno a quanto riportano le cronache dell’epoca – la Fiat uscì di strada in un curvone a sinistra. L’auto puntò contro la base del muro e lo scalone fece da trampolino sollevandola violentemente verso l’alto. In quel momento sopraggiungeva dalla direzione opposta una Autobianchi A 112 con a bordo una coppia di Lugo in compagnia di una bambina di pochi anni. Il destino? Chiamatelo come volete, ma di certo i tre occupanti della A 112 nulla avevano fatto per meritarsi quella sorte: la Fiat 132 piombò dall’alto, rovesciata dopo un looping in aria, sul tetto della 112 e fu strage. Gli occupanti delle due automobili non ebbero alcuna possibilità di scampo: sei morti assurde, una tragedia che, come tutte, fu presto dimenticata, ma che forse non ha confronti nella storia del motociclismo, pur se svoltasi al di fuori dell’abituale scenario di una pista. A ricordarla, per chi come me all’epoca ne rimase altamente impressionato, c’è ancora quel muro sulla Casolana, con quella sua forma strana e imponente. E forse c’è ancora qualche segno sulle pietre.


MotoGP Ducati

di Enrico Borghi - foto Milagro

I test di Sepang interpretati dagli uomini di Rossi. Guareschi e Burgess spiegano che...

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EPANG - Adesso c’è bisogno di qualche numero interessante, del tempo sul giro che dia conforto ai tecnici e “morale” a Valentino. Un tempo che dia qualche certezza sulla bontà del lavoro che si sta svolgendo da diversi mesi, senza sosta. Lo dice il team manager, Vittoriano Guareschi, annunciando che quando le moto verranno rimesse in pista a Sepang, a fine mese, «bisognerà fare qualcosina di più in termini di prestazioni». Dando un segnale. «Sì, adesso bisogna cominciare ad andare un po’ più forte. Ma era tutto previsto. Nei primi tre giorni dovevamo “fare” la moto per Valentino e verificare alcune cose; non cercare tempi importanti, anche se alla fine non è andata poi così male».

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VITTORIANO GUARESCHI, È TEAM MANAGER DUCATI DALLA STAGIONE 2010. MA NON HA ABBANDONATO L’ATTIVITÀ DI COLLAUDATORE.

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MotoGP Ducati

Jeremy Burgess

È PUR SEMPRE UNA MOTO

E adesso sappiamo come reagisce alle modifiche

«Abbiamo cambiato sella, pedane, manubri, serbatoio, carena e persino il vetro del cupolino...» Vittoriano Guareschi

Quali verifiche avete effettuato? «Il feeling tra la moto e Vale, e tra la moto e Jeremy, è cresciuto giorno dopo giorno: questa è la cosa principale». Il ruolo di Jeremy è importante, in questo momento? «Molto, perché lui conosce esattamente le esigenze di Valentino, ma prima di mettersi a scegliere gli assetti e le regolazioni più adatti deve arrivare a conoscere la moto: deve sapere cosa fa quando vengono effettuate determinate modifiche». E come sta andando? «Gli stanno tornando tutti i conti: quando Jeremy fa delle modifiche, la moto risponde esattamente come lui si aspettava. È una cosa confortante». È così che dovrebbe essere... «Sì, ma dopo il test di Valencia la situazione non era molto chiara: sembrava che la nostra moto fosse completamente diversa dalle altre». Beh, in effetti... «Sì, da un punto di vista tecnico non ha niente delle altre, però ci sono cose in cui tutte le moto sono uguali: quando fai delle motosprint

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modiche importanti, ad esempio per quanto riguarda l’assetto, le reazioni che ottieni con la nostra moto sono uguali a quelle che ottieni con le altre. Quindi adesso si tratta solo di cambiare i numeri, cioè le regolazioni in senso stretto. Infatti adesso Valentino si sta cucendo addosso questa moto». Sembra già tutto cambiato, rispetto al primo test. «Valentino doveva trovare il feeling: ora che ha fatto 500 chilometri, pur con una spalla che non è ancora al cento per cento, ha la possibilità di ragionare molto sul comportamento della moto. E sono certo che già dalle prossime prove faremo un passo avanti. Francamente, tre giorni di raccolta dati sono un bottino che non mi aspettavo di portare a casa». I problemi in curva ci sono ancora? «Sono in via di risoluzione. Questa volta quello che ci ha maggiormente infastidito è stato il chattering. Però bisogna dire due cose: innanzitutto, alla fine l’abbiamo eliminato; e poi, ricordo che l’anno scorso siamo andati via da Sepang molto preoccupati dal chattering, ma poi in Qatar il problema non c’era più. Quindi...». Hai seguito da vicino il lavoro di Burgess? «Ha lavorato per mettere Vale in sella alla Desmosedici come era sulla Yamaha; insomma, ha cercato di metterlo comodo. Questo tipo di lavoro è iniziato durante l’inverno e l’abbiamo finito solo la mattina della terza giornata di Sepang, quando abbiamo

cambiato l’ennesima sella». Avete stravolto la posizione di guida? «Piano piano abbiamo cambiato sella, pedane, manubri, serbatoio, carena, e persino il vetro del cupolino perché c’erano dei momenti in cui Valentino ci sbatteva contro col casco. Appena il feeling in sella è diventato quello giusto, Jeremy ha cominciato a modificare gli assetti, lavorando non solo sulle sospensioni ma anche sul forcellone, per fare la moto più lunga o più corta, per alzarla (a Valentino piace la moto un po’ alta, ndr) ricavando ogni volta delle reazioni e dei dati. È un tipo di lavoro che andava svolto adesso, in fase di sperimentazione, e siamo stati fortunati, perché Valentino è riuscito a reggere dal punto di vista fisico, altrimenti lo avremmo dovuto completare nei prossimi test di Sepang. E avremmo perso tempo». Adesso cosa prevede il piano? «Il lavoro che abbiamo fatto fino ad ora è quello che precede la fase di sviluppo, che inizierà appunto dal prossimo test di Sepang. Filippo (Preziosi, ndr), Jeremy e Max Bartolini, che è il nostro nuovo direttore tecnico, si sono confrontati e adesso stanno cercando di preparare la moto per andare alla ricerca delle prestazioni». A proposito di prestazioni... La Honda va forte. «Fortissimo! Invece noi in questo momento siamo un po’ indietro. Ma abbiamo un buon margine di crescita; spero che invece gli altri siano già arrivati al limite».

SEPANG - Jeremy Burgess, l’uomo che in questo momento sta guidando il reparto corse Ducati verso la realizzazione di un assetto che Valentino possa apprezzare, ha assunto il ruolo di capocordata della squadra italiana con serietà e professionalità. E con il solito entusiasmo. L’australiano è l’unico a non avere perso il sorriso quando sembrava che la spalla di Valentino e la particolarità della Desmosedici fossero problemi più grossi del previsto, e dopo tre giorni di lavoro a Sepang si è messo anche a scherzare sulla “sua” nuova moto: «Telaio?! Già, sarebbe bello averne uno su cui lavorare...» ha detto ridendo, e questo è buon segno: significa che la Desmosedici, così strana e diversa dalla Honda e dalla Yamaha su cui Burgess e Valentino hanno lavorato negli ultimi dieci anni, non lo ha messo in difficoltà. Almeno, non ancora. «Alla fine siamo riusciti a fare un notevole passo in avanti e questo perché la spalla di Valentino ha retto bene per tutto il tempo. Al termine dei tre giorni siamo stati in grado di individuare due tipi di assetto che sono diventati i confini entro cui ci muoveremo: io penso, infatti, che a mezza strada ci sia la soluzione che probabilmente useremo per la prima gara». Obiettivo raggiunto, quindi. «L’obiettivo numero uno consiste nel fare una moto che piaccia a Valentino, che lui

possa guidare nella maniera che gli è più congeniale. A Valencia la moto aveva assetti basati sulle esigenze dei piloti che guidavano la Ducati prima di lui, e non riusciva ad usarla. Del resto, veniva dalla Yamaha, che è una moto completamente diversa». Come avete reagito? «Nei due mesi e mezzo di pausa abbiamo cercato di pensare a un assetto che noi definiamo “più normale”, nel senso che la Ducati richiede regolazioni completamente diverse... Ecco, siamo partiti da lì quando siamo arrivati a Sepang: sin dalla prima mattina abbiamo cercato di muoverci velocemente alla ricerca di un buon bilanciamento, lavorando sulle sospensioni e cambiando altezza e lunghezza della moto». Ora la Desmosedici fa meno paura? «Ma sì, in fondo è una moto anche lei! Infatti un altro lavoro importante, tra quelli svolti a Sepang, riguarda la conoscenza della moto e delle sue reazioni alle varie modifiche: noi dobbiamo innanzitutto sapere come far fare alla moto quello che Valentino vuole. So esattamente come lui guida, che assetti ricerca, che tipo di bilanciamento o di freno motore vuole utilizzare, ma non sapevamo come si fa a ottenere tutte queste cose da una Ducati». Il bilanciamento, in questo momento, è il problema centrale? E se sì, come si fa ad ottenerlo in una moto che praticamente non ha il telaio? «Beh, se vogliamo essere precisi (e ricomincia a ridere) questa moto di telai ne ha due: uno anteriore e uno posteriore!». Quindi i problemi sono doppi? «Fondamentalmente, una moto ha sempre delle caratteristiche comuni alle altre e il modo in cui funziona è molto simile. Quello che cambia sono le regolazioni, ma in fondo usiamo le stesse sospensioni che aveva la Yamaha e anche le stesse gomme; sono già due punti positivi. Certo, il motore è completamente diverso». Rispetto al 2004 stai lavorando di più? «Più o meno è lo stesso lavoro che io e Valentino abbiamo fatto con la Yamaha: sperimentiamo, proviamo anche cose estreme, perché siamo nella fase in un cui

bisogna avere il maggior numero di informazioni possibile. Inoltre, e questa è una cosa molto importante, bisogna dare a Valentino più di una possibilità di regolazione: dobbiamo permettergli una scelta piuttosto ampia». Stai sfruttando anche i dati raccolti dalle prove fatte dal... team manager? «Sì, abbiamo trovato molto interessante uno degli assetti che Guareschi ha provato a Jerez. È qualcosa che si discosta tanto dallo standard Ducati, ma penso che questa sia l’area in cui lavoreremo per trovare l’assetto definitivo per Valentino». Si è parlato di una forcella da 42 millimetri di diametro che la Öhlins potrebbe realizzare per Valentino. «Per ora non è previsto che ci si muova dalla 48 millimetri, questo è certo. Questa è una forcella che ormai conosciamo molto bene, e poi in questo campo non abbiamo bisogno di novità». Che cosa ti aspetti dalla prossima uscita a Sepang, a fine mese? «Un altro, importante, passo in avanti. Perché Valentino si presenterà in condizioni fisiche migliori, quindi sarà in grado di spingere di più e a quel punto potrà darci maggiori informazioni tecniche. Quello di cui abbiamo bisogno adesso non sono nuove parti speciali, come le sospensioni, ma solo la sua efficienza fisica. Il primo test di Sepang, Valentino l’ha preso come una verifica delle condizioni della spalla e io sono convinto che appena recupererà l’efficienza totale, automaticamente acquisterà più fiducia nella moto». Il peggio è passato? «Penso di sì, perché ho trovato la spalla di Valentino in condizioni migliori di quello che mi aspettavo. E in relazione a questo, dico che non è andato piano. Non dobbiamo dimenticare che in mattinata Valentino riusciva a essere abbastanza efficiente, ma dopo pranzo aveva bisogno di massaggi e cure per poter girare nel pomeriggio; è stato bravissimo perché ha fatto anche più di 40 giri al giorno, pur se non al suo ritmo ideale. La spalla ha mostrato una certa stabilità e resistenza e alla fine questa è la cosa più importante. Il vero lavoro comincia adesso». motosprint

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Moto2 Test a Valencia

10–13 Marzo 2011

MARQUEZ (A FIANCO) È DEBUTTANTE IN MOTO2 MA A VALENCIA È STATO IL PIÙ VELOCE, ASSIEME A REDDING.

I TEMPI DI VALENCIA MOTO2

Attenti a quei 2 Marquez e Redding i più veloci nella prima uscita del 2011. A pari merito

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I METTONO in moto anche Moto2 e 125 con i primi test di stagione. Dopo un inizio ufficioso a ranghi ridotti a Barcellona, ecco i primi test “veri” a Valencia, il 10 e l’11; in questa settimana i team passeranno a Estoril dal 15 al 17, per concludere con la sessione del 4, 5 e 6 marzo a Jerez. L’avvio non è stato brillante: visto che i motori forniti dall’organizzazione non arriveranno prima di marzo, tutti sono scesi in pista senza transponder e quindi con tempi ufficiosi forniti dalle squadre a fine giornata. Sagace la battuta di Alex De Angelis, pilota del team JiR: «Sembra di essere tornati indietro di dieci anni». Subito in evidenza i big, con Julian Simon molto veloce, nonostante non stesse bene per un forte raffreddore. Non ha “steccato” De Angelis, e colpiscono la grinta e l’efficacia del duo del team campione del mondo di Fausto Gresini: Takahashi e Pirro hanno trovato subito un buon feeling con le Moriwaki. Debutto a due velocità per il team Ioda di Giampiero Sacmotosprint

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chi con Corsi più rapido di Pasini, mentre Iannone, passato alla Suter e al nuovo team Speed Master, si è confermato pilota che punta al podio. L’italiano è lingua molto parlata in Moto2, ma la sorpresa parla spagnolo e si chiama Marc Marquez. Il campione della 125 ha chiuso al comando la tre giorni di Valencia con un tempo strabiliante. Con lo stesso crono c’è un altro ragazzino molto veloce, Scott Redding, speranza del motociclismo britannico. Molto interessante è il progresso tecnico delle Moto2 che, rispetto ai primi test dello scorso anno, sono molto più veloci e meno “saltellanti”. In azione anche le 125: su tutti Terol, un veterano che si candida ad essere l’ultimo campione della cilindrata. Bene anche Faubel e Oliveira, mentre ha fatto una gran bella impressione il debuttante Maverick Viñales con la moto del team Paris Hilton. In coda al gruppo Morciano e Tonucci con le moto del Team Italia. Marco Masetti

1. Marc Marquez (Suter) 2. Scott Redding (Suter) 3. Julian Simon (Suter) 4. Yuki Takahashi (Moriwaki) 5. Thomas Lüthi (Suter) 6. Stefan Bradl (Kalex) 7. Andrea Iannone (Suter) 8. Aleix Espargaró (Pons) 9. Alex De Angelis (MotoBi) 10. Michele Pirro (Moriwaki) 11. Claudio Corti (Suter) 12. Simone Corsi (Ioda) 13. Axel Pons (Pons) 14. Mike Di Meglio (Tech 3) 15. Jules Cluzel (Suter) 16. Raffaele De Rosa (Moriwaki) 17. Mika Kallio (Suter) 18. Alex Baldolini (Suter) 19. Mattia Pasini (Ioda) 20. Randy Krummenacher (Kalex) 21. Xavi Forés (Suter) 22. Bradley Smith (Tech 3) 23. Kev Coghlan (FTR) 24. Esteve Rabat (FTR) 25. Max Neukirchner (MZ) 26. Robertino Pietri (Suter) 27. Santiago Hernandez (FTR) 28. Anthony West (MZ) 29. Kenny Noyes (FTR) 30. Dominique Aegerter (Suter)

1’35”6 1’35”6 1’35”9 1’36”0 1’36”0 1’36”0 1’36”1 1’36”1 1’36”3 1’36”4 1’36”4 1’36”6 1’36”6 1’36”6 1’36”8 1’36”9 1’37”0 1’37”0 1’37”0 1’37”2 1’37”2 1’37”3 1’37”5 1’37”7 1’37”8 1’37”8 1’37”9 1’38”1 1’38”5 1’38”6

125 1. Nico Terol (Aprilia) 2. Maverick Viñales (Aprilia) 3. Héctor Faubel (Aprilia) 4. Miguel Oliveira (Aprilia) 5. Alberto Moncayo (Aprilia) 6. Sandro Cortese (Aprilia) 7. Efrén Vázquez (Derbi) 8. Johan Zarco (Derbi) 9. Jonas Folger (Aprilia) 10. Sergio Gadea (Aprilia) 11. Hiroki Ono (KTM) 12. Danny Kent (Derbi) 13. Niklas Ajo (Aprilia) 14. Daniel Kartheininger (KTM) 15. Luigi Morciano (Aprilia) 16. Harry Stafford (Aprilia) 17. Zulfahmi Khairuddin (Derbi) 18. Alessandro Tonucci (Aprilia) * tempi ufficiosi

1’40”0 1’40”1 1’40”2 1’40”7 1’41”3 1’41”3 1’41”3 1’41”5 1’41”5 1’41”6 1’41”9 1’42”1 1’42”8 1’43”5 1’43”6 1’43”7 1’43”7 1’43”7

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MotoGP Loris Capirossi di Stefano Saragoni - foto Milagro

Torno a casa

Dopo tre stagioni con la Suzuki, Loris Capirossi ritrova la Ducati, moto cui ha dato le prime vittorie. E che gli è rimasta nel cuore

molto più positivo, e la mia seconda vita in Ducati è iniziata con un sorriso, un abbraccio, un rapporto totalmente diverso». Come l’hai trovata? «Devo dire che l’entusiasmo di risalire su una Ducati era ed è alle stelle. Mi sono ritrovato in un ambiente tutto sommato familiare, che non avevo dimenticato. Ho ritrovato più o meno le stesse persone, anche perché Campinoti ha creato un gruppo di lavoro che mi piace moltissi-

mo, c’è feeling, intesa. Il primo approccio con la moto è stato… in salita. È inutile nascondersi dietro un dito, la Desmosedici non è facile da guidare, è una moto abbastanza complicata, che va capita. Però il potenziale è buono, e il fatto che ci sia Valentino… prima è una cosa bella per Ducati che lo rincorreva da parecchi anni ed è riuscita a realizzare un sogno, poi può essere molto positivo anche per noi in previsione. Lui ha una sua via per lo sviluppo che può essere positiva per tutti». Molto diversa da come l’avevi lasciata? «Abbastanza. Il motore è migliorato molto, è più guidabile, ho trovato un’elettronica evoluta rispetto a quella lasciata

nel 2007. A livello di ciclistica è più rigida di quella che guidavo io. È una moto diversa. Molto». Meglio oggi? «Sì. Le problematiche che c’erano nel 2007 non ci sono più. Ce ne sono altre… Le manca una base “standard”. Dalla quale partire per metterla poi a posto a seconda delle tue esigenze, al tuo stile. Qui l’assetto “standard” te lo devi trovare da solo. Noi in Malesia abbiamo lavorato tre giorni per arrivarci, e crediamo di essere arrivati vicino a quello che sarà il punto di partenza in ogni circuito. Però al prossimo test in Malesia provere-

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ENOVA - A fine 1997 se ne andò carico di amarezza e anche di rabbia, ma senza sbattere la porta. Perché per Loris Capirossi i cinque anni in Ducati sono stati il periodo più emozionante dell’intera carriera. Una scommessa vinta. Una moto fatta crescere in fretta insieme al reparto corse, portata sul podio al debutto, nel GP Giappone 2003, e alla vittoria alla sesta gara, il GP Catalunya dello stesso anno. Poi il sogno mondiale 2006, svanito perché nelle corse ci sono incognite che non puoi controllare, e infine il titolo arrivato non con lui ma con Casey Stoner, a coronamento del lavoro di tutti. Sentirsi scaricato è stata una delusione forte, ma il tempo ha guarito le ferite, ricucito i rapporti, spianato la strada del ritorno, dopo tre anni in aspettative disilluse con la Suzuki. All’alba del suo ventiduesimo (!) Mondiale GP, Loris Capirossi è di nuovo un pilota Ducati. «Se torniamo indietro nel tempo… Sì, non è stato un addio fantastico, quello del 2007, ma lo dobbiamo a una persona in particolare (Livio Suppo, n.d.r.), che oggi in Ducati non lavora più. Quindi oggi è tutto

LORIS CAPIROSSI COMPIRÀ 38 ANNI IL 4 APRILE.

«Sia chiaro: la Desmosedici non è facile da guidare. È una moto che va capita» motosprint

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motosprint

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MotoGP Loris Capirossi

mo una strada completamente diversa per vedere se riusciamo ad avere una base ancor più solida. Non siamo ancora arrivati ad uno standard che ci soddisfi al cento per cento». La Ducati quest’anno ha uno squadrone. «Un’ottima squadra factory, ottime squadre satellite, sei piloti. Sono in forza nella MotoGP. Adesso bisognerà seguire una linea di sviluppo che porti risultati per tutti. Il rapporto creato in questi anni tra la squadra ufficiale e i team satellite è molto, molto bello. Supportano i loro piloti esterni molto bene. Il mio ingegnere di pista, Fabiano, è comunque un uomo Ducati, quindi dopo tutte le prove fanno me-

eting in azienda per studiare la situazione. Anche il mio telemetrista è un dipendente Ducati ed è quello che la Honda portò via alla Yamaha… Oggi l’abbiamo noi. Ho una bellissima squadra. Campinoti mi ha messo nelle condizioni per rendere al meglio». Cosa non ha funzionato con la Suzuki? «Difficile dirlo. Sinceramente a livello umano mi sono trovato molto bene con la squadra, e tutto sommato anche con i giapponesi. Probabilmente, però, gli investimenti fatti nello sviluppo della moto non erano adeguati a quello che realmente serviva. Noi eravamo sempre un passo indietro, e i problemi che abbiamo avuto soprattutto con i cambiamenti di temperatura erano critici. Adesso, finalmente, da quello che so hanno cambiato abbastanza, soprattutto la posizione del motore nel telaio. Potrebbero essere arrivati a una soluzione, ma io penso che sia difficile risolvere i problemi che avevamo.Vedremo. Sepang è una pista dove la Suzuki va molto bene, nei test invernali io sono stato sempre molto veloce, quello che si vede in questo momento non è esattamente reale… Anche se gli auguro di andare bene». Il 2010 è stato forse il tuo anno peggiore. «La moto mi ha tirato per terra tante volte per problemi suoi, non errori tec-

nici o di guida. Andavo per terra. Punto e basta. Questo mi ha demoralizzato molto. Alla fine forse non guidavo neanche più come dovevo guidare, ma perché non avevo più fiducia nella moto». Bisognava cambiare. «Non potevo continuare con loro. Le cartucce erano finite. Nel reparto corse Suzuki in questo momento non c’è più nessuno… Tornare in Ducati è una sfida emozionante, che mi carica. La squadra è motivatissima…». Realisticamente, cosa si può fare? «Il nostro obiettivo è combattere. Fare delle gare onorevoli e stare davanti. Lottare per il Mondiale è una parolona. È quasi impossibile. Però potersi distinguere nella massa è molto importante per tutti noi. Ci crediamo. Sempre. E poi dico che dobbiamo mettercela tutta. Mai tirarci indietro». Il divario con le moto ufficiali sembra cresciuto, nelle ultime stagioni. «Chiaro che lo sviluppo segue il punto di vista dei piloti ufficiali. Ma la Ducati ha un’ottima comunicazione tra le squadre, e tiene in considerazione anche quello

che diciamo noi. Se hai la possibilità di parlare con più persone, di sentire più pareri, la situazione può risultarti più chiara». Non sempre… «Ma io ho guidato tante moto diverse, so come va guidata una moto, quindi… credo che il mio contributo possa essere interessante. Analizzando le considerazioni che facciamo, sono esattamente le stesse». Le stesse di chi? «Le stesse di Rossi». Quanto durerà la tua giovinezza? In tempo per tornare sul “mille”? «È il mio obiettivo. Mi intriga molto l’idea. Però se quest’anno le cose non andranno come immagino che vadano… Ci penserò». Che campionato dobbiamo aspettarci? «Una stagione molto, molto tirata. Non siamo tantissimi, ma siamo tutti forti, bene o male. In Malesia ero dodicesimo, ma a un secondo e due dal primo, che su una pista come Sepang è veramente niente. Mi aspetto un campionato combattuto, tutto molto “stretto”. Ci sono stati tanti cambiamenti e potranno solo fare del bene». Stoner sulla Honda, può essere quello che fa la differenza? «Stoner la differenza l’ha sempre fatta perché riusciva a guidare la Ducati in modo particolare. In Honda non mi sembra che faccia spavento. È andato forte, ma non dà un secondo a nessuno…».

«Non potevo restare in Suzuki. Le cartucce erano finite. Tornare in Ducati è una sfida che mi carica» motosprint

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CAPIROSSI E DE PUNIET DANNO SPETTACOLO AL PORTO DI GENOVA. SOTTO I PILOTI COL DIRETTORE GENERALE DUCATI, DOMENICALI, E IL TEAM PRINCPAL PAOLO CAMPINOTI.

TEAM PRAMAC

UN DECIMO ANNO DA RICORDARE Gli obiettivi? Più di un podio... GENOVA - Il varo della stagione 2011 del Team Pramac è avvenuto nel porto di Genova, a bordo della nave crociera MSC Fantasia, 330 metri di “villaggio vacanze” viaggiante, a suggellare il desiderio di imbarcarsi in una stagione da ricordare. «Per il nostro decimo anno in MotoGP abbiamo una squadra molto forte – ha sottolineato il proprietario e team principal, Paolo Campinoti -. Abbiamo obiettivi ambiziosi, mi piacerebbe fare più di un podio». Campinoti scherza sulla scelta Capirossi. «Loris l’ho voluto perché è giovane e speriamo che esploda con noi… La sua con Ducati è stata una bella storia che oggi riprende. Punto sulla sua voglia di rivincita. De Puniet è molto bravo, spero che il nostro “pacchetto”, che non è da team satellite, ma factory bis, possa dargli quel qualcosa in più. Sono convinto che il carattere della moto si legherà bene al suo». Randy, per il momento, ha trovato qualche difficoltà.

«La Ducati è una moto che mi ha affascinato subito, quando l’ho vista guidata da Capirossi nel 2003. Non è facile trovare un buon setting, ma se ci riesci vai forte. Sono rimasto sorpreso dalle caratteristiche del motore, molto più aggressivo di quello della Honda. La moto è difficile da inserire in curva, ma sono fiducioso sulla soluzione di questo problema. Il mio obiettivo? Essere il primo dei non ufficiali. E tornare sul podio».

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Superbike L’opinione di Tardozzi di Paolo Gozzi - foto Zac

«Biaggi e l’Aprilia li vedo addirittura più forti dell’anno scorso. C’è il pilota, c’è la moto e c’è la squadra»

A pochi giorni dal via l’ex team manager Ducati e BMW presenta la nuova stagione iridata

Vigilia mondiale DAVIDE TARDOZZI HA VISSUTO IL MONDIALE SUPERBIKE DA TUTTE LE ANGOLAZIONI. PRIMA PILOTA, POI TEAM MANAGER DUCATI (FINO AL 2009). L’ANNO SCORSO HA VESTITO I COLORI BMW, AVVENTURA DURATA UNA SOLA STAGIONE.

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A VINTO la prima gara Superbike della storia, a Donington nel 1988, e lo stesso anno si è giocato il Mondiale scivolando nell’ultima sfida di Manfeild, in Nuova Zelanda. Perso sul filo di lana l’iride da pilota, si è rifatto da team manager: diciannove allori (otto piloti, undici Marche) conquistati al timone della Ducati. Davide Tardozzi, 52 anni appena compiuti, ha vissuto il mondo delle derivate dalla serie da tutte le angolazioni. In pista è stato protagonista nell’epoca dei pionieri, quando la sua Bimota aveva il camion più grande del paddock.

Dal muretto dei box ha guidato la squadra più gloriosa del paddock, trascinando al successo tutti i più grandi campioni dell’universo Superbike: Troy Corser, Carl Fogarty, e Troy Bayliss, solo per citarne alcuni. Fuoriclasse che, per motivi diversi, gli devono moltissimo perché Tardozzi, romagnolo dal carattere arcigno, nei momenti giusti ha saputo trasformarsi in padre e infallibile consigliere. A fine 2009 ha lasciato la Ducati per una sfida ancora più grande, mettere ordine nel box e fare della BMW la nuova dominatrice della serie.

In BMW però il “metodo Tardozzi” non ha funzionato. I tedeschi hanno deciso di fare da soli e il dirigente più titolato del paddock adesso è un uomo libero da vincoli e contratti. Qualcuno lo ha già cercato, ma invece di tornare subito in pista Davide è rimasto a casa. Per guardarsi dentro, cercare altre sfide di vita e curare una fastidiosa infiammazione discale che alla vigilia della nuova sfida lo ha costretto a letto. Nessuno meglio di Tardozzi poteva presentarci il Mondiale 2011. Togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa…

Biaggi e Aprilia, dominatori del 2010, sono stati imprendibili anche negli unici test invernali asciutti, Aragon e Phillip Island. È ancora il binomio da battere? «Non ho alcun dubbio. Max e l’Aprilia li vedo addirittura più forti dell’anno scorso. C’è il pilota, c’è la moto e c’è la squadra. Sarà determinante la condizione mentale di Biaggi: credo che la nuova situazione familiare lo abbia reso ancora più forte». Aprilia ha preso anche Noriyuki Haga: pensi che sia avviato al tramonto oppure con la RSV4 tornerà vincente? «Nori è pur sempre un triplice vicecampione del mondo e credo che il suo talento

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Superbike L’opinione di Tardozzi

non sia in discussione. Potrà far bene se sarà motivato e supportato tecnicamente nel modo giusto». Checa ha la stessa Ducati che avrebbe guidato se fosse entrato nel team interno. È da Mondiale? «Sono un po’ scettico. La storia dei piloti parla per loro, Carlos è un pilota velocissimo e un caro ragazzo ma se non ha mai vinto significa che qualcosa gli manca. Ha sicuramente un’ultima opportunità per chiudere la carriera con un titolo importante tasca: Ducati crede in lui e lo appoggia pesantemente. Ma sono sicuro che nell’arco di una stagione il team ufficiale qualche piccola differenza in positivo gliel’avrebbe potuta garantire. Invece lui corre per una formazione satellite e fa una bella differenza. Gli serviranno orgoglio e determinazione costanti». Ducati, mito della Superbike, che ritira la squadra ufficiale: non è un controsenso? «È una strategia dettata dai numeri e dalla politica futura. Nel momento della crisi hanno deciso di tagliare tutti i costi puntando sui privati e investendo nella moto 2012, che con una revisione del regolamento più restrittiva potrebbe diventare l’arma vincente con costi contenuti. Non è un caso che la Ducati chieda da tempo un regolamento più vicino alla promotosprint

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duzione. In Ducati non sono bravi solo a fare le moto ma anche politica. E spesso aiuta». La Honda è migliorata, Rea è un talento ma sbaglia troppo. Riuscirà a maturare e a giocarsi il titolo? «Non conosco bene il potenziale della Honda ma credo che Rea sia un talento vero e che in passato abbia colmato limiti della moto. Sono certo che quest’anno sarà uno dei problemi maggiori di Biaggi ma qualche errorino potrebbe continuare a farlo perché l’irruenza è parte del suo stile di guida». Haslam riuscirà a far vincere la BMW? «Con il budget che si ritrovano e l’esperienza di due anni di corse - più uno di test - dovrebbe farcela. Ma credo che se nulla cambia finirà forse per vincere una o due gare, ma il campionato no». Due squadre BMW: sarà un vantaggio oppure la rivalità interna complicherà ulteriormente le cose? «Decisamente un vantaggio soprattutto se ci sarà interazione tra le squadre. Il team italiano ha persone che possono dare un contributo immenso al progetto, per esperienza, capacità e approccio alle corse. Ovviamente se verranno ascoltati…». Budget, bella moto, gran motore, organizzazione teutonica: perché la BMW corre da due anni e non ha ancora vinto?

«Se nulla cambia in BMW, Haslam finirà forse per vincere una o due gare. Il campionato no» «È mancata l’umiltà, quella vera e non di facciata, e la voglia di imparare senza pensare di essere comunque “già imparati”. La BMW non ha una storia specifica di corse, così il programma è partito con errori gestionali, di impostazione del lavoro. Inoltre nella struttura organizzativa è mancato un direttore tecnico capace. L’Aprilia ha Dall’Igna, la BMW no: fa una bella differenza. E dire che l’anno scorso hanno avuto in casa un jolly come Massimo Bartolini, che adesso è diventato responsabile tecnico di Ducati in MotoGP. Forse era troppo bravo per essere capito…». Conosci Melandri fin da bambino: come andrà tra lui e Biaggi? «Marco è un indiscusso talento. È una banalità dire che spesso il talento non ba-

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sta, ma per lui è esattamente così: appena si sarà ristabilito dall’operazione darà a Max del gran filo da torcere. Poi sarà imbattibile nelle gare bagnate. Il destino di Marco è in mano alle persone che lo gestiscono in pista, spetterà a loro capire quando servono carezze e quando la frusta». Yamaha ha preso Melandri, BMW punta su Haslam e Aprilia si è tenuta Biaggi: chi ha fatto la mossa migliore di mercato? «Direi che tutti hanno fatto il meglio che il mercato consentiva, concordo con le scelte». La Kawasaki è un missile, però manca ancora Vermeulen: può diventare la sorpresa anche senza Chris? «Non bisogna sottovalutare Tom Sykes, non sarà un pretendente al titolo ma spesso si farà vedere nelle posizioni che contano. Chris è un grosso punto di domanda, oggi io punterei su Sykes». Michel Fabrizio in Suzuki: come lo vedi? «Michel è amico fraterno e gli auguro il meglio. Lo stesso Francesco Batta (patron della Suzuki Alstare, ndr) ha detto che il 2011 per loro sarà una stagione di ripiego e Fabrizio si troverà in condizioni difficili. Dovrà dimostrare che carattere e professionalità non gli mancano, perché sicuramente ha un pacchetto tecnico da podio ma deve mettere da parte atteggiamenti mentali che in passato lo hanno limitato. Deve stare concentrato per tutta la stagione, e forse questa è la cosa più difficile per lui». Tra i piloti di “seconda fascia” (Smrz, Guintoli, Laverty, Xaus) ce n’è uno che potrebbe stupire? «Smrz è teoricamente e potenzialmente da podio ma devo dire che sono rimasto motosprint

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In partnership con

«Fabrizio si troverà in condizioni difficili: dovrà dimostrare carattere e professionalità»

L’AMICIZIA TRA DAVIDE TARDOZZI E MICHEL FABRIZIO NON SI È INCRINATA NEPPURE QUANDO SI SONO RITROVATI IN DUE BOX AVVERSARI.

favorevolmente sorpreso da Laverty, non lo credevo subito veloce. Questo consolida la mia idea che mentalità e determinazione fanno la differenza. Ricordate un certo Fogarty?». La Yamaha dichiara 230 cavalli, le altre non sono da meno: anche con l’alimentazione di serie le Superbike volano e i costi non calano. Il campionato rischia di diventare insostenibile per le Case? «Sarà importante per il futuro continuare in modo serio e costruttivo quel tavolo di discussione tra le Case e la Infront iniziato lo scorso anno per capire quale sarà la Superbike dei prossimi cinque anni. I costi possono essere limitati con regolamenti adattati alle necessità di questo particolare momento di crisi del mercato. Ma purtroppo come sempre troppi parlano pensando solo al proprio specifico interesse e non al campionato e al motociclismo in generale». La MotoGP torna al 1000 e apre ai motori derivati dalla produzione: è in rotta di collisione con la Superbike? «Si sta profilando un gran casino e la Federazione Internazionale, che avrebbe il dovere di mettere ordine nei regolamenti

e nei rapporti tra i Mondiali, latita alla grande. Serve il confronto tra MotoGP e Superbike, e gestire il futuro a quattro mani. Ma meglio sarebbe a sei mani, perché il ruolo della Federazione deve ritornare importante». La BMW andrà in MotoGP nel 2013? «Forse a Monaco hanno capito che se non si vince in Superbike è assurdo andare in MotoGP dove investimenti, tecnologia, esperienza e know how sono ancora più importanti. Ma spesso succede che qualcuno dice una cosa e ne pensa un’altra..». Nelle stagioni più recenti i primi 3-4 round sono sempre stati decisivi: partire bene sarà fondamentale pure quest’anno? «Si. E proprio per questo credo che Biaggi in Australia cercherà subito la doppietta». Ti sbilanci in un pronostico per Phillip Island? «È molto difficile fare previsioni perché è una pista dove vanno forte tanti piloti e favorevolissima alla Ducati. Direi comunque che tutti dovranno cercare di battere Max. E stare molto attenti a Corser».

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NEL CORSO DELLA STAGIONE AGONISTICA 2010 IL SETTORE VELOCITÀ DELLA FEDERAZIONE MOTOCICLISTICA ITALIANA, IN COLLABORAZIONE CON IL SETTORE TECNICO, HA REALIZZATO UN PROGRAMMA TRIENNALE VOLTO ALLA RICERCA E ALLA FORMAZIONE DEI GIOVANI TALENTI. PROGETTI DIVERSI MA INTEGRATI. UN UNICO SCOPO: FORMARE I CAMPIONI DI DOMANI

PROGETTO GIOVANISSIMI 7-16 ANNI La FMI vuole ripartire dalle categorie di esordio dei piloti, per costruire un percorso guidato che accompagni i più giovani (a partire dai 7 anni) verso le ruote alte. Alla Sav (8 anni prima licenza) delle Minimoto, si affiancherà l’Hobby Sport per far “giocare” giovanissimi di 7 anni. Previsti due step di avanzamento, definiti in collaborazione con il Settore Tecnico Federale: il primo è quello delle minimoto, il secondo quello delle MiniGP. Il progetto “Scouting” avviato dal Settore Tecnico FMI già nel 2010 ha permesso di creare un database attraverso cui raccogliere per ogni singolo atleta le informazioni personali che, nel corso degli anni, serviranno ad avere un quadro oggettivo delle capacità che ogni pilota possiede. La FMI seguirà i ragazzi in questo modo:

PROGETTO UNDER 20. TORNA IL TEAM ITALIA Il 2011 è l’anno del centenario della FMI e del CIV. Uno dei modi per celebrare un secolo di attività sarà il ritorno in pista del Team Italia. Un pezzo della storia motociclistica nazionale, considerata la “palestra” di molti campioni italiani del passato, tornerà a offrire quindi un percorso di crescita sportiva stabile ad alcuni giovani promettenti. Il progetto prevede la partecipazione di otto piloti under 20 ai seguenti campionati:

Motomondiale 125 GP Alessandro Tonucci e Luigi Morciano (Team Italia FMI - Aprilia) FIM Coppa del Mondo Superstock 1000 e CIV Stock 1000 Danilo Petrucci (Barni Racing Team - Ducati) Campionato Europeo Superstock 600 e CIV Stock 600 Riccardo Russo (Team Trasimeno – Yamaha) Campionato Italiano Velocità Niccolò Antonelli e Romano Fenati (Gabrielli Racing Team – Aprilia) Coppa Italia Velocità Michael Ruben Rinaldi e Manuel Pagliani (Gabrielli Racing Team – Aprilia)

GESTIONE DIRETTA DEI CAMPIONATI

La gestione diretta del Campionato italiano, della Coppa Italia, del Campionato italiano MiniGP e del Campionato italiano Minimoto da parte della FMI consentirà di instaurare sul “campo gara” un rapporto determinante con i diversi attori coinvolti nella crescita dei piloti (genitori, team, sponsor) per indirizzare al meglio il loro futuro percorso professionale.

NULLA OSTA PER LA LICENZA STRANIERA Con riferimento all’art. 70.2.1, punto 7, dello Sporting Code della FIM (Federazione Motociclistica Internazionale), a partire dal 2011 la FMI concederà a propri Tesserati

l’autorizzazione a ottenere la licenza da Federazioni Motociclistiche nazionali straniere solo ed esclusivamente nel rispetto delle fasce d’età previste dalla normativa nazionale. Un pilota italiano, quindi, potrà essere autorizzato a conseguire una licenza emessa da una Federazione estera unicamente per praticare le specialità cui potrebbe partecipare in Italia, a quell’età.

CRITERI DI ASSEGNAZIONE CONTRIBUTI PILOTI La FMI ha deciso di contrastare l’attuale situazione sportiva (che prevede l’avanzamento dei piloti basato quasi esclusivamente sulle disponibilità economiche anziché su risultati sportivi conseguiti) e il concetto di doversi sentire già campioni dopo un risultato positivo (un podio nel Campionato italiano non può essere titolo di merito per il Mondiale ma solo un segnale di crescita tecnico/sportiva) introducendo la “grading list sportiva”: i piloti inizieranno dalle Minimoto e arriveranno al Campionato italiano seguiti dai tecnici federali, attraverso un percorso che agevoli la ricerca del talento. Due i punti fermi validi per l'erogazione di eventuali sostegni economici: non sarà più prevedibile il contributo “a pioggia”, a piloti che non seguiranno un preciso percorso sportivo e per questo motivo verrà istituita una "borsa di studio” di 10.000 euro, destinata ai campioni italiani che intendono svolgere attività internazionale titolata nell'anno successivo, in uno dei seguenti campionati mondiali o europei 2011: MotoGP, Moto2, 125GP, SBK, Supersport, Stock 1000, Stock 600. Non sono previsti contributi a team e piloti che non rientrino in questi parametri:

7/8 ANNI - HOBBY SPORT 8/9/10 ANNI - SAV 9/10 ANNI - JUNIOR A 11/12 ANNI - JUNIOR B 12/13 ANNI - JUNIOR C 11/12 ANNI - MINIGP 50 13/14 ANNI - MINIGP 70 13/15 ANNI - MINIGP 80 RUOTE ALTE 14/15 ANNI - COPPA ITALIA VELOCITÀ 14/16 ANNI - CAMPIONATO ITALIANO VELOCITÀ

Paolo Sesti Presidente FMI: «Abbiamo avviato un grande

progetto a 360° nel settore velocità, un progetto che consideriamo strategico non solo perché teso ad ottenere risultati nel mediolungo periodo. Abbiamo voluto studiare e definire un percorso di crescita dei giovani con indicazioni condivise e linee chiare per gli “attori del settore”: industrie, team, piloti, organizzatori e… genitori. Anche loro devono essere consapevoli che stiamo portando avanti un progetto complesso che, se tutti ci crederanno e porteranno il loro contributo, darà i suoi risultati. Noi ci crediamo e cercheremo di mettere a disposizione tutte le risorse necessarie nonostante le difficoltà di questi anni».

Alfredo Mastropasqua Coordinatore Settore Velocità FMI: «Programmare per ottenere risultati nel lungo periodo è la miglior risposta al refrain ormai ‘’cronico’’ sulla mancanza di giovani piloti italiani di talento. Tutti guardano alla loro assenza nel mondiale 125 ma trascurano totalmente il percorso di crescita dei piloti. Per arrivare al Mondiale si parte da lontano e noi stiamo puntando a far crescere bene i piloti dagli 8 anni in su, offrendo loro un percorso sportivo valido e accessibile. Sarebbe sciocco e presuntuoso pensare di avere un team vincente al primo anno e quindi noi stiamo lavorando in prospettiva, per creare la giusta mentalità nei piloti dando loro una visione di lungo periodo. Nel 2010 abbiamo vinto tutti i titoli europei nelle Minimoto e nelle MiniGP e ora abbiamo un gruppo di circa 80 piloti di interesse nazionale tra gli 8 e i 14 anni. Chi vuole arrivare in cima a una scala assai alta deve salire, non saltare. Noi stiamo salendo senza fretta e programmando al meglio il lavoro da svolgere» motosprint

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Supercross USA Houston foto GuyB

A Barcia la prima della Lites Est

Neroamaro Sesta prova sotto il segno delle cadute. È toccato, per due volte, anche a Stewart. Canard vince, Villopoto torna leader

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OUSTON - Una serata elettrizzante per i 45.859 spettatori che hanno gremito il Reliant Stadium (è incredibile come negli States siano sempre così precisi nel comunicare il numero dei paganti...) resa tale per accesi duelli ed una serie di cadute eccellenti. Dopo poche decine di metri dalla partenza della classe regina c’è stata una caduta di gruppo, a terra anche James Stewart, Chad Reed, Ivan Tedesco e Justin Brayton. Ad uscirne indenne è stato Kevin Windham, seguito da Brett Metcalfe, Davi Millsaps, Trey Canard. Ryan Dungey è quinto leggermente più staccato mentre Villopoto in qualche modo è riuscito a restare in piedi ma naviga oltre metà gruppo. Sembra la serata giusta per Windham ma il veterano della Honda ha commesso un errore, fatto piuttosto raro per lui, appena superata metà gara nell’affrontare

una serie di salti, ha sbattuto duro tanto da doversi ritirare. A questo punto in testa è passato Canard che si è trovato subito alle spalle Dungey che ha cercato in ogni modo di superarlo. I due si sono scambiati di posizione un paio di volte ma alla fine Canard è riuscito a resistere alla pressione del più quotato avversario centrando il primo successo della carriera. Sul podio anche Villopoto che ha recuperato alla grande dal dodicesimo posto iniziale, venti punti che lo fanno tornare prepotentemente alla ribalta del campionato con nove punti di vantaggio di Stewart. Il pilota della Yamaha dopo la caduta iniziale ha cercato di recuperare il più possibile ma, durante il sesto giro, è caduto ancora dopo essere entrato in collisione con Jason Thomas. Nell’urto Stewart ha rotto il freno anteriore, così non ha potuto

IL MOMENTO IN CUI SI INNESCA LA CADUTA CON IN DIFFICOLTÀ REGAL (30), REED (22), DUNGEY (1) E STEWART (7). ALLA FINE FESTEGGIA CANARD (41), TALLONATO DA DUNGEY. ESORDIO POSITIVO PER ROCZEN (194), SETTIMO. NELLA LITES CONFRONTO TRA BARCIA (17) E WILSON (15).

che positivo, una possibilità che gli è stata data per la sosta del campionato Lites Costa Ovest.

far altro che cercare di raggiungere l’arrivo: quindicesimo. A Reed è andata meglio riuscendo ad arrivare sino in sesta posizione, preceduto e seguito da due piloti con la KTM 350. Quinto Andrew Short, settimo Ken Roczen. Per il tedesco si è trattato di un esordio più

ANCHE nella prima finale della Lites Costa Est grande spettacolo con contorno di cadute. Al via è scattato al comando l’esordiente Malcolm Stewart ma poco dopo si è urtato con Larsen lasciando strada libera Dean Wilson e Justin Barcia. Per i primi quattro giri è stata lotta senza quartiere con i due che si sono alternati al comando. Poi Barcia ha preso un po’ di margine ma Wilson non lo ha mai mollato. Grande lotta anche alle loro spalle tra Blake Wharton e Ryan Sipes, ma ad un giro dal termine sono scivolati entrambi spalancando la porta del terzo posto a Blake Baggett. Un gran recupero il suo dal dodicesimo posto.

SUPERCROSS USA A HOUSTON: 1. Canard (Honda); 2. Dungey (Suzuki); 3. Villopoto (Kawasaki); 4. Millsaps (Yamaha); 5. Short (KTM); 6. Reed (Honda); 7. Roczen (KTM); 8. Metcalfe (Suzuki); 9. Tedesco (Kawasaki); 10. Alessi (KTM); 11. Hahn (Yamaha); 12. Wey (Yamaha); 13. Brayton (Yamaha); 14. Peick (Yamaha); 15. Stewart (Yamaha); 16. Regal (Yamaha); 17. Friese (Yamaha); 18. Blose (Kawasaki); 19. Windham (Honda); 20. Thomas (Suzuki). IN CAMPIONATO: 1. Villopoto 132; 2. Stewart 123; 3. Canard 112; 4. Reed 105; 5. Dungey 101; 6. Short 80; 7. Metcalfe 80; 8. Brayton 65; 9. Millsaps 62; 10. Windham 61; 11. Tedesco 60; 12. Chisholm 46; 13. Wey 44; 14. Regal 43; 15. Blose 34; 16. M. Alessi 31; 17. Peick 22; 18. Boni 20; 19. Hahn 17; 20. Thomas 15; 21. Roczen 14; 22. Grant 12; 23. Stroupe 12; 24. Friese 12; 25. Simmonds 9; 26. Reardon 5; 27. Clark 4; 28. J. Alessi 3; 29. Izoird 2.

LITES COSTA EST A HOUSTON: 1. Barcia (Honda); 2. Wilson (Kawasaki); 3. Baggett (Kawasaki); 4. Sipes (Yamaha); 5. Trettel (Suzuki); 6. Wharton (Honda); 7. Anderson (Suzuki); 8. Vincent (Honda); 9. Lemoine (Kawasaki); 10. Martin (Honda); 11. Gosselaar (Suzuki); 12. Rife (Honda); 13. Audette (Yamaha); 14. Stewart (Suzuki); 15. Izzi (Honda); 16. Catanzaro (Honda); 17. Futrell (Honda); 18. Larsen (KTM); 19. Kilbarger (Honda); 20. Durham (Honda). IN CAMPIONATO: 1. Barcia 25; 2. Wilson 22; 3. Baggett 20; 4. Sipes 18; 5. Trettel 16; 6. Wharton 15; 7. Anderson 14; 8. Vincent 13; 9. Lemoine 12; 10. Martin 11; 11. Gosselaar 10; 12. Rife 9; 13. Audette 8; 14. Stewart 7; 15. Izzi 6; 16. Catanzaro 5; 17. Futrell 4; 18. Larsen 3; 19. Kilbarger 2; 20. Durham 1.

PROSSIMA PROVA 19 febbraio - San Diego

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Enduro Hell’s Gate di Marco Comellini

L’INGLESE GRAHAM JARVIS (A SINISTRA) NELLA FASE FINALE HA ALLUNGATO COSTANTEMENTE STACCANDO DI OLTRE VENTI MINUTI DOUGIE LAMPKIN. SOPRA, IL VINCITORE CON FABIO FASOLA, IDEATORE E ORGANIZZATORE DELLA GARA. A DESTRA, LETTENBICHLER (5), TRA I MIGLIORI NELLE QUALIFICHE, E IL VIA DELLA FASE FINALE CON IN TESTA GALINDO (4), SEGUITO DA LAMPKIN (1).

Solo i primi trenta alla fase finale

Massacrante Ancora una volta arrivano in cima solo gli inglesi Jarvis e Lampkin. A vincere è il pilota Husaberg

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ARGA (LU) - L’ottava edizione, rivede nuovamente la battaglia finale tra Graham Jarvis e, il campione 2010, Dougie Lampkin. Ma stavolta a prendere per primo la bandiera a scacchi sul colmo dell’Hell’s Peak è Jarvis che, per non rischiare di farsi nuovamente beffare sulle battute finali, come è capitato in passato, vince staccando il connazionale di oltre venti minuti. Jarvis, fin dai 4 giri cronometrati della lunga (6 km) prova speciale del mattino imprime un ritmo altissimo, vincendo tutte le tornate. In quest’ambito, solo il neo acquisto del Team Beta Factory, il pilota

americano Cody Webb (retrocesso poi per penalità) in sella alla debuttante Beta 350 RR riesce ad impensierirlo. Nel pomeriggio, i 30 finalisti schierati in stile motard su asfalto, partono, come di rito, a motore spento. L’holeshot è di Xavier Galindo, seguito da Lampkin. Jarvis è solo ottavo. Al controllo orario della temibile Cascata, è però Graham il primo a transitare con un buon anticipo e mostrando grande fluidità di guida: non mette mai il piede a terra, nemmeno nell’affrontare gli ostacoli più difficili. Segue Lampkin che non sembra avere grande feeling con la nuova Gas Gas 300

con motore 2T. Fuori Botturi per una caduta, il primo italiano a transitare è Maurizio Gerini col 119 seguito da un Piero Sembenini un po’ attardato. I sei giri previsti vengono ridotti a 5 perché il percorso è durissimo, più selettivo del previsto e già al terzo giro i concorrenti sono decimati. A metà del quarto passaggio cala il buio e rimarranno in gara solo i due inglesi. Da segnalare la crescita numerica sia del pubblico, presente lungo tutto il percorso, sia dei concorrenti, con un incremento dei piloti stranieri e un calo di quelli italiani.

QUALIFICA: 1. Jarvis (Husaberg) in 41’31”15; 2. Lampkin (Gas Gas) a 56”74; 3. Galindo (Husaberg) a 1’31”03; 4. Botturi (Gas Gas) a 1’41”05; 5. Gerini (Husqvarna) a 2’10”58; 6. Lettenbichler (Husqvarna) a 2’42”69; 7. Nicoletti (Beta) a 2’44”87; 8. Walker (KTM) a 2’45”66; 9. Vukcevic (Sherco) a 3’34”41; 10. Redmond (Beta) a 3’41”58; 11. Sembenini (???) a 3’46”18; 12. Poschi (Husaberg) a 4’16”97; 13. Uccellini (Fantic) a 4’55”46; 14. Zanone (Beta) a 5’08”44; 15. Faja (TM) a 5’09”02; 16. Lenzi (KTM) a 5’15”61; 17. Phillippaerts (Beta) a 5’27”79; 18. Forster (Husqvarna) a 6’37”95; 19. Van den Broek (Suzuki) a 6’44”80; 20. Enockl (KTM) a 7’04”47; 21. Agirrebeitia (Gas Gas) a 7’05”16; 22. Hemingway D. (KTM) a 7’15”91; 23. Gatscher (Yamaha) a 7’30”78; 24. Brandauer (Husaberg) a 7’32”33; 25. Ciarpaglini (Beta) a 7’56”88; 26. Pulcini (KTM) a 8’10”08; 27. De Rocchi (Beta) a 8’29”99; 28. Webb (Beta) a 8’34”95; 29. Hemingway B. (KTM) a 9’48”18; 30. Schrock (Gas Gas) a 10’32”10; 31. Enockl (Sherco) a 11’42”60; 32. Bosi (KTM) a 11’59”97; 33. Belhune (Sherco) a 12’07”33; 34. Milani (KTM) a 13’15”56; 35. Garavelli (Yamaha) a 14’02”72; 36. Pagnoni (TM) a 14’40”72; 37. Sibelli (KTM) a 14’59”41; 38. Yannick (Beta) a 15’37”11; 39. Maggi (Beta) a 16’51”68; 40. Valbusa (Honda) a 20’05”34; 41. Berlingieri (Husaberg) a 22’32”43; 42. Mayr (KTM) a 22’50”43; 43. Bochet (Gas Gas) a 23’30”24; 44. Rizza (Husaberg) a 26’11”83; 45. Crivellari (KTM) a 26’11”98; 46. Van den Goorbergh (KTM) a 26’47”11; 47. Lietz (Beta) a 27’27”64; 48. Suttner (KTM) a 27’51”91; 49. Gennesi (KTM) a 29’08”85; 50. Pradelli (KTM) a 33’13”57; 51. Herrmann (KTM) a 33’22”88; 52. Agazzi (Husqvarna) a 40’52”76; 53. Paoletti (Beta) a 42’17”26. ASSOLUTA: 1. Jarvis (Husaberg); 2. Lampkin (Gas Gas).

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Starcross Mantova di Stefano Taglioni

In Lombardia il 20 febbraio si apre la stagione internazionale. David Philippaerts sfida tutti. Strijbos e Paulin i più attesi tra gli stranieri

MONDIALE MX FREESTYLE

SI DECOLLA DA TORINO

Prima prova sabato 19 febbraio

GRANDE ATTESA PER LA CLASSICA DEL CROSS SULLA PISTA “TAZIO NUVOLARI” CON L’ESORDIO DI PILOTI DEL CALIBRO DI PHILIPPAERTS (19).

Fuoco alle po olveri M

ANTOVA - L’Airoh Starcross, giunto alla ventottesima edizione, sarà anche quest’anno la gara di apertura della stagione agonistica, attesissima perché fornirà le prime indicazioni del cronometro e della classifica sui protagonisti del motocross internazionale, dopo i tanti cambi di casacca e categoria, e sulle moto nuove. Il tradizionale appuntamento lombardo avrà come al solito tutti gli ingredienti per soddisfare i tanti appassionati, sempre puntuali all’appello del circuito nel Parco del Mincio. Così come puntuale è previsto un sole splendente, sul tracciato godibilissimo, dal fondo sabbioso, e sulle tribune, attese ad un gran tifo soprattutto a spingere un portacolori italiano al risultato di prestigio nell’esordio stagionale: David Philippaerts. Il portacolori del team Monster Energy Yamaha è difatti atteso al ruolo di protagonista. David, Campione del Mondo MX1 nel 2008 ha già vinto lo Starcross proprio nello stesso anno, e dopo un periodo di preparazione in Sardegna, arriverà a Mantova motivatissimo, su una pista dove si è sem-

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pre espresso a livelli assoluti, e in una stagione in cui atteso ad un grande riscatto. Si troverà comunque a battagliare con avversari di tutto rispetto, a partire da alcuni protagonisti del Mondiale MX1. Non solo piloti dei paesi nordici, fortissimi sui fondi morbidi come il belga Kevin Strijbos (già vincitore dell’edizione 2009) sulla Suzuki 450 del Team Delta, i due cugini estoni Tanel e Aigar Leok, all’esordio con la nuova TM 450 ad iniezione, il finlandese Marko Kovalainen (Yamaha FSP) e l’olandese Erjan Brakke (Yamaha Van Beers), ma anche gran manici su ogni terreno come il francese Anthony Boissiere (Yamaha Monster Gariboldi), lo svizzero Julien Bill, e il nostro Manuel Monni. Il poliziotto perugino è all’esordio con la Honda 450 del team Salucci ed è atteso, dopo positivi Nazioni e Sei Giorni, alla stagione del rilancio. ALTRI italiani si sapranno sicuramente difendere in MX1, come Matteo Bonini, Angelo Pellegrini, Davide Degli Esposti (tutti e tre Motoworld Suzuki) e Felice Compagnone (Honda).

Orari

SABATO 19 10.00 prove libere MX 2 11.00 prove libere MX1 12.00 public meeting (autografi nel paddock) 14.00 qualifica MX2 15.00 qualifica MX1 16.00 Motocross Superpole DOMENICA 20 9.30 Warm up MX2 10.30 Warm up MX1 11.00 Airoh Cup 1 contro 1 12.30 Public meeting 13.30 Gara 1 14.30 Gara 2 15.30 Gara 3 16:15 Podio

Prezzi

Sabato ingresso unico 15.00 euro con pass paddock. Domenica 25.00 euro. Ridotto (ragazzi fino a 12 anni) 5.00 euro.

Tornando alle Marche nostrane l’Aprilia bicilindrica sarà portata in pista dall’inglese Alfie Smith (JK Racing). Nella MX2 lotta tra Gautier Paulin (Monster Energy Yamaha), Harry Kullas e Christophe Charlier (Yamaha Monster Gariboldi) ma il francese di Michele Rinaldi non dovrebbe aver problemi a farla da padrone, ed anzi si potrebbe inserire con la sua 250 anche nella lotta alla vittoria assoluta, non è la prima volta che capita, scontrandosi proprio con il compagno di squadra Philippaerts. La formula dello Starcross prevede infatti che nelle tre gare finali gareggino insieme piloti con moto MX1 e MX2. Ci sarà sicuramente da divertirsi anche se stavolta, purtroppo, lo Starcross dovrà affrontare la concomitanza con un’altra gara internazionale, quella francese di Valence, con la conseguente indisponibilità di diversi piloti di livello (tra cui Seb Pourcel, Aranda, Guarneri, Barragan, Desalle, Ramon, Boog, De Dycker, Frossard, Simpson, Bobryshev, Goncalves, Searle, mentre gli ufficiali KTM, Cairoli compreso, saranno impegnati in Spagna in un photoshooting.

TORINO - La prima “Night of the Jump” della stagione andrà in scena all’interno del Palaolimpico. Parte dunque dall’Italia il mondiale di motocross freestyle (e si tratta di una prima assoluta per la specialità) che quest’anno si disputerà su dodici gare con l’ultima in programma il 10 dicembre in Brasile, dopo essere stati anche in Germania, Svizzera, Russia, Lettonia, Repubblica Ceca, Polonia. Quella di Torino è dunque un’occasione da non perdere perché scenderanno nell’arena i migliori funamboli delle ruote artigliate, tutti contro il pilota della Repubblica Ceca Libor Podmol (Suzuki), campione in carica. Ben tre i concorrenti che cercheranno di tenere alta la bandiera italiana, Bianconcini (nella foto) che lo scorso anno ha concluso il campionato in sesta posizione, Ivan Zucconi e Vanni Oddera (tutti in sella a KTM). Con Podmol e i tre italiani sono attesi i francesi David Rinaldo (Yamaha), Remi Bizouard (Yamaha, campione del mondo nel 2008 e 2009) e Brice Izzo (vice campione del mondo lo scorso anno), l’australiano Rob Adelberg (Yamaha), il tedesco Fabien Bauersachs (Suzuki), gli spagnoli Javier Villegas (Yamaha) e Jose Miralles (KTM, terzo nel campionato 2010), il ceco Petr Pilta (KTM). La manifestazione inizierà alle 21.00 (l’apertura dei cancelli è prevista per le 19.00) con prove preliminari che designeranno i piloti che si contenderanno le posizioni più importanti. Il bello del Freestyle è che lo spettacolo è ad altissimo livello sin dalle fasi iniziali. Uno show lungo più di tre ore. Non mancheranno eventi collaterali che terranno impegnati gli appassionati in attesa dei confronti sulle rampe. La gara sarà introdotta dalla performance del gruppo di percursionisti Vulcanica. I biglietti possono essere acquistati on

line su www.ticketone.it. L’ingresso alla tribuna numerata laterale costa 38 euro (22 euro il costo del ridotto per i ragazzi fino a 12 anni), quello per la tribuna numerata centrale costa 53 euro (32 euro il ridotto). C’è anche un pass VIP, costa 98 euro e offre un ricco “pacchetto” dedicato con ingresso alle 16.00, visite guidate prima della gara alla pista e all’area dove si preparano i piloti, incontro con i piloti e, al termine, con il vincitore della manifestazione, cena e open bar durante tutto l’evento. Il Palaolimpico, una struttura coperta in grado di ospitare 18.500 spettatori, è in Corso Sebastopoli 123. Per ulteriori notizie: www.frestylemotocrosstorino.it, email info@magicforfan. it.

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Sportitalia I campionati regionali

COMPAGNONE RIPARTE BENE Supermarecrossa Bacoli COMPAGNONE (MX1), Maddii (MX2), Caruso (125) e Tropepe (Minicross) sono i vincitori della prima prova degli internazionali d’Italia Supermarecross, gara che si è disputata a Bacoli, nella provincia di Napoli. Oltre 100 gli iscritti, un gran bel numero! Nella prima frazione della MX1, il campione in carica Felice Compagnone si è complicato la vita con una caduta al via, recuperando prontamente fino alla terza piazza. Nella seconda, holeshot e successo indisturbato. Nella classifica di giornata è secondo Danilo Amodeo, vincitore di gara 1. Nella MX2 Antonio Mancuso e Marco Maddii sono finiti a pari merito ma con il toscano sul gradino più alto del podio di giornata in virtù della vittoria nella seconda manche.

Bacoli (NA) 6 febbraio Supermarecross - Trofeo Gaetano Di Stefano, prima prova - organizzazione: Motoclub Cerbone - Meteo: sereno.

Classifiche GRUPPO A MX1 GARA 1: 1. Amodeo (Honda); 2. Marafiotti (Yamaha); 3. Compagnone (Honda); 4. Di Luccia (Honda); 5. Tinari (Honda); 6. Capurso (KTM); 7. Coppola (Honda); 8. Milani (KTM); 9. Silvestri (Honda); 10. Pontecorvo (Honda); 11. Coda (Yamaha); 12. Uras (Suzuki); 13. Torchia (Honda); 14. Santoni (Honda); 15. Mineo (Honda); 16. Sollazzo (Honda); 17. Vittorini (Honda); 18. Benco (Kawasaki); 19. Ventura (KTM). GARA 2: 1. Compagnone (Honda); 2.

Smith (Aprilia); 3. Di Luccia (Honda); 4. Amodeo (Honda); 5. Silvestri (Honda); 6. Murafiotti (Yamaha); 7. Uras (Suzuki); 8. Tinari (Honda); 9. Torchia (Honda); 10. Coda (Yamaha); 11. Capurso (KTM); 12. Coppola (Honda); 13. Santoni (Honda); 14. Pontecorvo (Honda); 15. Milani (KTM); 16. Sollazzo (Honda); 17. Vittorini (Honda); 18. Mineo (Honda); 19. Benco (Kawasaki); 20. Ventura (KTM). MX2 GARA 1: 1. Mancuso (Honda); 2. Maddii (KTM); 3. Carbone (KTM); 4. Zinetti (KTM); 5. Runcio (KTM); 6. Angius (KTM); 7. Weighert (KTM); 8. Amadio (Honda); 9. Arnò (Honda); 10. Lamponi (Honda); 11. Zagarella (KTM); 12. Marchetti (Honda); 13. Cervellone (Kawasaki); 14. Milizia (Honda); 15. Dotti (Kawasaki); 16. Di Nardo (KTM); 17. Campisi (KTM); 18. Morgera (KTM); 19. Domenicantonio (KTM).

PROTAGONISTI DELLA PROVA DI BACOLI. MANFREDI CARUSO (250) HA VINTO ENTRAMBE LE MANCHE DELLA 125. DOPPIETTA ANCHE PER FELICE COMPAGNONE (5) NELLA MX1.

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GARA 2: 1. Maddii (KTM); 2. Mancuso (Honda); 3. Angius (KTM); 4. Weighert (KTM); 5. Carbone (KTM); 6. Zinetti (KTM); 7. Amadio (Honda); 8. Runcio (KTM); 9. Lamponi (Honda); 10. Di Nardo (KTM); 11. Cervellone (Kawasaki); 12. Campisi (KTM); 13. Marchetti (Honda); 14. Arnò (Honda); 15. Morgera (KTM); 16. Di Domenicantonio (KTM); 17. Dotti (Kawasaki); 18. Zagarella (KTM); 19. Milizia (Honda). 125 GARA 1: 1. Caruso (KTM); 2. Milani (KTM); 3. Gizzi (Suzuki); 4. Favalli (Husqvarna); 5. Bisi (KTM); 6. Marinelli (KTM); 7. Memoli (KTM); 8. Piccirillo (Yamaha); 9. Carrese (Yamaha); 10. Scala (KTM); 11. Tiano (Honda); 12. Meale (Yamaha); 13. Scatti-

na (KTM); 14. Curci (Yamaha); 15. Borredon (KTM). GARA 2: 1. Caruso (KTM); 2. Milani (KTM); 3. Bisi (KTM); 4. Scala (KTM); 5. Favalli (Husqvarna); 6. Meale (Yamaha); 7. Marinelli (KTM); 8. Carrarese (Yamaha); 9. Piccirillo (Yamaha); 10. Iannarone (Suzuki); 11. Borredon (KTM); 12. Curci (Yamaha); 13. Memoli (KTM); 14. Tiano (Honda). MINICROSS CLASSE 80 GARA 1: 1. Marini (KTM); 2. Furbetta (KTM); 3. Tropepe (KTM); 4. Paolucci (KTM); 5. Lentini (KTM); 6. Viscosi (KTM); 7. Gaudini (KTM); 8. Monteleone (Kawasaki); 9. Toscano (Kawasaki); 10. Famia (Suzuki); 11. Zampini (KTM).

BILANCIO IN ROSSO PER IL 2010

SardegnaSupermoto

FOIS E NIOI IMPRENDIBILI TRE CAMPIONI SICILIANI. GIOVANNI SCRIBANO (26), GIUSEPPE GRECO (973) E GHERARDO GRASSO (8).

SiciliaCross IL PIÙ forte pilota del Mondiale cross MX1 è siciliano, eppure nell’isola il motocross va male, almeno come numero di partecipanti. Sarà la crisi economica, sarà la carenza di impianti, sta di fatto che nel 2010 non si sono mai superate le 70 presenze tra minicross e motocross nelle gare di campionato. Il comitato regionale ha fatto la sua parte, scendendo in campo in prima persona nella direzione del torneo ma non è bastato. Così quest’anno per venire incontro alle “tasche” dei piloti, è stata predisposta l’eliminazione della quota d’iscrizione al campionato e l’abbassamento della tassa d’iscrizione alle singole gare. Due le note positive del 2010. L’incremento delle classi giovanili: nella nuova Under 17 ben 22 piloti sono andati a punti. La seconda novità è stata l’istituzione del trofeo MX Veteran, aperto pure ai piloti di altre regioni, riservato agli over 40 con moto d’epoca. Tra i protagonisti 2010, il giovanissimo Giovanni Scribano, sedicenne che ha vinto la classe under 17. Pochi i piloti nella MX 1, dove si è imposto Giuseppe Greco, in sella alla sua Honda curata personalmente. Grande prova di forza nella MX2 Under 21 da parte di Ezechiele Cappellano. Mirko Ventura ha vinto nella MX2 Over 21. Tra i master vittorie per Massimo Nieli (MX1) e Salvatore Cusumano (MX2). Tonino Abramo

Classifiche MASTER: 1. Nieli p. 315; 2. Crea 307; 3. Di Nisi 255; 4. Vernagallo 182; 5. Giambra 153; 6. Bellofiore 134; 7. Emma 67; 8. Cicciarella 59; 9. Bonaccorso 53; 10. Cardile 49; 11. Bianco 36; 12. Di Stefano 25; 13. Carfì 25. MX1: 1. Greco p. 182; 2. Berenati 147; 3. Buda 138; 4. La Ferla 105; 5. Carrubba 90; 6. Savoca 88; 7. Corpina 53; 8. Bruno 38; 9. Hamidi 34; 10. Stinpfl 31; 11. Curcuruto 30; 12. Piazza 25; 13. De Francesco 23. MX2 UNDER 17: 1. Scribano p. 336; 2. Sacconi 279; 3. Giustolisi 257; 4. D’Angelo 242; 5. Mariotti 216; 6. Tomasello 205; 7. Abramo 155; 8. Vinciguerra 136; 9. Uras 111; 10. Valenti 96; 11. Fuschi 83; 12. Mariotti 80; 13. Anastasi 59; 14. Palazzolo 50; 15. Faso 49; 16. Caruso 48; 17. Orlando 32; 18. Greco 30; 19. Catalano 28; 20. Sottile 22; 21. Mazza 21; 22. Gianquinto 20. UNDER 21: 1. Cappellano p. 374; 2. Man-

darà 342; 3. Sirone 193; 4. Renda 182; 5. Randazzo 133; 6. Manna 113; 7. D’Andrea 97; 8. Bilardi 94; 9. Montana 93; 10. D’Andrea 84; 11. Currenti 81; 12. Chiellemi 76; 13. Occhipinti 65; 14. Di Capo 63; 15. La Ferla 57; 16. Cardaci 51; 17. Bottino 48; 18. Greco 40; 19. Cutuli 32. OVER 21: 1. Ventura p. 205; 2. Tummineri 197; 3. Garufi 161; 4. Currenti 166; 5. Italia 121; 6. Donato 121; 7. Foti 77; 8. Arculeo 60; 9. Piazza 47; 10. Lombardo 46; 11. Agrillo 37; 12. Farinella 29; 13. Todaro 25; 14. Amalfa 23; 15. Bartuccio 20; 16. Grasso 10; 17. Vallone 5. MASTER: 1. Cusumano p. 336; 2. Bonifacio 299; 3. Carrubba 250; 4. Bombaci 211; 5. Alessandro 155; 6. Renna 126; 7. Martorana 124; 8. Serafia 124; 9. Alaimo 120; 10. Parisi 114; 11. Casella 112; 12. Cicciarella 98; 13. Curcuruto 25; 14. Cundari 24. DEBUTTANTI: 1. Giarrizzo p. 297; 2. Martello 254; 3. Bottaro 221; 4. Faso 199; 5. Crea 179; 6. Arangio 150; 7. D’Andrea 98; 8. Silvani

QUATTRO appuntamenti hanno scandito il campionato sardo di supermoto 2010 suddiviso in due categorie: la Open, dove ha prevalso sulla sua Honda il campione in carica Giannetto Nioi e la S1 che è stata appannaggio di Fabio Fois, anch’egli su Honda. Come constatato anche a livello nazionale la disciplina ha fatto registrare una contrazione nelle presenze, con una media di venti piloti nelle due classi. Alle spalle di Fois si sono piazzati Roberto Bellu e Marco Barria. Dietro Nioi: Nicola Baccanti e Domenico Cecchini. L’unica prova disputata dai Quad è stata vinta da Luca Mulas, che, con un mezzo motorizzato Suzuki, ha avuto ragione di Daniele Manunta e di Carlo Delrio. Tore Ledda

Classifiche S1: 1. Fois (Honda) p. 159; 2. Bellu 136; 3. Barria 129; 4. Cuccui 113; 5. Miscali G. 107; 6. Miscali M. 69; 7. Repole 63; 8. Soddu 50; 9. De Palmas 47; 10. Marras 29; 11. Tanca 29; 12. Lai 27. OPEN: 1. Nioi (Honda) p. 164; 2. Baccanti 150; 3. Cecchini 118; 4. Costa 110; 5. Casula 106; 5. Solombrino 87; 7. Lopez 77; 8. Succu 56; 9. Palomba 44; 10. Miscali 42; 11. Tanca 38; 12. Cucculliu 13; 13. Pinna 11. QUAD: 1. Mulas (Suzuki) p. 50; 2. Manunta 44; 3. Del Rio 40; 4. Sollai 33; 5. Canu 33; 6. Ghiani 32; 7. Serra 14.

FABIO FOIS È CAMPIONE SARDO DELLA S1.

CIANFARANI TORNA E SBANCA LazioEnduro

97; 9. Distefano 58; 10. Parisi 42. CADETTI: 1. Matranga p. 283; 2. Oteri 265; 3. Santapaola 221; 4. Mafodda 193; 5. Grasso 110; 6. Silvani 37. JUNIOR: 1. Mineo p. 279; 2. Di Pasquale 270; 3. Vinciguerra 192; 4. Maiorani 188; 5. Lembo 163; 6. Reale 156; 7. Bonamico 123; 8. Andronico 118; 9. Coniglio 117; 10. Magro 74; 11. Barravecchia 45; 12. Bonaccorsi 28; 13. Catalano 28; 14. Bianco 28; 15. Sorrentino 14. SENIOR: 1. Scala p. 282; 2. Giummo 269; 3. Di Nardo 187; 4. Rimmaudo 146; 5. Lo Porto 102; 6. Bologna 86; 7. Calabrese 72; 8. Giordano 67; 9. Mancuso 66; 10. Richetti 60; 11. Caruso 42. MX VETERAN CLASSE 125: 1. Abramo p. 165; 2. Longhitano 139; 3. Mainardi 134; 4. Papillo 124; 5. Anastasi 94; 6. Costanzo 75; 7. Chiaia 73; 8. Vinciguerra 62; 9. Gasso 50. OPEN: 1. Gasso p. 153; 2. Santangelo 136; 3. Cundari 130; 4. Frisina 118; 5. Recupero 113; 6. Cosentino 38.

DOPO alcuni anni di inattività, l’intramontabile Simone Cianfarani è tornato sui suoi passi e subito ha dettato legge, imponendosi nella 450 4 tempi e nell’assoluta. Secondo posto per Francesco Pasqualetti e terzo Damiano Incaini. Alle spalle del brillante terzetto di testa, decisamente staccati, Luciano Mastrantonio e Giorgio D’Ippolito. Vittorie di classe per: Lo Sasso nella 50, D’Ippolito nella 125 2 tempi, Pasqualetti nella 250 2 tempi, Incaini nella 250 4 tempi, Cianfarani nella 450 4 tempi e Mastrantonio nella oltre 450 4 tempi. Nella speciale classifica a squadre ha dettato legge la forte compagine del moto club Colleferro. Giuliano Diligenti SIMONE CIANFARANI HA DECISO DI TORNARE A CORRERE IL CAMPIONATO REGIONALE LAZIALE E NON HA LASCIATO SPAZIO A NESSUNO.

Classifiche OLTRE 125 2T: 1. Pasqualetti p. 200; 2. Abbate 89; 3. Gioia 85; 4. Mosca 72; 5. Meloni 67; 6. Caprioli 60; 7. Biaggi 55; 8. Alì F. 52; 9. Alì S. 45; 10. Bianchi 44; 11. Paesano 35; 12. Benedetti 30; 13. Tesei 29; 14. Faiocco 23; 15. Meschini 21; 16. Patulli 20; 17. Mergani 17; 18. Ottavi 14; 19. Macioni 13; 20. Fermani 13; 21. Morelli 11; 22. Ceci 10; 23. Pomponi 10; 24. Cavaliere 4; 25. Caravello 2. 125 2T: 1. D’Ippolito p. 185; 2. Fantozzi 112; 3. Meloni 109; 4. Boezi 100; 5. Molinari 90; 6. Macioni 71; 7. Sbardella 59; 8. Versace 48; 9. Cretaro 30; 10. Paiocci 27; 11. Progliatti 26; 12. Lo Sasso 20; 13. Galiano 20; 14. Marchi 13; 15. Milani G. 12; 16. Milani L. 8; 17. Giubettini 6. 50 2T: 1. Lo Sasso p. 120; 2. Giubettini 115. 450 4T: 1. Cianfarani p. 200; 2. Oliveri 118; 3. Adiutori 107; 4. Incaini 95; 5. Fantauzzi 93; 6. Foti 62; 7. Alessandrini 53; 8. Rossi D. 49; 9. Rossi F. 33; 10. Marzetti 29; 11. Maggi 29; 12. Martini 27; 13. Paccola 27; 14. Masuzzo 22; 15. Mancini 21; 16. Sansoni 21; 17. Crialesi 16; 18. Lomanto 16; 19. Gentili 12; 20. Montellanico 12; 21. Franceschini 11; 22. Galasso 8; 23. Quaresima 7; 24. Bernardinetti 4. 250 4T: 1. Incaini p. 181; 2. Cianfrocca 136; 3. Cianfarani 109; 4. Tigli 103; 5. Pieri 80; 6. Mammucari 54; 7. Paoliani 53; 8. Patulli 38; 9. Deledda 38; 10. Cacciotti 35; 11. Latini 32; 12. Lampa 22; 13. Asci 22; 14. Mastropietro 20; 15. Ditta 17; 16. Colella 17; 17. Minnucci 15; 18. Zinna 14; 19. Barchielli 13; 20. Gerlini 11; 21. Deodati 10; 22. Gentili 11; 23. Sessa 7; 24. Rossi 6; 25. Ruggero 6; 26. Drago 3. OLTRE 450 4T: 1. Mastrantonio p. 186; 2. Pierpaoli 133; 3. Mancini 128; 4. Mastropietro 112; 5. Marini 66; 6. Dominici G. 51; 7. Ariano 35; 8. Sansoni 28; 9. Cimaomo 24; 10. Dominici F. 11; 11. Padovani 9; 12. Mazzelli 9; 13. Cannas 7; 14. De Luca 5. SQUADRE: 1. Colleferro A. p. 438; 2. Arditi 341; 3. Caerevetus 370; 4. Ceci 270; 5. Colleferro B 94; 6. Milani 54; 7. Pierpaoli 47; 8. Simbruini 40; 9. Tivoli 28; 10. Fontecerro1 12; 11. Fontecerro3 7; 12. Fontecerro2 5. motosprint

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Prova novità Ducati Diavel Carbon di Riccardo Piergentili

ATI DATI DICHIAR

. 90 euro c.m Prezzo 19.9 CV (119 kW) Potenza 1692500 giri/’ a Nm) kgm (127,5 Coppia 13 0 ’ a 8 00 giri/ o 207 kg Peso a secc onio /rosso/carb Colori neroro io n o rb a e ne /c

È lunga e bassa ma si guida come una naked. Accelera come un dragster, frena come una moto sportiva, ma l’ABS non va mai disinserito...

M

ALAGA - Una cruiser che si guida come una naked. Una bodybuilder con le doti atletiche di una centometrista. Un concentrato di soluzioni tecnologicamente avanzate, in grado di trasformare, come per magia, una moto grossa ed apparentemente impacciata nella bestia nera delle sportive. Ecco, in estrema sintesi questa è la Diavel, un progetto talmente folle e coraggioso da risultare addirittura “simpatico”. Gli uomini Ducati che hanno pensato la Diavel si sono ispirati ai SUV di grossa cilindrata, macchine che basano la loro fortuna sulle dimensioni extra large, sull’immagine e sulla potenza, senza per questo rinunciare alla sportività, un concetto oggi molto elastico e non più associato solo alle auto o alle moto sportive. Insomma, la Diavel, esattamente come la Harley Davidson V-Rod, la Yamaha VMAX e la Triumph Rocket III, è una muscle bike, moto imponenti, che in gergo vengono anche definite delle bruciasemafori, adatte a catturare l’attenzione ed alle tranquille passeggiate. Con la Ducati, però, si può anche guidare di buon passo, staccare, piegare ed accelerare come si farebbe in sella ad una nuda sportiva. È questo che la differenzia dalla concorrenza e potrebbe essere questo il segreto del suo successo, ma anche la causa del suo flop. Le domande a cui bisognerà dare risposte sono due: chi decide di acquistare una muscle bike è davvero così interessato anche alle prestazioni in curva? Ed inoltre: chi fino ad ora ha comprato delle compatte naked sportive, potrebbe interessarsi davvero alla gigantesca Diavel? Se la risposta è sì, in entrambi i casi, Ducati avrà fatto centro, in caso contrario l’azienda bolognese difficilmente riuscirà a vendere 5000 moto all’anno nel mondo, l’obiettivo dichiarato.

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Posseduta dal LA STRUMENTAZIONE È COMPOSTA DA DUE COMPATTI DISPLAY LCD. QUELLO SUPERIORE È IL PRINCIPALE. DA QUELLO INFERIORE, A COLORI, SI POSSONO GESTIRE NUMEROSISSIME FUNZIONI. motosprint

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Diavel

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Prova novità Ducati Diavel Carbon IDENTIKIT

LUNGA come un autobus, potente e leggera come una sportiva, bassa come una cruiser, comoda come una naked. Per gli smanettoni, l’unico vero difetto della posizione di guida della Diavel risulta la contenuta altezza del piano di seduta (come optional è disponibile una sella rialzata di 20 millimetri, oltre ad una ribassata di 20 millimetri, probabilmente pensata per i Lillipuziani...); per gli altri le sue dimensioni imbarazzanti. Per fortuna il peso contenuto agevola la gestione della bestia durante le manovre e alle basse velocità. Rispetto alla Monster 696, il manubrio è stato avvicinato al busto di 100 millimetri ed alzato di 140 millimetri; le pedane sono state avanzate di 116 millimetri ed abbassate di 23 millimetri. Cosa significa tutto questo? Che la Diavel è più comoda e spaziosa di una Monster (eccezion fatta per lo spazio a disposizione per le gambe, scarso a causa della seduta bassa), che in frenata e nei cambi di direzione non si avverte un eccessivo carico su polsi ed avambracci e che in piega le pedane e le leve arrivano abbastanza facilmente a sfregare sull’asfalto, anche se, considerando la tipologia della moto, la luce a terra è più che buona. Inoltre, in movimento la seduta concava impedisce anche il minimo spostamento longitudinale del corpo e la sella del passeggero funge da appoggio in accelerazione, dove bisogna reggersi forte anche con le braccia per evitare di essere disarcionati!

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LA CHIAVE DIALOGA CON IL CRUSCOTTO TRAMITE UN SISTEMA WIRELESS; SI USA SOLO PER APRIRE IL TAPPO DEL SERBATOIO. SULLA VERSIONE CARBON, LE FLANGE DEI DISCHI IN ALLUMINIO SONO LAVORATE DI FRESA: ESTETICAMENTE IL RISULTATO È OTTIMO.

Nel film intitolato “Diavel, la monster cruiser”, l’attore protagonista è il motore, lo stesso bicilindrico testastretta 11° montato sulla nuova Multistrada. Grazie alla inedita configurazione dell’impianto di scarico, la potenza massima e la coppia sono aumentate ed ora si parla di 162 CV a 9500 giri/’ e ben 13 kgm a 8000 giri/’. Va detto che si sentono tutti, anche perché l’erogazione di questo propulsore è più morbida rispetto a quella di una moto sportiva, ma decisamente più aggressiva rispetto a quella di una muscle bike come la VMAX equipaggiata con un V4 di 1679 cm3, prepotente ma non sgarbato e caratterizzato da una maggiore inerzia degli organi interni. Sulla Diavel il piacere di guida non è dato solo dall’idea di doma-

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1MOTORE

LA TECNICA

MOTORE BOMBA STILE DA CRUISER 162 CV e... 1590 mm di interasse! LA DIAVEL è disponibile in due versioni, la standard e la Carbon (la protagonista del nostro test), che dal punto di vista estetico ha una marcia in più. Merito dei cerchi Marchesini forgiati (sul modello standard sono realizzati con la tecnica del flow forming, una sorta di deformazione plastica, che avviene quando il materiale è caldo) lavorati di fresa e dei numerosi componenti in carbonio, che donano alla moto un aspetto più ricco e meno “plasticoso”. La Diavel è muscolosa, imponente, però, nel complesso risulta “pesante” e poco slanciata. Dal punto di vista delle finiture vanno fatti solo tre appunti: gli accoppiamenti imprecisi delle plastiche nella zona frontale del veicolo, sopra le frecce, il cupolino nero opaco, che ha un aspetto povero, e la parte inferiore del codino, dove il telaietto reggisella, che svolge anche una funzione estetica, è fin troppo minimalista. Per il resto solo pregi. La componentistica è di primissima qualità, le verniciature ed il trasparente usati sono di buon livello, le saldature e la finitura superficiale delle lavorazioni meccaniche è da prima della classe ed il motore, per fortuna lasciato abbastanza in vista, è una splendida scultura moderna. La Diavel è equipaggiata con lo stesso bicilindrico della nuova Multistrada. Grazie al l’inedito impianto di scarico e ad alcune modifiche delle mappe, è stato possibile incrementare la potenza massima e la coppia. Altra differenza riguarda la frizione: sulla

Diavel c’è un nuovo sistema che ha permesso di ridurre ulteriormente la rumorosità meccanica. Dal punto di vista elettronico non ci sono differenze tra le due moto. Anche sulla Diavel, infatti, c’è il comando gas ride by wire ed è stato utilizzato il sistema dei tre riding mode, abbinati a delle tarature pre impostate del traction control (che ha 8 livelli e si può disattivare) e della mappatura del motore: sport (162 CV ed il traction control al livello 3), touring (sempre 162 CV, un’erogazione meno aggressiva ed il traction control al livello 4) e urban (100 CV, un’erogazione molto più fluida ed il traction control al livello 5). Il pilota, comunque, può creare e memorizzare tarature personalizzate. A differenza della Multistrada, i radiatori sono montati lateralmente e per evitare il surriscaldamento del motore è stata utilizzata una pompa dell’acqua da 64 millimetri, che garantisce il 35% di portata in più. Il telaio misto acciaio/alluminio è abbinato ad un forcellone lunghissimo e ad una sospensione posteriore inedita. Il pneumatico posteriore bimescola 240/45-ZR17” (montata su un cerchio con canale da 8”) è realizzato dalla Pirelli. Il costo di un cambio gomme è 538,2 euro (360,6 euro il posteriore; 177,6 euro l’anteriore). L’ABS è di serie su entrambe le versioni. Può essere disattivato e la scelta fatta dal pilota viene memorizzata, quindi il sistema non si attiverà automaticamente spegnendo e riavviando il motore.

Bicilindrico testastretta 11° a L, 4 tempi, raffreddato a liquido. Cilindrata: 1198,4 cm3. Alesaggio e corsa: 106 x 67,9 mm. Rapporto di compressione: 11,5:1. Distribuzione desmodromica, 4 valvole per cilindro. Alimentazione ad iniezione elettronica, corpi farfallati Mitsubishi ellittici. Accensione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico.

1TRASMISSIONE

Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio con comando idraulico e sistema anti saltellamento. Cambio a 6 rapporti.

1CICLISTICA

Telaio misto acciaio/alluminio. Sospensioni: anteriore forcella pluriregolabile Marzocchi a steli rovesciati di 50 mm Ø, corsa ruota 120 mm; posteriore progressiva con un ammortizzatore pluriregolabile Sachs, corsa ruota 120 mm. Freni con ABS (disattivabile): anteriore due dischi di 320 mm Ø, pinze monoblocco a montaggio radiale a 4 pistoncini; posteriore un disco di 265 mm Ø, pinza flottante a 2 pistoncini. Pneumatici Pirelli Diablo Rosso II: anteriore 120/70-ZR17”, posteriore 240/45-ZR17”.

1DIMENSIONI

Interasse: 1590 mm. Lunghezza: 2257 mm. Altezza: 1192 mm. Altezza sella: 770 mm. Inclinazione del cannotto di sterzo: 28°. Avancorsa: 130 mm. Capacità del serbatoio carburante: 17 litri.

IL TELAIO DELLA DIAVEL È COMPOSTO DA UN TRALICCIO IN TUBI D’ACCIAIO COLLEGATO A PIASTRE IN ALLUMINIO. IL TELAIETTO POSTERIORE È REALIZZATO IN TECNOPOLIMERI. LA SOSPENSIONE POSTERIORE È INEDITA: L’AMMORTIZZATORE È QUASI PARALLELO RISPETTO AL TERRENO.

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Prova novità Ducati Diavel Carbon OLE IN POCHE PAR

CLAUDIO DOMENICALI Direttore generale Ducati Motor Holding

CI PIACE afiato a n Fre ta mozz oto sportiva m a ne d Accelerazio ol e ABS da lode ntr o c n o ti c Tra E NON CI PIAC asso b ta u d Piano di se duri ambio un filo e n In sti del c tto i 3000 giri/’ Vibrazioni so

re un mostro, ma anche dalle emozioni che si provano quando il contagiri oltrepassa quota 6000 giri/’. Fino a questo regime, sia con la mappa sport, sia con quella touring, il bicilindrico italiano mette in mostra un carattere poco docile. Sotto 3000 giri/’ si avvertono delle vibrazioni ed il funzionamento non è molto regolare. Con le marce alte la situazione peggiora e per passeggiare bisogna evitare di scendere sotto 3500 giri/’. Per fortuna esiste la mappa urban, con la quale la Diavel si trasforma in un animale domestico, in grado di assecondare le esigenze di chi non è interessato né alle alte velocità, né alla guida estrema. In configurazione urban, infatti, l’erogazione del motore diventa molto più fluida e viaggiare in sesta con un filo di gas ed il contagiri incollato a quota 2500 giri/’ diventa possibile e rilassante. Il V2 di Borgo Panigale, comunque, dà il suo meglio quando viene usato come un motore sportivo. Da 6000 a 10.000 giri/’ la spinta è entusiasmante, almeno quanto il rombo cupo e minaccioso proveniente dall’aspirazione. In accelerazione, mentre l’indicatore della velocità viaggia come una Frecciarosmotosprint

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SCOOTER, SCRAMBLER E FABBRICHE ALL’ESTERO

sa, si riesce ad inserire velocemente un rapporto dopo l’altro, perché gli innesti del cambio sono morbidi e precisi. In frenata, invece, bisogna effettuare le scalate con decisione, altrimenti si rischia di ritrovarsi con il cambio in folle. PUR AVENDO un aspetto non associabile al concetto di agilità, la Diavel è sorprendentemente guidabile e, più si aumenta il ritmo, più lo stupore cresce. Perché nessuno si aspetterebbe che una moto con un’interasse di 1590 millimetri, un’inclinazione del cannotto di sterzo di 28° e un’avancorsa di 130 millimetri possa reggere il ritmo di una naked sportiva in curva. Invece è così. Merito dell’azzeccata distribuzione dei pesi e della taratura delle sospensioni, che garantisce un ottimo comfort sullo sconnesso e riesce ad assecondare le richieste del conducente quando si va alla ricerca del limite. A causa del passo lungo e del baricentro basso in staccata ed in accelerazione la Diavel ha dei contenuti trasferimenti di carico. Bisogna sempre tenere bene a mente questa caratteristica, che, nel bene

e nel male, influisce moltissimo sul rendimento della moto. In partenza e in uscita dalle curve lente, quando si spalanca il gas senza tenere il traction control attivato, il gigantesco gommone posteriore inizia a slittare e poi, improvvisamente, riprende aderenza, facendo decollare l’avantreno! Vi assicuriamo che all’inizio il terrore prende il sopravvento sul gusto, ma poi, dopo aver capito il funzionamento del gioco, diventerà difficile farne a meno... C’è anche un sistema alternativo per divertirsi, ovvero inserire il traction control al livello tre. Così facendo l’elettronica manterrà sempre la situazione sotto controllo, lasciando comunque la possibilità alla ruota posteriore di avere un leggero “spin”. Se poi non amate sentire il retrotreno che balla... allora potete alzare ancora il livello del controllo di trazione, potendo così spalancare il gas senza pudore, in qualsiasi situazione. Un discorso a parte lo merita l’impianto frenante. Va detto che, in qualsiasi caso, è meglio non disinserire l’ABS (più avanti spiegheremo perché). Premesso questo, si può

aggiungere che in staccata la taratura rigida della forcella nell’ultima parte di escursione limita il già scarso trasferimento di carico verso l’avantreno e, anche a causa della notevole inclinazione del cannotto di sterzo, sulla ruota anteriore non grava mai troppo peso. Per questo motivo, quando si sfruttano le impressionanti doti dell’impianto frenante, il rischio di bloccaggio del pneumatico è sempre nascosto dietro l’angolo. Mantenendo l’ABS inserito, non si hanno problemi ed è addirittura possibile frenare con la moto abbastanza inclinata senza avvertire nessun ritorno di forza sulla leva. L’ABS della Diavel funziona talmente bene che in staccata si possono tirare senza ritegno entrambi i comandi, lasciando al sistema il compito di fare il resto. Un consiglio: in questi frangenti reggetevi forte, perché la sensazione di decelerazione che si prova in sella alla Diavel è indescrivibile, superiore a quella che si ha sulle moto sportive, dove in staccata non sempre si possono sfruttare le doti dell’impianto a causa del sollevamento del retrotreno, che sulla Diavel, resta sempre incollato all’asfalto.

MALAGA - Da quando Claudio Domenicali ha preso le redini del settore prodotto di Ducati, ha sempre mantenuto le promesse fatte. L’azienda di Borgo Panigale, dal 2007 ad oggi, ha presentato almeno una moto nuova ed ha sfornato prodotti che si sono andati a posizionare in segmenti di mercato dominati da altri marchi. L’ultima provocazione è la Diavel. Di chi è stata l’idea di realizzare una moto così folle? «Se la Diavel sarà un successo avrà molti papà, se invece sarà un flop, i colpevoli saranno pochi... Scherzi a parte, la Diavel è stata una mia idea. Pur essendo molto diversa dalla Multistrada, fa parte dello stesso programma, che prevede il nostro debutto in segmenti di mercato dove non eravamo presenti, con prodotti diversi rispetto a quelli della concorrenza. Il design è stato realizzato da Bart Janssengroesbeek, il papà delle Monster». Lei sta dimostrando che non è più tanto legato alle soluzioni tecniche del passato. La soluzione del telaio a traliccio in tubi d’acciaio con piastre in alluminio, sperimentata da altri costruttori, ha ormai convinto anche voi? «Un’azienda che produce moto di alto livello deve offrire al cliente sempre il meglio, quindi non dobbiamo e non possiamo legarci a vita a delle soluzioni che pongono dei freni dal punto di vista tecnico. Il telaio a traliccio in tubi d’acciaio con le piastre in alluminio è diventato un “format”, per noi. Nella zona delle piastre ci sono numerosi attacchi; con un tradizionale traliccio in tubi d’acciaio, posizionare correttamente il tutto, ottenendo allo stesso tempo un buon risultato stilistico, è molto complicato». Quando sviluppate una nuova soluzione tecnica, di norma la usate su più modelli. Vedremo la sospensione della Diavel con l’ammortizzatore orizzontale anche sulla nuova sportiva o su altre moto? «La sospensione posteriore della Diavel è stata progettata soprattutto per venire incontro alle esigenze del centro stile.

Non credo che ritroveremo soluzioni simili su altre Ducati». Lei sostiene che una Ducati non deve essere meno potente rispetto alla concorrenza. Teoria che mal si sposa con l’uso di motori ad aria con due valvole per cilindro. Quale sarà il loro futuro? «(Domenicali, un po’ sorpreso, riflette alcuni istanti prima di rispondere, ndr) Diciamo che, effettivamente, con i motori raffreddati ad aria che abbiamo non si possono raggiungere prestazioni elevatissime. Le posso dire che queste unità non si estingueranno, però in futuro verranno montate su modelli particolari». Ad esempio, su una Scrambler... «È uno dei modelli che bollono in pentola. Non posso negare che ci stiamo pensando seriamente. Ecco, una scrambler, dovrebbe avere il motore raffreddato ad aria». Voi, esattamente come BMW, avreste anche il marchio adatto da abbinare ad uno scooter sportivo. Ci state pensando? «È un altro di quei modelli... in pentola. Ne stiamo parlando da diverso tempo, ultimamente abbastanza seriamente...». Che motore potrebbe montare? «Di sicuro non uno di quelli che abbiamo in gamma. Credo che dovremo progettarne uno ad hoc». Scrambler, maxi scooter, sportiva estrema... Quali altre sorprese riserva il futuro di Ducati? «I prossimi tre anni saranno importantissimi. Arriveranno diversi nuovi modelli (a fine 2011 una sportiva bicilindrica di 1200 cm3 tutta nuova, ndr) e cercheremo di aumentare sensibilmente la nostra produzione. L’obiettivo sarà sfornare più di 60.000 moto all’anno. Per farlo ci stiamo attrezzando: dobbiamo incrementare le nostre vendite in Brasile ed in India. In questi Paesi oggi importiamo i nostri prodotti, ma, a causa dei dazi doganali, una Monster costa oltre 16.000 euro. Una follia. Pertanto costruiremo due fabbriche, una in Brasile ed una in Thailandia, dove assembleremo le moto. In questo modo riusciremo a vendere a prezzi competitivi i nostri prodotti, sia in Sud America, sia in Asia». motosprint

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Novità Vyrus 986 M2 di Dario Ballardini

IDENTIKIT STERZO A COMANDO IDRAULICO, SOSPENSIONE ANTERIORE A FORCELLONE OSCILLANTE, CARENATURA RIDOTTA ALL’OSSO. TUTTO È PARTICOLARE SULLA VYRUS. ANCHE IL FORCELLONE POSTERIORE, LEGGERISSIMO, IN LAMIERA DI SOLO 1 MM.

DIFFICILE non è presentare prototipi fuori del comune; difficile è farli davvero, metterli in produzione. Come questa Vyrus che sembra folle e invece è geniale, ma soprattutto è estremamente concreta: arriverà questa stessa primavera, in tre versioni: da corsa, stradale e anche in scatola di montaggio. La denominazione ufficiale è 986 M2 e si tratta di un progetto nato per correre nella Moto 2, costruito attorno al motore quattro cilindri della Honda CBR600RR che è anche l’unica cosa “normale” del pacchetto. Tutto il resto esplora strade originalissime, a partire dal telaio costituito da due elementi a omega in ergal, realizzati dal pieno, che abbracciano il motore da sotto; una struttura chiusa superiormente dalla carrozzeria cui è stata assegnata una funzione portante perché assicura rigidità all’insieme. Al telaio sono infulcrati i bracci oscillanti delle due sospensioni, anteriore e posteriore, un sistema a cui ci avevano già abituati le precedenti Vyrus. Qui ognuno dei bracci oscillanti è collegato a biellette che agiscono su due bilanceri, in modo che l’ammortizzatore – uno davanti e uno dietro – venga compresso da entrambe le parti, evitando le torsioni e consentendo di ridurre pesi e dimensioni dei componenti. motosprint

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Vyrus fatale

Sconvolgente. Il motore è la sola cosa normale... Nata per la Moto2, ci sarà anche la versione stradale

Perdipiù è estremamente facile intervenire sulle caratteristiche della sospensione, sostituendo i bilanceri che regolano la progressione. I due elementi ammortizzanti ad aria e olio sono stati realizzati appositamente per questo impiego dalla Double System, volendo però sono disponibili anche più classiche unità Öhlins. Il forcellone all’anteriore usato su tutte le Vyrus fa sì che la moto non affondi in frenata ma ha reso necessaria una rivoluzione del sistema dello sterzo, alloggiato all’interno del mozzo ruota anteriore. Il curioso è che sulla 986 M2 il collegamento al manubrio non è meccanico, ma

idraulico: un pistone a doppio effetto alloggiato dietro al cannotto trasmette il movimento a un pistone bilanciato (che ha un eguale movimento da un lato e dall’altro), ed è possibile modificare le caratteristiche dello sterzo intervenendo sulla frenatura del passaggio dell’olio. INTERESSANTISSIMO anche lo studio dell’aerodinamica e del design a cui hanno lavorato il giapponese Yutaka Igarashi e Sam Matthews, proveniente dalla CRC: la Vyrus sembra avere una carenatura ridotta all’essenziale ma in realtà le forme del cupolino e del serbatoio sono studiate per “coprire” completamente il pilota, mentre sul fianco viene lasciata “aria” per non gravare sulla maneggevolezza nei cambi di direzione in velocità, come avviene su molte altre sportive in cui la carenatura è stata notevolmente ridotta. Nella parte inferiore, i radiatori del raffreddamento a liquido sono posti sotto al motore, in una configurazione a V che accelera il flusso dell’aria aumentando l’asportazione del calore. Da notare anche l’originalissimo scarico con le uscite a metà moto, sotto la sella, impiegato con l’inedita funzione di parafango. Se si considera che lo staff di Rodorigo

Ascanio, anima e cuore della Vyrus, è composto da sole 5 persone, c’è di che restare sorpresi di tanta innovazione, ma è anche vero che le collaborazioni esterne sono molte, e qualificate. I collaudi e lo sviluppo stanno procedendo velocemente, l’obiettivo è far correre la 986 M2 nel campionato italiano e in qualche gara del mondiale Moto 2, possibilmente con un team esterno, e vendere la versione Racing ai privati: pesa 135 kg pronto gara e costerà 65.000 euro. Ci sarà però anche una versione stradale, la Replica SL, con carrozzeria, sovrastrutture e accessori in alutex (un materiale pre-impregnato che viene cotto in autoclave) invece che in carbonio e alcuni componenti meno estremi; peserà 155 kg e costerà 29.910 euro; infine la 986 M2 Kit Replica, in scatola di montaggio e senza motore, su cui sarà possibile utilizzare propulsori nelle versioni dal 2007 al 2011, montando anche freni, impianto elettrico, centralina e cruscotto della propria moto. Il kit costa 19.850 euro ed è provvisto di manuale di montaggio e istruzioni tecniche, se non bastasse la Vyrus su richiesta fornisce anche l’assistenza per il montaggio. Le sovrastrutture sono in alutex, gli accessori sono in lega di alluminio. E a settembre arriverà anche il kit per la R6.

1MOTORE Quattro cilindri frontemarcia, quattro tempi, raffreddato a liquido, con Vacuum Air System. Cilindrata 599,4 cm3. Alesaggio e corsa 67 x 42,5 mm. Rapporto di compressione 12,2:1. Distribuzione doppio albero a camme in testa, quattro valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica EFI E4 correlata all’accensione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido con pompa a ingranaggi. Avviamento elettrico.

1TRASMISSIONE

Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio con comando meccanico. Cambio a sei marce.

1CICLISTICA

Telaio a doppio omega rovesciato, carrozzeria portante, sterzo nel mozzo ruota anteriore, comandato da pistone idraulico. Sospensioni anteriore e posteriore con forcelloni oscillanti e bilanceri a doppia spinta, ognuno con un ammortizzatore Double System regolabile in tutte le funzioni. Freni: anteriore due dischi 310 mm Ø, pinze ad attacco radiale a 4 pistoncini; posteriore un disco 210 mm Ø, pinza a due pistoncini. Pneumatici: anteriore 125/75 ZR 17”; posteriore 195/75 ZR 17”.

1DIMENSIONI

Interasse 1325 mm, altezza sella 830 mm. Inclinazione cannotto regolabile da 18° a 24°. Serbatoio 16 litri.

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qui giappone

DA PILOTA A IMPRENDITORE DEL MOTOCICLISMO Shinya Nakano ha realizzato una propria linea di abbigliamento e sogna un team in MotoGP

di Akira Nishimura Nippon News

NAKANO ALL’INTERNO DEL NEGOZIO CHE HA APERTO A CHIBA, LA SUA CITTÀ NATALE. SI CHIAMA “56 DESIGN”, UN MARCHIO CHE CARATTERIZZA ANCHE UNA SERIE DI CAPI D’ISPIRAZIONE MOTICICLISTICA.

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È PASSATO anno da quando Shinya Nakano ha lasciato il paddock. Nato a Chiba, ha esordito nel campionato del mondo nel 1999, ha corso per Yamaha, Kawasaki e Honda nella classe regina finché nel 2009 è passato alla SBK per difendere i colori del team ufficiale Aprilia. Nonostante un infortunio al collo occorsogli durante la stagione lo abbia obbligato a ritirarsi dalla scena, rientra senza dubbio tra i piloti giapponesi di maggior successo. Dopo il ritiro, Shinya ha iniziato la sua nuova carriera come commentatore TV e promotore del GP di Motegi. Ma si è cimentato anche in attività che i piloti che si ritirano di solito non intraprendono... come lanciare un marchio nel settore della moda. Il nome è “56 design”, preso dal suo numero. Il negozio si trova nella sua città natale, in buona posizione anche rispetto alla stazione ferroviaria. Il logo di “56design” orna con sobrietà il grigio muro esterno. L’aspetto ricorda al passante una sorta di negozio multi-brand di Milano o Harajuku. Quando si entra si viene accolti dalle repliche del suo casco e della

MV Agusta F4. Gli stivali da corsa, i guanti e le tute Spidi sono esposti con cura. Assieme a questi oggetti si trovano camicie e felpe, creazioni originali. Il design semplice ed elegante di questi capi fa si che possano essere indossati non solo in pista, ma anche nelle zone eleganti del centro. “Vita con la moto”, questo è il nostro motto dice Shinya. «In Europa, la moto è parte della cultura delle persone. Quando sono approdato al campionato del mondo e ho visto per la prima volta questo stile di vita e il rapporto con la moto sono rimasto impressionato. Ecco perché questo concetto si è rifatto vivo in me quando mi sono ritirato. Se si vuole produrre una propria linea dal nulla è necessario avere uno staff con esperienza, strutture, investimenti e via di seguito. Le necessità sono tante. Al momento il nostro obiettivo principale è proporre e suggerire ai motociclisti giapponesi un abbigliamento coordinato che dia loro la sensazione della moto». Salite le scale fino al piano superiore, troviamo una sala con macchina da caffè espresso e comodi divani dove i motociclisti possono fare quattro chiacchiere tra loro. «Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in concorrenza con altri produttori di abbigliamento. Considerata la mia esperienza, però, penso di poter suggerire qualcosa ai clienti dal punto di vista della sicurezza e del comfort. Quando usciamo assieme ai clienti per un giro in moto, includo anche, nell’itinerario, una capatina in pista. Vorrei dare loro l’opportunità di scoprire il piacere della guida sportiva. Per quanto riguarda la sicurezza, molti giovani guidano moto indossando una semplice T-shirt o pantaloncini corti, io voglio che si rendano conto di quanto questo sia pericoloso. D’altro canto, quando vedo ragazzi giovani che guidano moto sportive con la piena consapevolezza di quanto sia importante un abbigliamento di sicurezza adeguato, mi piace dare loro supporto e aiuto!». Il sogno più grande di Shinya è creare, un giorno, un team di MotoGP coi colori di “56 design”. «È il mio obiettivo, ma non c’è fretta. Sto imparando e assimilando molte cose da tutte le altre attività che ho iniziato. Mettendo assieme tutte queste esperienze e capacità un giorno vorrei ritornare nel paddock della MotoGP con il mio team. Sono cresciuto sulle piste ed è quello il posto dove vorrei essere. Se attraverso la mia attività riuscissi a restituire qualcosa al mondo del motociclismo sarei molto felice!».

NUOVA HORNET. NATA PER ESSERE PROVOCATA. Il fascino incontra la potenza. Con un restyling assolutamente accattivante, Hornet conferma il carattere distintivo da vera dominatrice della strada. Una naked passionale e seducente, con linee che nascondono un’anima da streetfighter. Vieni a scoprirla nelle concessionarie Honda.

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Attualità a cura di Dario Ballardini

CHECK UP PEUGEOT A 9 EURO FINO AL 31 MARZO Dal 1. febbraio è partita l’operazione Check Up Peugeot, che fino al 31 marzo consentirà di sottoporre il proprio scooter a un controllo funzionale al prezzo di 9 euro, presso i concessionari Peugeot. Nove le verifiche previste: batteria, impianto di ricarica, liquido di raffreddamento e olio motore con rabbocco, serraggio bulloni di sicurezza, usura e pressione pneumatici, usura pastiglie freno, controllo visivo generale del veicolo.

ROYAL ENFIELD GIOCA IL JOKER

Tre nuovi modelli; due per l’Italia GIÀ DI per sé le Royal Enfield sono moto particolarissime, con la loro impostazione iper tradizionale e la tecnica assolutamente vintage; il distributore italiano Royal Moto però ha voluto calcare ancora di più la mano sul fascino retró delle monocilindriche indiane allestendo queste versioni speciali, realizzate in proprio. Si chiamano Joker e Joker SP, sono due café racer in stile anni Sessanta e sono prodotte entrambe in serie limitata: 50 pezzi per la standard e solo 15 per la Special, per festeggiare i 15 anni di attività dell’azienda italiana. Chi conosce le Royal Enfield non fatica troppo a individuare la derivazione dal modello Bullet Electra 500 EFI ES, monocilindrica di 499 cm3 con distribuzione ad aste e bilanceri e 5 marce, 17 kW a 5500 giri. Qui però sono stati adottati il manubrio basso e una livrea più sportiva, bicolore – disponibile in rosso/bianco e nero/bianco–, la sella è leggermente diversa ed è stata eliminata la maniglia del passeggero, mentre le scatole motosprint

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portaoggetti sotto le fiancatine sono cromate anziché nere. Il modello base costa 6420 euro chiavi in mano mentre il prezzo della versione SP arriva a 10.000 euro. Le differenze sono nel profilo della sella leggermente più dritto e senza le impunture trasversali, nello scarico rialzato e nella finitura dei carter che sulla Special sono lucidati a mano. Una targa d’argento reca il numero dell’esemplare, corredato da un

documento di autenticità marcato da due timbri del Commonwealth con lo stemma della Casa Reale. L’altra novità è la Bullet Ultra Classic, realizzata a partire dalla Bullet Classic 500. Il motore è lo stesso delle Joker ma in questa versione arriva a 20,3 kW a 5500 giri e rispetto al modello da cui deriva cambiano sella e scarico; la livrea è bianca ma può essere fornita secondo le richieste. Prezzo 6620 euro chiavi in mano.

A SCUOLA “FUORI” RIPARTONO i corsi della Off Road School 360°, la scuola di guida enduro, cross, minimoto e Supermotard gestita da Martino Bianchi e Fabrizio Carcano, rispettivamente team manager ed ex pilota/collaudatore Husqvarna. Sono previste una ventina di date, a partire dal 19 marzo a Gemonio (VA), per un corso di enduro; l’ultimo appuntamento è per il 12/13 novembre a Cavoli (GE), scuole di cross, minicross ed enduro. Ci sono corsi di differenti livelli ed è possibile noleggiare presso la scuola moto (Husqvarna 2011) e abbigliamento. Informazioni all’indirizzo info@offroadschool.it , e su internet: www.offroadschool.it .

CRP RACING FA ALLEANZA CON IL FOTOVOLTAICO L’avventura della CRP Racing nelle gare per moto elettriche si è allargata all’industria fotovoltaica, con l’acquisizione di due partner che permetteranno alla moto eCRP di divenire un progetto 100% sostenibile e ad emissioni zero non solo allo scarico, ma fino all’origine: è stato raggiunto l’accordo con il Gruppo REC, azienda norvegese tra i leader mondiali nella produzione di silicio policristallino, wafer per applicazioni fotovoltaiche e cellule e moduli ad alto rendimento, e con Idea FV, che realizza impianti fotovoltaici “chiavi in mano”. INTERNATIONAL DIRT BIKE SHOW DAL 3 AL 6 NOVEMBRE Sono state confermate le date di apertura e chiusura dell’International Dirt Bike Show, il salone britannico dedicato al fuoristrada che si svolgerà a Stoneleigh Park. La manifestazione andrà da giovedì 3 a domenica 6 novembre. Oltre all’esposizione di moto di produzione e da gara, accessori e gadget, sono previste esibizioni nelle aree esterne. Dall’anno scorso l’evento è passato da una dimensione nazionale ad una internazionale, che nel 2011 verrà consolidata con l’ingresso di nuovi costruttori.

IN BREVE

DUE CAFÉ RACER PER L’IMPORTATORE ITALIANO ROYAL ENFIELD: LA JOKER (SOTTO A DESTRA) E LA JOKER SP (SOTTO), REALIZZATE IN SERIE LIMITATA SULLA BASE DELLA BULLET ELECTRA. A DESTRA, LA BULLET ULTRA CLASSIC.

ARRIVA LA GAS GAS PIÙ ESTREMA TXT PRO versione Racing SONO iniziate proprio in questi giorni le consegne della Gas Gas TXT PRO versione Racing, edizione iperspecializzata della moto da trial spagnola proposta nelle cilindrate 125, 280 e 300 cm3. Numerose le modifiche rispetto al modello base: forcella Marzocchi e ammortizzatore Öhlins, dischi freno Galfer Wave, carter frizione in magnesio, carburatori Dellorto o Keihin a seconda del modello, coperchi metallici per le pompe di freni e frizione, cerchio posteriore con costa centrale Morat, manubrio e protezione Renthal, comando gas con cuscinetto e gomme Michelin X-Light. La 125 costa 6400 euro, la 280 6990 euro e la 300 7050 euro.

L’ANNO COMINCIA MALE SICCOME le vendite del mese di gennaio pesano circa per il 4% sul totale annuo, non c’è da mettersi le mani nei capelli se il 2011 comincia con il segno meno. Tuttavia è un brutto inizio, anche perché significa che il trend negativo è lontano dall’essere superato: c’è poca disponibilità di spesa, questo è il problema. «Il buon andamento dell’usato testimonia come il problema sia soprattutto la scarsa disponibilità di reddito da dedicare all’acquisto dei mezzi di trasporto – conferma Corrado Capelli, presidente di Confindustria ANCMA –. Speriamo di consolidare gli indicatori economici positivi che pure esistono e che dovrebbero finalmente farci uscire dal tunnel della crisi». Speriamo. Per il momento l’immatricolato delle oltre 50 cm3 a gennaio segna -34,4% con 13.375 veicoli, suddivisi in 5385 moto (-15,7%) e 7990 scooter (-43%); giù anche i 50 con 3561 vendite (-13,7%). Tra le moto il segmento più numeroso è quello delle 1000 (1591, +2,5%) mentre il calo maggiore è per le 600 (384, -45,7%). La categoria più apprezzata sono le enduro stradali (1790, -3%).

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Immatricolazioni 2011 Yamaha 2008 Honda 1989 Piaggio 1683 Kymco 1139 BMW 759 Suzuki 634 Ducati 575 Aprilia 543 Harley 423 KTM 417 altre 3205 Totale 13.375

I modelli più venduti del 2011 Ciclomotori 2011 Piaggio Beverly 300 579 1. Piaggio 1176 Honda SH 300 554 2. Aprilia 600 Yamaha TMax 500 465 3. Yamaha 327 Yamaha X-Max 250 374 4. Malaguti 265 Honda SH 150 311 5. Kymco 237 Yamaha X-City 250 283 6. SYM 143 Piaggio Vespa GTS 300 Super 227 7. Peugeot 131 BMW R 1200 GS 225 8. Honda 96 Honda PCX 125 223 9. Garelli 77 Honda SH 125 204 10. Gilera 75 altri Il più venduto di gennaio 434 Piaggio Beverly 300 Totale 579 3561

INAUGURAZIONE

TUTTI INVITATI DA VALERI SPORT INAUGURAZIONE in grande stile per il nuovo megastore ValeriSport di Cornuda, in provincia di Treviso. L’apertura ufficiale del grandissimo centro abbigliamento moto, 1500 m2 di esposizione e 27 anni di attività alle spalle, sarà il 20 febbraio, domenica prossima, a partire dalle 12. Sono invitati all’evento tutti gli appassionati. Il programma prevede pranzo a buffet senza sosta, esposizione di auto e moto da competizione, presenza nell’arco della giornata di numerosi piloti, un ricordo per tutti i presenti e dalle 18 happy hours.

TRA I 16 E I 18 ANNI

KTM CERCA L’AMBASCIATORE

MANCANO pochi giorni alla scadenza del termine per iscriversi al progetto KTM 125 Ambassador. Il marchio austriaco cerca cinque ragazzi tra i 16 e i 18 anni, chiamati a provare in anteprima esclusiva le 125 Duke e a riportare (per iscritto) le loro impressioni sul sito www.125duke.com e sui social network a cui sono iscritti. Verranno selezionati cinque ragazzi per nazione, e da questi si giungerà alla rosa finale. Bisogna essere motociclisti appassionati e competenti, e frequentatori del web. Tutte le informazioni del caso e le iscrizioni sul sito www.125duke.com .

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QUELLE FESTIVITÀ MOLTO FUMOSE RAGGIUNTO in poco più di un mese soltanto il bonus dei 35 giorni di smog consentiti in un anno, i sindaci del così virtuoso Paese delle meraviglie decisero di festeggiare alla grande, dando il via a clamorose iniziative di gioia come neanche le libagioni previste per il Centocinquantenario. L’idea della grande corale celebrazione prese il via da Vincenzino Beretta, sindaco della piccola cittadina di Fumoso di Sotto e subito fu accolta da tutto l’hinterland con un entusiasmo che non si vedeva fin dai tempi della vittoria agli ultimi Mondiali di calcio. Vincenzino invitò tutti i concittadini, che naturalmente accettarono con abnorme gioia, a portare tutti i loro mezzi motorizzati, dalle ovvie automobili fino ai vecchissimi motorini a miscela dei bisnonni, nella piccola piazza del centro città dedicata al locale eroe e ad accenderli in contemporanea al grido di “Ci fumiamo la città!”. L’evento venne ovviamente ripreso con il telefonino da un abile cameraman dilettante che subito lo pubblicò sul web, da cui prese il volo e atterrò su tutti gli schermi di altri sensibili sindaci della zona. Così l’idea di far festa, vista la quasi impossibilità oggettiva di farla finita con aria irrespirabile, bronchiti croniche, raffreddori improvvisi e pelle grigiastra, prese piede con la stessa velocità di un’influenza intestinale e contagiò un po’ tutti. Certo, ci fu anche qualcuno che alzò la manina per dire la sua e propose, che so, di smetterla di riscaldare ambienti disabitati come certi magazzini ormai abbandonati da anni, persino da alcuni che li abitavano abusivamente, ma per la maggior parte delle persone del virtuoso Paese avvenne come una sorta di rimbambimento generale, che portò tutti ad ideare azioni suicide piuttosto che trovare la salvezza in una soluzione vera e percorribile. A Pienzate sul Curnio, la giunta votò all’unanimità – per la prima volta nella storia di Pienzate, pensate un po’ – una “giornata in mutande” alla quale aderirono tutti, dai negozianti ai preti, e per la quale furono alzati i livelli dei termosifoni a temperature mostruose. La giornata ebbe un successo clamoroso, tanto che in breve tempo divenne la “settimana in mutande”, poi il “mese in mutande” ed infine “l’anno in mutande”, durante il quale i cittadini, inebriati dalla sensazione di trovarsi ai Tropici e non più in un paesino incuneato tra le Prealpi e un laghetto di pesci moribondi, chiusero esercizi di ferramenta e aprirono baretti sulle rive del lago, fecero nascere almeno 22 gruppi reggae e lanciarono la moda della mutanda ad ascella alta, che però non ebbe il seguito sperato. Al raggiungimento del 190esimo giorno di smog oltre il consentito, il virtuoso Paese venne estromesso dalla comunità nella quale era faticosamente entrato solo pochi anni prima. Al 280esimo giorno venne chiuso dalla medesima comunità sotto una gigantesca boccia di vetro, e lì venne lasciato e dimenticato in breve tempo. Sotto la boccia, i compaesani continuarono imperterriti le loro libagioni, drogati di PM10 e altri fumi di scarico, ad inventarsi fumosi metodi per continuare ad essere grigi e felici. Alé. Laura Cattaneo

DIVERTIMENTO STILE HARLEY Spring Break in marzo DIECI giorni di eventi in tutta Italia e gran finale all’Isola d’Elba. È lo Spring Break, l’evoluzione dell’Open Day che HarleyDavidson Italia propone ad ogni inizio d’anno. Da quest’anno la full immersion nel mondo Harley durerà dieci giorni, dal 18 al 27 marzo, con una nutritissima serie di proposte dei concessionari, dalle serate a tema agli spettacoli ai test moto a quant’altro pensato per far divertire. Non a caso la manifestazione si ispira all’evento-vacanza che ogni anno si tiene a Miami Beach in occasione della chiusura delle università statunitensi. La serata conclusiva, un vero e proprio gran finale, ci sarà nel week-end del 26-27 febbraio all’Isola del’Elba con lo Spring Braek Run, la grande adunata

aperta non solo agli harleysti. Il calendario dettagliato dello Spring Break 2011 è consultabile sulla pagina Facebook di Harley-Davidson Italia.

Multimedia SE DOPO ogni derby siete sempre pronti a criticare le scelte del “mister” e magari vorreste anche sostituirvi al presidente della vostra squadra del cuore, questo videogioco fa per voi. “Football Manager 2011”, di Sega e Sport Interactive, è l’ultimo capitolo della premiata saga, forte di 6 milioni di copie vendute, che vi mette nei panni dell’allenatoremanager alle prese con tutte le fasi del campionato, dal calciomercato allo spogliatoio. Rinnovati i sistemi di ingaggio, allenamento, amministrazione,

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DIMENSIONE AVVENTURA

ALLA SCOPERTA DELL’ AFRICA DUE I VIAGGI proposti, in Senegal e in Marocco. In Senegal è proposto un itinerario di otto giorni fuori dalla solite rotte con quad e moto a noleggio, meccano e veicolo di supporto al seguito, pernottamenti in bungalow e campi tendati. Date: dal 12 marzo al 19 marzo e dal 23 aprile al 5 maggio. Il “Grande Impero” è invece un viaggio di 13 giorni in Marocco con moto da enduro e 4X4 adatto anche ai neofiti dell’off-road. Ci si imbarca a Genova alla volta di Tangeri con il tour cha ha inizio a Fez, la più antica tra le città imperiali. Date: dal 19 al 31 marzo, dal 23 aprile al 5 maggio, dal 18 al 30 giugno. Info: tel. 347-6133416, www.dimensioneavventura.org, info@dimensioneavventura.org.

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1Friuli Venezia Giulia DOMENICA 20 FEBBRAIO 38ª Motoconcentrazione dell’Amicizia sul Monte Bernadia a Tarcento (UD) A.M. Friulana, tel. 328-3883233, 0432-678941, 0432-785216, fax 0432-672306, www. associazionemotociclisticafriulana.com, email posta@associazionemotociclisticafriulana.com

SABATO 26 DOMENICA 27 FEBBRAIO Motoincontro ai 4 Venti a Moruzzo (UD) M.C. King of Doom, tel. 333-4418209, email kingsofdoomfriul@motoclubfmi.it

1Emilia Romagna DOMENICA 20 FEBBRAIO Mostra scambio a Rimini Museo Nazionale del Motociclo, via Casalecchio 58/N, Rimini tel. 0541-731096, 347-1844267, fax 0541-633287, www.museomotociclo.it, email info@museomotociclo.it

1Toscana SABATO 19 DOMENICA 20 FEBBRAIO Tasselli a Massa, motopasseggiata delle colline metallifere. Per info: www. tasselliamassa.com, email tasselli@tas-

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1Marche DOMENICA 20 FEBBRAIO Motoincontro di Mezzo Inverno a Civitanova Alta (MC) M.C. Civitanova, tel. 3383860828, 328-6633161, www.motoclubcivitanova.it, e-mail cristianlanzi@gmail. com

1Abruzzo DOMENICA 20 FEBBRAIO 6ª Motodissea a Carsoli (AQ) motocavalcata non competitiva M.C. I Mirmidoni, tel. 347-4850756 Walter, 393-9358710 Pierluigi, www.mirmidoni.it, email info@ mirmidoni.it

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CI RISIAMO. Intendo con la storia della beneficienza sospetta. Perdonatemi se sono così diffidente, ma un pasticcere che si fa le vacanze in moto con la scusa della beneficienza, ispirandosi alla celebre frase di impegno e speranza di Suor Maria Teresa di Calcutta, “È soltanto una goccia nell’oceano, ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe”, mi lascia molto da pensare. E piuttosto male. Diciamo che non so più come metterla. Di questa spinosissima questione m’ero infatti già occupato l’anno scorso, più volte, sollevando un piccolo vespaio: vespe plaudenti oppure offesissime. Ora, stimolato dalla solita compilation mattutina di spammail con cagate varie, mi sento costretto a ritornarci sopra. Leggo infatti, tra la roba finita automaticamente nel cestino (grazie, encomiabile server!), cestino che però ogni tanto vado a rispulciarmi per sicurezza, essendo sì un sommo estimatore delle tecnologie che proteggono dalle rotture di balle, ma anche, appunto, un malfidato, leggo – dicevo – che tal Simone di Latina, pasticcere, gira l’Italia in moto da tre anni, durante le ferie, raccogliendo fondi da destinare a progetti benefici. Beato lui. Lo affianca un solerte entourage di organizzatori, sponsor, uffici stampa, siti internet. E qui davvero non riesco più a capire. Quanto cioè alcuni motociclisti come noi, nè più nè meno appassionati di quanto lo siamo noi, aspirino a meritarsi sul serio un posto in paradiso, chessò, tra l’Arcangelo Gabriele e Nostra Signora di Fatima, e quanto invece, grazie alla pubblicità gratuita di certi loro gesti eclatanti, confezionati ad arte, intendano principalmente sfamare gli appetiti propri, che sono poi gli stessi di tutti noi (mettersi in sella, abbassare la visiera, dare di gas, macinare strada, vedere gente, fare cose, fermarsi in trattoria) all’ombra di un bel cappello nobilitante. Troppo sospettoso? Fate voi. Il progetto di Simone, come quello di tanti altri, prevede in ogni caso, alla base del meccanismo, gadget ricordo, serate, convivi. E certamente litri di benzina, gomme, lubrificanti, alberghi, pasti, spese. Domanda: non sarebbe molto meglio fare del bene diretto con quanto si ha in tasca, e verso il prossimo che ci sta più vicino spesso il più trascurato - invece di mettere in piedi faraoniche operazioni mediatico-logistiche che, pur senza voler essere maliziosi, finiscono col mangiarsi per strada la fetta maggiore delle risorse raccolte? Un qualcosa di razionalmente tonto che mi è stato svelato, senza trucchi e senza inganni (coi relativi costi) durante una recente intervista ad uno stimato autore seriale di viaggi in moto “per beneficenza”. Allora? Cosa c’è dietro a tutto ciò, in nome di Madre Teresa, a parte l’obiettivo recondito di viaggiare più o meno gratis? Dite, non m’offendo. Comunque il massimo è stato raggiunto mesi fa da un tronista televisivo, che per fare pubblicità ad un calendario, dove mostra la sua augusta figura nonché una mascella virile dall’estremo contenuto di intelligenza, ha sfruttato la scena di un delitto efferato, con la scusa della beneficienza all’associazione della vittima. No comment. Giovanni Carlo Nuzzo - gcn@gcnw.it

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Lupo solit itario

EI PILOTI americani che hanno fatto fortuna nel Mondiale 500 ai tempi della migrazione più sostanziosa e qualificata dagli Stati Uniti, nel periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, Eddie Lawson è quello che ha vinto di più: trentuno Gran Premi e quattro titoli mondiali. Eppure, del suo equilibrio, dello stile di guida elegante, della implacabile continuità di risultati, restano ricordi sbiaditi, immagini dilatate nel tempo. Manca, di lui, un identikit preciso e inconfondibile. Il segno di riconoscimento. Forse perché in dieci anni di Gran Premi, tutti da protagonista, Lawson si è sempre tenuto a un passo da quello che doveva essere il suo mondo, limitandosi a timidi segnali di apertura, illusioni di un momento. Questa mancata concessione gli ha impedito di fare breccia nell’immaginario collettivo: Lawson si è guadagnato il rispetto, la stima, il plauso del pubblico motociclista, sì, ma senza conquistarlo mai. Non marziano come Roberts, non impenetrabile e misterioso quanto Spencer, ma taciturno e introverso, l’esatto opposto di Schwantz. Non riusciva a lasciarsi andare neppure quando c’era una vittoria da festeggiare, da condividere. Come se la gioia che sentiva dentro non riuscisse ad arrivargli al viso, ad uscire allo scoperto. Come se fosse destinata a rimanere unicamente sua. L’amore non è sbocciato neppure quando, dopo avere avuto tanto ed avere iniziato in qualche modo, senza colpa, la parabola discendente, ha abbracciato la causa della Cagiva, portando con sé l’esperienza che ha permesso alla Casa italiana di avvicinare e raggiungere il vertice della categoria. È stato proprio lui a guidare la rossa alla prima vittoria, che è stata anche la sua trentunesima e ultima, prima di lasciare a fine 1992 e tornarsene per sempre a casa, nella California lasciata nel 1983 per seguire Kenny Roberts, amico e maestro che gli aveva chiesto di affiancarlo nella squadra Yamaha di Giacomo Agostini. Il ragazzo taciturno cresciuto a dirt track e Superbike, avrebbe presto fatto la fortuna dell’Ago team manager, pur riservandosi, dopo tanto vincere per lui, di preparargli un bel tiro mancino… lasciandolo con un palmo di naso a fine 1988. Ironia del destino, i due si sarebbero ritrovati due anni dopo per poi dividersi in qualche modo i meriti della prima vittoria Cagiva a Budapest, nel GP Ungheria del 1992.

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GP Legends Eddie LAWSON

1983

1985 Ingaggiato dalla Kawasaki nel 1980, nei due anni successivi vinse il titolo AMA Superbike

L’UOMO YAMAHA DEL DOPO ROBERTS Fu Kenny Roberts ad aprire a Lawson le porte del Mondiale 500, chiedendo alla Yamaha di averlo per compagno di squadra nel 1983. Eddie chiuse la sua prima stagione al quarto posto, per poi vincere il primo titolo in quella successiva. Sopra è con Uncini, sotto precede Haslam e Mamola.

1984

Un giorno da ricordare. La gara venne interrotta per la pioggia, e nella concitata preparazione al secondo via, quando tutti scrutavano il cielo in cerca di ispirazione sulle gomme da montare prima di riprendere il via, Fiorenzo Fanali, suo capotecnico, dopo un consulto con gli uomini della Dunlop, gli suggerì di giocare la carta delle gomme intermedie. Un piccolo azzardo, accompagnato da un pensiero stupendo: «Se la pista asciuga, possiamo vincere». Eddie, pragmatico come sempre, rispose con un sorriso beffardo e piena disponibilità: «Ne dubito, ma OK, facciamolo». Fatta la scelta, fu bravissimo nei primi giri, avvolto da una nuvola d’acqua, a non farsi staccare troppo dagli avversari con le rain, che potevano contare su tutt’altra aderenza. La moto era un serpente, scodava imbizzarrita, i dischi in carbonio che non frenavano… e lui sempre lì, a una manciata di secondi dai primi. «Poi Dio ha voluto che smettesse di piovere, ed ha asciugato la pista per me…». In queste parole, pronunciate con enfasi una volta finito tutto, c’è la sintesi di quel che accadde dopo quei primi, terribili giri. A metà gara la situazione si ribaltò, fu lui ad avere un vantaggio, e cominciò a recuperare terreno su chi aveva preso il largo. Sesto, quinto, quarto, sul podio a dieci giri dalla fine e poi gli ultimi assalti, prima Randy Mamola, re del bagnato, infine il compagno

di squadra Doug Chandler, e gli ultimi quattro passaggi solo davanti a tutti, correndo incontro alla vittoria. Quel giorno, Eddie dopo avere riassaporato un’emozione che non provava da tre anni, si affrettò a ricordare che non sarebbe cambiato nulla nei suoi programmi, che la decisione di lasciare le corse di lì a poche settimane non era in discussione. E mantenne la parola. In fondo ne aveva passati dieci, di anni lontano da casa, anche se a fasi alterne, non pochi se senti che il tuo mondo è fatto di cose semplici: tranquillità, la barca sul lago, il kart, le partite a biliardo, cose lasciate a malincuore per seguire una passione vera, genuina, interiore, così forte da fargli sentire che valeva comunque la pena di vivere l’avventura nel Mondiale.

L’INIZIO non fu per niente facile. Dopo un ottavo posto nel GP Sudafrica del 1983 vinto da Spencer, si trovò catapultato nel nord della Francia, ai primi di aprile, in una giornata che di primaverile non aveva nulla. Eddie la ricorda così. «Quasi nevicava, a Le Mans. Dal cielo venivano giù cristalli di ghiaccio. Era freddissimo. L’aria non aveva colore, tutto era grigio e senza riflessi, quando il motore della mia Yamaha ammutolì. Sull’abbrivio uscii di pista portando la moto sul prato che era fango, e lì attesi che qualcuno venisse a prendermi. Me ne stavo seduto su una balla di paglia, tutto intirizzito, ad osservare che brutto effetto faceva la mia Yamaha con le ruote nella melma, quando realizzai che ero a migliaia di miglia da casa, e che là probabilmente c’era il sole. Mi sentii im-

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Lawson in cifre Anno Classe

GP disputati

Pole position

Moto

Punti

Posizione in campionato

1983

500

12

0

1

3

0

Yamaha

78

4

1984

500

12

4

4

1

2

Yamaha

142

1

1985

500

12

3

6

0

2

Yamaha

133

2

1986

500

11

7

2

1

7

Yamaha

139

1

1987

500

15

5

6

1

2

Yamaha

157

3

1988

500

15

7

4

1

2

Yamaha

252

1

1989

500

15

4

6

3

1

Honda

228

1

1990

500

9

0

2

4

0

Yamaha

118

7

1991

500

13

0

0

2

0

Cagiva

126

6

1992

500

13

1

0

0

2

Cagiva

56

9

127

31

31

16

18

-

1429

-

TOTALE

1985 Introverso sì, e anche schivo, ma con le ragazze Lawson ci sapeva fare, anche se non era il tipo che amava farsi vedere in giro in dolce compagnia. Naturalmente non sono mancate le eccezioni... Nel 1985, anno della doppietta di Spencer in 250 e 500, doveva pur consolarsi...

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GP Legends Eddie LAWSON

provvisamente solo, isolato, inutile. Mi venne da piangere. Non avevo sfilato il casco e piansi sentendo dentro di me tutto il gelo assorbito dalla tuta di pelle». Tre settimane dopo, Eddie era sul podio di Monza, al suo terzo Gran Premio in 500. Terzo alle spalle di Spencer e Mamola. Un risultato che servì a riscaldarlo un po’, ma i momenti difficili non erano finiti. Niente affatto. Il più duro sarebbe arrivato all’ultima prova di campionato, quella che decise l’epica sfida tra Freddie Spencer e Kenny Roberts, mai come quel giorno bisognoso del suo aiuto per ribaltare un verdetto già segnato. Eddie a quel tempo non aveva la forza per inserirsi tra i due. Finì alle loro spalle, senza poter aiutare il compagno di squadra, che perse il titolo (per due soli punti) e sul podio lo gelò con il suo sguardo di ghiaccio. Un rimprovero che non ammetteva repliche. Sbollita la rabbia, il vecchio “King” Kenny pronosticò in Lawson il campione del mondo dell’anno seguente, con una previsione tanto avventurosa quanto azzeccata. La Honda riuscì a complicare la vita di Spencer costringendolo a scendere dalla tre cilindri iridata per salire sulla sua prima V4, figlia di un progetto troppo rivoluzionario per essere anche fortunato. Il primo intoppo arrivò nella gara d’apertura, in Sudafrica, dove la rottura di un cerchio in carbonio fu il preambolo alla prima vittoria del nuovo “capitano” della squadra Yamaha. Freddie proseguì la stagione alternando successi, passi falsi e perfino passionali ritorni alla tre cilindri, mentre Eddie dava i primi segni della sua proverbiale costanza di rendimento, martellando puntualmente in prima o seconda posizione. Soltanto alla settima gara (dopo averne vinte tre), in Jugoslavia, rimase giù dal podio, monopolizzato dalla Honda con Spencer, Mamola e Roche. Ma superò presto il momento no, e non ebbe difficoltà a tenere a distanza Mamola una volta che Spencer uscì definitivamente fuori dai giochi per l’infortunio in una gara di campionato AMA, che ai tempi poteva contare sulla partecipazione di tutti i big americani del Mondiale. ANCHE il 1985 si aprì con una vittoria in Sudafrica, ma il duello con Spencer fu decisamente più sofferto. Parliamo dell’anno della “doppietta” di Fast Freddie, due volte campione del mondo nella stessa stagione. Lawson soffrì la personalità di Spencer e l’enfasi che accompagnò il suo tentativo di

1986

Immagini come questa partenza a Salisburgo, in Austria nel 1986, ci dicono che la sicurezza in questi anni ha fatto passi da gigante... Lawson è in pole position (e si aggiudicherà la gara, davanti a Mamola e Gardner).

1987

1988 Ci sono vittorie simbolo, nella carriera di un pilota. Quella di Laguna Seca, nel GP USA 1988 L (in alto il podio, con Gardner e Mackenzie) convinse Lawson di poter conquistare il terzo titolo. Sopra, dietro di lui c’è Sarron.

record per l’intero campionato. Al successo di Kyalami ne aggiunse soltanto altri due: nell’ultimo GP, a Misano, snobbato da Spencer che a giochi fatti decise di starsene a casa, l’altro in Jugoslavia, ed anche lì Freddie gli rubò la scena, svenendo subito dopo aver chiuso la gara alle sue spalle, stremato dal dolore per uno strappo muscolare sofferto nel contatto con una balla di paglia. Giorni dopo, Eddie avrebbe com-

mentato con sarcasmo: «Era anche possibile evitarla, quella balla di paglia…». La rivalità tra i due era forte, come è inevitabile tra connazionali che praticano lo stesso sport ad altissimo livello. Ma quella che sembrava dovesse essere una contesa senza fine, si esaurì nel più incredibile dei modi all’alba della stagione 1986, con la repentina uscita di scena di quello che fino a pochi mesi prima era stato “Fast” Fred-

Dopo il Mondiale vinto nel 1988 scese dalla Yamaha e salì sulla Honda. E con Kanemoto andò a meraviglia

1989

die. Quel giorno fu Wayne Gardner a farsi trovare pronto, ma Eddie era lì, alle sue spalle. La vittoria arrivò due settimane dopo a Monza, ed in rapida sequenza la seguirono quelle di Germania, Austria e Jugoslavia. Quando Gardner concesse il bis in Olanda, Eddie era già sufficientemente avanti con i lavori da non doversi preoccupare più di tanto di una battuta a vuoto;

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GP Legends Eddie LAWSON

tuttavia, in barba alla matematica, pensò bene di aggiudicarsi anche tre degli ultimi quattro GP, sulle ali dell’entusiasmo. Il testa a testa con Gardner riprese nel 1987 e questa volta fu l’australiano ad avere la meglio. La Yamaha soffriva problemi di carburazione e la sua alternanza di rendimento fece perdere a Lawson la proverbiale costanza, ed anche il confronto “interno” con Mamola, che guidava la sua stessa moto, anche se con diversi colori, quelli del team di Kenny Roberts, deciso a riprendersi il mondiale, questa volta da team manager. Ma nel 1988 doveva andare in scena il terzo confronto con Gardner, sulla distanza dei 16 round, quattro in più dell’anno precedente. Un combattimento estenuante, a dispetto del vantaggio accumulato in avvio, risultato prezioso per poter gestire la situazione e portare a casa il terzo titolo in sei stagioni con la Yamaha. Ottimo risultato. Eppure Agostini era agitato, come se non lo trovasse la garanzia che era. Pensava e chi affiancargli, a chi puntare per il futuro, quando Eddie ribadiva sincero la sua convinzione di avere davanti ancora più di una stagione da numero uno; e pretendeva di essere pagato come tale... Le trattative sull’ingaggio andarono troppo per le lunghe, e non si chiusero mai. Eddie scese dalla Yamaha e salì sulla Honda di Erv Kanemoto, americano come lui (nonostante le origini giapponesi), e perfettamente sintonizzato sulla sua lunghezza d’onda. Una ventata di aria fresca che riportò Lawson ai tempi delle prime gare da dilettante. Con quello spirito, ma tutt’altra organizzazione ed esperienza, affrontarono e vinsero quello che per Eddie fu il quarto titolo. A contenderglielo, Wayne Rainey, cresciuto in tempi record sulla Yamaha del Team Roberts, al punto di passare dal terzo posto nel Mondiale 1988, per lui il primo in 500, alla lotta per il numero uno. Una sfida decisa dall’esperienza ma anche dalle gomme, con le Dunlop in grado di dare a Rainey un vantaggio in qualche GP, ma con le Michelin a garanzia di un rendimento più stabile, specie nelle giornate più calde, quelle delle gare decisive, su tutte il GP Svezia del 13 agosto, finito con Rainey a terra e Lawson vincitore. Ma la gioia fu di breve durata. La volontà di finire la carriera insieme a Kanemoto si scontrò con l’incredibile scelta della Honda (e del suo sponsor) di fare a meno di lui. Scelta irrazionale più chiacchierata che motivata, come avviene per i divorzi ecla-

1990 tanti dello sport. Fu così che nel 1990, il campione e il pilota che gli aveva conteso il titolo si ritrovarono insieme. Lawson raggiunse Rainey nella squadra di Kenny Roberts, ritrovando la Yamaha e portando in dote le gomme Michelin… Tutti gli interrogativi di rito sulle insidie della convivenza tra i due trovarono risposta in tempi brevissimi. Neppure due gare, e la questione era risolta. In Giappone Eddie si ritrovò per terra quasi senza accorgersene, buttato giù da Doohan. Due settimane dopo, a Laguna Seca, la sua pista, un meccanico non fissò bene il perno che blocca le pinze dei freni. Eddie se ne accorse proprio nel punto meno indicato… il tratto in discesa che segue il rettilineo di partenza e arrivo. Lì, dove si arriva ad una velocità di oltre 200 all’ora e ci si prepara ad entrare nella successiva curva secca a sinistra con una violenta staccata, lui ha sentito la leva del freno andare a fondo corsa. A vuoto… «Il cuore mi è balzato in gola. Ho visto le balle di paglia e il muretto che c’era subito dietro venirmi incontro a grande velocità. Ho avuto paura. Ma non la possibilità di farmi prendere dal panico… Mi sono attaccato al cambio, ma il solo risultato è stato vedere la lancetta del contagiri uscire dal quadrante. Ho fatto tutta la pressione che potevo sul freno posteriore, ma la moto saltava e continuava a correre. Avrei voluto metterla di traverso, ma era troppo veloce perché potessi riuscirci». Le conseguenze furono meno drammatiche del racconto di quei terribili istanti…

Inspiegabilmente lasciato libero dalla Honda, nel 1990 Lawson entrò nella squadra di Roberts con Rainey e Kocinski (in 250). Un brutto infortunio condizionò la sua stagione e a fine anno Eddie passò alla Cagiva, la moto della sua ultima vittoria, nel 1992. Sul podio, insieme a lui e Claudio Castiglioni, c’è anche Agostini.

1991 A fine 1990 decise di abbracciare la sfida Cagiva, guidando la moto italiana alla prima vittoria

1992

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GP Legends Eddie LAWSON Con Giacomo Agostini, Lawson non ha mai avuto grande feeling, ma insieme hanno vinto tre titoli per la Yamaha e... un GP con la Cagiva. A destra Eddie con Carruthers, sotto, con Roberts e in basso insieme a Rossi.

Frattura pluriframmentaria del tallone destro. Per ridurla fu necessario un intervento chirurgico, prima di tornare in sella, quasi due mesi di convalescenza. Fu l’infortunio più grave della intera carriera di Lawson, che era solito cadere così poco da guadagnarsi a pieno titolo il soprannome di “steady”, letteralmente “che sta in piedi”, appellativo sicuramente più azzeccato di “floppy”, ciondolante, ma anche sgraziato, che gli venne affibbiato con poca gentilezza al suo arrivo in Europa da Nobby Clark, ai tempi tecnico del Team Agostini. Eddie rammentò di essere caduto nella stessa curva anche una decina d’anni prima, in sella ad una Kawasaki 500. E di avere fatto un sacco di danni. Ma solo alla moto…

Prima della 500 c’erano stati tre GP con la Kawasaki 250 nel 1981. Non riuscì a finirne nemmeno uno...

ALLA Kawasaki sono legati i ricordi dei più importanti successi americani, due titoli nazionali in Superbike nel 1981 e 1982, ma anche il debutto nel Mondiale GP, sempre nel 1981. Tre Gran Premi nella classe 250 di cui non rimane traccia, se non nei tempi delle prove. Tredicesimo in Germania, terzo a Monza, ottavo in Francia. Non finì nessuna delle tre gare e se qualcuno si accorse di lui allora, se lo tenne per sé. Decisamente il giovane Lawson a primo acchito non colpì, ma si sarebbe riscattato. In fondo aveva fatto lo stesso con i propri esordi balbettanti di bambino tutt’altro che prodigio. Aveva sette anni quando il padre saltò giù al volo dalla Yamaha 80 che stava imparando a guidare nel deserto californiano. Fatti un centinaio di metri a zig zag, il piccolo Eddie si trovò disteso per terra, bello impolverato. Prima di farsi le ossa negli ovali vicino a casa, ebbe il tempo di fare un paio di garette con la sua prima moto italiana, una Italjet 50. «Spalancare il gas con quella

Con la Kawasaki Lawson C ha ottenuto successi importanti. h Oltre ai due titoli AMA Superbike O anche una 100 Miglia di Daytona. a IIn alto è sul podio insieme a Toni Mang e Jimmy Filice. Sopra e a sinistra (tra Pietri S e Baldwin) versione “derivate di serie”. A destra la sua prima d apparizione al Mondiale GP. a

motina, ai tempi mi dava la stessa sensazione che avrei provato poi con una 500 da Gran Premio. Già allora l’avrei voluta più potente. Per tutta la vita ho avuto l’impressione che la potenza non fosse mai abbastanza». Il primo titolo per il giovane Lawson arrivò a 16 anni. Campione “novizi” con una Bultaco 250. Il 1978 fu il primo anno da professionista del dirt track e gli portò il titolo junior. Nel 1979 arrivarono i successi in pista con una Yamaha 250, che lo portarono ad imporsi come “rookie of the year” (debuttante dell’anno) e meritarsi la telefonata della Kawasaki, che gli offriva l’ingresso nel team ufficiale Superbike, al fianco di Dave Aldana. Al debutto nella più prestigiosa categoria del motociclismo USA, nel 1980, terminò secondo alle spalle di Wes Cooley, ma solo perché la Suzuki interpretò allegramente il regolamento, modificando completamente la sospensione posteriore che doveva invece essere di serie, e l’AMA non accolse il ricorso Kawasaki… Lawson si rifece l’anno successivo, e anche nel 1982, prima di prendere il volo diretto in Europa. Destinazione Mondiale 500.

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GP Legends Eddie LAWSON

di Mat Oxley

S

ERVE una decina di ore di auto, attraverso paesaggi lunari e il vecchio e malinconico Joshua Trees, per andare dalla casa di Wayne Rainey, immersa nel verde lussureggiante di Monterey, California, a quella di Eddie Lawson, circondata dal deserto dell’Arizona. Nel lungo viaggio verso l’orizzonte si ha abbastanza tempo per chiedersi - senza trovare una risposta soddisfacente - come sia possibile che un Paese (gli Stati Uniti) con rettilinei a perdita d’occhio, abbia potuto produrre tanti talenti straordinariamente bravi nel percorrere le curve. Arrivo a casa di Eddie Lawson alle nove di mattina in punto, così un istante dopo aver suonato il campanello mi chiedo se non sia troppo presto per presentarsi al cospetto di una delle leggende del motociclismo USA, ma di lì a poco si apre la porta e dietro c’è Eddie in persona. «Ti ho svegliato?» chiedo. «Beh, sì. Ieri sera sono uscito e ho fatto un po’ tardi, ma non c’è problema. Entra e accomodati: faccio una doccia veloce e sono da te». La sua casa è ampia e spaziosa: pelle bianca e un enorme tappeto la rendono degna di un re dell’hip-hop di Los Angeles. Ma Eddie è un personaggio decisamente più tranquillo e più “terra terra” di quanto invece il suo palmares di successi gli permetterebbe. La sua tenuta guarda il Lago Havasu e il deserto che lo circonda. Al piano inferiore ci sono due motoscafi, due jet-ski e una Porsche 911 del 1981, immacolata, che Eddie comprò quando era un giovane pilota della Kawasaki nel campionato americano Superbike. La sua collezione di moto è da un’altra parte: si trova nella casa di Upland, in California, il luogo dove Eddie è nato e cresciuto. Eddie Lawson oggi è un uomo rilassato e cordiale che diventa un ragazzo appena si mette a ricordare le vecchie storie delle gare passate. Allora si accende e si mette a raccontare animatamente. Durante le dieci stagioni in cui ha corso il Mondiale 500 Eddie si è fatto la nomea di persona glaciale, taci-

Dieci anni di GP e poi, dopo avere detto basta, ben tredici senza più presentarsi a una gara. Perché a casa ha tutti i “giocattoli” per divertirsi

turna e scorbutica: una specie di Clint Eastwood, insomma. E va detto che c’era una ragione, per questa fama. «Quando sono arrivato nei GP, nel 1983, la stampa era cattiva. Direi quasi brutale. I giornalisti scrivevano e io avevo un bel da impegnarmi per dire ai miei “ma no, non è andata così!”. Col senno di poi, se corressi oggi non avrei lo stesso atteggiamento di allora: all’epoca mi arrabbiavo moltissimo con loro, quindi loro si arrabbiavano molto con me, e la situazione continuava a peggiorare anno dopo anno. Alla fine decisi che non avrei più parlato ai giornalisti, che è la cosa peggiore che si possa fare. Loro mi odiavano e io non potevo sopportarli, pensai

che andasse bene così. Volevo concentrarmi solo sulle gare e pensavo che in fondo non avevo alcun bisogno di parlare con la stampa». LAWSON, che oggi ha quasi 53 anni, in quell’epoca si è senza dubbio concentrato su quello che gli interessava. Dopo avere vinto il campionato Superbike americano con la Kawasaki, nel 1981 e nel 1982, andò in Europa per imparare da Kenny Roberts come riuscire ad emergere nel mondo dei Gran Premi. E vinse il titolo con la Yamaha al secondo tentativo, nel 1984, poi di nuovo nel 1986 e nel 1988. Infine, vinse ancora nel 1989, questa volta in sella alla Honda uffi-

Eddie Lawson ai tempi del Mondiale e oggi, nella sua casa nei pressi del lago Havasu, nel deserto dell’Arizona. Ancora oggi dedica molto tempo ai motori.

ciale del team di Erv Kanemoto. Per realizzare simili imprese, non fece appello solo all’ambizione e al gusto della vittoria: «io amavo andare in moto, non vedevo l’ora di essere in pista. Dopo ogni gara non pensavo ad altro che a tornare a casa, in America, per mettere la mia moto da cross nel pick-up e andare a girare nel deserto: era il mio modo per divertirmi e rilassarmi». Questa gioia nell’andare in moto l’ha avvertita sin da quando aveva sette anni: «Quando ho guidato una moto per la prima volta impazzii di gioia; dicevo tra me e me: “Mio Dio, è la cosa più bella che ho mai fatto!”. Ad un certo punto i miei genitori devono

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No che non m mi annoio

«Non ho mai pensato di restare nel mondo dei GP. È stato divertente, correre, e mi è riuscito bene. Ma una volta smesso, perché rimanere? Per fare cosa poi?» GpLegends

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GP Legends Eddie LAWSON

aver quasi avuto voglia di sopprimermi, perché per una settimana intera non ho fatto altro che dire: “dai, andiamo a girare con la moto”; “quando andiamo a girare?”; “voglio girare, voglio andare in moto!”. I miei, quando non ce la facevano più mi dicevano: “basta, smettila, ti facciamo fuori!” Ma tutti i week-end erano costretti a portarmi in moto. E io ero pazzo di gioia». Sia il papà che il nonno di Eddie avevano gareggiato in moto, sapevano quindi che cosa provasse il ragazzino. Il nonno aveva avuto anche un discreto successo, come pilota, quando gareggiava con le Indian e le Harley in gare che si correvano in America dopo la Seconda Guerra Mondiale. Durante la sua carriera Eddie Lawson è diventato famoso per la sua guida superfluida, molto dolce, e la sua capacità di restare in piedi. «Cadevo poco, è vero, e il motivo è che io non sono mai riuscito a guidare sopra i miei limiti; era una questione di sicurezza. Piloti come Wayne (Rainey) e Kevin (Schwantz) erano sempre al limite e io li ammiravo perché se sei così coraggioso e puoi guidare in quel modo, e ti va bene, allora complimenti! Ma se io ero terzo e pensavo “non posso andare più veloce di così”, mi accontentavo di finire in terza posizione. C’erano gare dove riuscivo magari ad aumentare il mio ritmo anche di mezzo secondo al giro, senza impegnarmi in modo particolare, poi mi poteva capitare, nella gara successiva, di essere dietro a Kevin o Wayne e fare una grandissima fatica anche solo per non perdere terreno. Ancora adesso non so spiegarmi quanto fosse causato dalla moto e quanto invece dalla mentalità; ma di sicuro c’erano momenti in cui la testa mi rallentava. «Adesso, con i kart, appena vado in pista comincio piano, guardando tutto. Ecco, facevo così anche ai Gran Premi: non sono mai sceso in pista gettandomi a testa bassa e a gas spalancato. Infatti quando ho cominciato a correre mio padre e mio nonno si guardavano in faccia e dicevano “ah, non ce la farà mai...”. In effetti nelle mie prime gare ero sempre nelle ultime posizioni. Nemmeno io ero molto sicuro che sarei riuscito a farcela, ci ho messo un bel po’ prima di riuscire a prenderci la mano». Probabilmente sono state le prime esperienze a rendere Lawson così attento. «La mia prima moto aveva delle leve molto delicate e mio nonno continuava a dirmi: “guarda che se le rompi ancora una volta non ti porto più a girare”. Avevo sette anni ed

ero terrorizzato dall’idea che mio nonno, piuttosto di continuare a comprarmi le leve nuove tutte le settimane, smettesse di portarmi a girare. Quella frase me la disse per anni, quindi facevo di tutto per non cadere, e mi sono abituato a stare attento. Infatti all’inizio continuavo a ripetermi: stai attento, non puoi cadere!». Poi, negli ultimi anni, il suo stile di guida così fluido e preciso, e la sua capacità di arrivare in fondo, gli fecero guadagnare il soprannome di “Steady” Eddie. Certamente non era uno dei soprannomi più belli, considerando che uno dei suoi più acerrimi rivali era “Fast” Freddie Spencer... «C’era Fast Freddie davanti? Io lo passavo, quindi non me ne fregava niente dei soprannomi. Quando qualcuno mi diceva “dall’esterno sembri molto lento”, io lo prendevo come un complimento. Se sembravo lento e vincevo, chissà cosa sembravano gli altri...». L’APPROCCIO di Lawson, molto furbo e intelligente, fece in modo che la sua carriera durasse più a lungo di quelle di tutte le star della sua epoca. Il californiano, e i suoi leggendari rivali, hanno corso infatti in un periodo in cui le moto da Gran Premio scaraventavano in aria i piloti e provocavano danni fisici pesanti anche ai migliori. La sua attenzione a non esagerare, adesso lo fa essere in una forma molto migliore rispetto a quella della maggior parte dei suoi ex colleghi. In più, adesso Eddie cammina decisamente meglio, dopo un intervento a cui si è sottoposto per applicare del titanio ad un’anca. Non è stato però a causa di problemi fisici che ha lasciato i Gran Premi alla fine del

1992: «Non sopportavo più di viaggiare così tanto: nell’ultimo anno, quando ero a casa e pensavo che avrei dovuto organizzarmi per andare in Europa, non trovavo la forza di alzarmi dalla sedia. Ad un certo punto dissi al mio manager, Gary Howard (capo dalla International Racers Incorporated e manager di Lawson, Roberts, Rainey, Kocinski e oggi di Nicky Hayden) “non ce la faccio più, sono fuso!”. Lui mi chiese se poteva fare qualcosa per darmi una mano, per facilitare la situazione, io gli risposi che non ne potevo

più di viaggiare: per andare all’aeroporto di Los Angeles impiegavo tre ore di auto, sempre in mezzo al traffico, poi avevo un’ora di trafile burocratiche. È stato quello a consumarmi. Quando sei giovane viaggiare è bellissimo, ma dopo dieci anni in cui ti sobbarchi cinquanta voli intercontinentali per stagione, puoi averne abbastanza. Come successe a me». Eddie Lawson è uno dei piloti che una volta lasciato il mondo delle corse si sono completamente allontanati dall’ambiente. «Onestamente, devo dire che non ho mai pensato di rimanerci. È stato divertente esserci, ma ad un certo punto mi sono detto: “questa cosa l’ho fatta e mi è riuscita bene, adesso sono a posto”. Perché restare? Per fare cosa, poi?». Non è molto attento nemmeno ai ricordi. Della stanza dei trofei si occupa più che altro Julie, la sua giovane fidanzata, e dopo aver abbandonato i GP Eddie ha lasciato passare addirittura tredici anni, prima di tornare ad assistere a una gara iridata. «Non mi annoio per niente, vivo bene anche senza le corse. Faccio un sacco di casino: mi diverto con barche e jet ski, guido moto da fuoristrada. Sembra che una giornata non abbia mai abbastanza ore: costruisco un kart, metto a posto una moto vecchia, oppure vado a girare nel deserto con i

quad all’alba o al tramonto. Sono sempre impegnato». Per non farsi mancare nulla, ha anche una Yamaha R1 e una FJR 1300 che usa in strada. Eddie Lawson può permettersi una vita (meritatamente) agiata perché oltre al suo approccio intelligente alle corse aveva anche un altrettanto intelligente approccio al denaro. Quando era pilota viveva sempre nel suo vecchio motor-home, mentre molti dei suoi rivali spendevano cifre elevate per i loro “palazzi” su quattro ruote. «Quelli dell’International Racers mi dissero, una volta: puoi avere un motor-home da un milione di dollari, oppure ti potrai comprare un milione di pezzi di terra, il che potrà essere molto utile quando invecchierai (dice ridendo...). Ci pensai su e realizzai che avevano ragione, così comprai questa tenuta e altre tre proprietà, mentre altri spendevano i loro soldi comprando cose idiote. Io ho comprato la Porsche nel 1981, punto e basta. Oggi guido dei pick up e non può fregarmene di meno delle macchine». LAWSON si divide tra Lake Havasu e Upland, in California. Dopo aver lasciato i GP ha corso per sette stagioni con macchine della Formula Indy Light ed è ancora un discreto pilota con i kart spinti dal motore della Yamaha TZ 250. La sua passione per il kart lo ha aiutato a rinforzare la sua amicizia con Wayne Rainey, dopo l’incidente che pose fine alla carriera di Wayne nel 1993. Sono sempre stati amici, sin da bambini. «Quando appresi del suo incidente mi sentii male: mi vennero i conati di vomito, ero sconvolto. In quel periodo io e Wayne non eravamo in ottimi rapporti, praticamente non ci parlavamo da quando lo avevo battuto nella corsa al titolo del 1989; quella stagione, Wayne non la mandò proprio giù. Ma quando si fece male io capii che dovevo in qualche modo coinvolgerlo in qualcosa, per non farlo sentire solo». Così Eddie e il padre di Rainey, Sandy, costruirono un kart speciale per Wayne. Per farlo tornare in pista. Lawson e Rainey oggi guardano spesso le gare della MotoGP insieme e non mancano certo le critiche. «Quando eravamo in pista noi, se io restavo dietro di un decimo era la fine del mondo; adesso vedo gente prendere mezzo secondo al giro e la preoccupazione è cosa c’è per pranzo... Sono molto diversi da noi, i piloti di oggi».

Non è più un ragazzino, Lawson, ma anche passati i cinquant’anni i motori sono al centro della sua vita. Costruisce kart, gira in moto. In casa c’è una delle Yamaha portate al titolo, e ci sono parecchi trofei, perché ha vinto tanto.

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