UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK martedì 23 AGOSTO 2016 www.corrieredellosport.it
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Medicina Come dire addio a un tatuaggio
Canterbury Tra cultura, studio arte e spiritualità
Storia e politica Il Giappone sotto la lente
> A PAGINA III
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il punto
LORENA BIANCHETTI
Il boom del turismo italiano nell’estate 2016
O
ggi l’editoriale è dedicato a un tema che per noi italiani è motivo di grande orgoglio e di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo economico. La nostra penisola, infatti, per la capacità attrattiva originata dalla bellezza del suo territorio, da luoghi di rilevante interesse storico e artistico, da tradizioni culturali e da tante altre peculiarità, è da sempre meta di turisti stranieri che provengono da ogni parte del mondo. Quest’estate poi - per i timori legati al terrorismo che, per fortuna, ancora non ci ha colpito e, facendo i debiti scongiuri, speriamo mai ci colpisca - è caratterizzata da un maggiore flusso di turismo straniero e da una più elevata propensione di noi italiani a rimanere entro i nostri confini. Tutto ciò era stato preannunciato dal Centro studi di Federalberghi che, in un’analisi pubblicata il 18 giugno, aveva previsto tra giugno e settembre 54,9 milioni di presenze di cui 27,9 di turisti stranieri. La Germania era indicata come la principale fonte di flusso turistico verso il nostro Paese, seguita dagli Stati Uniti e dalla Francia; le mete preferite - in ordine di consenso - mare, laghi, montagna per i tedeschi, terme e città d’arte maggiori e minori per francesi, austriaci, inglesi e statunitensi, città d’affari e mare per i russi. Il Presidente di Federalberghi Bocca sottolineava che il valore aggiunto originato dal turismo era stimabile intorno all’11,8% del PIL, cioè circa 171 miliardi. Questo dato lascia intuire quanto sia importante il contributo che il turismo e il suo indotto possono dare alla ripresa - viste le potenzialità del territorio italiano - e quanto sia assurdo non sfruttarle adeguatamente; è necessario, quindi, che si prenda finalmente coscienza della necessità di migliorare - soprattutto nelle splendide regioni del sud - le infrastrutture attraverso investimenti mirati e di significativa entità.
il segreto della felicità > Positiva e ottimista la conduttrice tv spiega: «Ho realizzato il sogno che coltivavo da sempre»
Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano
> A PAGINA II
LA VIGNETTA
SEGUE A PAGINA III
calcio e ricerca
UnicusanoFondi e Signorini: quando la maglia significa tutto > A PAGINA VII Prodotto da “L’ Arte nel Cuore”, Testi di Andrea Giovalè, Disegni di Vincenzo Lomanto. www.fourenergyheroes.it
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II UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
cultura e università
impegno
carriera
è anche testimonial dell’Unhcr
Da 25 anni lavora alla Rai
La conduttrice romana è anche testimonial dell’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati insieme a nomi come Francesco Totti, Emma, Nek, Andrea Camilleri e J Ax.
Lorena Bianchetti è laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Roma La Sapienza, ed è giornalista pubblicista dal marzo 2005. Lavora alla Rai da 25 anni: debuttò in Piacere RaiUno.
bianchetti la mia forza è l’ottimismo «Fin da piccolissima ho coltivato i miei sogni» spiega la conduttrice: «Amo la vita e sono felice» per la semplicità, la genuinità, l’umana dolcezza che traspare dal suo sorriso. Perché sa raccontare l’attualità, il sociale, la spiritualità. Sbagliato però pensare che la conduttrice romana pensi solo al lavoro: «Ci sono anche i momenti di sana evasione» a cui non si può rinunciare. Qualche esempio? La musica «che è un’iniezione di buon umore». E il buon cibo: «Non dico no a un bel bucatino all’amatriciana». E poi gli incontri, le esplorazioni, le scoperte: «Amo la gente, amo parlare con tutti. Amo le persone. Sono molto curiosa».
«In Polonia ho incontrato giovani di tutto il mondo: dobbiamo dare più fiducia ai ragazzi» «Scusami se parlo a voce bassa ma sono in treno». Da Lecce a Lignano Sabbiadoro, da Jesolo a Siracusa passando per Padova. L’estate di Lorena Bianchetti è stata ricca di viaggi e spostamenti, di impegni in tv (con “A sua immagine”, il sabato in giro alla scoperta delle bellezze delle diocesi di Italia) e nelle piazze del Paese con “Festival Show”. Anche se la tappa più importante, a luglio, è stata a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù. «Non ho mai amato stare a guardare i treni che passano ho sempre preferito starci sopra e rischiare… solo così i sogni possono diventare realtà» ha scritto qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook. E i suoi sogni Lorena li ha realizzati davvero ma c’è voluta «costanza, tenacia, impegno e umiltà». Oggi è uno dei volti più amati della tv: piace
La conduttrice tv Lorena Bianchetti
Ti alterni con Adriana Volpe alla conduzione di Festival Show 2016, il festival itinerante dell’estate italiana che porta sul palco i big della musica accompagnati dall’orchestra e dal corpo di ballo. «Sono molto contenta di aver fatto questa esperienza. Amo la musica. Non c’è modo migliore per festeggiare l’estate se non in musica, ai concerti. Festival Show è una vera e propria festa. Un’iniezione di buonumore. Sono felice poi di essere tornata ai miei
esordi: all’inizio della mia carriera ho condotto molti spettacoli musicali. E poi la musica deve essere presente sempre nella nostra vita. Specie d’estate. È bello avere una colonna sonora dei nostri ricordi e delle nostre gioie. La musica ci regala spensieratezze e allegria e fa molto bene. Credo che nel periodo storico in cui viviamo faccia bene a tutti: anche al nostro Paese». C’è bisogno di leggerezza? «Di un po’ di sana evasione. Io ho cercato sempre nella vita di alternare momenti di approfondimento a momenti di intrattenimento. Nella vita privata come in quella professionale. Questa non è una contraddizione. Questa è la vita. Nella vita è importante fermarsi a riflettere ma è altrettanto importante ogni tanto “cambiare stanza”. Evadere. Certo in modo sano. Nel nostro “percorso” di vita non esiste un binario unico: bisogna fare tante strade. Il mondo è un mosaico di tanti tasselli». Dopo aver fatto tappa in otto città d’Italia, Festival Show si concluderà il 13 settembre all’Arena di Verona. Come ti stai preparando? «Ascolto i pezzi. Ci sono brani orecchiabili, freschi ma nello stesso tempo ricchi di contenuti. è bello poi confrontarsi con le nuove generazioni. A Cracovia ho avuto l’occasione di conoscere da vicino l’entusiasmo dei giovani. In Polonia ho incontrato giovani di tutto il mondo. Mi sono resa conto che c’è una profondità in questi ragazzi maggiore di quanto si pensi. Spesso i giovani vengono etichettati come superficiali. Pensiamo che siano solo amanti dei social network e delle relazioni liquide, li immaginiamo distanti dalla realtà. Non è così. Molti di loro hanno idee chiare e il desiderio di costruire una vita solida. Forse dovremmo imparare a dargli fiducia: dare loro più possibilità. Il Paese dovrebbe valorizzare i loro talenti e capacità. Evitare la cosiddetta fuga dei cervelli».
«La musica ci regala allegria e spensieratezza: d’estate serve un po’ di sana evasione» Tv ed eventi extra. Faticoso? Come gestisci lo stress? «Quando fai qualcosa che ami passa tutto. La fatica si sente di meno. Amo così tanto il mio lavoro che gli spostamenti – in treno e non solo non mi pesano. Questo lavoro sa darti una grande adrenalina». Il pubblico ti segue da anni. Sei da 25 anni in Rai. Un bilancio? «Guardando indietro rifarei tutto. Ho amato profondamente ogni esperienza che ho fatto. Se mi guardo indietro avverto però anche tanta fatica e spirito di sacrificio. Ma è fondamentale per costruire i propri sogni. La mia fortuna? Fin da piccolissima ho coltivato i miei sogni. Ho sempre lottato e mi sono sempre im-
università niccolò cusano
Alla Cusano il tutoraggio è ad hoc per ogni facoltà Nei numeri scorsi abbiamo seguito un vero e proprio percorso “guidato” nel tutoraggio che l’Università Niccolò Cusano offre ai propri studenti con l’intento di arginare l’abbandono universitario e orientare chi sceglie l’Ateneo romano nel primo anno accademico. Un servizio fondamentale, che è alla base dell’ottima percentuale di laureati della Cusano, che propone un tutoraggio capillare, personalizzato e accessibile senza alcun tipo di limitazione. Un servizio che, per come è articolato, rappresenta un unicum nel panorama accademico nazionale. Qui ripercorriamo con alcuni interventi significativi le testimonianze dei tutor, che spiegano – divisi per corsi di laurea – come si possono affrontare le situazioni che si presentano più frequentemente a una matricola e delle quali un giovane studente con poca esperienza rischia di restare vittima.
Valentina Ardito tutor disciplinare della facoltà di Scienze Politiche
Valentina Pelliccetti tutor disciplinare per la facoltà di Scienze della formazione
«La prima funzione cui assolvono i tutor didattici è di mettersi immediatamente in contatto con lo studente che si è appena iscritto per favorire il primo approccio che è quello rappresentato dall’Orientamento base (IOB) che si tiene di persona o in videoconferenza». Fabrizio Russo tutor disciplinare per la facoltà di Giurisprudenza
«Il mio consiglio può sembrare banale ma riguarda lo stato emotivo degli studenti. Io ripeto loro di esercitarsi a dominare l’ansia, perché un ragazzo preparato non può inficiare il risultato finale del suo sforzo a causa della pressione che sente o dell’emozione che lo manda in confusione».
martedì 23 AGOSTO 2016
«I piani di studi vengono stilati e concordati insieme, ci preoccupiamo anche di capire quali sono i punti forti e i punti deboli nella preparazione dei ragazzi e scegliamo di conseguenza l’esame più idoneo con cui iniziare il percorso».
Matteo Paolucci tutor disciplinare per la facoltà di Economia
«Collegati in videoconferenza, gli studenti hanno modo di parlare tra loro, interagire col professore e mettere in evidenza i passaggi più ostici dell’esame, quelli compresi meno e quelli più chiari».
Fabio Felici tutor disciplinare per la facoltà di Ingegneria
«Gli strumenti che mettiamo a disposizione sono usati e l’utilizzo che se ne fa azzera quasi totalmente la differenza tra chi segue in presenza e chi avvalendosi di un supporto tecnologico».
Michele Rella tutor disciplinare per la facoltà di Giurisprudenza
Gli “angeli custodi” degli studenti si presentano: un percorso unico in Italia
«Io invito i miei studenti a studiare sempre con il codice a portata di mano. Saperlo consultare, tempestivamente e con perizia, fa una grande differenza e pone le basi per una carriera importante. Il codice è lo strumento principale per uno studente di Giurisprudenza».
pegnata per realizzarli. Per riuscire bisogna saper essere testardi ma nello stesso tempo coltivare elementi fondamentali come la correttezza e l’umiltà. Le scorciatoie non aiutano. Magari si arriva sì, ma si cade subito dopo. Ai più giovani che vogliono fare il mio stesso lavoro mi piace dare questo consiglio: è possibile, si può fare ma ci vuole veramente tanto impegno e tanta voglia di studiare. Io ho 42 anni e tutti i giorni studio. Non lo nego. Bisogna sempre essere aggiornati». Una quarantenne in splendida forma. Fai sport, segui una dieta? «Non faccio diete, certo sto attenta: non esagero a tavola. Se oggi mangio un bel bucatino all’amatriciana so già
Eleonora Tribioli tutor disciplinare per la facoltà di Psicologia
«Bisogna ricondurre il proprio iscritto su binari di logica e razionalità, anche per quel che riguarda le tappe di un percorso che lo condurranno al conseguimento della laurea». Simona Bultrini tutor disciplinare per la facoltà di Ingegneria
«La collaborazione tra noi e i professori non fa altro che accrescere il benessere accademico dei nostri studenti» Leslie Fadlon tutor disciplinare per la facoltà di Economia
«Noi tutor accorciamo la distanza che separa lo studente dal discente, avviciniamo i due mondi fino a farli conoscere e, in un secondo momento, coesistere. Diamo loro il consiglio giusto al momento giusto e li rassicuriamo quando hanno incertezze o perplessità».
che non lo farò anche domani. Ma cerco di non privarmi di niente. Non voglio intristirmi e essere schiava di bilance. Voglio essere libera, lontana da quei canoni che ti costringono a non essere quella che sei». Che sport segui? «Ho seguito le Olimpiadi e amo il calcio. Per me è un gioco seguirlo, non ho fissazioni. Amo il nuoto sincronizzato. Se avessi dovuto decidere di fare uno sport in modo professionale lo avrei scelto senza alcun dubbio. Non è solo sport. È molto di più. È arte insieme allo sport». Sembri davvero molto serena, qual è il tuo segreto? «La verità è che amo la vita per questo sto bene». © Copyright Università Niccolò Cusano
Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@ unicusano.it
martedì 23 agosto 2016
ricerca e cultura
in italia
il caso
Un quarto di chi lo fa ci ripensa
Se il campione va in un’altra squadra?
Il 57% di chi ha un tatuaggio ha pensato di toglierlo e di questi il 25% lo ha fatto. Lo dice un’analisi della Quanta System Observatory su circa 2.000 italiani di età compresa tra i 18 e i 60 anni.
Nei giorni scorsi ha fatto scalpore il caso di un tifoso napoletano che si era tatuato la rovesciata di Higuain contro il Frosinone. Il passaggio choc del Pipita alla Juventus gli ha imposto un trattamento di rimozione.
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
quel tatuaggio che non piace più L’esercito dei “pentiti” è in crescita: ecco cosa può fare la dermatologia per rimuovere l’inchiostro dal corpo Il dottor Pinto del Centro laser Pintomedical ha parlato a Radio Cusano Campus
te, come spiega ai microfoni di Radio Cusano Campus (89.100 a Roma e nel Lazio) Filippo Pinto, dermatologo e responsabile del centro laser dermatologico Pintomedical di Roma, intervenuto ai microfoni della trasmissione “Genetica Oggi”.
Le iniziali del partner, il calciatore simbolo della propria squadra, i versi di una canzone che ci piace in un certo periodo della nostra vita. Tutto passa purtroppo: i grandi amori possono diventare ex, il nostro campione può cambiare casacca e il brano che adoravamo può stufarci o non rappresentarci più. Il guaio più grosso, però, è quando abbiamo deciso di imprimerlo sulla nostra pelle per la vita. Come si cancellano, dunque, i tatuaggi? La statistica dice che i pentiti del “tattoo” sono in netta crescita: la moda di tatuarsi ha inevitabilmente fatto crescere anche il numero di chi vorrebbe tornare indietro. Per fortuna, la dermatologia ha fatto passi da gigan-
È vero che i tatuaggi colorati sono più difficili da rimuovere? «Sono particolarmente difficili l’azzurro e il celeste e alcune tonalità di verde. Per gli altri colori invece ci sono meno problemi, grazie al laser a picosecondi». Ci spiega come funziona? «Sostituisce di fatto il laser a nanosecondi: l’impulso è talmente breve, nell’ordine di miliardesimi di secondi, a cui corrisponde una potenza superiore che riesce a frammentare il colore in particel-
l’analisi
Le opportunità di ripresa grazie al turismo SEGUE DA PAGINA I
Il XX Rapporto sul turismo italiano, elaborato da IrissCnr nel mese di luglio metteva in evidenza un aumento del 32,2% in 10 anni del mercato internazionale e una ripresa del mercato interno pari all’1,8% nel 2015. In sintesi, l’Istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del Cnr, ha messo in risalto il ruolo trainante che il settore turistico ha nell’economia italiana; siamo al terzo posto in Europa dopo Francia e Spagna ma possiamo superarle e magari nel 2016 potremmo farcela, almeno per quanto riguarda la Francia, soprattutto e purtroppo per la paura generata dai noti eventi terroristici. Il 6 agosto Federalberghi ha diffuso dati ancora più brillanti delle già rosee previsioni: 33,3 milioni di italiani in vacanza, pari al 55% della
popolazione con un + 9,4% rispetto all’anno precedente e un giro d’affari pari a 21,5 miliardi contro i 18,3 dell’anno precedente. Aumenta anche il numero medio delle notti (11 rispetto alle 8 del 2015), la spesa media (da 786 a 869 euro), la propensione degli italiani a restare in Italia (74,5% pari a quasi 25 milioni, mentre il restante 25,5% si è rivolto verso l’estero). Nella maggior parte dei casi, circa per il 70%, la preferenza è per il mare, il 7,7% per le città d’arte, il 6,7% per la montagna, il 5,1% per i laghi, il 2,7% per luoghi termali e di benessere. Coloro che hanno indirizzato le proprie scelte verso l’estero hanno scelto prevalentemente capitali europee e mari tropicali; in netta diminuzione, per i diffusi e temuti rischi geopolitici, Egitto, Tunisia, Turchia e, in generale, tutti i luoghi ad essi esposti. Importante sot-
tolineare, inoltre, la distribuzione delle scelte in funzione delle possibili topologie di soggiorno: al primo posto le strutture alberghiere (27% rispetto al 24,5% del 2015), abitazioni di parenti e amici (22,9% rispetto al 21,7%), casa di proprietà (13,5% rispetto al 10,6%), villaggi turistici (12,1% rispetto al 7,6%), abitazioni in affitto (11,3% rispetto al 12,1%), residence (8,7% rispetto al 7,1%), campeggi (4,3% rispetto al 4,3%). Altre indagini condotte confermano ampiamente il trend favorevole del turismo in Italia e spingono ulteriormente a considerare con attenzione la già segnalata necessità di migliorare il livello qualitativo delle infrastrutture esistenti e di effettuare nuovi e rilevanti investimenti, soprattutto nelle zone del sud sempre più presenti nelle scelte di noi italiani e, soprattutto, dei turisti stra-
nieri. Vale la pena ricordare una indagine del Word Economic Forum che evidenzia, attraverso l’elaborazione di indici di competitività per i singoli Paesi, i nostri progressi che ci hanno consentito di portarci dal 23esimo posto del 2013 all’ottavo del 2015. Sembra un bel passo in avanti e lo è, ma bisogna fare molto di più per utilizzare proficuamente e in modo diversificato le potenzialità del nostro bel Paese; in Italia, infatti, si può scegliere tra turismo balneare, naturalistico e culturale, predisponendo, senza eccessivi sforzi, programmi di vacanze tendenti a combinare le tipologie descritte. Il turismo può essere per noi una vera e propria miniera d’oro e può rappresentare, insieme ad altri settori di attività legati alle peculiarità del nostro territorio - come ad esempio l’agricol-
tura – una fonte di creazione di valore aggiunto destinato a essere vitale per la ripresa; quest’anno col trend proiettato a superare le più ottimistiche previsioni, contribuirà a creare risorse aggiuntive che potrebbero attenuare il clamore destato dai dati del PIL del secondo trimestre e magari dar vita a un incremento, non prevedibile, nel terzo trimestre. Tutte ipotesi legate a previsioni che si stanno materializzando e che fanno maturare in modo sempre più prepotente l’imperativo d’obbligo per le istituzioni di investire in infrastrutture che possano valorizzare il nostro territorio, aumentandone in modo significativo la competitività a livello internazionale. Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano
le più piccole e pertanto più digeribili dal nostro sistema linfatico. È il frutto di una ingegneria estremamente avveniristica, che ci permette di avere risultati in tempi brevi, e con un minor numero di sedute. Si riduce anche il tempo tra le sedute, che può arrivare a due settimane che, però, da dermatologo sconsiglio per via dell’arrossamento della pelle». Rimangono delle cicatrici come in passato o no? «Devo dire che il risultato è del tutto soddisfacente, perché l’impulso del laser a picosecondi è così breve da non danneggiare il collagene, che è poi quello che determina la cicatrice. Il laser a picosecondi non altera il derma e il tessuto cutaneo. Nel tatuaggio non a colori, la rimozione ha una percentuale che supera il 95 per cento.
«I colori sono più duri da eliminare ma le percentuali di riuscita sono comunque alte» Ma anche per rosso, giallo e viola ci sono elevate percentuali di successo; celeste e alcuni tipi di verde, come detto, non sono purtroppo ancora a quel livello». è quindi importante la scelta dei colori in un tatuaggio, anche pensando a un eventuale pentimento futuro. «Sì ed è ancor più importante essere sicuri di darli in centri qualificati che utilizzano colori approvati. Capita ancora oggi che vengano usati utilizzati colori tossici con conseguenti reazioni allergiche». © Copyright Università Niccolò Cusano
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 23 agosto 2016
arte
i luoghi dell’arte e dello spirito - parte V
Monumento La storia della cittadina del Kent è fortemente legata a quella della sua cattedrale La guida L’Arcivescovo è il riferimento per il credo insieme al vigente re d’Inghilterra Quando si osserva Canterbury dall’alto, si nota soprattutto la cattedrale al centro della città: la corona di case che la circonda sembra conservare l’antica struttura urbanistica medioevale, con abitazioni ed edifici di dimensioni contenute, a contorno della cattedrale. La storia di Canterbury è in buona parte legata a quelle della sua cattedrale, da secoli sede dell’arcivescovo di Canterbury, figura ai vertici della chiesa anglicana, che formalmente ha per capo il re d’Inghilterra. L’arcivescovo di Canterbury è un punto di riferimento importante per tutti gli anglicani del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia, dal Sud Africa al Canada, una geografia politica che coincide in larga parte con l’ex Impero della corona britannica. Cristianesimo anglosassone e cattedrale di Canterbury si identificano, a partire dal giorno della Pentecoste del 597, quando Sant’ Agostino battezzò alla fede cristiana il re del Kent, di cui Canterbury è il capoluogo. Quest’evento rappresentò il primo riconoscimento ufficiale del cristianesimo in un regno anglo-sassone.
canterbury il vaticano della chiesa anglicana Una località ricca di fascino a circa 100 km da Londra dove religione e politica si sono spesso scontrate. E che ora è un hub universitario
Cultura e studio Il centro inglese ospita college e centri di alta formazione di fama un pellegrinaggio famoso, internazionale quello che partiva da varie parti dell’Inghilterra, ma soprattutto da Londra, che dista circa cento chilometri da Canterbury e che nei secoli portò tantissimi pellegrini in visita al mausoleo del santo. L’episodio della morte di Thomas Becket e la tradizione del pellegrinaggio hanno ispirato opere letterarie famose, come “Morte nella cattedrale” di Thomas S. Eliot e i celebri “Canterbury Tales” (I racconti di Canterbury) di Geoffrey Chaucer, scritti a partire dal 1386 in middle-english, nell’inglese del popolo e che contribuirono a dare una dignità letteraria a questa lingua, fino ad allora riservata solo al latino ed al francese. LA RIFORMA ANGLICANA.La fi-
gura di Thomas Becket, con relativo mausoleo nella cattedrale, e la pratica del pellegrinaggio furono assai ridimensionate con la riforma anglicana, con lo scisma promosso da Enrico VIII Tudor e sanzionato, nel luglio del 1533, dalla scomunica di Clemente VII, che segnò la nascita della chiesa anglicana, “cattolica, ma non romana, riformata ma non luterana”. Da allora Canterbury è la sede del Primate della Chiesa anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, punto di riferimento, come si diceva, di tutti gli anglicani del mondo, anche se le altre chiese sono assai indipendenti e seguono indirizzi diversi su questioni come l’omosessualità del clero, motivo di recenti ed aspri contrasti.
La cattedrale di Canterbury, eletta dall’Unesco Patrimonio dell’umanità
THOMAS BECKET. Un’altra fi-
gura prestigiosa della chiesa di Roma, un altro santo, Thomas Becket, legò il suo nome alla storia di Canterbury e della chiesa d’Inghilterra. Prima assai vicino alla corona, con incarichi che ne facevano la personalità di spicco del regno dopo il monarca; poi una volta diventato arcivescovo di Canterbury entrò in contrasto con il re Enrico II, soprattutto per le pretese di quest’ultimo di intromettersi in questioni che riguardavano le nomine del clero e la giurisdizione in cause che vedevano coinvolti religiosi. Dopo un periodo di esilio in Francia, Becket rientrò in Inghilterra riprendendo la sua funzione di arcivescovo
Thomas Becket La sua figura simboleggia la libertà del culto contro l’egemonia della monarchia
Un’altra caratteristica di Canterbury è quella di essere un centro universitario di fama internazionale, «la città che in Europa ha più studenti in relazione alla popolazione, che conta poco meno di 50 mila abitanti a fronte di una concentrazione universitaria che da ottobre a luglio raddoppia quasi il numero L’UNIVERSITÀ.
L’interno della cattedrale, primo grande esempio di architettura gotica britannica
a Canterbury. Tutto questo però avvenne in un clima di tensione con Enrico II, che fu all’origine dell’omicidio del vescovo, il 29 dicembre
1170, per mano di quattro cavalieri legati alla Corona. Thomas Becket fu santificato, divenendo un simbolo: un campione dei Sassoni con-
tro i Normanni e un difensore della libertà della Chiesa contro le pretese egemoniche della monarchia. L’episodio segnò la nascita di
Una raffigurazione di Thomas Becket
dei residenti». Così si esprime David McLellan, uno degli studiosi più noti del Regno Unito e dal 1966 uno dei docenti di spicco dell’ateneo del Kent, che in questi giorni mi ospita con il mio nipotino Imanol, nella sua casa di Ivy Lane, la cui parte più antica è del 1631, in una zona in cui ci sono abitazioni anche più antiche, che risalgono addirittura al 1485. David, convinto europeista, mi fa presente come il recente esito del referendum sulla Brexit abbia creato non poca preoccupazione negli ambienti universitari, per il venir meno di risorse e finanziamenti dall’Unione Europea e per il temuto ridimensionamento delle relazioni tra università inglesi ed europee. CENTRO CULTURALE. La vita-
lità del sistema universitario di Canterbury è ben rappresentata non solo dall’Università del Kent e dalla Canterbury Christ Church University, ma da almeno un’altra decina di centri universitari o di alta formazione, di cui si troverà l’elenco nella Canterbury Residents’ Guide 2016. Ci sono anche una serie di scuole di inglese per stranieri, come la Concorde International frequentata da Imanol, il mio nipotino di quasi 11 anni. Queste scuole fanno si che anche nei mesi estivi, quelli delle vacanze universitarie, la città sia piena di studenti di ogni nazionalità e ogni età. Il ruolo che una volta avevano i pellegrini ora lo hanno gli studenti, in una città dove le due forme dello spirito per eccellenza, la religione e la cultura, sono state sempre di casa. Enrico Ferri docente di Filosofia del diritto e Storia dei Paesi Islamici Università Niccolò Cusano
martedì 23 agosto 2016
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
Cultura
La doppia anima del giappone
Il prof. Porcasi della Cusano analizza l’universo nipponico Ecco la prima delle tre parti del suo approfondimento L’alternanza debolezza-forza ha caratterizzato le vicende politiche del Paese orientale Proponiamo la prima delle tre parti che compongono un’analisi dell’universo nipponico condotta dal professor Vincenzo Porcasi, che nel nostro ateneo è docente di Politica europea di vicinato e prossimità. Le altre parti saranno pubblicate sui prossimi due numeri di “Unicusano Focus – Sport & Ricerca”. Occorrerebbe Fellini per descrivere il gradimento del futuro imperatore Hirohito, durante la sua visita giovanile in Italia, e il non gradimento manifestato da Hitler suo futuro alleato, qualche anno dopo. Gli americani e i loro alleati nell’imporre nella rinuncia al titolo di “Figlio del cielo” a Hirohito, costituzionalmente definita, si assunsero la responsabilità dell’uso dell’arma atomica con i suoi effetti che potrebbero portare alla fine dell’umanità, ma temevano di perdere almeno un milione di sol-
Una rappresentanza dell’impero del Giappone a bordo della USS Missouri
dati qualora, non usandola, avessero dovuto conquistare il Giappone isola per isola, casa per casa, come accaduto a Iwo Jima. Eppure, l’Imperatore non avrebbe voluto la guerra; infatti, parlando con il suo primo ministro che gli prospettava e gli chiedeva il via libera per effettuare il proditorio attacco alle Hawaii – che avrebbe distrutto alcune numerose vecchie carrette del mare statunitensi, quasi una trappola – ebbe a dire che nel Grande Mare il vento consentiva a tutti di esistere.
Il lungo regno di Hirohito iniziò nel 1926 e terminò 63 anni più tardi con la sua morte vano gli effetti del centralismo democratico).
IL PROCESSO . Poi, il processo
di Manila, dove alla stregua di quello di Norimberga, gli Usa avrebbero voluto processare per poi impiccare lo stesso imperatore Hirohito, ma per fortuna vi fu la ferma opposizione di Stalin, di Mao e dello stesso Chiang Kai-shek, peraltro cognato di Mao Tse Tung. Cultura e civiltà anche giuridica non vogliono vendette ma azioni puntuali e refrattarie ad accuse generiche e non provabili come di recente avvenuto nel caso delle armi chimiche imputate a Saddam Hussein e probabilmente inesistenti. Certo, i giapponesi – ma non l’Imperatore Hirohito - nel-
Port Arthur, battaglia iniziale della guerra russo-giapponese
la Cina occupata non erano andati leggeri, ma l’imperatore della Cina non era stato messo al muro, anzi. Dopo la guerra emarginatosi ma proclamata la Repubblica Popolare Cinese e nata la Cina nazionalista di Taiwan, l’imperatore finì per essere anche deputato al Parlamento cinese. L’URSS. Stalin, nel luglio del
L’imperatore Hirohito, il 124esimo del Giappone
1945, con la sua Armata Rossa ormai libera da im-
pegni sul fronte occidentale, in pochi giorni si prese la grande isola di Sakhalin e altre minori, ma era azione di guerra, che rispondeva a Port Arthur e a Tsushima (è bene ricordare che l’ammiraglio comandante giapponese catturato il comandante russo ferito, gli rese visita e omaggio in ospedale), ben diversa dal toccare le strutture interne portanti del Giappone, continuando in ciò il percorso che lo
stesso aveva seguito in tutti i paesi islamici facenti parte dell’Urss. Infatti, nei suoi territori popolati dagli amici musulmani, le università islamiche hanno continuato a funzionare per formare gli Ulema, cioè i dottori della legge e i vari capi dei diversi paesi associati erano solamente divenuti segretari del partito comunista locale, e non sarebbero mai divenuti membri del Politburo (a quell’epoca così si chiama-
IL BUSHIDO. Nel paese in cui gli Avi, come i Lari e i Penati, ci guardano e ci giudicano nella nostra azione diuturna, come la musica di Puccini ha dimostrato prima nella Madama Butterfly e poi nella Turandot, il comportamento umano deve seguire un codice d’onore, il Bushido, che gli antichi romani praticavano; pensiamo solo a Catone uticense e alle lacrime di Caio Giulio Cesare sul cadavere di Pompeo Magno regalatogli dall’ennesimo Tolomeo fino al suicidio di Pilato nell’area dell’odierna Lucerna, nonché a quello assistito di Nerone, assistenza, peraltro, prevista dal “Bushido”.
Fine I parte Vincenzo Porcasi Docente di Politica europea di vicinato e di prossimità Università Niccolò Cusano
la storia oscura
Spagna, nell’estate del 1939 scoppiava la rivoluzione Marocco: 17 luglio 1939. Alcune guarnigioni comandate dal generale Francisco Franco, insorgono contro il potere centrale di Madrid, retto da un governo di forze di sinistra raggruppate in un Fronte Popolare: scoppia la guerra civile spagnola terminata quasi tre anni dopo, il primo aprile 1939. Dopo la conquista delle città di Madrid e Valencia da parte delle milizie nazionaliste, Franco “il generalissimo” sale al potere instaurando una dittatura che durerà fino alla sua morte: 20 novembre 1975. La guerra civile spagnola è stata analizzata e approfondita su Radio Cusano Campus, nel programma “La Storia Oscura”, curato e condotto da Fabio Camillacci. Intervistato sull’argomento, Giuliano Caroli, professore associato di Storia delle relazioni internazionali all’Università Niccolò Cusano, nell’inquadrare il periodo storico ha spiegato: «Siamo negli anni ’30 quindi son finite le illusioni degli anni ’20, della sicurezza collettiva; c’è stato il periodo di transizione nei primi anni ’30 dopo la grande crisi economica, c’è l’avvento di Hitler al potere in Germania e tutto cambia. Il sistema di Versailles e la Società delle Nazioni sono in crisi e poi non dimentichiamo che la guerra civile spagnola scoppia poche settimane dopo la fine della guerra italo-etiopica». IN SPAGNA. La guerra civile
spagnola fu il quarto conflitto armato combattuto sul suolo iberico in 140 anni di storia, cioè dall’inizio dell’800. Le questioni in gioco negli anni ’30 del XX secolo erano più
Il generale Francisco Franco, il Caudillo di Spagna
o meno le stesse delle guerre carliste combattute negli anni ‘30 e ‘70 del XIX secolo, della guerra peninsulare; cioè, il posto della Chiesa Cattolica Romana nella società e i rapporti tra la provincia centrale di Castiglia e le regioni periferiche economicamente più progredite della Catalogna e delle province basche, e i conseguenti rapporti tra le classi sociali: «La guerra civile spagnola -ha aggiunto il professor Caroli- scoppia per un insieme di vicende pregresse, soprattutto per questioni inerenti alla recente storia della Spagna. La vita politica infatti non era tranquilla nella penisola iberica; tutto comincia nel 1931 quando Alfonso XIII va in esilio e nasce la Repubblica spagnola, con un governo che all’inizio non era tanto ostaggio dei partiti di sinistra ma che da subito deve fronteggiare un arco molto ampio di opposizioni, sia a destra che a sinistra. Nell’esecutivo inoltre c’era un alto tasso di conflittualità interna. Quindi era un governo mol-
to debole che a un certo punto si ritrova a fronteggiare focolai di rivolta in diverse parti della Spagna, soprattutto nei piccoli centri, non nelle grandi città». IL CAUDILLO. Solo a guerra ci-
vile inoltrata Franco diventa il capo indiscusso della lotta al governo repubblicano. L’alzamiento del Caudillo, come detto, parte dal Marocco, passò poi in Spagna cominciando a unirsi agli altri rivoltosi. Franco prese il potere dopo la morte del generale Sanjurjo che era forse più ancora di Franco il capo della rivolta contro il governo repubblicano legittimo. A quel punto la situazione precipita, perché i fronti si radicalizzano e inizia la tragica guerra civile che portò devastazioni e distruzioni paragonabili a quelle che successivamente furono causate un po’ in tutta Europa e in altre parti del mondo dalla Seconda Guerra Mondiale. SCHIERAMENTI. Tante vittime
tra i civili e migliaia e migliaia di profughi. Senza dimenticare la persecuzione religiosa: c’era comunque un senso di vendetta da ambedue le parti che si mescolava anche a rivalità di natura quasi etnica, in realtà territoriale, regionale visto che la Spagna è un po’ un collage di tradizioni culturali e linguistiche: «Di fatto - ha precisato il professor Caroli - la guerra civile spagnola anticipò la seconda guerra mondiale anche a livello di schieramenti in campo. Con i nazionalisti di Franco si schierarono la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini, mentre i repubblicani furono appoggiati dall’Unione Sovietica di Stalin, dalla Francia (dove c’era un governo di sinistra) e in modo tiepido dalla Gran Bretagna (dove era al potere un governo conservatore). A livello di aiuti militari forniti, fu la Germania a impegnarsi di più fornendo aerei Junkers e altro; aiuti decisivi che consentirono a Franco di vincere la guerra civile e salire al potere. Dall’altra parte invece le cosiddette brigate internazionali potevano contare sui famosi 40 mila volontari italiani. Tutto questo nonostante l’istituzione del Comitato internazionale di non intervento, definito da più parti una sorta di Comitato da operetta. Infatti, tutte le nazioni a parole dicevano di non voler intervenire in Spagna e invece o alla luce del sole, o di nascosto intervenivano». C’è un aspetto in particolare che ha contribuito a creare il mito della guerra civile spagnola: il fatto che vi presero parte intellettuali antifascisti di tutto il mondo. © Copyright Università Niccolò Cusano
VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 23 agosto 2016
sport, industria e disabilità
conoscere se stessi attraverso lo sport
Mirco Cavalli ha scoperto l’autonomia grazie a Special Olympics e il prossimo anno rappresenterà l’Italia ai Mondiali Invernali Con altri 33 azzurri sarà in Austria nel marzo 2017 La sua specialità è lo sci nordico Mirco non parlava, questo è stato il primo campanello di allarme, la prima di una serie di difficoltà talmente grandi che, per essere superate, hanno richiesto molta determinazione e forza di volontà, il desiderio di vincerle. Il susseguirsi di visite mediche specialistiche alla ricerca della diagnosi mise a dura prova l’equilibrio e la serenità familiari, ma l’amore e l’unione della famiglia furono decisamente più forti. Dai due ai dieci anni, le difficoltà di Mirco hanno trascinato in un vortice di paure e incertezze, le stesse comuni a tanti altri genitori che, a un certo punto della loro vita, realizzano e fanno i conti con la disabilità intellettiva del proprio figlio. I genitori lottano, per primi, con tutte le forze, contro l’isolamento, la discriminazione, contro i retaggi culturali alimentati dall’ignoranza e che tanto ancora feriscono e lasciano il segno in una società non ancora pronta a includere tutte le persone per il solo fatto di essere venute al mondo, ognuna con la propria unicità. LA FAMIGLIA. Tanti
medici espressero il loro parere su Mirco nel tentativo di diagno-
de con facilità e immediatezza e a volte fa fatica a esprimersi in modo preciso, ma la capacità che ha sviluppato, quella di sentirsi comunque a suo agio in mezzo alla gente è una virtù che ha sviluppato anche grazie allo sport, oggi parte fondamentale della sua vita. L’INCONTRO CON LO SPORT. A 14
Mirco Cavalli, 23enne Atleta Special Olympics
sticare e dare un nome al problema. Da Bassano del Grappa a Padova e poi a Verona, dove gli viene diagnosticata un’incapacità legata alla parola ed alla comunicazione. Nonostante le comprensibili preoccupazioni e le angosce legate soprattutto al futuro, alla domanda: «Come è cambiata la vostra vita dopo la nascita di Mirco?» la risposta di Luciano e Daniela, i suoi genitori, oggi è pronta e non lascia spazio ai dubbi: Mirco è
una fonte inesauribile di gioia per la nostra famiglia, grazie all’enorme affetto che porta dentro di sé e che sa esprimere, nonostante le difficoltà di linguaggio, non solo verso di noi, ma anche all’esterno, alle tante persone che incontra. Si può dire che sia un portatore sano di felicità, soprattutto quando si trova in situazioni di convivialità, in gruppo. Mirco presenta una carenza nell’espressione verbale; non sempre compren-
anni, tramite amici del suo paese, Mirco entra in contatto per la prima volta con Special Olympics e inizia ad allenarsi con il Team Rari Nantes di Marostica. Nel 2010 fa la sua prima gara di sci in occasione dei Giochi Nazionali Invernali a Pinzolo, da lì non ha più smesso, maturando molteplici esperienze che lo hanno improvvisamente catapultato in nuovi ambienti, a contatto con persone mai conosciute prima, ma con la sua medesima passione per lo sport. Mirco si difende bene, anzi reagisce a questa nuova realtà come meglio non
potrebbe. Merito anche dei suoi genitori che hanno da subito intuito quanto Special Olympics potesse trasformare, migliorare la vita di Mirco e di conseguenza anche la loro: Special Olympics ha portato Mirco verso la maturità, fisica e psicologica. Il suo corpo è cambiato. Oggi è in grado di controllare e gestire la sua forza. Attraverso lo sport scarica molte tensioni, si pone un obiettivo, ascolta i consigli dei suoi istruttori, facendo tesoro di tutto il bagaglio tecnico, sociale e umano che essere un Atleta di Special Olympics comporta. Questi risultati non si limitano solo al momento sportivo, anzi hanno permeato tutta la sua quotidianità, familiare e lavorativa, suscitando l’ammirazione dei suoi compaesani e, di conseguenza, creando una maggiore autostima e consapevolezza delle proprie potenzialità. CONQUISTE. Oggi Mirco è un
giovane di 23 anni, prestante e di sana costituzione fisica. Sempre sorridente, mite, sensibile, volonteroso, dinamico e tenace. Ama lavorare all’aperto nei suoi orti e con i suoi animali. È legato al suo paese, Valstagna, in provincia di Vicenza, e alla sua gente ma ama anche muoversi, uscire e vivere nuove esperienze e nuove persone. Grazie a Special Olympics, Mirco ha scoperto il sentimento dell’amicizia, lo spirito di gruppo, rispetta le regole proprie della vita in comune; ha provato
L’attività fisica inclusione e solidarietà lo ha aiutato a crescere come uomo ancora prima che come Atleta l’esperienza del distacco dalla sua famiglia, dalla sua terra, maturando un desiderio di autonomia e mettendo continuamente alla prova la sua capacità di adattamento in circostanze nuove e difficilmente prevedibili. Lo sport lo ha aiutato a diventare uomo prima che Atleta, a rispettare l’avversario, a incoraggiare ed elogiare anche chi arriva dopo di lui. I benefici ottenuti grazie allo sport sono così evidenti che hanno fatto emergere la sua voglia di esserci e di mettercela tutta, sempre. Tra poco tempo non ci sarà occasione migliore per esprimerla. VERSO L’ AUSTRIA. Dal 14 al 25
marzo 2017 Mirco Cavalli volerà in Austria per rappresentare l’Italia ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics insieme ad altri 33 Atleti azzurri. La sua specialità sarà lo sci nordico. La famiglia è entusiasta per quel tanto che Mirco ha ricevuto dallo sport, E ringrazia il team Rari Nantes Marostica e Special Olympics Italia per questa ennesima grande opportunità di crescita. Come si dice, il bello deve ancora venire. e Mirco è pronto. © Copyright Università Niccolò Cusano
Raccontare la disabilità ai bambini Il primo numero del giornalino “Occhiolino” di Cbm Italia Onlus è uscito a luglio Raccontare il mondo della disabilità ai bambini con un giornalino che parli il loro linguaggio. Ma anche spiegare in modo semplice l’importanza della vista e le condizioni di vita delle persone ipovedenti nei Paesi del Sud del mondo attraverso storie, giochi, fumetti e curiosità. È quanto propone “Occhiolino”, il nuovo giornalino di Cbm Italia Onlus uscito a luglio con il suo primo numero.
GLI AUTORI. Testi e disegni sono a cura di scrittori e illustratori per l’infanzia, come Franca Trabacchi, Maria Vago e Filippo Brunello: “Occhiolino” è una novità nel pa-
norama della comunicazione e dell’informazione delle ong italiane. Nato del desiderio di coinvolgere e sensibilizzare i bambini sui valori universali della solidarietà, dell’inclusione, dell’apertura verso gli altri ma anche di far conoscere il mondo della disabilità. IL PROTAGONISTA. A prendere per mano i bambini è Cibì, il piccolo rinoceronte volontario sul campo che, attraverso i suoi viaggi nel Sud del mondo, fa conoscere il lavoro e i progetti di Cbm per le persone a rischio di disabilità. Eccolo allora accompagnare in ospedale un bambino ipovedente dell’Uganda, che tornerà a vedere grazie a un’operazione di cataratta; portare con la sua jeep medicine e kit di aiuto durante il terremoto in Nepal; fornire occhiali da vista e carrozzine nei villaggi più poveri del Sud America. © Copyright Università Niccolò Cusano
summer school unicusano
Cittadinanza e sicurezza: formazione ad Arpino Dal primo al 3 settembre, al Castello Ladislao di Arpino si terrà la seconda edizione della Scuola estiva promossa dall’Università Niccolò Cusano e dall’Università della Magna Graecia, con tema “Caratteristiche e limiti della categoria di cittadinanza”. I lavori saranno aperti dal professor Mauro Barberis, uno dei più noti filosofi del diritto italiani. Professore, la sua relazione ad Arpino verterà su “Cittadinanza e sicurezza”. Oggi, in tempi di terrorismo globale, si ritiene che occorra sacrificare alcuni dei nostri diritti di cittadini per ottenere maggiore sicurezza. Come va impostata la relazione cittadinanza-sicurezza? «Prima di tutto, distinguerei fra diritto individuale alla sicurezza e sicurezza come
bene collettivo. Entrambi sono interessi. Al diritto alla sicurezza, però, il sistema giuridico connette la possibilità di rivolgerci a un giudice, o alle forze di polizia, per ottenerne il soddisfacimento anche con la forza. Il secondo, invece – la sicurezza come bene collettivo – è solo un’astrazione statistica, misurabile in percentuali. Quante possibilità ha ognuno di noi di subire un attentato? Forse, quante quelle di essere colpiti da un fulmine. Il mio diritto alla sicurezza individuale, che Il professor Mauro Barberis è anche il nucleo dei miei diritti alla libertà personale, non lettivo: che le nostre vite non può essere sacrificato a un’a- siano turbate da attentati o strazione statistica». da crimini, che la salute o l’istruzione non sia tagliata. Il Questa sua prospettiva, diritto alla sicurezza uno ce però, potrebbe apparire a l’ha o non ce l’ha, il bene sicusua volta astratta. Come sa- rezza si possiede solo in magrebbe possibile garantire le giore o minore misura: la siposizioni individuali in con- curezza assoluta non c’è mai testi coinvolti da atti terrori- sino in fondo. Non abbiamo stici o da flussi migratori in- un diritto alla sicurezza tocontrollabili? tale, possiamo solo chiedere «Le posizioni individuali, pro- che il governo faccia il meglio tette da diritti, sono facili da che può. La retorica del begarantire: basta rivolgersi a un ne-sicurezza, usata dai govergiudice. Quello che è diffici- ni come dalle opposizioni, è le, e a volte impossibile da ga- appunto solo retorica: anche rantire, invece, è il bene col- il governo più efficiente è im-
potente contro fenomeni globali come il nuovo terrorismo o le migrazioni». Se il bene-sicurezza è solo un interesse, una legittima aspettativa dei cittadini, quando possono ritenersi soddisfatti e cosa possono fare per ottenerne il soddisfacimento? «C’è una grande insoddisfazione, ma alimentata artificialmente dai media: non solo la sicurezza reale è infinitamente maggiore della sicurezza percepita, ma anche le percentuali relative agli omicidi e ai crimini particolarmente odiosi, come il femminicidio, sono in calo e spesso riguardano violenze entro la coppia o uno stesso gruppo familiare. La risposta al segreto del soddisfacimento è proprio la cittadinanza: se ognuno esercitasse sino in fondo i propri doveri di cittadino, votando, avanzando proposte, partecipando alla vita dei quartieri, le percentuali di soddisfacimento del bene-sicurezza si alzerebbero. Ma la cittadinanza, specie politica, è in crisi. Se ne parla tanto, forse, proprio perché
SCUOLA ESTIVA SECONDA EDIZIONE ARPINO 1-3 settembre 2016
Foto: Pier Luigi Albery
Dall’1 al 3 settembre seconda edizione in collaborazione con l’Università della Magna Graecia
Il cittadino e lo straniero: prerogative e limiti della categoria di cittadinanza
Castello Ladislao, Fondazione Mastroianni, Sala delle conferenze segreteria organizzativa marianna.bove@unicusano.it
L’iniziativa è promossa dalle Facoltà di Giurisprudenza di
non c’è più, sostituita dalla finta partecipazione via Internet».
Con il patrocinio della
Città di Arpino
dinanza siano distribuiti entro un club esclusivo, difeso da mura simboliche o reali come quelle delle città stato, che escludevano gli stranieri, i barbari. Qual è la sua opinione? «La cittadinanza dà molti diritti, alcuni esclusivi al punto da apparire come dei privilegi. Le città stato greche erano gelose della cittadinanza, invece i grandi imperi (Roma, gli Stati Uniti) la concedevano a tutti, per espandersi. Insisto sulla differenza fra diritti e beni. Se un terrorista mi aggredisce, o se un immigrato si accampa nel mio giardino, ho diritto di ricorrere alla forza pubblica. Ma non ho diritto ai respingimenti in mare o a pattugliare armato le strade: deve garantirmi lo Stato. E può farlo tanto meglio se io esercito i miei diritti di cittadinanza, e non mi limito a diffondere i miei mugolii su Facebook».
Ritiene adeguata la categoria giuridico-politica di cittadinanza nazionale, in un Minore partecipazione dei mondo dove i soggetti sociacittadini, dunque, ma sem- li, umani e politici si muovobra pure che i diritti di citta- no e interagiscono su piani
Durante la tre giorni il professor Barberis filosofo del Diritto terrà una relazione sul delicato tema globali? «No, non la ritengo adeguata. Ha senso solo finché parliamo di cittadinanze parziali, italiana, inglese. Già la cittadinanza europea, aggiungendosi a quelle nazionali, rischierebbe di servire a poco, se non fosse per i giudici di Lussemburgo. Una cittadinanza cosmopolitica, data a ogni persona in quanto tale, sarebbe una contraddizione in termini: un cittadino del mondo non è più cittadino di niente. Dunque, occorre estendere le cittadinanze nazionali ed europea a chi lavora e paga le tasse, e tutelare i diritti umani degli apolidi di fatto, mai tutelati dai loro Stati di provenienza. E chissà che non siano proprio i nuovi cittadini, che conoscono il valore della cittadinanza, a riscattarla dalla sua crisi attuale». © Copyright Università Niccolò Cusano
MARTedì 23 agosto 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
la cusano E LA LEGA PRO
L’importanza di una maglia
Andrea Signorini, figlio del “grande“ Gianluca, nella squadra della ricerca scientifica: «Sono orgoglioso di essere qui» «Un club legato a un’università è un’idea innovativa nel panorama sportivo italiano»
«Sono orgoglioso di mio padre e di ciò che ha lasciato nel cuore della gente»
Portare il cognome di un genitore celebre, con una storia indimenticabile, può essere un peso per alcuni figli, quasi una zavorra. C’è chi invece riesce a trasformarlo in un’opportunità, quasi ne derivi una forza magica. Andrea Signorini, ultimo arrivo in ordine di tempo per l’UnicusanoFondi, lo vive quasi come un onore: la sua maglia non ha solo lo stesso cognome di papà Gianluca ma – sfruttando l’opportunità della numerazione fissa che quest’anno i club di Lega Pro hanno - ora ha anche lo stesso numero, visto che il ruolo in campo era già lo stesso, difensore.
Hai avuto tempo di prendere confidenza con il progetto del club che lega il calcio alla ricerca scientifica? «Certamente. Trovo che sia un’idea innovativa, ancora prima che condivisibile. Si discosta dalle società di calcio classiche che hanno un imprenditore alle spalle: qui c’è un apparato legato a una università. Il loro progetto sportivo è ambizioso, con un grande desiderio di non restare in questa categoria: hanno tanta voglia di calcio». Quali sono le tue prime impressioni sull’impianto tattico del mister? «Ogni tecnico ha la propria visione di calcio. A prescindere da quale essa sia, la cosa più intelligente da fare è comprenderla al meglio, farla propria e applicarla. E mi sembra che il gruppo ce la stia mettendo tutta per far sì che questo accada il prima possibile».
Andre, come sei arrivato alla scelta di Fondi? «Fino a pochi giorni fa avevo ancora un anno di contratto con il Rimini, e ho atteso l’evolversi del fallimento, perché le possibilità di iscrizione al campionato del club erano ancora in piedi. Una volta appurato che non avrei più potuto giocare per loro, con il mio procuratore mi sono guardato intorno. Il progetto dell’UnicusanoFondi mi è parso subito ambizioso ed è stato semplice trovare un accordo per due stagioni». Quali sono le potenzialità di questa squadra? «Ha una bella rosa, con tanti giocatori esperti che conoscono molto bene la categoria. Siamo alle prime battute, tanti di noi sono appena arrivati quindi è davvero prematuro parlare di obiettivi. Per il momento, pensiamo alla partita di domani contro il Taranto, che è un avversario duro. Con il tempo capiremo meglio il nostro valore e le nostre opportunità». Il vostro girone in campionato ha un’alta competitività, che nasce soprattutto dalle grandi tradizioni dei
Andrea Signorini, difensore classe 1990 arrivato all’UnicusanoFondi dal fallimento del Rimini
club che lo compongono, spesso accompagnati da tifoserie da Serie A. «Io sono un convinto sostenitore che giocare in grandi stadi e davanti a un pubblico caldo, anche se avversario, sia uno stimolo puro. Ti aiuta a sentirti davvero un calciatore». Pronti via: appena sei arrivato, subito in campo in Coppa Italia contro il Melfi.
«Questa estate mi sono allenato da solo per essere pronto per la stagione. Poi l’arrivo a Fondi, solo pochi giorni prima della gara, e ho fatto un solo allenamento con la squadra. Il mister mi ha detto che mi avrebbe fatto giocare subito, ma per 50-55 minuti, perché giustamente non ne avevo di più nelle gambe. Dal punto di vista del gruppo, è stata una partita maledetta. Abbiamo sbagliato decine di
palle-gol e siamo stati puniti nelle uniche concesse. La sconfitta deve farci crescere. Il Melfi è una squadra molto giovane, con qualche calciatore di esperienza che può dare qualcosa in più. Questa linea-verde li aiuta sotto il profilo atletico, e formazioni del genere possono sempre metterti in difficoltà sotto il profilo della corsa. Non dovremo sottovalutarli nel doppio scontro in campionato».
La tifoseria rossoblù allo stadio Domenico Purificato
UnicusanoFondi
Tutti allo stadio per sostenere l’UnicusanoFondi Al via la campagna abbonamenti: prezzi accessibili e pacchetti dedicati alle famiglie
Tuo padre fa parte della storia del calcio ed è la bandiera di una squadra gloriosa come il Genoa. La sua vicenda ha però il triste epilogo della malattia, quella Sla per la quale ti batti con la tua famiglia. «Sono orgoglioso di lui. Spesso penso che anche se non fossi stato suo figlio, avrei stimato incredibilmente Gianluca Signorini per tutto ciò che ha rappresentato, sportivamente e non, e cosa ha lasciato nel cuore delle persone. La sua malattia, quella di altri calciatori conosciuti e amati, necessità di una continua sensibilizzazione, quindi io sono contento ogni volta che si riesce a ricordare mio padre. Attraverso la sua memoria si contribuisce a non dimenticare quanto è necessario fare per provare a combattere la Sla».
“Io C sono” è lo slogan, neanche tanto casuale, che l’UnicusanoFondi ha scelto per lanciare la propria campagna abbonamenti in vista della nuova stagione calcistica, quella del ritorno in Lega Pro (per il club) e dell’esordio assoluto tra i professionisti da parte dell’Ateneo. Una campagna già iniziata da qualche settimana e che sta raccogliendo importanti proseliti tra gli appassionati -anche dei centri vicini- della città fondana. Tanta è la voglia di vedere la propria squadra con alcune delle realtà storiche del nostro calcio, e che solo fino a qualche tempo calcavano i campi della massima serie. In tutto questo, c’è prima di tutto la soddisfazione per potersi confrontare su livelli decisamente alti, e anche il desiderio di essere, sul rettangolo di gioco, pronti a giocarsela alla pari. E la campagna attualmente in corso prevede anche formule decisamente convenienti a favore delle famiglie, secondo quelli che sono dettami e intenti della società.
© Copyright Università Niccolò Cusano
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Disabili gratis al Purificato L’UnicusanoFondi dimostra ancora una volta la sua sensibilità nei confronti della disabilità. Per tutta la stagione 2016-17, i tifosi con disabilità superiore al 75% avranno accesso gratuito alle gare casalinghe dei rossoblù.
ABBONAMENTI Curva Iacuele Tribuna laterale scoperta Tribuna centrale coperta Tribuna laterale coperta Socio sostenitore, posti riservati in tribuna centrale coperta
70 euro 100 euro 200 euro 150 euro 300 euro
Pensionati e persone con invalidità inferiore al 75% sconto del 50% Ragazzi da 10 anni (compiuti) fino a 17 anni sconto del 50% Ingresso gratuito Ragazzi fino a 10 anni (non ancora compiuti) e persone con invalidità oltre il 75%
PACCHETTO FAMIGLIA Il numero minimo per sottoscrivere l’abbonamento “Formula Famiglia” è di due persone. Al momento della sottoscrizione è obbligatorio fornire uno stato di famiglia e documento di riconoscimento per ciascun componente (se non si è in possesso della Unicusano Fondi Card) è indispensabile fornire due foto tessere per componente. Soluzione abbonamento applicate solo nei settori Curva, Tribuna Laterale Scoperta Family Gold - abbonamento marito, moglie e due figli Tribuna laterale 120 euro Curva 100 euro Family Silver - abbonamento padre/madre e figlio/figlia Tribuna laterale 100 euro Curva 80 euro Family Rossoblù - abbonamento padre e madre Tribuna laterale 70 euro Curva 50 euro