Unicusano Focus 28 Giugno

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UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma

ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL

I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK martedì 28 giugno 2016 www.corrieredellosport.it

Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano

UniCusano Referendum Fondamentalismo Come si cambia islamico: che cos’è? la Costituzione > A PAGINA IV

Special Olympics Da dipendenti a volontari l’azienda diventa etica > A PAGINA V

> A PAGINA VI

il punto

SPECIALE BREXIT

Un voto storico: origini e implicazioni

goodbye

I

l 23 giugno, data fatidica che ha sancito la volontà del popolo inglese di uscire dall’Unione Europea (51,9% contro 48,1%), verrà ricordato nella storia come un momento senza precedenti e di notevole rilevanza per l’evoluzione del processo d’integrazione europea. Alle ore 9.10 del giorno successivo, in un’intervista rilasciata a caldo nella trasmissione “Ecg Regione” di Radio Cusano Campus, avevo detto che non sarebbe stata la fine del mondo e, nonostante la terribile giornata, ho riaffermato il medesimo concetto nel pomeriggio in un’intervista successiva all’Agenzia Dire, dicendo che era stata una brutta giornata ma non la fine del mondo. Oggi ne sono ancora fermamente convinto, pur essendo consapevole delle difficoltà che si dovranno superare. Certo, ce la saremmo risparmiata e il Leave ha colto di sorpresa tutti, compresi i mercati finanziari che, nei giorni immediatamente precedenti, avevano decisamente mostrato di credere a un ormai quasi scontato Remain. Il panico si è scatenato per effetto dell’uscita e, soprattutto, per il fatto che nelle ultime ore si era affermata l’ipotesi del Remain; nel breve termine, probabilmente assisteremo a forti turbolenze e instabilità ma poi si ricomincerà a guardare ai dati macroeconomici che, seppure inferiori alle attese, a livello globale non sono tali da giustificare un impatto così negativo, come quello che venerdì scorso e anche ieri, in misura minore, si è manifestato. In generale, comunque, nessuno è in grado di fare delle previsioni precise, perché si tratta di uno scenario unico nel suo genere, che non si è mai verificato prima: per questo non possiamo sapere cosa succederà. Tra i motivi del no alla permanenza, un ruolo fondamentale è stato svolto dal malcontento che si è generato soprattutto nei ceti mediobassi e nelle zone più periferiche della Gran Bretagna, cioè di quelle che, più di altre, devono quotidianamente fare i conti con le delicate questioni dell’immigrazione, dell’occupazione e della sicurezza. Coloro che hanno optato per il Leave - in prevalenza i più anziani, visto che il 75% dei giovani ha votato il Remain - non hanno valutato, però – forse perché non hanno gli strumenti per comprendere le conseguenze politiche ed economiche della loro decisione - che in questo modo hanno danneggiato loro stessi, rappresentando le fasce di popolazione più esposte ai problemi che avrà il loro paese. Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano

europa > I docenti dell’Università Niccolò Cusano analizzano esiti, scenari e risvolti della vittoria del “Leave”

> A PAGINA III

LA VIGNETTA

il personaggio

Katia Serra: «Sport e ricerca la ricchezza del calcio» > A PAGINA II Prodotto da “L’ Arte nel Cuore”, Testi di Andrea Giovalè, Disegni di Vincenzo Lomanto. www.fourenergyheroes.it

SEGUE A PAGINA III


II UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 28 giugno 2016

ricerca E CULTURA

la carriera

il grande match

Nel palmares uno scudetto e tre coppe

Notti europee con un team di esperti

Katia Serra ha esordito in Serie A nel 1993-94 con il Lugo. Ha vinto uno scudetto (con Modena), tre Coppe Italia, una Supercoppa e una Italy Women’s Cup. Con la Lazio ha partecipato alla Champions nel 2002-03.

Tutte le sere su Rai1 “Il grande match” con Flavio Insinna. Insieme a lui una squadra di opinionisti composta da Arrigo Sacchi, Marco Tardelli, Federico Balzaretti, Katia Serra, Ivan Zazzaroni, Gianni Cerqueti e Marco Mazzocchi.

calcio, questione di mentalità Katia Serra, opinionista Rai: «Per molti uomini risulta ancora difficile accettare la competenza delle donne» Dal campo alla tv: «Dopo tanti anni trascorsi a giocare ho imparato a cogliere i dettagli» «Scusami se sono un fiume in piena». Una chiacchierata al telefono con Katia Serra si conclude così. Ma c’è poco da scusarsi quando una ex calciatrice della Nazionale, la prima donna ammessa al corso federale per direttore sportivo, oggi voce tecnica in Rai e commentatrice degli Europei parla con genuinità, passione e orgoglio «dell’amore più grande» della sua vita: il calcio. Uno sport che le ha regalato gioie e soddisfazioni e, che nonostante sia «ancora un ambiente fortemente maschile», è tutto il suo mondo: «Da piccola giocavo con mio fratello e i miei amici nel cortile sotto casa. Ho dei ricordi bellissimi. Era un gioco e oggi sono felice che sia diventato passione e poi lavoro». Katia Serra ha commentato la Tim Cup e i match di Lega Pro, passando per il calcio femminile: «Non è solo studio e preparazione. Sono molto spontanea: avendo gio-

cato per tanti anni e avendo vissuto il calcio è più facile raccontarlo. Ci vuole un occhio che sa ben cogliere le sfumature». Sei tra i protagonisti de “Il Grande Match”, il programma legato agli Europei condotto da Flavio Insinna su Rai1. Fai parte di una squadra di opinionisti ben assortita. Come vivi questa esperienza? «Mi gratifica. Per una calciofila incallita come me è il massimo lavorare a un evento così importante. Fare un’esperienza come questa era tra i miei obiettivi e una delle mie ambizioni: lo trovo appagante. Il gruppo di lavoro è straordinario: guardiamo tutti le partite insieme, le commentiamo e ci confrontiamo. Poi andiamo in onda: è un gruppo che funziona. Trascorriamo insieme molto tempo e così l’affiatamento migliora, un po’ come in una squadra di calcio: più passi insieme il tempo con i tuoi compagni e più cresce il rendimento». Direttore sportivo, commentatrice, opinionista. Parli di calcio con competenza e amore.

Il calcio è un ambiente fortemente maschile? «Ancora lo è. Se penso alla mia esperienza, so che è un caso singolare. Mi auguro, però, che ci sia un cambiamento generale. Io parto dal presupposto che se gli ambienti di lavoro sono misti, si lavora in modo più efficace ed efficiente. Ma parlo di tutti settori. Anche nel calcio, se il punto di vista è diverso, si Katia Serra durante “Il grande match” in onda tutte le sere su Rai1 fino alla finale di Euro 2016 possono approfondire le tematiche da angolazioni diverse. Oggi è poco piacevole sentire ancora frasi come “Anche se è una donna ne sa” o “Anche se è una donna ne capisce”. Dovrebbe cambiare cultura e mentalità. Trovo soprattutto che per molti uomini sia ancora difficile ammettere che una donna sia più brava in qualcosa». figlie, di assecondare la loro go limiti e sono pronta per Pro, l’UnicusanoFondi, la Sono tante le bambine che passione: devono aiutarle a qualsiasi prospettiva. Amo squadra della ricerca sciengiocano a calcio. Che consi- realizzare i loro sogni. Invi- le sfide e mi piace mettermi tifica italiana, è vicina al rigli dai alle piccole calciatri- tarle a indossare gli scarpini in gioco. Se dovessero arri- pescaggio. ci e alla loro famiglie? e a giocare, nella squadra, a vare altre proposte, le valu- «Sport e ricerca è un abbina«Alle bambine che vogliono scuola, con gli amici in cor- terò. L’esperienza televisiva, mento eccellente. Il calcio ha giocare a calcio suggerisco di tile. Non importa dove, basta certo, è cresciuta negli anni. bisogno di cultura e può esnon mollare, di crederci, di divertirsi. Non c’è nulla di più Sono in Rai da cinque anni sere veicolo di cultura. Inisognare e di divertirsi. Di non bello che avere una figlia rea- e ho l’ambizione di fare sem- ziative del genere vanno sostenute. Più aumenta la cofarsi influenzare dai pregiudi- lizzata, gratificata e serena». pre meglio». zi. Se è una pulsione che viene noscenza più il calcio verrà da dentro, nulla può impedi- Cosa c’è nel tuo futuro? Proprio su Rai Sport sei apprezzato nella sua totalire di esplodere. Ma va accom- «Mi piace la parte tecnica del commentatrice dei match tà. Sono scelte che arricchipagnata. Raccomando alle fa- calcio, in quale ruolo lo ve- di Lega Pro e di calcio fem- scono tutti». miglie di sostenere le proprie dremo presto. Non mi pon- minile. A proposito di Lega © Copyright Università Niccolò Cusano

Sull’iniziativa della Cusano: «Sport e ricerca è un binomio eccellente, arricchisce tutti»

L’ex calciatrice Katia Serra

«È la mia priorità. Sono nata con una grande passione per il calcio. Ricordo che da bambina non vedevo l’ora che arrivasse il lunedì per tenere banco a scuola: in classe commentavo i risultati della domenica calcistica.

Ricordo che i miei compagni mi ascoltavano e mi seguivano con interesse. Non immaginavo che una predisposizione diventasse un lavoro, e invece così è stato. Sono molto orgogliosa di esserci riuscita».

dermatologia

Angiomi e malformazioni, le cure meno invasive Il dottor Brunelli: «Beta-bloccanti e laser hanno una buona efficacia nei bambini» Le anomalie vascolari costituiscono un problema di grande rilevanza sul piano medico e sociale, in quanto si tratta di patologie invalidanti che si manifestano in età pediatrica, giovanile e adulta e possono comportare severe implicazioni emodinamiche, funzionali, ma anche estetiche e psicologiche. Le condizioni prin-

cipali sono due, gli angiomi e le malformazioni capillari piane, queste ultime impropriamente denominate angiomi piani. Ne ha parlato ai microfoni di Radio Cusano Campus, durante la diretta del programma “Genetica Oggi”, il dottor Davide Brunelli, dirigente medico della Divisione Dermatologia dell’Ospedale Bufalini di Cesena e referente scientifico di Syneron Candela. Dottor Brunelli, cosa sono gli angiomi e le malformazioni capillari piane? «Sono due condizioni abbastanza diffuse, in particolare gli angiomi, che si presenta-

no nel 5% dei nati a termine e nel 20% dei nati prematuri. Sono dei tumori benigni dovuti a una proliferazione di vasi capillari e quindi si manifestano come delle tumefazioni. Colpiscono prevalentemente il volto e si tratta di neoformazioni che possono creare disagi a livello psicologico, quando colpiscono il volto, e in alcuni casi anche a livello funzionale, quando colpiscono aree nobili come palpebre, occhi o naso. Le malformazioni capillari piane sono diverse: si tratta di una malformazione vera e propria dove i capillari rimangono dilatati per tutta la vita con delle chiaz-

ze che si manifestano prevalentemente al volto con un colorito rosso acceso. Ovviamente anche queste creano un problema psicologico». Come si possono trattare? «Nel caso degli angiomi sta facendo la differenza un beta-bloccante che viene somministrato in tutti quei casi nei quali sospettiamo che l’angioma possa diventare nocivo, per esempio quando l’angioma colpisce la palpebra e crea problemi alla visione. In tutti questi casi si può somministrare questo farmaco fin dai primi mesi di vita, ed è in grado di fare regredire la patologia. Per

le malformazioni capillari piane la prima linea di trattamento consiste nell’effettuare precocemente il trattamento con il laser, che ha una buona efficacia soprattutto nei primi anni di vita. Oggi le terapie laser sono molto meno invasive rispetto ai corrispondenti interventi chirurgici, provocano un dolore appena percettibile e non necessitano di degenze o sedazioni profonde se non nei pazienti più piccoli. A volte il laser si può utilizzare anche negli angiomi non guariti totalmente e che necessitano di un trattamento aggiuntivo». © Copyright Università Niccolò Cusano

Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@ unicusano.it


martedì 28 giugno 2016

unicusano: speciale brexit

UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

rischio effetto domino l’unione europea Ilnella geopolitica del caos di fronte a un bivio gli scenari

Dalle turbolenze dei mercati alle richieste degli altri Paesi: presto serviranno risposte

I risultati del referendum rinvigoriscono le posizioni degli euroscettici: l’UE deve reagire con prontezza

Pioniere dell’idea dell’Unione Europea è il politico e filosofo conte Richard Coudenhove-Kalergi (1894-1972) che già nel 1923 espone il suo programma nel Manifesto Paneuropa e fonda l’Unione Paneuropea, il primo movimento popolare che considera la possibilità di un’Europa unita. Si voleva contrapporre l’idea nazionalista e razzista della Germania di allora con l’idea di un’Europa eterogenea etnicamente ma basata su una cultura comune facendo riferimento a grandi pensatori tra i quali Mazzini. Kalergi propugna l’unione di tutti gli Stati europei, esclusi Russia e Inghilterra. Sarà successivamente Churchill a prendere la guida del Movimento e a inserire nel progetto l’Inghilterra. TRATTATO. La Comunità Eu-

Si prospettano opportunità di rafforzamento dell’immagine politica italiana SEGUE DA PAGINA I

Il voto del Regno Unito apre uno scenario pericoloso, perché gli euroscettici sono tanti e saranno rinvigoriti da questo risultato. Chi vota spesso non ha competenze e conoscenze tecniche per valutare e non si rende conto che qualsiasi Paese, tranne forse la Germania, avrebbe difficoltà senza l’esistenza di un’Unione Europea che però deve rivisitare la propria architettura e procedere a passi rapidi verso un effettivo processo d’integrazione. Inevitabile conseguenza del risultato è stato il fiorire di ipotesi e congetture sui temi più svariati e su aspetti per i quali è

assolutamente impensabile trovare già risposte e soluzioni. Fiumi d’inchiostro stanno scorrendo forse con un’eccessiva proliferazione di ripercussioni fantasiose e improbabili a livello globale e periferico. Una sola è la certezza: l’UE non sarà più la stessa e se vuol continuare a esistere non c’è tempo da perdere. Un brutto sogno? No, purtroppo una triste realtà per coloro che coltivano da anni la speranza di un’Unione Europea più integrata e incline a mettere da parte gli umani individualismi per la costruzione di un unicum coeso verso il bene comune. E allora deve cominciare una nuova era, in cui inevitabilmente sarà necessario intervenire e procedere tempestivamente, iniziando dall’applicazione dell’art.50 del Trattato, che però prevede una comunicazione ufficiale da parte dello Stato interessato e due anni di tempo – salvo ipotesi di

maggiore o minore velocità - per condurre a termine i negoziati volti a definire le modalità d’uscita. Sono iniziati incontri e febbrili consultazioni, soprattutto tra coloro che, nella nuova situazione, hanno maggiori responsabilità per trovare soluzioni convincenti: in sostanza, Germania, Francia e Italia. Nel processo di profonda rivisitazione che dovrà essere concepito - se veramente si è consci dell’importanza di rimanere uniti - particolare importanza rivestirà la capacità della Germania di abbandonare i suoi vetusti e anacronistici individualismi ed egoismi, per lasciar spazio a un atteggiamento più intelligente ed equilibrato. Gran parte della responsabilità è sulle spalle di questo Paese che indiscutibilmente deve rappresentare la punta di diamante dell’Unione Europea e assumere una reale leadership condivisa e gra-

dita agli altri membri. Per l’Italia, si prospettano opportunità interessanti in termini di rafforzamento della propria reputazione e immagine, a condizione che sappia assumere un ruolo di importante comprimario della Germania e sappia esercitare un peso che, almeno negli ultimi anni, non ha mai avuto. Nel frattempo la Gran Bretagna – che di fatto è sempre stata distaccata rispetto agli obiettivi comuni dei Paesi membri - sta già affrontando i primi problemi politici interni, in qualche caso imprevedibili. A questo proposito, ci si riferisce alla richiesta d’indizione, piuttosto improbabile, di un nuovo referendum da parte di un numero notevole di persone - a oggi più di tre milioni – per mettere in discussione il risultato del 23 giugno. Poi altri, invece, risultano prevedibili, come la rivendicazione della Scozia di rimanere all’interno dell’Unione Eu-

ropea - visto che la maggior parte della sua popolazione si è espressa in tal senso - e il riaprirsi del tema della separazione dalla Gran Bretagna, nonostante il risultato del precedente referendum. Quanto sinteticamente delineato lascia intuire che siamo in un momento cruciale del cammino europeo. È necessario procedere con speditezza, decisione, senza tante chiacchiere inutili, con evoluzioni concrete e con un sano confronto che possa consentire non solo la sopravvivenza dell’UE ma, finalmente, un’adeguata integrazione politica che non si è mai realizzata: solo così l’Europa potrà ergersi a blocco politico ed economico, idoneo a essere pienamente competitivo con Stati Uniti, Cina e altri grandi Paesi emergenti. Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano

ropea, CE, è stato il primo nucleo dell’attuale Ue. Nata nel 1957 con i Trattati di Roma era composta da sei Stati (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi): il Trattato entra in vigore nel 1958 dando vita alla Comunità Economica Europea (CEE). Il Regno Unito aderisce in un secondo momento, nel 1973. Il Trattato di Maastricht nel 1993 toglie la parola “economica”, si parla di Comunità Europea che diventa Unione Europea nel 2009 con il Trattato di Lisbona. Una premessa utile a capire le passate difficoltà inglesi in rapporto a quelle istituzioni. PROMESSE. Tre anni fa il pre-

mier David Cameron prometteva al popolo del Regno Unito una revisione dei rapporti con l’Ue e un referendum per chiarire la volontà popolare in merito alla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione. La revisione dei rapporti con l’UE si è materializzata in un negoziato che ha portato a buoni risultati: Londra ha ottenuto sette anni di tregua per l’accesso dei benefici sul welfare agli immigrati oltre ad altri vantaggi che le darebbero, come ha sostenuto il premier, uno speciale status nell’Unione Europea. Puntualmente il 23 giugno si è tenuto il referendum con un’enorme attività dispiegata da Cameron a favore del non exit, certamente era pentito di aver indetto il referendum. Malgrado il successo indubbio dei negoziati il voto è stato un sì alla Brexit con il 52% di voti per l’u-

Il numero 10 di Downing Street, residenza del Primo Ministro

scita dall’Ue. Londra, la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno avuto risultati diversi da quelli anglo-gallesi, con una prevalenza dei no. CRAC. Sono seguite giornate convulse con il venerdì nero delle borse asiatiche ed europee crollate e il crollo della sterlina sul dollaro; ancora venerdì con le dimissioni di Camerun che ha tuttavia dichiarato di rimanere nel suo incarico fino a ottobre lasciando al successore la guida dei negoziati di uscita. Malgrado tanto immediato scalpore prima della vera e propria uscita si calcola che trascorreranno almeno due anni. Chi ha votato “remain” si sta attrezzando per chiedere un nuovo referendum e sono state già raccolte, e di molto superate, le 100mila firme, limite necessario per poterne discutere in Parlamento. LA SCOZIA. Tra le polemiche e nel caos di notizie già la Scozia, che gode di importantissimi sostegni europei per la sua agricoltura, annuncia, per bocca della premier Nicola Sturgeon, che non convaliderà questa decisione e avvalora l’ipotesi di voler restare nell’Ue. A Londra, sede della Borsa e dei mercati finanziari che sentono la minaccia di perdere qualche migliaio di posti di lavoro, si parla di uno status speciale mentre l’Irlan-

da del Nord, che beneficia di ottimi finanziamenti europei per progetti di pace relativi ai suoi rapporti con l’Irlanda, è in fibrillazione. Molti irlandesi del Nord stanno chiedendo passaporti irlandesi per rimanere nell’Ue. È avviato il vertice Germania-Francia-Italia che tratterà dell’exit. Chi ha fretta e chi rallenta la corsa, tra questi ultimi la Cancelliera tedesca che pensa probabilmente ai mercati finanziari e ai suoi investimenti in Inghilterra. prospettive. Fuori dalla Gran Bretagna si sentono movimenti da effetto domino. Così Marine Le Pen parla di Frexit, Gibilterra vuole un regime a parte, Wilders in Olanda e Salvini in Italia sono pronti a entrare in campo. L’Austria che teme i flussi di migranti e sta costruendo muri al Brennero ha leader fortemente anti-europei… e non sono solo questi i possibili exit. È una geopolitica del caos. Il prossimo incontro a tre sarà l’inizio di una forte e innovativa politica europea? Si lavorerà per far crescere più che l’uomo economico europeo l’uomo europeo? Sono prospettive che al momento non possono avere ancora risposta.

Prof. Maria Paola Pagnini Dottorato di ricerca in Geopolitica e Geoeconomia Università Niccolò Cusano

l’opinione

Selling England by the Brexit: la fine del sogno britannico Il 28 settembre 1973 - anno in cui la Gran Bretagna entrava a far parte delle Comunità europea - i Genesis pubblicavano il loro sesto disco, intitolato “Selling England by the pound”. Il concept album del noto gruppo rock progressive inglese raccontava il declino dell’impero britannico dopo secoli gloriosi di dominio globale, denunciando la resa definitiva delle società borghesi all’ideale del benessere alimentato dal consumismo. Chissà quanti cittadini, votando “leave” giovedì scorso, hanno pensato di restituire il loro Paese agli antichi splendori, magari fuorviati da qualche rabbioso slogan politico o da qualche maldestro titolo di tabloid. E invece, con ogni probabilità, la tanto sospirata Brexit sarà il vero epitaffio sui sogni di grandezza covati dagli amici britannici e forse decreterà la fine della stessa Gran Bretagna

come la conosciamo oggi, se i freddi venti di secessione che spirano dalle lande scozzesi e irlandesi dovessero giungere fino a Londra. Diciamolo chiaramente: molti volevano la Brexit ma nessuno se l’aspettava e, quel che è peggio, nessuno era minimamente preparato ad affrontare un simile scenario, malgrado le dichiarazioni di facciata. Questo, ai miei occhi di cittadino europeo (e credo anche a quelli di chi, da venerdì scorso, non è più tale), è un vero e proprio crimine politico. Un crimine che - non dimentichiamolo - ha già armato la mano dello scellerato assasLO SCENARIO.

sino della deputata Jo Cox, colpevole solo di aver voluto sostenere il suo essere europea davanti all’indipendentismo becero di molti suoi colleghi, e che pretende(rà) la giusta punizione per coloro che lo hanno perpetrato. Beninteso, non si tratta affatto di criminalizzare chi ha votato Leave, anche solo in protesta contro il governo, per fare dispetto al facoltoso vicino di casa filoeuropeista o per consapevole diffidenza rispetto alle ragioni del Remain. Chi vota ha sempre ragione. Sempre. Questa è la regola sacra della democrazia che “Selling England by the pound” dei Genesis, album del 1973

Il voto ha nascosto il tornaconto politico di Cameron senza piani in caso di vittoria del Leave proprio gli inglesi hanno insegnato al mondo pagandone il prezzo.

ters fosse molto succinto. A ben vedere, in effetti, la strategia del premier inglese ha coinciso con quella dei suoi concittadini che desideravano uscire dall’Unione europea: «leave». Neanche 24 ore dopo il voto, infatti, Cameron si è dimesso lasciando il proprio Paese senza guida nel mezzo della tempesta. A sua parziale consolazione, c’è da dire che sia gli strenui sostenitori della Brexit, Nigel Farage e Boris Johnson, sia il leader laburista Jeremy Corbyn, hanno condiviso con Cameron, in modi diversi, una naturale quanto inaspettata propensione all’incapacità di reazione e alla figuraccia, sollevando negli osservatori esterni più di una perplessità sul destino di un popolo che oggi più che mai pare abbandonato a se stesso.

voto politico. Quello che è inaccettabile – e per ciò stesso politicamente criminale – è l’aver sollecitato l’esercizio della democrazia diretta per un mero tornaconto elettorale e, soprattutto, senza avere alcun piano per il giorno dopo e per quelli a venire. E questa è la migliore lezione che tutte le forze politiche pro-exit di altri Paesi europei dovrebbero tenere bene a mente. Ho come l’idea che il dossier predisposto da David Cameron NEL FUTURO. È indubbio che in caso di vittoria dei Brexi- la Gran Bretagna presto o

tardi saprà tirarsi fuori da questo pantano post Brexit. Ne ha conosciuti di peggiori. E che l’Europa l’aiuterà per aiutare se stessa (ma chi aiuterà l’Europa?). Tuttavia, alla domanda «Ne valeva la pena?» è difficile rispondere sensatamente, solo pensando all’enorme numero di regolamenti, direttive e accordi che la Gran Bretagna ha accettato di sottoscrivere in quarant’anni e oltre di permanenza in Europa e ai costi del processo di separazione. Mi chiedo quindi quale risposta avrebbe dato il popolo britannico se il quesito referendario fosse stato formulato nel modo seguente: «Volete uscire dall’Unione europea senza che il vostro governo sappia cosa fare il giorno dopo?». Nicola Colacino Professore Associato di Diritto Internazionale Università Niccolò Cusano


IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 28 giugno 2016

cultura

cos’è il fondamentalismo ISLAMICO

Il primo luglio una conferenza al Castello Ladislao di Arpino con Enrico Ferri della Cusano sono teorizzate e giustificate le scelte di organizzazioni fondamentaliste come al Qaeda e altre, vede che in genere cercano di costruire una tesi o di giustificare una scelta mettendo insieme passi di dottori diversi, liberamente interpretati. Con questo procedimento, però, è possibile costruire tesi e giustificazioni diverse, addirittura opposte. Senza considerare il ricorso a un’interpretazione letterale del Corano che ne stravolge il senso».

«è una lettura fuorviante del Corano per giustificare scelte politiche» Venerdì primo luglio alle ore 18, il professor Enrico Ferri, che insegna Filosofia del Diritto e Storia dei Paesi Islamici nell’Università Niccolò Cusano, terrà una conferenza al Castello Ladislao di Arpino, dove ha sede la Fondazione Mastroianni, sul tema: “Che cos’è il fondamentalismo islamico?”. L’iniziativa, patrocinata dalla Città di Arpino, è promossa anche dal Circolo culturale Aquila romana di Arpino e dal Circolo culturale Il Castello di Fontana Liri, e in collaborazione con il Learning Center dell’Unicusano di Sora. A fine conferenza i presenti potranno degustare una serie di piatti della cucina del Maghreb, preparati dallo chef arpinate Carlo Scappaticci, che per anni ha vissuto in contesti arabi e su questa esperienza ha anche scritto un libro, “Cacciatori di piste”, edito da Abel Books. Abbiamo chiesto al conferenziere di anticiparci alcune tematiche del suo intervento. Professor Ferri, è possibile dare una definizione di fondamentalismo islamico che può essere da tutti accettata? «Questa espressione è estranea al mondo islamico, e se con fondamentalismi volessimo intendere gruppi o persone che vivono in modo profondo la loro esperienza religiosa, daremmo una definizione fuorviante perché l’Islam, per sua natura, comporta un’adesione profonda e completa. Islam significa assoggettamento alla volontà di Allah, di Dio, che per il credente si manifesta in tutti gli atti e i momenti della sua vita, “dalla culla alla tomba”, a partire dalle cinque preghiere da compiere nel corso delle 24 ore». Quindi è sbagliata l’equazione secondo la quale tanto più si è religiosi quanto più si è fondamentalisti radicali? «Un pio musulmano, che rispetta appieno i precetti della sua religione, non per questo rischia di diventare un terrorista. Movimenti come al Qaeda e Lo Stato Islamico del-

Può fare almeno un esempio? «Spesso i musulmani radicali, i militanti dell’Islam politico per giustificare l’ostilità contro ebrei (Israele) e cristiani (Europa e Usa), citano un passo della Sura della Mensa (V,31), che così recita: “Non prendete come alleati giudei e cristiani, per non diventare ingiusti come loro”. Ma questa interpretazione è una mistificazione, perché si riferisce a un episodio specifico accaduto a Medina, che non ebbe nessuna ripercussione per gli ebrei non coinvolti. Nella stessa Sura della Mensa, nel versetto precedente, si dice che Allah ha creato comunità religiose diverse perché reputa un bene il pluralismo». la Siria e del Levante (Isil) rispondono ad altre logiche». Quali? «Sono movimenti politici e militari, con un programma politico che si rivolge alla Umma, alla comunità dei credenti musulmana, che usano l’Islam, la loro versione dell’Islam, come un supporto ideologico e uno strumento di propaganda, di mobilitazione e di giustificazione del loro programma politico-militare. Per questo molti studiosi del fenomeno preferiscono parlare di “Islam politico” e di “movimenti jihadisti”». In ogni caso movimenti come l’Isis hanno l’Islam come punto di partenza e di riferimento del loro programma, sono composti esclusivamente da musulmani e proclamano di combattere un jihad, una battaglia per diffondere l’Islam a livello planetario. Tutto questo non fa parte della cultura e della storia dell’Islam? «Fino a un certo punto. Quando parliamo di Islam

non ci riferiamo a un’idea platonica, immutabile nel tempo e nello spazio, sempre uguale a se stessa. L’ Islam è una cultura e una religione con 1.400 anni di storia che coinvolge più di un miliardo di persone in contesti geografici e politici assai distanti e differenti. È una realtà che ha forti differenze al suo interno, pensi solo al contrasto tra sciiti e sunniti, che non di rado si sono affrontati e si affrontano sul piano politico e persino militare. Basti ricordare il contrasto fra Arabia saudita e Iran e quello tra sciiti e sunniti in Siria o in Iraq». Quello che lei dice è un dato di fatto, comprovato dalla storia e dalla realtà politica. Allo stesso tempo, però, è altrettanto vero che i vari movimenti fondamentalisti pretendono di interpretare il “vero Islam”, cioè di dare una lettura corretta della rivelazione coranica e dell’insegnamento del Profeta Muhammad, della Sunna, la tradizione da tutti riconosciuta. Su tali basi giustificano il jihad contro l’occidente “cristiano e im-

perialista”. Non è così? «Ovviamente sì, ma nella sua domanda c’è già in parte la risposta. Diversi movimenti dell’Islam politico, come al Nusra o Boko Haram, pretendono di interpretare e incarnare il “vero Islam”, spesso in contrasto anche tra di loro perché non esiste una versione ufficiale del “vero Islam”. Se lei considera come

Alla luce delle osservazioni sin qui fatte, è possibile definire cos’è il fondamentalismo islamico? «Una lettura e un’interpretazione, spesso unilaterale e fuorviante, che l’Islam politico dà del Corano e della Sunna, per giustificare le sue scelte e le sue strategie politiche». © Copyright Università Niccolò Cusano

la sede

Fondazione Mastroianni in mostra le opere d’arte All’interno del Castello Ladislao, che risale al XIII secolo, si trova la Fondazione Mastroianni, che raccoglie una mostra permanente delle opere di ceramisti, disegnatori e vignettisti come Alberto, pittori e scultori come Domenico e Umberto, tutti parenti e antenati del celebre Marcello Mastroianni. Il cuore della mostra permanente è costituito da 81 opere, quasi tutte sculture di

Umberto Mastroianni, uno degli artisti più rappresentativi del Novecento. Le mostre di vignette, ceramiche, foto, manifesti e sculture, l’ambiente raffinato delle sale che conservano la loro antica identità, l’insieme del complesso e il magnifico panorama che si gode da questo sito valgono una visita alla Fondazione Mastroianni, aperta tutti i giorni.

in cucina

Islam, appunti enogastronomici Datteri, spezie, cereali, frutta: una cucina caratterizzata da ingredienti prelibati Quando si immaginano i luoghi geografici dell’Islam, immancabilmente appare il deserto e di conseguenza chi non lo conosce associa a quello l’assenza più totale di acqua e vegetazione. Ma non è così perché l’uomo è riuscito a trasformare le sabbie e le pietraie più ostili in floride oasi e magnifiche città. Pertanto, quando si parla di cucina islamica (mezzaluna orientale e Maghreb) bisogna pensare piuttosto alle oasi dove un’intensa agricoltura “verticale” (a piani) garantisce le più svariate produzioni: cereali, ortaggi, legumi e frutta. Su tutte predomina il dattero, cibo principe di chi attraversa i deserti grazie al suo contenuto fortemente nutritivo e alla sua proprietà auto-conservante (squisiti e fortemente calorici sono gli “scarti” pressati in una pelle di capra che si caramellano stagionandosi). Sovente si dimentica che, oltre al deserto, la geografia dell’Islam comprende anche estese e fertili fasce costiere e in particolare mediterranee, dove l’agricoltura è ancora l’attività primaria (non dimentichiamo che la Numidia - ovvero l’attuale Algeria - era il granaio di Roma) e se gli ortaggi del deserto a causa della povertà dell’humus non garantiscono sapori intensi, quelli della fascia mediterranea non hanno nulla da invidiare ai “fratelli” dell’intero bacino (non a caso i francesi - in tre secoli di colonizzazione - lungo le coste maghrebine impiantarono sterminate coltivazioni di vitigni pregiati). Una parola non meno importante va spesa a favore dell’allevamento di capre e pecore, animali resistenti che forniscono carni succulente. Le prime capaci di repe-

rire cibo anche fra le pietraie più spoglie, le altre utili per la concimazione nomade e per lo sfruttamento, insieme ai dromedari, delle sterminate steppe di cramcram. Il montone e l’agnello, assolutamente integri, hanno inoltre una valenza simbolica nelle celebrazioni religiose e ricoprono pertanto un posto fondamentale nella cucina islamica. Il bando dell’alcol, certamente ancor più dannoso nei climi caldi dell’Islam, ha introdotto bevande tonificanti quali il caffè e il tè. In particolare del tè verde nelle regioni desertiche, molto dolce e profumatissimo di menta. Un’accoppiata salutare e un binomio dal gusto unico che conforta a ogni ora del giorno dalle fatiche sotto un sole implacabile (distogliendo anche dal desiderio di bevande fresche difficilmente reperibili).

Un posto a sé spetta al peperoncino ma con la dovuta precisazione che viene usato sempre (è una carica di vitamina C, oltre che disinfettante intestinale), ma moderatamente e spesso servito a parte, magari sotto forma di salsa (Harissa) aromatizzata. Va dunque smentito il luogo comune che la cucina islamica sia piccante nel senso deleterio del termine; ciò purtroppo avviene in località turistiche molto frequentate da europei per alimentare un folklore consumistico che ha generato questo luogo comune negativo. Dunque alla gastronomia islamica non manca nulla per portare in tavola innumerevoli pietanze eccellenti, tanto che ciò raramente sfocia in una gastronomia creativa, privilegiando piuttosto la riproposizione e interpretazione della tradizione al meglio.

A coronare il tutto, le tantissime spezie, coloratissime, dolci o piccanti, dalle mille sfumature, indispensabili per la conservazione degli alimenti e anticamente per coprire l’odore forte di una conservazione eccessiva: cumino, curcuma, coriandolo, cannella, chiodi di garofano, zenzero, paprika, tanto per citare quelle più note.

Carlo Scappaticci* *Chef e ricercatore in materia agroalimentare, ha vissuto a lungo in Algeria, facendo il docente di italiano, ma pure la guida nel Sahara. Tra i suoi libri, “A tavola con i monaci di Casamari”, sulla sua esperienza di chef nella cucina del noto monastero cistercense della Ciociaria


martedì 28 giugno 2016

cultura e disabilità

Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

come ti cambio la costituzione Il professor Girelli, docente di Diritto costituzionale alla Cusano, chiarisce l’iter della riforma della Carta Il giurista: «Siamo di fronte a un caso in cui il parere dei cittadini è indispensabile» «Il referendum di ottobre è di natura oppositiva perché strumento in mano alle minoranze» Il professor Federico Girelli, docente di Diritto costituzionale all’Università Niccolò Cusano, ha parlato del referendum che in ottobre chiamerà alle urne gli italiani. Partendo da quello che è forse uno degli argomenti più dibattuti in merito alla riforma costituzionale, il professor Girelli ha spiegato che questa «è stata approvata dal Parlamento in maniera legittima, nel rispetto delle forme dettate dall’articolo 138 della nostra Costituzione, che prescrive appunto la modalità di revisione della stessa, ma i giochi non sono ancora conclusi. La nostra è una costituzione rigida e per questo può essere modificata tramite un procedimento aggra-

vato, quindi più complicato rispetto a quello necessario per approvare una comune legge». COSTRUIRE L’OPINIONE. Sen-

za voler entrare in questioni di tipo politico, Girelli ha aggiunto: «Per capire i problemi di cui ci occupiamo dobbiamo per prima cosa ancorarci alle norme giuridiche. L’impianto della rifor-

ma, legata alla legge elettorale da poco approvata, è diretta a rafforzare l’esecutivo, nel senso di una maggiore stabilità dei governi. Qualora mai la riforma venisse confermata dal referendum, non temo nessuna deriva autoritaria. Ad esempio, abbiamo spesso sentito dire che i professori di diritto costituzionale, quelli in larga parte sostenitori del no, sono dei grandi ma-

estri ma anche molto maturi e quindi i loro ragionamenti sarebbero obnubilati dalla loro senescenza; mentre abbiamo sentito anche dire che i professori che hanno aderito al sì sono mediamente più giovani e aderirebbero strumentalmente al sì in vista di fantomatici incarichi che poi il potere potrebbe assegnargli. Questi sono argomenti che non bisogna

prendere nemmeno in considerazione. Ci sono autorevoli studiosi che si sono pronunciati sia per il no che per il sì, quindi ci sono evidentemente argomenti a sostegno dell’una e dell’altra tesi. Sta a noi capire come è stata fatta questa riforma e farci un’idea». IL REFERENDUM. Il professor Girelli chiarisce l’iter refe-

rendario: «Non si ha luogo al referendum costituzionale se in seconda deliberazione si raggiunge la maggioranza dei due terzi, perché il consenso parlamentare sarebbe talmente esteso che il passaggio popolare verrebbe ritenuto non necessario. Non è questo il caso. Eppure anche la maggioranza assoluta è un quorum molto elevato, ma se si tratta di modifica-

re la Costituzione anche se c’è la maggioranza assoluta i giochi non sono finiti e il popolo ha il potere di dire se è d’accordo o meno con questa riforma. È importante ricordare questo, perché quando i padri e le madri costituenti hanno scritto la Costituzione davano per scontato che la legge elettorale strumentale a comporre le camere del parla-

mento sarebbe stata di tipo proporzionale, quindi massivamente rappresentativa delle diverse anime politiche presenti nel Paese, con tante forze in parlamento e tante teste da dover mettere d’accordo. La sola maggioranza assoluta è quindi già un quorum molto elevato: i due terzi vuol dire che sono quasi tutti d’accordo. Questo perché il testo dell’articolo 138 della Costituzione spinge verso la massima condivisione possibile nel momento in cui si tratta di modificare la Carta. Tanto che, anche se si raggiunge la maggioranza assoluta, eventualmente si può passare al referendum e dare la voce direttamente al popolo. A ottobre saremo chiamati a partecipare a un referendum di natura oppositiva, perché in realtà è uno strumento dato alle minoranze, visto che la Costituzione non si riforma a maggioranza, e proprio per questo motivo non prevede un quorum partecipativo. Il punto è che la Costituzione non si cambia a maggioranza, serve a unire e quindi – lo dice la logica dell’articolo 138 - serve il massimo consenso in caso di modifica costituzionale. © Copyright Università Niccolò Cusano

lavoro

L’azienda agricola senza barriere Non ci sono limiti all’inclusione. Sulle colline spezzine, a Sant’Anna, è stato inaugurato il Campus Agri-Sociale, una vera azienda agri-turistica in grado di dare opportunità di inserimento lavorativo e sociale per ragazzi autistici o diversamente abili. Il progetto si chiama “Aut Aut - Autismo Autonomia” ed è promosso dalla Fondazione Carispezia che ha raccolto un’idea delle associazioni dei genitori di questi ragazzi, Agapo Onlus e Angsa, che si occuperanno della gestione della struttura. Imparare a coltivare e ad accogliere i turisti diventerà l’occasione per dimostrare a tutti che la «disabilità è tale solo quando la nostra società è disabilitante attraverso barriere architettoniche e culturali», come

L’inaugurazione del Campus Agri-Sociale Foto Moreno Carbone

ha spiegato Paolo Cornaglia Ferraris, coordinatore scientifico del progetto. OPPORTUNITÀ. Il campus sor-

ge in una vecchia scuola elementare, acquisita dalla Fon-

dazione grazie al Comune della Spezia, a cui è collegata con la città anche da un antico sentiero, riaperto grazie ai migranti ospitati dalla Caritas. «Un gesto significativo: questi giovani che noi chia-

miamo sbarcati o migranti possono segnare una via», ha detto il vescovo della Spezia Luigi Ernesto Palletti. Anche il presidente della Fondazione Carispezia, Matteo Melley, ha espresso soddisfazione per il progetto: «Abbiamo accolto una sfida che ci permette di trasformare un bisogno in un’opportunità di sviluppo, oltre che di investire su un patrimonio che viene restituito alla comunità attraverso il risparmio proprio delle comunità locali. Credo che per gli spezzini sarà motivo di orgoglio». Il successo dell’iniziativa è certo e nel 2018 a Spezia verrà aperta una seconda struttura dedicata ancora all’inclusione lavorativa: una locanda-ristorante con produzione propria. © Copyright Università Niccolò Cusano

la campagna ospedaliera

Ora si può “adottare” una corsia Ogni anno vengono diagnosticati nel mondo tra i 175 e i 250 mila nuovi casi di cancro infantile, ma non tutti i bambini hanno il diritto di curarsi a causa delle diverse condizioni dei sistemi sanitari in cui risiedono. Il 90% dei pazienti vive nei paesi poveri, dove l’accesso all’informazione e alle cure è spesso impraticabile. A causa di diagnosi tardive o inadeguate, più di un bambino malato su due è destinato a morire. Inoltre, sono molti i bambini malati che trascorrono la loro infanzia, crescono e diventano adolescenti all’interno delle strutture ospedaliere. In queste circostanze, la realtà di vita e di gioco per

questi bambini diventa dunque un reparto, una corsia. LA CAMPAGNA. Così, fino al 31 dicembre l’organizzazione umanitaria Soleterre – Stra-

tegie Di Pace promuove la campagna sociale “Adotta una Corsia”, una raccolta fondi in favore dei bambini malati di cancro e altre patologie ricoverati nei repar-

ti pediatrici in Italia, Ucraina, Uganda, Costa d’Avorio, India e Marocco. La campagna ha come obiettivo di fornire le giuste cure e il sostegno psicologico adeguato ai piccoli pazienti, attraverso una donazione mensile di 10 euro, che può essere effettuate all’indirizzo web visitando il sito www.soleterre.org/donazione. Soleterre prosegue così le proprie attività nei reparti pediatrici per la cura del cancro infantile, della malnutrizione e di altre patologie, sostenendo il lavoro di oltre 250 medici tra oncologi, pediatri, infermieri, fisioterapisti, psicologi ed educatori. © Copyright Università Niccolò Cusano


VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 28 giugno 2016

INDUSTRIA, CULTURA e disabilità

Piace” viaggia la marcia in più “AnellaPanda capsula del tempo di special olympics fumetti

L’autore Bevilacqua: «Il mio obiettivo è trasmettere un’emozione divertendo»

Mitsubishi partner dei Play the Games dell’Associazione Per dirigenti e dipendenti un’esperienza di crescita unica tari provenienti dalle scuole del territorio, ma anche da oltre 30 volontari della filiale di Agrate Brianza che hanno svolto un ruolo fondamentale di supporto, per garantirne il benessere e la sicurezza. Lo stesso presidente di Mitsubishi Electric Filiale Italiana, Itaru Watanabe, nonostante i suoi impegni, si è presentato a Lecco unendosi ai volontari.

Il presidente della filiale italiana Itaru Watanabe: «Per noi un motivo di orgoglio»

Essere sponsor nel mondo dello sport è facile, essere partner lo è meno, perché significa scendere davvero in campo per sostenere un Presidente, cosa l’ha maggiormente spinta a recarsi evento o una campagna. Proprio come ha scelto di fare a Lecco per assistere a un Mitsubishi Electric. La sua evento di Special Olympics filiale italiana, che ha sede Italia? ad Agrate Brianza, ha infatti «Perché lo ritengo un momento estremamente imdeciso di sostenere il circuito nazionale di Special Olymportante per la nostra azienpics, il progetto che si rivolda e per tutti i nostri dipenge agli atleti di tutto il mondenti, ma soprattutto penso do con disabilità intellettiva, e sia un intervento utile e rilevante per tutta la comunità». lo ha fatto coinvolgendo tutta Itaru Watanabe insieme agli Atleti di Special Olympics l’azienda, dalla base ai vertici, dal personale di staff alla presidenza. Nei sei anni di partnership in Italia, ha costruito così un team di volontari aziendali che in occasione degli appuntamenti sportivi accorrono a sostenere gli atleti con disabilità intellettiva per aiutarli ad affrontare le gare nelle diverse discipline. Questo è successo anche a Lecco nella recente tappa dei Play The Games 2016 di Special Olympics, la versione interregionale dei più conosciuti Giochi Nazionali, dove 160 atleti con disabilità intellettiva provenienti da tutta Italia si sono impegnati nelle diverse prove di atletica leggera. I partecipanti sono stati affiancati dalle famiglie, dai tecnici e dai volon- I Play the Games di Special Olympics hanno fatto tappa a Lecco

Cosa l’ha colpita maggiormente e come ha vissuto quest’appuntamento? «È stata un’esperienza molto emozionante, di cui sono stato favorevolmente impressionato, sia per la forza degli atleti che per il mondo che gira attorno a questi eventi, inclusi i bravissimi volontari, in particolar modo quelli più giovani». Cosa pensa dello sport come veicolo per messaggi socialmente utili? «Per molti lo sport è attività, movimento, aggregazione, per altri una professione. Io ritengo possa essere anche una vera e propria ragione di vita, questo sia per gli atleti con disabilità che per tutti gli altri». Vivere un’esperienza del genere, da parte dei dipendenti aziendali, può contribuire alla crescita della stessa azienda? «Esperienze come questa non influiscono direttamente sulla crescita dell’azienda ma sull’innalzamento dei valori della nostra società, e questo indirettamente fa crescere anche il mondo delle imprese, inclusa la nostra. Per quanto riguarda il nostro team di volontari, sono certo che l’esperienza con Special Olympics migliori le relazioni interne, ma soprattutto ci aspettiamo renda i nostri dipendenti orgogliosi di appartenere all’azienda per la quale lavorano». © Copyright Università Niccolò Cusano

“Ansia La Mia Migliore Amica” è la prima graphic novel di “A Panda Piace”, pubblicata da Panini Comics e già disponibile nelle fumetterie e librerie. «Per me il fumetto è il modo di espressione per eccellenza. Ho studiato pianoforte, ho scritto per il teatro e la televisione ma il fumetto per me è il mezzo più completo nel quale mi sento più a mio agio nell’esprimermi. Il fumetto è quello che voglio fare la mattina appena mi sveglio e la sera prima di andare a dormire», ha spiegato Giacomo Bevilacqua, creatore di “A panda piace”, ai microfoni di Radio Cusano Campus nel corso del format “Giochi a Fumetti”. «Sono molto soddisfatto di questa graphic novel. Quando mi venne in mente la storia, ormai quasi tre anni fa, questo era esattamente il modo in cui l’avevo immaginata». Gli otto capitoli del libro sono usciti a puntate in edicola sotto il nome di “A panda piace l’avventura”.

da siamo cresciuti, parallelamente. Le esperienze che facevo le riversavo nelle vignette e le esperienze editoriali che face- va Panda servivano a me, per far cres cere il personaggio». “Ansia la mia migliore amica” è ancora un passaggio successivo per Panda: «Una storia vera e propria, che è la fusione tra me e panda – ha aggiunto Bevilacqua – La morte di suo nonno è la morte di mio nonno, e la sua avventura per raggiungere la consapevolezza di questo è il viaggio e l’avventura che io ho fatto a suo tempo quando mio nonno, che era la persona a me più cara, è venuta a mancare».

“Ansia La Mia Migliore Amica” è una graphic novel coinvolgente e folle, in grado di divertire e commuovere allo stesso tempo. L’eroe bianco e nero affronterà il viaggio più importante della sua vita. Una storia sull’importanza di accettare, col sorriso, alcune sfide della vita. «Sono passati otto anni dalla nascita di “A panda piace” – ha spiegato ancora Bevilacqua – ed è stato un percorso straordinario. Quando ho cominciato mi ha subito stupito il successo iniziale del personaggio, tanto che ero costretto a ricordare alla gente che non facevo solo quello. Mi sono dovuto abituare al ruolo di essere “quello di Panda”. Poi sia io che Pan-

tante nella formazione di un’artista? «Le botte che prendevo alle medie nel mio quartiere – ricorda Bevilacqua – Mi hanno insegnato che se stavo a casa era meglio. Magliana non era il quartiere più bello di Roma quando ero

COMMOZIONE.

FORMAZIONE. Cosa è impor-

piccolo e così passavo molto tempo a casa, a disegnare o suonare il pianoforte, giocavo al Sega Mega Drive, leggevo i fumetti. Facevo cose da nerd. Poi mio padre è sempre stato un grande appassionato di fumetti. Lo vedevo che si metteva da una parte a leggere Capitan America o X-men io mi mettevo a leggerli con lui. I miei ricordi più belli sono tra i 10 e i 15 anni in cui mi rilassavo e mi mettevo a leggere i fumetti. Oggi – afferma ancora Bevilacqua – il fumetto è l’unico media che mi riporta a quello stato d’animo e che riesce a fare da capsula del tempo e a regalarmi quelle stesse emozioni. In “Ansia” ho cercato proprio di fare questo, di infondere un certo tipo di stato d’animo, in modo che se oggi i lettori avranno un certo tipo di emozione nel leggerlo, spero che tra vent’anni potrà essere lo stesso. Questo è il mio obiettivo, senza dimenticare il divertimento che è sempre il punto di partenza. E spero che si senta che io mi diverto a farlo». © Copyright Università Niccolò Cusano

Radio Cusano Campus

Ogni sabato “Giochi a fumetti” Il format “Giochi a fumetti” va in onda ogni sabato dalle 11 alle 12 su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università Niccolò Cusano che trasmette sugli 89.1 Fm a Roma e nel Lazio e in streaming su www. radiocusanocampus.it

università niccolò cusano

Una didattica intelligente grazie al servizio dei tutor Una delle principali cause di abbandono universitario risiede in quello stato di disorientamento che il più delle volte provano le matricole durante il loro primo anno di università. Approdare nel sistema universitario dopo un percorso di scuola secondaria superiore pone lo studente di fronte a una serie di difficoltà, tra le quali deve destreggiarsi senza un punto di riferimento chiaro e accessibile. Iniziare un percorso dall’esame meno idoneo alle capacità acquisite negli anni precedenti, scoraggiarsi dinnanzi al sovraffollamento delle aule e all’impossibilità di seguire e prendere appunti, concentrare il massimo numero di esami per capitalizzare al meglio le tre sessioni disponibili durante l’anno: sono queste le situazioni che si presentano più frequentemente a una matricola e un giovane studente con poca esperienza rischia di restarne vittima. Alla luce dei dati analizzati e dell’esperienza maturata negli anni, l’Università degli studi Niccolò Cusano ha deciso di strutturare un servizio di

tutoraggio capillare, personalizzato e accessibile senza alcun tipo di limitazione. Un servizio che, per come è articolato, rappresenta un unicum nel panorama accademico nazionale. Per illustrare al meglio tutte le potenzialità del servizio di tutoraggio UniCusano, Radio Cusano Campus ha intervistato la dottoressassa Valentina Ardito, tutor disciplinare della facoltà di Scienze Politiche. Dottoressa Ardito, tutto il servizio di cui stiamo per parlare ruota attorno alla figura del tutor. La Cusano opera una distinzione precisa tra tutor didattico e tutor disciplinare: può dirci in che cosa si differenziano? «La Cusano fornisce il servizio di orientamento e tutoraggio in itinere ai propri studenti per tutta la durata del loro corso di studi. Il servizio in questione afferisce proprio alle competenze dei tutor didattici, professionisti che curano il rapporto con gli studenti e le relazioni tra studenti e docenti. Si tratta di figure abili nel creare contatti più ravvicina-

ti con l’ambiente universitario e nell’individuare le esigenze del discente per agevolare il processo di apprendimento. La prima funzione cui assolvono i tutor didattici è di mettersi immediatamente in contatto con lo studente che si è appena iscritto per favorire il primo approccio che è quello rappresentato dall’Orientamento base (IOB) che si tiene di persona o in videoconferenza. Durante questo incontro, il tutor didattico chiarisce in dettaglio come funziona l’università e istruisce lo studente sui primi passi da muovere al suo interno. Ogni studente potrà, inoltre, interagire con un tutor disciplinare, specializzato nella cattedra a cui è stato assegnato. Si tratta di una ulteriore figura di riferimento che affianca il docente accorciando le distanze con gli studenti al fine di semplificare e facilitare il confronto. Gli studenti possono mettersi in contatto con il tutor della materia che stanno studiando, o che hanno intenzione di preparare, tramite la piattaforma didattica. Sarà sufficiente accedere all’area personale e scrivere un mes-

esami a sessione. Considerando che alla Cusano esiste la possibilità di sostenere fino a dieci sessioni d’esame l’anno (una ogni 35 giorni), non vedo la necessità di accavallare nozioni e competenze. C’è il tempo per realizzare un percorso senza ritardi e, soprattutto, senza affanni».

saggio per essere ricontattato e informato sulle modalità di inserimento nei percorsi didattici, forum e classi virtuali». La piattaforma è il luogo virtuale dove si tengono lezioni, seminari, approfondimenti, da dove si attinge al materiale e in cui è possibile confrontarsi con gli altri studenti. La piattaforma rappresenta l’unico mezzo a disposizione dello studente per contattare il suo tutor?

«No, è solo uno dei mezzi a disposizione. Noi forniamo il nostro recapito telefonico proprio per essere raggiungibili nel modo più diretto possibile, poi possiamo tenerci in contatto anche tramite mail e chat, i tempi di risposta sono brevissimi e le indicazioni che forniamo chiare e accessibili». Quali sono i suoi ambiti di competenza e che consigli fornisce a un suo studente alle prese con l’inizio del suo

percorso accademico? «Io seguo tutti quegli studenti che si troveranno ad affrontare gli esami di storia contemporanea, sociologia dei fenomeni politici e sociologia generale. Quando mi trovo davanti un ragazzo che intende preparare due o tre esami contemporaneamente, cerco sempre di condurlo verso un’organizzazione più snella e agevole ma che prenda in considerazione la preparazione di un massimo di due

Le sono capitati casi di studenti che, indipendentemente dalla buona volontà e dall’impegno, presentano carenza in fatto di metodo di studio? «Certamente, capita che i ragazzi abbiano tanta voglia e intraprendenza ma non sappiano come canalizzare tutta questa energia positiva in un metodo di studio efficace. il tutor elabora con il suo assistito il metodo di studio più adeguato alle caratteristiche individuali, quindi si valutano l’insieme dei passi per studiare nel modo personale più sereno, spedito, appropriato ed efficace possibile. Il nostro operato si fonda sul presupposto che un metodo di studio corretto deve essere un metodo di studio “intelligen-

te” cioè che distribuisce le attività di studio in modo ragionato e equilibrato e che tenga sempre presente il fattore fondamentale della costanza nello studio, evitando la frammentarietà nella gestione dei tempi e degli argomenti». Quanta parte del suo lavoro si concentra sugli aspetti didattici e quanta sul supporto morale? «Spesso gli studenti cercano in noi supporto morale e psicologico, direi che nella maggior parte dei casi le carenze in fatto di preparazione sono trascurabili rispetto alle incertezze e ai tentennamenti relativi all’approccio psicologico a un esame. Questa parte del mio lavoro è importante quanto l’area più strettamente didattica, in alcuni casi anche di più. Se uno studente non ricorda una data importante con l’esercizio si riesce a ovviare, convincere una persona di avere le qualità e le conoscenze per superare un esame è di gran lunga più complicato ma regala grandi soddisfazioni». © Copyright Università Niccolò Cusano


martedì 28 giugno 2016

unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

calcio

A olbia si sogna Monte San Biagio e UnicusanoFondi con la linea verde ancora insieme Educazione sportiva

La società smeraldina è vicina al ripescaggio in Lega Pro Il nuovo presidente Marino: «Puntiamo tutto sui giovani» Il patron ha rilevato il club sette mesi fa portandolo alla vittoria dei play off del girone G di Serie D

Grande campione con la maglia di Napoli, Roma e Udinese, e uno degli Azzurri a Italia ’90, Andrea Carnevale è rimasto nel mondo del calcio lavorando come osservatore per i friulani, i cui colori aveva difeso in tre momenti diversi in carriera. Oltre al suo impegno con uno dei migliori settori di scouting in Italia, è presidente onorario del Monte San Biagio, società del piccolo paese in provincia di Latina dove è nato.

È una vera e propria rinascita per tutta la città. Olbia, che sta ancora superando i disastri ambientali degli ultimi anni, sta per tornare tra i professionisti, la categoria che gli compete. Il calcio non è certo la panacea di tutti i mali ma rappresenta ancora oggi uno spazio importante per chi vuole gioire grazie allo sport. Nella città della Costa Smeralda non ci si sta preparando solo per accogliere i turisti ma anche per il salto in Lega Pro.

cultura dello sport. Il club

IL NUOVO CORSO. Alessandro

Marino, ex membro del cda del Cagliari, ha raccolto questa sfida a dicembre del 2015 con entusiasmo, mettendosi decisamente in gioco. I fatti, alla fine, gli hanno dato ragione. «Abbiamo ricevuto ottimi feedback dall’amministrazione eletta domenica – spiega il numero uno dell’Olbia, riferendosi alla questione dello stadio Nespoli, che ha bisogno di alcuni interventi per ricevere l’omologazione – e voglio rendergli merito perché ha affrontato immediatamente la questione. Ero preoccupato ma loro si sono attivati. Lo stadio sarà pronto nei termini dell’iscrizione. Gli interventi che servono sono incrementali: dobbiamo potenziare l’illuminazione e ripristinare parte della videosorveglianza dopo l’alluvione del 2013». Una ferita che ancora non si è rimarginata: «Da quando siamo arrivati, parte della nostra missione era ricostituire una valvola di sfogo per tutti i problemi della città e delle persone attraverso lo sport. Nei sei mesi trascorsi a Olbia c’è stata una crescita esponenziale di entusiasmo, prima era latente. Negli anni passati lo stadio era sempre pieno,

La collaborazione tra le realtà pontine prosegue nel segno della formazione dei ragazzi

La tifoseria dell’Olbia. Sotto, il presidente del club sardo Alessandro Marino photopoint di sandro giordano

«Siamo cresciuti tanto e in poco tempo Confermata la guida tecnica di Mignani per il 2016-17»

poi c’è stato un po’ di appannamento. Negli ultimi tempi, invece, il calore è stato enorme». IL PROGETTO. L’avventura da

presidente di Marino, docente alla LUISS di Roma, è iniziata solo poco tempo fa: «Ero un consigliere di amministrazione del Cagliari e il mio passaggio all’Olbia è stato concordato. Qui ho portato con me i buoni rapporti con i rossoblù, un elemento fondamentale in questa mia scelta. L’obiet-

tivo era avere la possibilità di valorizzare giocatori per una squadra di riferimento. È qualcosa che mi permette di far quadrare i conti e avere una rosa competitiva». L’impegno di Marino ha portato i frutti sperati: «A dicembre c’erano parecchie cose da fare. Volevamo imporre da subito la nostra filosofia. Abbiamo sostituito una dozzina di giocatori con altrettanti molto più giovani nell’orbita dell’settore giovanile del Cagliari. Questo passo ha aumentato l’incertez-

za, con una vera rivoluzione a metà campionato. Anche grazie al cambio della guida tecnica siamo riusciti a compattare tutti e tornare di gran carriera sull’obiettivo play off. A dicembre eravamo noni. Siamo partiti bene, abbiamo avuto un calo per poi riprenderci nel momento più importante. Andrea Cossu su tutti ci ha permesso di avere subito la giusta personalità». CRESCENDO. Agli spareggi sono state superate due formazioni del calibro di Grosseto e Torres, nel sentitissimo derby: «In quel periodo sentivamo di poter vincere ovunque – riprende Marino - e i giocatori erano dispiaciuti che non ci fossero altre gare perché ci si divertiva e si vinceva. Abbiamo vissuto i play off giocando con

personalità. Ho degli amici di Sassari che mi hanno rivelato che già dall’arrivo dei nostri allo stadio si era capito che avremmo vinto. Ho fatto i complimenti alla Torres e al suo mister: hanno dato tutto nonostante la loro difficile situazione. A Grosseto, poi, siamo usciti addirittura tra gli applausi del pubblico di casa». PROSSIMA STAGIONE. Gli obiettivi per la prossima stagione dipenderanno dalla categoria in cui l’Olbia si troverà a giocare: «Presumendo di essere in Lega Pro, vorremmo salvarci valorizzando i giocatori. Vogliamo essere al servizio dei giovani sardi, che siano del Cagliari o dell’Olbia cambia poco. Se dovessimo andare nel girone nord sarà un traguardo difficile conservare la categoria, viste le squadre che vi parteciperanno. La guida tecnica rimarrà la stessa – conclude il presidente - Non mi meraviglierei di vedere Michele Mignani sui grandi palcoscenici del nostro calcio tra qualche anno». © Copyright Università Niccolò Cusano

monticelliano è guidato da Alessandro Maddaluna (affiancato dai vicepresidenti Arcangelo Di Cola ee Anna Maria Ferreri) ed è legato da tempo all’UnicusanoFondi, con cui prosegue un solido rapporto di collaborazione. Il Monte San Biagio ha concluso al quinto posto il campionato di Prima categoria, con il primo posto nella Coppa disciplina. Un riconoscimento per il lavoro fatto da tecnici e dirigenti dal punto di vista dell’etica dello sport, che parte dalla prima squadra e arriva al settore giovanile. Anche i Giovanissimi allenati da Andrea Cesale (giun-

Alessandro Maddaluna e Nicola Ciarlone, presidenti di Monte San Biagio e UnicusanoFondi, insieme ad Andrea Carnevale

ti secondi in campionato), infatti, si sono contraddistinti per lealtà sul campo, ottenendo la piazza d’onore posto in questa speciale graduatoria, che tiene conto delle squalifiche e delle ammende a giocatori, tec-

I giovani calciatori del Monte San Biagio foto fcd monte san biagio

nici, dirigenti e sostenitori di ogni categoria. Rispetto ed educazione al centro del progetto sportivo del Monte San Biagio: il modo migliore per far crescere i giovani non solo sotto l’aspetto sportivo. © Copyright Università Niccolò Cusano



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