Unicusano Focus 12 gennaio 2015

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UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma

ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL

I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK

Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano

Miti azzurri Cammarelle gigante della solidarietà

L’azienda Salute La questione degli Ogm Mobilizzazione passiva analizzata dalla scienza il primo step è hi-tech

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l’opinione

Il corto circuito del lavoro In Italia i laureati faticano molto a trovare un’occupazione dopo il conseguimento del titolo. Un recente rapporto Eurostat basato sui dati del 2014 evidenzia che solo il 45% lavora entro i 3 anni dalla laurea a fronte di percentuali molto più elevate degli omologhi tedeschi (90%), britannici (83,2%) e francesi (75,2%) e di una media europea che si attesta al 76%. Altro elemento preoccupante è costituito dal fatto che, secondo recenti elaborazioni dell’OCSE, l’8% dei laureati italiani sceglie di emigrare in altri paesi europei dove ha la possibilità di utilizzare adeguatamente la propria professionalità. Tale dato rileva una validità del sistema formativo universitario italiano e, quindi, invita a riflettere sulle difficoltà del sistema imprenditoriale e della pubblica amministrazione di offrire concrete opportunità lavorative per i nostri neolaureati. Talvolta il comparto produttivo pubblico e privato è troppo concentrato a gestire le insidie congiunturali non riuscendo adeguatamente a intercettare le nuove professionalità di cui ha bisogno. I giovani rischiano di conseguenza di allontanarsi ulteriormente dalla formazione universitaria; il nostro paese è infatti all’ultimo posto nella graduatoria dei paesi europei per percentuale di laureati tra i 30 e i 34 anni. Questo genera un pericoloso corto circuito. Per interrompere questa tendenza, occorre rafforzare i rapporti tra università, imprese e pubblica amministrazione, anche attraverso lo sviluppo di un sistema di formazione duale (università/lavoro) e un potenziamento di tirocini e stage professionalizzanti. La costante interazione tra università e mondo produttivo originata dal coinvolgimento degli studenti favorisce la formazione di questi ultimi che devono costituire il punto di riferimento fondamentale per generare l’innovazione necessaria per migliorare la situazione del nostro sistema economico. Mario Risso Preside della Facoltà di Economia Università Niccolò Cusano

martedì 12 GENNAIO 2016 www.corrieredellosport.it

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luca pancalli

UNA missione PER IL futuro > Il presidente spiega gli obiettivi del Comitato Italiano Paralimpico: «Vogliamo innescare una rivoluzione culturale» > Su Rio 2016: «I Giochi sono un’occasione per dimostrare tutto il nostro valore» > A PAGINA II

la storia

serie d

La rinascita del Colonnello Albamonte dopo l’attentato

Parma, viaggio nel calcio senza veleni di Nevio Scala

> A PAGINA IV

> A PAGINA VII

> A PAGINA VI


II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

sport e disabilità

martedì 12 GENNAIO 2016

PANCALLI la rivoluzione sarà culturale Il presidente del Cip: «Lo “tsunami” del paralimpismo sta cambiando la percezione nei confronti della disabilità» Rio 2016, gli obiettivi a lungo termine del Comitato Italiano Paralimpico e Roma 2024. E, soprattutto, una «rivoluzione culturale», un «cambiamento positivo» che coinvolgerà il Paese grazie allo sport: la missione di Luca Pancalli, presidente del Cip, è la stessa da sempre, da quando è diventato un atleta paralimpico capace di entrare nella storia italiana, fino a quando ha intrapreso la carriera dirigenziale, dando vita a un movimento che è cresciuto in modo esponenziale. In un anno cruciale come quello paralimpico, Pancalli ha parlato del futuro imminente e quello più lontano, delineando con precisione obiettivi e traguardi del Comitato.

cordarsi che una medaglia deve servire da sprone e speranza per chi, in quel momento, pensa che la vita stia finendo lì. Facciamo l’esempio di Monica Contraffatto, caporale tornato dall’Afghanistan, dove ha perso una gamba in missione: guardando le immagini di Martina Caironi a Londra da un letto di ospedale ha pensato: “Voglio diventare come lei”. Quel momento di cronaca sportiva ha rimesso in piedi una persona che, grazie a un minuto di attenzione, ha visto scattare in sé una scintilla di motivazione. Ecco la differenza che può fare un campione». Tempo fa lei parlò del suo lavoro nello sport come una missione. E’ questa? «Sì, è ciò che ho sempre fatto io da atleta e dirigente: non dimenticare mai da dove sono partito, né le gioie né i dolori. I campioni non devono scordare da dove vengono: un loro gesto o un loro risultato può regalare un sorriso ben più grande di quello che regala una medaglia».

Presidente Pancalli, partiamo da Rio, il countdown è cominciato. Quali sono le aspettative per la spedizione azzurra e quali quelle per lo sport paralimpico italiano, dopo un’edizione memorabile come quella di Londra nel 2012? «Nella vita di un’organizzazione come la nostra l’anno paralimpico riveste un’importanza cruciale. E’ il momento dei bilanci: in Brasile verificheremo se ciò che è stato svolto in termini di attività, programmazione e politica sportiva ha dato i giusti frutti. Mi sento di essere moderatamente ottimista, in virtù dei risultati che abbiamo raggiunto sui palcoscenici più importanti nelle diverse discipline. In un’ipotetica proiezione sull’eventuale medagliere, siamo tra le prime dodici nazioni, in salita di una posizione rispetto alle ultime Paralimpiadi. E credo si possa fare ancora di più». Oltre ai risultati, dunque, ci sarà da valutare l’attività svolta dal Cip. «Ho sempre voluto comunicare lo sforzo che caratterizza la nostra organizzazione e per il quale ha meritato il riconoscimento di ente pubblico: all’interno dei nostri processi di azione e nello sviluppo delle politiche sportive, coniughiamo l’attenzione ai risultati a quella per i programmi di promozione e divulgazione del messaggio paralimpico, oltre alla diffusione dell’attività tra i giovani di questo Paese. E’ importante la medaglia, ma lo è ancor di più garantire il rispetto di diritto allo sport per i ragazzi disabili. Nel bilancio pesiamo entrambe le cose. Rio rappresenta un acceleratore di questa seconda parte, perché l’attenzione mediatica ci aiuta nel periodo post-paralimpico, generando interesse da parte della gente». Conferme ed exploit: cosa prevede? «Stiamo allargando la nostra competitività anche in discipline dove prima eravamo meno presenti. Mi aspetto molto da ciclismo, tiro con l’arco, nuoto, scherma e atletica leggera. Avremo risultati dall’equitazione e potremmo avere exploit nel canottaggio e nella canoa. E non dimentichiamo triathlon e tiro a segno. Dobbiamo invece ancora migliorare negli sport di squadra». Crescita, attenzione al territorio e un lavoro esemplare da parte delle Federazioni: il Comitato Italiano Paralimpico è un modello per tutto il mondo dello sport. «Vogliamo essere un esempio di buona prassi nel Paese, partendo proprio dal riconoscimento formale di ente pubblico per lo sport praticato da persone disabili e dall’avvenu-

to scorporo dal Coni; il Cip ha una propria missione, con valori e obiettivi che sono per molti aspetti coniugabili con quelli del Coni, ma per altri sono specifici. Ad esempio: l’azione promozionale, che si rivolge al mondo allocato nei settori del welfare e della Sanità. Utilizziamo lo sport come strumento di affiancamento ai processi riabilitativi e agiamo intercettando il lavoro che si fa nelle unità riabilitative o spinali. Il nostro non è un movimento sportivo, ma qualcosa di più: rappresenta un pezzo di welfare del nostro Paese».

L’appuntamento di Rio «In Brasile avremo l’opportunità di verificare se la nostra attività e la programmazione hanno dato i giusti frutti: ho fiducia»

Utilità pubblica «Il nostro non è un movimento sportivo, è qualcosa di più: rappresentiamo un pezzo Un esempio di utilità pubblica. «Siamo la dimostrazione più tangibile dell’u- di welfare di questo Paese» tilità dello sport nella promozione dei programmi di salute e di benessere nei confronti dei cittadini. Nel nostro caso è evidente l’impatto economico positivo: ad esempio, se all’investimento dello Stato di un’ora al giorno nella riabilitazione nel post traumatico-acuto si aggiungono quattro ore di sport, avremo persone disabili che aumentano le loro potenzialità residue e diventano cittadini che possono essere integrati più facilmente. E’ la metafora di quello che vorremmo avvenisse sempre nella vita: mettiamo i ragazzi nelle condizioni di poter esprimere le loro capacità».

I vostri campioni sono ormai testimonial riconosciuti: cosa possono fare di più? «Sono i riflettori di questo movimento, hanno una grande responsabilità: oltre a parlare dei propri risultati, chiedo loro di raccontare il percorso che li ha portati a vincere e ri-

I protagonisti «I campioni hanno una grande responsabilità, le loro storie sono un incoraggiamento per chi sta soffrendo» Comunicazione sociale «Sport e ricerca, tema cruciale: abbiamo sempre rivendicato un ruolo da protagonisti a sostegno della scienza» Roma 2024 «Poter organizzare l’evento nella Capitale sarebbe il sigillo del nostro processo di crescita E cambierebbe l’Italia intera»

Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport e Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@unicusano.it

Nicole Orlando (quattro medaglie d’oro, un record del mondo e un argento ai Mondiali IAADS in Sudafrica) è stata una delle quattro donne citate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno. «E’ stata l’unica persona citata del mondo dello sport. Ha dato lustro all’Italia ed è l’emblema di ciò che siamo riusciti a fare. In luglio, a Firenze, ci sarà un appuntamento molto importante con i Trisome Games, olimpiadi per atleti e atlete con sindrome di Down. Loro rappresentano l’anello delicato della nostra famiglia: il mondo del disagio intellettivo e cognitivo è come il vaso di cristallo che ognuno di noi ha in casa e a cui più tiene: vi si pone maggiore attenzione, è quello da preservare e curare».

Sopra, Luca Pancalli Al centro, insieme ad Annalisa Minetti, Marco Giunio De Sanctis, Oxana Corso, Alessio Sarri e Matteo Cavagnini

Per finire: la scommessa di Roma 2024 rappresenterebbe il ritorno a casa delle Paralimpiadi, dal momento che la prima edizione riconosciuta ufficialmente si è tenuta nel 1960, proprio nella capitale. «Dal nostro punto di vista sarebbe il sigillo di un processo di crescita. L’organizzazione di una Paralimpiade non è solo un grande evento sportivo, come ci ha insegnato Londra quattro anni fa. Permette a un Paese intero di fare un salto culturale in avanti, con il coinvolgimento di scuole, cittadinanza, palestre, istituzioni. Nei gesti degli atleti paralimpici, nei loro risultati e nelle loro imprese, c’è la dimostrazione che se si mette un ragazzo con disabilità nelle condizioni di potersi esprimere al meglio, può diventare un campione straordinario. Anche questa è una metafora della vita: per questo una Paralimpiade può cambiare un Paese».

Sopra, l’esultanza della schermitrice Bebe Vio

Nel nostro settimanale avviciniamo il più possibile, tramite le storie degli atleti con disabilità e le attività delle imprese che operano nel settore, il mondo dello sport e della ricerca. Pensa sia un binomio efficace? «Riuscire a coniugare i vari livelli di responsabilità rispetto alla condivisione di un obiettivo diffuso, come nel caso dei progetti di ricerca scientifica, è un tema fondamentale. E’ chiaro che ogni dimensione mette a disposizione ciò che può fare: il mondo dello sport amplifica i messaggi. Noi, per quanto riguarda lo sport paralimpico, abbiamo sempre rivendicato un protagonismo maggiore a sostegno della ricerca, perché ravviso in questo una grande opera di comunicazione sociale». Ci spieghi meglio. «Si organizzano spesso partite di calcio a sostegno della ricerca su varie patologie. Ecco, ho sempre immaginato la bellezza, ad esempio, di poter organizzare una partita di basket in carrozzina a scopo benefico: parlo appunto di comunicazione sociale, perché chi è già stato colpito si mette a disposizione di chi sta peggio inviando due messaggi: “noi siamo ripartiti” e una dimostrazione di forza di chi, comunemente, viene definito più debole». Guardando oltre Rio 2016, cosa c’è nel futuro del Comitato Italiano Paralimpico? «Nell’ottica della mia mission, stiamo creando una sorta di puzzle, cominciato dal 2000 fino a oggi: tutti i pezzi, nel tempo, prenderanno consistenza e ognuno capirà ciò che sta accadendo. Stiamo cambiando la testa di chi ci segue e di chi comunica: accanto all’aspetto di disabilità, il paralimpismo rende abili tutte le potenzialità della persona rispetto alla disabilità stessa. Abbiamo innescato un processo riformatore che coincide con una rivoluzione culturale: chi avrà modo di vedere tra vent’anni assisterà al cambiamento e capirà questo tsunami positivo che travolgerà il Paese grazie allo sport».

© Copyright Università Niccolò Cusano

foto augusto bizzi

Sotto, Alex Zanardi in una gara di handbike Sotto, a sinistra, la gioia di Martina Caironi


martedì 12 GENNAIO 2016

UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

ricerca e cultura

La genetica che cambia L’agricoltura Il dottor Defez dell’Istituto di bioscienze del Cnr di Napoli illustra gli aspetti positivi dei cibi Ogm re qualcosa in termini di comunicazione? «Certamente. Spesso si preoccupa il pubblico più di quanto non debba essere rassicurato. E’ chiaro che è difficilissimo comunicare dettagli tecnici ai consumatori che preferiscono affidarsi a un’idea tradizionale, come se solo quello fosse il cibo buono. Noi però non mangiamo più cibi antichi in nessun caso, perché sono quelli più soggetti agli attacchi dei parassiti, che se non contrastati evolvono e distruggono le coltivazioni. Il più efficiente sistema di tutela delle coltivazioni, il più sicuro e con minore impatto ambientale è a oggi l’Ogm che passa tanti controlli quanto un farmaco. Non esiste al mondo una persona ricoverata in ospedale per il consumo di una pianta geneticamente modificata».

«Finora grazie a loro abbiamo evitato lo spargimento di 56mila tonnellate di insetticidi» «A oggi le coltivazioni con patrimonio di geni modificato sono il sistema con minore impatto ambientale» Ogm sì, Ogm no. L’opinione pubblica è da sempre divisa su un tema così attuale e così importante per la nutrizione umana e quella animale. I detrattori accusano i produttori degli Ogm di produrre cibo poco salutare. Gli esperti in biotecnologie affermano però l’esatto contrario. Ne ha parlato il dottor Roberto Defez, direttore del Laboratorio di biotecnologie microbiche all’Istituto di bioscienze del Cnr di Napoli, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus durante la diretta della trasmissione “Genetica Oggi”. Dottor Defez, prima di entrare nel vivo della questione ci aiuti a capire come vengono realizzati gli Ogm. «La loro realizzazione avviene selezionando dei geni da batteri del terreno capaci di trasferire un’informazione che aiuta la pianta a combattere i suoi aggressori naturali. Quindi ci sono geni che aumentano la resistenza delle piante all’attacco di parassiti e di insetti, oppure che gli consentono di combattere contro erbe infestanti. Noi in particolare coltiviamo piante che sono incapaci di combattere contro le erbacce, molto più forti, e dunque se non le proteggiamo in questo modo non avrem-

mo certi tipi di coltivazione». Gli Ogm possono dunque proteggere le piante, ma possono essere un’alternativa ai pesticidi? «Anche chi si oppone agli Ogm spesso evidenzia come grazie all’utilizzo di mais e

cotone geneticamente modificato, che resistono da soli all’attacco dei parassiti, si è evitato lo spargimento in 13 anni di 56mila tonnellate di insetticidi. Ovviamente le ditte produttrici parlano di 503mila tonnellate ma questo è nelle corde del dibatti-

to fra produttori e avversari. La certezza per il consumatore è che quelle piante Ogm usano meno insetticidi di tutte le altre». L’agricoltura è una storia di modifiche genetiche. C’è quindi bisogno di cambia-

C’è invece chi attacca gli Ogm perché le grandi multinazionali dell’agroalimentare possono influenzare a loro piacere il mercato mondiale progettando sementi sterili o meno produttive. Cosa c’è di vero? «Non esiste nessun seme sterile venduto al mondo. Detto ciò, ci sono tantissime piante, non geneticamente modificate, per cui bisogna riacquistare i semi. Per esempio, se si acquistano dei peperoni non Ogm, questi hanno tutti semi sterili. Se aprite il peperone e ne raccogliete i semi nessuno di questi genera nuove piante. E’ l’evoluzione dell’agricoltura che ha portato molti tipi di coltivazioni con semi che sono elaborati dalle aziende sementiere non per speculazione ma perché il prodotto è molto più buono. Semi poco efficienti fanno marcire il frutto». © Copyright Università Niccolò Cusano

cinema

Le streghe femministe nella guerra tra i sessi «Tremate! Tremate! Le streghe son tornate!». Con questo slogan, il movimento femminista degli anni ’70 lanciava il suo avvertimento a quella società patriarcale, retrograda e castrante, che da sempre collocava la donna in una posizione subordinata. E la caccia alle streghe del tardo Medioevo altro non era stato se non la brutale manifestazione di una sopraffazione quotidiana e secolare. Di conseguenza il cinema, quando si confronta con tale figura soprannaturale, finisce spesso col raccontare la guerra tra i sessi, dalla quale gli uomini escono con le ossa rotte. liberazione. Come succede al marito di Joan Mitchell, la protagonista de “La stagione della strega” diretto nel 1972 – in piena rivolta femminista – da George Romero. Desperate housewife ante litteram, Joan vive la frustrazione quotidiana comune a molte quarantenni dell’epoca, ignorata dall’uomo che ha sposato e vittima della ribellione di sua figlia, che le fa una colpa della sua sottomissione. La congrega di streghe, emancipate, libere e indipendenti, che la accoglie come una sorella, diviene per lei la liberazione da quella prigionia. CON IL DIAVOLO. Emancipate sono anche le tre protagoniste de “Le streghe di Eastwick” del 1987, per le quali desiderare la presenza di un uomo al proprio fianco non è più una “sconfitta”, sebbene non sia “la risposta a tutto” come ammette una di loro. La loro ricerca dell’uomo ideale le porta tra le braccia dell’affascinante e sfrontato Jack Nicholson che prima le mette l’una contro l’altra e poi le convince ad accettare una promiscua relazione a quattro. Un Diavolo, dunque, ma pur sempre un uomo, capriccioso e mediocre nel suo infantile bisogno di attenzioni. E così le tre donne – che del Diavolo, si sa, ne sanno sempre una in più – sprigionano tutto il loro potenziale d’incantesimi e sortilegi per liberarsi dell’ennesimo, insignificante maschio ad averle imbrogliate.

fumetti

La vita di Renato Serra in una graphic novel Un letterario e bibliotecario cesenate “condannato alla giovinezza”. E’ passato un secolo da quel 20 luglio del 1915 quando Renato Serra morì in trincea, sul monte Podgora, a poco più di trent’anni. La sua storia oggi viene ripercorsa in una graphic novel pubblicata dall’editore Kleiner Flug nella collana “Prodigi fra le nuvole”, che ne offre un ritratto inconsueto e toccante. «Non conoscevo la sua storia quando me l’hanno proposta», ha raccontato Andrea Meucci, lo sceneggiatore, ai microfoni di Radio Cusano Campus, nel cor-

so della trasmissione “Giochi a Fumetti”. «L’idea – ha spiegato Meucci - è partita dal comune di Cesena. Ho accettato subito la loro proposta perché la storia di Serra mi ha colpito immediatamente. E’ un letterato con una vita breve ma nonostante questo emerge come figura di spicco in Emilia-Romagna. L’ho affrontato dal punto di vista della persona più che da quello delle opere. Era un individuo che nel pochissimo tempo che ha avuto a disposizione ha prodotto poco. Era complicato, ozioso, spinto da una sorta di noia nel pro-

durre articoli e critica letteraria sempre con un forte senso di riflessione e contemplazione». Meucci spiega di aver ricostruito il personaggio cesenate ripercorrendo la sua biografia attraverso frammenti di lettere e di opere, da “Esame di coscienza di un letterato” fino a “Diario dal fronte”. LA GUERRA. L’obiettivo dell’ope-

Lo scrittore Renato Serra

ra, però, non è quello di rappresentare il letterato quanto la persona, con tutti i suoi pregi, difetti e limiti: «Il nostro atteggiamento generale è stato quello di prendere il perso-

naggio con il massimo rispetto e delicatezza». «L’opera – continua Meucci – si sarebbe potuta intitolare “La guerra non cambia nulla”». In “Esame di coscienza di un letterato”, infatti, Serra scriveva: «La guerra è un fatto, come tanti altri in questo mondo; è enorme, ma è quello solo; accanto agli altri, che sono stati e che saranno: non vi aggiunge; non vi toglie nulla. Non cambia nulla, assolutamente nulla, nel mondo. Neanche la letteratura». La guerra, secondo Serra, non cancella quello che c’è stato, non annienta una persona-

lità. Lui stesso è andato in guerra ma affrontandola con il suo spirito, mantenendo un rapporto di distacco e contemplazione. La grandezza della guerra, che tanto si decantava in quel periodo, diventa un nulla nella sua visione. Un personaggio da scoprire e conoscere quello di Renato Serra, raccontato nella graphic novel della Kleiner Flug, con grafica affidata alla matita di Giorgio Carta. Un tratto che ricorda la “linea chiara” della scuola belga contraddistinto da una grande forza comunicativa. © Copyright Università Niccolò Cusano

Angelina Jolie, protagonista di “Maleficent” horror comedy. La guerra tra i sessi è, poi, materia esplicita della horror comedy “Le streghe son tornate” del 2013. Qui le fattucchiere sono forti, autoritarie e ingannevoli e verrebbe quasi da parteggiare per gli uomini se questi non fossero deboli, stupidi e facilmente manipolabili: come dichiara il regista, lo spagnolo Alex De La Iglesia, «meglio essere cattivi piuttosto che stupidi». il tradimento. Le streghe e le loro ragioni,

dunque, vincono spesso sul grande schermo e così anche la tipica strega malvagia delle fiabe diviene una donna ferita dal tradimento di un uomo. Accade in “Maleficent”, nel quale la “svolta femminista” induce persino il sovvertimento del più classico dei lieto fine: a spezzare l’incantesimo della damigella in pericolo non è, infatti, il bacio dell’aitante principe azzurro ma quello della strega interpretata da Angelina Jolie, madre che giura protezione e amore «finché avrò vita» a sua figlia. © Copyright Università Niccolò Cusano


IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

sport e disabilità

verso le paralimpiadi

Pararowing, si riparte dall’argento ai Mondiali 2013 Il pararowing, chiamato adaptive rowing fino al 2012, è il canottaggio per disabili: la disciplina prevede squadre miste di uomini e donne per tutte le sue categorie, stabilite secondo criteri di mobilità di diverse parti del corpo, cioè tronco, braccia e gambe. Le gare si disputano sulla distanza di 1.000 metri in quattro categorie: misto a sedile mobile, misto a sedile fisso, uomini a sedile fisso, donne a sedile fisso. Poiché permette di costituire squadre

composte da atleti con disabilità di diverse tipologie, e soprattutto di genere misto, il pararowing è considerato una delle più inclusive discipline paralimpiche. In forte espansione nel mondo, ha visto i suoi primi eventi paralimpici ufficiali a Pechino 2008. Alla sua seconda apparizione, ai Giochi Paralimpici di Londra 2012, sono stati 23 i Paesi a concorrere, per un totale di 48 imbarcazioni e 96 vogatori. Sono invece del 2013 i

primi Campionati del mondo specifici, svolti a maggio in Corea del Sud, dove la nazionale italiana guidata da Naccari ha vinto una medaglia d’argento con il quattro con, con Peppiniello Di Capua, storico compagno di squadra dei fratelli Abbagnale, a fare il timoniere dell’imbarcazione azzurra formata da Paola Protopapa, già campionessa paralimpica a Pechino 2008, Lucilla Aglioti, Tommaso Schettino e Omar Airolo.

una nuova vita grazie allo sport Il Colonnello Albamonte è stato vittima di un pacco bomba nel 2011 ma ha ritrovato la serenità scoprendo il canottaggio do, nuoto e allenamento funzionale, discipline che la mia disabilità tutta sensoriale mi consente di svolgere».

«L’incidente mi ha cambiato in positivo Prima ero troppo occupato sul fronte professionale»

IL POTERE DELLO SPORT. Oltre

«Devo ringraziare il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa per l’impegno nei nostri confronti» «Passare dalla condizione di normodotato a quella di disabile non è una cosa facile da accettare». Non ci gira intorno il Colonnello Alessandro Albamonte, già Capo di Stato Maggiore della Brigata Paracadutisti Folgore, raccontando il suo repentino cambiamento di vita, simile a quello di tanti suoi colleghi militari che, a causa di un infortunio in servizio, hanno riportato lesioni permanenti. «L’incidente tuttavia mi ha cambiato in positivo. Prima ero molto sbilanciato verso la vita professionale: servire il Paese è una vocazione che ci entra dentro e ci fa pensare quasi esclusivamente al nostro mestiere. Oggi però sono più comprensivo verso gli altri sia come soldato che come padre, marito e cittadino». L’ATTENTATO. Insomma se l’at-

tentato da una parte lo ha pri-

Il Colonnello dei paracadutisti Alessandro Albamonte

vato di abilità fisiche, dall’altra gli ha paradossalmente restituito qualcosa. Albamonte ama il suo lavoro, lo si percepisce da ogni parola e non mostra rancore per quanto accaduto quel 31 marzo 2011, quando rimase vittima di un attentato: non in missione all’estero, ma alla scrivania del suo ufficio, nella sua caserma, la “Ruspoli” di Livorno. «Per noi paracadutisti operare in teatri di crisi è la normalità, abbiamo sempre i sensi allertati, ma aprire

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un plico esplosivo nel proprio ufficio effettivamente non è cosa comune». Come dire che anche chi mette in conto di rischiare la vita nel proprio lavoro a volte può venire sorpreso dalla sfortuna. Nonostante le gravi lesioni alla vista, all’udito e alle mani, il Colonnello vuole vedere il bicchiere mezzo pieno: «L’incidente mi ha portato a praticare il canottaggio, che prima non conoscevo, e continuo a svolgere regolarmente attività fisica come corsa, sci di fon-

all’uomo, anche l’approccio con lo sport è cambiato: la pratica sportiva per i paracadutisti militari è un elemento fondamentale nell’addestramento perché, come spiega Albamonte, «il mantenimento delle proprie abilità psicofisiche rappresenta un’accresciuta componente capacitiva». E ora, pur rimanendo nei ranghi della Brigata paracadutisti, il Colonnello testimonia l’importanza dello sport quale strumento di riequilibrio psicofisico. «ll Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa è un’iniziativa molto utile per noi feriti in servizio – spiega Albamonte – perché favorisce il reintegro nella società attraverso lo sport, facilitando il recupero a 360 gradi». Ovviamente i momenti di scoramento non mancano e questa squadra, che gareggia nelle maggiori competizioni internazionali (Albamonte ha partecipato agli Invictus Games di Londra), rappresenta un sostegno forte per i militari che vi appartengono. «Quando sono in difficoltà, mi avvicino ai membri del gruppo che vivono con grande dignità i propri limiti, in molti casi gravissimi: se penso di non farcela sto con loro e tutto diventa più semplice». Il bilan-

cio rimane comunque pesante, anche se il Colonnello Albamonte è rassicurante: «Io ho perso un occhio, ho problemi a entrambe le mani e all’udito. Ma fare sport mi dà serenità e tranquillità. Da disabile ritengo che queste attività aiutino moltissimo la nostra condizione, perché come la vita ci pone davanti i nostri limiti per trovarne di ulteriori, lo sport ci mette davanti alle nostre barriere per lasciarci autonomia e responsabilità». © Copyright Università Niccolò Cusano

l’opinione

Attività fisica, il pilastro dell’inclusione sociale L’analisi del professor Rafael de Asís: «Dobbiamo lottare contro le barriere» Questo articolo è il primo di tanti contributi che il professor Rafael de Asís, dell’Università Carlo III di Madrid, darà al settimanale Unicusano Focus - Sport&Ricerca. Il professor de Asís è presidente della Fondazione Gregorio PecesBarba per lo studio e la cooperazione sui diritti umani e presidente del club di basket Baloncesto La Rozas, il terzo per estensione della capitale spagnola. E’ anche uno dei maggiori esperti in materia di disabilità, soprattutto legata alla pratica sportiva. Sul tema ha recentemente pubblicato lo studio “Sobre discapacidad y derechos, Dikinson”. Si è soliti scrivere sulla disabilità e lo sport da una prospettiva medico-sanitaria, riferendosi ai benefici che la pratica sportiva ha per la salute dei disabili o per render conto del superamento di tali disabilità, della perseveranza e del valore dello sforzo umano. Risulta però meno abituale fare tale analisi dal punto di vista dei diritti, la non discriminazione e la inclusione, ciò accade nonostante l’approvazione della Convenzione del 2006 sui Diritti delle persone con disabilità, che obbliga ad analizzare le disabilità all’interno della prospettiva dei diritti umani, nella dimensione sociale, nella quale la disabilità è anche il risultato delle carenze e delle barriere, comprese quelle sociali. La pratica sportiva è uno dei pilastri dell’inclusione sociale, sullo stesso piano dell’istruzione e del lavoro. Nelle nostre società la frequenza scolastica, l’occupazione o fare sport sono fattori di inclusione sociale, di conseguenza il modo in cui concepiamo e configuriamo questi spazi è importante nella lotta contro la discriminazione. In tutti questi ambiti, l’abilità ha un rilievo particolare, tanto che le persone con disabilità, fin dal principio, si trovano in una posizione particolare. All’abilità, però, si suole collegare il termine eccellenza, inteso come un insieme di attitudini che permettono di raggiungere il successo, inteso anche in senso economico. Questo è un fattore che favorisce la discriminazione, fatto particolarmente grave quando si verifica in quegli ambienti dove si educano i minori, che si abituano a considerare come normale e giustificata tale discriminazione.

Non si riesce a considerare la disabilità come una questione dei diritti umani solo attraverso le norme giuridiche. Tale processo richiede una trasformazione sociale che faccia venir meno la discriminazione in tutti gli ambiti dell’inclusione (suffragio, protezione della salute, impiego), ma soprattutto in quelli in cui i più giovani si indirizzano e in quelli in cui i giovani si formano (educazione e sport). È chiaro che le mie riflessioni si riferiscono allo sport amatoriale e soprattutto allo sport di base. Ma tale discriminazione esiste anche in altri ambiti. Uno di questi è l’organizzazione di Giochi olimpici e paralimpici separati, come a voler sottolineare che la disabilità è qualcosa di speciale che esce dalla normalità. Un altro è la differenziazione tra lo sport adattato (con modalità rese atte a persone con disabilità ed unicamente da queste praticate) e lo sport inclusivo (modi di praticare sport comuni a persone con o senza disabilità). Il primo permette alle persone con disabilità di praticare uno sport e conseguentemente permette di superare barriere discriminanti; il secondo favorisce in più l’inclusione e l’accettazione delle diversità. Va detto che lo sport inclusivo è quasi sempre ignorato dalla società e trascurato dai media e nelle politiche per lo sport. Lo sport è stato tradizionalmente separato dal diritto e ancor più dai diritti. È necessario avvicinarlo e, considerando lo sport di base, concepirlo come una pratica educativa e inclusiva, non finalizzata solo al risultato personale, professionale ed economico. È importante lottare, già a partire dall’interno del mondo sportivo, contro le barriere che rendono difficile la pratica dello sport a persone con disabilità, favorendo lo sport che è reso praticabile in contesti inclusivi (insieme a quelli che non lo sono) come pure lo sport praticabile da tutti, sia che abbiano o non abbiano disabilità. E soprattutto dobbiamo lottare contro le barriere comportamentali, contro la tendenza a intendere la disabilità come qualcosa di speciale e al di fuori del normale. Professor Rafael de Asís, Università Carlo III, Madrid (Traduzione del professor Enrico Ferri)

Un momento di gioco della sfida tra Italia e Spagna alle Paralimpiadi di Londra 2012


martedì 12 GENNAIO 2016

sport, disabilità e cultura

Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

prendo a PUGNi Ogni PREGIUDIZIo

Roberto Cammarelle, icona della boxe azzurra: «Lo sport per disabili è una grande ricchezza» Oro a Pechino 2008 e due volte campione del mondo: ecco i traguardi raggiunti e gli obiettivi futuri

«A 11 anni, nel 1991, e a combattere a 14 compiuti, come prevede il regolamento. Sono entrato in palestra per dimagrire e mi

«Solo la passione e la voglia di vincere possono fare la differenza» spiega il pugile Roberto Cammarelle è una leggenda del pugilato italiano. Combattente nella categoria dei pesi supermassimi, oro olimpico ai Giochi di Pechino del 2008 e campione del mondo dilettanti nel 2007 e nel 2009, nominato su iniziativa del Presidente della Repubblica prima Commendatore e poi Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana. Un’icona della nostra boxe, che ha parlato con noi della sua carriera, dei suoi obiettivi dentro e fuori dal ring e della sua visione dello sport per disabili, che definisce «un arricchimento della persona». Quando hai iniziato con il pugilato?

sono ritrovato a imparare un’arte che ora è la mia passione e il mio lavoro». Qual è stato l’incontro più importante della tua carriera? «Sicuramente la finale alle Olimpiadi di Pechino 2008: vincendo ho scritto il mio nome nella storia di questo sport». E il match che vorresti poter disputare di nuovo?

«L’altra finale olimpica, quella di Londra 2012. Col senno di poi, rifarei qualcosa di diverso nell’ultima ripresa». Sei una leggenda del nostro sport. Quanti sono i sacrifici che hai dovuto affrontare per arrivare a questi livelli? «I sacrifici più grossi sono quelli che fai stando

lontano dai tuoi affetti più cari. Tutto il resto è fatica ben voluta. Scegliamo di fare i

L’azzurro Roberto Cammarelle, 35 anni, campione olimpico nel 2008 nei Pesi supermassimi

pugili perché nel sangue scorre quella passione: una scelta di vita, non un sacrificio». Le Olimpiadi di Pechi-

no hanno rappresentato il momento più alto della tua carriera? «Mediaticamente sì, ma credo che vada equiparato a un campionato del mondo, e io ne ho vinti due». Cosa ti senti di consigliare ai più giovani che si stanno innamorando di questo sport? «Se vuoi fare questo sport

in maniera professionale o professionistica, devi crederci veramente. Nessuno può darti la voglia di vincere e senza voglia di vincere non sfondi». Ci sveli uno dei tuoi segreti sul ring? «Non ho segreti. Salgo sul ring convinto di vincere e faccio tutto quello che so fare per vincere. Semplice, no?». Come ci si prepara prima di una Olimpiade? «E’ il frutto di anni di lavoro. Non puoi pensare di essere il migliore un anno e andare alle Olimpiadi. Ci si deve qualificare e fare la gavetta. Io mi sono allenato quasi tutti i giorni, due sedute da due ore, per tutta la mia carriera». Su queste pagine si parla spesso di sport e disabilità. Quanto è importante lo sport. secondo te. per il superamento dei pregiudizi nei confronti delle persone diversamente abili?

«Lo sport è uno dei pochi, se non l’unico modo, capace di unire veramente le persone. La disabilità è spesso nello sportivo un arricchimento della persona e al tempo stesso lo sport arricchisce e migliora una persona con disabilità. Questi sportivi riescono a fare cose che i normodotati possono a malapena sognare. Io sono e sarò sempre al loro fianco nella lotta al pregiudizio». Per quali progetti ti stai preparando? «E’ l’anno olimpico e ricorre anche il centenario della mia federazione. Io voglio festeggiarla e onorarla con qualche combattimento celebrativo. Mi sto allenando intensamente per lasciare un bel ricordo di me». Olimpiadi a Roma del 2024: quanto sarebbe importante per lo sport italiano aggiudicarsi questo evento? «Le Olimpiadi in Italia sarebbero una vittoria di tutti.

Spero che non siano motivo di furberie, abituali purtroppo nel nostro Paese, perché sbagliare davanti al mondo sarebbe terribile. Io sto con Roma 2024». Per cosa combatte Roberto Cammarelle al di fuori del ring? «Per il benessere della mia famiglia. Vivo per mia moglie Nicoletta e i mie figli Mattia e Davide. E per tutte le buone cause che mi coinvolgono: sono testimonial di Sport Senza Frontiere, per riuscire a far praticare sport ai ragazzi che non possono permetterselo; dell’Osservatorio Bullismo e Doping e dell’Istituto Serafico, dove vengono accudite e curate persone con diverse disabilità motorie e mentali». È già nato in Italia il nuovo Roberto Cammarelle? «Non lo so, sarà il tempo a dire se è già nato. Per ora ci sono ancora io». © Copyright Università Niccolò Cusano

l’analisi

Onu e Rio 2016: lo sport diventi veicolo di pace Con i suoi valori può contribuire a creare la giusta atmosfera di tolleranza e dialogo tra popoli e nazioni L’Assemblea delle Nazioni Unite ha rievocato “l’ekecheiria”, ossia la tregua olimpica Il 26 ottobre scorso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 70/4 su “Costruire un mondo migliore e di pace attraverso lo sport e gli ideali olimpici”, argomento che già nel 2013 era stato inserito nell’agenda dei lavori dell’Assemblea con la risoluzione 68/9. Parlare dello sport come un mezzo attraverso cui costruire e diffondere la pace tra le Nazioni, in un periodo storico in cui il mondo è sconvolto da attentati terroristici e da guerra endemiche in varie parti del globo, sembra ricordare l’episodio biblico di Davide e Golia. Eppure lo sport potrebbe rappresentare il sasso nelle mani di un novello Davide, poiché svolge un importante ruolo nel promuovere l’educazione, lo sviluppo sostenibile, la solidarietà, la cooperazione, la salute e l’inclusione sociale. Un esempio lampante di ciò è dato dall’importanza dello sport per lo sviluppo neuro-psico-fisico di alcune fasce della popolazione, come i minori e le persone con disabilità. E non è un caso che sia la Convenzione delle Na-

Nelle foto, due momenti della cerimonia d’apertura di Londra 2012

zioni Unite sui diritti del fanciullo sia la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità affermino il diritto dei minori e dei disabili ad essere messi in condizione di partecipare alle attività sportive. I VALORI. Lo sport, con i suoi

ideali condivisi a tutte le la-

titudini, contribuisce a creare un’atmosfera di tolleranza e comprensione tra i popoli e le nazioni, ed è questa la leva che l’Assemblea generale vorrebbe che gli Stati utilizzassero per rendere il mondo un luogo migliore e di pace. A tale scopo, l’organo delle Nazioni Unite rievoca l’ekecheiria, ossia la tregua olimpica,

che nel mondo greco implicava l’interruzione delle ostilità da sette giorni prima dell’inizio dei Giochi olimpici a sette giorni dopo la loro conclusione. L’Assemblea chiede, quindi, agli Stati membri dell’Onu di mettere in atto tale tregua nel periodo comprendente sia la XXXI Olimpiade che la XV Paraolimpiade, che si terranno a Rio de Janeiro la prossima estate. Non vi è dubbio che questo sarebbe un segnale importante e forte dato a quanti vogliono diffondere il terrore o lucrano sui conflitti oggi esistenti, e potrebbe trasformare la manifestazione sportiva per eccellenza in uno strumento di politica internazionale con cui rendere il mondo un luogo migliore e di pace. Valentina Zambrano Docente di Diritto Internazionale Università Niccolò Cusano


VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 12 gennaio 2016

sport, industria e disabilità

riabilitazione passiva il movimento è hi-tech Dai macchinari della bolognese Rimec passano le chance di recupero dopo un incidente e la riduzione di effetti negativi in caso di disabilità «Parliamo di un campo di intervento destinato normalmente ai pazienti “acuti” e non cronici. Gli utilizzatori principali sono i reparti ortopedici e i centri di fisioterapia che seguono il paziente fino al completo recupero. C’è poi chi fa assistenza domiciliare e noleggia questi apparecchi per l’uso a casa. Per il 75 per cento vendiamo i nostri macchinari all’estero e per il 25 in Italia».

«Gli utilizzatori principali dei nostri articoli sono reparti ortopedici e centri di fisioterapia» Il direttore commerciale Sauro Neri spiega i progressi compiuti dall’azienda Dal 1988 la Rimec di Rioveggio, in provincia di Bologna, costruisce macchinari per la mobilizzazione passiva. Una pratica fondamentale nella prima fase del recupero del movimento articolare e da affiancare al lavoro del fisioterapista, come spiega il dottor Sauro Neri, direttore commerciale dell’azienda bolognese, un esempio concreto di come il made in Italy sia sempre all’avanguardia quando si parla di tecnologia al servizio della salute. Dottor Neri, qual è il core business dell’azienda?

L’apparecchiatura Fisiotek 3000, per la mobilizzazione passiva degli arti inferiori

«Produciamo mobilizzatori passivi destinati alla prima fase di riabilitazione dopo diverse tipologie di infortunio o patologie che interessano l’articolazione , da quelle che riguardano le ginocchia o più

in generale le articolazioni principali dell’arto inferiore (oltre al ginocchio, l’anca e la caviglia) o per l’arto superiore. Nel primo step della riabilitazione, dopo patologie trattate chirurgicamente o no, è

richiesta una riabilitazione in forma passiva, che segua parametri decisi dal fisioterapista rispetto al carico, la durata e la capacità. Per fare un esempio, nell’arco di tempo necessario alla riabilitazione

scuola

INNOVAZIONE. E’ infatti lo stes-

so Fablab Roma Makers a gestire lo spazio messo a disposizione dalla scuola, con il laboratorio inaugurato ai primi di dicembre scorso. «I ragazzi sono entusiasti, in questa fase iniziale ci lavorano due

Chi sono i vostri clienti?

Come possono aiutare le persone disabili? «I centri di fisioterapia, che normalmente accolgono pa-

zienti cronici, utilizzano queste apparecchiature per mobilizzare il paziente, muovere le articolazioni e favorire una buona circolazione sanguigna. L’obiettivo in questo caso è ridurre gli effetti collaterali negativi propri della patologia di cui soffre il paziente e contribuire a mantenere la qualità della vita il più alta possibile. Questo discorso è valido sia per chi ha problemi di mobilità sia per chi è affetto da patologie cerebrali». Che contatti avete con il mondo dello sport? Vi è capitato di fornire macchine ad atleti o società sportive? «Non direttamente, ma almeno in Italia so per certo che alcuni dei centri di fisioterapia che hanno in dotazione le nostre macchine hanno naturalmente tra i loro pazienti anche atleti e sportivi. Naturalmente, soprattutto ad alti livelli, sappiamo che le metodiche di riabilitazione tendono ad accelerare al massimo il recupero. Il trattamento applicato su un atleta professionista è diverso nella posologia nei tempi e quindi anche la fase in cui si utilizzano i mo-

bilizzatori passivi si riduce». Dal 1988 a oggi quali sono stati i principali elementi di innovazione? «La tecnologia è migliorata soprattutto per quanto riguarda le componenti elettroniche, ridotte per dimensione e più facili da programmare e controllare. Grandi passi avanti sono stati fatti anche nei materiali, sempre più leggeri: le nostre macchine utilizzano leghe di alluminio, acciaio inox e tipi di nylon. Tenga conto che per quanto ci riguarda siamo già alla quinta generazione di CPM per l’arto inferiore a testimonianza di una continua ricerca di miglioramento del prodotto». Quali sono i prossimi appuntamenti per conoscervi? «Alla fine di gennaio parteciperemo come sempre all’Arab Health di Dubai, un grande evento internazionale, mentre per conoscerci in Italia il principale appuntamento è l’Expo Sanità che si tiene alla Fiera di Bologna nella seconda metà di maggio». © Copyright Università Niccolò Cusano

special olympics

Sport, inclusione e nuove sinergie per tutelare il diritto alla salute

Laboratorio digitale nasce un progetto per creare comunità Quand’è che una scuola si può definire davvero buona? Un ottimo esempio arriva da un istituto della periferia di Roma che si apre e si spende per i suoi studenti e comunica con il territorio nel quale si trova, una scuola che crea comunità. Una scuola così esiste, e sta facendo la differenza nel Municipio XIII di Roma. Stiamo parlando dell’Istituto Comprensivo Rosmini che ospita, prima scuola pubblica in Italia, un FabLab, un laboratorio di fabbricazione digitale. Un primato di cui andare orgogliosi e che ha raccontato, ai microfoni di Radio Cusano Campus, il professor Maurizio Bonadies, vicepreside: «Avevamo già un laboratorio di informatica, e da lì, d’accordo con l’Associazione dei Genitori (Agir) della nostra scuola e grazie a Leonardo Zaccone, fondatore del Roma Makers, nostro ex studente, il progetto ha preso il via».

dopo la ricostruzione del crociato, che oscilla dai 4 mesi e mezzo ai 6 mesi, la mobilizzazione passiva si applica nelle prime 3-4 settimane».

Sono macchine che si possono usare autonomamente? «Dipende. Alcune macchine, le più complesse, devono essere utilizzate sotto lo stretto controllo di uno specialista, altre, per uso domiciliare, possono essere utilizzate autonomamente dai pazienti secondo le indicazioni del fisiatra o del fisioterapista. L’importante è ricordare che nella riabilitazione hanno un ruolo fondamentale ma non esclusivo».

Un meccanismo per la riabilitazione del polso

pomeriggi a settimana, ogni lunedì e venerdì. Per il momento a essere coinvolti nelle attività del FabLab sono i ragazzi di terza media, mentre nei prossimi mesi amplieremo l’offerta anche la mattina, e temo che dal prossimo anno scolastico lo spazio che abbiamo non riuscirà a soddisfare più tutte le richieste», continua il professor Bonadies. «La nostra è una scuola inclusiva, ed è ovvio che la tecnologia ci permetta anche di andare maggiormente incontro alle esigenze degli studenti e delle famiglie. L’innovazione è un cardine di

tutto questo, e fa sì che i docenti parlino la stessa lingua degli alunni». Non solo studenti e non solo tecnologia. Il professor Bonadies racconTERRITORIO.

ta infatti altre iniziative della scuola: «Alcune ore nel FabLab sono dedicate ai genitori, dopo quelle per i nostri ragazzi, così come il corso di teatro e tante altre attività che abbiamo messo in piedi, dall’orchestra, al corso di orientamento e per la genitorialità, al corso di musica. In questo ci aiuta ancora una volta l’Agir, il supporto dell’Associazione dei Genitori dell’Istituto Rosmini è fondamentale. E’ importante per una scuola aprirsi al territorio, essere un punto di riferimento per la comunità nella quale si opera. Quello che voglio sottolineare è l’orgoglio che proviamo tutti nell’appartenere a questa scuola, di farne parte come professori, studenti e genitori. E stiamo parlando di un istituto che conta 1.010 alunni e 85 docenti». © Copyright Università Niccolò Cusano

Il ministero della Salute e Special Olympics Italia hanno firmato il protocollo d’intesa per la tutela del diritto alla salute e la promozione del benessere delle persone con disabilità intellettiva. Alla base dello stesso è stato sancito un accordo di collaborazione per individuare modalità condivise al fine di monitorare e promuovere lo stato di salute della popolazione con disabilità intellettiva; migliorare, coordinare e agevolare comunicazioni per ampliare le conoscenze sul tema e attuare tutte le risorse e le energie possibili per realizzare siner- Gli Atleti Special Olympics giche campagne di sensibilizzazione per abbattere gli stereoti- zionale attraverso un programma inpi e i pregiudizi esistenti nei confronti ternazionale di gare e competizioni atdelle persone con disabilità intellet- letiche per persone con e senza disativa. Promuovere, in favore di queste bilità intellettiva. Ogni anno organizstesse persone, azioni e iniziative vol- za Giochi regionali e Giochi nazionali, te a diffondere stili di vita attivi che in- con l’Alto Patronato del Presidente delcentivino alla pratica dell’attività fisi- la Repubblica e il patrocinio delle più ca e motorio-sportiva, con particolare alte Autorità civili e militari, in diverse attenzione alla primissima infanzia e discipline sportive, che hanno lo scoall’età pediatrica, in quanto strumen- po di incentivare, testare e promuoveti che favoriscono il benessere fisico re le abilità e le conoscenze acquisite e psicologico, in ogni fase della vita e con la pratica sportiva, fornendo l’ocper ogni livello di abilità, nonché l’in- casione per grandi momenti di inconclusione sociale. tro e socializzazione con la partecipazione di volontari e famiglie. Ha inolSTORIA TRENTENNALE. Special Olympics tre tra i suoi fini istituzionali l’obiettivo Italia Onlus, riconosciuta quale Asso- di progettare e organizzare l’attività diciazione Benemerita dal Coni e dal CIP, dattica riferita a corsi di preparazione opera dal 1983 su tutto il territorio na- e di aggiornamento tecnico per ope-

ratori del settore, organizzare giornate di studio, convegni, seminari, stage nazionali e internazionali e altre forme di incontro organizzate su tematiche riguardanti la disabilità intellettiva e la partecipazione sportiva, studiare e promuovere, con particolare interesse, lo “Sport Unificato” come approccio privilegiato per favorire l’inclusione e coinvolgere volontari nella promozione e organizzazione di Special Olympics, a tutti i livelli. HEALTHY COMMUNITY. Special Olympics

promuove la realizzazione di “Healthy Community” attraverso la diffusione di informazioni sullo stato di salute della popolazione con disabilità intellettiva e la formazione, teorica e pratica, di studenti universitari, medici e specialisti in diversi ambiti e branche mediche e sanitarie affinché siano in grado, nel loro operato quotidiano, di accogliere le persone con disabilità intellettiva e acquisire idonee tecniche di approccio, di prevenzione e di cura, promuovendo altresì il volontariato attivo nel settore medico e sanitario. Special Olympics Italia, dal 1999 a oggi, ha condotto studi e raccolto dati nel campo dell’optometria, odontoiatria, podologia, fisioterapia, audiologia alimentazione e prevenzione attraverso i rispettivi programmi di screening gratuiti denominati Special Olympics Lions Club International Opening Eyes, Special Olympics Special Smiles, Special Olympic Fit Feet, Special Olympics FUNfitness, Special Olympics Healthy Hearing e Special Olympics Health Promotion. © Copyright Università Niccolò Cusano


martedì 12 gennaio 2016

unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

La cusano racconta la serie d

Virtus Francavilla calcio ”biologico” Laprova ad allungare alla Nevio Scala UnicusanoFondi in scia il punto sul girone h

L’ex tecnico è ora presidente del nuovo corso del Parma: «Sogno lo sport senza veleni e basato sull’educazione» Da Wembley, dove ha sollevato la Coppa delle Coppe edizione 1993, allo Stadio dei Pini del Ribelle di Castiglione di Ravenna. Dalla Coppa Uefa contro la Juventus alla sfida con il Sottomarina di Chioggia. Nevio Scala, attuale presidente del Parma, ha visto nascere il sogno gialloblù direttamente dalla panchina del Tardini. Erano anni di successi e soddisfazioni, quando i ducali, arrivati dalla Serie B con lui al timone, sfidarono tutte le migliori squadre in Italia e in Europa. Scala, però, ci ha messo poco a calarsi in questa nuova realtà. Uno che ha vinto sia in Ucraina che in Germania, ha accettato la sfida di far risalire il Parma dall’inferno della Serie D per tornare sui palcoscenici che competono a questa grande piazza. «Quando ho ricevuto la telefonata per partecipare a questo nuovo progetto, ho prima deciso di capire cosa ci fosse in ballo – racconta Scala - abbiamo fatto molte riunioni durante le quali ho conosciuto i dirigenti. C’era molto entusiasmo, perché gli industriali di Parma non accettavano che questa realtà scomparisse dal mondo del calcio. Hanno unito le loro forze e mi hanno detto «se c’è lei, ci siamo anche noi»”. E così è nata anche la leggenda dei “magnifici sette”, gli imprenditori che hanno salvato il Parma Calcio: «Marco Ferrari è il motore di questa nuova avventura – sottolinea il presidente dei gialloblù -

In panchina con i ducali ha vinto Coppa Italia, Coppa Uefa, Coppa della Coppe e Supercoppa europea La nuova avventura da dirigente: «Stiamo facendo un lavoro straordinario grazie all’impegno di tanti» lui era all’interno della società con Ghirardi, poi ne è uscito. Ha ricominciato con noi coinvolgendo tutti e creando questo progetto».

ci, ho creato lo staff con tanti campioni del Parma. Non conoscevo la categoria e mi sono dovuto fidare ciecamente dei miei collaboratori. Il lavoro è stato straordinario e i risultati ci stanno dando ragione». Il Parma ora comanda il girone D davanti all’Altovicentino, altra società molto ambiziosa: «Pensavo fosse un campionato più limitato – ammette – invece ho trovato realtà organizzate e tanto entusiasmo. Noi ci siamo subito calati in questa dimensione». Luigi

Apolloni in panchina, Lorenzo Minotti responsabile dell’area tecnica, Fausto Pizzi responsabile del settore giovanile: tre icone del Parma che contribuirono ai grandi successi europei degli anni ’90 e che hanno rischiato di non poter più toccare quei trofei. Dopo il fallimento, infatti, la bacheca del Parma venne sequestrata: «Mi sarebbe dispiaciuto fossero andati all’a-

ESCALATION.

L’avventura in serie D non è partita sotto i migliori auspici: «In attesa del via libera della Lega, cominciammo il 5 agosto con appena tre giocatori in prova». Scala però non si è preoccupato e la passione della città, che ha risposto con quasi diecimila abbonati, ha aiutato il lavoro: «Io mi occupo degli aspetti tecni-

Nevio Scala, 68 anni, con il Parma è in testa nel girone D della Serie D

unicusanofondi

Ancora un en plein per le giovanili rossoblù Ancora un en plein per il settore giovanile dell’UnicusanoFondi. Quattro vittorie su quattro partite per le formazioni rossoblù, che confermano la bontà del lavoro che dirigenti, tecnici e giovani calciatori stanno conducendo in questa stagione. La Juniores nazionale e gli Allievi provinciali hanno consolidato i rispettivi primati: i ragazzi di Minieri sono ora soli al comando, mentre l’undici guidato da Quinto e Iannitti si è imposto segnando nove volte nella sfida contro il Don Bosco Gaeta, infilando la decima vittoria su altrettante partite. Terza vittoria di fila per i Giovanissimi regionali, che si avvicinano rapidamente alla parte alta della graduatoria. Successo pirotecnico per i Giovanissimi provinciali, che hanno messo a segno 16 reti contro il Bassiano.

sta – riprende Scala - la nostra società ha pensato bene di offrire la cifra che i curatori fallimentari avevano stabilito. Con 50mila euro abbiamo riavuto tre Coppe Italia, una Supercoppa europea e una italiana, due Coppe Uefa e una Coppa delle Coppe. Sono legato a tutti questi successi. La prima Coppa Italia è stata clamorosa. Eravamo una piccola squadra, il lavoro e la voglia furono il nostro segreto». IL PROGETTO. Scala ha deciso di

portare avanti un calcio incentrato sui giovani: «Siamo obbligati a farlo. Eravamo senza giocatori, i più bravi se ne erano andati. Ho detto a Fausto Pizzi che non chiederò mai il risultato, ma come procede la settimana. Voglio degli uomini, delle persone in grado di essere diverse dalle altre». Una filosofia nuova, che ricorda la via scelta dall’UnicusanoFondi: prima l’educazione e la valorizzazione di ideali importanti e poi il campo: «Sogno un calcio “biologico”, senza veleni, senza storture. Queste iniziative avranno sicuramente un seguito. Da qui a qualche anno molte società dovranno attrezzarsi, copiare il modello Parma. Pensare solo al risultato non permette programmi a lunga scadenza. Noi e pochi altri lo abbiamo capito. In futuro - conclude Scala toccherà a tutti». © Copyright Università Niccolò Cusano

Juniores nazionali CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 29 Trastevere 27 Ostia Mare 23 Rieti 23 Rieti 23 San Cesareo 21 Aprilia 21 Viterbese 20 Astrea 15 Cynthia 13 Serpentare 11 Flaminia 6 Isola Liri 3 Lupa Castelli Romani -

Successo interno per l’UnicusanoFondi, vittorioso per 3-2 sul Taranto

La fuga dei pugliesi: +5 sugli universitari soli al secondo posto Il Francavilla si ferma contro il Serpentara La Virtus Francavilla supera il San Severo nei minuti di recupero, l’UnicusanoFondi si aggiudica il big match con il Taranto e sale al secondo posto, approfittando dello stop interno del Francavilla in Sinni, il Nardò pareggia contro il Bisceglie allo scadere, all’ultimo sospiro e tiene botta, Taranto e Pomigliano perdono terreno. Sono questi i risultati dei protagonisti della parte alta del girone H nella seconda giornata di ritorno. LA VIRTUS ALLUNGA. Con

allievi provinciali CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 30 Formia 22 SS. Cosma e Damiano 22 Monte San Biagio 20 Don Bosco Gaeta 19 Mondo calcio Formia 19 Vigor Gaeta 15 Don Bosco Formia 10 Virtus Lenola 5 Briganti Itri 4 Insieme Ausonia 3 Scauri 1

il

primo gol stagionale di Picci, i pugliesi primi della classe conservano il primato e allungano sulle inseguitrici, ora distanti cinque lunghezze. Al secondo posto sale l’UnicusanoFondi, che al termine di un pomeriggio ricco di emozioni supera il temibile Taranto in un confronto diretto fondamentale per la lotta promozione. I rossoblù pugliesi, ancora alle prese con le difficoltà fuori casa, dovranno cambiare marcia per accorciare la distanza dalla vetta, ormai distante nove punti. Dovrà rimettersi in piedi anche l’undici lucano di Francavilla in Sinni, battuto in casa dal Serpentara (dieci punti nelle ultime quattro partite per i romani, che cercano di venir fuori dalla parte bassa della classifica) e ora costretto a perdere posizioni.

Il Nardò rimane in scia grazie al buon pareggio ottenuto in extremis a Bisceglie contro una squadra che sta disputando un ottimo campionato. Grazie al punto ottenuto domenica, i nerazzurri hanno raggiunto il Pomigliano, superato dal Marcianise.

giovanissimi regionali

giovanissimi provinciali

CLASSIFICA Pt La Selcetta 34 Sermoneta 34 Aprilia 31 Albalonga 27 Pomezia 24 Virtus Nettuno 20 UnicusanoFondi 19 Borgo Podgora 18 Pontinia 12 Calcio Sezze 11 Anzio 11 Sabotino 11 Unipomezia Virtus 9 Agora F.c. 8 Don Bosco Gaeta 7 Priverno Calcio -

SALVEZZA. Tre punti nelle ul-

time quattro giornate e il Potenza scivola verso la parte bassa della classifica. Nell’ultimo turno ancora un ko contro il Manfredonia, che effettua il sorpasso. Sempre più difficile il discorso salvezza per il Picerno, battuto in casa dall’Aprilia, che ha scavalcato il Gallipoli sconfitto dall’Isola Liri: nonostante i tanti punti ancora in palio, il fanalino di coda sembra ormai spacciato. © Copyright Università Niccolò Cusano

CLASSIFICA Pt Borgo Faiti 2004 25 Monte San Biagio 23 UnicusanoFondi 22 Città Di Sonnino 16 Nuova Circe 16 Borgo Hermada 15 Palluzzi Priverno 14 A. Vodice 7 Real Sabaudia 3 Bassiano 0



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