UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Verso le Paralimpiadi Camellini, i sogni tra nuoto e università
Cardiochirurgia L’innovazione sbarca in sala operatoria
> A PAGINA VI
l’opinione
Le prospettive dell’economia italiana nel 2016 Cari Lettori, il 2016 è destinato ad essere cruciale per trasformare i deboli segnali di ripresa manifestatisi nel 2015 in processi di crescita più rapidi e significativi. La profonda crisi economico - finanziaria che ha coinvolto, sia pure con modalità e intensità differenziate, tutti gli attori a livello nazionale e internazionale, nel 2015 ha lentamente lasciato spazio alla ripresa; si è trattato, indubbiamente, di una fase embrionale a cui, si spera, possa seguire un’ulteriore evoluzione positiva. Certamente non si possono ipotizzare crescita e sviluppo in grado di produrre rapidi e notevoli miglioramenti nel breve termine; si può ragionevolmente pensare - se non verificheranno troppi eventi negativi, come purtroppo già sta succedendo - all’anno 2016 come fase di apprezzabile consolidamento per rendere più concrete ed evidenti le tendenze dello scorso anno. Alla fine del 2015, pur essendosi registrato da settembre in poi un leggero rallentamento, abbiamo potuto finalmente affermare che l’Italia stava uscendo dalla recessione, anche se quest’ultima non era stata completamente debellata. Sin dai primi mesi dell’anno, infatti, i dati macroeconomici elaborati dalle più prestigiose istituzioni nazionali e internazionali, avevano denotato una ripresa lenta, debole, fragile ma costante; non sono mancati elementi dissonanti, soprattutto in riferimento a crescita e occupazione, ma lievi progressi si sono incontestabilmente manifestati. E’ necessario continuare in questa direzione per ricostituire le condizioni di contesto necessarie per avere una crescita economica più intensa, ricerca e innovazione più sviluppate, riduzione del deficit e del debito pubblico, dati sull’occupazione più incoraggianti e piena uscita dalla deflazione: questi devono essere gli obiettivi da perseguire con forza per uscire definitivamente dalla fase recessiva e costruire le basi per un recupero di competitività internazionale che possa riportare l’Italia ai livelli che le si addicono. Questo inizio d’anno ha attenuato il moderato ottimismo che si era gradualmente generato in quello precedente. Il rallentamento dell’economia cinese, le preoccupazioni connesse ai Paesi emergenti, le prospettive di crescita globale inferiori alle attese, il crollo del prezzo del petrolio, gli atti di terrorismo che continuano dal 13 novembre 2015 a intensificarsi, preoccupano fortemente, originando difficoltà nei sistemi economici ed estrema volatilità nei mercati finanziari; a ciò si devono aggiungere, a livello interno, le ben note problematiche legate al sistema bancario che, comunque, nel suo complesso, si presenta solido e affidabile, pur essendo condizionato dall’elevato livello dei crediti in sofferenza e dalle recenti novità regolamentari di matrice europea in tema di salvataggi delle banche in crisi. Quanto sinteticamente descritto determina anche per l’Italia nuove incertezze per il futuro, visto che le previsioni per il 2016 e gli anni successivi potranno concretizzarsi soltanto in presenza di un positivo andamento dell’economia internazionale. Dobbiamo augurarci, quindi, che la sfavorevole congiuntura di questi primi giorni dell’anno possa essere superata per non vanificare i lievi progressi dello scorso anno, per proiettarsi verso i livelli di crescita attesi e, in generale, per guardare al futuro con maggiore fiducia e ottimismo. Fabio Fortuna, Magnifico Rettore Università degli Studi Niccolò Cusano
martedì 26 GENNAIO 2016 www.corrieredellosport.it
Il personaggio L’avventura in Serie D dell’ex laziale Delgado
> A PAGINA III
SERENA AUTiERI
> A PAGINA VII > A PAGINA II
segreti di stile > Bellezza ed energie si coltivano anche con l’alimentazione sana: le “regole” dell’attrice, dal palco alla vita privata
industria
libri
Con Fiat Autonomy la mobilità è per tutti
Nello sport la forza ritrovata di Codega
> A PAGINA V
> A PAGINA IV
II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 26 GENNAIO 2016
RICERCA
salute
medicina
Il nutrimento che fa bene al cervello
Una dieta su misura grazie al Dna
Zuccheri, carboidrati, grassi insaturi, Omega 3, proteine e vitamine E, C e del gruppo B. Sono questi gli elementi portanti di una dieta per mantenere in salute il cervello con il giusto apporto di glucosio e ossigeno.
Secondo un rapporto dell’Università del Texas, condotto dalla dottoressa Molly Bray, entro cinque anni sarà possibile indicare la dieta perfetta per ogni individuo combinando dati genetici e comportamentali.
serena, se la bellezza si difende col cibo sano Attenzione alla qualità più che alla quantità, tanta frutta e verdura L’Autieri svela le abitudini alimentari che l’aiutano a stare in forma sta. È stata una bella esperienza».
«Amo la pizza e la pasta. Sono attenta ai grassi e ai condimenti e sto lontana dai fritti»
Nel film veste i panni di una vegana convinta. Quali sono le sue scelte a tavola? «Sto molto attenta alla linea e all’alimentazione. Amo mangiare, non tanto ma bene. Non sono vegana come la Sara del film ma faccio attenzione a quale e quanta carne mangiare durante la settimana. Non ne faccio un consumo eccessivo ma giusto ed equilibrato. Lo stesso vale per la mia bambina. Frutta e verdura non mancano mai sulla mia tavola. Amo la pizza e la pasta. Sono convinta che dobbiamo fare grande attenzione alla qualità di ciò
«Il teatro assorbe tante energie: mi aiuto evitando stravizi e dormendo regolarmente» Attrice, cantante, conduttrice, moglie e mamma felice (di Giulia, nata nel 2013). Serena Autieri è un mix di simpatia e eleganza, genuinità e professionalità. Fino a domenica 31 gennaio l’artista napoletana sarà al teatro Al Massimo di Palermo con lo spettacolo “Vacanze Romane” insieme a Paolo Conticini. mentre al cinema, in questi giorni, la ritroviamo nel nuovo film di Vincenzo Salemme, “Se mi lasci non vale”, una storia di amori, gelosie e vendette. Cinema, teatro, famiglia. Ci vuole una giusta carica nei periodi intensi? «Certo. Occorre tanta energia: io mi aiuto mangiando bene, riposando il giusto, evitando stravizi. Specialmente il teatro assorbe tanta energie. Cerco, però, di mantenere ritmi costanti e dormire regolarmente. Spesso, dopo lo spettacolo, c’è l’abitudine tra attori di andare a mangiare fuori. Io, invece, ceno prima del-
La Autieri nel ruolo che al cinema fu di Audrey Hepburn
che mangiamo e non alla quantità. Certo, sono molto accorta su grassi e condimenti. Evito i fritti e utilizzo sempre olio di ottima qualità. Sull’olio d’oliva, in particolare, sto davvero molto attenta: faccio una buona selezione e anche quando sono in tournée, porto da casa il mio olio. Quando vado a fare la spesa, poi, leggo sempre le etichette dei cibi. La mia è una spesa attenta per evitare i prodotti poco sani». Pratica dello sport? «Solo quando ho momenti liberi, ma non sono moltissimi! Mi aiuta il fatto che conduco una vita regolare e che sono attenta al cibo. Sì, a tavola ci vuole un po’ di ri-
gore e disciplina. Sì ai grassi, ma a quelli buoni». “Vacanze romane” è una commedia musicale tratta dal capolavoro di William Wyler, ultima testimonianza teatrale di Garinei e Trovajoli. Dopo la tappa in Sicilia vestirà ancora i panni della principessa Anna? «Sì, dal 9 al 21 febbraio sarò al teatro Ciak di Milano. Riprendere questo spettacolo per me è stata una grande gioia. E’ impossibile non emozionarsi con queste musiche e con questi testi. Stiamo avendo un grande riscontro di pubblico: abbiamo aggiunto date e registrato sold out». © Copyright Università Niccolò Cusano
Serena Autieri, napoletana doc: una carriera tra musica, teatro, televisione e cinema
lo spettacolo per non rompere i cicli e non mangiare troppo tardi. Una volta finito preferisco andare a letto. Dormire bene fa bene». Vincenzo Salemme, Carlo Buccirosso, Tosca D’Aquino: “Se mi lasci non vale” è una piccola lezione di teatralità partenopea. Come è stato lavorare con loro?
«Sono dei grandi maestri ed è stato costruttivo. Hanno dei tempi comici che è un piacere conoscere. Ho imparato molto: tattiche, insegnamenti, spunti dal punto di vista recitativo. Vincenzo ha un modo elegantissimo di lavorare e si pone sempre in modo positivo. Riesce a insegnare molto, sia come attore sia come regi-
la carriera
Nel 2003 il Festival di Sanremo Napoletana classe 1976, da bambina studia danza, canto e recitazione. Dopo aver mosso i primi passi nei teatri della sua città, inizia la carriera televisiva: nel 1998 entra nel cast della soap “Un posto al sole”. Da quel momento in poi, collezionerà una serie di successi in tv (“Vento di Ponente” e il Festival di Sanremo), al cinema (“Femmine contro maschi”, “Il principe abusivo”) e a teatro (“Shakespeare in Jazz”, “La Sciantosa”).
Insieme a Paolo Conticini, l’attrice campana è la protagonista a teatro di “Vacanze romane”
salute, l’intervista
Quando l’attività fisica genera dipendenza Troppo sport può anche avere controindicazioni: ecco cosa è l’exercise addiction Ne parla il professor Gianfranco Beltrami specialista dell’Università di Parma
Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@unicusano.it
L’attività fisica, consigliata per mantenere al meglio il proprio stato di salute, può in alcuni casi dare dipendenza come una vera e propria droga. è quello che ha spiegato il professor Gianfranco Beltrami, specialista in Medicina dello sport e docente a con-
effetto simile a quello evocato dalle droghe vere e proprie. Quando l’organismo non ha queste sostanze in circolo in quantità sufficiente, ecco che arriva il desiderio di fare attività sportiva. Alcune persone arrivano a imbottirsi di analgesici o antinfiammatori per continuare l’attività fisica anche quando ammalati o infortunati. Questo può far capire il grado di dipendenza raggiunto».
tratto all’Università di Parma, ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano, durante la diretta del programma “Genetica oggi”. Professor Beltrami, l’attività sportiva può in alcuni casi degenerare e diventare dunque una dipendenza? «è quella condizione che gli inglesi chiamano “exercise addiction”. Una dipendenza da allenamento che diventa la cosa più importante della giornata. Una persona che soffre di questa problematica vive in funzione del movimento e dell’attività fisica. Quando c’è qualche contrattempo che non consente di praticarla ci si sente in colpa, contrariati e di cattivo umore. Si creano dei veri e propri problemi psicologici legati a
questa mancata attività fisica, che è il chiodo fisso della giornata. Questa problematica è in continua e costante crescita, perché legata al fatto che il movimento e l’at-
tività fisica comportano un incremento della secrezione di alcuni ormoni. Sono la dopamina e le beta-endorfine, che sono sostanze in grado di dare dipendenza. Hanno un
Una tale condizione può portare a scegliere di praticare più sport contemporaneamente? «Senz’altro. Ci sono tante persone, inoltre, che passano per esempio dall’atletica al ciclismo e poi al triathlon pur di provare nuove cose. Persone che spendono anche molto in attrezzature, abbigliamento,
scarpe o strumentazione varia perché tutta la vita viene vissuta in funzione del movimento provando sempre cose nuove». Come si può uscire da tale dipendenza? «Non è smettendo di fare attività che si risolvono i problemi ma bisogna cercare di capire le cause psicologiche che sottendono a questa dipendenza. Molto spesso ci sono dei problemi legati ad anoressia o bulimia nervosa, e gli individui cercano con l’attività fisica di consumare, in modo eccessivo, le calorie assunte con l’alimentazione. L’equilibrio tra mente e corpo può essere raggiunto con l’aiuto di uno specialista e/o della famiglia per riconoscere il problema e poi risolverlo». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 26 GENNAIO 2016
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
RICERCA
Montreal
emicrania
Un premio per l’Ospedale Bufalini
Scattata la prima foto con aura
Con una ricerca clinica sulla medicina rigenerativa, il Centro grandi ustionati e la Banca regionale della cute di Cesena hanno vinto il 5° Premio internazionale sull’innovazione al 10° World Biomaterial Congress in Canada.
L’emicrania lascia un’impronta nel cervello e per la prima volta è stato fotografato il segno di quella che scatena l’aura visiva. L’immagine è il risultato del lavoro di un gruppo di ricerca della Seconda Università di Napoli.
nel cuore la nuova vita delle valvolE
do la valvola malata». Questo trattamento si può sempre eseguire? «Effettivamente questa tecnica non sostituisce la tecnica tradizionale. Ricordiamo che anche l’intervento chirurgico tradizionale è cambiato molto negli anni, oggi è sufficiente praticare un’incisione di 4 o 5 cm e si realizza comunque un intervento mininvasivo. La metodica TAVI, quella di cui parlavamo e l’intervento tradizionale hanno delle indicazioni ben precise. Si può dire che oggi un paziente che ha problemi alla valvola aortica può beneficiare dell’una e dell’altra tecnica a seconda delle condizioni. Il progresso della cardiologia e della cardiochirurgia ha fatto si che tutti i malati, giovani o anziani, possano essere operati in sicurezza aumentando aspettativa e qualità di vita».
La stenosi aortica si può curare grazie a una nuova tecnica mininvasiva di impianto L’innovazione viene presentata nelle parole del professor Massimo Massetti «Il progresso della cardiochirurgia ha esteso a tutti la possibilità dell’operazione» Impiantare una valvola cardiaca attraverso una nuova tecnica mininvasiva che evita il più tradizionale intervento con sternotomia, cioè l’incisione dello sterno. è questo l’innovativo intervento eseguito in Molise, presso la Fondazione Giovanni Paolo II di Campobasso, dove il professor Massimo Massetti, direttore dell’Area cardio-
vascolare del Policlinico Gemelli di Roma, ha coadiuvato il dottor Carlo Maria De Filippo, direttore del Dipartimento di malattie cardiovascolari della Fondazione. Un intervento che nasce proprio dalla stretta collaborazione fra i due istituti e dalla ricerca dell’Ospedale Gemelli di Roma. Ne ha parlato il professor Massimo Massetti, direttore dell’Unità operativa complessa di cardiochirurgia dell’Ospedale Gemelli di Roma, titolare della cattedra di Cardiochirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano, durante la diretta della trasmissione “Genetica oggi”. Professor Massetti, prima di entrare nel dettaglio di questa tecnica, ci aiuti a capire cos’è la stenosi ortica?
«La stenosi della valvola aortica è una patologia che è sempre esistita ma epidemiologicamente oggi ne vediamo sempre più di pazienti affetti perché l’evoluzione della medicina e il miglioramento delle terapie fa sì che oggi si viva più a lungo. La stenosi valvolare aortica è infatti una malattia dell’invecchiamento». Quali sono i sintomi di tale condizione? «La stenosi della valvola aortica è una malattia progressiva caratterizzata da un parziale irrigidimento delle cuspidi della valvola stessa. Sono in pratica come degli “sportellini” che si aprono e chiudono in modo sincrono al battito cardiaco e per effetto dell’età e dell’usura diventano rigidi e questa valvola finisce per diventare come una porta che non si apre più. Quindi con il tem-
Professore recentemente ha dato supporto al Prof. Carlo Maria De Filippo e alla sua equipe per un intervento di questo tipo realizzato in Molise presso la Fondazione Giovanni Paolo II. E’ un rapporto sinergico quello fra il suo istituto e quello Molisano che evidenzia un aspetto molto importante: Trasferire un certo “know-how” e una certa esperienza per aiutare al meglio il paziente. «E’ verissimo, c’è una stretta collaborazione fra le due strutture che hanno un legame storico e di attività scientifica. Lavoriamo insieme su molti progetti di ricerca e assistenziali. Il trapianto di protesi è uno degli aspetti che ci vede appunto collaborare. La medicina oggi funziona quando si sviluppano reti fra diverse istituzioni, quando si portano avanti programmi comuni, sinergici, nel totale interesse del paziente».
po determina sintomi come l’affanno, sincopi, dolori al petto e complicanze gravi se non viene trattata». Quali le possibilità terapeutiche e chirurgiche della stenosi aortica? «La terapia consiste, quando lo stadio della malattia è in fase avanzata, nella sostituzione della valvola. Per sostituirla fino ad alcuni anni fa esisteva solo una metodica chirurgica molto complessa che permetteva di cambiare questa valvola con una protesi dal normale funzionamento. Oggi da alcuni anni, circa sette, è possibile eseguire una nuova metodica, meno invasiva, che viene realizzata con l’ausilio di alcuni cateteri che trasportano questa protesi valvolare biologica dentro i vasi sanguigni fino ad arrivare al cuore dove si posiziona, lasciando il cuore battere e sostituen-
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psicologia
Padri e figli, l’insegnamento di Agassi
Andre Agassi, ex numero 1 al mondo di tennis
L’immagine è quella di un bambino o, più spesso di un adolescente, che con lo sguardo basso ascolta il genitore, mentre gli “spiega” quanti sacrifici sono stati fatti per farlo allenare, quanti stipendi sono stati necessari per pagare scuole, allenatori e attrezzature, con unico obiettivo farlo diventare un campione, un numero uno. E’ un’immagine nota, una scena vista in tanti film e raccontata in tanti libri. Le analisi di queste relazione genitore – figlio si concentrano, quasi sempre, su due aspetti principali: da un lato sottolineano, come alla base vi sia, spesso e volentieri, una frustrazione del genitore rispetto alla propria vita, al non aver avuto le possibilità di diventare un grande sporti-
Le aspettative dei genitori per i risultati sportivi rivelano legami problematici vo e, dall’altro lato, mettono in evidenza l’incapacità dei figli di opporsi a un progetto già definito, anche se non da loro stessi. Un docu-film del 2015, Trophy Kids, racconta alcune di queste storie con un ritratto a volte impietoso dei genitori. Impietoso perchè si sofferma non solo su quanto sollecitino i figli nelle diverse attività, sottoponendoli a ritmi di allenamento durissimi da fare spesso la mattina prima di andare a scuola, ma anche perchè
mostra la cosa più ovvia, ma forse quella meno considerata, ovvero che è più probabile non diventare un campione, nonostante tutti gli sforzi e l’impegno, piuttosto che il contrario. OPEN. Non sarebbe d’accor-
do, a tale proposito, il padre di Andre Agassi. Il tennista, nella sua biografia Open, afferma “papà dice che se colpisco 2500 palle al giorno, ne colpirò 17.500 alla settimana e quasi un milione in un anno. Crede nella matematica. I numeri, dice, non mentono. Un bambino che colpisce un milione di palle in un anno sarà imbattibile”. Al di là delle statistiche, il punto è cosa succede, in termini di impatto sulla relazione genitore-figlio, se non si di-
venta un atleta professionista? Per i genitori? Per i figli? Uno dei momenti più duri, in Trophy kids, è il momento in cui un padre si rende conto che il figlio, promessa del basket, probabilmente non raggiungerà mai l’altezza necessaria per poter essere preso in considerazione da squadre di buon livello. In quel momento ha la consapevolezza, forse per la prima volta, di scontrarsi con un qualcosa che non può controllare, combattere e gestire come ha fatto fino a quel momento. RELAZIONE. Quello di cui non si tiene conto, invece, è cosa vuol dire per un bambino crescere con un genitore che basa l’intera relazione su obiettivi da raggiungere, partite da vincere, punteg-
gi da ottenere. Ovviamente, e per fortuna non è sempre così, ci sono genitori che riconoscono e sanno indirizzare, in modo congruo, le potenzialità atletiche dei figli. Non bisogna, però, non tener conto che un bambino ha bisogno, soprattutto nei primi anni dello sviluppo, dell’approvazione del genitore, del sentirsi amato e riconosciuto come unico e speciale. In contesti come quelli raccontati, il rischio è che il bambino pensi che l’unica strada per ottenere tutto ciò sia seguire e fare propri i desideri altrui. Il confine tra quello che effettivamente vuole e quello che desidera il genitore diventa sempre più labile a tal punto da interiorizzarlo. Agassi lo racconta molto bene, quando
a 8 anni perde per la prima volta, e commenta “...sono fallibile. Macchiato. Imperfetto.... Dopo anni che sento mio padre sbraitare per i miei errori, un’unica sconfitta basta perchè faccia mie le sue critiche. Ho interiorizzato mio padre – la sua impazienza, il suo perfezionismo, la sua rabbia – finche la sua voce non mi sembra la mia, è la mia. Non c’è più bisogno che papà mi torturi. D’ora in poi posso farlo da solo”. Probabilmente Agassi, senza il padre, non sarebbe diventato Agassi. Ma a quale prezzo? Caterina D’Ardia Neuropsichiatra Infantile Ricercatore di Psicologia dello Sviluppo Università Niccolò Cusano
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 26 GENNAIO 2016
sport, disabilità e cultura
La forza di nicola arriva dallo sport Nel libro “Sempre in piedi” Codega e la sua capacità di reazione, perché «la vera disabilità è nella testa» libro in giro per tutta l’Italia, affiancato da campioni dello sport, normodotati e con disabilità. Così lungo lo Stivale ha avuto accanto Pippo Inzaghi, Maurizia Cacciatori, Nicola Vizzoni, Andrea Nuti e Daniele Meucci, solo per citarne alcuni. Suo grande sostenitore è stato il capitano della nazionale di calcio, Gigi Buffon, che oltre ad averlo accompagnato durante alcuni incontri con i lettori ha scritto la prefazione del libro.
E’ su una carrozzina da 17 anni: «Dopo l’incidente sono tornato più grintoso di un tempo» Lo sport insegna a non mollare mai, a faticare e sudare. Molti pensano sia una delle migliori scuole per la vita, per altri rappresenta una sua metafora: reagire di fronte alle sconfitte, porsi obiettivi nel tempo, impegnarsi quotidianamente per raggiungere un risultato. E’ la stessa lettura di Nicola Codega, dal luglio del 1998 su una carrozzina a causa di un incidente stradale. Quell’evento capovolgente di 17 anni fa non è però riuscito ad avere la meglio su di lui, che ha costruito una nuova vita da quel momento, vita che è diventata un libro dal titolo emblematico, “Sempre in piedi”. DETERMINAZIONE. Nicola, car-
rarese ora di 43 anni, ha trasformato la propria voce in un racconto narrato in prima persona che si snoda attraverso il proprio vissuto prima, dopo e durante la disabilità, tra ritratti emozionanti e flashback vividi. «Sono sempre stato una persona determinata, ottimista e sportiva – racconta Nicola, un tempo
Gianluigi Buffon e Nicola Codeaga alla presentazione di “Sempre in piedi” Ginofoto
specialista nei 400 metri, 800 metri e nella 4x400 - Dopo il mio incidente ho preso una pausa di circa un anno e sono tornato quello di prima, anzi ancora più grintoso». La determinazione lo ha sorretto nei momenti di difficoltà: «Ho sofferto molto: in 16 anni di carrozzina ho subito 11 interventi chirurgici, sono stato quasi due anni in ospedale e ho tutt’ora problemi di ulcere da decubito, dolori e infezioni. Ma
la voglia di vivere non mi è mai passata anzi è aumentata, e per questo motivo ho deciso di raccontarla a tutti». IL SOSTEGNO DELLO SPORT. Il
suo entusiasmo non è passato inosservato e dalla pubblicazione nell’aprile del 2014, il suo romanzo autobiografico è giunto alla quinta ristampa. Il grande interesse legato alla sua storia ma soprattutto al modo in cui l’ha raccontata lo ha portato a presentare il
FAMIGLIA E AMICI. Il sostegno di personaggi conosciuti da tutti non ha però spostato le priorità di Nicola nella vita. La famiglia, gli amici e lo sport sono stati un continuo sostegno morale per lui, che non ha mai smesso di ringraziare gli affetti e i benefici dell’attività fisica, anche nella sua nuova forma. Perché, come lui stesso sottolinea, «la vera disabilità è nella testa e non nelle gambe» e nella vita si può andare sempre a mille, anche in carrozzina: «Io non posso giocare a calcetto, saltare, correre ma con la mente riesco a fare numeri che non facevo neanche in piedi, come un tunnel, un colpo di tacco o una rovesciata. E non sono cose non da tutti. Nonostante il 22 luglio del ’98 mi abbiano messo a sedere, sono “Sempre in piedi”». © Copyright Università Niccolò Cusano
Nicola impegnato in una gara di wheelchair tennis
il caso
Proposta Ferri: «Un Giubileo per lo sport e la disabilità» Il sottosegretario alla Giustizia: «Sarebbe ideale per lanciare un messaggio positivo» di un Giubileo dedicato allo sport e alla disabilità per «accendere quindi ancora di più i riflettori e per far sì che sempre di più all’interno delle istituzioni si parli sempre di sport e disabilità, consentendo ai disabili di avere strutture idonee, per consentire loro di vivere lo sport come un modo per ripartire, e avere quella serenità che purtroppo nei momenti di difficoltà può venir meno». IMPEGNO. «Attraverso lo sport vogliamo lancia-
Il sottosegretario Cosimo Ferri
Un Giubileo dello sport dedicato alla disabilità. E’ l’idea lanciata da Cosimo Ferri, Sottosegretario alla Giustizia, ai microfoni di Radio Cusano Campus, raccontando la sua esperienza personale quando ha inaugurato l’anno accademico dell’Università Niccolò Cusano. «Il 26 dicembre – spiega Ferri - ho presentato il libro scritto da Nicola Codega, che dopo un incidente stradale è finito su una sedia a rotelle e ha raccontare quanto lo sport l’abbia aiutato nei momenti difficili per ripartire. Pur seduto su una carrozzella lui si sente sempre in piedi». Da qui l’idea
fumetti
Chanbara, fascino del Sol Levante «Clamore di spade», è questo il significato della parola Chanbara , titolo di una raccolta di due racconti pubblicati per la prima volta dalla Bonelli nella serie “Le Storie” e ora riproposti dalla BAO Publishing. I due racconti, firmati da Roberto Recchioni e Andrea Accardi, si intitolano “La redenzione del samurai” e “I fiori del massacro” e sono raccolti in un volume interamente a colori, con una parte dedicata ai bozzetti e una sovraccoperta sottile, in pergamena, che contribuisce a renderlo un vero e proprio oggetto da collezione. I protagonisti di Chanbara sono samurai e uomini d’onore, donne cadute in disgrazia, assassini e ronin, guerrieri assetati di ven-
La copertina del libro Chanbara
detta. L’atmosfera che si respira è epica, in un Giappone feudale estremamente affascinante. Nel primo racconto, un samurai, incaricato dal signore del castello e del feudo, parte alla ricerca del suo maestro. La posta in palio è l’onore. Nel secondo, ambientato in altri tempi e in un altro paese, una ragazza rimane orfana, i suoi genitori si sono suicidati, e lei ha giurato vendetta. «E’ un progetto che nasce diversi anni fa in casa Bonelli, su suggerimento di Mauro Marcheselli anche lui, come me, appassionato di Giappone e samurai» ha spiegato Roberto Recchioni ai microfoni di Radio Cusano Campus nel corso del format Giochi a Fumetti. «Abbiamo cominciato a lavorar-
ci convinti che Sergio Bonelli ci avrebbe strappato la testa non amando le storie di samurai, purtroppo è scomparso prima di poterlo vedere e a noi è rimasto il rimpianto di non poter sapere se gli avremmo fatto cambiare idea» ha aggiunto Recchioni. Prossimamente la Sergio Bonelli Editore lancerà una nuova serie di che riprenderà le storie di Chanbara, e in cui,probabilmente, ritroveremo gli stessi protagonisti. A confermarlo Recchioni stesso: «Ci stiamo lavorando, i primi due albi saranno disegnati da Andrea Accardi, si intitolerà Chanbara, sarà a colori e l’uscita prevista è intorno al 2017». © Copyright Università Niccolò Cusano
Una delle suggestive illustrazioni interne di Chanbara
re questo messaggio di ottimismo, di impegno, ma anche di serenità» ha quindi aggiunto Ferri. Il sottosegretario alla Giustizia ha poi ringraziato l’operato della Cusano che, tramite tutta la sua campagna di comunicazione e in particolare su questo inserto, sta facendo emergere tutte le realtà dello sport per disabili attraverso i campioni paralimpici, le imprese che operano nel settore e le iniziative volte a far in modo che lo sport sia davvero alla portata di tutti. «Ringrazio l’Unicusano per l’impegno sul tema della disabilità e della disabilità e lo sport» ha aggiunto Ferri, ribadendo il suo plauso per gli sforzi di divulgazione fatti dall’Ateneo romano. © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 26 GENNAIO 2016
sport, disabilità e cultura
FIAT AUTONOMY Obiettivo inclusione
Il Programma del Lingotto per rendere la guida sicura e piacevole. Con grande attenzione allo sport
stati il volto dell’iniziativa promozionale della Fiat, mostrando come questi riescono a essere indipendenti grazie alle vetture adattate alle loro necessità, raggiungendo poi i luoghi dove possono praticare attività sportiva, che siano il campo fa tennis o una pista per l’handbike.
Partito nel 1995 il progetto di mobilità è ora un avviato ramo dell’azienda Autonomia di movimento e hobby: veicoli studiati ad hoc per abbattere ogni barriera Il 2006 è stato un anno molto importante in Italia per lo sport per disabili. Nel marzo di dieci anni fa, le Paralimpiadi invernali di Torino, che seguirono le Olimpiadi di febbraio, servirono da cassa di risonanza per il messaggio di diffusione delle discipline paralimpiche. Le otto medaglie azzurre aiutarono il movimento ma - si sa - senza il supporto di grandi sponsor e della visibilità che ne consegue è molto difficile arrivare al grande pubblico, che comunque va prima portato dalla propria parte. Torino come sede dei Giochi stuzzicò inevitabilmente l’attenzione della Fiat, anche se la casa aveva già chiaro da tempo il potenziale delle Paralimpiadi e dello sport per disabili. Dal 1995, infatti, era partito il Programma Autonomy Fiat Group Automobiles, che si occupava della realizzazione di vetture per persone con disabilità – sensoriale, fisica o intellettiva – rendendo la guida sicura e piacevole. Grazie al proget-
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
TERRITORIO. Il
to, una passione come quella automobilistica, che oscilla tra l’autonomia di movimento, l’hobby e lo sport, poteva essere assecondata da tutti. INCLUSIONE. E “tutti” non è az-
zardato nella mission del Programma, che offre incentivi economici in aggiunta alle agevolazioni fiscali previste per legge, ad esempio come la riduzione dell’Iva, la detrazione fiscale sul prezzo d’acquisto, l’esenzione del bollo auto e delle imposte di registro Iet e Ipt (esclusi però
i disabili sensoriali). Anche dal punto di vista burocratico sono stati fatti degli sforzi, per semplificare l’iter attraverso il quale si ottiene la patente di guida speciale: il personale di Fiat Autonomy segue da vicino tutti i passaggi. In aggiunta, ha offerto e continua a offrire le vetture in comodato d’uso gratuito agli utenti dei centri di mobilità che devono affrontare l’esame per la patente. NELLO SPORT. Nel 2006, però, la
Fiat fece ancora di più. «Proprio in concomitanza con gli XI Giochi paralimpici invernali, ha iniziato a puntare su
una comunicazione diversa - ha raccontato Umberto Murazio, responsabile del Programma Autonomy Fiat Group Automobiles - Lo sport rappresenta un’opportunità unica per le persone con disabilità e un mezzo efficace per veicolare qualsiasi messaggio». Così, dopo una nove anni di operatività, in quel 2006 il Programma ha virato con decisione verso lo sport, utilizzando tanti atleti con disabilità nelle vesti di testimonial e arrivando ad equipaggiarne uno, Alfredo Di Cosmo, che dei motori ha fatto la propria ragione di vita. Quello il momento zero di una campagna di sensibilizzazione che ancora prosegue: gli atleti paralimpici sono
IL CASO SARRI
“Finocchio”, “democristiano”, “zingaro” Tra insulti, sport e sottocultura Il diverbio tra i due allenatori Maurizio Sarri e Roberto Mancini è notissimo: per alcuni giorni è diventato un caso con echi internazionali, che ha travalicato l’ambito sportivo per investire anche quello dei diritti umani. Sarri, per replicare ad alcune osservazioni di Mancini sui tempi di recupero stabiliti dall’arbitro, alla fine della partita, ha apostrofato il collega con insulti (“frocio” e “finocchio”) ritenuti discriminatori, omofobi e razzisti. La decisione del giudice sportivo è stata un capolavoro di ermeneutica giuridica e di logica; Sarri ha avuto solo due giornate di squalifica in quanto l’insulto non avrebbe voluto offendere e non avrebbe colpito del tutto l’altro allenatore, in quanto Mancini non è omosessuale. Per capirci, come dire “sporco negro” a un pallido bavarese. E se Mancini avesse protestato contro la sentenza, mi si passi la battuta, dichiarando di essere veramente un “finocchio”, il giudice che cosa avrebbe fatto? Avrebbe rivisto la propria decisione aumentando i turni di squalifica? GIUSTIFICAZIONE. A caldo, Sarri si è giu-
stificato dicendo che si trattava di una reazione d’istinto, che aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente, che al posto di “finocchio”, ad esempio, avrebbe potuto dire “democristiano”. E invece di democristiano? Avrebbe potuto attingere al ricco repertorio dell’intolleranza e dell’insulto: “ebreo”, “negro”, “zingaro”, o varianti come “figlio di…” o “pezzo di…”? Ma va da sé, nell’insulto a caldo non si ha tempo per riflettere, si va sul classico e cosa c’è di meglio di “finocchio”? Un mezzo uomo, una femminuccia, poco adatto a stare in un virile match di calcio, tra veri uomini. Qual è la logica da cui muove questo tipo di insulto? È il capovolgimento di quello
Roberto Mancini e Maurizio Sarri, rispettivamente tecnici di Inter e Napoli
L’allenatore del Napoli è stato squalificato per due giornate a causa degli epiteti indirizzati al collega Mancini ma non ritenuti omofobi che in filosofia e nel diritto è chiamato l’argumentum ex autoritate, quando si vuol sostenere l’autorevolezza di una tesi o di un’opinione, mettendo in risalto che viene da una autorità riconosciuta. Per secoli, ad esempio, quando si aggiungeva a un’affermazione «ipse dixit», si voleva intendere «lo ha detto Aristotele» e che l’affermazione era sicuramente vera in quanto risaliva al più sapiente degli uomini. LA LOGICA E LO SPORT. Capovolgendo que-
sta prospettiva, denigrare qualcuno per la propria appartenenza etnica o religiosa, per il suo orientamento sessuale, anche in contesti che nulla hanno a che vedere con la religione o la sessualità, è come dire «tu non vali niente, sei un frocio, anche quello che dici o che rappresenti, di conseguenza, non vale
nulla». È una logica accettabile? Direi proprio di no, almeno per due ragioni: ogni posizione, ogni opinione va giudicata per il suo valore, per la sua logica, per la sua rispondenza ai fatti, non per la persona da cui proviene. Paradossalmente - ma non troppo - anche le ragioni del diavolo andrebbero considerate ed eventualmente rigettate, non per la loro provenienza ma per la loro infondatezza. Pensare di offendere qualcuno perché lo si mette tra persone di orientamento sessuale diverso dal proprio, significa in fin dei conti offendere se stessi, perché così facendo ci si iscrive al partito della sottocultura e dell’intolleranza, a ciò che è più lontano dallo spirito dello sport. È vero che lo sport non è fuori dal mondo , che rispecchia la società, ma ci si dovrebbe sforzare perché ne rappresenti la parte migliore, visto che dovrebbe formare ed educare alla disciplina e all’impegno, a migliorare se stessi, alla competizione corretta e leale. E queste sono regole per ogni sportivo, in campo e fuori dal campo. Prof. Enrico Ferri docente di Filosofia del Diritto e di Storia dei paesi islamici Università Niccolò Cusano
lavoro di Fiat Autonomy recentemente si è molto concentrato sul territorio, offrendosi come main sponsor e fornitore di supporto logistico in un numero sempre crescente di iniziative sportive, dai Campionati italiani a squadre di tennis in carrozzina fino alle settimane di avviamento allo sport organizzate dall’associazione Freewhite o alle giornate dedicate al wheelchair tennis in giro per l’Italia della No Profit Volare. Tutto questo nel nome dell’indipendenza motoria e della mobilità sicura. © Copyright Università Niccolò Cusano
innovazione
La transizione verso una mobilità sostenibile: una fotografia al 2016 Il settore della mobilità sta vivendo una fase gica sono state concepite le recenti Hyundai di forte evoluzione verso una maggiore soste- ix35 (2012) e Toyota Mirai (2015): entramnibilità energetica e ambientale, segnata da be stoccano circa 5 kg di idrogeno gassoso una decisa accelerazione avvenuta negli ul- a 700 bar, garantendo percorrenze superiotimi cinque anni che prefigura cambiamen- ri a 500 km. Tuttavia l’elevato prezzo di venti radicali per i prossimi decenni. Possiamo dita stimabile intorno a 60.000-80.000 euro convenzionalmente individuare come punto risulta un fattore ancora più critico che nel di svolta il 1997, anno di uscita della Toyota caso dei veicoli elettrici. Prius, il primo veicolo ibrido commercializzato, a cui hanno fatto seguito numerosi mo- produzione dell’energia. Un ultimo aspetdelli realizzati da vari costruttori. In un ibri- to cruciale per una ampia penetrazione di do, il motore tradizionale è coadiuvato da un elettricità e idrogeno nella mobilità in sostimotore elettrico alimentato da batterie. L’i- tuzione dei combustibili tradizionali, è lenevitabile sovrapprezzo rispetto a un veico- gato all’infrastruttura per la produzione e il lo tradizionale, può essere però compensato trasporto di questi due vettori energetici. Per dai minori consumi ed emissioni dovuti alla l’energia elettrica, il parco centrali italiano è possibilità di recuperare energia in frenata e già predisposto per produrre un significatiall’utilizzo ottimizzato del motore termico. vo surplus di potenza, ripristinando a pieno regime gli impianti a ciclo Per quanto riguardo la propulsione puramente elettrica, combinato alimentati a gas i limiti odierni sono la scarsa Negli ultimi cinque naturale, oggi sottoutilizzati autonomia, i lunghi tempi di anni il comparto auto per la priorità di dispacciamento riservata alle rinnoricarica delle batterie e i costi. Tuttavia un primo significati- “verde” ha accelerato vabili, ma la rete di trasmisvo riscontro dell’avanzamen- Ma lo scoglio resta sione non potrebbe sostenere to tecnologico in corso, lo si il prezzo dei modelli la distribuzione del risultante incremento di energia. Per trova nella commercializzazione del modello puramenla produzione dell’idrogeno, te elettrico Leaf (Nissan), a partire dal 2010, l’unica soluzione economicamente sostenicaratterizzato da autonomie di 120-150 km. bile è la conversione da combustibili fossili Modelli confrontabili alla Leaf sono stati re- mentre la distribuzione può essere effettuaalizzati da altri costruttori, ma generalmente ta per elevati quantitativi e lunghe distancondividono prezzi di listino circa doppi ri- ze attraverso tubazioni, o in alternativa con spetto a veicoli non elettrici di pari categoria. trasporto su gomma. A oggi, tali infrastrutture sono inesistenti, ma sarebbe un errore evoluzione ibrido. Come risposta alle ridotte ritenere che questo rappresenti un decisivo autonomie degli elettrici, l’evoluzione dell’i- punto a favore per l’elettricità. Per la prospetbrido ha prodotto le versioni plug-in, caratte- tiva di una mobilità decarbonizzata - per la rizzate da una maggiore dotazione di batte- quale le criticità e gli investimenti necessarie, ricaricabili dalla rete. Questi modelli con- ri per creare le adeguate infrastrutture sono sentono di percorrere diverse decine di km considerevoli per entrambi i vettori energein modalità elettrica, ottimale per i contesti tici – è presto per avventurarsi in previsioni: urbani, e operano in modalità ibrida nei lun- la competizione tra idrogeno ed elettricità ghi tragitti. L’automobile pioniera in questo nella transizione a una mobilità sostenibile, settore è la Opel Ampera (2011), seguita da per ora rimane aperta. altri modelli di simile concezione, i cui costi rimangono tuttavia il principale ostacolo alle Laura Tribioli vendite. La propulsione a idrogeno, rispetto Docente di Termodinamica a quella elettrica è favorita in termini di auApplicata e Progetto di Macchine tonomia e tempi di rifornimento. La soluzioUniversità Niccolò Cusano ne oggi più affermata prevede l’accumulo di idrogeno gassoso in serbatoi a elevata presPaolo Iora sione e il suo utilizzo in celle a combustibile Docente di Tecnologie caratterizzate da rendimenti circa doppi riavanzate di propulsione terrestre spetto ai motori tradizionali. Con questa loUniversità di Brescia
VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
sport E disabilità
cecilia camellini studio e vittorie con rio nel mirino Due record mondiali e due medaglie olimpiche da difendere Ma lo scorso anno ha preso una pausa: «Voglio laurearmi» ho abbastanza. E non ci penso più. All’inizio della carriera mi dicevano “più fai gare, più ti abitui”, ma ogni gara ha le sue incognite e le sue novità».
E’ una delle sicure candidate a un ruolo da protagonista delle prossime Paralimpiadi
Cosa consiglieresti a chi si trova a fare i conti con l’ansia pre-gara? «L’importante è guardarsi allo specchio: riconoscere se stessi. Non bisogna avere paura di ammettere i propri limiti e i propri difetti. L’atleta è una persona come le altre: se ci si infortuna si va dal fisioterapista, se si hanno stati d’ansia non è un problema o un motivo di vergogna chiedere aiuto e ricorrere a una “fisioterapia mentale”».
«Non bisogna avere paura di ammettere i propri limiti e i propri difetti» spiega l’azzurra Da una parte due record mondiali (nei 50 e 100 stile libero) e due medaglie olimpiche da difendere, dall’altra il traguardo della laurea in psicologia. Da una parte le Paralimpiadi di Rio, dall’altra una tesi sull’empatia nel rapporto tra i medici e i pazienti di un reparto psichiatrico. Cecilia Camellini ha le idee chiare per il suo immediato futuro ed è determinata a raggiungere entrambi gli obiettivi. Cecilia, 24 anni il prossimo 10 marzo, è una nuotatrice non vedente che ha nella determinazione, oltre che nel talento, la sua arma migliore. Lo ha dimostrato in gara in tante occasioni. E anche fuori, come quando, l’anno scorso, ha rinunciato a partecipare ai Mondiali per non perdere terreno all’università: «Ci tengo a laurearmi in corso». Cecilia, come procede la preparazione per Rio? Senti la responsabilità di dover difendere le medaglie d’oro conquistate a Londra? «Sì, so di avere una bella responsabilità anche per i record mondiali, che resistono
Cecilia Camellini, nome di punta del nuoto paralimpico italiano
da quattro anni. C’è un’atleta olandese che ci è andata molto vicino ma non ho paura delle nuove leve. Dalla mia parte ho le esperienze di Pechino e Londra e so che i debutti olimpici non sono facili. In vasca sarà una bella sfida: so che ce la giocheremo fino all’ultimo metro». Come riesci a conciliare gli allenamenti con lo studio? «L’anno scorso ho saltato i Mondiali perché ho deciso di prendermi un anno per studiare: i miei tecnici erano un po’ preoccupati ma io ci tenevo a rimanere in pari con gli studi, nonostante fossi consapevole del rischio di rallentare la preparazione. Mi sto dedicando all’allenamento quotidianamente. Da marzo, dopo gli esa-
martedì 26 GENNAIO 2016
mi, avrò ancora più tempo per dedicarmici anima e corpo. Sono felice di riuscire a conciliare studio e sport anche se questo, oggi come in passato, significa spesso sacrificare interessi e hobby». Nel nuoto, i talenti più giovani, ma anche campioni affermati, devono spesso fare i conti con lo stress e le pressioni psicologiche. Da futura psicologa cosa ne pensi? «Quando il nuoto, lo sport in generale, è sia una passione sia una professione ci sono un bel po’ di ostacoli da affrontare. Ho avuto anche io i miei momenti di sconforto, ho detto “mollo tutto”. L’elemento più importante si chiama motivazione. In più, il nuoto è uno sport individuale e a volte c’è il rischio
di sentirsi soli: contano molto i rapporti con l’allenatore e con chi ti circonda». Qual è il momento più difficile per un nuotatore? «L’ansia, prima della gara, può giocare brutti scherzi. Alla fine di un lungo periodo di allenamenti sai che devi metterti di fronte a qualcosa che sembra più grande di te. A volte questo può fare paura e si rischia di perdere il controllo» È così anche per te? «Io ho un avvicinamento psicologico alle gare che forse non è comune: magari mi agito moltissimo qualche settimana prima e mi tengo dentro tutte le preoccupazioni. Il giorno della gara le ho pensate davvero tutte, al punto che ne
Prima parlavi dell’importanza di tecnici e preparatori: ti senti sostenuta dalla Federazione? «Prima di tutto devo ringraziare Matteo Poli, il mio allenatore nella Tricolore Reggio Emilia, che ogni giorno mi deve sopportare per due ore e mezza… E’ una persona molto competente e paziente, un sant’uomo. La Federazione, così come i compagni di squadra, giocano un ruolo importante quando si è in gara. Da quest’anno, a nostra disposizione, c’è anche lo psicologo sportivo: lo considero un grande passo avanti». Il movimento paralimpico è in crescita. Percepisci un accresciuto nei confronti delle vostre imprese sportive? «Dopo Londra le cose sono cambiate soprattutto grazie alla televisione. A noi atleti non può fare altro che piacere». © Copyright Università Niccolò Cusano
L’azzurra alle Paralimpiadi di Londra 2012: per lei due ori e due bronzi in Regno Unito
la federazione ITALIANA NUOTO PARALIMPICO
Un movimento vivo che cresce e si rinnova mi nei 50 stile libero. Poi ancora l’argento nei 100 rana SB4 di Giulia Ghiretti e il “triplete” di podi siglato della new entry Vincenzo Boni, che ha portato alla delegazione italiana un argento nei 50 dorso S3 e 2 bronzi nei 50 e 200 stile libero.
Foto di gruppo per la Federnuoto paralimpica
Parlare, oggi, di nuoto paralimpico vuol dire raccontare una storia segnata da tanti traguardi e analizzare l’evoluzione di un movimento che ha trovato in sé, l’embrione per crescere e rinnovarsi, garantendo quel ricambio generazionale necessario per prepararsi a vivere nuove stagioni di successi. Un movimento in forte ascesa alimentato da un gioco di squadra formato non solo dal presidente Roberto Valori, dal segretario generale Franco Riccobello e dai dirigenti, ma e soprattutto dallo staff tecnico Nazionale, capitanato dal CT Riccardo Vernole e dagli allenatori nazionali, Vincenzo Allocco (responsabile Top Level), Federica Fornasiero (responsabile Atleti di interesse Nazionale) ed Enrico Testa (responsabile Settore Giovanile). E poi ancora dalle società affiliate, dai tecnici e dai loro allenatori di appartenenza.
L’ultima stagione ha portato risultati entusiasmanti E ora la grande sfida brasiliana L’ULTIMA STAGIONE. Si è conclu-
sa da poco una stagione davvero entusiasmante per la FINP, visti i successi portati a casa dopo i Campionati Mondiali di nuoto IPC di Glasgow: 11 medaglie di cui tre ori vinti rispettivamente dai tre azzurri Arjola Trimi (che, a fine 2015, al Meeting Internazionale di Brescia ha realizzato il nuovo record del mondo nei 200 stile libero S4), nei 50 dorso classe S4, Federico Morlacchi nei 200 misti classe SM9 e Francesco Bocciardo nei 400 stile libero classe S6. Morlacchi ha fatto incetta anche di argenti, nei 100 e 400 stile e nei 100 farfalla, così come la Tri-
CATEGORIE. Le classi sportive vengono assegnate agli atleti a seguito di visite di classificazione, che si differenziano a seconda del tipo di patologia. La Disabilità Fisica si divide: da S1 (più grave) a S10 (meno grave) per dorso, stile libero, farfalla; da SB1 a SB10 rana; sa SM1 a SM10 misti individuali. La disabilità visiva invece: S11 cieco totale; S12 – S13 ipovedenti. Le principali competizioni quali i Giochi Paralimpici, i Campionati del Mondo e i Campionati Europei sono organizzate con batterie e finali per ogni singola classe sportiva. IN CALENDARIO. Il primo ap-
puntamento del 2016 per la Finp sarà il Campionato Regionale in programma a Busto Arsizio domenica 31 gennaio. La gara - riconosciuta dall’IPC Swimming – sarà indispensabile per strappare gli ultimi pass per la qualificazione sia ai Campionati Europei di Funchal (30 aprile – 7 maggio) che per i giochi Paralimpici Estivi di Rio de Janeiro (7 – 18 settembre), ai quali la delegazione azzurra si presenterà con circa 25 atleti. © Copyright Università Niccolò Cusano
special olympics
Tutto pronto per i Giochi nazionali invernali Filippo Pieretto è tra gli Atleti che da domani saranno in gara a Bormio per la XXVII edizione
Filippo Pieretto, 23 anni, Atleta azzurro Special Olympics
Bormio e tutta la comunità montana dell’Alta Valtellina hanno accolto oltre 460 Atleti, familiari, tecnici e volontari che oggi pomeriggio, alle ore 16.30, saranno presenti in piazza Cavour per assistere alla Cerimonia di apertura dei XXVII Giochi nazionali invernali. Tra i numerosi Atleti che, a partire da domani, gareggeranno nelle discipline di sci alpino, nordico, corsa con le racchette da neve e snowboard, ci sarà Filippo Pieretto, Atleta 23enne che nel luglio e agosto scorso
ha partecipato ai Giochi mondiali estivi di Los Angeles. La storia di Filippo. Dai Gio-
chi di Los Angeles a quelli di Bormio, lo sport per Filippo è sempre più una medicina che fa stare bene. Dell’esperienza negli States non rimangono solo foto da incorniciare, video da rivedere o ricordi da raccontare. Nella sua partecipazione, e quella di altri cento Atleti, ci sono la forza, il coraggio e la determinazione di chi, dall’altra parte dell’oceano, si è messo in gioco in un’esperienza che è servita proprio a illuminare tante speciali maniere di vivere. Filippo è tornato alla California è tornato con un bagaglio carico di emozioni e che non smetterà mai di disfare. Quando arrivò in Italia, insieme a suo fratello gemello Car-
lo, aveva sette anni e alle spalle una fredda odissea di istituti nella Bulgaria di fine anni Novanta. Adottati da Franco e Salvina, due insegnanti di educazione fisica romani, Filippo e Carlo si sono ritrovati nel secondo capitolo delle loro vite grazie all’amore di una famiglia attenta ai loro bisogni. Tra questi, quello di fare sport. «Volevamo dare loro quest’opportunità – raccontano i suoi genitori – ma non è stato facile trovare attenzione ai loro bisogni speciali. Abbiamo sperimentato il valore dell’inclusione quando ha conosciuto Special Olympics, con cui ha avuto l’opportunità di praticare tante attività, dal canottaggio al calcio, fino agli sport invernali». IL SOGNO DEGLI STATES. Filippo,
in effetti, sognava l’America ma mai avrebbe osato pensare di andarci con la maglia azzurra, la numero nove nella squadra di calcio a cinque. Mai avrebbe pensato di calcare insieme ad altri 7.000 Atleti i campi di stadi prestigiosi come il Memorial Coliseum di Los Angeles, che ha ospitato due edizioni dei Giochi Olimpici. «Abbiamo da sempre cercato di insegnare che lo sport è soprattutto rispetto e fair play - aggiungono i genitori – e ci siamo resi conto che eventi di questo genere racchiudono in sé tutti questi valori. Filippo ha intrecciato rapporti, comunicato la sua gioia, condiviso la sua passione con ragazzi e ragazze di tantissime nazionalità. Noi lo abbiamo accompagnato, da spettatori, in questa sua grande avventura co-
minciata in Italia con i raduni e l’indimenticabile udienza privata in Vaticano, dove Filippo ha letto un messaggio a Papa Francesco in rappresentanza di tutta la delegazione italiana in partenza per i Giochi». «So che Lei ama lo sport e che quindi sa bene quanto ci permetta di stare insieme e stringere amicizia superando tutte le differenze», ha detto Filippo Pieretto nel suo intervento dal pontefice. «Nessuno si senta escluso dalla pratica dello sport», ha ribadito il Santo Padre, che abbracciandolo si è unito a tutto il movimento di Special Olympics. OLTRE LO SPORT. Ma per Filip-
po, oltre allo sport, c’è tanto altro. Il diploma alberghiero, il tirocinio di preparazione al lavoro, lo stage alla mensa della
Rai, l’occupazione in un supermercato e ora un nuovo tirocino all’interno di un albergo dove sta imparando a fare il pasticcere: «Sono le tappe di un percorso formativo che è stato possibile anche in virtù all’autonomia e all’autostima sviluppate con lo sport e Special Olympics – concludono i genitori Franco e Salvina – Sarebbe bello se questa opportunità fosse offerta a tutte le persone con disabilità intellettiva, affinché ognuno sviluppi le proprie abilità e si senta un protagonista attivo della società». Filippo, insieme al fratello Carlo, parteciperà ai Giochi nazionali invernali di Bormio gareggiando nella corsa con le racchette da neve. «Lo sport – conclude Filippo – è la mia medicina, mi fa stare bene». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 26 GENNAIO 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
La cusano racconta la serie d
il personaggio
il punto sul girone H
LA maturità SCatto virtus di delgado ora è a più sei
Dopo Lazio e Cluj, lo spagnolo scoperto da Zoff I biancocelesti vincono il derby con il Taranto ha ricominciato dalla Serie D con il Serpentara e allungano su Francavilla e UnicusanoFondi do, e poi è arrivato Lorenzo. A quel punto, in Italia, volevo solo una società seria».
L’attaccante del club laziale: «Mia moglie e i miei figli mi hanno aiutato a crescere come uomo»
Due pareggi per 1-1 per le inseguitrici Colpo del San Severo IL SERPENTARA. Delgado ha cominciato a girovagare in sempre più vicino Serie D, fino ad arrivare al alla zona play off
«Ringrazio la società e i tifosi per la fiducia nei miei confronti La salvezza diretta ore è possibile» Se cresci in uno spogliatoio con Mihajlovic, Couto e Stam avrai per sempre qualcosa in più a livello caratteriale. Roberto Alfonso Delgado, attaccante classe 1986 nato a San Miguel de Tenerife, ora in forza al Serpentara, è il sesto di dieci figli. E’ arrivato in Italia grazie all’intuizione di Dino Zoff: «Quando avevo 8 anni, la Lazio venne a vedere un torneo giovanile a Tenerife, in Spagna – racconta Delgado - l’allenatore era Zoff, mi vide e mi volle prendere. Non potevo venire in Italia perché minorenne e allora sono stato adottato da una famiglia in Italia, Bruno e Maria Pia, che ancora oggi ringrazio». TALENTO. Il suo futuro sem-
brava già scritto: «Ho esordito in serie A con il Siena nel 2003. In tutto ho collezionato 12 presenze». Due stagioni in prima squadra hanno permesso a Delgado di conoscere alcune leggende del calcio: «Mi sento e mi vedo con Cesar e Pandev. Ricordo bene, ma li sento poco, Mihajlovic, Stam e Couto, che mi hanno fatto crescere tanto e mi hanno dato tanti consigli. Ero anche intimorito, non potevo non esserlo». Di certo l’olandese non faceva nulla per non mettere in soggezione i compagni: «Una volta, feci una cavolata in allenamento, rispondendo a uno giocatore più grande. Tutti inveivano verso di me. Lui si alzò in
Alfonso Delgado insieme a Leonardo Talamonti nella Lazio
piedi e tirò un urlo dicendo “Non rompete, ha sbagliato ma ora basta”. Scese il silenzio, erano tutti timorosi. Io, di fronte a quella bestia, volevo scappare». verso LA ROMANIA. L’incante-
simo finì con l’arrivo di Lotito. Delgado venne messo subito fuori rosa: «Ero giovane e dopo otto mesi senza campo, volevo giocare». Delgado è quindi approdato alla Spal, per poi vincere il campionato a Potenza in Serie C. Nel 2009
la scelta di andare a giocare in Romania, con il Vaslui: «È un campionato di alto livello. C’erano Adailton, De Zerbi, Piccolo. Quando ho vestito la maglia del Cluj, abbiamo battuto la Roma all’Olimpico e giocato anche contro il Chelsea, perdendo 2-1». In Europa, tra Champions League ed Europa League, Delgado ha collezionato 16 presenze. Dopo la Romania, il ritorno in Italia: «Con mia moglie Alessandra abbiamo avuto il nostro primo figlio, Leonar-
Serpentara. «Ringrazio il diesse Maurizio Proietti e la società. Col direttore ho un rapporto che va oltre il calcio. Insieme abbiamo vissuto delle stagioni incredibili. Lui è la persona più seria che conosca, quando mi chiama accetto prima ancora di sentire cosa abbia da dire. Ho due figli, non posso andare in giro e perdere tempo e soldi». Al Serpentara sta tirando fuori il club dalle sabbie mobili della zona play out: «Quando sono arrivato avevamo sette punti e dissi che ci saremmo salvati direttamente. Dobbiamo essere uniti e continuare così. Ringrazio dirigenza e tifosi. Negli ultimi cinque anni di Serie D non ho mai trovato una società del genere, così seria». Il pensiero finale va alla carriera che forse avrebbe potuto vivere: «Ho solo un rimpianto: se avessi avuto la maturità di ora, in passato le cose sarebbero andate diversamente. Mia moglie e i miei figli mi hanno aiutato a crescere e diventare un uomo». © Copyright Università Niccolò Cusano
unicusanofondi
Doppio successo dei Giovanissimi Solamente tre delle quattro formazioni giovanili dei rossoblù sono state impegnate nel fine settimana. Hanno infatti riposato gli Allievi, la cui gara con il Briganti è stata spostata al prossimo 21 febbraio. Due i successi, entrambi interni: quelli dei Giovanissimi regionali, capaci di liquidare la Virtus Nettuno con la quinta vittoria consecutiva, e dei Giovanissimi provinciali, che hanno superato senza problemi il Città di Sonnino tornando così a vincere dopo lo stop della scorsa settimana. E’ andata male alla Juniores nazionale, battuta nettamente dalla Viterbese Castrense ma ancora prima nel proprio girone.
Ancora un cambio in panchina per il Potenza: alla guida dei lucani torna Salvatore Marra La prima della classe vince, le inseguitrici frenano o rallentano. La quarta giornata di ritorno del girone H di Serie D è stata favorevole alla Virtus Francavilla, forse in un modo non pronosticabile. I biancocelesti hanno vinto il delicato derby con il Taranto, contro una squadra che aveva forte necessità di far punti, e approfittato dei risultati delle altre pretendenti alla vetta. Il Francavilla in Sinni si è dovuto accontentare di un punto sul difficile campo di Manfredonia; l’UnicusanoFondi ha dovuto fare altrettanto contro il Pomigliano, in una partita dalle mille emozioni; il Nardò è uscito sconfitto dalla gara contro l’Isola Liri, in casa di una squadra che nonostan-
Juniores nazionali CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 32 Trastevere 31 Ostia Mare 29 Rieti 27 San Cesareo 27 Aprilia 25 Albalonga 24 Viterbese 23 Astrea 18 Cynthia 14 Serpentara Bellegra 11 Flaminia 6 Isola Liri (- 1 ) 2 Lupa Castelli Romani -
Per l’UnicusanoFondi un pareggio interno con il Pomigliano
te le difficoltà riesce sempre a dare il meglio. SORPRESA SAN SEVERO. La
Severo, vincitore a Gallipoli non senza soffrire, e il Torrecuso, che ha pareggiato per 2-2 contro il Potenza, a sua volta reduce dall’ennesimo capovolgimento in panchina che ha riportato Salvatore Marra alla guida della squadra.
nuova classifica, quindi, racconta una Virtus lanciata verso il salto di categoria e un gruppo di inseguitrici in scia con i play off di fine stagione nel mirino. Due formazioni hanno consolidato la loro posizione in classifica, lontano dalle difficoltà e con la speranza di ottenere qualcosa in più. Sono il San
ZONA PLAY OUT. In coda nulla è cambiato al termine di un turno che non ha modificato le gerarchie in ottica retrocessione e play out. Dal-
allievi provinciali
giovanissimi regionali
CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 33 Formia 1905 26 SS. Cosma e Damiano 25 Monte San Biagio 23 Don Bosco Gaeta 23 Mondo Calcio Formia 22 Vigor Gaeta 16 Don Bosco Formia 11 Virtus Lenola 8 Insieme Ausonia 6 Briganti Itri 4 A.V. Scauri 1
CLASSIFICA Pt La Selcetta 40 Aprilia 37 Sermoneta 34 Albalonga 31 UnicusanoFondi 25 Pomezia 25 Virtus Nettuno 21 Borgo Podgora 21 Agora F.C. 14 Calcio Sezze 14 Anzio 13 Pontinia 12 Sabotino 11 Unipomezia F.C. 9 Don Bosco Gaeta 7 Priverno Calcio -
le quattro formazioni attualmente in zona spareggi sono arrivati altrettanti pareggi, segno che la paura di perdere punti sta iniziando ad aver la meglio sulla possibilità di portare a casa la posta intera. Il Gallipoli resta penultimo, mentre alle sue spalle ci sta provando il Picerno: il compito dei lucani appare duro, ma quattro punti in due giornate lasciano comunque viva la speranza. © Copyright Università Niccolò Cusano
giovanissimi provinciali CLASSIFICA Pt Borgo Faiti 2004 29 Monte San Biagio 26 UnicusanoFondi 25 Borgo Hermada 21 Nuova Circe 20 Città di Sonnino 19 Palluzzi Priverno 17 Vodice 13 Real Sabaudia 3 Bassiano -