Unicusano Focus 16 febbraio 2016

Page 1

UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma

ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL

I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK

Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano

Salute Troppo zucchero? Il cervello va in tilt

Imprese Abilympics, le olimpiadi dei mestieri in Francia

> A PAGINA III

martedì 16 febbraio 2016 www.corrieredellosport.it

Calcio Piacenza e la voglia di tornare tra le grandi

> A PAGINA VI

una stella in movimento

> A PAGINA VII > A PAGINA II

l’opinione

La valorizzazione degli immobili delle nostre città Nelle ultime settimane stiamo assistendo a un crescendo di notizie legate alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare pubblico delle nostre città. Il caso romano ha aperto la ridda di notizie e sembra essere quello più eclatante. Numerosi immobili pubblici del centro storico di Roma sono affittati a pochi euro al mese. In alcuni casi gli affitti, ancorché calmierati, non vengono nemmeno riscossi. Inoltre, notizia di queste ore, molti appartamenti sono inutilizzati e comportano costi di gestione molto onerosi per il Campidoglio. È evidente l’incapacità di gestione del patrimonio immobiliare da parte della Pubblica Amministrazione. Le dichiarazioni di sdegno per lo spreco delle risorse pubbliche che si sono levate da parte di politici, giornalisti e opinionisti sembrano, in molti casi, offrire una rapida soluzione al problema: vendere gli immobili e destinare le risorse per lo sviluppo dei servizi ai cittadini. In realtà, la vendita del patrimonio immobiliare non coincide necessariamente con la sua valorizzazione. L’immissione di numerose abitazioni sul mercato potrebbe generare una riduzione “momentanea” del valore degli immobili, riducendo gli introiti per l’amministrazione cittadina. Occorre, inoltre, considerare l’aspetto sociale dell’operazione. Privare della casa famiglie a basso reddito, spesso anziani, che vivono da anni nel centro storico significa acuire le diseguaglianze sociali di Roma, ridurre l’integrazione sociale nel cuore della città, favorendo gli investimenti di grandi operatori o di pochi privilegiati. L’esito delle cartolarizzazioni dello scorso decennio dovrebbe farci riflettere in proposito. È tempo di iniettare nella Pubblica Amministrazione una rinnovata moralità per il bene comune e nuove professionalità per sviluppare una visione strategica e riformatrice del patrimonio immobiliare pubblico. Una sana gestione richiede una catalogazione esaustiva degli immobili e una sistemica e vigilata attività di messa a reddito da parte di società specializzate. In tal modo, gli immobili non verrebbero venduti bensì affittati massimizzandone la redditività. Al tempo stesso ciò consentirebbe all’amministrazione pubblica di garantire efficacemente il bilanciamento tra obiettivi economici e sociali. Il patrimonio immobiliare rimarrebbe pubblico e i redditi prodotti potrebbero essere investiti per il miglioramento dei servizi alla cittadinanza.

anna foglietta

> L’attrice di “Perfetti sconosciuti” si racconta: «Essere mamma mi dà una marcia in più sul set Tra film e casa non mi fermo mai»

Prof. Mario Risso Preside della Facoltà di Economia Università Niccolò Cusano

unicusano Aurelia Nuoto

paralimpiadi

Minisini, uomo simbolo del nuoto sincronizzato

A Rio in gara contro il mare La sfida di Marta Zanetti

> A PAGINA IV

> A PAGINA V


II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 16 febbraio 2016

ricerca e cultura

NEGLI USA

in italiA

Via ai test psicologici in gravidanza

Congedo parentale, nuove regole

Ogni donna incinta negli Usa andrà sottoposta a test psicologico per verificare se soffre di depressione durante la gravidanza o dopo il parto: gli esperti raccomandano lo screening su ogni futura mamma.

Il Jobs Act ha introdotto il nuovo congedo parentale: i genitori possono chiedere di utilizzarlo fino ai 12 anni (retribuito al 30% entro i 6 anni) del bambino. Il periodo di congedo non può superare, tra padre e madre, i 10 mesi.

anna foglietta le mie emozioni tra set e famiglia L’attrice di “Perfetti sconosciuti”: «Essere una mamma vuol dire non fermarsi mai, è un’esperienza importante anche sul lavoro» abbiamo il dovere di promuovere i film che facciamo ma ci sono film che viene più facile promuovere, che hai voglia di promuovere. Questo è uno di quelli perché credo sia un ottimo lavoro. E’ un’opera diretta e nuova. E poi voglio molto bene a Paolo (Genovese, ndr). Credo sia il “suo” film. Sono felice di far parte di questo cast».

Al cinema è tra i protagonisti della commedia di Genovese sui “segreti” di coppia «In ogni rapporto la sincerità resta la strada più dura: bisogna imparare a essere diretti»

Sei stata nei giorni scorsi Sanremo a presentare il film con Kasia Smutniak: hai ricevuto tanti complimenti per l’eleganza e la bellezza. Cosa fai per mantenerti in forma? «Non esagero a tavola, mangio ma non troppo. Quando ho tempo - e non ne ho mai troppo - faccio CrossFit con un personal trainer. La mia vera fortuna è che sto sempre tanto in movimento. Noi mamme siamo sempre in movimento».

Attrice, moglie, mamma. Anna Foglietta (sette film in quattro anni) romana, classe 1979, ha già archiviato importanti successi. L’abbiamo vista al cinema e in tv. L’abbiamo vista incinta, nel ruolo di una lesbica, in quello di una ispettrice di polizia. Dall’11 febbraio veste, invece, i panni di Carlotta nel film “Perfetti sconosciuti”,la nuova commedia di Paolo Genovese con Giuseppe Battiston, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher e Kasia Smutniak. L’attrice è in questi giorni impegnata nella promozione del film. E’ in sala “Perfetti sconosciuti”. Tanto lavoro e tanto stress? «Certo, ma anche tanta gioia e soddisfazioni. Noi attori

A proposito. Hai tre figli. Come hai vissuto la gravidanza? «Ho un ricordo meraviglioso della gravidanza e dell’allattamento. E di tutto il periodo in cui i bambini sono piccoli. La gravidanza mi ha dato forza ed entusiasmo. Non mi ha privato di nulla. Solo un po’ di sonno. Certo mi ha tolto energia ma tanta me ne ha restitu-

Anna Foglietta in una scena del film “Perfetti sconosciuti”

Anna Foglietta con Kasia Smutniak nel film diretto da Paolo Genovese

ce di tutte le mamme». In “Perfetti Sconosciuti” vesti i panni di Carlotta: di cosa parla il film? «E’ la storia di un gruppo di amici che si riuniscono a cena e la proprietaria di casa lancia un gioco molto pericoloso: tutti dovranno mettere il proprio telefono sul tavolo e accettare di leggere sms e chat o ascoltare telefonate pubblicamente. Il film svela e rivela come tutti noi abbiamo dei segreti. Questi segreti prima venivano conservati nella memoria ora nella sim del nostro telefonino. Cosa succederebbe se questa sim venisse aperta? E quello che è contenuto venisse rivelato alle persone che più amiamo? Verremmo sicuramente a scoprire delle cose che non sappiamo dell’altro. Il film non fa la morale: mettiamo semplicemente in scena un dato di fatto. Nei rapporti la strada più difficile è quella della sincerità: bisognerebbe essere diretti. Non avere una doppia vita ma dirsi le cose come stanno anche L’abito di Anna è di Giorgio Armani, i gioielli di Barbara Biffoli se dolorose. Il mio personaggio a un certo punto del film ita perché sono tante le espe- ma emozionale: è un valore dice: “Le persone dovrebbero rienze meravigliose che ho aggiunto per noi attori che per avere il coraggio di lasciarsi”. vissuto. Credo che per un’at- lavoro rappresentiamo emo- Una vita parallela rischia solo trice sia importante vivere zioni. Le donne però in quei di far incancrenire dei rapporla maternità perché in qual- momenti vanno sostenute. ti che non hanno più base». che modo amplifica la gam- Sono una grande ammiratri© Copyright Università Niccolò Cusano

nuove scoperte

Una rivoluzione per la medicina Il super-collante arriva dal mare Suturare una ferita o saldare una frattura ossea grazie a una particolare “colla”. Una possibilità solo apparentemente impossibile. Grazie infatti a una nuova ricerca del CNR di Rende, in collaborazione con i ricercatori dell’Università della Calabria e con il gruppo di ricerca di Ali Miserez della Nanyang Technological University di Singapore, è stata appunto realizzata una particolare colla, estratta dalle comuni cozze, che potrebbe nel giro di pochi anni rivoluzionare il mondo della medicina e non solo. Ne ha parlato il dottor Bruno Zappone, CNR Nanotec, intervenuto ai microfoni di Ra-

Suturare una ferita o una frattura grazie alla colla estratta dalle cozze: esperti al lavoro Il dottor Zappone di CNR Nanotec: «Ci vorrà tempo ma le applicazioni sono moltissime»

dio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano, durante la diretta del programma “Genetica Oggi”. Ottenere un collante biologico grazie alla “bava delle cozze”: di cosa parliamo dottor Zappone? «Il gruppo di nanotecnologia di cui faccio parte si occupa da tempo di studiare materiali provenienti dal mondo biologico per cercare di individuare dei meccanismi, che possano essere replicati in modo artificiale. Alla luce di questo, lo studio sulla “bava delle cozze” va avanti da alcuni anni e ci ha portato a capire come questi or-

ganismi riescano ad aderire a superfici varie immerse completamente in acqua. L’interesse per questo piccolo essere vivente è proprio qui, capire come la cozza riesca a fare ciò che nessuna colla creata dall’uomo riesce a fare. Le cozze riescono ad aderire tramite una specifica proteina secreta dal mitile stesso». Siete riusciti a replicare questo collante naturale e in che modo potrebbe essere impiegato? «Siamo nella fase in cui siamo riusciti a individuare quali fenomeni chimico-fisici ci sono alla base di questo “super-collante”. Ci vorrà anco-

ra del tempo prima di poterlo realizzare, ma la mia impressione è che ci si stia comunque muovendo molto velocemente. Le applicazioni, molto attese, sono sicuramente nel settore medico. Pensiamo alle suture durante un intervento chirurgico. I due lembi potrebbero essere uniti al meglio grazie a questo tipo di collante, che riuscirebbe a farli aderire proprio grazie al fatto che riesce a incollare anche le superfici umide. Addirittura, anche nel caso di distacco della placenta, si potrebbe iniettare una sostanza collosa e adesiva per risolvere il problema». © Copyright Università Niccolò Cusano

Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@unicusano.it


martedì 16 febbraio 2016

UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

RICERCA e cultura

lo studio

tumori

Il responsabile del team di ricerca

Con consumi elevati i rischi aumentano

Lo studio sugli effetti dello zucchero sul cervello è stato portato avanti dai gruppi di ricerca guidati da Giovambattista Pani (nella foto) medico di Patologia Generale presso il Gemelli di Roma, insieme alla facoltà di Medicina del Sacro Cuore.

Dopo la carne e il caffè ora tocca allo zucchero salire sul banco degli imputati: secondo uno studio dell’Università del Texas, l’elevato consumo di zuccheri fa lievitare il rischio di tumori al seno e metastasi ai polmoni.

salute gli zuccheri nella testa Il dottor Pani, del Gemelli di Roma, spiega: «Gli eccessi provocano danni al cervello» Niccolò Cusano, durante la consueta diretta di Genetica Oggi. Il lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell Reports. I ricercatori hanno inoltre osservato che nel cervello di animali sottoposti a restrizione calorica (dieta ipocalorica comparabile a una dieta di circa 1500 calorie al giorno) aumenta di contro il numero di cellule staminali cerebrali. Cellule “totipotenti” in grado di differenziarsi in nuovi neuroni e in tessuto nervoso.

Lo studio pubblicato su Cell Reports mostra gli effetti sull’apprendimento e sulla memoria Secondo l’esperto di Patologia Generale «anche le persone sane sono vulnerabili» Troppo zucchero manda in tilt il cervello inibendo la riproduzione delle cellule staminali coinvolte in apprendimento e memoria. Lo ha evidenziato un nuovo studio promosso dall’Ospedale Gemelli di Roma insieme alla Facoltà di Medicina dell’Università del Sacro Cuore della Capitale. Ne ha parlato il dottor Giovambattista Pani, medico di Patologia Generale presso l’Ospedale Gemelli di Roma, intervenendo ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università

Dottor Pani, un eccesso di zucchero diminuisce dunque le nostre capacità cognitive? «Quello che emerge dai nostri studi, che si collocano in un ampio settore della ricerca sugli effetti negativi di un eccesso di nutrienti sul nostro organismo, è che un eccesso di zuccheri nel sangue ha

«A essere colpite sono le cellule staminali utili a “costruire” nuovi neuroni» «Bisogna dedicare grande attenzione al collegamento tra l’Alzheimer e il diabete»

fisica, un programma internazionale

Dalla Cusano a Copenaghen la “missione” di Barettin

un effetto specifico sulle cellule staminali del cervello, cellule che sono molto importanti quando bisogna “costruire” nuovi neuroni e nuove “memorie”. L’eccesso di zucchero danneggia queste cellule e impedisce di farle proliferare distruggendole». Possiamo dunque ipotizzare che un certo tipo di alimentazione sia in grado di favorire o meno il processo di memorizzazione? «Certamente sì, l’eccesso di zucchero anche in una persona sana e dunque non necessariamente malata di diabete, può avere dei grossi effetti negativi sulla memoria. Nessuno criminalizza lo zucchero in quanto tale però il loro consumo va controllato. Il nostro studio si concentra comunque sui casi di palese iperglicemia cronica come quella che si instaura nel diabete». L’alimentazione può favorire anche malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson? «Oggi c’è una grande attenzione riguardo all’associazione fra diabete e Alzheimer. Alcuni autori indicano addirittura l’Alzheimer come un “Diabete di tipo 3”. L’Alzheimer è considerato una specie di “Diabete del cervello”, una malattia dovuta principalmente dall’incapacità del cervello ad utilizzare lo zucchero. Voglio aggiungere che oggi si osserva, per la prima volta, come il diabete tipico delle persone anziane insorga già nei bambini. Un diabete alimentare, non immunologico, dato da eccessivo accumulo di grasso». © Copyright Università Niccolò Cusano

La sede dell’Università di Copenaghen

Un progetto di portata internazionale condotto dal Politecnico di Copenaghen. Un team composto da professori e ricercatori provenienti da tutto il mondo, un insieme di eccellenze e un solo partecipante esterno, il prof. Daniele Barettin, fisico in forza all’Università degli studi Niccolò Cusano. Per descrivere meglio l’importanza e la portata di questo progetto ribattezzato attraverso l’acronimo Q.U.E.E.N.S., il prof. Barettin ha parlato ai microfoni di Radio Cusano Campus, emittente ufficiale dell’ateneo per cui insegna. Prof. Barettin, lei è l’unico partecipante esterno al progetto Q.U.E.E.N.S. Di che cosa si tratta e perché questo nome curioso? «C’è da dire che ingegneri e fisici sono sempre molto fantasiosi quando si trovano a dover ribattezzare un nuovo progetto. Nel caso specifico la dicitura per esteso è fin troppo complicata. Si tratta di un progetto che fa capo al Politecnico di Copenaghen ed è finanziato dal più grande fondo privato che sostiene la ricerca in Danimarca. L’idea che anima Q.U.E.E.N.S. nasce in Danimarca ma beneficia dell’esperienza e delle competenze di studiosi di tutto il mondo, il progetto ruota attorno alla fisica dei materiali e non scendo nel dettaglio perché poco fruibile per i non addetti ai lavori. Le sue applicazioni, però, sono particolarmente pratiche: attraverso la nanotecnologia e la fisica quantistica possono essere realizzati dispositivi medici in grado di vedere l’infinitamente piccolo, oppure generatori per nuovi sistemi di comunicazione, solo per fare un paio di esempi».

Sistemi di finanziamento per la ricerca scientifica: prof. Barettin, si parla anche di questo in team di lavoro come il suo, dove si conoscono colleghi di tutto il mondo e dove si affrontano le criticità dei diversi paesi di provenienza? «Mi capita di parlare dell’Italia e lo faccio con amarezza per ciò che riguarda il nostro sistema di fare ricerca, uno dei più sottofinanziati d’Europa. La mia lunga esperienza all’estero sta alla base del mio incontro con l’Università Niccolò Cusano, che punta forte sulla ricerca e sulla formazione internazionale dei ricercatori. Il grande paradosso italiano sta tutto qui: la formazione accademica è eccellente ma poi solo al di fuori del paese siamo finanziati e apprezzati veramente. Quando mi è capitato di lavorare a progetti di ricerca italiani, il finanziamento proveniva per lo più da fondazioni private, o, in alternativa, da fondi europei». Unico membro esterno al progetto Q.U.E.E.N.S. E’ orgoglioso di questo? «Indubbiamente sì. C’è da dire che la mia lunga esperienza di studio qui in Danimarca mi ha favorito. Con il vicedirettore del Politecnico di Copenaghen ho lavorato per molti anni, da lui ho appreso tanto e lo considero un po’ come il mio mentore. È lui che mi ha voluto e io sono stato entusiasta sin da subito di partecipare a questo importante progetto. Competenza e formazione accademica italiana premiata da importanti riconoscimenti. Una storia che meritava di essere raccontata».

l’analisi

© Copyright Università Niccolò Cusano

Il progetto europeo alla prova dei diritti fondamentali Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo di Francisco Javier Ansuátegui, direttore dell’Instituto de Derechos Humanos Bartolomé de las Casas di Madrid e uno dei maggiori esperti europei sulle tematiche dei diritti dell’uomo. La legittimità democratica del progetto europeo deve essere strettamente legata alle esigenze morali che sono proprie dei diritti dell’uomo. Una giustificazione dell’Unione Europea che volti le spalle all’esigenza di costruire uno spazio unico di diritti fondamentali condivisi, ma che miri solo a conseguire obiettivi politici ed economici che

poco abbiano a che vedere con i diritti, correrebbe il rischio di porsi contro le esigenze della democrazia. Il progetto europeo ha un senso se ha per scopo l’Europa dei diritti. Il messaggio che negli ultimi tempi viene dall’Europa, però, è in evidente contraddizione con le esigenze minime di un sistema fondato sui diritti fondamentali, che deve essere in sintonia con esigenze che vanno ben oltre l’esistenza di un’architettura istituzionale più o meno complessa e articolata. Si richiede un impegno all’insegna del rispetto dei diritti, un impegno istituzionale e civile, che comporta lo sviluppo di un discorso morale nel qua-

le valori come la dignità, la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà siano riconosciuti come valori vincolanti. Le reazioni delle istituzioni e dei governi europei davanti alla situazione dei rifugiati, che cercano di salvare le loro vite – perché di questo si tratta- venendo in Europa, solleva domande sull’esistenza di un autentico impegno nel segno dei diritti di cui sopra si diceva. Si tratta di persone, di famiglie che fuggono da una guerra, da situazioni in cui la politica estera dell’Ue ancora una volta ha dimostrato di essere incapace di ottenere dei risultati. In assenza di questa capacità politica, si sarebbe potuto sperare che

le istituzioni e i diversi governi europei attraverso le loro politiche – seppure iniziative meno partecipate e coordinate- avessero dimostrato qualche sensibilità e solidarietà. Certo è che non si parla di cooperare con queste persone per favorire lo sviluppo dei loro paesi, realtà che ci sembrano lontane, anche perché da qui non vediamo i loro volti e non ci infastidiscono con la loro presenza. Certi comportamenti, però, vanno al di là della mancanza di solidarietà, come i provvedimenti di confisca che in nazioni come la Danimarca – non certo una delle più povere - si stanno adottando nei confronti dei beni con i qua-

li i rifugiati arrivano sul suo territorio. Le scene di folle che guardano con paura al loro futuro ci ricordano episodi accaduti in Europa in tempi non lontani. Per non parlare della notizia della scomparsa di 10.000 rifugiati minorenni arrivati in Europa. Si rimane inorriditi davanti alla grandezza di questa cifra, come dai comportamenti dei governi europei. Ma veramente i nostri governi non hanno i mezzi per evitare la scomparsa di questi bambini sui loro territori, sui quali esercitano la loro sovranità tante volte rivendicata (ad esempio per blindare le loro frontiere con muri o filo spinato)? Stati veramente in-

capaci di trovare questi minori? Il comportamento di questi governi sarebbe lo stesso se questi scomparsi fossero minori francesi, italiani, tedeschi, austriaci, cechi o spagnoli? L’Europa diventerà una realtà dove la scomparsa di tanti minori sarà considerata un problema prioritario, come accade in altre parti del mondo? Dipenderà dalle risposte che si daranno a queste questioni che abbia o meno un senso parlare dell’Europa dei diritti. Francisco Javier Ansuátegui Università Carlo III, Madrid Traduzione dal castigliano del Prof. Enrico Ferri Università Niccolò Cusano


IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 16 febbraio 2016

sport E disabilità al via la stagione

Wheelchair tennis, inclusione è la parola d’ordine Parte la stagione ufficiale del wheelchair tennis in Italia con il primo torneo nazionale. L’appuntamento in calendario è per giovedì 25 febbraio a Pinerolo, dove fino a domenica 28, nell’indoor in terra rossa del Circolo Tennis Pinerolo, atleti e atlete si sfideranno nei quattro tabelloni del singolo e del doppio del Trofeo città di Pinerolo. Il trofeo è giunto alla sua sesta edizione, in cui, nel singolo maschile, Ivan Lion dovrà difendere il titolo conquistato lo scorso anno (tris per lui dopo i successi del 2011 e del 2014). Gli altri campioni in carica sono Stefania Galletti nel singolo femminile (terza affermazione consecutiva) e le coppie

Paiardi-Sorrentini (maschile) e Galletti-Grottoli (femminile). Da due anni il torneo è stato intitolato a Cosimo Vargiolu, tennista della Sportdipiù, società sportiva organizzatrice della manifestazione insieme proprio al Circolo Tennis Pinerolo, scomparso qualche anno fa. «Il Trofeo apre la stagione dei trofei nazionali italiani – spiega l’organizzatore Pietro Mazzei – ed è naturalmente una soddisfazione per noi. È un evento suggestivo grazie alla sua collocazione ai piedi della Val Chisone, e pensato per gli atleti in tutto e per tutto». Il torneo è un open, quindi permette l’iscrizione di tutti i classificati, senza

limitazioni di ranking: «L’inclusione è la parola d’ordine – spiega Mazzei - anche se il livello è molto elevato e sono tanti i tennisti in Top10 presenti». Inclusione non soltanto dal punto di vista tecnico, però: «Questo torneo da sempre ottimi feedback perché ogni aspetto è curato per incontrare le necessità dei partecipanti. Le strutture alberghiere di Pinerolo sono totalmente accessibili e lavorano con noi con grande impegno. Il Circolo offre sempre una collaborazione totale. In più, abbiamo il supporto di Fiat Autonomy, partner abituale delle più importanti manifestazioni sportive paralimpiche in Italia».

RIVOLUZIONE CULTURALE

danzare in acqua senza il trucco

Giorgio Minisini, uomo simbolo del sincro e dell’Unicusano Aurelia Nuoto: «Ho dovuto superare diffidenze e tabù» Barriere che cadono. Pregiudizi che vengono spazzati via a suon di medaglie: quelle conquistate da Giorgio Minisini nel Campionato del Mondo di nuoto di Kazan del 2015. Alla prima apparizione sul palcoscenico internazionale degli uomini nel nuoto sincronizzato, l’azzurro si è messo al collo due bronzi, dietro solo a Stati Uniti e Russia. Riconoscimenti arrivati nel duo misto tecnico, in coppia con Manila Flamini, e nel duo misto libero con Mariangela Perrupato. Minisini, così come le azzurre Flamini e Perrupato, scende in vasca

«Per me è sempre stato naturale: non imito le donne so che il mio ruolo in vasca è un altro» «L’apertura della FINA al maschile è una svolta: spero ci permettano presto di andare ai Giochi»

per l’Unicusano Aurelia Nuoto, società per la quale è tesserato. L’atleta ritirerà proprio oggi il Premio Coni Lazio 2016 per i risultati raggiunti in vasca, la valenza sociale del messaggio rappresentato, il fair play sportivo, la passione e l’impegno costante. Classe 1996, Minisini è l’uomo simbolo del nuoto sincronizzato azzurro. Appena rientrato da un meeting internazionale a Parigi, dove ha ottenuto un argento nel solo, Minisini è intervenuto a Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università Niccolò Cusano, per raccontare la pro-

pria esperienza. Un percorso, il suo, partito da molto lontano: «Ho iniziato a fare nuoto sincronizzato a 6 anni, seguendo le orme di mio fratello. In realtà è tutta la mia famiglia a far parte di questo mondo, tra mia mamma allenatrice e mio padre giudice internazionale» ha raccontato il campione dell’Unicusano Aurelia Nuoto. Il nuoto sincronizzato al maschile per molti è stato ed è ancora un tabù. Hai dovuto superare molti ostacoli per seguire la tua passione?

«In realtà per me è sempre stata la normalità, ho sempre avuto chiaro il mio ruolo di uomo in mezzo alle donne, per gli altri non è invece così ovvio. Questo io però l’ho capito solo dopo, quando mi sono accorto che c’era chi pensava che imitassi la gestualità, i movimenti o addirittura il trucco delle ragazze. Invece, come per la danza, il mio ruolo è un altro, e per me è sempre stata una cosa assolutamente naturale. In più, ho sempre potuto contare sull’appoggio della mia famiglia e delle mie compagne di squadra. Passiamo moltissime ore insie-

Giorgio Minisini e Mariangela Perrupato nel duo misto libero

me ogni giorno, allenandoci in acqua e in palestra, e anche se per ovvie ragioni non condividiamo lo spogliatoio, siamo al 100% una squadra». Cosa ha significato per te l’apertura della FINA alla partecipazione degli uomini alle gare internazionali? «E’ stato un momento molto bello, ed è cambiato tutto. Finalmente, dopo anni di sacrifici quasi senza prospettiva, è arrivata questa svolta importante. La possibilità di gareggiare a livello internazionale, di indossare la maglia azzurra e di rappresentare l’Italia hanno cambiato tutto. Naturalmente, la prima cosa a cui ho pen-

sato è stata: chissà se e quando ci permetteranno di andare all’Olimpiade! Spero che per Tokyo 2020 ci sia data la possibilità di partecipare ai Giochi e di dimostrare che il sincronizzato maschile ha un seguito ed è uno sport che merita i cinque cerchi. Inoltre l’Olimpiade è sempre un palcoscenico fondamentale per la diffusione della disciplina tra i più piccoli, la base per un futuro solido del nuoto sincronizzato maschile». Quanto ti alleni? «Le mie compagne e io ci alleniamo da un minimo di 8 ore fino alle 10 ore al giorno sotto carico, tra il lavoro in piscina e

quello in palestra, quando siamo vicini alle gare». I tuoi prossimi impegni? «A metà marzo parteciperemo ai Campionati Italiani Assoluti, in programma a Cuneo, poi a maggio un impegno fondamentale come i Campionati Europei di Londra, dove affronteremo di nuovo la Russia (medaglia d’argento a Kazan) e le altre nazioni di tradizione importante nel sincronizzato come Spagna e Francia. Per noi sarà importante fare bene e acquisire un certo prestigio nei confronti dei giudici, negli sport come il nostro conta anche questo». © Copyright Università Niccolò Cusano

special olympics

Vieira: «Un onore rappresentare l’Italia all’All Star Game» Milton Vieira, 17 anni di Torino, è stato l’unico giocatore italiano ad aver partecipato, insieme ad altri 11 Atleti Special Olympics provenienti da ogni parte del mondo, all’NBA All Star Game, a Toronto. Agli ordini di Steve Nash e Yao Ming, ha giocato contro Tracy McGrady, tra gli altri, la partita di Basket Unificato. Ecco le sue emozioni. La convocazione. «Ero a scuo-

la, aspettavo con ansia la chia-

mata perché sapevo di essere candidato all’All Star Game con Special Olympics. Temevo che quella chiamata fosse la notizia dello spostamento dell’orario dell’allenamento, invece era quella che aspettavo: Toronto».

basket. Dieci campioni in uno spazio così piccolo: uno spettacolo per i miei occhi. Prima di partire ho deciso di non allenarmi tanto in vista del match: avevo paura di farmi male».

La partenza. «Avevo grande curiosità: mi chiedevo come si potesse organizzare un evento come questo e soprattutto come potesse convivere così tanto talento su un campo di

vivere in un film, tutto l’hotel è brandizzato NBA. Al tavolo accanto al nostro c’è Bill Russell: lo guardo incantato. Dopo cena arriva il momento della consegna della divisa. Vorrei

L’arrivo. «Mi è sembrato di

il 23: non perché è quello di LeBron James, il mio giocatore preferito, ma perché è il numero dell’amico che mi ha fatto scoprire Special Olympics. Il suo sogno era giocare un Mondiale: non c’è mai riuscito, io sì, la scorsa estate. Ogni volta che gioco, lo faccio per lui. Mi arriva il 23 e sono felice». Gli allenamenti. Si è creato un buon feeling con i compagni. Abbiamo curato tutto: fonda-

mentali, parte fisica, tanto tiro e poi il cinque contro cinque. E’ stato incredibile vedere da vicino icone del basket come Kobe, LeBron e Paul». La partita. «Il momento più bello è la presentazione. Mi sembra di essere un protagonista di Space Jam. E’ in pieno stile NBA e mi ha sorpreso come ci abbiano riservato lo stesso trattamento riservato ai professionisti, da pelle d’oca.

Stephen Curry alza la palla a 2, si gioca. Mi sento un po’ impacciato. C’è tanto pubblico. Riesco a rubare un rimbalzo da dietro a Tracy McGrady. Un trucchetto di esperienza fatto a chi di esperienza ne ha da vendere. Da quel momento mi sblocco, prendo fiducia e comincio a giocare sereno. La nostra squadra comincia forte. Andiamo al riposo sopra di qualche punto. Alla fine abbiamo perso di 3, ma mi sono divertito».

Esperienza di vita. «E’ stata

un’esperienza straordinaria. Mi sono trovato molto bene con i compagni, specie con le ragazze. Sono molto tecniche nel loro modo di giocare, a differenza di noi uomini che tendiamo a usare molto di più il fisico. Finita la partita abbiamo partecipato a un clinic organizzato per gli atleti di Special Olympics Ontario. Ero stanchissimo, ma ho stretto i denti, volevo giocare con loro». © Copyright Università Niccolò Cusano

Milton Vieira


martedì 16 febbraio 2016

Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

sport, disabilità e cultura

la sfida del mare non ha paragoni La velista paralimpica Marta Zanetti è pronta per Rio: «Questa disciplina comporta fatica ed enormi sacrifici» cevo un po’ da portaborse, per così dire. Lui mi iscriveva a corsi per farmi migliorare ma non avrei mai pensato di arrivare fino a

Dopo l’incidente ha guardato avanti: «E’ una passione nata in famiglia e che mi dà grande gioia» La qualificazione ai Giochi 2016: «Un traguardo che abbiamo inseguito con decisione» «Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai». A dar retta a Hemingway, non solo come scrittore, c’è da guadagnare. Quando poi si è scelto il mare come ragione di vita, il suo Santiago potrebbe diventare quasi una guida spirituale. L’americano ha sempre incentrato le proprie storie su personaggi maschili ma è incredibile quanto il suo capolavoro “Il vecchio e il mare” sia accostabile a una protagonista femminile. Marta Zanetti è una velista, la migliore tra le azzurre, e di fronte a un incidente drammatico ha guardato con decisione avanti, pen-

sando esclusivamente al futuro, dove ha trovato medaglie a ripetizione. Marta, da dove nasce la tua passione per la vela? «Nasce in famiglia, direi. Il mio compagno è un velista, anche lui in nazionale, ed è grazue a lui che mi sono avvicinata a questo sport: è stato per amore. I primi tempi gli fa-

questo punto. Gareggiavo in qualche piccola regata e non certo a livello agonistico. Poi Marco Gualandris, che è ancora il mio compagno di squadra, mi propose di fare “coppia” in Skud 18, la classe velistica con equipaggio da due persone, che nella categoria paralimpica obbliga la presenza di una donna e di un componente che abbia una grave disabilità. Il resto porta fino a oggi». Oggi che si traduce nella qualificazione a Rio 2016. «Esatto. Anche se la nostra partecipazione è stata resa ufficiale da poco, siamo stati i primi Azzurri a conquistare il pass per il Brasile. E’ una grande emozione, un traguardo che abbiamo desiderato con forza e che siamo andati a prendere con decisione e voglia». Hai guadagnato l’accesso alle Paralimpiadi attraverso i Mondiali in Australia. Il giro del mondo, in pratica. «Sì, è vero. A Melbourne abbiamo vinto il bronzo ai Para World Sailing Championship 2015, per una doppia soddi-

big data, gli scenari

Opportunità e futuro della Data Science I Big Data sono tra noi per rimanerci. E i Big Data portano a una rivoluzione in come raccogliamo i dati, in come trasformiamo i dati in informazione e - più in generale - i Big Data portano una rivoluzione nelle nostre vite. Questo perché permettono di cambiare radicalmente il come viviamo e come gestiamo le attività d’impresa, e non solo. Ancor di più, i Big Data promettono di rivoluzionare il mondo delle imprese, le organizzazioni e l’amministrazione pubblica. Nella gestione e nell’analisi dei Big Data esistono quindi grandi opportunità a livello aziendale e di business (ma non solo). In questo contesto è anche sorto l’interesse alla Data Science, come disciplina utile appunto all’estrazione dell’informazione a partire da fonti di dati assai eterogenee. La Data Science nasce come campo nuovo per sua natura inter-disciplinare che, partendo da dati sia di forma strutturata che non strutturata, permette di identificare e di estrarre l’informazione rilevante presente nei dati stessi. Si può notare come la Data Science - proprio già da questa definizione - si presenti come contigua a discipline come la Statistica e il Data Mining. In questo senso è forte il dibattito tra chi ritiene oggi che la Data Science sia una disciplina autonoma e chi pensa semplicemente che sia una “Statistica 2.0”, che nasce da questa e che in realtà sia questa in forma aggiornata rispetto ai tempi di oggi. Di sicuro, Statistica e

Data Science condividono vari strumenti analitici seppure gli approcci spesso siano diversi. Aldilà del dibattito presente, è vero che il settore offre grandi opportunità anche di sviluppo professionale. In questo contesto, infatti, esistono anche importanti chance per chi voglia entrare in un campo così affascinante. L’Harvard Business Review (in un articolo a firma di Thomas H. Davenport and D.J. Patil) ha definito il data scientist come la “professione più sexy del ventesimo secolo”, facendo anche riferimento alle opportunità enormi a livello occupazionale e certamente ai salari per tali tipologie professionali. In particolare, l’analista di dati oggi viene definito appunto “data scientist”, che risulta essere una figura professionale in grande crescita proprio per le enormi applicazioni in diversi campi della Data Science (come disciplina autonoma) nel campo del business. Di sicuro l’avvento di una richiesta di mercato di data scientist indica semplicemente la grande richiesta di professionalità in questo settore. Dunque, grandi opportunità anche per chi voglia progettare in anticipo un proprio percorso di carriera. Ma come si diventa data scientist? All’oggi non esiste un solo unico percorso accademico o professionale. In particolare la Data Science, oggi, è un misto di tecniche di tipo analitico (Analisi dei Dati, Statistica e Matematica), informatiche (programmazione in vari linguaggi, ge-

stione avanzata di databases e non solo) e infine di business (capacità di lettura dei dati e applicazione dei risultati rapidamente alle esigenze dei business stessi). Tali abilità, che come si può vedere sono assai vaste, non si riferiscono specificamente a un’unica specialità, ma a competenze tipicamente trasversali a più discipline. Queste competenze richiedono comunque una forte conoscenza primariamente della Statistica, del “Machine Learning” (sistemi e algoritmi di Apprendimento Automatico) e dell’Informatica. Il data scientist è quindi uno specialista della capacità di trasformare i dati in informazione, facendo uso di metodi e tecnologie spesso molto differenti. Rispetto alla professione di statistico, il data scientist risulta tipicamente essere (ma grande in questo senso il dibattito nella professione) un’evoluzione in quanto, evolvendosi l’esigenza presente a livello di dati e tipologie di dati medesime, cambiano anche le metodologie e i processi. Per il futuro la domanda di data scientist è prevista in crescita, soprattutto ipotizzando una sempre maggiore diffusione della Data Science e di questa professionalità all’interno del mondo aziendale (che può portare un rilevante effetto di traino). Carlo Drago, PhD Ricercatore universitario in Probabilità Statistiche Università Niccolò Cusano

cinque cerchi

Roma presenta il progetto per il 2024 Continua la strada verso Roma 2024 con un altro appuntamento importante, in agenda per domani nella capitale, al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Verrà infatti presentato il progetto di candidatura di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2024 in un incontro con investitori, municipalità, istituzioni, stampa, im-

La velista paralimpica Marta Zanetti

prese, Università e mondo sportivo, per raccontare nei dettagli il progetto. A farlo, sarà chiaramente il Comitato Promotore per la candidatura di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Roma 2024, che presenterà alla città i dettagli del piano. COMITATO. Ad alternarsi sul

palco per esporre il progetto agli oltre mille invitati ci saranno il presidente del Comitato Roma 2024 Luca di Montezemolo, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il vicepresidente del Comitato Luca Pancalli, la coordinatrice generale Diana Bianchedi e la responsabile dei rapporti con gli atleti Fiona May.

Un passo importante, nel quale si saprà di più su quali sono i piani e le strategie organizzative del Comitato per arrivare alla possibilità di ospitare un evento che cambierebbe in modo radicale lo sport italiano e la vita del Paese (ricordiamo che le Olimpiadi in Italia mancano dal 1960). © Copyright Università Niccolò Cusano

sfazione. È stata, inoltre, la nostra seconda medaglia iridata consecutiva, che dimostra la continuità del lavoro fatto con Marco e con il nostro coach, Filippo Togni». Torniamo in Italia: qual è la situazione attuale della vela paralimpica? «Bisogna fare una premessa: la vela è una disciplina complessa, sia olimpica sia paralimpica. Ha costi molto elevati, e oltre a questo dipende da tanti fattori che non possono essere controllati, come il meteo. A tutto ciò si aggiunge una componente psicologica che ha un peso specifico importante nelle prestazioni. Tenendo tutto questo a mente, va da sé che sia uno sport duro per normodotati, figuriamoci per gli atleti con disabilità. Il gap più ampio è nel passaggio tra la pratica amatoriale e quella agonistica, e nonostante l’impegno della federazione, delle associazioni e dei circoli ci sono ostacoli difficili da aggirare». Ad esempio? «Proviamo a fare un paragone con sport molto belli ma che comportano un impegno economico più “legge-

ro” ed expertise meno ricercate. Chi vuole provare a gareggiare nel fondo, se la cava con scarpe da running e un preparatore atletico, chi vuole provare la vela ha bisogno di un’imbarcazione e di conoscenze che io, impropriamente ma per rendere l’idea, definisco carpenteria». C’è un aiuto da parte degli sponsor? «E’ raro, ma non solo per noi paralimpici. Io devo ringraziare la mia società, le Fiamme Gialle, e naturalmente la Federazione per il sostegno». Come riesci a conciliare il tuo lavoro con lo sport? «Non lo so neanche io… Le ferie e l’aspettativa finiscono in allenamenti e gare. Cerco di incastrare tutto ma non è molto semplice, anche perché è difficile far comprendere la fatica che si nasconde dietro a questa disciplina. Per fortuna arrivano soddisfazioni come quella di Rio a ripagare i sacrifici». Con quali obiettivi partirai per il Brasile? «Cenerentola cantava che i sogni sono desideri. Spero di arrivare più in alto possibile». © Copyright Università Niccolò Cusano


VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 16 febbraio 2016

industria, disabilità e cultura

evento abilympics i mestieri in gara

A fine marzo, a Bordeaux, una competizione a carattere internazionale che stimola l’incontro tra il mondo delle imprese e i lavoratori disabili La nona edizione vedrà oltre 600 candidati con handicap sensoriali fisici o mentali

buone notizie

Inclusione scolastica: l’Onu premia l’Italia

Oltre alle sfide sono in programma workshop, convegni e momenti culturali e artistici Creare un legame tra il mondo delle imprese e i lavoratori disabili utilizzando gli strumenti della competizione e del divertimento. Si chiamano Abilympics e sono tecnicamente le paralimpiadi dei mestieri che si tengono ormai da nove edizioni a livello internazionale. L’evento ha numeri importanti: il 25 e il 26 marzo prossimi, a Bordeaux in Francia, si sfideranno oltre 600 candidati con handicap sensoriali, fisici o mentali provenienti da almeno 35 nazioni differenti: in palio c’è il titolo mondiale di miglior professionista al mondo in 50 diverse categorie di competenza. COMPETENZE. Web designer,

cuochi, disegnatori industriali, ebanisti e fiorai divisi in cinque categorie - artigianato, servizi, tecnologia, energia e industria - dovranno dimostrare le loro competenze e le loro abilità in più di quaranta prove. A giudicare ci sarà una giuria con criteri di valutazione ormai rodati, che tengo-

Un riconoscimento importante che dà lustro al nostro sistema didattico e agli insegnanti Il 25 e il 26 marzo a Bordeaux sono di scena gli Abilympics

Oltre 50 categorie di competenza per i partecipanti

no conto dell’handicap dei partecipanti e di diversi coefficienti. L’obiettivo, chiaramente, non è la vittoria ma creare un legame stretto tra mondo del lavoro e persone con handicap sottolineando, se mai ce ne fosse bisogno, che la disabilità non è un ostacolo all’impiego, ma anzi uno stimolo.

co dell’azienda: un lavoratore con disabilità, se l’azienda occupa da 15 a 35 dipendenti; due lavoratori con disabilità, se l’azienda occupa da 36 a 50 dipendenti; il 7%, se gli occupati sono più di 50. Quando scatta l’obbligo di assunzione, l’azienda ha 60 giorni di tempo per effettuare, ai competenti uffici del lavoro, la richiesta di avviamento al lavoro di persone disabili, pena l’applicazione di sanzioni.

IL LAVORO IN ITALIA. Va ricor-

dato che in Italia i datori di lavoro pubblici e privati con più di 15 dipendenti sono obbligati ad assumere un certo numero di lavoratori invalidi. La legge prevede, infatti, delle quote di riserva calcolate in proporzione all’organi-

L’EVENTO. E’ la prima volta che

la manifestazione Abilympics viene ospitata in Francia e sono attesi ben 60 mila visitatori, che potranno assistere al concorso e parteci-

pare a conferenze o dibattiti. Sono molti infatti i momenti collaterali, non solo legati all’incontro con le imprese, che saranno anche un’occasione di riflessione sulla disabilità. E non mancheranno momenti culturali, attività sportive e artistiche. La manifestazione si può seguire anche online: non mancheranno aggiornamenti continui, dirette streaming e gallery delle competizioni, nonché il resoconto degli incontri tra lavoratori disabili e aziende. Un modo intelligente e costruttivo di aprire una porta sulle opportunità di lavoro e sul mondo della disabilità. © Copyright Università Niccolò Cusano

cinema e disabilità

Sottotitoli e audiodescrizione il cinema abbatte gli ostacoli Il film “Marie Heurtin-Dal buio alla luce” sarà fruibile in sala anche dal pubblico sordo e cieco tramite appositi dispositivi Una toccante storia di sordocecità realmente accaduta in Francia nel tardo XIX secolo diventa un il film: “Marie Heurtin - Dal buio alla luce” di Jean Pierre Ameris, in uscita il 3 marzo. La particolarità sta nel fatto che la pellicola potrà essere accessibile anche al pubblico sordo e cieco in sala, attraverso appositi sottotitoli e audiodescrizione. LA TRAMA. Distribuito in Italia dalla Mediterranea Productions con il sostegno della Lega del Filo D’oro e del Cinedeaf Festival Internazionale del Cinema Sordo dell’Istituto Statale per Sordi di Roma, il film vuole immaginare come sia vivere in un mondo senza suoni e senza immagini. Così il regista Jean-Pierre Ameris pre-

La pellicola tratta la storia vera di una contadina non vedente nella Francia di fine ’800

senta la storia di Marie Heurtin, nata nel 1885 in una casa di contadini in mezzo alla meravigliosa campagna francese che fino all’età di 10 anni vive la libertà nella forma più primitiva, ma limitata dal buio delle sue incapacità. L’amo-

re incondizionato dei genitori purtroppo non basta a crescere una bambina con tali difficoltà, la quale viene portata nel convento delle suore di Larnay. Il primo incontro è turbolento, la bimba percepisce l’imminente distacco dal suo affezionato padre e in preda al panico si rifugia sopra un albero. Solo la coraggiosa Marguerite si avvicina con cautela alla creatura impaurita. Il contatto delle loro mani, del volto, fanno trapelare l’inizio di un rapporto di amore e di fiducia. Malgrado l’opposizione della suora madre superiore, con quasi ingenua testardaggine accoglie Marguerite la bambina in convento. Inizia così la missione di Marguerite di illuminare con il sapere l’oscurità del mondo da cui Marie

La locandina del film, nelle sale da marzo

non è mai potuta uscire. Nonostante l’ostinazione di Marie, Marguerite non si arrende e piano piano le insegnerà che per ogni cosa esiste un nome attraverso il quale le persone possono comunicare, le insegnerà così a diventare parte di una collettività, dove vivrà le

gioie degli affetti e i dolori delle perdite. Un film riflessivo che ci ricorda quanto spesso diamo per scontato l’importanza delle parole che non sono solo suoni ma sono anelli di una catena che ci lega gli uni con gli altri. © Copyright Università Niccolò Cusano

Il Progetto Zero delle Nazioni Unite vuole superare ogni tipo di barriera nelle scuole L’inclusione scolastica degli alunni disabili è un fiore all’occhiello per l’Italia. E per questo il nostro Paese è stato premiato dall’Onu a Vienna nei giorni scorsi: il sistema scolastico nazionale è stato definito un modello, grazie ai piani didattici e alla formazione e alla preparazione degli insegnanti di sostegno. I DATI. Il dirigente del Miur,

Raffaele Ciambrone, nel corso del convegno “La scuola e la persona con disabilità: dal piano educativo al progetto individualizzato di vita”, svoltosi ai primi di febbraio a Palermo, aveva preannunciato il riconoscimento dell’Onu. Un premio che ha basi solide perché, stando ai dati, in Italia gli alunni disabili sono 234 mila (erano 167 mila, nel 2005) ma a differenza dei sistemi scolastici di altri Paesi dell’Ue non frequentano classi “speciali”. In Spagna gli studenti con disabilità sono 107 mila; di questi 15 mila frequentano scuole speciali mentre 89.200 sono inseriti in classi comuni. La Gran Bretagna, invece, ne conta 226 mila ma 99.500 frequentano scuole specia-

li e 111 mila sono inseriti in classi comuni. In Germania, invece, i ragazzi con handicap sono 480 mila e 378 mila frequentano scuole speciali. MOTIVAZIONE. Il premio all’I-

talia ha questa motivazione: «Esemplare nelle aree dell’innovazione, dei risultati e della trasferibilità, la Legge-quadro n. 104 del 1992 per l’assistenza, l’inclusione sociale e i diritti delle persone con disabilità è eccezionale in quanto essa non soltanto prescrive che tutti gli alunni debbano essere inclusi nelle scuole di tutti gli ordini e grado (incluse le Università), sia pubbliche che private, e partecipare pienamente alla vita scolastica, ma soprattutto perché essa è stata applicata in tutto il Paese, che registra pertanto il più alto livello di inclusione delle persone con disabilità nelle classi ordinarie, e gode di un convinto consenso alla piena inclusione a livello nazionale». PROGETTO ZERO. Si tratta di un

riconoscimento anche dei risultati conseguiti dalle recenti leggi varate dal governo: grazie alle assunzioni a tempo indeterminato, i docenti di sostegno con contratto a termine sono scesi dal 40% al 34,3% del totale. Il premio dell’Onu è arrivato all’interno della Conferenza Progetto Zero, che si tiene ogni anno nella sede centrale di Vienna delle Nazioni Unite e raccoglie fino a 500 partecipanti, tra cui esponenti dei Paesi che presentano pratiche e politiche innovative per la disabilità, rappresentanti della rete di partner e altri importanti esperti. © Copyright Università Niccolò Cusano


martedì 16 febbraio 2016

unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

La cusano racconta la serie d

ambizioni e numeri UnicusanoFondi a valanga, in testa del patto d’acciaio la Virtus rallenta il punto sul girone h

Il Piacenza degli industriali Gatti sta dominando il girone B Il dg Scianò: «Noi, figli dei tempi d’oro, crediamo nel futuro» sati tanti giocatori importanti come Di Francesco, Stroppa, Rizzitelli, Gilardino, Piovani, Hubner e Inzaghi, solo per citarne alcuni».

Obiettivo Lega Pro: «I presidenti hanno un piano industriale a lungo termine»

LA RINASCITA. Per questo è

«Oggi allo stadio ci seguono in 2.000 Vogliamo crescere nuove generazioni di sostenitori» Sinonimo di italianità, nel senso più bello del termine. Una vera e propria fucina di talenti, da chi è diventato capocannoniere a chi ha alzato la Coppa del Mondo fino a personaggi che hanno fatto la storia del nostro calcio. Il Piacenza Calcio 1919 ha ereditato la grande storia della società biancorossa dopo il fallimento che l’ha costretta, nell’estate 2012, a ripartire dall’Eccellenza. I fratelli Marco e Stefano Gatti, industriali di Piacenza nel settore degli acciai, hanno raccolto la sfida scegliendo Marco Scianò come direttore generale per riportare in alto questi colori. PROGETTUALITÀ. «Sono pia-

centino, ho l’onere e l’onore di essere profeta in patria», racconta il 31enne dg, laureato in Economia e Finanza, da sempre tifoso della Lupa.

Il dg biancorosso Marco Scianò

Il Piacenza sta dominando il girone B della Serie D

«Il Piacenza Calcio è già una struttura professionistica e completerà il proprio processo nel prossimo anno», assicura Scianò che, visto l’assoluto dominio nel girone B e un primo posto difficile da mettere in discussione, può guardare già al futuro. «Dopo il fallimento - spiega il dirigente - il presidente aveva presentato un programma quadriennale, con obiettivi chiari: arrivare tra i Pro, ricostruire il settore giovanile, rivedere l’impiantistica e il coinvolgimento degli sponsor. A giugno si chiuderà un primo piano industriale, centrando tutti gli obiettivi pre-

fissati. I presidenti, tifosissimi sin da piccoli, vogliono presentare un nuovo piano industriale su più anni: siamo una società top di serie D, dovremmo fare altrettanto in Lega Pro». VITTORIA DEL TERRITORIO. Suc-

cessi da raccogliere mantenendo il legame col territorio: «Vogliamo attirare risorse piacentine – dice Scianò – I presidenti vogliono imprenditori del luogo perché ci mettono la faccia e sono legati a questo territorio. Non a caso il mister Arnaldo Franzini e il direttore sportivo Massimo Cerri sono

entrambi piacentini, pilastri del presente e del futuro». È l’amore nei confronti di questi colori che ha sempre fatto la differenza. «Il Piacenza calcio, per 20 anni, ha segnato profondamente il lato sportivo, economico e sentimentale della città – continua – perché i campionati di serie A e B hanno avuto un notevole impatto. Nella massima categoria il nome di Piacenza si è espanso incredibilmente, abbinato a fattori di simpatia come l’avere una squadra di soli italiani. L’attuale generazione è figlia di quei momenti e di quelle emozioni. Sono pas-

unicusanofondi

distacco dalla capolista Trastevere, ospite dei rossoblù proprio sabato prossimo nella partitissima del weekend. Trasferta amara per i Giovanissimi regionali, superati di misura in casa dell’Albalonga e fermati dopo una striscia positiva che parla di cinque vittorie e due pareggi. Uno stop che certamente non intacca il cammino della formazione di Simone Mazzarella.

© Copyright Università Niccolò Cusano

Juniores nazionali

Tre punti fondamentali per la Juniores Nazionale In un fine settimana “dimezzato” per via della sosta dei campionati provinciali, il bilancio è in chiaroscuro per il settore giovanile dell’UnicusanoFondi. Sorride la Juniores Nazionale, tornata a vincere dopo tre turni di astinenza, portando via tre punti da Serpentara; ma il dato più importante è che la squadra di Giorgio Minieri si è riportata a un solo punto di

stato fondamentale salvare la storia del Piacenza: «Il fallimento è stato decretato a fine giugno 2012. L’amministrazione comunale aveva chiesto la presentazione di progetti e, parallelamente, l’associazione “Salva Piace” era intervenuta nella fase di fallimento per rilevare il marchio. Sono stati presentati tre progetti, i tifosi hanno votato quello dei fratelli Marco e Stefano Gatti, Salva Piace ha consegnato a loro il marchio. In seguito si è tenuto un sondaggio popolare su un giornale locale: i tifosi potevano votare ed è stata scelta Piacenza Calcio 1919 come nuova denominazione». L’affetto del pubblico, infatti, non è mai venuto meno. «Abbiamo una media spettatori impensabile per la serie D – conclude Scianò - con 1700-1800 spettatori a partita. Dobbiamo lavorare ancora di più nella città perché sono cambiati tanti fenomeni sociali. È difficile portare i giovani allo stadio e la Serie D non ha certo l’appeal della A. C’è un lavoro che stiamo facendo nelle scuole e nelle famiglia per avere nuove generazioni di tifosi».

Giorgio Minieri, tecnico della Juniores Nazionale

CLASSIFICA Pt Trastevere 38 UnicusanoFondi 37 San Cesareo 34 Albalonga 31 Aprilia 31 Ostia Mare 30 Rieti 28 Viterbese 23 Astrea 22 Cynthia 20 Serpentara 11 Flaminia 6 Isola Liri 2 Lupa C. Romani -

Un secco cinque a zero al Gallipoli per la formazione dell’Ateneo romano

Il terzo pareggio consecutivo a reti bianche, in un girone di ritorno che la vede sin qui “immacolata”, consente alla Virtus Francavilla di conservare il primato del girone H di serie D e di respingere gli attacchi degli altri pretendenti alla prima piazza. RIVALI. In primis il Nardò, che in poche settimane si è riappropriato del secondo posto (con 14 punti, i neretini hanno il miglior rendimento in questa seconda parte di torneo) a scapito del Francavilla in Sinni - un punto in due partite per i lucani - che ora si vede tallonato dal Taranto in quarta posizione che, dal ritorno di mister Cazzarò, viaggia in perfetta media inglese e sembra aver ritro-

allievi provinciali CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 39 Don Bosco Gaeta 31 Formia 1905 29 Ss. Cosma e Damiano 29 Monte San Biagio 27 Mondo Calcio Formia 26 Vigor Gaeta 20 Don Bosco Formia 14 Virtus Lenola 8 Insieme Ausonia 5 Briganti Itri 4 A.V. Scauri 3

vato l’entusiasmo. Quella voglia di far bene che vuole ritrovare anche l’UnicusanoFondi, il cui obiettivo di tornare a vincere dopo una fase negativa è stato centrato senza affanni a spese del Gallipoli. L’intento ora è migliorare la attuale quinta posizione, in una fase in cui i rossoblù andranno a incrociare sul proprio cammino alcune delle formazioni pericolanti, a partire dal Picerno, del quale l’undici “universitario” sarà ospite tra cinque giorni. IN FONDO. Dieci punti in cin-

que giornate (e la vittoria ottenuta in casa del Serpentara, che non perdeva da nove turni) fanno capire che i neopromossi lucani non vogliono mollare la pre-

giovanissimi regionali CLASSIFICA Pt La Selcetta 44 Aprilia 40 Albalonga 37 Sermoneta 35 Virtus Nettuno 28 UnicusanoFondi 27 Pomezia 25 Calcio Sezze 23 Borgo Podgora 22 Anzio 22 Agora 15 Pontinia 15 Unipomezia 13 Sabotino 11 Don Bosco Gaeta 7 Priverno Calcio -

sa, sebbene si trovino ancora in fondo al gruppo e con una situazione di graduatoria non semplice, anche in chiave play out. Per le ultime tre, infatti, i distacchi non sono di poco conto e la stessa Aprilia, attualmente terzultima, accusa dieci lunghezze di ritardo rispetto alle sestultime, ed è dunque già oltre la soglia prevista per la disputa delle gare salvezza. C’è da considerare che parliamo di compagini come Marcianise, Isola Liri e Manfredonia, sin qui capaci di rendere la vita difficile a tutti; e questo significa che per gli apriliani, come per le altre che si trovano in fondo al gruppo, sarà davvero necessario mantenere le marce alte. © Copyright Università Niccolò Cusano

giovanissimi provinciali CLASSIFICA Pt Borgo Faiti 2004 35 UnicusanoFondi 29 Monte San Biagio 29 Nuova Circe 23 Città di Sonnino 22 Borgo Hermada 20 Palluzzi Priverno 17 Vodice 13 Real Sabaudia 3 Bassiano 0



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.