Unicusano Focus - 17 maggio 2016

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UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma

ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL

I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK

Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano

Medicina I solidi principi dell’agopuntura > A PAGINA III

UnicusanoFondi «è una vittoria per chi soffre»

Farmaci Biotech, le aziende motore dell’export

> A PAGINA VII

> A PAGINA V

DOLCENERA

una vita da atleta

> La cantante rivela le sue passioni oltre la musica: «Da quando ero bambina non posso proprio fare a meno dello sport» > A PAGINA II

foto manuela kali

martedì 17 maggio 2016 www.corrieredellosport.it

università niccolò cusano

special olympics

A Scienze politiche l’attualità ai raggi X

Calcio unificato, Roma celebra un torneo senza barriere

> A PAGINA IV

> A PAGINA VI

il punto

Sviluppo sostenibile e sharing economy Il cardine principale della sharing economy è rappresentato da opportune combinazioni tra produzione, commercio e consumo di beni e servizi attraverso la condivisione di risorse umane e materiali da parte di persone e organizzazioni diverse. L’evoluzione della tecnologia sta, infatti, trasformando l’economia, abilitando la partecipazione attiva di molteplici attori economici e sociali nei processi imprenditoriali e di creazione del valore. La condivisione e la collaborazione tra soggetti differenti divengono elementi sempre più cruciali per l’innovazione e lo sviluppo sostenibile dell’economia e della società nel suo complesso. AirBnB, Uber, Taskrabbit e le altre variegate esperienze di “sharing economy”, che nel 2015 sono già state utilizzate dal 9% degli statunitensi e dal 5% dei cittadini europei, rappresentano oggi un fertile modello di impresa che ancora non ha manifestato le sue reali potenzialità. In Italia le iniziative di sharing economy hanno iniziato a diffondersi il 2013 e 2014 quando da un lato il fenomeno è diventato più noto al grande pubblico spinto dal diffondersi delle tecnologie digitali e dei social network, dall’altro dagli effetti perduranti della crisi economica che determina l’affermarsi di differenti modelli di consumo. Nuovi modelli di governance, strumenti e prodotti stanno emergendo: imprese, istituzioni e società civile sono chiamate a confrontarsi con questo fenomeno reinterpretando le finalità, il ruolo e i modi dell’operare di ciascuno. Il prossimo 19 maggio alle 15.00, presso l’Aula Magna dell’Università Niccolò Cusano, si discuterà di questi temi nell’ambito della tavola rotonda “Sharing economy e sviluppo sostenibile. Impresa, condivisione, profitto” attraverso il confronto di diversi autorevoli rappresentanti del mondo profit e non profit, delle istituzioni e degli studenti alla luce della recente proposta di legge sulla sharing economy presentata alla Camera. Parteciperanno all’incontro il prof. Francesco Casale (Università di Camerino), il dott. Pietro Cesati (Soisy), il prof. Gian Matteo Panunzi (Unicoop), il dott. Gianluca Ranno (Gnammo), la dott.ssa Daniela Sacco (L’Alveare), il dott. Claudio Vaccaro (BizUP) e il dott. Marco Volante (Lega Consumatori). La tavola rotonda si concluderà intorno alle 17.00 con l’intervento degli onorevoli Veronica Tentori e Ivan Catalano, primi firmatari della proposta di legge. Mario Risso Preside della Facoltà di Economia Università Niccolò Cusano


II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 17 maggio 2016

ricerca E CULTURA

in televisione

al festival

A The Voice con Emis Killa Carrà e Pezzali

Nel 2003 la vittoria tra i Giovani

Dolcenera è tra i protagonisti del talent di Rai Due “The Voice”, in cui veste i panni del coach insieme a Raffaella Carrà, Max Pezzali ed Emis Killa. Ieri sera, si sono tenute le semifinali della quarta edizione del programma.

Dolcenera è originaria del Salento e fiorentina d’adozione. Il suo percorso artistico si apre nel 2003 con la vittoria al Festival di Sanremo con il brano “Siamo tutti là fuori”, dove conquista anche il premio della sala stampa.

sport&musica tutta la carica di dolcenera «Quando ero piccola preferivo il tennis al pianoforte oggi l’allenamento quotidiano fa parte della mia vita» Se non avesse fatto la cantante sarebbe diventata sicuramente un’atleta perché ha sempre amato le competizioni e perché «nello sport si gareggia con le stesse armi, mentre nella musica non è così: non ti scontri sullo stesso campo da gioco». Messa da parte la racchetta da tennis, però, Dolcenera si è concentrata sul pianoforte: così oggi è una delle artiste più apprezzate del panorama italiano. Cantautrice e non solo (ha interamente scritto, arrangiato e prodotto il suo ultimo album “Le stelle non tremano”), coach del talent “The Voice” di Rai2 (ieri la semifinale) Dolcenera, all’anagrafe Emanuela Trane, ha una grande passione per lo sport. «Specie per il tennis: sono innamorata di Roger Federer». E ora, dopo quattro mesi intensi dedicati al talent, è pronta a staccare ma non a riposare: «Magari una vacanza sportiva. Io ferma proprio non ci so stare. Nessun relax: preferisco “spaccarmi” in palestra».

foto manuela kali

«Anche quando sono in albergo pesi, elastici e tante flessioni: ferma non ci so proprio stare»

Grazie a “The Voice” abbiamo apprezzato la tua cultura musicale. Ma soprattutto ti abbiamo visto “senza filtri…” «Io sono così. Sono stata me stessa sempre. È impossibile in certi contesti mascherare o essere impostati. Io ci ho messo l’anima. E poi della tv ho sempre odiato la parte formale, la finzione. All’inizio il pubblico è rimasto un po’ sorpreso, poi si è abituato alla verità. Ai ragazzi ho

foto manuela kali

Il talent «Nel ruolo di coach ho spiegato come gestire le emozioni e come affrontare le difficoltà» Successo sui social «Le espressioni facciali mi aiutano: gli amici dicono che sono un cartone animato vivente» cercato di aprire gli occhi e di fargli capire quali sono le difficoltà di questo mondo. Sono stata vicino a loro ore e ore, spiegando come vanno gestite la paura e l’emozione. In questa avventura mi ha accompagnato un grande senso di responsabilità». Puoi ammettere di aver “fatto pace” con la tv? «Prima subivo la tv, il reality e l’accanimento verso la mia vita personale: stavo sempre sulla difensiva. Non parlo mai di me: se lo faccio è attraverso la musica e le canzoni. Non usavo l’ironia e l’autoironia che invece - come mi ha insegnato Raffaella Carrà - sono fondamentali». Sei tra le artiste più seguite sui social network: gif animate, gag ironiche, espressioni facciali… «Non ho cercato io l’attenzione dei social. Mio malgrado comunico. Basta uno sguar-

do, un’espressione. E poi la mia faccia aiuta. I miei amici lo dicono da sempre: sono un cartone animato vivente». Fisico invidiabile. Il segreto? «Lo sport. È il mio sfogo. Quando sto a Firenze, ogni giorno faccio qualcosa: palestra, tennis o crossfit. Per un periodo ho fatto nuoto, poi corsa. Quando mi ritrovo in albergo clava, elastici e tante

flessioni. Mi sento viva solo se muovo il corpo. Mi deprimo se non lo faccio: appassisco. Avrei voluto fare la vita di una sportiva, mi sarebbe piaciuto. Del resto per me da piccola veniva prima il tennis e poi il pianoforte. Mi entusiasmava la preparazione alle gare, l’allenamento». Finito “The Voice” cosa ti aspetta?

nutrizione

«Anche con il tiramisù si può rimanere in forma» La dottoressa Manzi: «La cucina antiaging associa la tradizione alle necessità della salute umana»

La dottoressa Chiara Manzi, esperta di nutrizione

Mangiare sano senza rinunciare al gusto grazie alla “cucina antiaging”: la dottoressa Chiara Manzi, massima esperta di nutrizione culinaria in Europa, ha sfatato alcuni falsi miti legati all’alimentazione a Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano, nel corso del programma “Genetica Oggi”.

Dottoressa, cos’è la cucina antiaging? «È una rivoluzione, parliamo di dimagrire con una cacio e pepe, di abbassare il colesterolo con una carbonara di mantenersi in forma con un tiramisù. Questo è possibile se si impara a cucinare tenendo presente i principi della Culinary Nutrition, ossia della branca della nutrizione applicata alla cucina e alla pasticceria. È qualcosa di possibile ma non è una bacchetta magica: non basta aggiungere un po’ di curcuma alla carbonara e improvvisamente si dimezzano le calorie, non basta aggiungere un po’

di fibra all’impasto della pizza e improvvisamente diventa antiaging. Bisogna imparare a cucinare in modo diverso. Noi lo stiamo insegnando sia a chi cucina a casa, sia agli chef e ai pasticceri. Ci sono tante realtà in Italia che hanno abbracciato la “Cucina Evolution” ossia una cucina antiaging che sposi la tradizione incontrando le necessità nutrizionali dell’uomo di oggi». Parlando di falsi miti, c’è l’idea che gli Ogm facciano male a prescindere da tutto. È veramente così? «Chi è a conoscenza delle verità scientifiche sugli Ogm sa

bene che sono molto più sicuri di altri alimenti. Prima che un Ogm possa uscire sul mercato deve passare tantissimi controlli, molto di più rispetto a quelli che deve passare il biologico per esempio, che già è qualcosa di molto controllato. L’Ogm è una pianta, come la soia per esempio, che è stata modificata geneticamente in laboratorio attraverso una modifica del Dna, inserendone uno proveniente da un’altra pianta. Si fanno per accelerare ciò che viene fatto in natura da sempre con gli incroci. Oggi per aumentare la produttività dei campi di grano, per esempio, si usa un

grano Ogm per rendere più bassa la spiga e impedire che questa sia strappata dal vento. Si possono così ottenere spighe più forti, incrociando vari semi, impiegando decine di anni, oppure in poco tempo grazie agli Ogm. Gli Ogm oggi sono fatti solo per migliorare la produttività e rendere quindi migliore la coltivazione. Sul mercato escono solo Ogm di cui si è verificato il vantaggio sia per la coltivazione che per la salute dell’uomo. Non esiste nessuna ricerca scientifica che abbia evidenziato un pericolo degli Ogm sulla salute umana». © Copyright Università Niccolò Cusano

«Da qualche giorno è in radio il nuovo singolo “100 Mila Watt” mentre in estate sarò in tour: festival ed eventi live. In autunno, invece, sarò impegnata a teatro. Poi dovrò tornare a progettare… Cerco comunque di concentrarmi sempre sul presente e di viverlo nel migliore dei modi. Non penso al futuro. Altrimenti mi viene l’ansia». © Copyright Università Niccolò Cusano

Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@ unicusano.it


martedì 17 maggio 2016

UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

ricerca E CULTURA

respirazione

tumori al seno

Nei bambini si usa contro la dispnea

Cresce la fiducia nelle cure complementari

Al Regina Margherita di Torino, nel primo ambulatorio infantile in Italia dedicato alle patologie pneumologiche complesse, vengono trattate con l’agopuntura le contratture causate dalla tosse e la dispnea.

Sempre più donne con un tumore al seno decidono di affidarsi a terapie alternative e complementari. Secondo la Columbia University, terapie corpo-mente, agopuntura e meditazione sono le più frequenti.

«l’agopuntura non è magia l’oms è dalla nostra parte»

La dottoressa Castellucci del Gemelli di Roma: «è una terapia medica a tutti gli effetti Il nostro interesse è andare alla radice dei problemi e restituire equilibrio ai pazienti» ché è una terapia olistica nel senso che prende in considerazione tutti i sintomi che riguardano il paziente. Questi sintomi sono inseriti in una griglia energetica, la cosiddetta pentasimmetria che ci aiuta a catalogare questi sintomi. Fatto questo andiamo a valutare come questi sintomi sono relazionati fra loro. Pensiamo ai sintomi come a delle foglie di un albero malato, quello che a noi interessa è andare alla radice di questo albero. Individuata la “radice” mettiamo in equilibrio il paziente».

«Molti ospedali si stanno aprendo a questo approccio A Torino si paga attraverso il ticket» Trovare le cause: «I sintomi vengono inseriti in una griglia energetica e messi in relazione tra loro» L’agopuntura è considerata una disciplina antichissima e che ha radici lontane. Secondo la Treccani il primo libro che la menziona, il Nei Ching So Wen, il mitico “imperatore giallo”, immagina di dialogare con il suo medico che gli insegna a riequilibrare le forze opposte il cui squilibrio produce le malattie. Oggi, a differenza di secoli fa, l’agopuntura sembrerebbe capace di abbracciare anche scienze “dure”, solo apparentemente lontane, come la fisica quantistica. Ne ha parlato la dottoressa Patrizia Castellucci, ginecologa, responsabile del Laboratorio di Agopuntura, Casa di cura Columbus di Roma (Ospedale Gemelli) intervenendo ai microfoni di Radio

Cusano Campus durante la diretta del programma “Genetica Oggi”. Dottoressa Castellucci, di agopuntura si è scritto molto e se n’è parlato ancora di più soprattutto in passato, spesso in modo poco corretto. Ma in cosa consiste? «L’agopuntura viene riconosciuta a tutti gli effetti come una terapia medica quindi può essere praticata soltanto da medici. L’Oms si è infatti espressa molto chiaramente a questo riguardo. Io

stessa la pratico in ospedale e su questo devo dire che molti ospedali si stanno aprendo alla cosa. Presso l’ospedale di Torino, per esempio, viene riconosciuta a tutti gli effetti tanto che la prestazione, prescritta dal medico di base, può essere pagata tramite ticket. Sono dunque sempre maggiori i riconoscimenti che sta avendo nell’ambito di quella che chiamiamo “medicina tradizionale”. In Cina infatti la medicina tradizionale è rappresentata proprio dall’agopuntura. Per l’agopuntura

esistono due scuole: quella tradizionale cinese e quella europea. La seconda è quella che cerca di essere più vicina alla fisiologia e alla genetica. Se i nostri pazienti rispondono positivamente ai trattamenti di agopuntura, dove altri trattamenti hanno fallito, allora indaghiamo sui meccanismi che li hanno portati a risolvere quel dato problema». Che tipo di condizioni si possono trattare con l’agopuntura? «In realtà tutte, proprio per-

Perché spesso la comunità scientifica è risultata chiusa nei confronti dei concetti dell’agopuntura? «Ci sono dei pregiudizi legati al fatto che la medicina tradizionale cinese è molto impregnata di taoismo, quindi diciamo che noi, che siamo tradizionalmente portati ad avere sempre spiegazioni per i fenomeni che si verificano, non riusciamo a capire questo tipo di approccio. Per questo io mi sono approcciata alla scuola europea di agopuntura portata avanti dal professor Maurice Mussat. L’ago per me è un elettrodo non è niente di magico». © Copyright Università Niccolò Cusano

giornata di studi

Alla Cusano prevenzione per la tiroide Tra sette giorni, martedì 24 maggio, il Campus dell’Università Niccolò Cusano a Roma, in via Don Carlo Gnocchi 3, ospiterà una giornata dedicata alla prevenzione nell’ambito della Settimana mondiale della tiroide (che si tiene dal 23 al 27 maggio). La mattina, dalle 10 alle 12.30, si terrà un seminario dal titolo “Tiroide e sviluppo neuropsichico”. Nel pomeriggio, a partire dalle 14, l’Ateneo romano, da sempre in prima linea per la prevenzione, offrirà un’ecografia tiroidea gratuita presso il suo Centro clinico di psicologia. L’Università Niccolò Cusano invita tutti a partecipare a questo importante appuntamento di sensibilizzazione sul tema delle patologie tiroidee. E a far sentire il proprio sostegno per la ricerca.

sicurezza

La nostra Europa: una ma divisibile È notizia di pochi giorni fa che, da un sondaggio effettuato dall’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza presso cittadini europei di varie nazionalità, estrazione sociale ed età anagrafica, emerge un sostanziale consenso alla “politica dei muri” che diversi Stati membri stanno promuovendo ormai da qualche mese come risposta al problema della sicurezza e alle tensioni sociali derivanti dall’incremento dell’afflusso di migranti e profughi nel nostro continente. L’unica voce di dissenso viene dai più giovani che – nonostante tutto – continuano ad avere fiducia nell’Unione europea e nella

promessa di uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne che garantisce la libera circolazione delle persone», come recita l’articolo 3, paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea.

La politica dei muri trova ampi consensi Spetta ai giovani il compito di creare una società coesa

protezione. Non è casuale, d’altro canto, che la crescente domanda di protezione – giuridica, economica, ma anche «fisica» – intercettata (e cavalcata) dai governi dei Paesi membri dell’Ue si accompagni al progressivo invecchiamento della popolazione europea. Si sa che, con l’età, la paura del futuro e, in genere, di ciò che non si co-

nosce, si sostituisce poco a poco alla convinzione che le cose del mondo tendano comunque a un miglioramento costante (che poi, a ben vedere, è la realtà: depurato dagli immancabili catastrofismi, quello attuale è il migliore dei mondi possibili, se messo a confronto con il passato). È molto probabile, quindi, che da qui al

2050 l’Europa torni a essere un continente sempre più diviso, in cui la grande maggioranza della popolazione, in età matura, guarderà con diffidenza dapprima le persone provenienti da Paesi non europei, poi quelle degli altri Paesi europei e, infine, anche i propri vicini di casa, (rin) chiudendosi così in comunità sempre più ristrette e sorvegliate, ostaggio di populismi nazionalistici e asservite a interessi particolari. incubo. Un simile scenario

– «l’incubo» di Papa Francesco, il quale, in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno 2016, ha

descritto l’Europa come una «nonna, vecchia e sterile», sognando invece «un’Europa giovane, capace di essere ancora madre», in cui «essere migrante non sia delitto» – appare tutt’altro che improbabile e rappresenta un chiaro tradimento del progetto europeista dei Padri fondatori e dello spirito di solidarietà e della volontà di superamento dei localismi che lo animavano. È allora necessario che i giovani – coloro che studiano l’Europa e in Europa grazie al progetto Erasmus e che percorrono il nostro continente nei cieli, in auto o magari sui binari, grazie all’intramonta-

bile interrail – e i meno giovani (ricordandosi di essere stati giovani e di aver sognato anche loro un’Europa senza frontiere: se no perché scriverlo in un Trattato?) ripensino insieme – e in fretta – a quale Europa vogliamo: aperta e accogliente o divisa e assediata? Le università (là dove l’idea di Europa è nata diversi secoli fa) sono a loro disposizione per realizzare finalmente quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia… e cultura che desideriamo da tanto, troppo tempo. Nicola Colacino Professore associato Diritto internazionale Università Niccolò Cusano


IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

sport, disabilità e cultura

lo sguardo attento di scienze politiche

Anna Pirozzoli, preside di facoltà all’Università Niccolò Cusano: «Diamo agli studenti gli strumenti per interpretare l’attualità»

te forte il respiro dell’attualità e dei suoi problemi: «Nei singoli insegnamenti – afferma Anna Pirozzoli – cerchiamo innanzitutto di offrire una struttura scientifica solida, di fornire allo studente tutti gli strumenti per comprendere i meccanismi della realtà. Poi il tentativo delle lezioni, sia in videoconferenza che in presenza, è riportare il tema che si studia alla realtà, perché uno degli aspetti più interessanti di una facoltà come Scienze politiche è il fatto di poter ritrovare all’interno dell’attualità le tematiche che si studiano nei corsi».

«Questo percorso ha una vocazione internazionale Nei giovani vedo molta voglia di fare» Interdisciplinare, vicino all’attualità e aperto al mondo: il corso di laurea in Scienze politiche continua a esercitare, nonostante le numerose novità che hanno cambiato il volto dell’università italiana negli ultimi anni, un fascino indiscusso. L’indirizzo di Scienze politiche, nell’ambito dell’Area Politologica, è anche uno dei punti di forza dell’offerta formativa dell’Università Niccolò Cusano, che quest’anno festeggia il decennale. «Anche per me sono dieci anni di attività accademica all’interno di questa università, un’università con la quale sono realmente cresciuta»: a parlare è la professoressa Anna Pirozzoli, preside della facoltà di Scienze politiche della Cusano, in un’intervista ai microfoni di Radio Cusano Campus (89.1 in Fm a Roma e nel Lazio e in streaming su www.radiocusanocampus.it). GIOVANI. Anna Pirozzoli è una preside molto giovane,

mica del mondo giovanile erroneamente negativa – spiega – in realtà vedo dei giovani che hanno molta voglia di fare, che hanno grande entusiasmo e bisogna dare loro le migliori opportunità: è quello che anche noi come università, un’università giovane, cerchiamo di fare con i nostri studenti». LA FACOLTÀ. Nello specifico, il

soprattutto rispetto alla media del mondo accademico italiano, fatto che dimostra la volontà della Cusano

di puntare sulla meritocrazia, fornendo molte opportunità agli studenti: «Spesso ci viene proposta una panora-

percorso di studi in Scienze politiche «ha un suo punto di forza che è quello di essere spiccatamente interdisciplinare – sottolinea la preside – Uno studente che voglia

capire le istituzioni e comprendere l’ambiente internazionale, senza trascurare né gli aspetti economici né quelli di natura storica, trova in Scienze politiche il punto di riferimento principale. Cerchiamo di dare una declinazione fortemente internazionale al percorso di studi, sia perché il futuro dei nostri studenti potrebbe proiettarsi in una dimensione estera sia perché, anche rimanendo nel nostro territorio, non potranno non guardare a chi c’è intorno a noi». Una facoltà, quella di Scienze politiche, nella quale si sen-

MEDIA. Inevitabile, in un percorso di studi così legato all’attualità come quello di Scienze politiche, prestare attenzione al ruolo dei media: «La politica – sostiene la preside – passa attraverso i mezzi di comunicazione e non passa sempre per il modo in cui realmente è: nella nostra facoltà cerchiamo quindi di spiegare allo studente lo scollamento tra quello che si studia, quello che si racconta e la prassi reale. È un po’ complicato, ma si cerca di offrire un quadro chiaro in modo che lo sguardo dello studente possa essere il più completo possibile». © Copyright Università Niccolò Cusano

europei paralimpici 2016

Grosseto sulla strada di Rio Dal 10 al 16 giugno appuntamento allo Stadio Carlo Zecchini è l’ultima chance per volare in Brasile Tra poco meno di un mese, la città di Grosseto accoglierà una delle manifestazioni più importanti nella stagione dell’atletica leggera, appena prima delle Paralim-

piadi di Rio. Sarà lo Stadio Olimpico Carlo Zecchini, già sede in passato di rassegne internazionali di atletica, a ospitare dal 10 al 16 giugno i Campionati europei paralimpici, che per gli atleti rappresentano l’ultima opportunità di qualificazione per il Brasile. La manifestazione prevede la partecipazione di 600 atleti in rappresentanza di 40 paesi, tutti a caccia dei 193 titoli continentali in palio. Grande anche la coper-

martedì 17 maggio 2016

tura televisiva, con Rai Sport che seguirà le gare, insieme alle principali emittenti televisive europee. L’IMPEGNO DEI VOLONTARI.

Una manifestazione dai tanti ingranaggi, la cui organizzazione sarà possibile solo grazie al contributo fondamentale dei volontari. Per l’occasione e per celebrare proprio l’impegno di chi contribuirà alla perfetta riuscita dell’evento, è stato lan-

ciato il video dal titolo “Volunteers”, che promuove il reclutamento dei volontari nell’ambito della campagna “A World of Athletics”. La clip – online all’indirizzo vimeo.com/165884711 è stata realizzata dal videomaker Carlo Mameli, che ha alle spalle molteplici esperienze di produzioni televisive, web e documentari a livello nazionale e internazionale. © Copyright Università Niccolò Cusano

la rivista

Horror a fumetti tornano i Mostri L’ideatore Fumasoli: «Stessa originalità di 25 anni fa» È arrivata al suo terzo numero la rivista Mostri e a breve si arricchirà con un intero albo dedicato ai “Moftri”. Nato da un’idea di Gianmarco Fumasoli, questo progetto editoriale stringe un forte legame con la sua vita precedente. Come spiega lo stesso Fumasoli nell’editoriale del primo numero di Mostri per Bugs Comics: «Prendere le fila di un fumetto come Mostri, con il quale la maggior parte di noi è cresciuta e riproporlo 25 anni dopo, vuol dire farsi carico di un passato glorioso per l’horror italiano a fumetti, un passato che deve essere rispettato ma divenire al contempo la base per riprendere un discorso abbandonato da troppo tempo». LE ORIGINI. La rivista Mostri, infatti, era uscita per la prima volta nel 1990 per i tipi di Acme, casa editrice della gemella Splatter. «Mostri nasce da Splatter, una realtà editoriale precedente nata qualche anno fa e poi interrotta – ha spiegato Fumasoli a Radio Cusano Campus, nel corso del format Giochi a Fumetti – Gli autori che si erano conosciuti sulle pagine di Splatter hanno deciso di proseguire l’avventura. Abbiamo deciso di aprire questa realtà e di collaborare con tutte le persone che avevamo conosciuto nei mesi di lavoro precedenti sull’altra rivista. Il primo numero è stato un incontro scontro tra le idee di ciascuno. È stata un’impresa importante e faticosa che però ha dato il risultato che ci aspettavamo».

Il mondo dell’horror e soprattutto il modo di raccontarlo dal 1990 a oggi è cambiato. «Uno dei nostri obiettivi – ha spiegato ancora Fumasoli – era distinguere cosa racconti da come lo racconti. Le tematiche sono cambiate, oggi poIDEE CHIARE.

Oxana Corso, specialista nei 400 metri T35

tremmo fare un fumetto sui vegani che 25 anni fa sarebbe stato impensabile. L’obiettivo più difficile però è sempre lo stesso: riuscire a rendere fruibile al maggior numero di persone quello che vogliamo raccontare. All’interno di un fumetto, soprattutto se è breve, devi avere il concetto in mente, le idee chiare. Deve essere un’opera chiusa, non puoi dare dubbi ai lettori. Tutti gli autori che hanno lavorato a Mostri sono riusciti a sposare la nostra idea di fumetto e ognuno di loro riesce a tradurla a seconda del suo bagaglio culturale. Interpretano la nostra linea editoriale riuscendo a ottenere una storia nuova, diversa dalla precedente ma legata dalla stessa voglia e modo di raccontare». GIOVANISSIMI. Anche il pubbli-

co più giovane ha reagito con interesse a Mostri. «Mi sono affacciato a questo genere di fumetti a 13 anni. Pochi giorni fa ero in una fumetteria e un ragazzo di 14 anni mi ha chiesto: vorrei comprare Mostri, secondo te lo posso leggere? Mi si è stretto il cuore perché è la stessa domanda che ho fatto io alla sua età». Oltre al terzo numero di Mostri, in casa Bugs Comics però c’è un’altra importante novità che sarà presentata all’ARF, a Roma, dal 20 al 22 maggio: un intero albo dedicato ai “Moftri”. «I Moftri sono i mostri dei più piccoli. Nascono dalle strisce umoristiche che ogni lunedì pubblichiamo su bugscomics.com e che trovate sulla quarta di copertina di Mostri. I Moftri hanno attirato l’interesse di un pubblico di tutte le età. Abbiamo delle strisce umoristiche a cui molti si stanno avvicinando con entusiasmo. Il volume raccoglierà tutti quelli che trovate online, quelli che trovate su Mostri e alcuni inediti. Trentadue pagine di Moftri». © Copyright Università Niccolò Cusano


martedì 17 maggio 2016

Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

industria, disabilità e cultura

«le aziende del biotech eccellenza made in italy» Le strategie di Eugenio Aringhieri, presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria: «L’Italia può diventare un hub della ricerca europea, bisogna fare squadra con le istituzioni» sizioni di vertice in Europa e nel mondo». Per far questo, «Farmindustria si mette in gioco per la costruzione di una squadra che vede la comunità scientifica da una parte e le istituzioni dall’altra, collegando i puntini tra i diversi stakeholder». «Un impegno - continua Aringhieri - che perseguiamo con il supporto di tutte le aziende: la ricerca biotecnologica è soprattutto fatta dalle aziende farmaceutiche che si passano il testimone con le aziende puramente biotech, startup che impiegano le loro competenze nella parte iniziale dello sviluppo. Oggi il biotech non è più un settore, ma rappresenta una modalità con la quale l’industria farmaceutica ha accolto le nuove sfide».

«C’è un’industria che ha voglia di scommettere e di sviluppare nuovi farmaci» «Un paese che vuole mettere il paziente al centro ha l’obbligo di investire nella scienza» Come la moda, come l’agroalimentare di qualità, anche il biotech può essere considerato a tutti gli effetti un’eccellenza made in Italy. Lo dimostrano i numeri (le 199 aziende biotech che operano nel paese investono oltre 500 milioni in ricerca e sviluppo occupando circa 4 mila addetti) e lo sostiene con forza Eugenio Aringhieri, riconfermato alla guida del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria per il terzo mandato: «L’export del nostro settore farmaceutico a livello produttivo è secondo solo alla Germania e un quinto della ricerca clinica europea viene fatta nel nostro Paese. Crediamo di poter diventare un vero e pro-

vestire nel paese, in un settore ad alto rischio perché soltanto una su 10 mila delle molecole che iniziano il percorso di sviluppo poi si trasformano in un prodotto». Ma in questo gioco di squadra è altrettanto cruciale il ruolo delle istituzioni: «Investire nella ricerca innovativa rappresenta un obbligo per un paese che punta a un approccio universalistico in cui il paziente sia al centro; inoltre, attraverso lo sviluppo di competenze in sistemi ad alta complessità, cresce la competitività del Paese. La strada è ancora lunga e i problemi ci sono, ma vedo da tutte le parti una con-

Eugenio Aringhieri, presidente del Biotech di Farmindustria

vergenza che può rafforzare il biotech come settore di punta del made in Italy». Secondo Aringhieri, membro del Board Internazionale di Ebe - European Biopharmaceutical Enterprises, «l’estero è molto importante, perché ormai la regia di questi macrotemi è sovranazionale: uno degli obiettivi di questo mandato sarà quello di potenziare il dialogo tra Europa e Paese: Farmindustria sta lavorando per avere una presenza più strutturata a Bruxelles».

competenze.

prio hub della ricerca europea e quella di cui stiamo parlando è una ricerca soprattutto biotech». ELEMENTI STRATEGICI. Arin-

ghieri sottolinea che da tempo Farmindustria ricono-

sce nella ricerca innovativa in generale e in quella biotecnologica in particolare elementi strategici: da una parte per cercare le risposte di salute ancora aperte per i pazienti (dall’oncologia alle malattie rare, dai vacci-

ni alle malattie autoimmuni); dall’altra perché possono rappresentare una leva essenziale per un paese che ha l’obbligo di giocare una partita in un settore ad alta complessità, con l’ambizione di poter occupare le po-

Ricordando l’eccellenza della nostra comunità scientifica, il presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria sottolinea: «I numeri confermano che c’è un’industria che ha voglia di scommettere. Noi investiamo in ricerca e sviluppo quattro volte di più rispetto a quanto investono gli altri settori merceologici. C’è volontà di in-

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libri

Storie vere diversamente normali Quella raccontata da Anna Visciani in “Se Arianna” (Giunti Editore, 2014) è una «storia vera di una famiglia “diversamente normale”», come si legge nel sottotitolo. In questo libro la protagonista tace: Arianna, ragazza cerebrolesa grave. Eppure, leggendolo, tutto si avverte tranne che il silenzio. La narrazione è costruita tramite i pensieri, alcune “conversazioni” e soprattutto interventi in prima persona degli altri membri della famiglia: Anna (madre e autrice del libro), Davide (padre), Alice e Daniele (fratelli minori). È un’opera corale: Anna Visciani parla di sé e per sé e al contempo lascia parlare suo marito e i suoi figli. Anna ha dovuto smettere di fare il medico per assistere Arianna. Ha raccontato la storia della sua famiglia, una storia vera non solo perché racconta fatti realmente accaduti, ma anche perché (e a me pare questo il primo pregio del libro) questi fatti vengono presentati direttamente dalle diverse persone che li hanno vissuti e non si avverte il “filtro” ineluttabile, inevitabile dell’autrice. Insomma, in questo libro si raccontano senza buonismo (altro pregio dell’opera) le emozioni, i pensieri, le “avventure” di una famiglia in cui vive una persona con grave disabilità: quello che agli altri pare un’impresa epica, per i membri di queste famiglie è la normalità, come emerge appunto dal sottotitolo del libro. SENZA ETICHETTE. L’aver saputo ripor-

tare come le stesse vicende siano vissute e viste in modo diverso dai genitori e

normali”, le cui esperienze vanno conosciute perché sono parte integrante dell’esistenza, non un’eccezione che conferma la regola: in fondo anche chi, come me, ha un fratello disabile, desidera in primis, senza con ciò voler nascondere le quotidiane, oggettive difficoltà, essere riconosciuto semplicemente come fratello, senza tante (troppe) etichette. LINGUA SEGRETA. E in particolare della re-

dai fratelli di Arianna, e da ognuno di loro singolarmente, è la cifra qualificante di questo libro, ove l’autrice è riuscita anzi a fare di sé un personaggio come gli altri senza dunque “contaminare” la loro personalità, ma anzi valorizzandola. Questo libro è rivolto a tutti, non alle sole famiglie “diversamente

lazione fraterna si occupa il più recente libro di Giulia Franco “Il guanto di mio fratello” (Il prato Casa Editrice, illustrazioni di Bianca Maria Scotton). È un libro per bambini e già questo è un bene, un primo elemento positivo dell’opera; racconta un’avventura fantastica vissuta da due fratellini: Tabi, il maggiore, e Hina, la sorella più piccola. Tabi è «un po’ pasticcione», i due fratelli comunicano con «una lingua segreta», che essi stessi hanno inventato. Tabi indossa sempre un grosso guanto «molto bizzarro» che attira l’attenzione delle altre persone, che posano sempre «quegli sguardi su di lui». Hina decide di andare alla ricerca di un grande mago per liberare il fratello dal guanto ingombrante e così inizia la loro avventura un po’ alla “Mago di Oz”,un po’ “Alla ricerca di Nemo” (il pesciolino della Disney con la pinna “fortunata”); una vera e propria quête che li condurrà a riconoscersi per quelli che sono, due fratelli, e per come sono: l’uno con il grosso guanto, l’altra senza; soprattutto, non è colpa di Hina se suo fratello maggiore è così. L’autrice ha un fratello disabile, condizione che senz’altro l’ha collocata nella giusta prospettiva per raccontare questa fiaba per bambini, ma non solo per i bambini. A Giulia Franco muoverei una sola (piccola) critica: alla fine Hina dice a Tabi “Grazie fratellino!”. Visto che Tabi è il maggiore, io avrei scritto “fratellone”. Prof. Federico Girelli Docente di Diritto Costituzionale Università Niccolò Cusano www.siblings.it


VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

martedì 17 maggio 2016

ricerca e disabilità

il calcio unificato è di scena a roma

All’interno dell’European Football Week, dal 20 al 22 maggio nella capitale si disputerà un torneo internazionale di futsal Al trofeo organizzato da Special Olympics presenti squadre lituane, ungheresi, francesi e polacche Tra gli Atleti italiani ci sarà Romano Rocco: la madre Maria racconta la sua storia Tra le 16 tappe della Special Olympics European Football Week previste in Italia, grazie al supporto dei Knights of Columbus, il Pio XI Sport Center in via Santa Maria Mediatrice 22 a Roma ospiterà un torneo di calcio a 5 unificato, in programma dal 20 al 22 maggio. Lo “Special Olympics Unified Football Tournament” vedrà la partecipazione di team Special Olympics provenienti dal Francia, Lituania, Polonia e Ungheria. L’Italia presenterà team rappresentativi delle regioni del Lazio, Piemonte e Sardegna. Gli Atleti in totale saranno 72. Ogni squadra sarà composta da nove giocatori, cinque Atleti e quattro Partner, cioè atleti senza disabilità intellettiva, per un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. IL TORNEO. Il programma pre-

vede per il 20 maggio, alle ore 18.30, la cerimonia di apertura che sancirà il via ufficiale del torneo. Il giorno successivo, sabato 21 maggio, a partire dalle ore 10 ci saranno le prime partite articolate in due gironi da quattro squadre. Le finali, per il terzo e quarto posto e il primo e secondo, si disputeranno per domenica 22 maggio a partire dalle ore 10.

La Settimana coinvolgerà 50mila Atleti in 50 paesi europei UN EVENTO EUROPEO. La setti-

mana interamente dedicata al calcio, che Special Olympics organizza con il supporto della UEFA per il sedicesimo anno consecutivo, e presentata in Italia il 20 aprile scorso, presso la Figc, alla presenza del Presidente Carlo Tavecchio, si svolge in contemporanea in 50 paesi europei, coinvolgendo dal 21 al 29 maggio 50 mila Atleti con e senza disabilità intellettiva per un totale di 420 eventi. In Italia sono 4mila gli Atleti impegnati in 16 appuntamenti che attraversano undici regioni. LA TESTIMONIANZA. Roma-

no Rocco è un Atleta sardo, uno dei 72 presenti al Torneo di Calcio a 5 Unificato legato alla European Football Week. L’amore della sua famiglia e l’impegno sportivo hanno cambiato la sua vita. Sua madre, Maria, da sola e con coraggio

ha cresciuto tre figli senza mai arrendersi davanti alle difficoltà. «Amore, litigi, abbracci forti, scuola, colloqui, sport e incastri di orari: la nostra famiglia in sintesi – racconta Maria - I magnifici quattro, una famiglia tutta al femminile a esclusione di Roman che stoicamente ci sopporta. Lui ha da poco compiuto 19 anni, ma li ha solo anagraficamente. I primi tre anni di vita li ha trascorsi in totale solitudine, senza stimoli, abbracci, baci e attenzioni: tutto ciò di cui un bambino necessita per crescere e affinché la sua attività cerebrale potesse assorbire, come una spugna, ogni cosa inerente competenze, capacità di apprendimento e di relazione. L’INFANZIA. «A tre anni non camminava, non parlava, non vedeva, era ipovedente, non emetteva un suono, non sapeva baciare, non sa-

Il calciatore degli Special Olympics Romano Rocco in azione

peva ridere - spiega la madre - Fondamentalmente ai fini del suo recupero è stata la presenza di Yu, sorellina esuberante e attenta, più piccola di un anno, ma che si considera sua gemella. E dopo pochi anni dalla mia doppia maternità di cuore, l’arrivo inaspettato di Ele, sorellina non meno vivace e parecchio stimolante. Ma ci sono voluti tanti anni di pazienza e perseveranza del mio figliolo, sempre con il sorriso stampato, per subire diversi interventi chirurgici, per essere sottoposto a visite mediche di ogni genere e a terapie interminabili di psicomotricità e logopedia». LO SPORT. «Dall’età di tre anni fino ai sei ha imparato a nuotare, poi un anno di basket e dagli otto ai 13 ha frequentato judo fino a conseguire la cintura marrone. L’adolescenza è stata il pe-

riodo più doloroso della nostra vita – ammette Maria Dopo due anni consecutivi di nuoto, fatto con poca convinzione e soprattutto con molta noia e solitudine, l’inizio di serate interminabili di fronte ai videogiochi e con amici virtuali su Facebook. L’incontro con Special Olympics e di Team Millesport ha cambiato la sua e la nostra vita. L’attività sportiva è diventata un’emozione continua, dagli eventi regionali di nuoto ai Giochi nazionali invernali a Bormio, nel mezzo una passione per il calcio grazie al quale, oltre a una squadra, ha trovato veri amici. L’impegno costante negli allenamenti, cui non vuole mai rinunciare, sono valsi la convocazione al Torneo internazionale di calcio a 5 unificato. Vedere gioia nei suoi occhi vispi e brillanti è per noi la vittoria più grande». © Copyright Università Niccolò Cusano

la 25a partita del cuore

Domani all’Olimpico cantanti e attori in campo per la ricerca Domani sera allo stadio Olimpico di Roma si giocherà la 25^ edizione della “Partita del Cuore”. Dalle ore 21.20, con diretta su Rai Uno con la conduzione di Fabrizio Frizzi, in collaborazione con Rai Radio 2 e con la multi-piattaforma di Rai 1, le stelle della musica, del cinema, dello sport e della televisione daranno vita all’ormai classico appuntamento calcistico i cui proventi saranno destinati alla Fondazione Telethon e alla Fondazione Bambino Gesù Onlus. In campo, ci saranno la Nazionale Italiana Cantanti e la Cinema Stars, dirette da una terna arbitrale designata dall’AIA. LE DONAZIONI. Ancora una volta, l’obiettivo ben preciso della serata è raccogliere fondi da mettere a disposizione per la ricerca e per la cura. Si giocherà tutti per un solo risultato: l’incasso e i proventi delle donazioni tramite sms. Per le donazioni, fino a giovedì 19 maggio, sarà infatti attivo il numero solidale 45502: il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun sms inviato da cellulari Tim, Vodafone, Wind, 3, PosteMobile, CoopVoce e Tiscali, e per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa Vodafone e Twt; sarà di 5 o 10 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45502 da rete fissa Tim, Infostrada, Fastweb e Tiscali.

La delegazione di attori e cantanti dal Presidente Mattarella I BIGLIETTI. Per chi vorrà par-

tecipare dagli spalti dell’Olimpico, è possibile acquistare i biglietti su www.listicket. com, in tutte le ricevitorie Lis del territorio nazionale e tramite call center al numero 892.101. Il costo dei tagliandi è di 5 euro per le curve e i distinti, 10 euro per la tribuna Tevere e 15 euro per la tribuna Monte Mario. L’obiettivo è superare la raccolta totale di 2 milioni e 111 mila euro raggiunti a Torino con la Partita del Cuore del 2015. I PROTAGONISTI. Presenza con-

fermata per il socio fondatore della Nazionale Cantanti Gianni Morandi, quindi Luca Barbarossa, Paolo Belli, Enrico Ruggeri, Neri Marcorè, Marco Masini, Max Gazzè, Benji e Fede, Moreno, Raoul Bova, Briga, Rocco Hunt, Marco Bocci, Francesco Gabbani, Enrico Brignano e il mister Luciano Spallet-

ti. Grazie alla partnership con Rai Cinema, suggestiva anche la rosa delle Cinema Stars: allenati da Marco Tardelli e capitanati da Luca Zingaretti, scenderanno in campo, tra gli altri, Riccardo Scamarcio, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Fausto Brizzi, Giuseppe Zeno, Paolo Calabresi, Luigi Lo Cascio, Daniele Pecci, Paolo Genovese, Primo Reggiani e Adriano Giannini. PARTECIPAZIONE. Essere pre-

senti alla Partita del Cuore, allo Stadio Olimpico di Roma, ha un grande valore: vuol dire aver scelto di dare un segnale forte, vuol dire voler cambiare le cose. Esserci significa aver fatto una scelta etica e personale per manifestare la volontà di voler contribuire a cambiare il futuro delle malattie rare e di tutte le patologie che colpiscono i bambini. © Copyright Università Niccolò Cusano

agroalimentare

Pomodoro torpedino, l’oro rosso che arriva da Fondi Importato nel Lazio dall’imprenditore Mariano Di Vito Un incrocio tra San Marzano e Camone Nel 2011 ha debuttato sul mercato il pomodo torpedino di Mariano Di Vito, un progetto a marchio identitario nello scenario ortofrutticolo del Mercato di Fondi. Proprio Mariano Di Vito, coltivatore che ha sperimentato la specialità nel Basso Lazio, ha parlato di questo pomodoro di piccola taglia e forma allungata, di come è nato e delle sue proprietà ai microfoni di Radio Cusano Campus. Mariano, la sua è una sto-

ria consolidata anche se il torpedino è nato solo recentemente. «La mia famiglia ha iniziato negli anni ’50, quindi ha un’esperienza decennale nel campo agroalimentare. Nel 2007, grazie a un produttore siciliano, abbiamo scoperto questa nuova varietà di pomodoro e ne abbiamo apprezzato la bontà. Considerata la perdita di gusto che questo frutto della terra ha avuto negli ultimi anni, abbiamo deciso di dar vita a un progetto di sviluppo della varietà. Dopo un lungo periodo di prova, nel 2011 abbiamo deciso che era arrivato il tempo di mettere il prodotto sul mercato». Quindi ha avuto una incubazione piuttosto lunga: dovevate essere sicuri che

la varietà prendesse su un terreno diverso da quello siciliano? «Esatto, non tutte le varietà sono adatte per tutti i terreni, quindi era necessario fare delle prove di coltivazione estensive. Volevamo inoltre avere la disponibilità di prodotto per 12 mesi all’anno, e per questo abbiamo condotto dei test sia in Sicilia sia nella Piana di Fondi. Poi siamo passati ai consumatori, per capire se sarebbe piaciuto a loro. Con la validazione di tutti questi dati, siamo partiti ufficialmente». Che caratteristiche ha il torpedino? «Fa parte della famiglia dei San Marzano. È un incrocio in campo, un ibrido, creato incrociando i Camoni, che sono croccanti, duri e ver-

di, con i San Marzano, tipicamente dolci. Queste due caratteristiche si ritrovano nel frutto: in pratica ne viene fuori l’unica varietà di pomodoro piccolo che può essere raccolta sia verde sia rossa. La sua dolcezza, inoltre, si conserva anche quando è verde, quindi si può raccogliere sia verde sia rosso, senza che il sapore al palato ne risenta». Qual è il modo migliore per mangiarlo e apprezzarlo al massimo? «Si presta a mille preparazioni. Per l’estate in arrivo, il modo migliore è mangiarlo in insalata, quell’insalata di pomodori sparita dai menù dei ristoranti e che sarebbe bello riuscire a trovare più spesso sulle nostre tavole». © Copyright Università Niccolò Cusano


martedì 17 maggio 2016

La cusano racconta la serie d

unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO

«la nostra vittoria per aiutare chi soffre» Il dg della Cusano Stefano Ranucci parla del significato del successo dell’UnicusanoFondi: «Tutti hanno capito l’importanza della ricerca» «Poco dopo la finale un amico o un parente di Stefano Borgonovo, che spero ci legga per poterlo ricontattare, ci ha ringraziato per gli articoli sulla Fondazione Stefano Borgonovo: questo mi ha commosso e riempito di soddisfazione». Un attestato del genere, forse, vale più di mille coppe, perché certifica il successo, sul campo ma soprattutto fuori, dell’UnicusanoFondi Calcio. È il direttore generale dell’Università Niccolò Cusano, Stefano Ranucci, in tribuna sabato sera al “Gino Bozzi” di Firenze, a raccontare le emozioni della vittoria degli universitari della

Stefano Ranucci con Nicola Ciarlone, presidente rossoblù

«Il ringraziamento di una persona vicina a Stefano Borgonovo mi ha commosso» «è il coronamento di un percorso portato avanti da un gruppo di ragazzi fantastici» Grande festa in casa UnicusanoFondi dopo la vittoria della Coppa Italia di Serie D: qui la squadra e lo staff insieme al sindaco di Fondi, Salvatore De Meo

Coppa Italia di Serie D contro l’Oltrepovoghera. «L’impresa compiuta è stata incredibile – afferma Ranucci – in questa competizione partecipano circa 170 squadre. Vincere la Coppa, quindi, è una vera e propria impresa. Tra l’altro nessuna squadra della provincia di Latina aveva mai vinto questo trofeo mentre era da ben 16 anni che il Lazio non festeggiava questo traguardo. Abbiamo capito che potevamo arrivare fino in fondo dopo la vittoria in casa del Francavilla in Sinni, formazione che ha conquistato il terzo posto nel nostro girone». Ranucci, sabato sera centinaia di persone hanno seguito la squadra a Firenze, dimostrando un affetto che sembra cancellare tutto lo

scetticismo che aveva accompagnato i primi mesi di questo nuovo corso targato Università Niccolò Cusano. «Questa è la vera vittoria: passare dalle contestazioni di un anno e mezzo fa per arrivare allo spettacolo di sabato. Circa 300 persone, e sarebbero potute essere di più, si sono sorbite sei o sette ore di pullman. Addirittura, quando siamo arrivati con il pullman della squadra, abbiamo trovato i nostri sostenitori fuori dal Bozzi per caricarci con urla e applausi. Sembrava di essere nel calcio che conta. Domenica, invece, la squadra è tornata a Fondi e i tifosi ci aspettavano al Purificato, con tutta la città imbandierata e in festa, fino alla cena di domenica sera col sindaco di Fondi, Salvatore De Meo. La cit-

tà ha apprezzato il nostro lavoro. Il calcio ha bisogno di tempo e risultati». Ciò che all’inizio sembrava impossibile oggi è realtà: l’UnicusanoFondi e l’Università Niccolò Cusano sono riuscite a portare in tutta Italia un messaggio edificante, ovvero l’importanza della ricerca medico scientifica. «Ho ricevuto tantissimi messaggi privati. Sulla pagina Facebook della squadra sono arrivati messaggi di stima, anche da chi prima ci criticava. Tutti hanno capito l’importanza della ricerca. È palese che abbiamo tracciato un percorso, perché molti altri canali mediatici ci sono venuti dietro. Passeggiavo lungo Via Stefano Borgonovo, fuori dallo stadio a Firen-

ze, e un parente del giocatore ci ha abbracciato per l’attenzione che abbiamo rivolto a certi temi». Passando alla partita, come ha reagito alle parate di “San Calandra”, una decisiva a dieci secondi dalla fine e poi due ai calci di rigore? «Sono impazzito (sorride, ndr): dicono che Calandra sia uno dei miei “cocchi” ma considero tutti come dei figli. Con Calandra e con i più giovani c’è un rapporto fantastico. Questo portiere, classe ‘97, fisicamente fa paura ed è molto serio. Un vero professionista. Aveva studiato gli avversari, in particolare i calci di rigore. È un ragazzo speciale. Voglio poi sottolineare una cosa: questo gruppo è molto particolare; alla

cena con l’amministrazione comunale di Fondi ho visto emozionarsi gente come De Martino o Iadaresta, che hanno rispettivamente giocato la Champions League e esordito a San Siro contro l’Inter con il Siena. Questi ragazzi si sono emozionati con noi anche se hanno calcato palcoscenici più importanti. Vuol dire che il gruppo che è stato costruito è fantastico». Ora tutti parlano di Fondi e del progetto sportivo legato alla ricerca. «Voglio essere sincero: per come si era cominciato mi aspettavo una reazione più fredda. Domenica non si poteva camminare per Fondi per quanta gente c’era in strada. Abbiamo chiesto al sindaco di non fare le multe (sorride ancora, ndr) perché

tutti i negozi avevano bandiere e striscioni rossoblù appesi fuori dagli esercizi commerciali. La cena finale, con il ringraziamento di De Meo a Stefano Bandecchi, è stata un’ulteriore ciliegina sulla torta». Come è riuscito il tecnico Mariani a tenere unito un gruppo nel quale ci sono più di 20 potenziali titolari? «Questo tecnico l’ho voluto fortemente. Sinceramente non so come abbia fatto: ho visto Meloni e Nohman incoraggiare Iadaresta subito dopo il rigore sbagliato. Anche il portiere Saitta è stato il primo ad abbracciare Calandra dopo il penalty decisivo. In questa squadra ci sono tante “prime donne”, che il mister è riuscito ad unire per uno scopo comune».

La Coppa Italia esposta nella hall della Cusano

Domenica di nuovo in campo per i play off. L’UnicusanoFondi andrà a sfidare il Taranto. «Ci saranno circa 12mila spettatori allo Iacovone: giocare contro questa squadra non è mai facile. Tremano le gambe solo a entrare in quello stadio. La dirigenza del Taranto ha chiesto ai tifosi di seguire in massa la squadra per raccogliere an-

che i fondi per il ripescaggio in Lega Pro. Ormai, poi, siamo la squadra da battere. Molto probabilmente giocheremo già con la coccarda della Coppa Italia sul petto. Purtroppo sarà squalificato De Martino che sabato è stato un vero leone, specialmente quando è rimasto come unico centrocampista». © Copyright Università Niccolò Cusano



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