UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Medicina Special Olympics I segreti della salute Così si può uscire sono nel microbioma dall’emarginazione > A PAGINA III
Football No Limits Bosnia, il calcio alleva la nuova generazione
> A PAGINA V
> A PAGINA VII
il punto
margherita granbassi
E Internet fu Nessuno poteva immaginarne le conseguenze, forse nemmeno lui, il super informatico del Cnuce di Pisa, Antonio Blasco Bonito che trent’anni fa inviava un “ping” dal router Butterfly: pochissimi istanti dopo il segnale rimbalzava dalla Pennsylvania, stabilendo così la prima connessione dall’Italia ad Arpanet. Da lì a pochi anni nacque il Word Wide Web, e questa è storia di oggi. Con l’Internet day si è voluto festeggiare un compleanno importante, segnato dal prorompente sviluppo dei nuovi strumenti d’informazione, degli innovativi veicoli di comunicazione, dei social network. Ma proprio tutti hanno potuto celebrare questa giornata dedicata alla rete? C’è, infatti, una questione di accessibilità che non può essere sottovalutata. Si tratta del riconoscimento di un eguale diritto di accesso a Internet in condizioni di parità, diritto che si dimostra tutt’altro che scontato se si considera che in Italia l’11,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni non ha mai navigato nel web. Si tratta dei cosiddetti adolescenti disconnessi, quelli che secondo uno studio di Save the Children, a causa delle proprie condizioni economiche familiari, rischiano di rimanere in una situazione di povertà educativa non potendo godere di tutte le opportunità culturali e relazionali che offre la rete. Nondimeno qualcosa si muove nel panorama italiano, con la “Dichiarazione dei diritti in Internet”, il documento della Commissione di studio per l’elaborazione di principi in tema di diritti e doveri relativi a Internet, il cui art. 2 sancisce che “L’accesso a Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”. Insomma, l’ambizione è quella di arrivare alla piena attuazione del primo Internet Bill of Rights italiano. Certo, una volta garantito il più ampio ingresso alla rete il punto, poi, è la regolamentazione. La dimensione virtuale consente una straordinaria espansione della libertà di comunicare, di informare e di informarsi, una moltiplicazione delle opportunità di partecipazione democratica e di accesso alla cultura, qualità che non possiamo non riconoscere, ma che resteranno tali soltanto se opportunamente bilanciate con tutti gli altri interessi in gioco. Le premesse ci sono e le intenzioni pure: non ci resta che aspettare il prossimo “ping”.
dalla parte delle donne > L’ex campionessa di fioretto sostiene la campagna dell’Airc contro i tumori femminili: «Aiutare la ricerca scientifica è un dovere di tutti noi»
> A PAGINA II
la storia
cruz lab production
martedì 3 maggio 2016 www.corrieredellosport.it
atleti paralimpici
La sindrome di down vista con gli occhi di un fratello
Giusy Versace vola sotto i 28’’ nuovo record nei 200 metri
> A PAGINA IV
> A PAGINA VI
Anna Pirozzoli Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico e Preside della Facoltà di Scienze politiche Università Niccolò Cusano
II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 3 maggio 2016
ricerca
palmares
raccolta fondi
Con il fioretto una carriera ricca di successi
Domenica 8 le azalee in 3.600 piazze
Margherita Granbassi vanta due bronzi olimpici vinti ai Giochi di Pechino del 2008 nel fioretto individuale e a squadre. Fra gli altri successi della sua carriera spiccano i tre ori mondiali conquistati tra il 2004 e il 2009.
Domenica 8 maggio, Festa della Mamma, l’Azalea della Ricerca torna in 3.600 piazze di tutta Italia, dove 20mila volontari distribuiranno 600mila piantine, a fronte di una donazione minima di 15 euro.
granbassi «sarà una festa per la ricerca» Messaggio per il giorno dedicato alle mamme: «Sosteniamo i malati nella sfida più difficile» ta – grazie a mia madre che da sempre vende le arance e le azalee in piazza. È una realtà che conosco da tanto tempo: quando ho avuto le “credenziali” per diventare testimonial dell’Airc non me lo sono fatto ripetere due volte. Mettersi a disposizione degli altri è un bel modo per restituire quanto si ha avuto la fortuna di ricevere».
«Le Olimpiadi sono incredibili ma un figlio trasmette emozioni che non hanno paragoni»
Da campionessa di scherma a conduttrice televisiva a mamma a tempo pieno. Margherita Granbassi, tre ori mondiali e due bronzi olimpici nel fioretto, non si ferma mai. Tra i suoi impegni ce n’è uno meno noto ma senz’altro nobile: da diversi anni è testimonial per la ricerca sul cancro, che avrà il prossimo 8 maggio, giorno della Festa della mamma, il tradizionale appuntamento con la vendita delle azalee dell’Airc per la ricerca, nelle piazze italiane. «Sono stata molti anni volontaria – racconta Margheri-
Sei mamma da un anno: la campagna si batte per la fertilità delle donne dopo le cure. Sono circa tremila le giovani donne ogni anno sottoposte a protocolli di cura per il tumore al seno. Che incoraggiamento ti senti di dare a queste persone? «Quello che mi ha insegnato lo sport: non mollare, mettercela tutta, crederci fino in fondo, cercare di non avere mai paura. Dall’altra parte, noi tutti abbiamo il dovere di aiutare la ricerca. Una donna su nove in Italia ha avuto a che fare con il cancro: questo significa che tantissime famiglie sono coinvolte, sono sicura che risponderanno ancora una volta alla grande». Ti è mai capitato di stare vicino a una persona malata? Quali aspetti ti hanno colpito di più? «Molto spesso hanno più forza di noi: per affrontare una
quando c’è la possibilità, di praticare attività fisica moderata, sempre sotto il controllo medico. Ma bisogna anche lasciare che la natura faccia il suo corso, con un atteggiamento sereno. Solo così ci si tranquillizza e ci si gode il momento del parto e il post-gravidanza. I bambini danno modo di consumare calorie… Personalmente, ho avuto la possibilità di allontanarmi da quello che facevo prima perché mia figlia era ed è la priorità. Ora sto riprendendo a fare della ginnastica e della attività fisica: conto di tornare ad allenarmi con continuità perché il fisico me lo richiede».
Testimonial «Tante donne vengono colpite da tumori: bisogna aiutare la scienza a progredire» Nuova vita «I bambini danno modo di bruciare calorie, ma cerco di trovare il tempo per l’attività fisica» malattia debilitante serve un’energia che durante la vita è raro tirare fuori. Ci devi mettere tutto te stesso». Da sportiva, quale messaggio vuoi dare in tema di prevenzione? «È davvero importante invogliare il più possibile la gente ad avere uno stile di vita sano e promuovere i vaccini, come quello per il papilloma virus, importante soprattutto per le ragazze in età adolescenziale. Consiglio di informarsi e di leggere i dati scientifici distribuiti dall’Airc». Voi atleti avete una consapevolezza del corpo di certo superiore alla media: che consigli vuoi dare alle neomamme? «Sono passata dall’essere un’atleta che faceva due sedute al giorno all’obbligo di non fare nessun tipo di sforzo nei primi mesi di gravidanza. Consiglio alle mamme,
Valentina Vezzali ha detto che per lei è arrivato il tempo di nuove sfide. Tu, a causa degli infortuni, non hai potuto vivere il ritiro come una scelta. In quale momento un campione deve capire se iniziare una nuova vita? «Non si vorrebbe mai smettere perché si sta tra i giovani e si ha sempre voglia di continuare e di misurarsi con nuove sfide. Nel mio caso l’impedimento è stato fisico: ero arrivata al settimo intervento e non era il caso di ricominciare e sfruttare in maniera esagerata il mio corpo. Avessi potuto disegnare il mio percorso, avrei smesso partecipando alle Olimpiadi di Londra, ma non è andata così. I grandi campioni restano campioni sempre, ma capiscono da soli che a un certo punto possono essersi messi da parte ed essere utili in un altro ruolo, an-
In libreria
Carati: «Con Di Luca spiego il lato oscuro del ciclismo»
La copertina del libro di Di Luca con Carati
“Bestie da vittoria” racconta senza filtri il mondo delle due ruote e la lunga ombra del doping
smo, piena di ombre come quelle del doping che inquina lo sport e condanna gli atleti che ne fanno uso. Ai microfoni di Radio Cusano Campus, durante la diretta del programma “Genetica Oggi”, ne parlato la coautrice del volume, Alessandra Carati.
«Questa è la Gomorra del ciclismo. Dopo, si potrà decidere di ignorare, ma non si potrà dire di non sapere». Così si legge nella quarta di copertina di “Bestie da Vittoria” (Piemme Edizioni), libro del ciclista Danilo Di Luca, professionista dal 1999 al 2013, anno in cui è stato radiato a vita per doping. Un viaggio alla scoperta della faccia oscura del cicli-
Alessandra, partiamo dal titolo: perché “Bestie da vittoria”? «Bestia è una parola che usava spesso Pantani, soprattutto dopo Madonna di Campiglio nel ’99, per parlare della categoria dei ciclisti. Diceva che i ciclisti venivano trattati come bestie, un po’ dai media, un po’ anche dalle squadre, dagli sponsor e dal sistema che gira intorno agli spor-
tivi. Vittoria perché sono persone lanciate verso il successo secondo una legge del desiderio tipica dei campioni che gareggiano per il trionfo. È come se fosse una chiamata alla quale è difficile resistere. Le loro sono fatiche disumane in cui spingono il corpo a livelli incomprensibili per una persona che faccia una vita normale». Cosa ha fatto Danilo Di Luca per essere squalificato a vita? «Danilo racconta di aver fatto meno di quello che fanno la maggior parte dei ciclisti professionisti. Ha fatto uso per anni di classi di farmaci a base di ormoni, Epo e testosterone che aiutano a mi-
gliorare le performance, soprattutto presi in relazione a prestazioni cliniche crescenti, vicine cioè al picco di forma. Sono sostanze che servono per sport di durata. Nel libro spiega di aver iniziato ad assumere tali sostanze nel 2001, con il cortisone». Per calarti meglio nel mondo del ciclismo, sei riuscita a infiltrarti in una squadra pro-tour nel giro d’Italia del 2014. Raccontaci questa esperienza. «Quando ho iniziato a scrivere il libro con Danilo, non sapevo molto di ciclismo. Ho sentito allora la necessità che le cose mi fossero raccontate da persone diverse, oltre a lui. Ho parlato al-
lora con le persone che gli sono state vicine negli anni dell’attività agonistica. Una di queste mi ha fatto “infiltrare” in una squadra pro-tour senza dire che stessi lavorando a un libro del genere. Ho passato circa quattro giorni in carovana, sono stata sulle ammiraglie, sul pullman con i massaggiatori, ho visto come preparano le bici i meccanici e ho trascorso tempo con i corridori per comprendere che tipo di vita facciano: vivono in una bolla i cui bisogni sono soddisfatti da chi gli sta intorno. Per questo, quando escono dal circuito dello sport professionistico non riescono a integrarsi nella vita quotidiana». © Copyright Università Niccolò Cusano
che perché dietro c’è sempre qualcuno che deve crescere». Sul nostro settimanale, dedicato a sport e ricerca, raccontiamo le storie degli atleti paralimpici. In passato ti sei prestata a sederti su una carrozzina per un duello con Bebe Vio. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza e che giudizio hai del movimento paralimpico? «È un movimento importantissimo, sono felice che ci sia e che sia ormai equiparato al resto del movimento. Sono atleti che sanno dare un grandissimo esempio, trasmettendo forza a chi non ha il coraggio di uscire di casa. Mi sono incontrata e confrontata con Bebe Vio tante volte e sono felice ogni volta di ascoltarla perché lei ha davvero un grande carattere. Mi sono anche allenata a Roma con Marco Cima, un atleta paralimpico. È difficile comprendere fino in fondo che cosa si provi a gareggiare nelle loro condizioni, ma anche in questo caso contano grinta e volontà». È più difficile fare la mamma o preparare una Olimpiade? «Nel fare la mamma è molto più grande il senso di responsabilità: l’importanza di un evento come l’Olimpiade è incredibile ma quello che ci regalano i nostri figli non ha paragoni. In comune c’è la felicità di sentirsi distrutti a fine giornata, come dopo una grande vittoria». © Copyright Università Niccolò Cusano
Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@ unicusano.it
martedì 3 maggio 2016
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
ricerca E CULTURA
lo studio
microbiota
La diversità non dipende solo dal cibo
Ma una dieta gluten free può cambiarlo
Le caratteristiche del microbioma nell’intestino dipendono da ciò che mangiamo, ma anche da farmaci assunti, malattie e fattori esterni. Queste le conclusioni di due studi pubblicati su Science da ricercatori belgi e olandesi.
Una ricerca del Dipartimento di Genetica dell’Università di Groningen ha rivelato che una dieta senza glutine, seguita da soggetti sani per un mese, può diminuire la presenza di batteri intestinali ad azione pro-infiammatoria.
Microbioma, alla SCOPERTA DI UN ORGANO SCONOSCIUTO Il 28 maggio, in provincia di Brindisi, è in programma una giornata di studi patrocinata dall’Università Niccolò Cusano. Il professor Spinelli: «Nell’intestino c’è la nostra salute» Il coordinatore dell’incontro: «Ogni giorno ne sappiamo qualcosa di più» «Alcune autorevoli ricerche hanno dimostrato i nessi con le funzioni cerebrali» Un incontro per parlare del microbioma e della sua importanza si terrà il 28 maggio alle 19 a Selva di Fasano, in provincia di Brindisi, presso la sala congressi dell’Hotel Sierra Silvana. Un evento gratuito, accreditato anche ECM per i professionisti interessati, organizzato dall’Università Popolare A.I.Nu.C; EcMed; con il patrocinio dell’Università Niccolò Cusano. Un momento di confronto, un meeting di studio sul “Microbioma. L’organo sconosciuto”. E proprio di Microbioma ha parlato il professor Silvio Spinelli, specialista in psichiatria e coordinatore scientifico dell’incontro, ai microfoni di Radio Cusano Campus 89.100 Fm a Roma e nel
Lazio, intervenendo durante la diretta del programma Genetica Oggi. Professor Spinelli, un meeting di studio per parlare di Microbioma. Ma in effetti cos’è il microbioma? «Il microbioma è ciò che normalmente indichiamo come flora batterica intestinale. Non passa giorno che non si facciano nuove scoperte riguardo al microbioma che è infatti considerato “un organo” in quanto le funzioni che ha sono davvero molteplici e direi anche di estrema importanza». Tante le correlazioni fra il microbioma e il nostro stato di salute? «Moltissime, intanto diamo per scontato che più del 70% di tutto il sistema immunitario è localizzato nell’intestino per cui il microbioma sicuramente assolve alle funzioni di difenderci da tutti gli attacchi che possono arrivare dal mondo esterno. A parte questo, tutta una serie di ricerche prestigiose, hanno messo in luce quanto il microbioma sia importante su tutto il metabolismo oltre che su organi e tessuti solo apparentemente lontani dall’in-
«La flora batterica assolve alla funzione di difenderci dagli attacchi esterni»
Appuntamento sul microbioma nel brindisino il 28 maggio
testino. Per esempio ricerche di notevole spessore hanno comunicato la grande importanza che ha il microbioma sulle funzioni cerebrali e psichiche».
l’analisi
Verso un Atlantico sempre più largo? Una visione anche se approssimativa dell’attuale stato dell’arte dei rapporti tra Europa e America non fa andare molto in là nel fare previsioni. La debole presidenza Obama ha modo di riconfermare la scarsa partecipazione ai problemi europei - vedi l’ostentazione dei suoi timori per il brexit - ma non sembra avere molte chance una strategia comune per affrontare i nodi della governance occidentale e internazionale. Su problemi quali i conflitti mediorientali, lo Stato islamico, i rapporti con la Russia, l’immigrazione, esiste solo una pluralità di voci, spesso discordante. Eppure è incontestabile che tra le due sponde dell’Atlantico si
sia sviluppata una comunità di valori e ideali riconducibili all’adozione del modello evoluto della democrazia occidentale. Comunità sopravvissuta al vortice delle crisi che sembrano sempre rimetterla in discussione. In qualche occasione ci si chiede effettivamente se queste diversità stiano portando inevitabilmente a una divisione profonda tra Europa e America o a una sorta di trasformazione “fisiologica” di un’alleanza che alcuni oggi preferiscono definire come una più limitata “partnership”. Una semplice divisione dei compiti caso per caso e crisi per crisi non sembra però un trend ottimale.
Sulle sfide globali l’alleanza tra Ue e Usa ha i contorni di una più limitata “partnership” COOPERAZIONE. L’Europa, certo, deve fare la sua parte, soprattutto potenziando la politica estera e di sicurezza comune. Ma anche gli Stati Uniti devono modificare lo strano atteggiamento di attesa e indifferenza verso l’Europa considerata partner minore e non necessario. La cooperazione euroamericana è ancora di fondamentale importanza per
affrontare una serie complessa di sfide globali sul piano economico. Essa resta la più integrata del pianeta, raggiungendo circa la metà del prodotto nazionale lordo e il 40% del commercio mondiale. L’economia transatlantica rappresenta il 48,4% del Pil mondiale e gli scambi commerciali tra Usa e Ue ammontano a un terzo del totale del commercio mondiale, mentre tra il 2000 e il 2012 l’interscambio commerciale transatlantico è aumentato del 68%. L’OBIETTIVO. Da molti anni
ha preso quota un grande progetto, la costituzione del Ttip, Transatlantic Trade and
Investment Partnership, che dovrebbe favorire commercio e investimenti tra Europa e America grazie alla riduzione delle tariffe e delle barriere non tariffarie, all’accesso al mercato dei servizi, a investimenti diretti e finanziari. Ma se su questa “grande area di libero scambio”, ormai in cantiere da molti anni, si accentrano speranze di recuperare governance economica e finanziaria, con una dimensione comune per servizi, tecnologie e investimenti, piovono anche critiche da chi vede in questa “Nato economica” il definitivo tentativo americano di asservire sul piano degli “standard” economici un’Europa
debole e divisa, ridimensionando l’area euro. L’obiettivo di farne una realtà prima delle elezioni presidenziali non è stato raggiunto, ma il suo successo dipenderà ancora una volta da una nuova leadership comune che blocchi il processo di frammentazione della global governance, cercando anche il consenso di altri attori internazionali. Vedremo nei prossimi mesi se questo obiettivo ha reali possibilità di essere raggiunto. Giuliano Caroli Professore Associato di Storia delle Relazioni Internazionali Università Niccolò Cusano
Il suo intervento al convegno verterà sull’uso dei prebiotici e dei probiotici. A cosa servono? «Durante il meeting cercherò di chiarire la differenza fra probio-
tici e prebiotici, le loro funzioni. I probiotici sono tutta una serie di ceppi batterici idonei a integrare l’alterato microbioma. Nel senso che una patologia, oppure antibiotici e/o farmaci, o ancora alcuni alimenti poco salutari per l’uomo possono alterare la flora batterica intestinale. In questi casi si crea ciò che viene chiamato uno stato di “disbiosi” ossia di alterazione del microbioma. Ebbene, per recuperare la salute del microbioma si assumono ceppi batterici idonei a ristabilire lo stato di perfezione di questo organo. Tuttavia se è importante assumere questi ceppi batterici come integratori è anche utile consumare alimenti che svolgano una funzione analoga. Il nutrimento per il microbioma è costituito dai prebiotici, una serie di sostanze che possono nutrirlo. Se ci sono dunque una serie di alimenti che possono danneggiare il microbioma ci sono altrettanti alimenti che possono invece nutrirlo e supportarlo in maniera adeguata. Ricordiamo che gli integratori devono essere somministrati quando la situazione è abbastanza scompensata, altrimenti una adeguata alimentazione, ricca di fibre, potrebbe essere sufficiente a dare un apporto di prebiotici». © Copyright Università Niccolò Cusano
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
disabilità e cultura
«un fratello così è una fortuna»
Giacomo Mazzariol: «Stare vicino a una persona down aiuta a interpretare la realtà in modo meno ovvio» In un libro l’esperienza del 19enne: «Spero serva a superare tutti i pregiudizi» «Due a due»: quando hai cinque anni, sei “circondato” da due sorelle e il tuo primo desiderio è l’arrivo di un fratellino con cui fare giochi da “maschio”, accogli così – esultando a pugni stretti come chi ha appena segnato un gol in rovesciata – la notizia che il tuo sogno sta per trasformarsi in realtà. Poi un cromosoma in più rovina la tua festa, e l’entusiasmo iniziale diventa rifiuto. È accaduto anche a Giacomo Mazzariol, un ragazzo di 19 anni di Castelfranco Veneto che ha raccontato il suo rapporto con il fratello minore Giovanni, affetto dalla sindrome di down, nel libro “Mio fratello rincorre i dinosauri”, edito da Einaudi. Una storia che commuove e fa riflettere perché protagonista è la straordinaria vitalità di Giovanni, la sua unicità, che ha aperto gli occhi a Giacomo spazzando via ogni rifiuto e facendogli vedere gli uomini e il mondo da un’altra prospettiva. Un’occasione per riflettere sulla sindrome di down.
Qual è stata la molla che ti ha spinto a rendere pubblica la tua esperienza? «La felicità, l’energia di Giovanni. Quella mia con Gio’ è un’esperienza leggerissima, felicissima, ma in altri casi non è sempre così, anzi. All’inizio anche io pensavo “ma che sfiga, un fratello down”. Adesso invece vado in giro dicendo “che fortuna!”, Giovanni mi ha aperto gli occhi e mi ha cambiato la vita. La sua carica mi ha spinto a voler comunicare il suo messaggio al mondo, che è quello di vivere la vita con il sorriso». Quali fasi ha attraversato negli anni il tuo rapporto con Giovanni? «C’è stata una sorta di dialettica hegeliana: nei primi anni, giocavo con Gio’ con la testa di un bambino, senza farmi tante domande; poi ho avuto la fase della negazione, perché pensavo che la vita sarebbe stata solo un peso con lui. Infine, sono giunto alla terza fase della dialettica, la negazione della negazione. Ho cambiato le domande perché sapevo che Giovanni non poteva darmi determinate risposte. Ho cominciato a divertirmi insieme a lui in modo cosciente, non oscurando i problemi: è una “figata” stare con Giovanni perché mi diverto troppo e
martedì 3 maggio 2016
Giacomo insieme al fratello Giovanni cruz lab production
perché imparo dalle sue azioni che la realtà non è così ovvia come sembra. Ogni singola cosa la vedo anche dalla sua ottica e questo mi arricchisce, ogni singolo valore che avevo ha acquisito un respiro più ampio. Prima per me non poteva non esistere la competizione, invece ho imparato da mio fratello che non esiste la sconfitta e che si può giocare anche per divertire se stessi e gli altri». Il corto “The Simple Interview” – caricato su YouTube un anno fa, riscuotendo un gran numero di visualizzazioni - ti vede protagoni-
La copertina del libro
sta insieme a Giovanni, che è impegnato in un colloquio di lavoro immaginario. Si può fare di più per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone con sindrome di down? «Ho appena una manciata di anni alle spalle e poca esperienza, non mi sento ancora all’altezza di affrontare questi problemi anche perché ci sono tante persone che ne soffrono, vivendo sulla loro pelle l’esclusione dall’ambiente lavorativo. Nel mio libro ho voluto solo raccontare una storia tra due fratelli, ma spero che la mia storia possa ispirare chi fa le leggi nell’ideare progetti sull’inclusione sociale e sull’autonomia e spingere la gente comune a superare i pregiudizi».
I ragazzi che partecipano alle iniziative dell’Associazione italiana Wolf Hirschhorn
la testimonianza
Il valore del network contro le malattie rare L’associazione sindrome di Wolf Hirschhorn è un sostegno per i pazienti e le famiglie
Un caso ogni 25mila nati vivi in Italia, 70-80 pazienti in tutta Italia: sono i numeri della sindrome di Wolf Hirschhorn in Italia, una malattia genetica rara legata alla mancanza di una piccola porzione del braccio corto del quarto cromosoma. Può causare scarso accrescimento fisico o intellettivo, difficoltà nel camminare, nel linguaggio o nella manipolazione: «Spesso questi ragazzi restano bamNon hai ancora venti anni: bini», spiega Vittorio Rosato, quali sono i tuoi progetti per vicepresidente dell’AISIWH – il futuro? Hai già in mente di Associazione italiana sindrome di Wolf Hirschhorn. «Siascrivere un altro libro? «Scrivere un libro è un’espe- mo di fronte a un ampio spetrienza che mi è “strapiaciuta”, tro di problematiche dovute ma prima di pensare al prossi- alla mancanza di una parte mo non sarebbe male passa- di materiale genetico. Nei prire l’esame di maturità che do- mi anni di vita si manifesta la vrò sostenere tra poco. Chis- presenza di epilessia in quasà, forse troverò un altro modo si tutti i casi». In questo condi raccontare il mio rapporto testo, come per tutte le macon Giovanni. Ho molta ener- lattie rare, assume un’imporgia, ho molta voglia di raccon- tanza vitale la ricerca scientitare le cose in cui credo». fica: «Si tratta di una malattia © Copyright Università Niccolò Cusano scoperta negli anni ’60, ma le
tecniche che hanno consentito di condurre le indagini più accurate sono relative agli ultimi 15 anni. In quarant’anni di osservazione molte persone sono sfuggite alla diagnosi perché non è possibile per il genetista effettuare test sulle seimila diverse sindromi genetiche esistenti» OBIETTIVI. Fornire informazio-
ni, sostenere la ricerca, aiutare le famiglie creando un network di supporto ed esperienze: sono questi gli obiettivi principali dell’associazione nata a Milano nel 1999, che oggi ha la sua sede nazionale a Montecorsaro (in provincia di Macerata). «Il nostro primo compito è diffondere l’informazione, orientare le famiglie verso gli specialisti. Come per le altre malattie rare non esiste un farmaco che possa risolvere la malattia e la ricerca è particolarmente difficile. In Italia abbiamo ottimi gruppi di ricerca al Policlinico Gemelli
e al Bambino Gesù di Roma, ma anche a Monza e Livorno. Sono unità che fungono da riferimento e che accumulano conoscenza ed esperienza. È importante sostenere la ricerca con le donazioni, anche attraverso il 5 per mille». L’associazione si occupa anche degli effetti sociali della malattia: «Da oltre dieci anni organizziamo, per i ragazzi, una settimana di vacanze durante l’estate. Li ospitiamo in strutture adatte a persone disabili, in cui lavora un educatore per ciascuno di loro. Durante l’anno studiamo, insieme agli esperti di neuropsichiatria, percorsi abilitativi e riabilitativi specifici per ogni profilo. Questo ha un duplice obiettivo: costruire percorsi di riabilitazione e consentire anche ai genitori di avere una settimana libera dall’impegno che la gestione di un malato raro comporta». Per informazioni e donazioni: www.aisiwh.it © Copyright Università Niccolò Cusano
l’intervento
Sportivi disabili, il vero ostacolo sono le barriere sociali Riceviamo e volentieri pubblichiamo un altro contributo del prof. Rafael de Asís, docente di Filosofia del diritto all’Università Carlos III di Madrid e uno dei maggiori esperti di tematiche legate allo sport e alla disabilità. Tempo fa, a una giornata di studi su sport e disabilità, ho sentito una conferenza di uno sportivo a cui mancavano le due gambe. Nel suo intervento descrisse la capacità
di praticare diversi sport - alcuni anche rischiosi- e come attraverso lo sforzo, il sacrificio e la costanza avesse superato i suoi limiti. Ricordo come tutti i presenti rimasero sorpresi per le sue qualità, ma ricordo pure che pensai che il messaggio che ci era stato trasmesso era incompleto. Più che un messaggio per una Giornata sulla disabilità sembrava un messaggio per una Giornata sulla psicologia sportiva. Credo che non
dobbiamo valutare i risultati sportivi di persone con disabilità solo in termini di superamento dei loro handicap, ma piuttosto in termini di superamento delle barriere sociali e attitudinali. AFFINITÀ. Esaltiamo i risulta-
ti sportivi delle persone con disabilità utilizzando termini come superamento, esempio, sacrificio. La pratica di certi sport da parte di disabili, così come i risultati che rag-
giungono, sono vere imprese personali. Questo accade nella pratica sportiva di qualsiasi persona. Certamente, quando valutiamo il lavoro di persone disabili siamo particolarmente attenti alla loro “abilità” nel superare la “disabilità”. Tuttavia questo accade anche quando valutiamo il lavoro di qualsiasi altro sportivo perché il superamento degli ostacoli può sempre essere descritto in tal modo. Qualcuno forse pen-
serà che sto usando in modo inadeguato il termine disabilità; da un punto di vista giuridico la disabilità si può definire come il risultato di interazioni fra persone con disabilità e barriere attitudinali e ambientali, che impedisce la loro piena ed efficace partecipazione nella società, su una base di parità con gli altri, come si legge nella “Convenzione dei diritti delle persone con disabilità”. Una delle definizioni della disabilità è
quella di minorazione, spesso associata alla malattia o comunque a qualcosa al di fuori della norma (World Health Organization). Ma la parola “incapacità” spesso la utilizziamo per indicare il contrario di capacità; così parliamo di persone con grandi capacità fisiche o sportive e di persone che migliorano le loro capacità limitate (le disabilità). In tutti questi casi, il successo sportivo delle persone, abbiano o meno disabilità, rap-
presenta il superamento dei propri limiti personali. BARRIERE. Se analizziamo la definizione della Convenzione, esiste un asse intorno al quale gira il concetto di disabilità, e che ha a che vedere con le barriere attitudinali e ambientali; in questo caso non parliamo di minorazioni, ma di mancanza di possibilità (opportunità). Invece, la disabilità deriva da situazioni in cui esiste l’assenza di possi-
bilità in quanto esistono barriere sociali. Tutti gli sportivi devono superare barriere personali, ma gli sportivi con disabilità devono superare pure le barriere sociali; questa situazione li differenzia dagli altri sportivi e in questo superamento consiste il loro vero successo! Prof. Rafael de Asís Università Carlos III di Madrid (Traduzione del Prof. Enrico Ferri)
martedì 3 maggio 2016
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
sport, INDUSTRIA e disabilità
dall’esclusione all’entusiasmo Alfredo Titani, padre di Stefano, descrive l’esperienza con Special Olympics: «Ora è a suo agio con gli altri» «A scuola doveva affrontare le ironie dei compagni: non veniva mai invitato dai “normodotati”» «Grazie allo sport ha scoperto cosa significa avere una passione e delle amicizie» Si terranno il prossimo sabato, 7 maggio, all’Aquila, le finali, relative al concentramento del Centro Sud, dello Special Basket, torneo promosso da Special Olympics Italia dedicato alla pallacanestro che sta impegnando oltre 600 Atleti con e senza disabilità intellettiva coinvolgendo 11 regioni italiane. Tra gli Atleti ci sarà Stefano Titani, un ragazzo di 22 anni che vive all’Aquila, che nello sport ha trovato una vera e propria ragione di vita. L’infanzia. Il papà Alfredo e la
mamma Antonella lo hanno adottato quando aveva poco più di un anno, strappandolo alla dura realtà di un orfanotrofio in Romania, nei dintor-
ni di Bucarest. Lo hanno accolto con gioia nella loro casa, sognando per lui un futuro di soddisfazioni e opportunità. Solare, esuberante, Stefano, durante le elementari, inizia a mostrare sintomi di iperattività: «Non conoscendo i genitori naturali – racconta il papà – associammo alcune manifestazioni a una componente genetica. Durante gli incontri con la pediatra non si era mai fatto riferimento ad alcun tipo di difficoltà che potesse essere oggetto di forte preoccupazione». Con il crescere i segnali diventano più evidenti: durante le scuole medie i professori si lamentano per la sua iperattività così come per un apprendimento che non avviene in modo adeguato; la richiesta di un assistente di sostegno e poi la diagnosi di una commissione medica: disturbo della personalità. «Mio figlio Stefano – prosegue il papà – è autistico ad alto funzionamento e l’evidenza maggiore della sua disabilità intellettiva è caratterizzata da un’eccessiva loquacità, tono alto della voce, continua ricerca di volti conosciuti per fare un saluto, tentativi di dialogo con i presenti». Le difficoltà. L’autismo ha di-
verse forme: in alcuni ragazzi,
Stefano, 22 anni, impegnato in un torneo di basket
a differenza di Stefano, porta a essere più taciturni, solitari; purtroppo ancora oggi, in ogni sua sfumatura, conduce spesso tutti, all’emarginazione, all’esclusione: «Già nel corso del primo anno, quando lo accompagnavo a scuola, si dirigeva, con il sorriso e quella camminata legger-
mente oscillante, verso i capannelli di ragazzi in attesa di entrare in aula, per parlare con loro; osservando gli studenti da lontano, notavo veloci scambi di sguardi e piccoli sorrisetti ironici – ricorda il padre – L’avvicinarsi di Stefano procurava ilarità al gruppo. Ovviamente lui non si accor-
Special Olympics, sabato all’Aquila le finali del torneo Special Basket paolo quadrini/s4C
Stefano insieme al papà Alfredo
geva di nulla. Le prime volte ebbi reazioni di sconforto e di rabbia; in seguito ho atteso che Stefano si allontanasse, ho preso coraggio e ho raggiunto il gruppo; mi sono presentato e ho spiegato che Stefano voleva solo essere loro amico, cercava il dialogo per socializzare e che quello era
il suo unico modo di comunicare. Stefano non veniva invitato mai ai compleanni di “normodotati”, mai una telefonata; questo, se hai un figlio che è cosciente della sua condizione, per un genitore è l’aspetto più penoso». Il coraggio. L’incontro con
lo sport, in una dimensione adatta alle sue esigenze e necessità; e il dolore, la rabbia, la solitudine si trasforma in coraggio, fiducia, forza ed impegno. È stato lui stesso, con quella sua “incompresa” curiosità di esplorare il mondo, ad avvicinarsi agli Atleti di un Team Special Olympics dell’Aquila, “Atleticamente insieme”, durante una manifestazione sul campo di Murata Gigotti, in occasione di una staffetta unificata dove a gareggiare, insieme, c’erano Atleti con e senza disabilità intellettiva. Sono passati due anni, Stefano è diventato parte integrante di un gruppo; ha iniziato con l’atletica, poi la pallacanestro e sperimentato bowling ed equitazione. Durante la stagione invernale corre anche con le racchette da neve. «Stefano – afferma il papà – non aveva interessi, nessuna passione; si svegliava la mattina per chiedersi cosa fare della sua giornata. A scuola era messo da parte, oggi si sente a suo agio; in un ambiente, non solo di persone con disabilità intellettiva come lui, in grado di accoglierlo senza alcun giudizio. Lo stesso discorso vale per noi familiari: vivere gli eventi Special Olympics ci permette di sentirci a nostro agio in
una società ancora non pienamente pronta ad accettare il “diverso”». La crescita. Stefano è miglio-
rato nel coordinamento motorio, ha acquisito autostima, consapevolezze; ha conosciuto amici con i quali si vede e si sente anche in attività extra sportive. Facendo atletica ha imparato a correre, con la pallacanestro la condivisione, il rispetto delle regole e il saper attendere il suo momento, con l’equitazione ha rafforzato l’equilibrio e infine attraverso gli sport invernali a gestire l’organizzazione dell’attrezzatura. «Vederlo felice e impegnato – conclude il papà – è una gioia immensa. Spesso mi capita di notare genitori, nella nostra stessa situazione, vedere i propri figli con occhi spenti; una sorta di partecipazione passiva. Non mi permetto di giudicare, ognuno reagisce a modo proprio, ma spesso il primo ostacolo alle difficoltà è rappresentato proprio da noi genitori. Abbiamo un dovere nei loro confronti e siamo noi a dover dare l’esempio per lasciare ai nostri figli un mondo migliore; dove ci sia inclusione e non si debba combattere per meritare rispetto e dignità». © Copyright Università Niccolò Cusano
buone pratiche
Viaggio in un paese accessibile «Monteverde si trova in provincia di Avellino, 750 abitanti. è un paese di origine medioevale ricco di tradizioni e bellezze naturali. Un punto di riferimento per chi ama le escursioni, il relax, i sapori. Ma soprattutto è un “Paese Accessibile”. Abbiamo imparato a valorizzare la diversità». Franco Ricciardi è il sindaco del Comune che nel 2015 è stato eletto il borgo più bello della Campania e il secondo borgo più bello d’Italia. Oggi parla con entusiasmo di un progetto che ha mosso i primi passi nel 2006 e che verrà illustrato a Bologna, a Exposanità, il 21 maggio. «Siamo stati contattati dalle Officine Meccaniche Rizzoli. A Bologna racconteremo la nostra esperienza. Monteverde organizza dal 2006 in collaborazione con la Fondazione “Insieme Per…” il “Grande spettacolo dell’acqua”, un evento che si tiene ad agosto. Fin dalla prima edizione abbiamo ospitato i giovani diversamente abili del posto ad assistere allo spettacolo. Ormai vengono a trovarci da tutta Italia. Dopo il successo ottenuto negli anni, abbiamo pensato di non fermarci all’evento estivo ma di rendere Monteverde un paese
Due immagini di Monteverde
accessibile sempre. Di abbattere tutte le barriere architettoniche e di realizzare percorsi per i non vedenti, i non
udenti, per chi è in carrozzina. I lavori sono partiti a dicembre - spiega il sindaco - e c’è ancora tanto da fare. Ma abbiamo le idee chiare: vogliamo un paese dove anche un non vedente, grazie a delle autoguide, possa passeggiare con tranquillità e andare al bar a prendersi un caffè. E poi carrozzine elettriche che portino allo scoperta del centro storico. Insomma vogliamo rendere fruibili alle diverse abilità le bellezze del posto. Vogliamo emozionarci e emozionare chi viene a trovarci». Monteverde si prepara ad accogliere le persone diversamente abili tutto l’anno; verranno realizzati percorsi mirati per tutte le forme di disabilità: motoria, uditiva e visiva. Tre i percorsi individuati, storico-culturale, naturalistico e religioso, assistiti con mappe audioguida e tattili. «Abbiamo la cultura dell’accoglienza e la cultura dell’accessibilità» sottolinea il consigliere comunale Giovanni De Lorenzo, che aggiunge: «Il progetto è ambizioso ma noi ci crediamo, ci mettiamo il cuore, la passione, la creatività. Il paese ha voglia di ospitare e offrire a tutti il massimo del confort». © Copyright Università Niccolò Cusano
mobilità
L’app che trova posto ai disabili La Orange Button è una giovane società toscana nata dalla sinergia tra Joomlart e Smart City. La collaborazione fra le due aziende, che si muove principalmente nello sviluppo e nella programmazione di applicazioni, ha portato alla creazione proprio di un’app molto interessante e di grande utilità per le persone con disabilità. Come parte della Suite Orange Button – rivoluzionario sistema di
controllo e monitoraggio della città, lanciata a Pontedera – c’è infatti un navigatore unico nel suo genere. L’applicazione, sviluppata sia per dispositivi mobili che per web, consente ai guidatori di vetture con permesso di sosta per disabili di rintracciare su mappa i parcheggi a loro riservati e di attivare un sistema di navigazione che consentirà loro di essere condotti al parcheggio desiderato.
La mappa dell’app creata da Orange Button INNOVAZIONE. È integrata an-
che all’interno del nuovo sistema di identificazione dei veicoli tramite QRCode di Pontedera, ideato dalla Siat di Pontedera e proprio da Orange Button, e che prevede l’assegnazione a ogni vei-
colo di un QRCode, al quale Isi possono associare le autorizzazioni di sosta o transito e gli abbonamenti dei parcheggi, e in prospettiva futura tutte le informazioni relative a un’autovettura. © Copyright Università Niccolò Cusano
VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
sport, disabilità e cultura
giusy versace record su record
Primato italiano T43 sui 200 metri con 27“95 per l’atleta paralimpica: «Ma non finisce qui, voglio migliorare ancora» Il nuovo exploit ai Campionati regionali Open Fispes: «Ripagata del duro lavoro»
celebrazioni
Olio, ad Arpino un appuntamento tra storia e mito Il 7 maggio una serata per valorizzare i migliori extra vergine di oliva «La produzione dell’olio non è solo un mestiere, è una tradizione. L’oliva non è solo un frutto: è anche una reliquia»: così Predrag Matvejevic’ nel suo Breviario Mediterraneo descrive la pianta e il frutto. Nella pianta, nelle foglie, nel frutto e nel dorato liquido che se ne ricava c’è un aspetto della civiltà del Mediterraneo, che attraversa il mito, la letteratura, le religioni, l’alimentazione e persino la cosmetica.
Sabato a Pavia tornerà in pista sui 400 metri poi gli Europei di Grosseto Giusy Versace continua a vivere un anno straordinario, dalla tv alle piste d’atletica. Questo 2016 sembra davvero aver messo le ali alla campionessa paralimpica e conduttrice della Domenica Sportiva. Giusy, in forza alle Fiamme Azzurre, ha infatti ottenuto nel weekend passato, sulla pista di Nembro (in provincia di Bergamo) in occasione dei Campionati Regionali Open FISPES, il nuovo record italiano T43 sui 200 metri con 27”95 (vento: +1,2).
STORIA. Gli Ateniesi scelgo-
RECORD SU RECORD. Una gran-
de prestazione per la Versace, che è andata a migliorare di quasi un secondo il suo precedente record - 28”86 - ottenuto a Lodi l’11 maggio dello scorso anno. Questo risultato, unito al nuovo record italiano dei 400 metri (1’04”21) da lei ottenuto lo scorso 9 aprile a Grosseto, dimostra che il duro allenamento svolto durante i mesi invernali sta dando i suoi frutti: «Ancora non ci credo – ha dichiarato a caldo Giusy – Sapevo di valere un buon tempo, ma mai mi sarei aspettata di scendere sotto il muro dei 28 secondi. Sono davvero felice per questo risultato, che mi ripaga del duro lavoro svolto in pista e in palestra fino ad ora. Ma non finisce qui: ora si torna a lavorare per migliorarsi ancora». Nella sessione pre-
martedì 3 maggio 2016
Giusy Versace, la campionessa paralimpica è scesa sotto i 28 secondi nei 200 metri sulla pista di Nembro (Bergamo )
cedente, Giusy Versace aveva corso anche i 100 metri, imponendosi con il tempo di 14”81 ma purtroppo penalizzata da un muro di vento contrario di -2,6 m/s. TENACIA. La grinta è uno dei
tratti distintivi di Giusy; grazie alla sua tenacia ha raggiunto l’ennesimo primato. A inizio febbraio, al nostro settimanale, aveva rivelato come si era
avvicinata al mondo dell’atletica e della corsa. «Per ripicca – aveva spiegato a Unicusano Focus - Ho iniziato abbastanza tardi, cinque anni dopo l’incidente, per curiosità: il mio cervello aveva dimenticato cosa volesse dire correre. Ho incontrato un sacco di addetti ai lavori che mi scoraggiavano, dicendo che non ce l’avrei mai fatta. E io, anche se sono ormai mila-
nese d’adozione, resto calabrese doc e quindi testarda: mi sono impegnata per fare un dispetto a chi mi diceva di non farlo. Poi ho scoperto di essere la prima donna biamputata in Italia in questa disciplina e ho aperto una strada ad altre atlete». PROSSIMI APPUNTAMENTI. L’at-
leta paralimpica sarà di nuovo in gara sabato prossimo,
7 maggio, a Pavia in occasione dei Campionati Regionali di Società Fidal, dove gareggerà in questo caso per l’Atletica Vigevano e scenderà in pista sui 400 metri con l’obiettivo di ritoccare ancora il suo primato italiano, in vista dei Campionati Europei Paralimpici di Grosseto (1016 giugno) e, chissà, del sogno paralimpico di Rio 2016. © Copyright Università Niccolò Cusano
no Atena, come dea protettrice e simbolo della città che ne prenderà il nome, per il dono ricevuto da questa divinità: l’olivo dalle molteplici vocazioni e applicazioni. Odisseo usò un legno d’olivo per il palo con cui accecò il Ciclope, ma pure per costruire il suo monumentale letto nuziale. Irene, la dea della pace, era rappresentata con una corona di foglie d’olivo e la colomba che annuncia a Mosè la fine del diluvio porta nel becco un ramo d’olivo. Nel Getsemani, l’orto degli ulivi, Gesù si ritira prima della passione e nel libro di Zaccaria si dice che Dio alla fine dei tempi comincerà a far tornare in vita i morti sul Monte degli olivi. Simbolo di benessere, di resistenza, di pace ma pure di elezione e successo: le corone d’olivo adornavano eroi come Aiace e Achille e la stessa Nike, dea della vittoria. PROPRIETà. Il frutto dell’olivo,
l’oliva e l’olio che se ne ricava, hanno un uso polivalente, non solo nell’alimentazione ma anche nella medicina e nella cosmesi. Ippocrate consiglia l’uso terapeutico dell’olio e già nell’antichità veniva impiegato come cosmetico, ma pure nei ginnasi per ungere i corpi degli atleti. L’oliva e l’olio hanno come destinazione privilegiata l’a-
limentazione: sono presenti da migliaia di anni nella dieta mediterranea, sulle rive e nell’entroterra del Mediterraneo si produce la quasi totalità dell’olio del mondo, il più nobile e salutare grasso che esiste in natura, perché è un prodotto antiossidante che riduce la formazione del colesterolo “cattivo” e potenzia il fattore HDL, il “colesterolo buono”, che contribuisce alla pulizia delle arterie. I LUOGHI. L’Italia, con Spagna e Grecia, è il principale produttore di olio nel Mediterraneo e nel mondo e regioni come la Liguria e la Toscana ben rappresentano la qualità dell’olio extravergine italiano, l’olio con un’acidità che non supera l’uno per cento. Ma anche altre regioni come il Lazio producono un olio d’eccellenza, ad esempio nella Sabina, o in zone meno conosciute e più periferiche, come la Ciociaria. Un olio che è il risultato di una tradizione agricola e alimentare antica di quasi tremila anni, come avviene ad Arpino, la civitas di Cicerone e Caio Mario, dove l’olivo si sviluppa in condizioni ottimali per il tipo di terreno e di altitudine, tipica della collina medio alta. TRADIZIONE. Ad Arpino diversi produttori locali sono riusciti a ovviare agli inconvenienti della parcellazione dei terreni a produzione olearia, riunendosi nella cooperativa “Terre di Cicerone”, grazie anche all’impegno ed alla passione
del suo promotore, l’ingegner Antonio Sardellitti, che ama ripetere: «Nell’olio c’è il sapore, la trasparenza e l’intensità della nostra storia e della nostra gente che ha trasformato un bisogno umano in un’arte e in un piacere della tavola». Ed effettivamente è una piccola opera d’arte l’olio arpinate, che ha un’acidità dello 0,1%,con gusto fruttato, colore intenso, fatto con spremitura a freddo e un blend di olive moraiolo, frantoio e leccino. Un olio che tra le sue qualità ha, non ultima, quella dell’ottimo rapporto qualità-prezzo, un olio apprezzato oltre i confini nazionali, ma pure da nostrani chef stellati. EVENTO. Un’occasione privi-
legiata per assaggiare l’olio di Arpino, ma pure una variegata e qualificata tipologia di olii laziali e nazionali, sarà la quarta edizione del “Premio nazionale terra di Cicerone, olii extravergini di oliva”, promosso dall’Associazione culturale olivicoltori Terra di Cicerone. L’iniziativa si terrà ad Arpino: all’Auditorium “P.Cossa”, il 7 maggio alle ore 21, ci sarà la premiazione dei vincitori. Un’occasione anche per visitare Arpino, la sua magnifica acropoli dell’ottavo secolo a.C. e mangiare qualche piatto tipico della sua celebre cucina, in uno dei ristoranti locali, come il Ciclope o il Ristorante del Corso: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Prof. Enrico Ferri Docente di Filosofia del diritto Università Niccolò Cusano
cultura sul web
Lega Nerd, una famiglia di “brutte persone” Fumetti, videogiochi, cinema. Tre mondi che ormai interagiscono strettamente tra loro formando quell’universo Nerd rappresentato con grande attenzione e professionalità dal portale Lega Nerd. Gabriella Giliberti, redattrice di Lega Nerd, è stata ospite di Giochi a Fumetti negli studi di Radio Cusano Campus.
Gabriella Giliberti, fra gli autori del portale Lega Nerd
Come nasce Lega Nerd e di che si occupa? «Lega Nerd è il ritrovo per tutti i nerd; e non solo perché negli anni è cresciuto tantissimo e ci occupiamo veramente di tutto. Il progetto ideato da Antonio Moro nasce come un portale scritto da tutti, negli anni si è poi evoluto e raffinato e oggi ha i suoi autori principali. Ognuno può essere Nerd a modo suo: non devo giocare ventiquattro
caso. Avevo una ore al giorno ai videogiochi per es- Gabriella Giliberti recensione su serlo. Ognuno ha Terminator Geil suo campo e la si occupa di cinema nesis e il mio ragazzo mi ha consua sfera di inte- sul portale: «Che resse. La mia ad bello il Jeeg Robot sigliato di provare esempio è il ci- di Mainetti» a pubblicarla su nema. Tutti posLega Nerd. Ho sono provare a scritto, e il giorno dopo la ritroscrivere per Lega Nerd, se il contenuto è ritenuto va- vo non solo pubblicata, ma vengo lido può essere pubblicato». contattata per scrivere in modo più continuativo sul portale. Per me Chi è Gabriella Giliberti? Lega Nerd è una grande famiglia «Una donna che ha fatto delle sue di “brutte persone”». passioni un mestiere. Il cinema è la mia passione, è un mondo mol- I confini tra fumetti, videogioto difficile. Soprattutto qui in Italia chi e cinema negli ultimi anni è difficile emergere. Lo stesso vale si stanno assottigliando: che ne per la critica e per il giornalismo ci- pensi di questa interazione tra nematografico. Serve pratica, ser- media? ve esperienza. Ero una lettrice di «Sono tre mondi che si compleLega Nerd e ci sono arrivata per tano. Oggi è tutto trans mediale, i
progetti sono creati spesso già con l’idea più ampia di trasferirli su un altro medium. Alcuni esempi? Il cinema che si avvicina al videogioco come Hardcore o il progetto di Kirkman con The walking dead e Outcast. è una bella novità, l’interazione tra i media è fondamentale». Supereroi al cinema. Quali i più riusciti degli ultimi mesi? «Batman vs Superman è quasi biblico, molto scenico ma la sceneggiatura è troppo superficiale. Il mio vero supereroe è Enzo Ceccotti. Sono rimasta folgorata da “Lo chiamavano Jeeg Robot”. è la dimostrazione che si può credere in un cinema fresco, giovane, diverso, un modo totalmente differente di pensare il legame tra il mondo del fumetto e quello del grande scher-
mo. è un tassello in più e importantissimo nella storia del nostro cinema. Scritto e realizzato bene da Mainetti, e recitato meglio. Tra Marinelli e Santamaria non saprei scegliere. Il male ha comunque un fascino particolare. Marinelli salta subito all’occhio: glam-rock, strizza l’occhio ai nostri anni 80, è un “villain” perfetto e difficile da trovare, anche nel cinema americano. Il male rappresentato al cinema o nei fumetti è senza dubbio affascinante, ma solo se ben costruito. Ad esempio amiamo il Joker perché vogliamo che non finisca mai la sua battaglia con Batman. Scegliamo il male, perché se non ci fosse il male non ci sarebbe il bene. I cattivi rappresentati sullo schermo o nei fumetti hanno fascino proprio per questo». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 3 maggio 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
La cusano racconta la serie d
bosnia, il calcio è senza limiti
il punto del girone h
Virtus Francavilla per la Lega Pro basta solo un punto
Il progetto “Football No Limits” coinvolgerà 800 ragazzi nel paese promuovendo gli aspetti educativi dello sport mat di promozione del gioco del calcio da poter replicare in altre zone d’Europa disagiate e spesso dimenticate, cercando così di contribuire alla loro riqualifica. Non è un caso che sia stata scelta proprio la Bosnia Erzegovina. L’Ipsia è attiva su questo territorio dal 1997, attraverso progetti di sostegno alla ricostruzione del paese, cooperazione decentrata, animazione giovanile, volontariato, turismo responsabile. Insomma, è già stata maturata una lunga esperienza, ma non basta.
Dal 15 al 25 luglio interesserà alcune delle zone che sono state più colpite dalla guerra Ideato e organizzato dall’Ipsia, con l’aiuto della diplomazia italiana, prevede cinque tappe Cinque tappe evento per superare le barriere culturali in una delle nazioni più problematiche del pianeta. Un progetto ambizioso, difficile e pericoloso, al quale gli ideatori hanno dato un nome ben preciso: “Football no Limits”. Ed è proprio questo l’obiettivo dell’Ipsia, l’Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli, ovvero infrangere le barriere con lo sport, un mezzo universale di comunicazione e condivisione. In Bosnia-Erzegovina, regione martoriata dalle divisioni interne alla popolazione per problemi di classe, religione ed etnia, l’Ipsia non andrà a caccia del nuovo Miralem Pjanic. Dal 15 al 25 luglio, per un totale di cinque tappe evento, 21 volontari coinvolgeranno circa 800 ragazzi in attività legate al calcio e mini tornei. L’intervento avverrà nelle zone più difficili della Bosnia: Sarajevo, Mostar, Banja Luka, Tuzla e Bosanska Krupa, sfruttando l’onda lunga della fase finale degli Europei in programma in Francia, per una maggiore risonanza dell’intervento. Il campus itinerante prevede una giornata di attività di propedeutica al calcio e micro tornei, con l’ausilio di strutture e materiale sportivo di facile montaggio e trasportabilità. Le attività saranno condotte da educatori sportivi italiani, qualificati educatori sportivi bosniaci, già coinvolti in passato nelle attività sportive promosI LUOGHI.
L’APPELLO. Per dare effettiva-
se da Ipsia, e con il supporto delle realtà sportive locali. Promotori istituzionali dell’iniziativa saranno la rappresentanza diplomatica italiana in Bosnia-Erzegovina, oltre alle federazioni sportive calcistiche italiane e bosniache. FINALITÀ. Nello
specifico, l’Ipsia intende veicolare la cultura sportiva attraverso il gioco del calcio promuovendo il suo aspetto sociale ed educativo, sostenendo il lavoro di piccole realtà sportive locali, già esistenti, e fornendo un supporto formativo e competente. Inoltre, si creerà un for-
unicusanofondi
Allievi, passo da giganti Due partite, due vittorie. È andata nel migliore dei modi la giornata agonistica del settore giovanile firmato UnicusanoFondi, che nel penultimo turno agonistico si regala una doppia affermazione. Hanno iniziato i Giovanissimi regionali, che hanno salutato con un successo di misura la loro ultima partita casalinga. Il team di Simone Mazzarella si è regalato un 2-1 a spese del Calcio Sezze che vale la conferma nella fascia medio alta della classifica, in attesa di chiudere il proprio campionato domenica prossima in trasferta. Hanno proseguito gli Allievi, vincitori all’inglese sul campo della Don Bosco Gaeta, a confermare un dominio a dir poco indiscutibile (19 successi e un pari su 20 partite) e che ora, nelle ultime due sfide da giocare in casa, proveranno a mettere la ciliegina sulla torta.
mente vita a questo progetto servono soldi. Finora, oltre a Calcioshop (promotore del progetto) ed altre aziende, mancano ancora 5 mila euro all’appello per rendere questo viaggio fattibile (per informazioni scrivere a info@ footballnolimits.org). L’impresa non è facile, specialmente in un periodo di crisi come questo. Ma certi territori turbolenti come la Bosnia-Erzegovina sono più vicini di quanto non si possa credere. Migliorare direttamente lì la vita delle persone, specialmente dei più giovani, rappresenta un vero e proprio investimento per le nuove generazioni, che potranno trovare risorse e conoscenze grazie allo sport più bello del mondo. © Copyright Università Niccolò Cusano
L’undici della Virtus Francavilla a un passo dalla vittoria del Girone H
Per l’ultimo posto valido per i play off il Pomigliano insidia l’UnicusanoFondi Salvo il Serpentara Un punto per la Lega Pro (Virtus Francavilla), un punto per i play off (UnicusanoFondi), tre squadre già certe del declassamento e tante altre situazioni ancora ingarbugliate da definire, sia per i play off che per la lotta salvezza: non c’è che dire, il Girone H prometteva di mantenere desta l’attenzione sino al termine e vi è pienamente riuscito, tant’è che i novanta minuti condenseranno tante emozioni, e tensioni da vivere. PLAY OFF. Quelle della capo-
lista, ormai a un passo dal salto tra i professionisti e
pronto a festeggiare domenica in casa con l’Isola Liri una delle pericolanti - quelle degli universitari, chiamati a non sbagliare in casa contro il Nardò, a sua volta ancora alla rincorsa del secondo posto, per mettere al sicuro il passaggio alla seconda fase da disputarsi dopo la finale di Coppa Italia di Serie D. Quelle del Pomigliano, avversario dei fondani, che vorrà provare sino all’ultimo ad agguantare la quinta posizione, fermo restando che dovrà prima di tutto battere il Potenza che non può perdere e poi puntare sul successo del Manfredonia contro un Aprilia peraltro già retrocesso e con la testa a quello che sarà il futuro. Quelle di Francavilla in Sinni e Taranto, di fronte in una supersfida che vale tantissimo e che darà ancor più spessore a quest’ultimo turno, specie perché - in vista dei play off - appare quanto
mai importante garantirsi la miglior posizione in graduatoria e poter così giocare in casa almeno la prima sfida. SALVEZZA. Ma le tensioni vere saranno certamente quelle di chi si gioca la permanenza in categoria; anche questa volta sarà grande groviglio, con otto formazioni che sono tra coloro che sono sospesi. Solamente il Serpentara è certo della propria sorte, sapendo di dover partecipare ai play out e in attesa di conoscere l’avversario con il quale andare a caccia della salvezza. Le altre sono ancora in apprensione, chi più chi meno. Ma se il Marcianise, attualmente ottavo della classifica con 45 punti all’attivo, ha dovuto attendere solo la penultima giornata per approdare all’agognata salvezza, allora vuol dire che è stato davvero un campionato complicato. © Copyright Università Niccolò Cusano
allievi provinciali
giovanissimi regionali
CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 58 Monte San Biagio 45 Don Bosco Gaeta 44 SS. Cosma e Damiano 43 Formia 1905 36 Vigor Gaeta 36 Mondo Calcio Formia 33 Virtus Lenola 20 Don Bosco Formia 18 Insieme Ausonia 9 Briganti Itri 4 A.V. Scauri 3
CLASSIFICA Pt La Selcetta 64 Aprilia 62 Albalonga 61 Sermoneta 59 Pomezia 47 Virtus Nettuno 43 UnicusanoFondi 42 Podgora 41 Anzio 30 Calcio Sezze 28 Unipomezia 23 Agora 22 Pontinia 20 Sabotino 12 Don Bosco Gaeta 10 Priverno Calcio -