UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK martedì 7 giugno 2016 www.corrieredellosport.it
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Disabilità Università Quattro supereroi Studenti italiani contro gli stereotipi ecco l’identikit > A PAGINA III
Diabete Sensibilizzare grazie al nuoto
> A PAGINA IV
> A PAGINA V
il punto
Tra cose e persone
> L’impegno di Silver (e di Lupo Alberto) per l’Associazione volontari italiani sangue: «Favorire il senso civico è un dovere sociale, anche per i fumetti»
Silver
dona
coi lupi
In soli dieci anni una piccola comunità di donne è stata sterminata: 1740 donne sono state uccise in Italia per mano di uomini violenti, e Sara è l’ultima delle 55 vittime di femminicidio dall’inizio del 2016. E così il 2 giugno, nel giorno dei festeggiamenti della Repubblica, il ricordo dell’emancipazione femminile con la conquista del voto si è tinto di rosso: il colore del flash mob contro la violenza sulle donne che ha inondato i terrazzi delle città e i social network. Secondo i dati dell’Eures il movente “passionale o del possesso” è quello più ricorrente negli omicidi di genere, innescato da un diabolico meccanismo primitivo: «Tu sei solo mia, non puoi lasciarmi, quindi io ti uccido». Proprio per contrastare il femminicidio, dal 2013, la legge italiana prevede nuove aggravanti e misure a tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica, sicché sono quadruplicati gli ammonimenti e gli allontanamenti di uomini violenti, con una conseguente diminuzione - apprezzabile secondo il rapporto del Ministero dell’Interno - delle minacce nei confronti delle donne, degli atti persecutori, e delle violenze sessuali. Bene, ma c’è poco di cui essere entusiasti. Le 11 vittime che si contano ogni mese dimostrano che questo non basta. C’è chi ha proposto di modificare il codice penale introducendo per questo tipo di reati un’aggravante e la pena dell’ergastolo; anche se difficilmente sarà il timore della sanzione a disarmare la mano di un uomo incapace di accettare la libera scelta di una donna. Se sempre più spesso la frustrazione maschile si trasforma in un atto di violenza sulle donne è chiaro che il problema non è del singolo omicida, ma coinvolge anche l’aspetto sociale. Sicché un intervento a livello normativo deve essere coniugato con una trasformazione di carattere culturale che parta da lontano, che quindi muova anche da una più corretta educazione all’affettività. A riguardo l’art. 14 della Convenzione di Istanbul, a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza, già prevede di favorire nuovi programmi educativi che introducano - nelle scuole di ogni ordine e grado - l’insegnamento delle tematiche riguardanti la parità tra i sessi, il reciproco rispetto, la lotta a ogni violenza basata sul genere, e il diritto all’integrità personale. Di certo c’è una regola che occorre insegnare prima di tutte: il possesso riguarda soltanto le cose, mai le persone. Anna Pirozzoli Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico e Preside della Facoltà di Scienze politiche Università Niccolò Cusano
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special olympics
A bari
L’autonomia conquistata sulla pista di atletica
Picnic Sportivo alimentazione e attività fisica all’aria aperta
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II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 7 giugno 2016
speciale fumetti
donazione
le strisce
Il 14 giugno la Giornata mondiale
Sulla cresta dell’onda da 42 anni
Da dodici anni il 14 giugno è la Giornata mondiale del donatore di sangue, come proclamato dalla Organizzazione mondiale della sanità. In Italia l’Avis organizza diversi eventi, consultabili sul sito ufficiale avis.it.
Nel 1974 Silver crea Lupo Alberto e comincia la saga della fattoria McKenzie. Del mensile Lupo Alberto sono stati pubblicati oltre 300 numeri: il Lupo è diventato anche un cartone animato in tv, diversi videogiochi e linee di cartoleria.
SILVER e LUPO ALBERTO dono e integrazione un fumetto “sociale”
«Il personaggio che ho creato inevitabilmente mi rappresenta: per lui promuovere il senso civico e la solidarietà è un dovere» “Ehilà Beppe!”: così Enrico la Talpa, in decine di strisce, salutava Lupo Alberto, dimenticando sempre il suo vero nome. Un saluto che è diventato un tormentone per generazioni di divoratori di fumetti, da oltre 40 anni: da quando Guido Silvestri, in arte Silver, pubblicò nel 1974 le prime vignette sulle pagine del Corriere dei Ragazzi. Negli anni Lupo Alberto è diventato il fumetto italiano più noto, capace di usare un linguaggio trasversale, mai volgare, in grado di unire molte fasce di età grazie ai diversi livelli di lettura che le strisce propongono. Alla base c’è una dose di ironia ereditata da meccanismi comici tipici del cinema, con uno spunto di riflessione costante soprattutto sulla vita della comunità (la fattoria, in questo caso). Un linguaggio così, pensò l’Avis (Associazione Volontari Italiani Sangue) cinque anni fa, è perfetto per parlare a tutti e promuovere la cultura della donazione del sangue. Silver realizzò un gradevole opuscolo che fondeva quesiti, vignette e informazioni utili (dal titolo “Basta tanto così”), legando la figura del più noto Lupo italiano alla promozione della donazione (in generale) del sangue (in particolare). Sono passati cinque anni, e Silver sostiene ancora questa giusta causa.
sionista e altre che amo fare da cittadino. Mi piace perciò prestare qualcosa di mio per sostenere un’iniziativa e dare concretezza a un’idea. Ripeto, è qualcosa che faccio in modo del tutto personale: non potendo mettere la mia faccia, che in pochi conoscono, ho dato spazio al Lupo». Lupo Alberto è stato testimonial di altre iniziative, dalla promozione dell’uso del preservativo alla narcolessia. Il suo personaggio è nato con una vocazione sociale o l’ha scoperta con il tempo? «Ho dei valori personali e il personaggio che ho creato inevitabilmente mi rappresenta. E voglio che lo faccia soprattutto in queste convinzioni di senso civico, come le battaglie legate al divorzio, all’aborto o di recente alle coppie di fatto». È un fumetto politico? «Direi sociale. Non giudico comunque chi non fa altrettanto: sono scelte individuali e vanno rispettate».
Vivere in comunità «Nella mia fattoria ci sono animali che parlano lingue diverse, ma trovano il loro equilibrio»
Donazione vuol dire solidarietà: uno spirito molto presente nella Fattoria. Tra i suoi personaggi che
cose che faccio da profes-
comics&science
Una graphic novel per informare sui vaccini programma “Genetica Oggi” su Radio Cusano Campus, la Radio dell’Università Niccolò Cusano. Claudia, come è nata l’idea di coniugare scienza e fumetto? «Sono stata contattata dalla redazione di Graphic News perché volevano che facessi luce su queste fobie da vaccini che circolavano in rete, soprattutto perché in ottobre era appena morta una bambina di Bologna a causa di pertosse. Mi sono dunque informata per capire me-
Un’attualità sorprendente: la Fattoria come esempio di integrazione? «Ci sono animali che parlano lingue diverse, hanno abitudini diverse, vivono in habitat diversi. Eppure vanno d’accordo: c’è una varietà umana che rispecchia la società». Lupo Alberto ha sempre demolito la retorica: il buonismo fine a se stesso non è mai presente, mentre spiccano il senso della realtà e la voglia di andare oltre gli stereotipi. Ritrova questa necessità nell’opera di promozione della donazione del sangue? «Di donatori di sangue ne conosco parecchi. Uno di questi è mio figlio. Non c’è nessuno che si vanta di farlo o lo racconta come gesto di generosità. Lo ritengono un
Guido Silvestri, in arte Silver
dovere sociale. Esattamente come io ritengo un dovere sociale del mio personaggio sposare cause come questa». Lo sport è spesso presente nelle strisce. Che sportivo è il Lupo? «Uno sportivo leale, che ogni sera si batte con il cane Mosè, pur sapendo che probabilmente soccomberà per via della sua potenza fisica. Ma lo fa sempre con spirito sportivo: ha un suo traguardo da raggiungere e lo insegue con lealtà». Si respira uno spirito rug-
«Conosco parecchi donatori di sangue, nessuno di loro si vanta della sua generosità»
Sport e valori «Le battaglie con il cane Mosè Cosa la ha convinta a consono sempre tinuare? «Lo ritengo un dovere, sen- accompagnate za alcuna retorica. Ci sono dalla lealtà»
Utilizzare il linguaggio del fumetto per fare chiarezza su alcune delle principali preoccupazioni che animano l’attuale dibattito sul tema delle vaccinazioni, usando il rigore scientifico ma con un tono leggero. Nasce così “Vaccinofobia”, una graphic novel pubblicata sul sito GraphicNews.com e pubblicato in questi giorni in edizione cartacea sul nuovo numero di Comics&Science, edito dal Cnr. Ne ha parlato l’autrice Claudia Flandoli, fumettista, illustratrice e biologa, intervenuta durante la diretta del
tipo di legame di solidarietà esiste? «Vivono nella comunità nella quale viviamo anche noi, che lo si voglia o no. E sono in costante ricerca di equilibrio, ciò che serve a favorire la convivenza. Questo riguarda ovviamente chi ha anche nature diverse. E penso che sia rappresentato bene».
glio che tipo di informazioni stavano circolando in rete. Il fumetto può andare a spiegare in modo più semplice alcuni concetti e arrivare così a più persone. C’è però bisogno anche dell’informazione istituzionale con relativi studi e fonti. L’idea, comunque, mia e della redazione di Graphic News, era di aiutare le persone che ancora avevano dei dubbi riguardo i vaccini, permettere a queste di informarsi a riguardo. E l’ironia può aiutare a coinvolgere di più il lettore: ho fatto diversi lavori a fumetti in re-
lazione a temi riguardanti la salute, tra i quali, ultimamente, un progetto sul tema della dislessia, un altro sulle differenze anatomiche del cervello fra uomini e donne basandomi sui risultati di un lavoro scientifico. Quindi continuo a muovermi in questo campo». Attualmente abiti a Londra. In Inghilterra, qual è l’atteggiamento rispetto ai vaccini? «Credo che il problema dello scetticismo nei confronti dei vaccini sia globale. Ho fatto da illustratrice per una
rivista pubblicata qui in Inghilterra dove si parlava delle stesse paure. Emergevano gli stessi problemi e il mondo scientifico inglese si stava appunto interrogando su come impostare la comunicazione per affrontare questi temi». La scuola francese e quella italiana sono le maggiori quando parliamo di fumetto. Ma ancora nel nostro paese c’è la percezione che sia solo qualcosa a uso
bistico nella Fattoria: inseguimenti e botte, ma non mancano le strisce in cui Alberto e Mosè convivono serenamente, anche insieme agli altri animali. «Esatto, non a caso Lupo Alberto è stato main sponsor dell’ottava edizione di un torneo di rugby giovanile (bambini fino ai 12 anni, ndr) che si è svolto in Val Seriana. Nel rugby ci sono proprio questi valori: lealtà, correttezza, assenza di divismo. Il terzo tempo è la sublimazione di questi valori». Quarantadue anni di successi: cosa c’è nel futuro del Lupo? «Conto molto sui miei giovani collaboratori, che portano iniezioni di vitalità con le loro idee. Non vuol dire che io mi senta già pronto a lasciare, ma piuttosto che sono fiducioso in un futuro sempre vitale e attento a ciò che succede intorno». © Copyright Università Niccolò Cusano
e consumo dei bambini. In Inghilterra com’è la situazione? «È vero, anche se in Italia Zerocalcare sta facendo capire che il fumetto può essere molto di più di un prodotto esclusivo per l’infanzia. Non scrivo quasi mai per lettori inglesi ma principalmente per quelli italiani, quindi il mio sguardo su questo è parziale, e posso solo raccontare la mia esperienza di lettrice. A tal proposito, secondo me ci sono buoni autori come Luke Pearson, Jon Mc Naught, Gemma Correll, per dirne solo alcuni, e case editrici come la Nobrow che fanno cose bellissime». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 7 giugno 2016
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
speciale fumetti
Four Energy Heroes Nati per cambiare il mondo Arrivano i supereroi con disabilità dell’Accademia “L’Arte nel Cuore” «Speriamo diventi un cartone animato per combattere gli stereotipi» Daniela Alleruzzo spiega l’iniziativa: «Grazie alle loro capacità vogliono aiutare i deboli» Nati per cambiare il mondo. Milko, Pietro, Teresina e Marietta sono amici per la pelle, con un forte senso della giustizia. Spigliati, coraggiosi, intraprendenti, il loro unico cruccio è non fare abbastanza per gli altri, per i deboli e gli emarginati. Sono i “Four Energy Heroes”, protagonisti del primo fumetto italiano interpretato da ragazzi disabili. L’obiettivo di questa iniziativa editoriale è rappresentare la disabilità come valore aggiunto e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’integrazione. Prodotto dalla Onlus “L’Arte nel Cuore”, il fumetto viene da un’idea della sua presidente, Daniela Alleruzzo, che ne ha spiegato la genesi ai microfoni di Radio Cusano Campus nel corso del format «Giochi a Fumetti». «Il progetto nasce perché vuole rappresentare la disabilità come valore aggiunto e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’integrazione e dell’inclusione sociale – racconta – I quattro supereroi, grazie alle loro capacità, vogliono aiutare i più deboli. Il fumetto per noi è stato il modo più intelligente per raggiungere un pubblico vasto e cercare di abbattere le barriere che ci sono in Italia. Lo scopo è quello di far capire cha la disabilità è un valore aggiun-
to. Siamo in cerca di un editore per fare uscire il fumetto dall’Accademia – aggiunge Alleruzzo – Vogliamo che diventi un cartone animato, in modo da poterlo diffondere il più possibile».
in cui affrontano la quotidianità. Proprio da qui nasce l’idea di Four Energy Heroes. Loro sono già dei supereroi per me, al di là della finzione narrativa; abbiamo pensato i personaggi insieme a loro e cercato di raccontare quello che sono davvero». Four Energy Heroes è stato illustrato da Vincenzo Lomanto, giovane diplomato all’Accademia di Comics di Roma, e realizzato con la supervisione dello scrittore e sceneggiatore Luigi Spagnol in collaborazione con Valeria Antonucci, allieva dell’Accademia e affetta da sindrome di Asperger. Il numero zero è già scaricabile gratuitamente dal sito www.fourenergyheroes.it
P er s on agg i.
Chi sono i Four Energy Heroes? Milko è sordo, Pietro è costretto a vivere su una sedia a ro t e l l e, Te resina si sente prigioniera del suo corpo, mentre Marietta ha paura di affrontare gli ostacoli della vita. Scoprono di avere superpoteri con i quali aiutare gli altri e migliorare il mondo. I protagonisti del fumetto sono ispirati a quattro ragazzi in carne e ossa, allievi dell’accademia “L’Arte nel Cuore”, primo progetto mondiale di formazione artistica integrata per disabili e normodotati. «Ci siamo ispirati a loro perché questi ragazzi hanno realmente tanta forza di volontà e voglia di aiutare il prossimo nonostante le loro difficoltà – ha raccontato Daniela Alleruzzo – Sono riusciti a raggiungere un livello importante dal punto di vista artistico nella nostra accademia. Conosciamo bene la loro vita e il modo
© Copyright Università Niccolò Cusano
CHI SONO
Le identità degli allievi che ispirano le vignette Le storie di Ajay, Tiziano, Emanuela e Anika «Dove c’è talento, non esistono barriere» Cerchiamo di conoscere ancora meglio le vere identità dei Four Energy Heroes. Ajay ha 23 anni, di origini indiane, sordo neuro-sensoriale di tipo trasmissivo. Un diploma come perito agrario e una forte propensione verso il ballo. Nel 2008 inizia a studiare danza presso “L’Arte nel Cuore”, che integra poi con la recitazione e il canto per diventare un professionista a tutto tondo. I suoi hobby preferiti sono il cinema e la lettura. Nel fumetto, nei panni di Milko, riesce a captare per primo le richieste di aiuto grazie al suo super udito. Tiziano, 26 anni, romano, è sulla sedia a rotelle. Diplomatosi al liceo artistico, dal 2009
frequenta i corsi di recitazione e canto all’accademia “L’Arte nel Cuore”. Tifoso della Roma, ama leggere e ascoltare musica. Nel fumetto è Pietro ed è dotato di una super velocità che lo fa sfrecciare da una parte all’altra del mondo. Emanuela, 29 anni, romana, con la sindrome di down e una passione per la recitazione coltivata sin da piccola. Partecipa a diversi laboratori teatrali fino ad approdare, nel 2011, all’accademia “L’Arte nel Cuore”, dove studia recitazione e danza. Interprete di diversi ruoli al cinema e al teatro, spazia dal musical alla commedia italiana. Nelle vignette diventa Teresina, capace di una forza e di un’energia incredibili. Infine c’è Anika, 17 anni, romana, normodotata. Frequenta con successo l’istituto tecnico agrario ma il suo sogno nel cassetto è lavorare in un musical. Nel fumetto è Marietta e il suo potere è quello di poter leggere nel pensiero. Daniela Alleruzzo ha spiegato anche il perché
della scelta del linguaggio del fumetto. «È un ottimo strumento per sensibilizzare e soprattutto abbattere le barriere del pregiudizio. È proprio per questo che ci siamo mossi. È la nostra prima esperienza in questo ambito ma l’abbiamo pensato perché è un linguaggio trasversale che appassiona tutti e a tutte le età». L’obiettivo è portare l’esperienza di Four Energy Heroes anche nelle scuole, magari con la collaborazione del ministero dell’Istruzione, per veicolare il messaggio di solidarietà anche ai più giovani e diffondere la cultura del rispetto e dell’amicizia al di là di ogni diversità: «Il nostro sogno è che dai personaggi inventati si passi alle persone reali e che l’integrazione dal fumetto arrivi anche nella realtà». «Dove c’è talento, non esistono barriere!» recita il motto dell’Accademia promotrice del progetto, ed effettivamente sarà difficile riuscire a fermare i Four Energy Heroes. © Copyright Università Niccolò Cusano
disabilità
Sport, un diritto basato sull’accessibilità delle strutture L’abbattimento degli ostacoli è stato sancito dalla Convenzione Onu del 2006 Riceviamo e volentieri pubblichiamo un altro contributo del professor Rafael de Asis, che insegna Filosofia del diritto all’Università di Madrid ed è uno dei maggiori esperti sulle questioni della pratica sportiva da parte dei diversamente abili. La pratica dello sport è un diritto legato al tempo libero e alla salute. Nel campo della disabilità questa pratica può diventare uno strumento per il miglioramento individuale e per l’inclusione sociale. Ma per raggiungere quest’obiettivo lo sport deve poter essere praticabile da tutti. Il diritto di praticare lo sport per le persone con disabilità, come tut-
ti i diritti, può essere misurato attraverso il metro dell’accessibilità. agibilità. L’articolo 9 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (2006) recita: «Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, gli stati firmatari devono prendere le misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità, sulla base del principio di eguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, alla comunicazione e all’informazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione e ad altre attrezzature o servizi aperti e offerti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali». Ebbene, il metro dell’accessibilità si calcola sulla base dei criteri generali adottati in fase di progettazione, delle misure scelte per favorire l’accessi-
bilità e una adeguata agibilità. Secondo la convenzione, «la progettazione (e realizzazione) di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, (deve essere fruibile) senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni di tipo specialistico». L’applicazione in ambito sportivo di questi principi comporta che i prodotti e i servizi debbano essere progettati in modo da poter essere utilizzati da tutti. GLI INTERVENTI. Per misure di
accessibilità si devono intendere gli interventi che tendono a correggere situazioni in cui il design dell’insieme per motivi diversi non è funzionale a persone con disabilità. Gli interventi per promuovere l’accessibilità sono finalizzati a convertire i prodotti, l’ambiente, i programmi, i servizi e/o i diritti in modo tale da renderli esercitabili, cioè praticabili. Un esempio
tipico di intervento per promuovere l’accessibilità è la costruzione di una rampa, in un centro sportivo di vecchia progettazione, che altrimenti sarebbe accessibile solo tramite le scale. DIRITTI. Parlando di sistema-
zione ragionevole, la Convenzione intende «le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, in base a criteri di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali». Può essere anche un’azione mirata per ottenere l’accessibilità nei casi in cui né gli interventi di progettazione generale né le misure di accessibilità siano stati sviluppati in modo adeguato. Un esempio in campo sportivo può essere la realizzazione di una particolare manipola-
zione di un’apparecchiatura per renderla accessibile a una persona con un deficit specifico che non sia stato preso in considerazione quando l’apparecchio fu costruito. Garantire il requisito di accessibilità non è un obbligo derivante da un sentimento di solidarietà, ma è parte del diritto, soprattutto del diritto di non essere discriminati. Per questo motivo la scusa dei costi economici per giustificare la violazione di questo diritto perde forza. Nello sport, l’accessibilità ha un significato che va al di là della specifica dimensione sportiva. Essa comporta la distruzione di altre barriere, sia fisiche che attitudinali, con proiezioni che vanno ben oltre l’ambito dello sport. Prof. Rafael de Asis, Università Carlo III, Madrid Traduzione dal castigliano del prof. Enrico Ferri
Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@ unicusano.it
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 7 giugno 2016
università
SPECIALE - sesta parte
La scelta «La maggior parte arriva dalla scuola superiore ma c’è anche chi tenta una nuova strada»
Obiettivi «Il tratto comune è la ricerca di una buona posizione sul mercato del lavoro»
Genere «C’è parità nelle immatricolazioni con un leggero vantaggio per quelle femminili»
Esigenze «Chi punta alla laurea si aspetta un supporto a 360 gradi in tutti i servizi»
Continuiamo le nostre conversazioni sul mondo dell’università con il professor Enrico Ferri, docente di Filosofia del diritto e Storia dei Paesi islamici all’Università Niccolò Cusano. In quest’occasione parleremo della realtà sulla quale la stessa università si fonda: gli studenti.
giungere in tempi brevi i suoi obiettivi».
Professore, è possibile definire gli studenti universitari come una categoria unitaria? In altri termini, chi sono gli studenti universitari e in che modo si possono classificare? «Si potrebbe rispondere che lo studente universitario è colui che si iscrive all’università, ma se volessimo definire chi sono quelli che si iscrivono all’università e in che modo la frequentano scopriremmo una serie di categorie differenziate, difficili da classificare».
chi sono Gli studenti universitari italiani
Proviamo a fare un elenco di massima, in base all’età e al sesso, per iniziare. «La maggioranza degli studenti universitari è costituita da giovani che si iscrivono a un corso triennale o magistrale di cinque anni dopo aver finito le scuole medie superiori. Esiste però una parte considerevole della popolazione universitaria composta da persone di età differenziate, che per motivi diversi si iscrivono all’università. Ovviamente le percentuali sono assai diverse».
Il professor Ferri della Cusano esamina l’eterogeneità degli iscritti «Ma tutti vogliono essere ascoltati e seguiti nella formazione»
Quali sono? «I dati del Ministero della Università e della Ricerca indicano che circa un quarto degli iscritti all’università in Italia è costituito da persone di età e condizione diverse da quelle del ragazzo che ha terminato le medie superiori. Sono persone che lavorano, che riprendono gli studi interrotti da anni, persone che hanno già una laurea e che decidono di prenderne
Ma un giovane, o meno giovane che sia, quando si iscrive all’università che cosa vuole, che cosa si aspetta e quali sono le sue priorità? «Chi si iscrive a un corso universitario innanzitutto si aspetta di poterlo fare a costi ragionevoli; in secondo luogo, che l’università gli offra degli insegnanti disponibili e qualificati e una struttura funzionale che lo aiuti a rag-
un’altra per riqualificarsi, che ambiscono a un diploma di laurea per motivi di carriera o semplicemente per curiosità, per migliorare la propria cultura e la capacità di interagire con la realtà in cui vivono. Possono essere, ad esempio, persone che hanno perduto il posto di lavoro e cercano di acquisire un titolo di studio che le renda più competitive nel mercato del lavoro, che permetta loro di reinserirsi in tale realtà». Esistono però anche altri tipi di frequentanti, ad esempio studenti che non hanno la cittadinanza italiana. Senza poi considerare l’emisfero femminile che ha una valenza equivalente a quella maschile.
Il Campus dell’Università Niccolò Cusano in via Don Carlo Gnocchi 3 a Roma
«In Italia ci sono oltre cinque milioni di immigrati che non hanno ancora la cittadinanza italiana. Centinaia di migliaia di ragazzi iscritti all’università non sono cittadini italia-
ni, anche se da anni vivono in Italia. Fino a qualche decennio fa, le donne iscritte all’università erano una minoranza rispetto agli uomini. Oggi si equivalgono, anzi le don-
ne sono leggermente in eccedenza rispetto ai maschi». Una volta chiarite queste differenze di età, sesso e condizioni sociali, possia-
mo definire qualche essenziale elemento che accomuna la categoria degli studenti universitari? «Con una battuta del grande comico Totò, potremmo dire che lo studente universitario è “colui che si vuole prendere una Laura”, cioè chi vuole ottenere un diploma di laurea, una qualificazione di tipo superiore, in prima istanza per avere un titolo da spendere sul mercato del lavoro, per trovare un’occupazione qualificata e ben remunerata. Per fortuna, molti avvertono anche l’esigenza di migliorare la propria formazione e accrescere la propria cultura di base, di diventare persone più colte, competenti e coscienti. La cultura è un patrimonio che nessuno ci può
rubare, un bene che una volta acquisito non potremo mai perdere. Per fortuna molte persone sono coscienti che la formazione culturale non è qualcosa che abbiamo, ma diventa parte di noi stessi, parte della nostra personalità: diventa ciò che siamo».
Cosa intende per struttura funzionale? «Deve tener presente che, soprattutto, le persone che studiano e frequentano l’università a tempo pieno non chiedono al loro ateneo solo aule, banchi, lezioni ed esami, ma una serie di servizi e strutture che li aiutino non solo a studiare, ma a vivere nel migliore dei modi: mense, abitazioni, traporti, biblioteche, spazi per il tempo libero. Ancora oggi, molte di queste strutture essenziali nel percorso universitario si pensi ad esempio al problema dell’alloggio - sono in gran parte considerate problemi privati dello studente e della sua famiglia». Lo studente si aspetta anche di trovare una struttura universitaria duttile, capace di adeguarsi alle sue esigenze? «Una buona università non è soltanto quella che ha buoni docenti e offre buoni servizi, ma è anche e soprattutto capace di accompagnare e sostenere i suoi studenti nei diversi momenti del loro percorso di studi, soprattutto nei momenti di difficoltà, nei periodi di crisi, a volte determinati anche da fattori esterni all’università stessa». Per concludere, professore potrebbe definire con una battuta che cosa lo studente si aspetta e vuole dall’università? «Lo studente vuole essere ascoltato, seguito e accompagnato nel suo percorso, vuole disponibilità dalla struttura accademica in tutte le sue componenti, vuole essere supportato nei momenti di difficoltà. Si aspetta docenti che sappiano insegnare allo studente e ascoltare la persona, che sono la stessa cosa». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 7 giugno 2016
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
sport, ricerca E CULTURA
le onde della vita si affrontano così La brindisina Monica Priore sfida il diabete nuotando «Un riscatto per me e un messaggio per tutti i malati» Da molti anni è impegnata a contrastare l’ignoranza sulla patologia «Combatto per favorire l’attività fisica e per i diritti dei bambini insulino-dipendenti» Monica Priore è una nuotatrice brindisina affetta da diabete mellito di tipo 1, cosiddetto infantile o insulino-dipendente. Nonostante una patologia cronica così importante è riuscita nel tempo a vincere oltre 40 medaglie nei circuiti Master, compiendo inoltre tre imprese individuali strabilianti: la traversata dello Stretto di Messina nel 2007, di parte del Golfo di Napoli nel 2010 e dell’Italia in 22 tappe col tour “Volando sulle onde della vita” nel 2015. Una donna impegnata da anni, con il suo esempio, a «contrastare l’ignoranza che ruota intorno a una patologia tanto importante». Lei stessa ne ha parla-
Monica Priore
Monica Priore durante l’attraversamento dello Stretto di Messina nel 2007
La nuotatrice brindisina in azione Marco Gargiulo
to ai microfoni di Radio Cusano Campus, intervenendo nel programma “Genetica Oggi”.
ci e per far conoscere questa patologia alla collettività».
Monica, come sei riuscita a ottenere risultati così importanti? «La traversata dello stretto di Messina è arrivata dopo un periodo di disagio a causa della malattia. Ha rappre-
sentato un vero riscatto personale. Secondo i medici non potevo fare tante cose, così alla fine ho preso la situazione in mano e ho reagito con l’unico strumento che era a me consono, appunto il nuoto. Ho reagito nuotando, facendo questa traversata. Quando mi sono trovata a Reggio Calabria, mi sono resa conto di un suc-
cesso che non era solo mio ma anche di tutti i diabetici, molti dei quali erano sulla riva e mi guardavano con nei loro occhi uno sguardo di vittoria collettiva: la mia impresa era stata anche la loro. Da quel giorno, capendo che quel gesto era stato importante anche per altri, ho cominciato una battaglia per difendere i diabeti-
Anche per questo hai proposto una riforma della Legge 104? «La Legge 104 permette, ad esempio, ai genitori di figli diabetici di usufruire di tre giorni al mese di astensione dal lavoro per seguirli nelle loro visite. Sarebbe giusto
aggiornare questa legge senza sottoporre i bambini malati a numerose visite per assegnare ai genitori la 104. Se la patologia infatti viene diagnosticata è ovvio che fino a una certa età il bambino avrà bisogno del supporto dei genitori che dovranno seguirlo nella sua crescita. Per me è inutile far passare questi bambini attraverso tutti i pro-
tocolli burocratici che esistono per concedere questo diritto a norma di legge, con relativo stress e anche il rischio di una mancata concessione. Ci sarebbe bisogno di un riconoscimento d’ufficio». Tornando ai tuoi successi sportivi, nel 2015 sei stata protagonista di “Volando sulle onde della vita”.
Un vero e proprio tour di nuoto in tutta Italia. «Sì, 22 tappe, 55 giorni. Sono partita dalla Puglia e ho concluso il giro in Campania, a Sorrento. È stato un tour impegnativo sia dal punto di vista fisico che mentale ma la spinta che avevo ogni giorno per andare avanti era sapere che stavo facendo qualcosa di importante per i diabetici. In ogni tappa promuovevo l’importanza dell’attività fisica, spiegando alle persone cos’era il diabete mellito di tipo 1. Tutto questo mi ha dato la forza per andare avanti. Ho percorso circa 60 chilometri a nuoto fra mare, fiumi o laghi». © Copyright Università Niccolò Cusano
all’aria aperta
Un Picnic all’insegna dello sport Grande successo nei giorni scorsi al Campo comunale Lorusso di Conversano, in provincia di Bari, per la terza edizione “Picnic Sportivo”. La manifestazione, ideata e organizzata da Valentina Porzia con la collaborazione dell’Asd Kids Club, ha confermato il format: una giornata all’aria aperta tra sport e sana alimentazione. Il terreno di gioco ha accolto oltre 600 persone tra bambini e adulti. I partecipanti hanno trascorso il loro tempo gustando vivande e facendo sport. Tante le attività proposte, dal calcio alla pallavolo passando per il rugby, fino a sport tradizionali, quasi folkloristici, come la corsa con i sacchi. Per gli appassionati di novità, anche la lezione di Just ki dance. Di utilità sociale, il corso di auto difesa per le donne. LE NOVITÀ. La più importan-
te innovazione di questa edizione è stata il primo “Torneo
vo”, che quest’anno, tra le altre cose, ha ricevuto il riconoscimento della Fisdir, la Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva Relazionale, e del Comitato Italiano Paraolimpico. RINGRAZIAMENTI. Per una gior-
I partecipanti del Picnic Sportivo di Conversano, a Bari
Picnic Sportivo”,categoria Piccoli Amici, riservata ai ragazzi nati nel 2008 e nel 2009, con la partecipazione dell’Academy del Bari 1908. Al torneo, gestito dall’Asd Kids Club di Conversano, hanno partecipato Passpartout Aurora Bari, Wonderful Bari, Calciomania Castellana Grotte, New Football Academy Bari, Kids Club Conversano, Angiulli Bari e Pro Calcio Bari.
Una prima edizione di successo a prescindere dal risultato del campo, e in cui ogni società ha ricevuto un premio per aver partecipato al trofeo. L’obiettivo degli organizzatori del torneo, infatti, è stato promuovere lo sport dal punto di vista formativo e aggregatore, favorire la socializzazione, integrare e soprattutto divertire. Tematiche sono sempre state al centro del “Picnic Sporti-
nata, la manifestazione è riuscita a far sorridere e far dimenticare a tutti i partecipanti la frenesia del quotidiano. E tutto questo è stato possibile anche grazie alle numerose associazioni e famiglie che hanno dato fiducia all’organizzazione, credendo in questo modo nuovo di trascorrere la domenica. Ultimi, ma non certo per importanza, i ringraziamenti vanno all’amministrazione comunale, alla Regione Puglia, al Coni, alla Figc e soprattutto alle aziende che hanno supportato la manifestazione, tra le quali Coop Allenza 3.0, Panini, Mondo e Yomino. © Copyright Università Niccolò Cusano
Alimentazione
L’olio d’oliva diventa un cartoon «Essere agricoltori oggi è importante tanto quanto essere avvocati o giornalisti». Parole sante, che ogni buon padre di famiglia dovrebbe ripetere tutti i giorni come un mantra ai propri figli. Questa volta ci ha pensato Zefferino Monini, proprietario dell’azienda olivicola che fondò il nonno in Umbria nel lontano 1920, davanti a una platea di bambini arrivati alla Camera dei deputati dalle scuole di tutta Italia. L’occasione era la premiazione per il progetto di educazione alimentare incentrato su “Mo’
e la favola dell’olio Extra Vergine d’oliva”, un cartoon pensato e dedicato alle scuole d’infanzia e ai primi due anni delle primarie per insegnare in modo divertente ai più piccoli come nasce un vero olio extra vergine d’oliva e le regole base della buona alimentazione.
Zefferino Monini alla Camera
il valore della terra. «Con questa iniziativa - ha spiegato Zefferino Monini - speriamo di aver trasferito ai bambini l’amore e il valore della terra». Visibilmente emozionato di fronte alla platea, Monini ha
cercato di trasmettere ai giovani studenti il rispetto per «una pianta che da millenni ci fornisce l’opportunità per una sana alimentazione». Nonostante il luogo istituzionale e le cariche politiche presenti all’evento non c’è stato spazio per la retorica condita dalle solite frasi di circostanza. Ha prevalso la responsabilità nei confronti degli studenti e un linguaggio semplice che trasmettesse ai bambini l’amore che il proprietario dell’azienda ha per il proprio lavoro. © Copyright Università Niccolò Cusano
VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 7 giugno 2016
sport, INDUSTRIA e disabilità
di corsa verso l’integrazione
La storia di Miralem, lo Special Olympics che grazie all’atletica leggera è riuscito a conquistare autonomia Le parole del padre: «Ora ha trovato una dimensione sociale e affronta da solo le difficoltà» Dal 27 al 29 maggio, a Frascati, si è tenuta la tappa dei Play the Games Special Olympics dedicata all’atletica, e Miralem è stato uno degli atleti protagonisti. Nato 32 anni fa in Bosnia, abbandonato dalla famiglia d’origine, è arrivato in Italia nel 1991 come profugo di guerra. Qui, nel 1997, ha trovato una nuova famiglia, che lo ha adottato nonostante un ritardo cognitivo e un grave problema al colon. Marco, il padre, racconta la sua storia. UN BAMBINO INVISIBILE. La Co-
munità di Sant’Egidio, della quale faccio parte attivamente, aveva incontrato Miralem in un istituto e lo aveva accolto nella propria casa-famiglia, dandogli l’opportunità di sottoporsi a un intervento chirurgico molto complicato e delicato per poter crescere e condurre una vita come tutti. Da lì è iniziata la nostra storia con lui. Miralem era un “bambino invisibile”, perché come accade a tanti bambini africani, era privo dell’atto di nascita, bruciato nell’anagrafe di Mostar durante la guerra nella ex Jugoslavia. Ci sono voluti quasi due anni perché si potesse riformare in tribunale civile il suo atto di nascita e si potessero avere i suoi documenti. Miralem ci è apparso subito come un ragazzo fragile, ma con una gran voglia di vivere, che intuiva come nel mondo l’unica cosa che conta è volere bene e che nella debolezza non ci si può permettere di avere dei nemici.
Miralem in pista durante i Play the Games 2016 di atletica leggera a Frascati
Miralem non parlava, ma nel corso del tempo ha trovato le giuste modalità per esprimersi e farsi comprendere molto bene. In questo è molto tenace, anche nel mostrare i propri desideri e obiettivi. L’affetto che lo circonda, non solo quello della sua nuova famiglia, gli ha dato sicurezza e stabilità. È molto simpatico, entra, e ti fa entrare, in rapporti personali.
contatto con molte persone, soprattutto con chi porta una divisa (poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, ecc). I suoi amici lo chiamano “Il vero social network”, proprio per questa sua capacità di mettere in relazione le persone. Per aiutarlo a crescere, anche in altre dimensioni, ha iniziato da oltre dieci anni un laboratorio d’arte, sempre con la Comunità di Sant’Egi-
dio. Qui ha trovato tanti amici, disabili e non, con i quali ha vissuto e vive esperienze molto belle, condividendole almeno un giorno a settimana. Le opere del laboratorio sono state esposte anche al Quirinale e alla Biennale di Venezia. SPECIAL OLYMPICS. Circa due
anni fa, lo avevamo visto un po’ ingrassato e impigrito.
Così è nato l’incontro con un team Special Olympics, la Lepre e la Tartaruga, che fa parte della Cooperativa Sociale “Nuovi Orizzonti”. Ed è stato un incontro positivo. Miralem ha indicato chiaramente come la cosa gli piacesse molto, e da un giorno di allenamento è voluto passare a tre coinvolgendo anche due amici con i quali condivide l’attività in laboratorio. L’atletica ha rappresentato e rappresenta per Miralem uno strumento di crescita importante. Ha superato la visita medica per lo sport agonistico, è dimagrito e sensibilmente migliorato nei movimenti e nel coordinamento motorio così come nell’equilibrio statico e dinamico. Oggi è in grado di fare una curva in velocità, sebbene quando ha iniziato correva attraversando tutte le corsie. SPORTIVITà. Miralem, come tutti i disabili, non percepisce lo spirito competitivo dello sport in senso aggressivo. è un gioco. Le prime volte che partiva dallo starter, indicava cortesemente agli altri di partire prima di lui, come se stesse dicendo “Prego...accomodatevi!”. Anche oggi che gareggia, la sua felicità consiste nel salutare tutti gli altri alla fine della corsa: questo è molto bello. Miralem va molto volentieri alla Farnesina. È diventato amico di tutti, sente che questa dimensione sportiva gli piace, e ha molta soddisfazione nel riuscire a superare le difficoltà. Lo sport è stato anche un volano per la conquista di una sua maggiore autonomia: lo scorso anno, ha deciso di partire con il proprio gruppo sportivo, di cui sente una grande fiducia, e dormire da solo, per la prima volta, senza i propri genitori. © Copyright Università Niccolò Cusano
Oxana Corso, velocista azzurra nella T35 tra le favorite delle prossime Paralimpiadi
verso rio 2016
La freccia azzurra più veloce del vento che sfida i pregiudizi Oxana Corso prenderà parte agli Europei e alle Olimpiadi: «In pista oltre ogni limite» Il biglietto per Rio è già in tasca, e con il ricordo dei due argenti di Londra – dove è stata una grande rivelazione – le aspettative su di lei sono davvero alte. Oxana Corso è una delle migliori velociste al mondo nella categoria T35, quella che nell’atletica paralimpica indica gli sportivi con paralisi e lesioni cerebrali, e sicuramente la più duttile, visto che ha corso con successo dai 60 agli 800 metri. A fugare ogni dubbio, c’è il suo tempo sui 400 metri T35: 1’14”68, record mondiale sulla distanza. Il palmares dell’atleta delle Fiamme Gialle è ricco, con medaglie in tutte le competizioni. In Brasile sarà una delle grandi favorite nella velocità, ma prima ci sono gli Europei di Grosseto (dal 10 al 16 giugno), l’occasione giusta per scaldare i motori. OXANA SI RACCONTA. Sfruttan-
do il suo ruolo di atleta ormai di livello internazionale, Oxana è sempre più ambasciatrice del ruolo fondamentale che lo sport riveste
La Corso è stata una delle sorprese di Londra 2012
nella vita di tutte le persone, sia dal punto di vista fisico sia psicologico. «L’atletica è parte integrante della mia vita – racconta Oxana – Ogni tanto penso che non esisterei senza la mia parte “d’atleta”. O comunque sarei una persona diversa». La velocità è per lei una metafora della vita: «Andare più veloce del vento che mi affascina, è come cercare di superare i propri limiti, andare il più lontano possibile». Limiti che riesce a superare anche grazie a una gestione dell’agitazione pre-gara: «Io la provo ogni sera prima di
scendere in pista, anche se il momento in cui mi sento più sotto pressione è in gara. Lo sport, però, mi ha insegnato a cercare di sfruttare questa agitazione per andare oltre i miei limiti». A Grosseto, come sarà a Rio, l’obiettivo è sempre salire sul podio: «Una medaglia rappresenta il premio dei sacrifici, è la soddisfazione di poter dare una gioia alla propria nazione, alla propria famiglia. E un po’ anche un messaggio chiaro a tutte le persone con pregiudizi». © Copyright Università Niccolò Cusano
ricerca
Le nuove applicazioni della stampa 3D in campo medico A Exposanità ampio spazio al settore Grande attenzione per Fable, la protesi di Fabia Timaco Secondo i dati dell’International Data Corporation, in Europa Occidentale, il mercato della stampa 3D è destinato a crescere: nel 2019 la spesa toccherà i 7,2 miliardi e a trainare la crescita saranno le applicazioni in campo medicale, che nel 2019 rappresenteranno il 33% circa della spesa in stampa 3D, scalzando il manufacturing di prodotto. Il futuro della medicina e della salute è quindi sempre più 3D. Per dare voce all’eccellenza italiana dell’additive manufacturing applicato al com-
parto sanitario, a Bologna lo scorso mese si è svolta Exposanità – l’unica manifestazione in Italia dedicata al servizio della sanità e dell’assistenza – all’interno della quale è stato organizzato 3DPrint Hub, uno spazio ad hoc in cui mettere in relazione la tecnologia della stampa 3D col mondo medicale, offrendo ai professionisti la possibilità di incontrare produttori di stampanti, materiali, scanner e software 3D, oltre che aggiornarsi e formarsi sull’utilizzo di queste nuove tecnologie. LA TIMACO E FABLE. Tra i con-
vegni che si sono tenuti a Bologna all’interno della manifestazione, di particolare interesse è stato quello dal titolo “Tante voci, un unico obiettivo”. Fabia Timaco ha rac-
La mano del progetto Fable
N U O VA G I U R I S PR U D E N Z A .
contato l’incontro con Open BioMedical Initiative e l’avventura che ha portato alla realizzazione di Fable, la protesi mioelettrica, stampabile in 3D e secondo i principi dell’open source, che le ridarà la possibilità di avere una mano con cui scrivere storie per bambini.
Nell’immediato futuro saranno quindi molte le sfide che il 3Dprinting e l’additive manufacturing saranno chiamati ad affrontare in ambito medicale. Tra le più insidiose c’è sicuramente quella che riguarda la giurisprudenza. L’impiego della tecnologia di stampa 3D in ambito medicale non introduce solo un’avanzata innovazione scientifica ma compor-
ta anche un cambio di paradigma a livello giuridico, che rende necessario affrontare interrogativi riguardanti la regolamentazione dei dispositivi medi-
ci e del bioprinting, in particolar modo con riferimento alle responsabilità, alla possibilità di brevettazione e alle questioni etiche. © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 7 giugno 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
La cusano racconta la serie d
A fano il calcio Esordienti e Allievi ancora in campo è in cooperativa a caccia di successi UnicusanoFondi
Lo storico club granata ha vinto i play off del girone F Il presidente Gabellini: «Ai tifosi il 10% della società»
La rosa dell’Alma Juventus Fano, i marchigiani hanno vinto la finale dei play off del Girone F contro il Campobasso
Il numero uno dei marchigiani: «Così i sostenitori sono parte attiva nella gestione»
Sulle possibilità di ripescaggio: «Siamo alla finestra e attendiamo novità sui criteri ufficiali»
La prima pagina di storia risale al 1906, battezzata da un professore di latino del Liceo “Guido Nolfi” di Fano. Nacque così la Fanum Fortunæ, divenuta pochi anni dopo l’Alma Juventus Football Club, la prima squadra di Fano. Nella loro storia i granata hanno anche sfiorato la Serie B, caratterizzandosi con diverse stagioni tra i professionisti. Da cinque anni è il presidente Claudio Gabellini a guidare la società che, quest’anno, ha vissuto la soddisfazione di vincere i play off. «Nella stagione 2014-15 eravamo arrivati secondi, facendo una bella performance e vincendo anche i play off del girone – afferma Gabellini – Quest’anno siamo partiti con l’idea di fare un campionato di vertice. Non si possono dichiarare certi obiettivi, siamo partiti bene, stando al primo posto. Abbiamo avuto un periodo di crisi e siamo stati costretti a ricostruire l’identità della squadra dal punto
sti, invece, lievitano. Tavecchio, a oggi, non ha ancora spiegato con precisione il perché del fondo perduto». Lo scorso anno l’Alma Juventus ha rinunciato al ripescaggio: «Assolutamente, non ci abbiamo neanche pensato. L’Albinoleffe accettò e ora è retrocessa».
Claudio Gabellini, al timone del Fano da cinque anni
di vista psicologico, andando bene nella seconda parte di stagione. Abbiamo mancato l’obiettivo primario ma non possiamo certo parlare di un campionato negativo». Ora, con la vittoria dei play off, il Fano ha serie possibilità di essere ripescato in Lega Pro. Molto dipenderà dalle scelte che prenderà il Consiglio Federale di oggi, durante il quale si stabiliranno i criteri per i ripescaggi. IL “FONDO PERDUTO”. La vo-
lontà dei presidenti è chiara da sempre: abolire il fondo perduto. «Non mi piace questo metodo – riprende il presidente – Le regole vengono
fuori sempre dopo aver fatto le attività sportive. Mi aspetto accada quanto dichiarato dal presidente della Lega Pro Gravina, ovvero l’annullamento del fondo perduto e la Lega Pro a 60 squadre. La posizione di Tavecchio, che insiste invece su questa “tassa” a fondo perduto, la trovo priva di un fondamento razionale. Si vuole dimostrare che le squadre che hanno vinto i play off non hanno investito abbastanza e che quindi devono “buttare” dei soldi: è una considerazione soggettiva. Lo scarto tra il vincere un girone e arrivare secondi è molto piccolo ma i co-
I TIFOSI. I sostenitori del Fano stanno seguendo la vicenda con grande partecipazione: «Loro guardano al futuro carichi di fiducia – spiega il presidente – Ho sempre dichiarato che in caso di passaggio sportivo avrei assecondato pienamente il salto di categoria. In caso di balzelli finanziari, invece, assolutamente no». Un bel salto in avanti, a livello di ambizioni, rispetto al periodo dell’arrivo di Gabellini: «La mia nomina è nata un po’ per esigenze di carattere aziendale. La struttura societaria aveva delle difficoltà. Ho dato una mano e mi sono appassionato. Mi
sono sentito una persona interessata a questo movimento. Nonostante i comportamenti poco corretti di alcuni, alla fine sono riuscito a tenere la barra dritta. La società è solida, mentre all’inizio era fragile, e infatti retrocedemmo dalla Lega Pro. Ho ripreso in mano le redini e ora siamo ai vertici del nostro girone da due anni. La speranza è di andare ancora oltre». LA COOPERATIVA DEL CALCIO.
La città e la tifoseria meritano, per storia e tradizione, un nuovo sbarco tra i Pro: «Il tifo è molto interessante, fatto da giovani e persone molto disponibili. È un piacere vederli allo stadio. Portare avanti un campionato senza pubblico sarebbe privo di senso. Lo spettacolo, del resto, è per chi viene allo stadio. Come società abbiamo un ottimo rapporto con i tifosi e cerchiamo di migliorare sempre questi legami. Ho creato presupposti affinché i tifosi stessi entrino in società ed è stata costituita una cooperativa alla quale possono aderire. Questa ha il 10 per cento delle quote societarie e i tifosi possono portare contributi e idee per la governante». © Copyright Università Niccolò Cusano
I ragazzi di Quinto sono impegnati nella corsa al titolo provinciale, i 2003 nel campionato a 11 Siamo entrati nel mese di giugno e la stagione estiva sta gradualmente prendendo forma, eppure per il settore giovanile dell’UnicusanoFondi la parola vacanza è ancora difficile da pronunciare. Il riferimento è fatto in particolare alle due compagini del vivaio rossoblù che sono ancora in campo e che stanno onorando nella maniera migliore i rispettivi campionati, ovvero gli Allievi e gli Esordienti. I ragazzi più grandi sono alle prese con le finali di categoria per l’assegnazione del titolo provinciale, la cui disputa si sta prolungando oltre quanto previsto. Le due gare del girone a tre che vedranno di scena i ragazzi di Roberto Quinto sono in programma domani pomeriggio (in casa, a Madonna degli Angeli, contro il San Michele, per il recupero della partita che non è andata in scena giovedì scorso) e domenica (sul campo della Samagor). DOPPIETTA ALLIEVI. I ragazzi di Roberto Quinto, che hanno vinto il proprio campionato in pompa magna ritornando nella categoria regionale, proveranno adesso a chiudere in bellezza la loro stagione. «Il conseguimento del titolo provinciale sarebbe la chiu-
Ritorno tra i Regionali per gli Allievi dell’UnicusanoFondi
sura perfetta di una stagione già importante», è la voce che si ode nell’ambiente fondano, e questo lascia intendere che, sulla falsariga di quanto fatto dalla prima squadra, si vuol provare la doppietta a completamento di un percorso nel quale non sono mancate certo le soddisfazioni, anche e soprattutto nell’ottica di giocatori messi in mostra e che potranno tornare utili in chiave futura. ESORDIENTI A 11. Sono ancora sul rettangolo di gioco (ma vista l’età, non ne sentono certo il peso) i baby atleti degli Esordienti, che stanno
giocando il loro campionato 11c11 con arbitro. Un torneo che permette ai ragazzi di iniziare a entrare nella visione pratica e mentale della partita vera e propria, con tanto di ufficiale di gara, e che ha visto sin qui gli scatenati rossoblù produrre risultati di un certo rilievo. Anche se il primo aspetto deve essere sempre quello del divertimento e dell’impegno da sostenere in assoluta spensieratezza, nel rispetto degli avversari: per tanti altri ragionamenti c’è ancora tempo, e certamente arriverà il momento giusto. © Copyright Università Niccolò Cusano
I ragazzi di Roberto Quinto hanno dominato la regular season con una lunga striscia di vittorie