UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Ortopedia Attenti alle ginocchia i consigli dell’esperto
Integrazione Migranti sportivi e cittadinanza
> A PAGINA III
Speriamo che sia femmina Chi l’avrebbe detto che nell’evoluta America ancora oggi non è riconosciuto alle donne pilota della WASP (Women Airforce Service Pilots) lo stesso diritto dei colleghi uomini a essere sepolte nel cimitero militare di Arlington? Una discriminazione per nulla giustificabile, cui ora proverà a porre rimedio un progetto di legge presentato al Congresso a gennaio, che testimonia quanto talvolta sia ancora tortuoso il percorso dei diritti delle donne. D’altra parte il gentil sesso in Italia ha potuto impugnare la matita elettorale appena settant’anni fa, quando un decreto legislativo luogotenenziale sancì il suffragio universale, raccogliendo in parte i risultati di quella lotta che nel 1865 vide le suffragette inglesi in prima linea per l’estensione del diritto al voto. Ma è cosa nota: i traguardi normativi relativi ai diritti delle donne sono il frutto di processi piuttosto lunghi che riguardano il lavoro, la maternità, la partecipazione alla vita politica - eh sì, le discusse quote rosa - e finanche la parità nelle relazioni adulterine. Fino al 1968, infatti, l’adulterio di un marito era considerato un comportamento meno grave rispetto a quello della moglie, assegnando a quest’ultimo una maggiore capacità di influenzare i più delicati interessi della famiglia. Fortunatamente, poi, la Corte costituzionale è intervenuta ristabilendo - come molte altre volte - una giusta condizione di equilibrio. D’altronde l’obiettivo è proprio questo: facendo attenzione a non invertire il peso della discriminazione trasformando in debole il cosiddetto “sesso forte”, occorre sempre più ambire all’eguaglianza. Prof. ssa Anna Pirozzoli Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico e Preside della Facoltà di Scienze politiche Università Niccolò Cusano
Tecnologia Disabili, la sfida dei terreni impervi > A PAGINA VI
federica panicucci
> A PAGINA V
> In televisione due settimane contro i tumori infantili: «I bambini sono il futuro contribuire è un onore»
sorrisi
per la ricerca
la testimonianza
serie d
Wheelchair Rugby parla Giozet il capitano della Nazionale
L’impatto con la panchina dell’ex bomber Bazzani
> A PAGINA IV
> A PAGINA VII
Foto simone comi
il punto
MARTEDì 8 marzo 2016 www.corrieredellosport.it
> A PAGINA II
Foto Margherita e Gianfranco Rossi
II unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 8 marzo 2016
ricerca
solidarietà
le aree cruciali
La campagna è anche sui social
Oncologia: quattro sfide per la scienza
La presenza di Fabbrica del Sorriso sul web sarà rilevante sul portale Tgcom, nella pagina dedicata a Mediafriends e sui social, che saranno alimentati con contributi ad hoc. Da quest’anno Fabbrica del Sorriso avrà inoltre una sua pagina facebook.
Per rendere il cancro più curabile, la ricerca si sta concentrando su quattro aree cruciali: il ruolo del sistema immunitario; fermare in cancro prima che si manifesti; le relazioni del tumore con il resto dell’organismo; la precisione nel raggiungere il bersaglio.
Federica Panicucci tutti in campo per la ricerca La presentatrice di “Mattino Cinque” è una delle madrine della Fabbrica del Sorriso, che sostiene i progetti di Ail, Airc e di altre associazioni Sull’iniziativa: «Chiunque può fare la propria parte nella battaglia contro il cancro»
«I bambini sono il futuro: sapere che un nostro contributo può aiutarli è un onore»
è uno dei volti più amati della televisione, è una mamma e, quest’anno, una delle madrine della Fabbrica del Sorriso, l’iniziativa di Mediafriends che dal 2003 a oggi ha raccolto più di 65 milioni di euro che hanno consentito a 150 associazioni di realizzare oltre 250 progetti di solidarietà in Italia e nel mondo. Federica Panicucci, presentatrice di “Mattino Cinque”, scende in campo per la ricerca scientifica, protagonista sulle reti Mediaset da domenica 13 a domenica 27 marzo. Nelle due tradizionali settimane di raccolta tv, il palinsesto di tutte le reti Mediaset sarà coinvolto attivamente nella grande maratona, quest’anno dedicata alla lotta ai tumori infantili. In questa edizione, Mediafriends ha scelto di sostenere i progetti di quattro importanti associazioni: Ail (Associazione Italiana Contro le leucemie-linfomi e mieloma Onlus), Airc (Associazione Italiana per la ricerca sul cancro), Dynamo Camp e Ior (Istituto Oncologico Romagnolo Onlus) che, da
re o di stare vicino a una persona malata? Se sì, che cosa ti è rimasto di quella esperienza? «La malattia si combatte anche da un punto di vista psicologico. Non bisogna averne paura. Quando qualcuno decide di condividere con noi la sua malattia dobbiamo capire che ci sta facendo un regalo importante, che possiamo contraccambiare semplicemente dando sostegno e affetto».
Federica Panicucci, presentatrice di “Mattino Cinque”
anni, si occupano di ricerca, assistenza ospedaliera domiciliare e di migliorare il tempo libero dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. Quest’anno, fin dalla presentazione, sei in prima linea per la Fabbrica del Sorriso. In televisione ci si abitua a “mettere la faccia” in tutto quello che si fa. Come ci si sente a farlo per un’iniziativa con finalità che vanno oltre lo spettacolo e l’informazione? «è un piacere poter fare una cosa in cui credo davvero tanto. Informazione è anche po-
ter contribuire alla diffusione di iniziative importanti come questa, dove le finalità sono chiare: tutti possiamo fare la nostra parte per sostenere la ricerca e aiutare così chi deve poterci fornire cure efficaci». Perché è importante sostenere la ricerca scientifica contro il cancro? «Perché le forze in campo non sono mai abbastanza: i grandi passi avanti fatti dalla ricerca hanno bisogno di essere convalidati e superati ogni giorno. Alcune cure sono efficaci, altre hanno bisogno di essere migliorate, per poter avere
un giorno, spero non lontano, cure efficaci per tutti». I fondi serviranno a combattere i tumori infantili. Da mamma, che appello vuoi fare? «I bambini sono il nostro futuro. I nostri figli sono un motivo di vita, di gioia e di amore. Sapere che un nostro contributo può servire a curare dei bambini non fa che rendere ancora più facile il poter donare. Per questo chiedo a tutti di fare un piccolo ma importante gesto». Ti è mai capitato di assiste-
Per quanto riguarda la salute, che voto ti daresti in prevenzione e stile di vita? Nell’educare i tuoi figli su questi temi a quali aspetti dedichi maggiore attenzione? «Faccio ovviamente molta attenzione all’alimentazione sana. E poi movimento, niente fumo né alcol. Il cibo ha un ruolo fondamentale anche nella prevenzione. Tanta frutta e verdura e pochissimi grassi e zuccheri. Ai miei figli faccio da esempio: certo non basta e per questo par-
lo continuamente con loro di come certi cibi che loro prediligono siano in realtà poco sani. Con loro ci vuole costanza e parlare chiaro. Funziona». La condizione di mamma lavoratrice spesso è difficile da conciliare con la pratica sportiva. Che cosa fai per tenerti in forma e che cosa invece vorresti fare se avessi più tempo libero? «Se avessi più tempo libero sarei sempre al mare. Certo i ritmi in città sono diversi ma trovo sempre il tempo per un po’ di cyclette, un po’ di ginnastica dolce che faccio anche a casa, senza andare per forza in palestra». Di impulso, a che cosa colleghi la festa della donna? Che cosa è importante ricordare l’8 marzo? «è importante ricordare che le donne devono potersi realizzare nel privato e nel mondo del lavoro. Che vanno tutelate e vanno date loro pari opportunità. E che le donne devono essere sempre attente alla loro salute: la prevenzione prima di tutto e controlli periodici per essere sempre sicure di non perdere di vista noi stesse». © Copyright Università Niccolò Cusano
aism
«Ho imparato a combattere la sclerosi multipla» Gardenie in piazza: la festa delle donne è un’occasione per raccogliere fondi per l’associazione
dalla sua Fondazione (Fism). La campagna di raccolta fondi ha visto anche quest’anno i volontari dell’Aism impegnati a offrire una pianta di Gardenia in oltre 5.mila piazze italiane a fronte di un contributo minimo di 15 euro. Dell’iniziativa e delle difficoltà di essere affetta da sclerosi multipla ha parlato Daniela Bonanni, volontaria Aism e affetta da sclerosi multipla, ai microfoni di Radio Cusano Campus, all’interno del format “Genetica Oggi”.
Oggi si chiude l’iniziativa Gardenia di Aism, tornata come di consueto in occasione della festa della donna sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica: la tradizionale manifestazione di solidarietà promossa dall’Associazione italiana sclerosi multipla e
Daniela, con il tuo lavoro volontario hai sostenuto la campagna di Aism nelle piazze Italiane. «Sì, ogni anno partecipo a questo grande evento, non solo per la sua importanza ma anche per la gioia che provo nel farlo. Una giornata che è stata individuata in occasione della festa della
Daniela racconta la sua esperienza: «I farmaci aiutano a rallentare la malattia non è tutto nero»
Per segnalazioni, commenti, informazioni, domande alla redazione dei contenuti del settimanale Unicusano Focus – Sport & Ricerca, potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@unicusano.it
ci: oggi è l’ultimo giorno possibile. I fondi quest’anno saranno impiegati principalmente per la sclerosi multipla pediatrica e ovviamente per finanziare le tante attività scientifiche dell’Aism».
Antonella Ferrari, l’attrice è testimonial dell’Aism
donna perché la prevalenza della sclerosi multipla è maggiore nel genere femminile. I volontari, che come me collaborano con l’Aism, sono ormai diventa-
ti amici e insieme a me si impegnano in occasioni come questa per favorire la ricerca. Sul sito www.aism.it è possibile trovare la piazza più vicina dove trovar-
Com’è vivere oggi con la sclerosi multipla? «Passata la paura iniziale, che anche io ho provato quando mi fecero diagnosi di sclerosi multipla, si scopre che proprio grazie alla ricerca scientifica esistono moltissimi farmaci che possono rallentare l’evoluzione della malattia. Io ho usufruito di questi farmaci che l’hanno molto rallentata, e piano piano sono tornata a una vita attiva. Continuo a lavorare, gioco a tennis, vado a sciare d’inverno e ho una vita sociale molto fitta. Anche con l’aiuto dell’Aism ho imparato nuove cose sulla malattia per
Cristel Carrisi, presentatrice tv
combatterla al meglio. Certo non è tutto come prima, perché tante cose cambiano, però non è tutto nero». © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 8 marzo 2016
RICERCA e cultura
artrosi occhio al peso e ai carichi In Italia cresce il numero dei casi che colpiscono le ginocchia. Il dottor Mario Manili spiega perché
«Per tutelare la salute bisogna controllare l’alimentazione e praticare sport come il nuoto»
Dottor Manili, generalmente il 50 per cento della popolazione sopra i 65-70 anni soffre di artrosi al ginocchio. Di che condizio-
aiuta molto il poter trattare questi dolori con dei trattamenti fisioterapici antalgici o con altre procedure riabilitative. La seconda è quella di procedere tramite l’immissione nel ginocchio di farmaci condroprotettori, che proteggono la cartilagine, oppure con prodotti cellulari prelevati dal midollo osseo del paziente capaci di stimolare la cartilagine sofferente. Fatte queste cose, la terapia medica finisce e inizia, eventualmente, la terapia chirurgica».
ne parliamo? «Di una condizione particolarmente invalidante. Non solo si ha un’alterazione della deambulazione ma soprattutto si hanno dei dolori, che aumentano sotto carico quando una persona si muove, che spingono il paziente a camminare sempre meno e a ridurre la sua attività. Il paziente spesso cerca di uscire da questa situazione con una terapia medica che però per l’artrosi non
esiste, almeno se parliamo di una risolutiva». Oltre all’età, cosa provoca l’artrosi? «C’è una piccola ipotesi legata all’ereditarietà, però normalmente il sovrappeso è fra le cause principali. Il ginocchio valgo anche porta a una condizione di ginocchio sofferente, con affaticamento della cartilagine, e nel tempo si può andare incontro ad artrosi».
Gli ex sportivi sono a rischio? «Lo sono soprattutto se hanno delle piccole deviazioni. Tra gli ex sportivi è difficile trovare pazienti sovrappeso, però chi ha delle piccole deviazioni assiali se fa un’attività sportiva importante è candidato prima di altri ad avere una certa artrosi». Quali sono le possibilità terapeutiche? «La prima è la fisioterapia,
respirazione
Come evitare i rischi delle apnee notturne
Il dottor Mario Manili
Oggi si parla di personalizzazione della protesi. Di cosa si tratta? «La protesi deve essere applicata con grande precisione e deve essere assolutamente in linea con la condizione del paziente. Oggi lo si può fare grazie a esami strumentali di alta precisione, come la Tac. Prima di operare viene fatta una Tac, acronimo di tomografia assiale computerizzata, per studiare l’osso, permettendo all’ingegnere e al chirurgo di adoperare una serie di scelte esclusive per quel ginocchio e quel paziente. L’intervento diventa così più facile, breve e preciso».
Il consulente della Clinica Villa del Rosario di Roma: «Ancora non esiste la terapia risolutiva»
Cresce il numero dei casi di artrosi al ginocchio nel nostro paese, complice anche l’aumento dell’età media. E sono molti i casi fra gli ex sportivi, professionisti e non. Ne ha parlato il dottor Mario Manili, Socio Siot, Società di ortopedia e traumatologia, consulente presso la Clinica Villa del Rosario di Roma, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano, durante la diretta del programma “Genetica Oggi”.
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
Quali consigli può dare per tutelare la salute delle nostre ginocchia? «Come prima cosa tenere sotto controllo il peso, evitando sovrappeso e obesità. Il secondo suggerimento è di fare un’attività fisica moderata, privilegiando le attività fuori carico, come il nuoto o l’attività in palestra senza carico. Per quanto riguarda la parte farmacologica, si può optare per integratori specifici che agiscono sulla cartilagine del ginocchio». © Copyright Università Niccolò Cusano
A molti può capitare di russare occasionalmente, dopo una giornata particolarmente faticosa o dopo una cena troppo abbondante, ma se questo fenomeno non è l’eccezione ma la regola andrà a influenzare non solo la qualità e la durata del nostro sonno o di chi cerca di dormirci accanto, ma potrebbe essere alla base di una patologia ben specifica conosciuta come Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS). sintomi. L’OSAS è un disordine della respi-
razione caratterizzato da ripetuti episodi di apnea o ipopnea durante il sonno. Per apnea si definisce la cessazione completa della respirazione per almeno dieci secondi, mentre nell’ipopnea si ha una diminuzione di circa il 50% del flusso respiratorio per la stessa durata di tempo. Questa ripetuta ostruzione delle vie respiratorie, caratterizzata dal fatto che il paziente russa intervallando brevi periodi di cessazione della respirazione (apnea), causa una caduta della concentrazione di ossigeno nel sangue (desaturazione) e, allo stesso tempo, un aumento dell’anidride carbonica (ipercapnia), con conseguente risveglio del paziente. Quando questo quadro si ripete più volte nel corso della notte procura, al mattino, senso di stanchezza, fatica, scarsa concentrazione, un’evidente sensazione di affaticamento e cefalee. L’80% dei casi dei pazienti affetti da questa sindrome non viene diagnosticato. Circa il 4% della popolazione maschile e il 2% di quella femminile ne sono affetti, ma si ritiene che questi valori saranno destinati a salire a causa dell’aumento dell’età media e dei fenomeni di obesità. C’è infatti un’importante correlazione tra OSAS e l’indice della massa corporea, in quanto è presente nel 40% delle donne e nel 50% de-
gli uomini obesi. Altri fattori predisponenti sono l’età oltre i 50 anni, la circonferenza del collo oltre i 40 centimetri e la concomitanza con altre patologie nasali, faringee e laringee, consumo di alcol, fumo, uso di narcotici e sedativi. Molti pazienti riferiscono di una diminuita abilità produttiva, di addormentarsi al tavolo di lavoro, di incidenti sul lavoro o incidenti automobilistici. conseguenze. A lungo andare i pazienti affetti da OSAS potranno sviluppare, oltre ai fenomeni di abbassamento del livello di ossigenazione e ritenzione di anidride carbonica, policitemia o incremento dell’emoglobina nel sangue, con conseguenti problemi circolatori, ipertensione polmonare, disturbi del ritmo e della funzionalità cardiaca, ictus cerebrali, fino alla morte improvvisa. L’OSAS ha quindi delle implicazioni sociali, interpersonali e mediche. La diagnosi di OSAS rappresenta quindi il primo passo per porre rimedio alla situazione. è importante, da parte dei medici di base, adottare gli screening necessari (es.: STOP-Bang) per la presunta diagnosi di OSAS. Il passo ulteriore sarà il consulto con uno specialista dei disturbi del sonno che potrà effettuare test specifici, per poi definire il trattamento più idoneo. Il quadro clinico potrà comunque essere migliorato con una dieta, fatta sotto diretto controllo medico, con l’astensione dal fumo e da bevande alcoliche, evitando quando possibile narcotici e sedativi.
Claudio Loffreda-Mancinelli MD, Washington Hospital e St. Clair Hospital di Pittsburgh, PA. Fellow of the American College of Medical Quality, Washington, DC
L’analisi
Le opportunità dei Big Data nel mondo del business Cosa sono i Big Data? Perché sono così importanti oggi? Il La raccolta di termine Big Data, semplifi- informazioni ha cando, si riferisce a larghi volumi di dati, i quali a loro vol- un vasto numero ta possono essere sia strut- di applicazioni turati che non strutturati (in a livello aziendale questo caso sono anche definiti dati grezzi). Laddove i processi e i metodi tradizio- Attraverso la loro nali, tipicamente, non riesco- analisi, le società no a trattare questa enorme possono soddisfare mole di dati esiste una forte al meglio le esigenze richiesta non solo di nuove metodologie di analisi ma dei consumatori anche di metodologie “vecchie”, che riescano a estrarre informazione dai “Big Data”. LE TRE V. I Big data vengono tipicamente prodotti da fonLA CRESCITA DI DATI. Il termine ti tra le più diverse, ad esemBig Data non è proprio nuo- pio da sensori. Una assai imvo in quanto ormai da tem- portante per la creazione di po si sta sperimentando una Big Data nasce dalle applicacrescita esponenziale di dati. zioni mobili, che generano in Questa crescita è anche dovu- continuazione dati che posta a quella di dispositivi che sono poi essere trasformaraccolgono dati ma riesco- ti a loro volta in informaziono, al tempo stesso, ad auto- ni utili al business. In quematizzare una grande quan- sto senso, quindi, i Big Data tità di operazioni importanti. presentano una serie di caNuova è certamente l’accre- ratteristiche definite anche sciuta consapevolezza collet- delle tre V: Varietà, Velocitiva sulle enormi potenzialità tà e Volume (nella letterainformative presenti nei dati tura specialistica del tema raccolti e quale vantaggio sia si parla proprio di “Varietà, Velocità e Volume”). Al tempossibile trarne.
contenuto informativo molto rapidamente può divenire obsoleto, laddove il volume (“Volume”) si riferisce tipicamente alla grande quantità dei dati stessi. Per questo ci possiamo riferire al volume come all’ammontare dei dati considerato.
po stesso la “Varietà” (nella letteratura anglosassone la “Variety”) si riferisce, tipicamente, alla necessità di fare uso di dati provenienti da fonti assai diverse tra loro. Così il termine “Varietà” può anche essere definito come “Dati in forme e formati diversi”. La molteplicità
delle fonti dei dati porta anche a una grande diversificazione del formato medesimo degli stessi dati prodotti. In casi come questo, i dati generati e raccolti non sono tipicamente dati “classici” contenuti in un database. I dati spesso vengono definiti “complessi” (e spesso nell’at-
tuale letteratura scientifica ci si riferisce all’analisi di dati complessi con metodi analitici avanzati). Si pensi dunque ai tipici dati che possono essere riscontrati nei social media e nei social network. I dati, quindi, possono essere anche riferiti a immagini, testuali, misti e altro. è
chiaro, quindi, che tali dati si presentano tipicamente in una ottica di aggiornamento e in “movimento”. Per questo si parla appunto di “Velocità” (o “Velocity”). Il termine velocità si riferisce quindi alla necessità per i Big Data di essere rapidamente gestiti e analizzati, visto che il loro
LE APPLICAZIONI. Eppure i Big Data sono essi stessi una fondamentale forma informativa, in quanto uniti alla componente di analisi dei dati stessi (si parla in questo senso di “Analytics”) portano a una grande possibilità di applicazioni a livello aziendale, e non solo. In questo senso la gestione e l’utilizzo dei Big Data porta alla creazioni di applicazioni sempre più orientate al cliente e al mercato, le quali permettono alle aziende di soddisfare sempre meglio le esigenze della propria clientela in tempo reale. Esistono vari esempi di Big Data e del loro utilizzo. L’analisi predittiva (o “Predictive Analytics”), definita anche come quella tipologia di analisi quantitativa che fa uso di varie tecniche, con l’obiettivo di effettuare previsioni su
eventi futuri, in particolare, si è dimostrata particolarmente utile. Quest’ultima ha trovato notevoli applicazioni a partire da grosse base dati. Si pensi alla possibilità di effettuare previsioni sull’acquisto di prodotti, o sulle preferenze di un determinato utente, o sulle intenzioni di voto, fino a quelle relative alla sanità. I processi aziendali, quindi, possono essere migliorati grazie ai Big Data. Tali miglioramenti vanno valutati nello specifico considerando il ritorno dell’investimento medesimo. Malgrado questo, le potenzialità sono notevoli. Si pensi alla capacità con i Big Data di identificare le frodi o gli sprechi, si pensi alla capacità di gestione del rischio mediante l’attento monitoraggio dei dati. Si ragioni, infine, sulla capacità dei Big Data di identificare nuovi mercati o nuove fonti di possibili introiti. I Big Data sono quindi delle enormi opportunità di business. Carlo Drago, PhD Ricercatore universitario in Probabilità Statistiche Università Niccolò Cusano
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 8 marzo 2016
sport, disabilità e cultura
dimentica capitani coraggiosi Laciòmente che il corpo ricorda l’esempio di giozet LIBRI
In “Un mondo perduto e ritrovato“ Lurija racconta uno dei suoi casi clinici più celebri
La realtà del Wheelchair Rugby spiegata dall’azzurro: «Nel nostro Paese il movimento è in forte crescita» «In cinque anni abbiamo ottenuto un buon seguito: resta il problema dei costi iniziali»
Sull’handbike è stato campione europeo: «Lo sport aiuta a essere autonomi e nelle relazioni»
Uno sport emergente, che incuriosisce per l’accostamento con la disciplina che maggiormente mette alla prova muscoli e resistenza. Davide Giozet, capitano della Nazionale italiana, racconta la storia e le prospettive del Wheelchair Rugby. Da tredici anni sulla sedia a rotelle per colpa di un incidente stradale, Davide non ha mai abbandonato la passione per lo sport. Il calcio, sua passione giovanile, è stato sostituito prima dall’handbike (è stato campione europeo) e poi dal rugby in carrozzina: «Lo sport mi ha aiutato a costruire una nuova vita», dice oggi.
ta anche le realtà di Roma e Milano».
Davide, nell’immaginario collettivo il rugby è lo sport che forse meno si addice a persone con disabilità. Puoi spiegare di cosa si tratta? «È il nome a trarre in inganno, soprattutto se si pensa che questo sport è destinato a persone con la tetraplegia e quindi a chi ha problemi a tutti e quattro gli arti. In comune con il rugby tradizionale c’è solo il contatto, che però avviene esclusivamente tra le
Cosa fate per promuovere questo sport? «Al momento, l’unico sistema per giocare è il Grand Prix in giro per l’Italia. Ci capita di parlare nei convegni e c’è un libro che racconta bene la nostra realtà (“Vincenti. Quelli del rugby con le ruote: storie di sport e di vita”, ndr)».
Davide Giozet, capitano della Nazionale di rugby in carrozzina
carrozzine. Il fisico degli atleti è tutelato: in quattro anni di pratica non mi è mai capitato di cadere». Chi sono i pionieri di questa disciplina, dove è nato il Wheelchair Rugby? «Negli anni ’70 in Canada, un gruppo di atleti tetraplegici si rese conto che, tra gli sport di squadra, il basket risultava troppo difficoltoso. Nacque così il Murderball: la palla è tonda come nel basket ma più leggera. L’obiettivo è portarla oltre la meta».
In Italia, il rugby in carrozzina è uno sport relativamente giovane: quali sono le prospettive? «In Italia è stato introdotto cinque anni fa. La Fispes, Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali, ha organizzato un raduno dimostrativo con gli atleti della nazionale austriaca che hanno spiegato i rudimenti di questo sport. Abbiamo fatto altri raduni e sono nate le prime carrozzine. Oggi ha un nucleo principale nel Triveneto, ma sono in cresci-
Quali sono le maggiori difficoltà nell’avvicinarsi a questo sport? «La principale difficoltà è economica. Le misure delle carrozzine devono rispettare il regolamento internazionale e hanno ancora costi elevati. Nei Paesi dove è praticato, esiste maggiore mercato anche nell’usato». Com’è la situazione all’estero? «Con la Nazionale abbiamo disputato gli Europei ad Anversa nel 2013 e gli Europei a Praga l’anno scorso. Danimarca, Svezia e Inghilterra sono avanti ma il movimento sta crescendo anche in Fran-
cia e Austria. Fuori dall’Europa, Canada, Stati Uniti e Australia hanno già una tradizione consolidata e si sono contese le medaglie paralimpiche fin da quando, nel 2000, il rugby in carrozzina è diventato sport paralimpico». Dal punto di vista personale, che cos’è per te lo sport? «Faccio grandi sforzi per allenarmi, andando da Belluno a Padova due volte a settimana. Lo sport mi ha dato tantissimo in termini di autonomia e di vita sociale. Mi ha facilitato nella costruzione di una nuova vita dopo l’incidente. Si parte sempre dal principio: lo sport è divertimento. Ma poi ti rendi conto che ti fa fare un salto di qualità anche nei rapporti umani». In questi anni che cosa è cambiato culturalmente nei confronti dello sport paralimpico? «Le cose stanno sensibilmente migliorando. Ho subito l’incidente tredici anni fa e da dodici pratico sport a livello paralimpico. Posso dire che si sono fatti passi da gigante, soprattutto dopo Londra. La televisione ha fatto finalmente passare il messaggio che anche i disabili sono veri e propri atleti. Il resto lo hanno fatto grandi campioni come Alex Zanardi». © Copyright Università Niccolò Cusano
L’editore Adelphi traduce da anni i libri di Oliver Sacks, morto l’agosto scorso, autore di “Risvegli”, da cui è stato tratto il film con Robin Williams e Robert De Niro, e de “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”. Da poco è uscito “Un mondo perduto e ritrovato” di Alexander Lurija, il grande neuropsicologo russo che è stato il maestro ideale di Sacks. Lurija descrisse una teoria dei sistemi funzionali del cervello e ci ha lasciato due casi clinici pioneristici ormai diventati leggendari nelle neuroscienze: la storia del sottotenente Lev Zaseckij, che a 23 anni, il 2 marzo 1943, subì la ferita di una pallottola al cranio con conseguente deficit della visione spaziale, della elaborazione percettivo-linguistica degli oggetti, e la storia rocambolesca di Seresevskij, l’uomo che non dimenticava nulla. IL CASO ZASECKIJ. Lurija perseguiva un ideale di scienza romantica contraria al riduzionismo che estrae dalla ricchezza della persona un insieme arido di schemi astratti in cui il fenomeno perde la sua complessità. «Sono sempre stato consapevole e sicuro che una buona descrizione clinica dei casi ha un ruolo fondamentale in medicina, specialmente in neurologia e in psichiatria. Purtroppo la capacità di descrivere che era cosa comune nel XIX secolo ora è quasi persa». Per questo motivo fa raccontare a Zaseckij il suo mondo interiore dilaniato dal danno cerebrale e il suo sforzo eroico di riadattamento come un Alex Zanardi del cervello. La pallottola colpisce la zona parieto-occipitale: tutto va in frantumi. Dimentica quello che ha studiato. La zona colpita non è quella del linguaggio, ma è nell’emisfero sinistro. Non è quella della memoria, ma influenza l’elaborazione degli oggetti. Lurija trova conferme alla sua intuizione di collegamenti funzionali tra aree lontane del cer-
vello. Zaseckji avverte una serie di “stranezze”. Gli si avvicina il medico per dargli la mano ma lui non sa quale mano dargli. Vuole sedersi ma la sedia è più a sinistra di quanto gli sembri. La forchetta non ubbidisce e non infilza la carne. Non ricorda più in che posto sono l’occhio, il naso, l’avambraccio. Le sorelle gli chiedono di aggiustare una porta, ma lui non sa dove prendere martello e chiodi, pur sapendo che la rimessa è il loro posto. Il 2 marzo del 1943 è come se fosse stato ucciso, vive una vita indecifrabile, è divenuto all’improvviso una persona analfabeta e semicieca. Non può vedere per intero nessun oggetto. Tutto tremola, si sposta, fluttua. NUOVE PRIME VOLTE. Lurija gli assegna una lo-
gopedista, ma più importante è un cambiamento neuro-cognitivo, mentale, della sua relazione col mondo e con la mente. Occorre riadattare i propri sistemi rappresentazionali alla nuova condizione per trovare soluzioni inedite anche attraverso percorsi più lunghi. La prima volta che va dall’oculista tutte le lettere sembrano straniere, dopo impara a collegare la Z al suo cognome, la S al nome del fratello Sura, la L a Lenin, la K a koška cioè gatto. In questo modo torna a leggere seppur faticosamente. Anche il suo spirito interiore cambia. L’ufficiale colpito non si lascia piegare. Per lunghi anni scrive la sua vita mettendoci anche una intera giornata per finire mezza pagina. Il titolo iniziale “Storia di una terribile ferita”, cambia in “Lotto ancora!”. Un ottimo messaggio e un’ottima palestra non solo per le patologie neurologiche, ma per le nostre vite apparentemente normali. Andrea Velardi Docente di Psicologia dei processi cognitivi Università Niccolò Cusano
special olympics
L’autonomia sociale nasce con l’attività sportiva
Chiara Manganozzi, atleta Special Olympics
Chiara Manganozzi, 28 anni, è una ragazza con sindrome di Down. A renderla speciale, però, non è tanto quel cromosoma in più quanto la sua voglia di fare e la sua determinazione: non si è mai fermata davanti a niente. Anzi. Ha sempre avuto un coraggio sorprendente, che spesso l’ha portata a essere protagonista di imprese sportive e non. L’ultima è stata la partecipazione
ai Campionati Europei Special Olympics di Indoor Rowing, il 16 gennaio scorso a Gyõr, in Ungheria. Una grande soddisfazione per una ragazza che ha fatto dello sport uno stile di vita. gli inizi in canoa. Chiara è sta-
ta avviata al canottaggio alcuni anni fa, con la partecipazione a un progetto dell’Aipd Roma, associazione di cui fa parte. Ades-
so è cresciuta, e non solo anagraficamente. Viaggia da sola, ha spirito di sacrificio e costanza, due qualità che, dopo anni di allenamenti al circolo Canottieri Lazio, le hanno permesso di cogliere l’opportunità di partecipare a questa gara. Una bellissima esperienza che ricorda con affetto: «Sono stata bene a Budapest – racconta - abbiamo girato la città sull’autobus a due pia-
ni, è stato veramente tutto molto bello. Sono stata felice di stare con tutta la squadra». Un’esperienza che per Chiara, quindi, non è stata solamente sportiva, ma anche e soprattutto umana e sociale. in mare. Da tanti anni Chiara
pratica anche la vela. Con l’Aipd partecipa sia alle crociere estive che ai Campionati invernali
di Fiumicino. Nel 2012 ha preso parte alla Barcolana di Trieste insieme a altri sette ragazzi con sindrome di Down e all’equipaggio di “Mascalzone Latino”. D’altronde, come conferma il papà, Chiara ha una vera passione per lo sport: ha praticato equitazione, nuoto e sci ottenendo discreti risultati. Ma i suoi successi non si limitano allo sport. Una delle vittorie più grandi l’ha
ottenuta il 19 novembre 2013, quando, dopo avere svolto per anni tirocini in preparazione di un inserimento lavorativo vero e proprio, ha vinto un concorso messo a bando dal Comune di Roma. Da più di due anni Chiara lavora al Dipartimento risorse economiche nel Comune della capitale con un contratto a tempo indeterminato. © Copyright Università Niccolò Cusano
martedì 8 marzo 2016
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
industria, disabilità e ricerca
vincere la sfida della montagna
Non rinunciare all’attività all’aria aperta affrontando qualsiasi terreno: le proposte di Progettiamo Autonomia al di sotto della seduta, per facilitare il trasporto e ridurre l’ingombro complessivo.
La Mountain Trike sfrutta leve manuali per ridurre al minimo lo sforzo necessario all’autopropulsione Una carrozzina che consenta di affrontare, in completa autonomia e sicurezza, percorsi fuoristrada. Di esplorare la natura e di sfidare luoghi che, con qualsiasi altro ausilio, non si riuscirebbero a raggiungere. La Mountain Trike fa parte del catalogo di Progettiamo Autonomia, realtà imprenditoriale presente su tutto il territorio nazionale, nata nel 1999 da una storica ortopedia e sanitaria di Reggio Emilia e oggi leader nella consulenza e commercializzazione di ausili specialistici nell’ambito della disabilità. Progettiamo Autonomia ha sviluppato un profondo know how sulle patologie neuromotorie, neuromuscolari e sulle mielolesioni nella prospettiva di una gestione sistemica della vita quotidiana (assetto posturale funzionale per il reclutamento e l’espressione delle abilità, mobilità, fruizione del proprio ambiente domestico e
Innovare significa ricercare soluzioni efficaci mettendo MISSION. Innovare, per Pro- al centro la persona gettiamo Autonomia, significa rimettersi in discussio- e la qualità della vita ne e avere il coraggio di continuare a investire mettendo sempre la persona al centro. L’ascolto degli utenti e il confronto sono indispensabili
La Mountain Trike commercializzata da Progettiamo Autonomia
sociale), dove lo sport ha, ove possibile, un connotato ampio di tempo libero. NELLA NATURA. La Mountain
Trike si presenta come un prodotto di nicchia che trova notevole riscontro tra gli amanti della natura e dello sport, tra chi non vuole rinunciare al proprio tempo
libero “attivo”. Il sistema di propulsione tramite leve è studiato per ridurre la forza necessaria all’autopropulsione, realizzando un’azione di spinta specifica per qualsiasi situazione. Afferrando le leve vicino al mozzo si può ottenere una maggiore velocità, mentre grazie alle leve vicino all’estremità si può eserci-
per orientare le ricerche e proporre prodotti e servizi utili ed efficaci. «Uno stesso
problema può avere diverse soluzioni. Il nostro compito è proporre alternative, per consentire all’utente di poter scegliere, sulla base delle proprie esigenze e priorità», spiegano dall’azienda, «noi lavoriamo con le persone, analizzando la loro dimensione, privata e sociale, comunque individuale». Nell’ambito del tempo libe-
tare una maggiore potenza. Questo meccanismo di propulsione, rispetto ai corrimani convenzionali, risulta maggiormente ergonomico e meno dannoso per le articolazioni delle spalle. L’avanzamento avviene senza toccare le ruote, proteggendo mani e polsi e migliorando l’igiene. Inoltre, l’inedito sistema di guida consente di effettuare discese impegnative con la sicurezza di due freni idraulici per controllare la velocità e il comfort di tre sospensioni pneumatiche (Monarch), poste sotto la seduta. Il telaio è realizzato con materiali di altissima qualità, lo schienale è abbattibile e la terza ruota si piega
ro, ma anche del diritto ad accedere a tutto quanto il nostro mondo può offrire, un aspetto importante sono le «Barriere»: specie in una realtà come quella Italiana, punteggiata di città d’arte e antiche (costruite quando la sensibilità per le diverse abilità non era contemplata), dove, non di rado e oggettivamente, è forse più sensato individuare strumenti per ovviare al problema e favorire accessibilità e possibilità di fruizione che non intervenire strutturalmente. La cosa più importante è continuare a investire in ricerca e sviluppo per aumentare le opportunità di interazione con l’ambiente: questo è fondamentale per la qualità della vita di ogni persona. Oltre alla Mountain Trike, all’interno del catalogo figurano numerosi ausili che si prestano al tempo libero, dalla carrozzina rigida superleggera Panthera U2light per il ballo (utilizzata dall’ex campione paralimpico polacco Piotrek Iwanicki) alla Four X della Chasswheel, una carrozzina elettronica con quattro ruote motrici che consente off road estremi. Per far sì che sia sempre la persona a essere messa al centro. © Copyright Università Niccolò Cusano
stati uniti
L’attività cerebrale ora comanda il movimento della carrozzina Una sedia a rotelle robotica controllata dal pensiero grazie a un interfaccia neuroprotesica wireless, quindi senza fili. Per renderlo più chiaro, le neuroprotesi sono dispositivi artificiali in grado di sostituire o addirittura migliorare specifiche funzioni del sistema nervoso. In questo caso, la protesi impiantata nel cervello permette di guidare una carrozzina attraverso gli impulsi del pensiero, realizzando un importante passo avanti per progettare degli ausili che possano rendere indipendenti paraplegici o tetraplegici. TEST. Il collaudo è stato ef-
fettuato su alcuni macachi rhesus dai ricercatori della Duke University, coordinati da Miguel Nicolelis. L’apparecchio è in grado di raccogliere i segnali emessi da centinaia di neuroni in due aree del cervello che controllano movimento e sensazione. In sostanza, quando l’animale pensa di muoversi verso un luogo (ad esempio un mobile con una coppa contenente frutta), la sua attività cerebrale viene tradotta, in tempo reale, in un movimento della sedia a rotelle grazie a un’interfaccia cervello-macchina (brain-machine-interface o Bmi). Gli elettrodi impiantati nel cervello permettono di “tradurre” gli impulsi e indirizzarli verso un braccio meccanico. POTENZIALITÀ. Descritto sul-
la rivista Scientific Reports, il risultato apre la strada al recupero della mobilità di pazienti gravemente paralizzati, in un settore di ricerca che negli ultimi anni ha fatto enormi progressi. «Per alcune persone gravemente disa-
bili, persino un battito à impossibile - precisa Nicolelis - Per loro, usare una sedia a rotelle controllata da strumenti non invasivi, come un apparecchio che monitora le loro onde cerebrali attraverso elettrodi posti sulla testa, può non essere sufficiente». LA GENESI. I ricercatori della
Duke sono partiti dall’idea di collegare l’interfaccia neurale, che già era stata sviluppata in passato, a una sedia a rotelle, quindi il principale ausilio agli spostamenti delle persone con danni spinali. Una scelta mossa dai risultati di alcune ricerche secondo cui fino al 70 per cento dei soggetti paralizzati sarebbero disposti a utilizzare un impianto neurale permanente se questo consentisse un controllo più adeguato dei dispositivi di deambulazione. Le carrozzine moderne sono spesso dotate di motori elettrici e di joystick attraverso i quali possono essere controllate: per gli scienziati lo scoglio era quin-
di rappresentato dall’eliminare il passaggio rappresentato dalla mano e dal joystick ,e agire direttamente dal cervello del disabile. GLI STEP. Con un impianto intracranico così, i ricercatori sono riusciti a ottenere il controllo della sedia a rotelle, anche migliore rispetto a quello di apparecchi esterni. A partire dal 2012, gli studiosi hanno iniziato a impiantare centinaia di microfilamenti sottili come un capello nelle regioni premotorie e sensorie del cervello di due macachi. Questi prima sono stati fatti sedere sulla sedia a rotelle robotica e hanno os-
servato passivamente i movimenti della sedia mentre si muoveva nello spazio e veniva registrata la loro attività elettrica cerebrale. Dopodiché, i ricercatori hanno programmato un sistema computerizzato a tradurre i segnali cerebrali in comandi digitali di movimento, per controllare la sedia a rotelle. Le scimmie hanno così provato a muoversi con la sedia a rotelle usando il sistema Bmi wireless, e quando hanno imparato a controllare la sedia a rotelle solo col pensiero, sono diventate più efficienti e veloci nel muoversi verso il loro obiettivo. © Copyright Università Niccolò Cusano
VI UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 8 marzo 2016
sport, disabilità e CULTURA
migranti sportivi ai confini del calcio
In Italia la Convenzione di Cotonou non è stata ancora adottata dalla Figc. In altri Paesi il sistema funziona
Salim Cissé, in azione con la maglia dell’Academica de Coimbra nell’Europa League 2012-13
in breve, gli atleti che appartengono a questi paesi possono essere tesserati come comunitari. Il problema è che non vi è un obbligo giuridico per le società sportive di applicare la Convenzione di Cotonou che, come tutti gli strumenti internazionali, vincola solo soggetti di diritto internazionale (nello specifico la Ue, i suoi Stati membri e gli Stati ACP) ma non anche entità che non sono dotate di tale soggettività (come le società sportive appunto). Così alcune federazioni sportive la applicano e altre fanno orecchie da mercante, e tra queste ultime figura proprio la federazione regina nel nostro Stato, cioè la Figc.
Utilizzato dalla nostra Federbasket, l’accordo permette di ottenere la cittadinanza agli atleti extra Ue Ministero del Lavoro e Coni hanno rinnovato l’impegno a favorire l’integrazione: la storia di Salim è un esempio Ci troviamo spesso a promuovere lo sport come strumento di integrazione e inclusione, soprattutto in un momento storico dove il fenomeno dei migranti genera un dibattito politico e sociale che va dal demagogismo al costruttivismo non ragionato, in relazione alle possibilità di accoglienza del nostro paese. Finalmente con l’adozione della legge 20 gennaio 2016 n.12 è stato fatto un passo importante nella direzione giusta grazie all’applicazione del concetto di cittadinanza sportiva diretta a minori di 18 anni che sono residenti nel nostro paese almeno dal compimento del decimo anno di età. Tuttavia, restano intatte le problematiche di quelli che possiamo definire “migranti sportivi”, che lasciano i loro paesi per cercare il successo sportivo in Italia.
NEL BASKET. In Italia, la Con-
Salim Cissé, in un contrasto con Felipe dell’Atletico Madrid
l’Accordo di Cotonou approvato nel 2000, che prende il posto della precedente Con-
COTONOU. In
realtà qualcosa è stato fatto tempo fa con
venzione di Lomé. Questo accordo, concluso tra l’allora Comunità europea e alcuni paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, ha durata ventennale e mira a istituire un partenariato allo scopo di eliminare la povertà
Fumetti
dai Paesi ACP e aiutarli nel loro sviluppo economico, commerciale ma anche politico-istituzionale in vista dell’affermazione della democrazia e della tutela dei diritti dell’uomo. Per quanto riguarda l’ambito sportivo,
venzione è già stata adottata nel 2012 dalla Federbasket, mentre se restiamo all’interno dei confini del calcio molti altri campionati prestigiosi (Spagna, Germania e Francia) l’hanno adottata da molto tempo. E i risultati sul campo non sono certo così disastrosi. Se si pensa di proteggere i vivai italiani e le future nazionali, pensando che l’applicazione nel calcio ci faccia perdere talenti nostrani basta vedere il nostro quintetto base del basket, che nonostante Cotonou gioca tutto nella Nba dopo esser emerso nel campionato italiano. La recente revisione dell’art. 27, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, in materia di flussi di ingresso e di limitazione al tesseramento di sportivi stranieri finalizzato ad assicurare la tutela dei vivai giovanili
non prende minimamente in considerazione l’Accordo di Cotonou. In questo quadro, l’Accordo di programma fra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Coni appena rinnovato, mirato a costruire una cooperazione per lo sviluppo di azioni finalizzate a favorire l’integrazione sociale dei migranti di prima e seconda generazione e a contrastare le forme di discriminazione razziale e di intolleranza risulta quantomeno effimero. Storie come quella di Salim Cissé nel 2009 dovrebbero essere all’ordine del giorno. Partito su un gommone da Tripoli arrivato al Centro di accoglienza di Roma viene, non senza difficoltà, tesserato per il Borgo Massimina, squadra dilettantistica della capitale, poi l’ingaggio in Serie D, con l’Arezzo 13 gol in 27 partite lo nota la Primeira Liga portoghese dove esordisce nell’Academica e raggiunge la consacrazione con la maglia biancoverde dello Sporting Lisbona, con cui esordisce nelle massime competizioni europee. Di Salim ce ne sono tanti ma di storie a lieto fine molto poche. IL CASO SALIM.
Francesco Peluso Cassese Professore Associato Direttore Laboratorio di Ricerca H.E.R.A.C.L.E - Health Education Research Area Università Niccolò Cusano Valentina Zambrano Docente di Diritto internazionale Facoltà di Giurisprudenza, Università Niccolò Cusano
8 marzo
Una storia d’amore tra il sacro e il profano Roma, donne straordinarie sul palco Una folle e sexy storia d’amore tra un diavolo sfigato e la sua angioletta. Una storia d’amore che è riuscita a riscuotere nel giro di pochi anni un successo strepitoso. Parliamo di “Sacro/Profano”, nato sul web e diventato in pochissimo tempo un vero e proprio fenomeno editoriale. L’autrice Mirka Andolfo, illustratrice, fumettista e colorista italiana, è intervenuta a Radio Cusano Campus, nel corso del format “Giochi a Fumetti”. «Sono nata a Napoli ma ormai vivo a Torino da sei anni - racconta la Andolfo - Da piccola ho sempre avuto la passione del disegno e ho fatto il liceo artistico. A Torino ho cominciato a lavorare come colorista su alcuni fumetti,
come Topolino e Geronimo Stilton, oltre ad alcune collaborazioni in Francia e in Ame-
rica. “Sacro/Profano”, invece, è nato circa tre anni fa come web comic». Il fumetto parla della storia d’amore tra Angelina e Damiano, un angelo e un diavolo, in chiave umoristica e un po’ sexy: «Narra la loro vita di coppia e in modo simpatico – ha spiegato Mirka Molti si immedesimano nei miei racconti perch é s o n o cose verosimili che possono succedere a tutte le coppie. Angelina e Damiano in fondosono una coppia normalissima». MERITI. Un successo che giunge meritato, come spes-
so accade in questo mondo: «Il nostro è un lavoro molto difficile, dall’esterno sembra divertente però è molto impegnativo, c’è uno studio incredibile dietro, senza considerare scadenze e consegne. Servono allenamento, dedizione e studio costante per affinare le tecniche. Con il talento senza disciplina non si va da nessuna parte». NOVITà. In questi giorni Mir-
ka Andolfo ha anche annunciato su Facebook una novità importante per il Comicon di Napoli: “Heaven’s Kitchen!”, un manuale per destreggiarsi tra i fornelli con quel tocco di piccante che caratterizza la serie di Sacro/Profano. «Come con “Manuale Sexy” - conclude Mirka troverete una serie di schede contenenti mini gag e ricette create in collaborazione con U Giancu, Gero, Elisa Ferrari,Gabriele Bagnoli e Agnese Pozza per le Edizioni Dentiblù!». © Copyright Università Niccolò Cusano
“Oltre le gambe c’è di più”. Questo il titolo dell’intervento di Martina Caironi, prima donna amputata sopra il ginocchio ad aver battuto la barriera dei 15 secondi nei 100 metri. Martina parlerà oggi alla Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma, nell’ambito della giornata conclusiva di WoW! Woman is noW. L’appuntamento, dalle 18.45 alle 21, è con otto speaker di eccezione che si avvicenderanno sul palco per raccontare, in 12 minuti, le loro esperienze di amore, forza e genialità. LE STORIE. A 18 anni Martina
ha perso una gamba a causa di un incidente. Questo non le ha impedito di fare sport raggiungendo l’oro alle Olimpiadi di Londra nel 2012. Insieme a lei ci sarà Giulia Bongiorno:«Per cambiare le cose nel nostro Paese le donne devono fare battaglie, sia per fare carriera sia per avere più parità tra le mura domestiche - sottoli-
nea la penalista - Credo che per recuperare il poco che le donne hanno avuto fino ad oggi bisognerebbe fare delle leggi fucsia, altro che rosa». Cambiamenti privati e cambiamenti sociali che riguardano tutti noi. Come la storica decisione di Ilaria Capua. La ricercatrice e virologa nel 2006 ha scelto di rendere pubblica la sequenza genetica del virus dell’aviaria facendo nascere la “scienza open-source”: per questo è entrata fra i 50 scienziati top di Scientific American. Le altre protagoniste saranno Francesca Cima, produttrice cinematografica (tra i suoi ultimi lavori Io e Lei, La Grande Bellezza, Youth); Luciana Delle Donne, founder di Officina Creativa; Marida Lombardo Pijola, giornalista e scrittrice; Patrizia Ravaioli, amministratore dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana, e Chiara Russo, CEO and Co-founder di Codemotion. © Copyright Università Niccolò Cusano
L’atleta paralimpica Martina Caironi
martedì 8 marzo 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
La cusano racconta la serie d
Taranto e Nardò BAZZani: «La gavetta Virtus, fra le tre litiganti sulle orme di cosmi» gode solo il Francavilla il punto sul girone h
L’ex attaccante di Samp e Perugia ora guida il Mezzolara: «Parto dalla Serie D come Serse, puntando sul gruppo» – dice Bazzani – ovviamente sono legato all’anno con la Sampdoria in cui abbiamo vinto il campionato di Serie B. Devo ammettere però che la stagione determinante per la mia carriera è stata quella di Arezzo, un vero e proprio bivio. Venivo da un anno non fatto bene a Varese, per i postumi di un infortunio al ginocchio al Venezia. Serse Cosmi e Walter Sabatini puntarono su di me e li ripagai con 20 gol in 30 partite. Feci vedere che potevo dare molto e il Venezia, che aveva il mio cartellino, mi chiamò per la Serie B, allungandomi il contratto. Avessi sbagliato quella stagione con l’Arezzo – ammette - magari sarei finito nel dimenticatoio.
Il tecnico è alla prima stagione in panchina: «è difficile trasmettere ai giocatori ciò che hai imparato in campo» Prima la gavetta da giocatore, ora quella da allenatore. Fabio Bazzani, ex attaccante classe 1976, ha vestito maglie importanti, come quelle di Perugia, Sampdoria e Lazio, non prima però di essersi sudato ogni convocazione, presenza e gol messo a segno. «Ho iniziato nei dilettanti vicino Bologna - racconta Bazzani che, oggi, guida dalla panchina il Mezzolara – Un’esperienza che mi è certamente servita. A 16-17 anni facevo parte di una prima squadra che doveva vincere il campionato di Eccellenza, quindi con tutte le pressioni del caso. Ho fatto la classica gavetta, giocando in tutte le categorie. Dopo l’Eccellenza, che vincemmo, è arrivata la chiamata dal San Donà in serie C2». L’ESORDIO IN A. Da lì è co-
minciata la carriera di Bazzani che, nonostante gli infortuni, è riuscito ad arrivare fino alla Serie A: «Ricordo la prima a Perugia nella massima serie Fabio Bazzani Margherita e Gianfranco Rossi
Cosmi e Sabatini mi fecero poi fare il titolare a Perugia, senza che lo fossi mai stato a certi livelli. Arrivò il gol contro il Milan all’esordio, e 10 reti totali a fine stagione». A GENOVA. Speciale il lega-
me con la Sampdoria: «Con i blucerchiati ho vinto la Serie B e grazie a loro ho anche raggiunto la Nazionale. Ho fatto grandi cose insieme ai miei compagni. Anche queste soddisfazioni sono state merito del primo anno di Serie A con il Perugia». I COMPAGNI. Tanti i compagni
con cui Bazzani ha diviso la carriera: «Ne ho conosciuti davvero molti, sono stato anche in Nazionale e lì c’era il meglio. Nei club, alla Samp con Flachi ho costruito un rapporto straordinario, era un giocatore con un talento smisurato. Ci intendevamo alla grande. Ha fatto tanto ma poteva fare molto di più. Ho giocato a Perugia con Fabian O’Neill, altro talento straordinario, per non dire poi di gente come Liverani alla Lazio». L’ADDIO. Il possibile ritiro di
Totti è uno dei temi che stanno interessando di più gli sportivi, suscitando un dibattito interessante sul momento in cui sia più giusto appendere gli scarpini al chiodo. «Anche se ti diverti, prima o poi devi smettere –spiega Bazzani che, negli ultimi anni, ha giocato proprio al Mezzolara in Serie D - A me piaceva fare l’allenatore, cercavo di essere un riferimento per i miei compagni. E ho accettato con felicità la chance che mi dava il Mezzolara.
unicusanofondi
poker esterno (4-0) dei Regionali a Pontinia e la vittoria interna dei Provinciali, 3-1 ai danni dell’Aurora Vodice Sabaudia. La serie positiva dei fondani è stata chiusa dagli Allievi, che senza problemi hanno superato la Virtus Lenola (4-0), proseguendo così la corsa in vetta al girone e avvicinandosi ancora di più al ritorno nella categoria regionale.
IL MAESTRO. Della propria carriera Bazzani deve molto a Cosmi, che lo ha lanciato nel grande calcio. E i due hanno condiviso anche l’inizio di carriera da allenatore tra i dilettanti. «Ricorderò sempre uno striscione degli amici di Serse: “Da Ponte San Giovanni a Tokyo sempre con te” (Cosmi cominciò in prima categoria con il Pontevecchio, ndr). Partendo dal basso è arrivato a disputare la Champions. Serse è la testimonianza di quanto sia importante fare gavetta. Da calciatore puoi aver fatto la carriera e avere le tue conoscenze, ma mettere in pratica tutto questo – conclude Bazzani - è un’esperienza completamente nuova». © Copyright Università Niccolò Cusano
Juniores nazionali
Quattro successi netti per le giovanili rossoblù Tornano a fare il pieno le formazioni del settore giovanile dell’UnicusanoFondi. Il nuovo en plein dei ragazzi rossoblù è iniziato sabato pomeriggio con il successo della Juniores nazionale, che ha liquidato con un netto 4-1 la Lupa Castelli Romani, che disputa il campionato fuori classifica. Domenica mattina hanno proseguito le due formazioni dei Giovanissimi, con il
La Serie D è già un campionato di livello, soprattutto in questa edizione. Ci sono Parma, Imolese, Forlì, San Marino, Altovicentino solo nel nostro girone. Mi sono seduto in panchina nell’anno in cui la società, per questione di budget, ha rivoluzionato la rosa. Magari – scherza Bazzani - è stato un brutto anno per iniziare, ma serve anche questo. Ho creato un bel gruppo. La squadra è giovane e sta facendo cose importanti per rimanere nella categoria. A prescindere da come andrà questa stagione, mi sarà servita come se avessi allenato per tre anni».
La Juniores nazionale dell’UnicusanoFondi foto vittorio Cobra Due Bertolaccini
CLASSIFICA Pt Trastevere 43 Ostia Mare 39 UnicusanoFondi 38 Aprilia 38 Albalonga 37 San Cesareo 37 Viterbese 36 Rieti 29 Astrea 28 Cynthia 21 Serpentara Bellegra 11 Flaminia 9 Isola Liri (- 1 ) 2 Lupa Castelli Romani -
Nagib Sekkoum, capitano italo-marocchino del Francavilla Antonio Grimaldi
Il girone H si ferma per questa settimana. Ma quando cammina, come accaduto la scorsa domenica, lo fa con il passo della formica. La Virtus Francavilla fa fatica a vincere (un solo successo nelle ultime cinque partite per i pugliesi) ma riesce comunque a conservare il primo posto, perché il big-match tra Nardò e Taranto si è concluso senza reti. La capolista si è dovuta accontentare di un punto contro un buon Manfredonia, che ha sfoderato una gara coraggiosa ed è stato premiato con un pareggio fondamentale nella corsa salvezza.
Un punto a testa per il trio in vetta e ne approfittano i lucani Pari in extremis per l’UnicusanoFondi
RISCATTO FRANCAVILLA. Tra le prime della classe in mostra il Francavilla, unico tra le prime cinque in classifica a vincere. Tre punti che alla squadra di Ranko Lazic mancavano da oltre un mese, dalla gara ricca di polemiche gio-
cata contro l’UnicusanoFondi. Proprio i pontini sono riusciti ad acciuffare nei minuti di recupero il Torrecuso, per il terzo pareggio consecutivo poco utile per le ambizioni del club laziale, che nei sette impegni che restano al termine del campionato saranno costretti a guardarsi le spalle per non perdere l’ultima posizione buona per disputare i gli spareggi della post season. Avversario numero uno degli universitari è il Pomigliano, che grazie alla prima vittoria nel girone di ritorno aggancia il sesto posto e si porta a tre lunghezze dall’UnicusanoFondi.
allievi provinciali
giovanissimi regionali
CLASSIFICA Pt UnicusanoFondi 48 Don Bosco Gaeta 35 SS. Cosma e Damiano 33 Monte San Biagio 33 Formia 1905 32 Mondo Calcio Formia 29 Vigor Gaeta 20 Don Bosco Formia 14 Virtus Lenola 11 Insieme Ausonia 6 Briganti Itri 4 A.V. Scauri 3
CLASSIFICA Pt La Selcetta 48 Aprilia 47 Sermonata 47 Albalonga 43 Virtus Nettuno 33 UnicusanoFondi 31 Podgora 27 Anzio 26 Pomezia 25 Calcio Sezze 24 Unipomezia F.C. 19 Agora FC 29 Pontinia 16 Sabotino 12 Don Bosco Gaeta 7 Priverno Calcio 0
IN CODA. Sotto la zona play off,
le posizioni sono sostanzialmente invariate, con la paura di venire risucchiati nei bassifondi che prevale sulla voglia di trovare lo spunto per chiedere qualcosa in più alla stagione. Deciso balzo in avanti del Marcianise, che nel girone di ritorno ha fatto uno scatto in avanti più deciso e convinto rispetto alle altre formazioni. Al pari del Manfredonia, passo importante anche per il Serpentara, che ha superato fuori casa il San Severo, distante solo tre lunghezze e appaiato all’Isola Liri. Sembrano ormai condannate le ultime tre in classifica, Picerno, Aprilia e Gallipoli. Ma i risultati di lucani e pugliesi (i primi vittoriosi in casa contro il Bisceglie, i secondi hanno strappato un punto al Potenza) fanno capire che c’è ancora voglia di lottare. © Copyright Università Niccolò Cusano
giovanissimi provinciali CLASSIFICA Pt Borgo Faiti 2004 38 UnicusanoFondi 35 Monte Sanbiagio 35 Nuova Circe 26 Palluzzi Priverno 26 Hermada 22 Città di Sonnino 22 Vodice 14 Real Sabaudia 3 Bassiano 0