UNICUSANO FOCUS Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
ALLEGATO AL NUMERO ODIERNO DEL
I.P. A CURA DELL’UNIVERSITà NICCOLò CUSANO e di SpoRTNETWORK martedì 4 OTTOBRE 2016 www.corrieredellosport.it
Settimanale di Scienza, Industria e Sport a cura della Cusano
Personaggi Baiano si prepara per spiccare il volo
Medicina Il dibattito Come si combatte Università l’ipertensione e trasparenza > A PAGINA III
> A PAGINA IV
> A pagina VII
il punto
DYLAN DOG
Lo stato di salute delle banche italiane
I
copyright Sergio Bonelli Editore
30 anni di pura leggenda
Con l’albo numero 361 “Mater dolorosa” l’investigatore dell’incubo taglia un nuovo record: l’autore Recchioni spiega i motivi del successo LA VIGNETTA
> A PAGINA II
sport e disabilità
Un giorno davvero Special alla Cusano > A PAGINA VI Prodotto da “L’ Arte nel Cuore”, Testi di Andrea Giovalè, Disegni di Vincenzo Lomanto. www.fourenergyheroes.it
l sistema bancario italiano, come risulta evidente dalle notizie che quotidianamente vengono sottoposte alla nostra attenzione, sta attraversando un periodo di indubbia difficoltà e non ci deve consolare il fatto che anche in Germania due colossi come Deutsche Bank - fortemente esposta al rischio potenziale degli strumenti derivati - e Commerzbank - alle prese con l’ipotesi di dover licenziare 9.500 dipendenti - si trovino in condizioni estremamente delicate. Sono ben note le vicissitudini, non ancora superate, che hanno interessato le tristemente famose quattro banche (Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti); non è ancora stata realizzata la vendita delle good banks che hanno avuto origine dalla loro crisi e alcuni risparmiatori che avevano sottoscritto le obbligazioni subordinate sono in attesa dei rimborsi. Nel contempo, il piano di salvataggio del Monte dei Paschi di Siena va avanti a rilento e tra notevoli difficoltà di attuazione, legate alla cartolarizzazione dei crediti e, soprattutto, all’aumento del capitale sociale; è evidente, tuttavia, che non ci si può concedere il lusso di esporre l’istituto al bail in che, come ben sappiamo, dal 1 gennaio 2016 incombe sulle banche europee in stato di crisi e, quindi, è necessario procedere con concretezza e tempestività. Al di là dei casi particolari, le banche italiane in termini di patrimonializzazione, almeno per quanto riguarda quelle di maggiore dimensione come dimostrato dagli stress test elaborati prima dell’estate dall’EBA - presentano una situazione soddisfacente che evidenzia una sana e prudente gestione nel rispetto delle indicazioni del TUB, in vigore dal 1993. La maggiore preoccupazione che affligge le nostre aziende di credito è costituita dai crediti deteriorati che, come indica l’espressione, presentano difficoltà più o meno rilevanti, in ordine alla loro riscossione. Essi comprendono: i crediti scaduti, cioè quelli ancora non riscossi a 90180 giorni dalla scadenza, ma che spesso poi si regolarizzano; le inadempienze probabili espressione che ha sostituito i crediti incagliati - che hanno problemi di buon fine e potrebbero purtroppo affluire tra quelli in sofferenza; questi ultimi comprendono i crediti per i quali sono iniziate le azioni legali volte a far pagare il debitore, nel tentativo di massimizzare il valore di recupero. Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano SEGUE A PAGINA II
II UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 4 OTTOBRE 2016
fumetti ed economia
Dylan dog trent’anni di un cult Roberto Recchioni, autore dell’albo celebrativo numero 361: «Ecco i motivi del suo successo» Il personaggio ideato da Sclavi ha esordito il 26 settembre del 1986 In tutte le edicole è appena uscito il numero 361 di Dylan Dog, dal titolo “Mater Dolorosa”. L’albo ha aperto ufficialmente le celebrazioni per il trentesimo anniversario di Dylan. Il soggetto e la sceneggiatura sono di Roberto Recchioni, mentre i disegni sono stati realizzati da Gigi Cavenago. La copertina è firmata ancora una volta da Angelo Stano. Proprio Roberto Recchioni è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus nel corso del programma “Giochi a Fumetti” per parlare di questo compleanno speciale. C’è stata molta attesa per “Mater dolorosa”. Tra le sue pagine abbiamo ritrovato Mater Morbi, la madre di tutte le malattie che già aveva colpito positivamente i lettori nel 2011. «Era il numero 280, il mio secondo album di Dylan Dog, che mi è valso la prima telefonata di Tiziano Sclavi che lo aveva apprezzato molto. Quell’albo generò molto casino: il sottosegretario Roccella fece un lungo intervento perché secondo lei inneggiava all’eutanasia. Poi ci chiese scusa dopo averlo letto. Si parlò molto di Dylan, fu un momento interessante. Il 361 è un insieme di cose tra cui proprio il seguito di quell’album». Al suo interno ci sono personaggi ed elementi classici di Dylan Dog ma anche novità. Come sei riuscito a costruire e a mantenere l’equilibrio
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tra il vecchio e il nuovo? «È stata una sfida molto difficile. Tutto partiva dall’idea che volevo dare un seguito a “Mater Morbi”. Ci sono ancora cose che voglio dire sull’argomento della malattia ma allo stesso tempo era anche un albo che doveva celebrare il personaggio. “Mater Morbi” era più incentrato sulla mia esperienza, questo invece deve fare un passo indietro rispetto a me e mettersi più a servizio della mitologia di Dylan». In “Mater dolorosa” sei tornato sul tema della malattia. Era tua intenzione dare forza a chi in questo momento sta passando un momento di difficoltà con la propria patologia? «È la mia stessa testimonianza a parlare. Sono 42 anni che sono in piedi ma sono praticamente morto tre volte, mi hanno detto che non sarei mai andato oltre gli otto anni di vita. Sono ancora vivo e riesco a condurre una vita relativamente equilibrata. In me è forte la riflessione su come convivere con la malattia e la sofferenza. In “Mater Dolorosa” c’è una riflessione dupli-
ce sulla malattia. Da un lato è qualcosa che ci spazza via ma è allo stesso tempo l’occa- sione per cui possiamo crescere. Mostrami un uomo che non ha mai sofferto e io ti mostrerò uno sciocco. L’aspetto seducente è legato al fatto che la malattia permette agli uomini di essere giustificati, una sorta di protezione dal mondo esterno. È il motivo per cui la nostra “Mater Morbi” è bella e attraente. La malattia è anche una coperta calda in cui nascondersi, è una condizione orribile ma allo stesso tempo ti solleva dai pesi della vita. Non ci sono più le scadenze o il lavoro: sei malato. La malattia in certi casi diventa un bozzolo in cui nascondersi per
Tutte le immagini sono con copyright Sergio Bonelli Editore
tirarsi fuori dalla vita vera e propria». “Mater dolorosa” ha aperto le celebrazioni per il 30mo anniversario di Dylan Dog. Ce ne anticipi qualcuna? «Durante tutto l’anno cercheremo di festeggiare quanto più possibile questo momento. Sono previste molte cose, la prima tra tutte il ritorno di Tiziano Sclavi che il numero 362 torna a scrivere un albo speciale dopo un silenzio durato nove anni. Un “Lungo silenzio”, che è anche il titolo della storia. Sarà un albo speciale con una copertina speciale, completamente bianca nell’edizione di edicola e verrà presentato in una seconda edizione di pregio al Lucca Comics, che sarà teatro di alcune delle più importanti celebrazioni: una mostra e la presentazione di “Dylan Dog Diary”, in cui 30 autori racconteran-
no ognuno un anno di Dylan dal loro punto di vista. A Milano, poi, il 26 ottobre ci sarà un evento al cinema Odeon dove sono tutti invitati (basta presentarsi con una copia di Dylan Dog) per vedere un film insieme agli autori e con un gruppo di zombie». Quali sono i segreti del successo di Dylan Dog? «Ci sono tre elementi distinti. Prima di tutto la qualità. Dylan è un fumetto scritto straordinariamente bene, Tiziano sforna nei primi cento numeri una serie di capolavori del fumetto mondiale. Il secondo punto è il saper intuire e intercettare lo spirito dei tempi. Infine il fatto che il fenomeno si autoalimenta. Più persone leggono Dylan Dog, più persone lo vogliono leggere. Dylan Dog è diventato fenomeno e poi moda, arrivando a tutti». Ti ricordi la prima volta che hai letto Dylan Dog? «Nitidamente. Era il numero 5, avevo 12 anni e mi cambiò parecchio la vita, perché all’epoca ero un lettore snob e credevo che il buon fumetto
stesse solo nei fumetti d’autore pubblicati in riviste come l’Eternauta o Corto Maltese. Era un’estate, comprai questo albo al mare e mi folgorò perché era pa- lesemente un
Roberto Recchioni Foto Erica Fava
punto di incontro tra il fumetto popolare e il fumetto autoriale. Da lì è nato l’amore che dura fino a oggi». Come sei arrivato in Bonelli? E quando sei diventato il curatore di Dylan Dog? «Ho fatto un percorso particolare. Iniziai a fare John Doe 13 o 14 anni fa. Sergio Bonelli e Mauro Marchesel-
li, che poi è stato il direttore editoriale della SBE, erano lettori e avevano stimato da subito il mio lavoro. Mi invitarono a pranzo, poi siamo rimasti amici per molti anni. Io non chiedevo lavoro a loro e loro non me ne offrivano. Sergio rispettava molto chi non chiedeva lavoro. Con l’occasione del Dylan Dog Color Fest numero uno, che era una testata antologica che doveva contenere autori con esperienze diverse, Mauro mi chiese se volevo realizzare una storia di Dylan, io accettati e la realizzammo con Massimo Carnevale. Subito le cose partirono bene. Da lì ho poi scritto il mio primo Dylan Dog, “Il modulo A38” disegnato da Bruno Brindisi. La storia successiva fu “Mater Morbi”. Da quel momento le cose cambiarono. Tiziano mi volle conoscere, diventammo amici e quando arrivò l’occasione di cambiare le cose su Dylan che secondo Tiziano era un po’ fermo, lui fece il mio nome. All’epoca, per la Bonelli, facevo Orfani e non accettai perché ero terrorizzato. Aa alla seconda richiesta di Tiziano, non ho rifiutato». L’esperienza di Orfani è stata importante per dare alla luce la storia di “Mater Dolorosa”? «Sì, e non solo la questione artistica dovuta al coinvolgimento di Gigi Cavenago, che ho conosciuto proprio tra le pagine di Orfani. C’è anche un mero aspetto tecnico: se non ci fosse stato Orfani, non ci sarebbe potuto essere questo albo. È stato il banco di prova di una tecnica di colorazione e di un processo di stampa per dimostrare che un certo tipo di resa del fumetto era possibile anche sulla carta del fumetto popolare ad alta tiratura». © Copyright Università Niccolò Cusano
l’analisi
Le nostre banche sotto la lente dei numeri SEGUE DA PAGINA I
È il tema della redditività che rimane al centro dell’attenzione e preoccupa maggiormente, visto che il livello è in generale insufficiente a garantire lo sviluppo e, in alcuni casi, la sopravvivenza delle banche. Del resto, è innegabile che svalutazioni e perdite su crediti hanno raggiunto negli ultimi anni picchi difficilmente riscontrati in passato; ciò è derivato dalla ben nota crisi economico-finanziaria e anche da concessioni di linee di credito purtroppo non sempre accompagnate da adeguate garanzie. A tali problematiche, come sottolineato anche dal presidente Draghi - in generale per le banche europee e in particolare per quelle italiane - si sono aggiunti il notevola riduzione
della forbice dei tassi dovuto alla generalizzata riduzione degli stessi, l’elevatezza dei costi operativi connessi alla raccolta e all’impiego dei fondi e l’esistenza di un numero eccessivo di banche che certamente amplifica tutti gli elementi richiamati. In Italia, infatti, il problema del sottodimensionamento del sistema creditizio - ben noto da molti decenni e derivante da una corretta, almeno fino a un po’ di anni fa, politica di frazionamento del rischio - è stato affrontato parzialmente e in modo frammentario. A partire dagli anni ’80 si sono sviluppate operazioni di fusione insufficienti sotto il profilo della numerosità e con piani di razionalizzazione non sempre ben articolati e adeguati; è necessario incrementarle e migliorarle
sotto il profilo qualitativo, anche se è difficilmente realizzabile il raggiungimento di dimensioni competitive con i colossi internazionali. La crescita dimensionale, tuttavia, può giovare notevolmente a creare condizioni di gestione permeate da una maggiore economicità - cioè la capacità di svolgere nel miglior modo possibile i processi produttivi, limitando i relativi costi - soprattutto attraverso la realizzazione di economie di scala; ciò deve essere accompagnato da piani di riduzione del personale - visti l’elevatezza dei costi connessi e l’impatto delle procedure automatizzate - che però devono essere attuati con gradualità, contemperando l’esigenza di economicità delle banche con quella occupazionale. Le considera-
zioni sinteticamente richiamate aiutano a comprendere quali siano le motivazioni alla base della notevole riduzione del valore delle azioni sui mercati finanziari che assistono a quanto succede e poi reagiscono di conseguenza. Da inizio anno, la capitalizzazione nella Borsa di Milano - cioè il risultato del prodotto numero azioni/valore di mercato - si è ridotta del 50,2%, più del doppio del 23,2% che è il dato europeo medio. Si va dal -84,89% del Monte dei Paschi di Siena al -29,51% del Credem, passando per -83,64% del Banco Popolare, -66,94% di Ubi Banca, -61,22% di BPM, -59,65% di Unicredit, -52,95% di BPER, -40,03% di Banca Popolare di Sondrio, -36,08% di Banca Intesa, -34,83%; queste percentuali esprimono lo
stato di difficoltà in cui versano le banche quotate ed esprimono lo stato di salute del nostro sistema bancario, peraltro caratterizzato, come sottolineato in precedenza, dalla presenza di una miriade di banche di piccole e medie dimensioni che, purtroppo, in alcuni casi non presentano situazioni migliori. E allora non ci resta che sperare in un superamento delle difficoltà congiunturali - legato indissolubilmente a una ripresa economica più decisa e duratura - che consenta di restituire alle nostre banche la necessaria tranquillità operativa fondamentale per garantire un più agevole accesso al credito da parte di famiglie e imprese. Le aziende di credito, infatti, nonostante gli interventi della BCE volti a mettere a loro
disposizione ingenti quantitativi di denaro, sono sempre molto attente a concedere prestiti - nelle varie tipologie - per il gravoso problema dei crediti deteriorati. Ciò ha ripercussioni negative, com’è facilmente intuibile, sia per la redditività del-
le banche sia in riferimento alla possibilità per la clientela di avere finanziamenti, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese. Fabio Fortuna Magnifico Rettore Università Niccolò Cusano
martedì 4 ottobre 2016
UNICUSANO FOCUS III CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
cultura e ricerca
immunità degli Stati cosa dice la legge Il professor Girelli, docente di Diritto costituzionale alla Cusano, spiega la giurisprudenza sulla responsabilità dei Paesi nei crimini di guerra be porsi il problema della giurisdizione: questa volta non più del giudice della cognizione, ma di quello della esecuzione. Il giudice dell’esecuzione, sulla base dei principi affermati dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni unite della Cassazione, forse potrebbe affermare la propria giurisdizione; potrebbe però anche dichiararsi non munito di giurisdizione oppure sollevare questione di legittimità costituzionale per cercare di ottenere statuizioni analoghe a quella fatte da Corte cost. 238/2014 che si attaglino però in modo specifico alla fase dell’esecuzione.
Il tema è stato oggetto di dibattito alla Cusano in un convegno inter-universitario La vicenda (non solo) italiana circa la giustiziabilità delle atrocità compiute dai nazisti durante la seconda guerra mondiale giunge ora a compiuta definizione con il deposito della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 15812 del 29 luglio 2016. Invero, già la Corte costituzionale con la sentenza n. 238/2014, e poi anche con l’ordinanza n. 30/2015, aveva nitidamente affermato che i fatti configurabili quali crimini di guerra e contro l’umanità non ricadono nell’alveo applicativo dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile e dunque su di essi il giudice ben può (rectius, deve) affermare la propria giurisdizione. La Corte costituzionale aveva dunque posto un argine alla consuetudine internazionale sull’immunità degli Stati ancorché la Corte Internazionale di Giustizia, con la sentenza del 3 febbraio 2012, Germania c. Italia (con intervento della Grecia), ne avesse sancito una portata in buona sostanza illimitata. Il Tribunale di Firenze, che, in effetti, aveva sollecitato l’intervento della Corte
La sede della Corte Costituzionale si trova nel Palazzo della Consulta a Roma, in piazza del Quirinale. In alto, l’ingresso del campus della Cusano
costituzionale, ha poi recepito quanto da essa stabilito così come le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 21946 del 28 ottobre 2015, relativa però a fatti diversi dai crimini perpetrati dai nazisti. La decisione delle Sezioni unite di fine luglio, invece, è stata resa nell’ambito di una controversia per il risarcimento dei danni derivanti dalla deportazione di cittadini italiani in Germania e dalla loro conseguente sottoposizione ai lavori forzati. La Cassazione ha dato seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 238/2014,
Un momento del dibattito alla Cusano
affermando la giurisdizione del giudice civile. Poiché è una decisione delle Sezioni unite è ora assai difficile che i giudici del merito si discostino da questo orientamento. Va infatti ricordata la peculiare forza persuasiva tradizionalmente riconosciuta alle decisioni della Cassazione, e in particolare a quelle delle Sezioni unite, in ragione della funzione nomofilattica esercitata istituzionalmente dalla Suprema Corte e, come dire, ulteriormente potenziata tramite la riscrittura nel 2006 dell’art. 374 c.p.c. Il giudice, quindi, in questi (terribili) casi è mu-
nito di giurisdizione e, salvo impedimenti processuali, può conoscere il caso nel merito per poi decidere se la pretesa risarcitoria abbia o meno fondamento. Tuttavia, all’esito del processo, potrebbe esser necessario aprire la fase dell’esecuzione. Voglio dire: se, in ipotesi, si vince la causa e la parte soccombente (Repubblica federale tedesca) non intende pagare il risarcimento, per ottenere in concreto il ristoro economico riconosciuto occorre mettere in esecuzione la sentenza. Anche in questa fase potreb-
In ogni modo lo “scoglio” dell’immunità degli Stati è stato rimosso (per ora) solo per il diritto interno italiano: i giudici italiani della cognizione ora possono dichiararsi muniti di giurisdizione, mentre i giudici italiani della esecuzione potrebbero seguire le strade sopra prefigurate. I giudici stranieri naturalmente debbono seguire le regole vigenti nei loro ordinamenti. Fermo l’importante passo in avanti fatto dalla giurisprudenza italiana, ancora non si può certo affermare che nell’ordinamento internazionale la norma consuetudinaria sull’immunità sia cambiata: per questo sarebbe necessario un nuovo (e diverso) pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia. In
ogni modo, non è questa la prima volta che qui all’UniCusano ci occupiamo di questi problemi: all’indomani, anzi, del deposito della storica sentenza n. 238/2014 della Corte costituzionale il professor Nicola Colacino, docente di Diritto internazionale nella facoltà di Scienze politiche, e io organizzammo il convegno “Corte costituzionale e creazione indiretta del diritto: i (contro)limiti all’immunità degli Stati dalla giurisdizione”, che aveva visto la partecipazione, tra gli altri, di Claudio Zanghì, professore emerito di Diritto internazionale della Sapienza Università di Roma, Stefano Maria Cicconetti, professore emerito di Diritto costituzionale dell’Università degli Studi Roma Tre, il dottor Luca Minniti, giudice del Tribunale civile di Firenze (che sollevò le questioni di costituzionalità), Giuseppe Tesauro, presidente della Corte costituzionale e redattore della sentenza 238, e il dottor Antonino Intelisano, procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Leggere, oggi, dopo ormai due anni, questa sentenza della Cassazione resa a Sezioni unite mi fa pensare, senza falsa modestia, che studiare, fare ricerca, forse serve davvero a qualcosa. Federico Girelli Docente di Diritto costituzionale Università Niccolò Cusano
medicina
Stile di vita corretto e dieta sana per combattere l’ipertensione Il professor Letizia della Sapienza spiega come tenere sotto controllo la pressione L’ipertensione arteriosa rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica. In Italia, secondo alcuni dati ufficiali, il 56% degli uomini e il 43% delle donne tra i 35 e i 79 anni sono ipertesi. I valori medi della pressione arteriosa sono più elevati negli uomini rispetto alle donne e sono più elevati al Nord e al Sud rispetto al Centro. Anche per quanto riguarda il trattamento antipertensivo, il quadro appare migliore per le donne, sia nel complesso sia per area geografica. Di ipertensione ne ha parlato il professor Claudio Letizia, professore di Medicina interna all’Università di Roma “La Sapienza” e
direttore del centro di riferimento della Regione Lazio per la Diagnosi e cura dell’ipertensione secondaria, intervenuto durante la diretta del programma “Genetica Oggi” in onda su Radio Cusano Campus. Professor Letizia, la pres-
sione è uno di quei parametri da tenere strettamente sotto controllo quando parliamo di salute del cuore. «Certamente, anche perché un aumento della pressione arteriosa rappresenta a oggi una delle cause più importanti di mortalità per pato-
logie cardiovascolari fra cui l’ictus cerebrale sia ischemico che emorragico nonché l’infarto acuto del miocardio. Chi sopravvive poi a tali eventi ne paga purtroppo in termini di qualità della vita». L’ipertensione è chiamata anche “il killer silenzioso”.
Perché? «Perché purtroppo l’ipertensione nella stragrande maggioranza dei casi non dà segnali evidenti. Molte delle persone che ne soffrono non sanno di averla in quanto l’ipertensione arteriosa di per sé non si manifesta con particolari disturbi. Alcune volte, però, ci possono essere cefalea, disturbi della vista, ronzii alle orecchie ma di solito l’aumento della pressione non ha sintomi correlati e spesso la si rileva occasionalmente a seguito di una visita medica oppure attraverso una misurazione in ambito domestico». Cosa fare per mantenerla entro i valori 80-120 ? «Il valore 80-120 è quello ottimale di pressione arteriosa. Già quando noi ci spostiamo su valori di 85130, come nei pazienti affetti da sindrome metabolica, rappresenta un fatto-
re di rischio se lo pensiamo legato appunto all’ipercolesterolemia, all’obesità e/o al diabete». Quali le attenzioni da seguire per mantenere la pressione sotto controllo?
«Un cambiamento dello stile di vita migliora sicuramente i valori. Per esempio, aumentando l’attività fisica con 30-60 minuti di attività moderata, tutti i giorni, osserviamo una riduzione della pressione. In generale sareb-
genetica oggi, in onda su radio cusano campus La trasmissione “Genetica Oggi”, condotta da Andrea Lupoli, va in onda dal lunedì al venerdì su Radio Cusano Campus (89.1 in Fm a Roma e nel Lazio, in streaming su www.radiocusanocampus.it) dalle ore 12 alle 13.
be opportuno ridurre le calorie, perdendo anche peso o mantenendo quello forma, aumentare le porzioni di frutta o verdura (8-10 al giorno), ridurre i grassi saturi e ridurre la quantità di sale a 3-4 gr al giorno. Consumare, poi, più cereali integrali e ridurre la circonferenza addominale che è fondamentale quando parliamo di pressione arteriosa. Una circonferenza superiore a 102 cm negli uomini e a 88 nelle donne è indicazione di eccesso di grasso dannoso. Infine bere alcolici con moderazione e smettere di fumare». © Copyright Università Niccolò Cusano
IV UNICUSANO FOCUS CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 4 ottobre 2016
CULTURA
l’università ha bisogno di trasparenza
Pivato, Ichino, Ferri e Uricchio: quattro accademici commentano i criteri di assegnazione degli incarichi Le opinioni sulla denuncia del presidente Anac Cantone raccolte dalla Cusano
abbiamo raccolto dal nostro giro di opinioni in risposta alla denuncia di Raffaele Cantone, dal mancato stupore dei più all’incredulità di altri, dalla passiva accettazione della realtà dei fatti alla presentazione di modelli alternativi: un ex rettore attualmente scrittore, un professore-senatore, un docente dell’Università Niccolò Cusano e un rettore attualmente in carica, e ognuno di loro ha dato la propria personalissima opinione sulle frasi pronunciate da chi vigila sui corrotti.
«Siamo subissati da segnalazioni su questioni universitarie, soprattutto sui concorsi» attraverso i quali vengono assegnate cattedre e incarichi. Con questa denuncia di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, sul mondo accademico italiano si è scatenata nuovamente la bufera. E Canto- Stefano Pivato (ex Rettore ne prosegue, intervenen- dell’Università di Urbino, audo a Firenze al convegno tore del pamphlet di successo “Ai limiti della dodei responsabili cenza”): «Mi sono amministrativi fatto qualche delle università: «C’è un nemico all’interno dell’ugrande collegamento, niversità - ha enorme, tra affermato Pivato - ma era fuga di cervelli e cornormale. ruzione. Così come Non voglio molti nemici, molti di entrare nel merito, non L’ex rettore Stefano Pivato più di me, se li è fatti Rafho la struttura né la competenza – ha faele Cantone. C’è stata una aggiunto – ma la riforma battuta di Cantone che è staGelmini secondo me ha fi- ta fraintesa, anche dall’ex minito per creare più problemi nistra Gelmini. Cantone si di quanti ne abbia risolti. è chiesto se è mai possibile Per esempio, ha istituziona- che serva una legge per relizzato il sospetto: l’idea che golare il nepotismo. Altrove, non ci possano essere rap- in Inghilterra, negli Usa e in porti di parentela all’inter- Francia non si pone neanche no dello stesso dipartimen- il problema. Non esiste l’asto, il che ha portato a situa- sunzione di parenti e nipozioni paradossali». ti. Qui da noi si deve regolare e viene continuamente scaDalle parole del numero uno valcata. Io dico sempre che dell’anticorruzione alla rid- il professore universitario è da di analisi, commenti e di- un camaleonte, ha una casamine delle stesse è passa- pacità incredibile di adattarsi ta poco più di qualche ora, alle situazioni e di superare le con continui riferimenti sul- regole. Questa è l’università, la stampa nazionale duran- non deve sorprendere. L’unite tutto l’arco della settima- versità in Italia è una corpona successiva. In questo ar- razione. Questo non avviene ticolo vi presentiamo ciò che solo all’interno dell’universi-
bilità per l’ateneo che intende accogliere questa sfida. A quel punto la facoltà può aumentare le tasse, è libera di scegliere i propri docenti e ricercatori e pagarli».
tà, ma all’università avviene bero già dei passi in avanti, è meglio perché dopo la chie- una delle vie per risolvere il sa l’università è l’istituzio- problema». ne più antica in Italia, quindi è un’istituzione perfetta Pietro Ichino (accademico, anche nelle sue perversioni, Senatore della Repubblica, per cui queste manovre rie- giornalista, giuslavorista): scono molto bene». «Quello dei concorsi universitari è «Ci sono docenti un metodo di universitari che reclutamento sono evasori morali - ha che contribuisce alle concluso Pivato- C’è stanon brillanti to un allonperformantanamento ce del nostro sistema dall’etica in universitario questi ultimi decenni – ha affermaIl senatore Pietro Ichino to Ichino - Il all’interno concorso gadell’università. Si è badato più alle car- rantisce una regolarità forriere che alla qualità della ri- male, ma non garantisce in cerca o dell’insegnamento. alcun modo che venga priE qui è tornato a imperare vilegiato il merito e la veriil nepotismo. Io ritengo che tà utilità didattica per la riabolendo i concorsi si fareb- cerca nell’università. La mia
proposta è basata sul sistema chiamato income contingent loans, cioè prestiti da restituire solo se la scommessa risulterà vinta. Lo Stato dovrebbe offrire a tutti il prestito necessario: per esempio 15 mila euro all’anno. Col patto che questo prestito verrà restituito dall’interessato, a rate, soltanto se e a partire da quando incomincerà a guadagnare più di 24 mila euro. Questa meccanismo consente allo studente di compiere questa scommessa sulle proprie capacità e sulla buona istruzione in tutta serenità, perché se la scommessa andrà perduta e resterà disoccupato non sarà tenuto alla restituzione. È un meccanismo estremamente democratico che ha il pregio di responsabilizzare lo studente, ma responsabilizza fortemente anche l’università». «Altro risvol-
tipo di meccanismi, per non parlare di un sistema che sanzioni e faccia scontare pratiche opache e volte alla proliferazione di casi di nepotismo e clientelismo».
Enrico Ferri (titolare del- Antonio Uricchio (Rettore le cattedre di Storia dei pa- dell’Università di Bari): «L’uesi islamici e Filosofia del di- niversità di Bari è stata protaritto presso la facoltà gonista di alcuni casi di Giurisprudendi nepotismo ma za dell’Universicredo che il latà Niccolò Cuvoro svolto sano): «Nel negli ultimi panorama anni, anche accademicon l’istituco italiano zione di un c’è molto da organismo fare, la quein grado di stione che far rispettare un codimi preoccupa maggiorIl rettore Antonio Uricchio ce etico, ci mente è chi porti in una lo deve fare. Dovrebbe essere direzione completamente una spinta che viene dall’in- opposta rispetto al passato. terno dell’università, perché Quando leggo sui giornali pensare a un ente terzo che di corruzione accademica lavori per moralizzare il no- e vedo dati e numeri relativi stro mondo mi risulta molto al mio ateneo, posso assicudifficile. E come poi? A colpi rare che si tratta di situazioni di ricorsi, di leggi o attraver- che non appartengono alla to molto rilevante è che in so l’individuazione di criteri nostra attualità, paghiamo questo modo l’università che di moralità, correttezza o af- una nomea che fatichiamo a sceglie male i propri docen- fidabilità? Onestamente non scrollarci di dosso. Il sistema ti, in modo clientelare e ne- ci credo. Se nel mondo acca- di reclutamento negli ultimi potistico, oltre a rischiare in demico non tornerà a esser- dieci anni ha seguito altre lofuturo di dover pagare per i ci maggior attenzione, mag- giche che hanno portato a un fallimenti, rischierà di falli- gior serietà e maggior rispetto significativo ridimensionare perché gli studenti di regole anche relati- mento di questo fenomeno ve al buon gusto, di cui parla Cantone. La nonon si iscriveranno vedendo che continueremo a stra volontà è quella di pernon funziona. trovare dipar- correre strade che ci portitimenti con no il più lontano possibile Il problema è i professori, da quelle della corruzione e che proporre le loro mo- del clientelismo, forse il noquesto schema in Itagli e i loro fi- stro codice etico non ha funlia comporgli che, sfac- zionato sempre al meglio ma terebbe una ciatamen- si parla di un momento stote, si ergono rico ben preciso, quando i rivoluzione anche ad au- dipartimenti sostituirono le molto profonda, radiIl professor Enrico Ferri torità morali facoltà e la loro scelta fu fatcale, che non con la facoltà ta su criteri non propriamenè politicamente proponibi- di fare la predica agli altri. Bi- te meritocratici. Però, lo rile dall’oggi al domani, però il sogna promuovere il cambia- badisco, questa è l’immagiprogetto di Daniele Terlizze- mento su più fronti: su quel- ne sbiadita del nostro passase esposto nel suo libro “Fa- lo interno dell’università ma to, non fa parte dell’attualità coltà di scelta”, prevede che anche sull’attenzione dell’o- del nostro lavoro». © Copyright Università Niccolò Cusano in Italia si apra questa possi- pinione pubblica su questo
martedì 4 ottobre 2016
Unicusano FOCUS V CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
Cultura
grande guerra i perché dell’ingresso americano
A spingere gli Stati Uniti nel conflitto mondiale nel 1917 furono motivi economico-commerciali, spiega il prof. Berardi della Cusano A giocare un ruolo determinante fu l’affondamento del Lusitania da parte tedesca Il prossimo anno, per il centenario della Grande Guerra, si celebreranno i fatti del 1917, a partire dall’ingresso dell’America nella Prima Guerra Mondiale. Fu alla ripresa della guerra sottomarina illimitata da parte della Germania che il governo americano scelse di entrare in guerra. Era il 6 aprile 1917. L’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto rafforzò straordinariamente l’Intesa sul piano finanziario, industriale e militare, proprio nel momento in cui la Russia stava cedendo e il suo fronte era sul punto di crollare. In vista delle prossime elezioni presidenziali americane, per conoscere meglio la storia degli States, Radio Cusano Campus ha voluto approfondire con “Gli USA e la Grande Guerra”, una puntata de “La Storia Oscura” (trasmissione curata e condotta da Fabio Camillacci). Un focus per provare a chiarire alcuni punti oscuri.
Le truppe americane durante la Prima Guerra Mondiale CAMBIO DI MARCIA. Molti sto-
rici hanno definito controversa la decisione dell’allora presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, di entrare nella Grande Guerra. Soprattutto perché l’America fino a quel momento aveva seguito la cosiddetta dottrina isolazionista; poi, improvvisamente, il cambio di marcia: perché? Abbiamo girato la domanda allo storico Silvio Berardi, professore associato di Storia contemporanea e di Storia e Istituzioni delle Americhe all’Università Niccolò Cusano: «Effettivamente fu un’inversione di tendenza rispetto al cosiddetto isolazionismo voluto dal presidente
James Monroe (in carica dal 1817 al 1825, ndr). La dottrina di Monroe poneva gli Usa in una situazione di completa autonomia o indipendenza rispetto alle vicende del Continente americano; gli Stati Uniti, al di là di questo, erano comunque sempre attenti a
quello che accadeva in Europa e soprattutto avevano già da tempo messo in evidenza come gli europei avrebbero dovuto abbandonare i loro interessi, non solo all’interno dell’America del nord ma di tutto il Continente americano. Cosa spinge dunque il
Raccontare la storia per capire l’attualità La “Storia Oscura” in onda dal lunedi al venerdi dalle 13.00 alle 15.00. Un programma nato per raccontare, analizzare e approfondire i fatti del passato: dalle origini ai giorni nostri. Obiettivo: far luce su fatti ed eventi storici avvolti nel mistero. D’altronde, la ricerca della verità è sempre stato il desiderio principale di Niccolò Cusano.
presidente Wilson nel 1917 a entrare nella Prima Guerra Mondiale? Soprattutto ragioni di carattere economicofinanziario. Quindi: interessi commerciali che in qualche modo spingono l’opinione pubblica americana e gli ambienti democratici a dichiarare guerra a Germania e Austria-Ungheria. D’altronde è storicamente così e ne parlammo anche in occasione dell’approfondimento sulla guerra di secessione americana: ci sono da sempre motivi economico-finanziari e commerciali dietro le guerre fatte dagli Stati Uniti. Dalla stessa guerra di secessione, fino alla seconda guerra mondiale, passando per la prima. Questa è una costante nella storia degli Stati Uniti fin dalla loro nascita. Chiaramente l’interesse politico è presente, come è sempre stato presente l’interesse per una geopolitica europea favorevole agli interessi americani ma in secondo piano rispetto alla componente economica e commerciale».
sto è vero - ha sottolineato il professor Silvio Berardi dell’Unicusano - ma l’ingresso degli Usa nella Prima Guerra Mondiale cambiò completamente gli equilibri delle forze militari in campo. In sintesi, l’America riuscì perfettamente a compensare l’uscita della Russia dal conflitto e dunque a contribuire in modo assolutamente determinante alla vittoria finale dell’Intesa formata da Francia, Gran Bretagna e Italia. Certo, nella Grande Guerra non abbiamo quel progresso tecnologico che gli Stati Uniti seppero dimostrare nel corso della Seconda Guerra Mondiale ma è chiaro che rispetto alle altre potenze europee il loro progresso e la loro situazione generale era sicuramente di prim’ordine». Già nel 1915 gli Stati Uniti furono sul
Il presidente americano Woodrow Wilson
punto di entrare nella Grande Guerra dopo l’affondamento del transatlantico “Lusitania” da parte di un U-Boot tedesco al largo delle coste irlandesi. Il “Lusitania” era un transatlantico inglese salpato da New York e diretto a Liverpool con a bordo un centinaio di cittadini americani e un carico di armi destinato alle forze dell’Intesa. Non a caso, fu proprio l’esplosivo presente nella stiva ad accelerare l’affondamento della nave che colò a picco in 18 minuti causando la morte di circa 1200 persone. Su questo episodio il professor Silvio Berardi, storico dell’Unicusano, è stato chiaro: «Io considero l’affondamento del ‘Lusitania’ il classico casus belli tipo l’attacco giapponese nella base americana di Pearl Harbor del 1941 che cau-
MOTIVI. Quando gli Stati Uniti
decisero di entrare nella Grande Guerra però, pur avendo molte risorse e molti mezzi bellici, non erano in possesso di un esercito esperto: «Que-
Il transatlantico Lusitania
sò l’ingresso degli Usa nella Seconda Guerra Mondiale. Soprattutto quello del Lusitania fu un casus belli che poteva creare grossi problemi agli Usa all’indomani di un’eventuale vittoria tedesca; torniamo al discorso di prima, motivi economico-commerciali. Perché se la Germania avesse vinto la Guerra, allora con grande probabilità gli interessi americani in Europa sarebbero stati danneggiati, anche perché sarebbero stati danneggiati gli interessi del principale partner americano e cioè la Gran Bretagna. Quindi, il casus belli Lusitania ebbe sì un ruolo importante ma molto più che quell’affondamento fu determinante al fine dell’ingresso degli Usa nella Grande Guerra, lo scenario eventuale in caso di vittoria tedesca. Scenario che la stessa America aveva ipotizzato con conseguente crollo degli interessi economici nel contesto europeo». Al di là di tutto, l’ingresso degli Stati Uniti in guerra consentì al governo americano di gestire direttamente le forniture belliche ai governi amici e di fornire le coperture finanziarie per l’acquisto delle merci e delle armi. Tanto per tornare ai soliti motivi economico-commerciali. © Copyright Università Niccolò Cusano
beni culturali
I nuovi Monuments Men in difesa dell’arte nel mondo L’impegno di Iccrom raccontato dal suo direttore generale, l’archeologo Stefano De Caro L’Università Niccolò Cusano apre le porte non solo alla didattica e alla ricerca, ma anche alla cultura. In questo senso, di grande interesse è il lavoro che viene svolto ormai dal 1978 dal Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali, più semplicemente Iccrom, organizzazione intergovernativa che ha sede a Roma. L’archeologo Stefano De Caro, che ne è direttore generale, ne ha parlato ai microfoni di Radio Cusano Campus. Il patrimonio culturale è fondamentale ma gli avvenimenti che attraversano il mondo spesso lo colpiscono. Iccrom si occupa anche di questo. «In questo periodo, soprattutto di questo. In generale, il nostro compito è formare e aggiornare i professionisti che nei vari paese del mondo si occupano di conservazione dei beni culturali». Come si svolge il vostro lavoro? «Noi abbiamo una struttura molto piccola, pur avendo un partenariato internazionale di 135 Paesi. Siamo 35 persone e, per statuto, collaboriamo con chi sa. Faccio un esempio: io sono stato il direttore generale delle Belle Arti in Italia, sono archeologo ma la mia sfera di compe-
Le Grotte di Mogao, in Cina. Si trovano lungo la Via della seta nella provincia del Gansu
tenza è l’archeologia classica e non potrei dare un contributo decisivo in quella cinese o sudafricana. Dato che il nostro è un mestiere da specialisti, bisogna che i migliori nel mondo, nelle università, nei centri di ricerca o gli istituti nazionali collaborino tra di loro. Puntiamo a mettere insieme le migliori competenze per fornire l’aggiornamento necessario per risolvere i diversi problemi». Come archeologo, è rimasto mai colpito o sorpreso da cose scoperte durante il suo lavoro con Iccrom? «Certamente. Sono tornato da un viaggio sulla Via della seta, e ho visto una delle meraviglie della cultura buddista, le Grotta di Mogao, abitate da monaci buddisti che hanno dipinto meraviglie sulla vita di Buddha per circa 400 anni».
Ci sono anche aspetti negativi strettamente legati alla conservazione dei beni culturali. «Fanno parte della storia dell’uomo. I beni culturali hanno sempre avuto un aspetto politico, perché sono simboli di una cultura. E ogni volta che c’è uno scontro politico o religioso, vengono fatalmente coinvolti» C’è collaborazione da parte di tutti o ci sono Paesi più resistenti? «Alcuni collaborano per ragioni filantropiche, altri per ragioni politiche. Ma i professionisti lo fanno sempre e solo perché ci credono e mettono il cuore in ciò che fanno. Questo aspetto permette di allacciare un dialogo tra le parti anche nei momenti peggiori. Fino a poco tempo fa gli archeologi siriani lavoravano per
la stessa causa, ad esempio. Poi per ragioni di ideologia si sono ritrovati su sponde opposte ma il loro scopo originario era quello di salvare il patrimonio siriano e non delle diverse fazioni. Un po’ come accaduto con i Monuments Men durante la seconda guerra mondiale». Come è la situazione dei beni culturali in Italia? «L’Italia ha una classe politica che si fa sempre vanto del patrimonio culturale nazionale ma che ha al momento di votare il bilancio, lo mette sempre in fondo alla lista. In altri Paesi c’è una quota più solida che consente di fare cose migliori, non tanto in qualità, perché da noi è alta, ma in quantità. Ogni tanto annaspiamo e poi sono necessarie leggi speciali per tornare a farla resipirare». © Copyright Università Niccolò Cusano
VI unicusano focus CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
martedì 4 ottobre 2016
sport, disabilità e cultura
alla cusano un giorno davvero special
Oggi all’Aula Magna dell’Ateneo gli studenti potranno incontrare Tim Shriver, presidente di Special Olympics
biamo avere fiducia negli altri o solo in noi stessi? Insieme a lui ci saranno gli Atleti Special Olympics, Filippo Pieretto, Atleta italiano che ha partecipato ai recenti Giochi Mondiali di Los Angeles e Loretta Claiborne, Atleta americana alla quale la Walt Disney, nel 2000, ha dedicato un film: “The Loretta Claiborne Story”, offriranno la loro testimonianza.
Tim e Loretta Claiborne interverranno anche in Vaticano nei prossimi giorni La storia di Eunice Shriver è stata raccontata nel libro del figlio “Fully Alive” Lo sport unisce e favorisce la comprensione e la conoscenza; la cultura del rispetto passa proprio attraverso i giovani, che possono rendersi protagonisti di un futuro che non guardi alle differenze ma alle persone, che non parli esclusivamente di integrazione ma di inclusione. All’Università Niccolò Cusano è il giorno degli Special Olympics. Alle ore 9, presso l’Aula Magna dell’Ateneo di Via Don Carlo Gnocchi 3, gli studenti potranno incontrare Tim Shriver, presidente di Special Olympics, nonché figlio di Eunice Kennedy Shriver, fondatrice del Movimento nel 1968. La sua storia è raccolta nel libro “Fully Alive”, pubblicato con grande successo negli Stati Uniti e appena uscito tradotto anche in Italia. PROTAGONISTI. Tim è cresciu-
to giocando con i bambini,
CALCIO UNIFICATO. Sempre
oggi, alle ore 16 a Roma, presso il “Circolo Canottieri Rea-
Tim Shriver e la madre Eunice: a loro si deve la nascita di Special Olympics
le Tevere Remo”, si terrà una partita di calcio a 5 unificato che vedrà giocare insieme, nella stessa squadra, persone con e senza disabilità intellettiva e alla quale prenderanno parte una delegazione di Atleti Special Olympics, lo stesso presidente Tim Shriver, l’Atleta americana Loretta Claiborne e diversi testimonial e sostenitori di Special Olympics, come i due atleti olimpici, Daniele Lupo, medaglia d’argento a Rio de Janeiro nel beach volley, e Daniele Garozzo, vincitore
Eunice Kennedy Shriver, fondatrice del Movimento nel 1968
con disabilità intellettive, di Camp Shriver, il progetto rivoluzionario lanciato da sua madre Eunice fu solo il primo passo nella battaglia in difesa dei loro diritti. Molti anni dopo, gli atleti di Special Olympics gli insegneranno una lezione fondamentale: la libertà più grande è affrontare la paura, spezzare il suo potere e sconfiggerla. Pienamente vivi è un emozionante percorso personale e insieme una riflessione su alcune grandi contraddizioni della nostra società: essere diversi è una debolezza o una forza? Per crescere dob-
di una medaglia d’oro nella scherma. SIMBOLO. Insieme al presiden-
te di Special Olympics, Tim Shriver, sarà presente in Italia anche Loretta Claiborne, divenuta simbolo di tutti gli Atleti Special Olmypics; incarnazione delle loro lotte e della loro frustrazione, uno dei più importanti ambasciatori del movimento: «Non hai idea di com’è stata la mia vita durante l’infanzia. Era doloroso, davvero doloroso. Ricordo che volevo frequenta-
re un corso d’arte a scuola, un bambino mi guardò e disse: “E tu che ci fai qui? Non vogliamo ritardati in classe nostra. Vattene”. Non ti era permesso di essere forte, di correre, di fare niente del genere. In più in quegli anni essere nera non ti aiutava. Ma quello che veramente mi faceva stare male era il non riuscire ad apprendere allo stesso ritmo degli altri; mi faceva sentire ottusa, stupida. Questo mi faceva davvero arrabbiare. Se Eunice Kennedy Shriver fosse qui oggi, sono sicura che le sentirei dire: “Abbiamo fatto molta strada, ma ne abbiamo ancora tanta da fare”. Madre Teresa aiutava i poveri, Martin Luther King sosteneva le cause delle persone di ogni colore e poi c’era Eunice Kennedy Shriver che pensava di aver avviato un semplice progetto sportivo, ma in realtà aveva dato nuova vita a noi persone con disabilità intellettiva permettendoci di dimostrare al mondo cosa siamo in grado di fare». IN VATICANO. Tim Shriver e Lo-
Eunice Shriver insieme a Nelson Mandela
retta Claiborne interverranno inoltre, da domani a giovedì in Vaticano, alla seconda conferenza mondiale su fede e sport, “Sport at the Service of Humanity” che vedrà, tra gli altri, la presenza di Papa Francesco, del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, e del Presidente del CIO, Thomas Bach. © Copyright Università Niccolò Cusano
fitness
Una palestra che non conosce rivali IL TEAM. La squadra di Iaco-
Fabrizio Iacorossi presenta la XCross: «Chi vuole allenarsi nel modo giusto può farlo da noi» Schiavone e Pennetta, Balzaretti, Vucinic, Burdisso, Julio Sergio, Aquilani, Pjanic. Sport diversi ma con un minimo comune denominatore: Fabrizio Iacorossi. Tutti questi atleti nel corso delle loro carriere sono arrivati a lavorare con il preparatore atletico romano, che da qualche anno ha deciso di creare un luogo, l’XCross a Roma, dove chiunque – professionista o no – ha l’opportunità di personalizzare il proprio allenamento. «Il progetto è nato per gli atleti che seguivo e che ancora seguo – racconta Iacorossi – Poi ho scelto di allargare la partecipazione anche chi non fosse un profes-
Il preparatore atletico Fabrizio Iacorossi con la strumentazione della XCross
sionista dello sport. Ma con una selezione alla base, cioè per tutti coloro che hanno voglia di allenarsi con criterio e con disciplina, le stesse che
io e i miei collaboratori mettiamo sempre in campo». Il lavoro effettuato, il programma atletico o l’allenamento si basano sull’oggettività dei
risultati: «Ogni sportivo viene controllato con frequenza mensile, è seguito da un nutrizionista e deve effettuare continui test posturali».
rossi è ben assortita: «Ho un gruppo di collaboratori che mi aiutano, soprattutto quando devo seguire qualche atleta in trasferta». Nel team c’è anche un dentista, il dottor Daniele Puzzilli, e Iacorossi spiega il perché: «Insieme a lui ho dato vita all’XCross Lab, un vero e proprio laboratorio per risolvere e prevenire infortuni, e per aumentare e migliorare la performance. Vengono eseguiti test di valutazione della forza in tutte le sue varianti, test sulla reattività e coordinazione mano/occhio e piede/occhio, e ancora una radiografia tridimensionale seguita da un percorso computerizzato temporomandibolare e posturale con elettromiografia, esame elettronico dei contatti dentali, scanner della colonna, termografia della muscolatura posturale, analisi delle rotazioni articolari, stabilome-
tria, posturometria e barapodometria. Al centro della valutazione abbiamo messo la bocca perché la consideriamo la centralina del corpo. L’interazione e la sovrapposizione dei risultati ottenuti da questi esami ci permette poi di valutare in modo oggettivo ogni sportivo, e pertanto di scegliere con facilità il percorso da intraprendere». PER TUTTI. La grande passio-
ne e professionalità di Iacorossi non deve spaventare i non agonisti: «I percorsi con i professionisti e l’aumento delle performance sono solo il vertice del nostro lavoro. Ma ciò che sappiamo fare non è destinato solo ai professionisti, quindi le porte sono aperte a tutti i volenterosi. Chi vuole allenarsi nel modo giusto, può farlo con noi senza paura, perché non lasciamo nulla al caso». © Copyright Università Niccolò Cusano
Tecnologia al servizio del miglioramento delle prestazioni
martedì 4 OTTOBRE 2016
unicusano focus VII CORRIERE DELLO SPORT / STADIO
la cusano E il calcio
baiano in attesa del grande salto
Il bomber del Foggia dei miracoli aspetta la chiamata giusta per la panchina: «Cerco un progetto serio» «Tra i dilettanti e in Lega Pro ci sono pochi soldi e troppe promesse non mantenute» «Spero che questo possa essere l’anno giusto per il ritorno in B dei rossoneri: la piazza lo merita» Lo scorso anno ha sofferto insieme ai tifosi durante i play off. Quest’anno ha tutta l’intenzione di gioire per una città dove ha lasciato un pezzo di cuore. Francesco “Ciccio” Baiano, bomber del Foggia dei miracoli di Zdenek Zeman, sta seguendo il grande campionato dei rossoneri, tra i favoriti per il salto tra i cadetti. Ai microfoni di Radio Cusano Campus, la radio dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it), Baiano ha commentato gli ultimi risultati del Foggia, parlando anche del suo futuro professionale. Domenica è arrivato il primo pareggio per i ragazzi di mister Stroppa, in casa della corazzata Matera, dopo sei vittorie consecutive. «A Matera non è semplice giocare, specialmente conto una squadra che un organico allestito per puntare in alto». Stroppa ha un credo tattico votato all’attacco, visti anche i “maestri” avuti da calciatore. Ti è piaciuta fin qui la squadra? «Lo scorso anno ho seguito soprattutto le ultime gare di play off. In questa stagione, pur perdendo un bomber come Iannello che è un lusso per la Lega Pro, la società ha fatto arrivare giocatori molto forti. Il Foggia, ne sono certo, punterà a vincere il campionato. Non sarà facile perché Matera e Lecce soprattutto daranno fastidio». Dal 1990 al 1992 nel Foggia, Baiano componeva un super
Ciccio Baiano, 48 anni, in carriera ha vestito, tra le altre, le maglie di Foggia e Fiorentina
tridente con Signori e Rambaudi: nel calcio moderno quanto varrebbe un trio d’attacco di questo livello? «Non lo posso sapere. Eravamo tre giocatori importanti, non c’è dubbio. Quel tridente non ha fatto bene solo a Foggia. Anche quando ci siamo divisi abbiamo detto la nostra. Io sono andato alla Fiorentina, Signori alla Lazio e Rambaudi prima all’Atalanta e poi ha raggiunto Signori alla Lazio». Che segreto aveva quel Foggia? «La forza di quella squadra era il risultato di più fattori. Intanto avevamo un allenatore molto bravo come Zeman, un vero maestro di calcio. Ancora più importante, però, è che quella squadra amava stare insieme. Si era creato un gruppo solido e coeso. Una squadra per vincere deve essere prima di tutto un gruppo: i risultati sono una conseguenza». Baiano contribuì alla salita in serie A del Foggia segnando 22 reti in serie B e risultando capocannoniere. Come è stato vincere un campionato a Foggia? «È stata un’emozione unica. Quella città vive per il calcio, se ne parla 24 ore al giorno. Non è come vincere da qual-
che altra parte dove si è abituati ad avere sempre successo. È vero che partimmo con l’intento di arrivare primi ma è anche vero che eravamo dei giovani con la voglia di metterci in mostra. La nostra non era la squadra da battere, ma
avendo un grande allenatore e un grande gruppo abbiamo veramente trionfato. Vincemmo la Serie B, alla fine, con un mese e mezzo di anticipo». A fine 2009 Baiano ha attaccato gli scarpini al chiodo ed
è diventato allenatore. «Ho iniziato con Beppe Sannino, facendo da allenatore in seconda per quattro anni, a Varese, Siena, Palermo e Chievo. Poi ho avuto la possibilità di andare a Scandicci in Serie D a ottobre 2015 a fare il primo. Arrivammo ai play off, il campionato fu positivo. L’anno successivo sono rimasto a Scandicci, fidandomi purtroppo delle promesse che mi erano state fatte. Dopo sei partite, invece, ho lasciato l’incarico da allenatore. Non faccio l’allenatore per perdere tempo. Io voglio vincere, alleno per questo. Mi avevano promesso una serie di acquisti nel mercato di riparazione e invece il presidente ha addirittura dato le dimissioni. Sono rimasto con il cerino in mano e mi sono bruciato». Ora stai aspettando la chiamata giusta? «Ho avuto due contatti ma non li ho presi in considerazione. Cerco qualcosa di serio e per ora non è arrivato nulla. Preferisco aspettare anche se la voglia è veramente tanta. Mi manca il campo ma non posso fare l’errore dello scorso anno. Un allenatore, una volta che ha firmato è praticamente in trappola». Un allenatore che vuole farsi largo ai massimi livelli come giudica il calcio italiano al momento? «In Lega Pro e nei dilettanti ci sono molti problemi. È un dato di fatto purtroppo. Soldi ce ne sono pochi mentre le promesse sono tante, specialmente quelle non mantenute. È inutile avere 200 squadre nei dilettanti che poi non portano a nulla». Vuoi lanciare un messaggio per i tifosi del Foggia? «Mi auguro che questo sia l’anno buono. Questa piazza merita il grande calcio, ovvero la Serie B. La Serie A, invece, è il paradiso. Foggia merita come minimo i cadetti. Lo scorso anno ci è sfuggita la promozione ma ancora spero di rivedere i colori rossoneri in Serie A». © Copyright Università Niccolò Cusano
L’esultanza della Berretti dell’UnicusanoFondi nel successo casalingo contro il Taranto
Il vivaio dell’UnicusanoFondi
Berretti e Under 17 vittorie con Taranto e Fidelis Andria Secondo successo e punteggio pieno per i ragazzi di Parisella dopo il blitz di Lecce Sono della Berretti e dell’Under 17 nazionale gli squilli più importanti del fine settimana agonistico dedicato al settore giovanile dell’UnicusanoFondi. Le due squadre succitate hanno vinto e convinto, dando conferma di quelle che sono le ambizioni e i programmi da portare avanti. BERRETTI. Contro il Taranto,
i ragazzi di Alessandro Parisella hanno confermato che il successo di Lecce non era certo arrivato per caso. La prima in casa ha regalato tre punti e una prestazione importante per i giovani rossoblù, che procedono con il passo della formica ma che al tempo stesso lavorano al fine di essere tra i protagonisti di un campionato appena iniziato. UNDER 17. Gli Allievi hanno in-
vece trovato sul campo della Fidelis Andria, alla terza giornata, la loro prima e meritata affermazione che permette di raccogliere i frutti di un lavoro costante e meticoloso, che adesso non potrà non dare altri risultati di rilievo, magari puntando dritti al primo successo anche tra le mura amiche. JUNIORES. Invece, deve anco-
ra trovare la sua prima vittoria stagionale la Juniores na-
zionale, che ha raccolto sin qui due pareggi e una sconfitta, quest’ultima arrivata proprio sabato sul campo del Gavorrano. Se non altro i responsi di natura tecnica sono incoraggianti, e questo lascia sperare per quanto ancora c’è da fare e da vedere nel corso della stagione. UNDER 15. Spera di ritrovare su-
bito il sorriso la squadra Under 15 nazionale, superata di misura ad Andria dopo aver lungamente dominato e ben giocato. E in chiave futura, proprio per ottenere i risultati desiderati, questo è l’aspetto maggiormente positivo: con il gioco e l’atteggiamento giusti, anche le soddisfazioni non tarderanno a tornare. RAPPRESENTATIVE. E la con-
ferma delle buone prospettive fornite dal settore giovanile arrivano anche dalle convocazioni effettuate per il Raduno riservato alle categorie Under 17 e Under 15, in vista della formazione della Rappresentativa di Lega Pro, che si terrà tra oggi e domani a Sperlonga. Tra i prescelti dal Ct Daniele Arrigoni, figurano otto giovani calciatori dell’UnicusanoFondi: per gli Allievi si tratta del portiere Mirko De Bonis, dei difensori Simone Nogarotto e Gabriele Parasmo e dell’ attaccante Alessio Nogarotto. mentre tra i Giovanissimi figurano il portiere Matteo Fresilli, il difensore Matteo Gasbarroni, il centrocampista Alessandro Masella e l’attaccante Edoardo Di Preso. © Copyright Università Niccolò Cusano