TESTATA COPERTINA SU FONDO TRASPARENTE
Allegato gratuito al numero odierno del
Numero 4 aprile 2017
Giovani
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Sport, un motore per l’inclusione
Mal di schiena
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Tutto il “peso” degli smartphone
Linguaggio Quando a parlare è il nostro corpo
e l i c Ce
La lotta al razzismo, Sanremo e il basket: «Ora sogno l’America» i.p. A CURA dell’università niccolò cusano e di sport network
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lo sport favorisce la convivenza civile testatina per le pagine interne DX
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Qual è il ruolo dello sport per favorire l’inclusione sociale? Adele Menniti: «Il numero di amici su cui si può contare è uno degli indicatori di integrazione. Tra i ragazzi di origine straniera
insegna a stare insieme, a condividere le emozioni e a sviluppare i legami: in campo non esistono differenze di etnia e status ne ha più di cinque il 29% di chi non pratica sport mentre la percentuale arriva al 51% tra quelli che svolgono attività sportiva». Perché lo sport favorisce l’integrazione? A.M.: «Perché insegna a stare insieme, a condividere emozioni e a sviluppare relazioni. E questo è molto importante nelle società attuali, dove abbiamo la necessità di creare strumenti e occasioni per favorire una pacifica convivenza in un contesto dalle molte diversità: etniche, di età, di genere, di status. Sport e integrazione costituiscono un connubio sempre più presente sia nella letteratura scientifica sia nei documenti ufficiali, anche europei. Al di là del miglioramento delle abilità tecniche, lo sport può rappresentare un modello educativo che favorisce l’emergere di uno stile di vita orientato alla convivenza civile. Gli psicologi parlano a questo
proposito di life skills, cioè di una serie di abilità grazie alle quali ci si “attrezza” per affrontare le sfide quotidiane. Ad esempio quella di saper ascoltare e comunicare in modo efficace con i compagni di squadra e con l’allenatore, di prendere iniziative, di organizzare il proprio tempo, di controllare le emozioni e gestire lo stress, e di assumersi la responsabilità delle azioni e dei propri errori». Un elemento uscito fuori da questo ricerca e che vi ha sorpreso? Loredana Cerbara: «I ragazzi che abbiamo intervistato si sono mostrati molto interessati a sperimentare il contatto con altre culture e, se si fa riferimento all’ambito sportivo, o anche quello del gioco, tendono a dare valore alle abilità di una persona piuttosto che alla sua origine o al colore della pelle. Infatti, molti sceglierebbero un compagno di giochi solo dopo aver
Così il calcio toglie i ragazzi dalla strada e li aiuta a crescere Sport e integrazione vanno a braccetto. A confermarlo sono anche Franco Pizziconi, responsabile scuola calcio Unicusano Academy, e Alessandro Losito, direttore sportivo under 15 dell’UnicusanoFondi, che operano entrambi al centro sportivo di Tor Bella Monaca.
saccordo. L’affermazione relativa alla giustificazione della violenza come possibile manifestazione di tifoseria (“Quando si fa il tifo per la propria squadra può capitare un gesto violento”) viene rigettata dalla maggioranza delle risposte, ma è un dissenso di misura (circa il 65%), se confrontato con le reazioni ad altri temi proposti dal questionario, e fa riflettere quel 35% di consenso, comprensivo di un 11% che si dichiara molto d’accordo sulla possibilità che la violenza possa essere una componente delle manifestazioni di sostegno alla squadra del cuore. Il genere gioca un ruolo determinante nel modellare gli atteggiamenti, infatti si nota una notevolissima differenza tra ragazze e ragazzi, dove le prime manifestano consenso alla violenza decisamente più basso. Ma anche l’appartenenza socio-economica della famiglia influisce nell’orientamento verso la violenza sportiva, osserviamo infatti un rifiuto più netto tra gli intervistati di status più elevato».
lo sport che si fa a scuola durante l’ora di educazione fisica serve... (%)
ragazzi che praticano sport hanno più amici di quelli che non svolgono alcuna attività sportiva e sono in particolare gli studenti stranieri ad aumentare il numero di amici quando fanno attività. Questo dice uno studio svolto dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, nell’ambito dell’accordo di programma per la promozione delle politiche di integrazione attraverso lo sport tra il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Coni. La pratica sportiva può rivestire un ruolo molto importante nei processi di integrazione, poiché è un ambito nel quale le differenze (di status, etnia, genere) possono venire temperate per lasciar posto a quelle abilità che, acquisite sul campo, possono essere adottate nel quotidiano, agevolando il dialogo con l’altro. Anche se ancora qualche stereotipo duro a morire c’è, ed è quello legato al genere. A raccontarci cosa è uscito fuori da questo interessantissimo studio è il gruppo di ricercatori che lo ha condotto.
la parola agli allenatori delle nuove leve dell’unicusanofondi
Un altro elemento che balza agli occhi è il pregiudizio di genere nello sport. Come mai si fa ancora fatica in questa direzione? Adele Minniti: «L’idea che le donne siano poco adatte a fare il coach e ad assumere quindi una posizione di leadership e comando non è altro che l’effetto di stereotipi e pregiudizi di genere che vedono la donna poco portata a ricoprire ruoli decisionali e di responsabilità. Oltre alla forza degli stereotipi un altro aspetto che spiega i risultati che abbiamo ottenuto attraverso le nostre interviste rimanda alla scar-
Voi lavorate in una realtà sociale delicata. Secondo la vostra esperienza, qual è la capacità d’integrazione dello sport? F.P.: «Come Unicusano ci impegniamo a far sì che lo sport faccia crescere tutti, nessuno escluso. Prioritarie sono le regole. Ai bambini e alle famiglie diciamo subito che se vuoi
entrare a far parte dell’élite del calcio ci sono determinate regole da rispettare e i comportamenti sono alla base di tutto. Quindi la comunicazione è importante sia con i genitori che con i bambini. Noi vediamo che anche famiglie disastrate vogliono che il proprio figlio cresca nel migliore dei modi». L.A.: «In questo territorio il fatto che già ci sia una struttura come quella che abbiamo, aiuta molti ragazzi a togliersi dalla strada». Avete molti bimbi con un background migratorio? F.P.: «Ne abbiamo 30, fra bimbi di colore, albanesi e rumeni». L.A.: «Nell’agonistica un paio».
Come fate per evitare divisioni negli spogliatoi? F.P.: «Sono integrati perfettamente con gli italiani e non ci sono distinzioni». L.A.: «Lo strumento d’integrazione è l’abilità sportiva. E noi possiamo aiutarli a sviluppare le loro potenzialità». Maschi e femmine possono fare scuola calcio insieme fino a 13 anni… avete vissuto episodi di discriminazioni di genere? F.P.: «Certo che no, maschio o femmina non è importante. I ragazzi vivono le loro due ore all’insegna dello sport e basta». L.A.: «Assolutamente no. Anzi, purtroppo in Italia c’è poca cultura in questo senso e noi ci teniamo che ci sia integrazione con il calcio femminile. Ma i bambini sono sereni in questo senso. Noi abbiamo fatto partite amichevoli con squadre femminili giocate a buon ritmo». © Copyright Università Niccolò Cusano
“è molto meglio avere un allenatore maschio” (PERCENTUALI DI ACCORDO)
Lo studio si è avvalso di interviste realizzate all’inizio dell’anno scolastico 20162017 a oltre 1.200 studenti delle scuole secondarie di primo grado e ad alcuni dei loro docenti.
sità di modelli femminili di riferimento. Le allenatrici sono poche e scarsamente presenti nel dibattito sportivo e anche questo induce i ragazzi a declinare al maschile la figura dell’allenatore cui affidar-
Le cose importanti che insegna lo sport per gli studenti italiani e con background migratorio (%)
si. Per mettere in moto un cambiamento è necessario anche che la comunicazione dia maggiore visibilità alle allenatrici, in modo da diffondere l’idea che anche questa sia una professione per donne. I
risultati della nostra ricerca indicano anche l’importanza di agire sin dalla scuola primaria, educando i bambini al rispetto della diversità e della libertà di scelta». © Copyright Università Niccolò Cusano
Studenti universitari che praticano sport al di fuori dell’orario scolastico (%)
visto cosa sa fare nello sport». Antonio Tintori: «È stato interessante anche raccogliere le loro opinioni libere: molti ragazzi hanno esplicitato il desiderio di giocare con chiunque senza pregiudizi e al di là di ogni barriera culturale. In fondo hanno qualcosa da insegnarci». Pur condannando il tifo violento, secondo i vostri dati, l’11% dei giovani si dichiara «molto d’accordo che l’aggressività possa essere una componente delle manifestazioni di sostegno alla squadra del cuore». Che ne pensa? Maura Misiti: «Per quanto riguarda il fenomeno della tifoseria gli studenti hanno risposto a due frasi riferite alle manifestazioni “estreme” di sostegno alla propria squadra. La reazione complessiva va valutata positivamente, poiché prevale il di-
Circa l’80% dei ragazzi pratica sport fuori dell’orario scolastico ma il gap nell’accesso a questa attività è particolarmente ampio fra i ragazzi italiani e quelli con background migratorio. L’86% dei primi fa sport, percentuale che scende di sette punti tra i figli di coppie miste e, ancor più, fra i giovani nati all’estero (63%).
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testatina al per le pagine interne DX dott. Giuseppe Vatrano K Intervista
Specialista in Endocrinologia e malattie del ricambio
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l consumo di bevande gassate e zuccherine è cresciuto in maniera esponenziale negli anni con il conseguente aumento di patologie quali l’obesità, il diabete e malattie cardiovascolari. Gli studi sulle bevande con aggiunta di zuccheri come glucosio, saccarosio, fruttosio sono ormai tanti e i dati molto consistenti. Un consumo eccessivo o regolare di bibite come succhi di frutta, tè o infusi freddi in bottiglia, gazzosa, acqua tonica, bevande tipo cola è correlato con un aumento del rischio di sovrappeso, obesità, diabete di tipo 2, a causa di eccessiva assunzione calorica, elevati livelli glicemici e insulinici, insulino-resistenza. Consumare una bevanda zuccherata in meno al giorno, sostituendola con la semplice acqua o con un tè non zuccherato, consente di ridurre il rischio di sviluppare il diabete. Lo dimostra una ricerca inglese appena pubblicata su Diabetologia, la rivista dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes), che arriva a quantificare in maniera precisa questo rischio: per ogni incremento del 5% delle calorie derivate da bevande zuccherate, sul totale delle calorie assunte in un giorno, corrisponde un aumento di rischio del 18% di sviluppare diabete di tipo 2. E viceversa, sostituire ogni giorno una bevanda zuccherata con la semplice acqua, tè o caffè non zuccherati, riduce questo rischio del 1425%: più acqua insomma e meno bibite gassate. Per un diabetico in particolare, ma per la popolazione in generale dovrebbe valere la regola di moderare l’assunzione di alimenti e bevande dolci, siano essi dolcificati con zuccheri naturali o edulcoranti sia di origine artificiale, sia di origine naturale.
dissetiamoci
senza esagerare con gli zuccheri correlato all’aumento di grasso addominale e sovrappeso. A livello epatico è possibile incorrere nella steatosi epatica. L’insulino resistenza determina anche ritenzione di sodio, causando quindi ipertensione arteriosa. Pertanto è una condizione clinica che contribuisce significativamente all’insorgere di diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa dislipidemia steatosi epatica e sindrome dell’ovaio policistico». © Copyright Università Niccolò Cusano
l’evoluzione
Diabete, nell’andamento della malattia si possono riconoscere tre fasi specifiche • Una prima fase con glicemia normale nonostante la presenza di elevati livelli di insulina, segno di resistenza periferica all’insulina. • Una seconda fase in cui si assiste a un aumento della resistenza all’insulina con progressiva diminuzione della tolleranza al glucosio e conseguente comparsa di iperglicemia post-prandiale. • Una terza fase in cui non si modifica significativamente la resistenza all’insulina, ma si assiste ad una riduzione della secrezione della insulina che determina l’insorgenza di iperglicemia a digiuno e diabete franco. © Copyright Università Niccolò Cusano
Fondazione Niccolò Cusano informa L’insulino-resistenza è una realtà multifattoriale che nasce dalla combinazione di fattori genetici, etnici e stili di vita. In particolar modo la sedentarietà, il sovrappeso, avere genitore, fratello e sorella con DM tipo 2, sindrome dell’ovaio policistico, aver partorito feto >3,5 kg, diabete gestazionale, avere HDL < 35 mg/dl, valore trigliceridi> 150 mg/dl, valori PA> 140/90 mmHg.
il rischio di modificare il metabolismo si ripercuote su fegato e peso
Dott. Vatrano, ci spieghi l’insulino-resistenza in parole semplici. «L’insulina è un ormone che viene sintetizzato dalle beta cellule del pancreas in risposta ai livelli di glucosio nel sangue. Agisce legandosi ai recettori di membrana dei tre tessuti maggiormente coinvolti nel metabolismo energetico: il fegato, il tessuto adiposo e il muscolo scheletrico. In questi tessuti stimola i processi anabolici e blocca quelli catabolici. L’insulino-resistenza è quella condizione in cui le cellule non riescono a rispondere in modo adeguato all’insulina, per cui non sono in grado di assorbire il glucosio ematico. La conseguenza è un aumento della glicemia persistente che stimola il pancreas a secernere quantità maggiori di insulina, determinando così iperisnulinemia. La resistenza insulinica inoltre modifica il fisiologico metabolismo lipidico determinando aumento dei trigliceridi, diminuzione del colesterolo HDL (colesterolo buono) e presenza di particelle LDL (colesterolo cattivo) più piccole e dense fortemente aterogene aumentando il rischio di aterosclerosi. L’iperinsulismo è
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© Copyright Università Niccolò Cusano
pannelli Alimentazione, conoscenza e poesia: alla mensa della Cusano il buon cibo è servito con la cultura. Nel riquadro il passo di uno scritto di Isabel Allende
i consigli del dottor vatrano Ridurre l’apporto calorico giornaliero, preferire cibi grigliati o bolliti, abolire i fritti, consumare verdure e cereali, ridurre i condimenti, bere acqua e tagliare il consumo di bevande zuccherate. Come dolcificante si consiglia l’utilizzo di stevia 100, la quale, a differenza di altri dolcificanti come l’aspartame e la saccarina, è un edulcorante naturale di origine vegetale. Opportuno inoltre aumentare l’attività fisica giornaliera camminando almeno 30 minuti al giorno e preferendo le scale all’ascensore. © Copyright Università Niccolò Cusano
Ricordo la cucina di un convento di Bruxelles, quando fui testimone reverente della misteriosa copula tra il lievito, la farina e l’acqua. Una suora laica … preparava il pane (…) Mentre lavorava… si verificava il semplice miracolo quotidiano della farina e della poesia, il contenuto degli stampi prendeva vita e un processo lento e sensuale si produceva sotto quei bianchi tovaglioli che, come lenzuola discrete, coprivano la nudità delle pagnotte.
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un aiuto dall’università K A cura della prof.ssa Gloria Di Filippo
Servizio di consulenza e psicologia clinica Università Niccolò Cusano
la professoressa gloria di filippo dirige un’équipe di psicologi e neuropsichiatri presso il centro di ricerca clinica della cusano ecco le attività di diagnosi e valutazione
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l Servizio di Consulenza e Psicologia Clinica, attivo presso il centro di ricerca clinica dell’Università Niccolò Cusano, ha lo scopo di offrire servizi di valutazione psicologica e neuropsicologica, consulenza, coaching e psicoterapia, a chi ne faccia richiesta. L’equipe è composta da psicologi e neuropsichiatri abilitati alla conduzione di interventi psicoterapeutici che eseguono valutazioni e diagnosi psicologiche e neuropsicologiche mediante colloqui e interviste cliniche, questionari standardizzati e test. Le specifiche attività di consulenza offerte descritte di seguito sono rivolte a un’utenza adulta e in età evolutiva e possono essere svolte sia individualmente che in gruppo. Consulenza e valutazione psicodiagnostica L’attività di consulenza e di valutazione rappresenta un approccio preliminare all’intervento terapeutico strettamente inteso. La finalità principale consiste nell’effettuare una adele criticità guata “lettura” del disasi affrontano gio o della situazione In setting esistente nella richiesta di cura dell’utenza in individuale, modo da poter progetfamiliare tare un intervento clinico che sia il più possibile o di gruppo adatto ed efficace. La modalità utilizzata si avvarrà di due principali strumenti: il colloquio clinico e test psicologici; con una tempistica prestabilita da 1 a 3 colloqui. Il coinvolgimento di altre figure nei colloqui (familiari, operatori socio-assistenziali etc) e/o l’adozione di tempi e modalità differenti sono demandati alle valutazioni effettuate dal clinico. Psicoterapia e sostegno psicologico, in setting individuale, familiare e di gruppo L’attività di psicoterapia e sostegno psicologico è rivolta ad un’utenza che presenta particolari condizioni di disagio psichico. Elementi di forza del Servizio sono: (a) l’offerta di un servizio che utilizza e integra al suo interno una molteplicità di dispositivi clinici al progetto di cura costruito e che basa l’attività clinica su trattamenti di comprovata efficacia clinica (evidence-based treatment); (b) l’individuazione di una specifica area di intervento, ovvero la scelta di focalizzare il lavoro su alcune specifiche condizioni psicopatologiche ampiamente diffuse o in rapido aumento su territorio quali disturbi alimentari e nuove forme di dipendenza: dipendenza da internet e dipendenza da
gioco, e sulle condizioni di malessere psichico legato al processo di invecchiamento. Inoltre, la presenza di dispositivi di cura individuali, familiari e di gruppo permetterà di attuare interventi clinici integrati in cui il lavoro sul singolo individuo può procedere simultaneamente o in sequenza al lavoro con i familiari e/o ad un lavoro clinico in assetto di gruppo, e dunque di progettare interventi idonei ad affrontare situazioni cliniche complesse. Percorsi di sensibilizzazione e prevenzione forniti attraverso specifiche iniziative progettuali I percorsi di sensibilizzazione saranno implementati attraverso la creazione e l’attuazione di specifici progetti nell’ambito della psicologia dello sport e della psicologia del benessere nel territorio di riferimento. In questo ambito stiamo realizzando una ricerca sul Gambling Disordes, tale studio si pone l’obiettivo di indagare l’incidenza di condotte riconducibili al gioco d’azzardo, principalmente nella Regione Lazio e successivamente nelle altre regioni italiane. Tale studio nasce dall’esigenza sempre più crescente di comprendere un fenomeno che sta divenendo via
via più rilevante nei nostri territori al fine di creare strategie disincentivanti. Attualmente sono stati valutati 300 adolescenti e stiamo effettuando una prima analisi dei dati. Parallelamente stiamo realizzando un testo divulgativo su tale argomento poiché riteniamo che l’informazione sia il passaggio obbligato ad una prevenzione efficace. Disturbi evolutivi dell’apprendimento (dsa) I DSA sono un disturbo che dura tutto l’arco di vita con eventuali compensazioni; esse possono verificarsi in parte grazie a interventi riabilitativi precoci ed in parte in maniera «naturale» nella fase di crescita fino ad una stabilizzazione in età adulta. In questo quadro generale è importante ricordare che i DSA si manifestano in maniera anche molto diversificata a seconda delle caratteristiche del disturbo ma anche della persona e della sua esperienza di vita. E’ difficile quindi specificare misure standardizzate che si possano mettere in atto in maniera univoca per qualsiasi studente. Il servizio intende offrire consulenza agli studenti con DSA che ne facciano richiesta al fine di avere un’organizzazione dello studio e delle prove di profitto tale da metterlo in condizioni di poter dimostrare al meglio le competenze acquisite. © Copyright Università Niccolò Cusano
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K Intervista al dott. Vincenzo Di Sanzo,
specialista in Ortopedia e Traumatologia
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nche il cellulare ha il suo peso. Non stiamo parlando né di come ha semplificato le comunicazioni interpersonali, né di come ha rivoluzionato i rapporti individuali favorendo ancor di più gli “interscambi social”. Ci riferiamo al suo peso vero e proprio, il quale è direttamente proporzionale all’inclinazione della testa. Tutti a capo chino per chattare, taggare o navigare su internet? Bene: il rischio si traduce in vizi posturali e possibili dolori alla schiena che potrebbero sfociare addirittura in discopatie o contratture. Parola del prof. Kenneth Hansraj, primario di chirurgia spinale della “Spine Surgery and Rehabilitation Medicine” di New York, che ha misurato il peso sulla colonna legato alle inclinazioni (dai 15 ai 60 gradi) della testa. «All’inclinarsi in avanti del capo – ha spiegato il ricercatore - le forze sostenute dal collo raggiungono picchi di 12 chili a 15 gradi; 18 chili a 30; 22 chili a 45 e ben
quelle curve pericolose dopo i danni da pc e mouse anche gli smartphone hanno contribuito alla diffusione di nuove patologie causate da vizi posturali come il capo chino sulle chat
0° ci vorranno 15-20 anni prima di capire le conseguenze effettive del loro peso sul collo
5,4 Kg
15° 12,2 Kg 30°18,1 Kg 45°22,2 Kg 60°27,2 Kg
27 chili a 60 gradi». È dunque facile immaginare a quale peso sia sottoposta giornalmente la nostra schiena. «La perdita della curvatura naturale della cervicale - sottolinea Hansraj - può provocare usura precoce, degenerazione e possibili interventi chirurgici». Sul tema abbiamo interpellato il dottor Vincenzo Di Sanzo, specialista in Ortopedia e Traumatologia, il quale ha subito evidenziato: «Negli ultimi decenni abbiamo assistito a uno sviluppo tecnologico, industriale ed economico che ha portato il corpo umano a rispondere a delle richieste funzionali per cui non era stato progettato. Sono comparse dunque tutta una serie di patologie che prima non c’erano. Per quanto il corpo abbia provato ad adattarsi alle nuove esigenze, non ha avuto il tempo fisiologico per adeguarsi a cambiamenti così veloci e radicali ai quali, per natura, si giunge attraverso una lenta evoluzione». «Pensiamo al dolore lombare. È un malessere piuttosto recente generato dal sostare a lungo in macchina, oppure dallo stare troppo seduti, magari per motivi di lavoro. Altro esempio lampante è la diffusione del Pc: le cosiddette tendiniti da mouse o le cervicalgie da computer sono tutti disturbi recenti legati ai nuovi strumenti tecnologici. Alterazioni delle fisiologiche curvature, contratture e discopatie sono tra i malesseri che potrebbero verificarsi a seguito di un uso assiduo del cellulare in posizioni scorrette. Proprio a causa di questo sviluppo tecnologico rapidissimo non abbiamo avuto ancora riscontri immediati, bisognerà attendere 15-20 anni prima di capire le effettive conseguenze del peso degli smartphone sul nostro collo. Fino ad allora – raccomanda Di Sanzo – dovrà prevalere il buonsenso. È consigliabile utilizzare il telefono stando in posture corrette. Magari giocare in posizione supina comodamente sdraiati sul divano o sul letto anziché stando curvi sullo schermo e, per i più volenterosi, fare un po’ di stretching per alleggerire collo e spalle dopo un uso intenso del telefonino. Per i ragazzi - aggiunge - è possibile controbilanciare la “posizione da smartphone” attraverso sport che portano distendere il collo come il basket o il kitesurf». © Copyright Università Niccolò Cusano
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«il mio brano è una sfida alle ipocrisie di chi dà spazio ai pregiudizi»
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iocatrice professionista di basket. Quindi cantante e musicista, ma anche attrice e ballerina. A soli 23 anni Cecile – all’anagrafe Cecile Vanessa Ngo Noug, madre camerunense ma cresciuta sul litorale romano – ha già un curriculum sportivo e artistico da veterana. Il grande pubblico ha imparato a conoscerla per la sua pazzesca performance a Sanremo Giovani 2016, con la canzone N.E.G.R.A., inno politicamente scorretto contro l’ipocrisia dei pregiudizi. In realtà, la giovane performer di colore ha alle spalle una importante carriera da cestista, sia in Italia che negli Stati Uniti, avendo vestito più volte anche la casacca della Nazionale Italiana femminile. Tanto che oggi, dopo aver scelto di intraprendere un percorso artistico a tutto tondo, è uno dei pilastri – insieme a Miss Italia 2015, Alice Sabatini – della Nazionale Artisti di Basket, formazione che grazie alla sponsorizzazione dell’Università Niccolò Cusano si esibisce nei PalaSport di tutta Italia e consente la raccolta di fondi da destinare in beneficenza. Cecile, abbiamo imparato ad apprezzarti come cantante, ma tu sei soprattutto una giocatrice di basket. E anche di alto livello! «Ho iniziato a giocare a basket molto piccola, sono arrivata in Serie A a 14 anni. è stato importantissimo staccarmi dal mio quartiere, Ostia, andando a Cervia e avendo la possibilità di svolgere raduni con la Nazionale Italiana. Anche l’esperienza negli Stati Uniti è stata molto formativa: lì potevo guadagnare e giocare».
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ecco cecile che grinta tra basket e musica “
la cantante di n.e.g.r.a. racconta il suo passato da cestista e i suoi progetti artistici: «sto studiando per arrivare a frequentare l’actor studio negli stati uniti»
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e registrato nel 2012. è stata l’occasione che mi ha permesso di aprirmi a un mondo nuovo, quello della musica». Per il futuro ti vedi più come una sportiva o come un’artista? «Sinceramente vorrei intraprendere questa carriera, e non solo nella musica. Faccio parte di un’Accademia di recitazione, vorrei ottenere una borsa di studio per tornare negli Stati Uniti e frequentare l’Actor Studio. Mi sento ancora una sportiva ma non credo che ora possa essere il mio pane quotidiano. Con la BasketArtisti Unicusano faccio gioco di squadra per uno scopo benefico e questo mi rende molto orgogliosa: ultimamente abbiamo anche aiutato le popolazioni terremotate. Tuttavia, mi piace essere definita come una persona che ama l’arte in tutte le sue forme». Ci puoi raccontare le differenze, per una giovane, nell’approccio al mondo del lavoro, dello sport e dell’arte fra Italia e Stati Uniti? «Negli Usa spesso è stato più semplice fare le cose. è vero che avevo una famiglia che mi ha supportato, ma anche il tipo di cultura è differente. Qui si fa un po’ più di difficoltà. Bisogna anche pensare a dei ri-
” Il tuo album, N.E.G.R.A., suona molto moderno: canti, rappi e suoni. E il singolo, che è anche la title-track, affronta il tema dei pregiudizi che sicuramente hai dovuto sopportare in questi anni. è stato piu’ difficile in Italia o negli Usa? «In America il discorso del razzismo è molto più complesso. Di certo il mio brano è molto forte, ma il tema non è l’insulto in sé, quanto il modo di etichettare qualcuno. Avrei potuto usare altri termini, altre offese, ma ho parlato anche di me e di quello che ho vissuto sulla mia pelle. La frase “quando mi vedi nuda non te ne frega più” sta proprio a simboleggiare l’ipocrisia di chi dà spazio ai pregiudizi».
credit Ciamillo Castoria
credit Ciamillo Castoria
basketartisti Cecile in veste di giocatrice di BasketArtisti Unicusano. In occasione della finale di Coppa Italia tra Milano e Sassari, lo scorso febbraio a Rimini, Cecile ha cantato l’inno nazionale
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entri economici, io non mi do per vinta e provo ad associare il lavoro alle mie aspirazioni, come il secondo album che sto realizzando in studio. è difficile ma non impossibile».
Cos’è cambiato poi? «Dopo tre anni, per problemi personali, sono tornata in Italia, ho smesso di studiare e giocare a basket e così ho deciso di seguire il percorso musicale, che è sempre stato nel mio dna». Sei una musicista oltre che cantante. «Sì, suono il violino, ma anche il pianoforte e la chitarra. Circa due anni fa mi si è presentata un’occasione, quando il mio amico e manager, Lorenzo Lombardi Dallamano, mi ha proposto di portare a Sanremo il brano N.E.G.R.A., scritto insieme
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Parliamo della Nazionale BasketArtisti Unicusano. Con chi hai legato di più? E con Alice Sabatini, avevi avuto modo di incontrarti sui parquet in precedenza? «Con Alice ci eravamo solo sfiorate una volta, a Santa Marinella, io ero in campo ma lei non giocava: ora abbiamo avuto più tempo per socializzare. Per il resto, sono diventata molto amica con Mercedesz Henger, e ho instaurato un bel rapporto ad esempio con Valerio Di Benedetto, Alessio Bernabei e Leonardo De Carlo». © Copyright Università Niccolò Cusano
al festival Cecile Vanessa Ngo Noug, 23 anni, si è fatta conoscere dal pubblico per la performance a Sanremo Giovani 2016 con la canzone N.E.G.R.A., un inno contro i pregiudizi
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180 K Intervista al professor Emmanuele Jannini,
dell’Università di Roma Tor Vergata
milioni di pillole vendute in europa
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oom in Europa di pillole contro la disfunzione erettile: circa 180 milioni solo nel 2016, di cui 33,6 milioni in Italia. Ma il dato più preoccupante è che oltre 100 milioni sono vendute senza ricetta, di cui circa 19 milioni nel nostro Paese. Un “fai da te” rischioso anche perché chi ammette di acquistare le pillole dell’amore online o da canali diversi dalla farmacia, ne fa un uso “ricreativo” che però è meno soddisfacente ed efficace oltre che potenzialmente pericoloso. Lo dimostra uno studio internazionale appena concluso, condotto da ricercatori italiani, secondo cui solo il 40% di chi utilizza i farmaci per la disfunzione erettile ha avuto una diagnosi: la mag-
33,6 milioni in talia
pillole dell’amore i rischi del fai da te gioranza li sceglie per avere performance sessuali migliori o perché sa di avere un problema ma non ha mai avuto il coraggio di parlarne al medico. I “performers” sono in media più giovani rispetto ai pazienti con diagnosi e più spesso acquistano i farmaci anche sul web e perfino nei sexy shop. Ma a spiegarci quali siano le motivazioni alla base di questo fenomeno e i pericoli annessi è il professor Emmanuele Jannini, dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha recentemente presentato lo studio a Londra in occasione del congresso dell’European Association of Urology. Professor Jannini, qual è l’identikit del “consumatore abituale di pillole per la disfunzione erettile senza prescrizione medica”? «È un “performer”, che cerca nelle pillole di prima generazione e di vecchia confezione più un narcisistico effetto che il piacere sessuale della partner e quindi della coppia». Quali sono i rischi di acquistare un farmaco del genere sul web o in un sexy shop? «Il primo è che si sfugge al medico, che può fare diagnosi fondamentali per la prevenzione di malattie ben più gravi dell’impotenza. Il secondo è che si può avere la
l’uso di farmaci contro la disfunzione erettile è in netta crescita, ma spesso i “performer” non consultano il medico ancora un tabù
In molti casi gli uomini si vergognano di chiedere aiuto al medico per i problemi della sfera sessuale
solo il 40% di chi ne fa ricorso ha avuto una diagnosi. prevale lo scopo “ricreativo”
certezza matematica che non si acquista quel che si crede. I dosaggi e i componenti sono sempre sballati. Tutti gli studi lo dimostrano. Il terzo è che una volta su dieci c’è del tossico in queste compressine. Giocare alla roulette russa con la salute non mi sembra affatto saggio». Quale tipo di problematica c’è dietro questo fenomeno? E come è possibile arginarlo? «Tre colpevoli: i medici, prima di tutto, che non sempre sono interessati alla vita sessuale dei loro pazienti, che spesso considerano un optional. I pazienti maschi, che ancora si vergognano di cercare e pretendere aiuto dai tanti medici competenti a disposizione sul territorio. E infine le partner, che ancora troppo spesso vivono le pillole dell’amore come un rivale e non come un aiuto fondamentale alla salute della coppia». © Copyright Università Niccolò Cusano
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emozioni, non abbiam bisogno di parole testatina per le pagine interne DX
K A cura di Peluso Cassese,
Torregiani, Bonfiglio Laboratorio di Ricerca H.E.R.A.C.L.E Università degli Studi Niccolò Cusano heraclelab@unicusano.it
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m-health la salute è più smart K Intervista alla dottoressa
Maria Aurora-Morales Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa
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l linguaggio non verbale è una forma di comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio informativo che non riguardano il livello semantico del messaggio, ma che riguardano i segnali del corpo. La comunicazione non verbale è caratterizzata da gesti, postura, micro espressioni facciali, orientamento del corpo, distanza interpersonale, tono, ritmo e colore della voce. Parliamo, quindi, di un insieme di manifestazioni corporee. Ognuno di questi permette alle persone di percepire le reali intenzioni degli altri, conoscere quale sia lo stato emotivo altrui e di intuire cosa l’altro pensi realmente. In sintesi, il linguaggio del corpo ci permette di andare olil linguaggio tre le parole. Il linguagdel corpo gio non verbale è un argomento di gran fascino, trasmette ci permette di cogliere stati d’animo, nuovi aspetti delle relasentimenti zioni umane e migliorare la qualità della comunicae intenzioni zione con il prossimo. Bisogna tenere sempre a mente che la scienza del linguaggio non verbale non è una scienza esatta, in quanto non esistono indicatori simbolici universali. Infatti questo tipo di comunicazione è soggiogata dalla soggettività ed unicità dell’individuo. Le informazioni che interpretiamo ci rendono più percettivi nei confronti degli altri permettendo di intuire ciò che l’altro pensi o provi. Tutto ciò permette anche da Paul Ekman e Wallace Fridi modificare opportunamente esen, i quali hanno suddiviil nostro comportamento per facilitare l’interazione e renderla so la cinesica in cinque campi specifici: i gesti illustratori, più produttiva. I numerosi studi i gesti simbolici, gesti indicascientifici condotti confermano che tori dello stato emotivo, gesti di il linguaggio non verbale comunichi adattamento, gesti regolatori. sentimenti molto importanti, il più I gesti illustratori, correlati al didelle volte emozioni che cerchiamo scorso, sono gesti che accompadi reprimere. I sentimenti di prima gnano il discorso con l’intento impressione sono utili nel decifrare l’altro. Questi sentimenti peculiari di fornire i messaggi visivi in grado di confermare il contenuto sono: accettazione e rifiuto, simpatia e antipatia, interesse e noia, espresso. Alla stregua di un sistema di punteggiatura, scandiscoverità e menzogna. Il modello no le parti del discorso, compledella cinesica fu perfezionato
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app in continua crescita, monitoraggi a distanza e misuratori di stili di vita così la tecnologia aiuta a stare bene
Q Le informazioni non verbali ci rendono più percettivi nei confronti del prossimo
tando e ampliando i contenuti espressi. I gesti simbolici sono quelli che sostituiscono le parole in un contesto specifico e dove culturalmente si condividono i vari significati. I gesti indicatori dello stato emotivo sono gesti che, il più delle volte, ci tradiscono perché compiuti inconsapevolmente. Sono espressioni facciali, gesti degli arti, postura e movimenti. I gesti di adattamento rivelano il nostro stato d’animo e sono dif-
ficili da controllare volontariamente. Comprendono i cambiamenti di postura e di movimenti vari. Questi gesti non sono intenzionali in quanto l’individuo ne fa uso con lo scopo di autoregolare la tensione emotiva, per soddisfare e controllare bisogni e intenzioni. Non sono gesti finalizzati a inviare un messaggio specifico, ma rappresentano un modo per adattarsi alle situazioni. Chi ci sta di fronte non può non reagire a ciò che diciamo o facciamo, anche se tenderà a controllarsi. Il corpo esternerà il vero stato d’animo della persona, per quanto esso possa cercare di nasconderlo o placarlo. Se siamo in grado di decifrare il linguaggio del corpo altrui questo sarà il primo passo verso la possibilità di innescare uno stimolo in attesa di una determinata risposta. © Copyright Università Niccolò Cusano
uello delle app è un trend in continua ascesa. La crescente diffusione dei dispositivi portatili e dell’utilizzo di internet ne ha favorito il boom. Ma anche se la tecnologia ci sta fornendo spunti interessanti, favorendo una maggiore sensibilizzazione degli individui sul loro stato di salute e supportando al contempo i professionisti in area medica, non bisogna dimenticare però che queste applicazioni non devono sostituire in alcun modo il ruolo del sanitario. Noi di Unicusano Up abbiamo chiesto alla dottoressa Maria-Aurora Morales, cardiologo e primo ricercatore dell’Istituto di Fisiologia clinica Cnr Pisa, di spiegarci meglio in che modo questo fenomeno è cresciuto nel corso degli anni e come orientarsi nella giungla delle m-health.
di smartphone nel 2015 lo hanno utilizzato per ottenere informazioni sul loro stato di salute. D’altra parte, anche applicazioni come il monitoraggio a domicilio di pazienti cronici come diabetici, oncologici, affetti da broncopneumopatia cronica o portatori di dispositivi impiantabili (per esempio il monitoraggio delle aritmie nei soggetti portatori di defibrillatori) sono in netto incremento. Attualmente tra 30-50% di pazienti portatori di defibrillatori sono controllati con monitoraggio remoto wireless. I risvolti nell’interfaccia medico/paziente sono generalmente positivi perché il paziente si sente più seguito anche senza doversi recare nelle strutture sanitarie. In sintesi, la m-Health dovrebbe portare a una maggiore sensibilizzazione degli individui sul loro stato di salute e supportare i professionisti in area medica nel trattamento e controllo periodico dei pazienti incoraggiando anche l’aderenza alle terapie prescritte».
il confronto con uno specialista è comunque insostituibile per tutti
I numeri di un successo Dottoressa Morales, quanto cresce il mercato delle applicazioni dedicate alla salute e al benessere? «Innanzitutto vorrei chiarire che il termine Mobile Health o m-Health comprende tutte le informazioni sulla salute che si possono ottenere mediante tecnologia mobile, come smartphone, tablet o sistemi wireless. Le applicazioni dedicate alla salute e al benessere sono in continua crescita: nel 2016 una informativa della commissione europea segnalava la presenza sul mercato di oltre 100.000 applicazioni di m-Health, mentre una recente review pubblicata a marzo 2017 riportava circa 165.000 applicazioni digitali disponibili e circa 2000 articoli scientifici in ambito di m-Health». Qual è il motivo principale secondo lei? «Il motivo di questa crescita è legato in particolare all’ormai diffusissimo utilizzo di smartphone con le relative applicazioni dedicate a salute benessere. In accordo con il Pew Reserch Center, un ente americano che studia i comportamenti sociali nel mondo, oltre il 62% dei proprietari
Qual è l’utente medio? «Bisogna distinguere il concetto di monitoraggio remoto (a domicilio) da quello di utilizzo di applicazioni su smartphone/tablet. Nel primo caso l’utente medio è rappresentato dal malato cronico e un interesse speciale è rivolto al monitoraggio domiciliare del diabete e del monitoraggio/trattamento delle aritmie potenzialmente letali. Per quanto riguarda le app, un ruolo dominante è rappresentato dagli utenti che hanno a cuore il proprio stato di salute e la fitness. In uno studio ad ampio spettro è stato dimostrato come il 75% della tecnologia m-Health è sviluppata per iOs e Android, avendo pertanto come target soprattutto le fasce giovani. Questo fa sì che molto interesse è posto all’utilizzo della m-Health attraverso applicazioni per il calcolo di rischio di alcune malattie (in particolare per l’obesità di bambini e adolescenti). Attualmente si stanno sviluppando sistemi per
cui anche i pazienti cronici possono utilizzare il loro smartphone con app scaricabili gratuitamente per interfacciare con il centro medico di riferimento».
te esplicativi che permettano di estendere queste applicazioni anche a fasce sociali e culturali non avvezze all’utilizzo sistematico di tecnologie digitali».
Come sfruttarle al meglio Quanto funzionano e cosa debbono avere per essere più efficaci secondo lei? «Le applicazioni per il monitoraggio di malattie croniche necessita ovviamente di una interfaccia con lo specialista (anche in remoto), che possa interpretare al meglio i dati forniti dal monitoraggio e agire di conseguenza. Per quanto riguarda il benessere generale, la dieta, l’attività fisica, la riduzione dello stress quotidiano, le applicazioni non sono propriamente “mediche” ma solo di supporto per raggiungere e mantenere uno stile di vita corretto. Il vero problema è rappresentato dal fatto che molte volte i dati acquisiti tramite le app non vengono utilizzati e l’utente dimentica facilmente i suggerimenti offerti. Per tale motivo sono necessarie applicazioni che tengano conto dell’impegno e sistematicità dell’utente nel seguire le indicazioni fornite, raccogliendo dati, fornendo tabulati o, meglio ancora, grafici sull’evoluzione nel tempo dei parametri di interesse (distanze percorse, andamento del peso, ore di sonno). Per essere di reale supporto le applicazioni devo essere facili da usare, esteticamente piacevoli, gratificanti, capaci di fornire supporto in itinere e dimostrarsi, alla fine, utili nell’ottenere l’obiettivo preposto. Dalla letteratura scientifica è evidente come esista una necessità di linee guida in ambito di m-Health che contempli anche i risvolti etici delle nuove applicazioni tecnologiche e l’utilizzo di linguaggi facili e fortemen-
I possibili rischi Naturalmente non possono essere sottovalutati i potenziali rischi collegati all’utilizzo di queste app. «L’interfaccia con un professionista della sanità prima dell’utilizzo di applicazioni anche solamente collegate allo stato di benessere è sempre consigliata, in particolare per quelle più comuni come impostazione di diete e/o programmazione di attività fisica – spiega Morales – E’ necessario tenere presente come, nel mare di applicazioni disponibili al momento attuale, alcune possano contenere informazioni inaccurate o datate e pertanto, potenzialmente dannose. Istruzioni poco chiare o linguaggi inappropriati o di difficile comprensione per un’utenza non qualificata, rappresentano ulteriori rischi. Pertanto sono raccomandate le applicazioni che abbiano una solida base scientifica, in cui procedure, linguaggi utilizzati, algoritmi di valutazione dello stato di salute e delle sue modifiche nel tempo siano stati validati in studi pilota controllati da team multidisciplinari di medici e informatici». © Copyright Università Niccolò Cusano
testatina per le pagine interne SX
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i progressi della robotica I biomedicale
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chirurghi di tutto il mondo dispongono oggi di software avanzatissimi per operare, mentre la diagnostica per immagini utIlizza sempre di più nanotubi di carbonio
fantascienza La tecnologia legata alla medicina e alla salute in genere fa passi da gigante e ogni anno raggiunge livelli considerati fino a poco tempo fa “fantascientifici”
nfermieri-robot che assistono i chirurghi durante le operazioni più complesse, occhiali smartglass per permettere ai pazienti di manovrare letti e carrozzine con il movimento delle ciglia, software modernissimi per la diagnosi dei tumori al sistema digestivo. La tecnologia legata alla medicina e alla salute in genere fa passi da gigante e ogni anno raggiunge livelli considerati fino a poco tempo fa “fantascientifici”. Secondo uno studio del Centro Assobiomedica, l’Italia è ancora oggi al settimo posto nel mondo in questo campo e i ricercatori italiani, sia in Patria sia all’estero, sono protagonisti di questa evoluzione continua e inarrestabile. «L’idea che la medicina sia a pieno titolo un driver di sviluppo, un generatore di ricchezza per l’Italia – si legge nella relazione firmata dalla dottoressa Vera Codazzi - sembrerebbe aver incontrato fino ad ora un’evidente resistenza culturale: si avverte, infatti, una certa riluttanza nell’associare il concetto di opportunità di sviluppo economico alla malattia e alla sofferenza». In relazione alla robotica biomedicale, ad esempio, vale la pena accennare a quella che viene definita la cosiddetta “infermiera robotizzata”. Da tempo alcuni dei migliori centri chirurgici del mondo possono utilizzare una tecnologia che assicura il controllo da parte dei chirurghi per mezzo del movimento delle mani. Il software è dotato di una videocamera sensibile alla vicinanza del corpo umano ed è in grado di calcolare la cosiddetta antropometria, ovvero le istruzioni dal movimento delle mani leggendone il calore. In questo modo si permette al robot di legare ad esempio
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antropometria Il software usato in sala operatoria è dotato di una videocamera sensibile alla vicinanza del corpo umano ed è in grado di calcolare l’antropometria, ovvero le istruzioni dal movimento delle mani leggendone il calore.
K A cura di Fabrizio Patanè, professore di Ingegneria delle misure
meccaniche e termiche all’Università Niccolò Cusano di Roma
unicusano: i risultati del laboratorio di ingegneria
Neuro-riabilitazione, le tecnologie prendono spunto dai videogiochi
l’indicazione di numeri con uno specifico strumento chirurgico. Per quanto riguarda la diagnostica per immagini, nella Carolina del Nord (Stati Uniti) è stato messo a punto un processo che utilizza nanotubi di carbonio (CNTs) per generare un campo di emissione. Questo sistema fornisce dei vantaggi considerevoli, come ad esempio la facoltà di calcolare in pochi secondi la generazione dei raggi X, consentendo la regolazione tra la sorgente dei raggi e il battito cardiaco. «Se oggi l’ambito della radiologia può disporre anche di detettori wireless – si legge in un documento redatto dal dottor Enrico Porri, per il Centro Studi Assobiomedica – che facilitano l’operato dei tecnici e aumentano l’operatività del reparto, va però notato che i vantaggi connessi alla digitalizzazione dell’immagine radiografica sono strettamente correlati al livello di informatizzazione del sistema sanitario, in termini gestionali, di archiviazione dei dati e delle infrastrutture a contorno necessarie». Una tecnologia piuttosto nuova per l’analisi “in vivo” della mucosa
controllo Alcuni dei migliori centri chirurgici del mondo utilizzano una tecnologia che assicura il controllo dei chirurghi per mezzo del movimento delle mani.
i ricercatori italiani sono protagonisti di questa evoluzione inarrestabile
gastrointestinale e la relativa micro vascolarizzazione, ancora, è quella dell’endomicroscopia laser confocale, per la diagnosi dei tumori a danno del sistema digestivo, a tutt’oggi una delle maggiori cause di mortalità. La caratterizzazione di questo sistema di microvascolarizzazione attraverso miniprobes, con l’ausilio di software per l’elaborazione delle immagini, permette di diagnosticare precocemente una trasformazione neoplastica e il potenziale metastatico del tumore. «Il miglioramento della definizione dei CCD, nonché l’integrazione dell’Arco a C con il “flat detector” consente di fornire immagini prive di distorsioni geometriche e magnetiche, mantenendone la qualità da ogni punto di visuale. Al contempo, l’attenzione all’ergonomia delle postazioni (anche con l’utilizzo di monitor multipli) e delle apparecchiature va nella direzione di una migliore praticità per l’operatore impegnato nell’esecuzione dell’esame» spiega ancora Enrico Porri. © Copyright Università Niccolò Cusano
Riabilitazione e valutazione. Tornare a saper gestire il proprio corpo dopo un grave trauma (ad esempio ictus o ischemie). Come? Grazie alle tecnologie che vengono sviluppate anche con i videogiochi. Fabrizio Patanè, professore di Ingegneria delle misure meccaniche e termiche all’Università Niccolò Cusano di Roma, mette in relazione due campi apparentemente lontani e spiega come può oggi la robotica fornire una riabilitazione costante e più “economica” (nonostante gli investimenti iniziali) ai pazienti. «I robot su cui si può contare oggi – spiega il docente – permettono di affrontare le due fasi indispensabili per la neuro-riabilitazione: ovvero la valutazione e la riabilitazione vera e propria. La tecnologia è simile a quella dei videogiochi in 3D: si utilizza la capture camera che permette di incamerare dati e calcolare quanto la macchina aiuta il paziente e quanto il paziente ci mette del suo. Ovviamente è fondamentale che il ro-
bot stimoli il soggetto al movimento, perché la passività non porta alcun miglioramento». L’obiettivo degli elettroscheletri è riacquisire più velocemente le proprie facoltà. «Si tratta – afferma Patanè – di insegnare di nuovo a soggetti, spesso anziani, cose che avevano imparato da piccoli. L’obiettivo è farlo il più velocemente possibile, in modo che i pazienti possano lasciare le stanze di ospedale il prima possibile e tornare alle loro abitudini casalinghe. Prima ci volevano anche 4-5 persone per poche ore al giorno, oggi una sola macchina accompagna il paziente per 24 ore». In Italia queste tecnologie si trovano soprattutto negli Irccs, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, «perché sono obbligati a fare ricerca, mentre spesso gli ospedali preferiscono spendere soldi su macchinari diversi, come le tac». Tuttavia la neuro-riabilitazione robotica è in grande diffusione «e nel futuro prossimo sarà la regola». © Copyright Università Niccolò Cusano