TESTATA COPERTINA SU FONDO TRASPARENTE
Allegato gratuito al numero odierno del
Numero 11 novembre 2016
Il test
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Scoprire un Dna da campioni
Psicologia
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La prevenzione primaria
Lo studio Alimentazione e lavoro
a c s e c n a r F i n i n i c c i P
la mia vita per il volley i.p. A CURA dell’università niccolò cusano e di sport network
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approccio» Se la genomica ha fatto rapidi balzi in avanti negli ultimi anni, la capacità di interpretare il significato dei risultati dei test genetici è ancora in una fase relativamente precoce, sottolineano gli scienziati. Questo però non ha impedito la diffusione e la crescita di test genetici da usare a casa, che sostengono di essere in grado di individuare, con un semplice campione di saliva, il tipo di talento sportivo dei bambini o di disegnare un allenamento su misura per massimizzare le prestazioni. Ma proprio questo fiorente mercato ha suscitato il timore che il livello attuale delle conoscenze sulla genetica delle prestazioni sportive sia stato travisato a scopo di lucro. Le pubblicità, affermano i ricercatori, promettono grandi cose: «Personalizza il tuo allenamento in base alla genetica sportiva», «svela la predisposizione genetica del bambino per il successo in sport di squadra o individuali, di velocità, potenza o resistenza», o ancora «Noi usiamo i risultati del Dna per aiutarvi perdere grasso, dimagrire, costruire il muscolo».
in futuro con un test si individuerà se un soggetto ha la stoffa da campione
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appiamo già dalla tenera età se un bambino ha la stoffa del campione? Se può diventare uno sportivo eccellente? Se possiede quelle caratteristiche necessarie a poterlo definire un predestinato? A breve, un test genetico sarà in grado di individuare nel soggetto la presenza o meno delle caratteristica dell’atleta ideale. Dei polimorfismi che possono determinare una maggior forza muscolare o una grande resistenza, «ne sono state individuate diverse decine che possono produrre caratteristiche fisiche o atletiche importanti». Non è il soggetto di un film di fantascienza, ma uno dei temi posti dalla Sinseb, Società italiana di nutrizione, sport e benessere, che ha appena presentato una relazione dettagliata alla Sport Nutrition International Conference di Bologna. «Oggi – spiega Carmine Orlando, nutrizionista e consigliere nazionale di Sinseb - ai ragazzi che si dedicano con buoni risultati a uno sport agonistico, ma anche a tanti calciatori e a chi fa atletica, vengono proposti spesso questi test. Anche società sportive come il Napoli Calcio e il Frosinone Calcio hanno puntato su questo
svelami che dna hai e ti dirò che atleta diventerai Dai polimorfismi si può prevedere LA FORZA MUSCOLARE O il livello di resistenza fin dalla tenera età
MORFOLOGIA Lo specchio analizza la morfologia del volto alla ricerca di segni legati a obesità o sovrappeso
Fondazione Niccolò Cusano informa
Niente può aiutare a scovare il talento di un fuoriclasse L’esperimento
Ovviamente, la riuscita nello sport non è una questione matematica, e non basta che vengano rintracciati i polimorfismi giusti per diventare un grande atleta. «I test genetici - ricorda infatti Orlandi - indicano una probabilità, perché resta fondamentale l’interazione con l’ambiente. Dunque vanno maneggiati con cura.
la genomica ha fatto grandi progressi ma questi esami sono ancora in una fase embrionale
caparbietà Pietro Mennea è l’esempio di come il duro allenamento possa portare a vittorie incredibili
Anche con queste innovazioni lo sport non diventerà matematica: la forte volontà non potrà precludere risultati eccellenti Tenendo presente che aiutano a inquadrare l’atleta e le sue caratteristiche». Ma se si tratta di un giovane che non ha il polimorfismo del campione, allora che si fa? «è sempre bene ricordare il caso di Pietro Mennea, che con un fisico come il suo, ma una volontà fortissima e allenamenti maniacali, ha ottenuto risultati indimenticabili». Guardando al futuro, tuttavia, potrebbe porsi qualche problema etico: «C’è chi sta lavorando a un approccio diverso – spiega ancora Orlandi Esperti di ingegneria genetica che tentano di introdurre polimorfismi utili nel dna di uno sportivo grazie alle tecniche innovative messe a punto di recente. Questo è quello che viene chiamato doping genetico».
attenzione alla deriva della scienza: ora si parla di doping genetico
© Copyright Università Niccolò Cusano
Ieri come oggi lo sport si gioca soprattutto con la testa e con un fattore determinante che nessun polimorfismo può assicurare: il talento. Di esempi ce ne sono moltissimi. Il più noto e recente è quello di Lionel Messi, ritenuto ormai da dieci anni il calciatore più forte del pianeta, affetto sin da piccolo da una leggera forma di nanismo. In Italia ricordiamo il grande Pietro Mennea, corridore capace vincere a 28 anni un oro olimpico nei 200 metri, battendo velocisti fisicamente molto più dotati di lui. Tanti i campioni dello sport non accompagnati da una fisicità apparente, come Diego Armando Maradona, Roberto Baggio, Marco Pantani. Un argomento, quello della selezione genetica, affrontato magistralmente anche nel cinema, con il capolavoro di Andrew Niccol, “Gattaca”, del 1997. © Copyright Università Niccolò Cusano
Quando due o più fenotipi esistono in una popolazione unicusano vi spiega
Si verifica un polimorfismo quando la stessa conseguenza del processo evolutivo è rintracciabile almeno nell’1% della popolazione. è in parte ereditabile perché ogni genotipo (il corredo di geni che un individuo porta alla nascita) è dotato di una grande flessibilità nel modificare l’espressione fenotipica (ovvero le caratteristiche individuali) ma viene soprattutto modificato dall’ambiente e si esprime attraverso le caratteristiche fenotipiche. Per fenotipo si intende infatti l’insieme di tutte le caratteristiche osservabili in un organismo vivente e quindi attraverso la sua morfologia, il suo sviluppo, le sue espressioni biochimiche e fisiologiche e anche attraverso il comportamento. © Copyright Università Niccolò Cusano
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toglietemi il sodio ma non il mio pane testatina per le pagine interne DX
K Intervista
con la dottoressa Marina Carcea
Dottoressa Carcea, che danni provoca l’eccessivo uso di sale? «L’eccesso di sodio contenuto nel sale (dal punto di vista chimico il sale è cloruro di sodio) è il principale responsabile dell’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa (pressione alta), che è a sua volta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Inoltre, elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni anche indipendentemente dall’aumento della pressione arteriosa». Qual è l’obiettivo del vostro studio e che risultati avete ottenuto? «Gli obiettivi del progetto erano quelli di indagare l’influenza dell’aggiunta del sale o sostituti sulla qualità tecnologica della farina di frumento tenero in funzione della sua origine genetica, di sperimentare processi innovativi di panificazione nonché di studiare le risposte sensoriali del consumatore che si trova a consumare pane con diverse quantità e una diversa distribuzione di sale. I risultati ci indicano che il sale influenza le caratteristiche tecnologiche degli impasti la cui entità dipende dalle caratteristiche genetiche delle va-
Usiamo solamente una piccola parte del cervello: Falso Il cervello degli uomini è più grande di quello delle donne: vero Ma va sottolineato che anche l’organo cerebrale è, quanto a dimensioni, direttamente proporzionale all’intera corporatura. Di conseguenza, avendo mediamente la donna un fisico più minuto dell’uomo, presenta un cervello di dimensioni leggermente più piccole
un team di ricercatori del crea sta mettendo a punto strategie per ridurre il contenuto di sale in uno degli alimenti principali delle nostre tavole. ecco i risultati
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l pane, alimento antico ed essenziale, rappresenta la nostra storia. E anche se nell’ultimo anno il consumo è ai minimi storici, rimane un genere alimentare importante e irrinunciabile nella tradizione culinaria del nostro paese. Recentemente, però, la nostra amata pagnotta dal banco del fornaio è finita sul “banco degli imputati”. Il motivo? Facciamo un passo indietro. Che il sale non faccia bene non è una novità. L’eccesso di sodio è infatti il principale responsabile dell’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, quindi un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. E nel quadro delle iniziative di salute pubblica, promosse sia a livello internazionale (Oms) che nazionale (Ministero della Salute), è stato scelto proprio il pane per ridurre l’apporto totale di sale giornaliero, essendo un alimento consumato abitualmente in quantità più elevate rispetto ad altre classi di prodotti trasformati come insaccati, formaggi o piatti pronti. Per questo motivo un team di ricercatori del Crea, nell’ambito del progetto Eusal finanziato dal ministero delle politiche agricole, ha messo in atto delle strategie per ridurre il contenuto di sodio nel pane cercando di mantenere gradevole il gusto al consumatore. Come ci sono riusciti? A spiegarcelo è la dottoressa Marina Carcea, coordinatrice del team di ricerca.
Vero/Falso
Come è cambiato dal 1940 in poi il consumo di pane nelle abitudini alimentari degli italiani Il calo del consumo del pane inizia già alla fine dell’800. Se al momento dell’Unità d’Italia (1861) se ne mangiavano quotidianamente 1, 1 kg, dopo più di un secolo, nel 1980, se ne mangiavano 230 g, ridotti a circa 100 g nel 2005, e gli ultimi dati ci dicono che dopo 10 anni il consumo è sceso ulteriormente a circa 85 grammi.
Quanto sale aggiungiamo nella preparazione di altre pietanze E’ stato calcolato che il 36% di tutto il sodio che assumiamo giornalmente viene da quello che noi aggiungiamo volontariamente per condire le nostre pietanze mentre cuciniamo o a tavola. Abituiamoci a ridurre anche questa quantità.
rietà utilizzate, e influenza anche l’attività la quantità consigliata è di circa 5 grammi dei lieviti. Sono stati sperimentati con suc- al giorno. Se prendiamento come rifericesso processi innovativi di panificazione mento un consumo di pane di 100 grammi in cui una riduzione del contenuto di so- al giorno, che è molto vicino a quello medio assunto è stata ottenuta con diversa di- dio attuale, e consideriamo i contenuti di stribuzione di sale nell’impasto e sale nei vari tipi di pane salato, possiamo dire che fino a 2,5 gramtale tipologia di pane ha trovato il gradimento del gruppo mi al giorno possono derivare solo dal consumo di pane di consumatori che hanil consumo no preso parte alla spesenza contare quello che medio pro capite rimentazione». noi assumiamo con altri cibi processati (altri proè di 10 grammi dotti da forno, prodotQuali sono le strategie di sale al giorno: ti carnei, latticini, etc.) e per diminuire il contenuto di sale nel pane? quello che aggiungiamo ne consigliano «Ci possono essere tre volontariamente mentre la metà strategie: ovviamente la più cuciniamo o a tavola». semplice e intuitiva è quella di utilizzare progressivamenQual è la media del contenuto te nel tempo meno sale, in modo da di sale nel pane in Italia? abituare il consumatore a un gusto meno «Considerando sia la panificazione artisalato, ma si possono anche utilizzare so- gianale, che in Italia rappresenta il settostituti del sale in cui la sapidità viene data re preponderante, che quella industriada sostanze diverse dal cloruro di sodio le, il contenuto medio di sale sul fresco è (cloruro di potassio, aminoacidi). Oppu- pari a 1,5% con un intervallo di valori che re si può adottare una terza strategia che vanno da 0,7 a 2,3 per cento. Ovviamenutilizza il cloruro di sodio, ma ne vede una te stiamo parlando di pane con il sale. è sua diversa distribuzione nell’impasto con noto che in Italia esiste già una tradizione di consumo di pane senza sale in alcuzone salate e zone senza sale ne regioni, come Toscana e Umbria». per ingannare il gusto del © Copyright Università Niccolò Cusano consumatore». Quanto sale mangiamo nell’arco della giornata e quanto ne viene dai prodotti da forno? «In Italia il consumo medio pro capite di sale è stimato in circa 10 grammi giorno. Teniamo presente che
Il cervello non è soggetto a deterioramento: Falso Quest’organo si deteriora quanto se non di più di tutti gli altri. E’ vero che è stato dimostrato un processo di neuro genesi, ossia la formazione di nuove cellule nervose, tuttavia la quantità di quelle che muoiono non è minimamente paragonabile al numero di quelle che invece si rigenerano
se posto nella condizione di imbrogliare il cervello riduce nel tempo l’indignazione
Il cervello è un organo plastico: vero
mentire? mai stato più semplice di così Q
uestione di adattamento: tutto sta superare il primo scoglio, dopodiché mentire potrebbe diventare una cosa semplice. Recenti studi, condotti dai ricercatori del University College di Londra, hanno dimostrato che il cervello - dopo qualche tentennamento iniziale - riesce a dire bugie con la stessa facilità con cui una ciliegia tira l’altra. Abbiamo approfondito l’argomento con il Professor Stefano Cappa, ordinario alla IUSS (scuola Universitaria Superiore di Pavia) e specialista della Società Italiana di Neurologia. «L’osservazione, molto interessante, estende a un fenomeno che si può osservare molto spesso nel funzionamento cerebrale. Pensiamo al campo visivo: se presentiamo ripetutamente la stessa faccia, l’attività cerebrale si riduce. è un fenomeno generale che si Per segnalazioni, commenti, informazioni e domande alla redazione del mensile UnicusanoUP potete scrivere all’indirizzo: ufficiostampa@unicusano.it
uno studio inglese mostra come possa diventare facile dire bugie dopo un periodo iniziale di adattamento chiama adattamento. è come se la risposta diventasse meno elevata perché l’organo si adatta al fatto di essere sottoposto sempre allo stesso stimolo. Nel caso dell’esperimento in questione, la situazione è invece molto peculiare. Attraverso la risonanza magnetica funzionale, è stata misurata la risposta del cervello a situazioni in cui il soggetto veniva posto nella condizione di imbrogliare un pochino. L’esperimento, molto delicato da fare e, secondo prassi, coadiuvato da un comitato etico, ha registrato le risposte dell’amigdala, la quale ha dimostrato, con la sua attività, che anche un comportamento moralmente negativo – se ripetuto nel tempo – può ridurre in qualche modo la reazione di indignazione del soggetto».
Ma, in parole semplici, cos’è la amigdala e come funziona? «è un insieme di neuroni in profondità del lobo temporale del cervello ed è una sorta di centralina che riceve informazioni sia dall’esterno sia dal nostro corpo stesso, vale a dire impulsi sui nostri bisogni, sugli stati interni e le necessità corporee: una sorta di centralina emozionale a tutti gli effetti. Una classica situazione in cui l’amigdala si attiva è nella condizione di paura. Popolare l’esempio del serpente: l’amigdala si attiva in modo velocissimo e l’informazione che arriva dal sistema visivo ha una specie di cortocircuito che va a impattare direttamente con la nostra centralina emozionale, attivando tutte quelle reazioni tipiche dello spavento come il cuore che batte, il respiro che si accelera e la costrizione dei vasi che conferisce pallore al nostro aspetto. Ma l’amigdala fa molto più di questo. Il suo ruolo centrale la rende fondamentale anche nelle nostre scelte difficili. Nell’esperimento in questione, di matrice londinese, il suo ruolo potrebbe essere legato al fatto che mettendo in atto un comportamento disonesto, il nostro sistema nervoso riconosce immediatamente la situazione di pericolo legata alla possibilità di essere scoperti (nonostante la ricerca garantisca l’anonimato)». © Copyright Università Niccolò Cusano
facoltà psicologia uniCusano informa
L’esperimento I ricercatori hanno messo 80 persone, tra i 18 e 65 anni, davanti ad un barattolo di vetro con delle monete e hanno chiesto loro di mandare una stima della cifra contenuta in esso a un partner sconosciuto attraverso il computer. Si sono presentati cinque diversi scenari basati sulla motivazione dei partecipanti a mentire: il partecipante ha comunicato al partner una stima accurata delle monete, traendone beneficio entrambi; il volontario ha comunicato una stima falsa per trarne beneficio, arrecando al tempo stesso un danno all’altra persona; il partecipante ha comunicato una stima falsa per trarne beneficio, senza costi per l’altro; il volontario ha comunicato una stima che non arrecava alcun danno per se ma beneficio per l’altro; infine ha comunicato una stima di cui beneficiava il partner, arrecando un danno a se stesso.
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parla il sessuologo avenia: non è una patologia ma una condizione naturale dell’uomo
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Sono vietati i pensieri distraenti: si perde contatto con il momento
una questione solo di testa
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urate poco? Durate davvero troppo poco? Cari uomini, siete in buona compagnia: il 25-40% della popolazione lamenta eiaculazione precoce, o comunque, a causa del mancato controllo volontario, non ha una durata sufficiente a soddisfare il partner. E i vecchi metodi non funzionano, anzi sono dannosi. Parola del sessuologo Franco Avenia, vicepresidente della Fiss (Federazione italiana di sessuologia scientifica), autore di un lavoro scientifico sull’addestramento per il controllo della fase preorgasmica. In pratica come durare di più senza pensare a cose tristi o contare i fiori della tappezzeria, e senza ricorrere ai farmaci. «Si ha eiaculazione precoce - spiega innanzitutto Avenia - quando vi è assenza di controllo volontario, con un tempo di latenza, cioè il periodo che va dall’insorgere dell’erezione all’orgasmo, insufficiente al compimento di un rapporto sessuale soddisfacente». Per il 50% degli uomini italiani, la durata va dai 5 ai 10 minuti. La buona notizia, per lui e ovviamente anche per lei, è che «se si escludono patologie organiche e psichiche, l’ingestibilità dell’eiaculazione è risolvibile nella maggior parte dei casi con un adeguato addestramento, più o meno come la mamma addestra il piccolo al controllo dell’urina». Secondo l’esperto, «non sempre si tratta di una patologia, ma è molto spesso una condizione naturale dell’uomo, consolidata con l’autoerotismo adolescenziale, quando l’orgasmo è l’obiettivo da raggiungere e prima ci si arriva, meglio è. Condizione che - afferma Avenia può essere superata con l’addestramento».
l’eiaculazione precoce colpisce il 25-40% dei maschi italiani ma per combatterla ci si può allenare Insomma, per durare di più in camera da letto, no a rimedi fai da te. «Molti uomini nel tempo - racconta il sessuologo - hanno sviluppato autonomamente sistemi di controllo dell’eiaculazione più o meno efficaci. Tra i più frequenti, distogliere il pensiero dall’attività sessuale cercando di concentrarsi su qualcos’altro, come contare i fiori della tappezzeria, di ricordare ad esempio i nomi dei giocatori di una squadra o dei Sette re di Roma, di pensare a qualcosa che metta ansia, tipo esami, scadenze o persino la morte». «Tali sistemi sono altamente sconsigliati - sottolinea Avenia - in quanto, se anche all’inizio possono portare qualche beneficio ritardando l’eiaculazione, nel tempo tendono a creare i cosiddetti vuoti di carburazione. Si instaurano, cioè, meccanismi che influiscono negativamente sull’erezione: se all’inizio si raffredda la libido a comando, con il tempo il cervello impara a farlo automaticamente. E si perde l’erezione». Il primo passo è, dunque, il rilassamento «che inizialmente viene stimolato solo a livello fisico. Man mano che si va avanti con l’allenamento, si producono le condizio-
ni per una profonda distensione mentale, che si concretizza in uno stato di estrema calma e di completo benessere. Non dimentichiamo che i soggetti ansiosi, ipercontratti tendono a soffrire facilmente di eiaculazione precoce». L’iper-percezione, il secondo momento chiave dell’addestramento per vincere l’eiaculazione precoce, «consiste nel focalizzare l’attenzione sugli organi genitali. Molto spesso, infatti, c’è una scarsa percezione dei meccanismi che regolano l’attività sessuale. L’iper-percezione permette di prendere il controllo di questi meccanismi e dell’eiaculazione». © Copyright Università Niccolò Cusano
L’eiaculazione precoce è solo un sintomo di una vita presa di fretta, un’ansia che colpisce a 360 gradi. «Si tratta di persone che hanno paura di arrivare sempre in ritardo a un appuntamento, oppure mangiano sempre di corsa, oppure non riescono a godersi in generale quello che stanno facendo in un determinato momento». Rosa Maria Spina, sessuologa e collaboratrice di Radio Cusano Campus, spiega così il disagio della scarsa durata degli uomini nei rapporti sessuali. Un «disagio trasversale – afferma – che va dai 19 ai 60 anni. Il ricorso ai professionisti in questo senso sta crescendo perché sempre più alto è il numero dei pazienti». Dunque l’ansia nella vita di tutti i giorni, secondo la professoressa Spina, si ritrova poi nell’attività sessuale. «è questo – continua – che fa perdere il controllo dell’eiaculazione. Anche in quel momento, la persona è sì estremamente presa da quello che sta facendo, dall’atto sessuale e dal partner, però allo stesso tempo è come se stesse già oltre, ha superato l’atto stesso. Questo porta poi a distrarsi. Detto in parole povere, inconsciamente quasi vuole sbrigarsi». Dunque la tattica dei pensieri distraenti non funziona: «In quel caso perdiamo completamente il controllo di quello che stiamo facendo in quel momento». Quando invece «capire quelli che possono essere i segnali che anticipano l’eiaculazione, aiuta a capire quando sta per arrivare e quindi anche eventualmente a cambiare strategia, a cambiare posizione, a rallentare quello che può essere il movimento. Quindi in realtà una serie di tattiche che possono essere più utili proprio per l’atto in sé». è poi fondamentale la comunicazione di coppia, il comprendere che il piacere del partner spesso non è proporzionale alla durata dell’atto: «Un po’ per tutte le disfunzioni sessuali dovrebbe essere consigliato seguire un percorso di coppia. A volte la comunicazione viene meno, per imbarazzo o altri motivi: se la coppia non comunica, non si sa di preciso cosa piace all’altro o all’altra, che gusti ha, cosa dà fastidio, e questo fa scaturire una serie di difficoltà durante il rapporto. Ovviamente, se un uomo va in terapia, la donna deve collaborare, altrimenti i problemi restano». © Copyright Università Niccolò Cusano
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FRANCESCA PICCININI il volley nel sangue
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ho iniziato a giocare così presto che non ho neanche avuto modo di pensare a cos’altro avrei potuto fare
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l noto manga giapponese Mila e Shiro ha senza dubbio contribuito ad alimentare la sua passione per la pallavolo, tuttavia Francesca Piccinini aveva già scritto nel dna l’amore per questo sport. «Immancabile quando ero bambina l’appuntamento alle quattro del pomeriggio, tra la merenda e i compiti, con questo cartone animato – ammette Francesca – ma ad otto anni ero già sotto rete». Rapidissimo l’esordio in Serie A quando aveva solo 14 anni e da lì una carriera fulminea costellata di vittorie e soddisfazioni. L’atleta simbolo della pallavolo femminile italiana è certa: «Ho iniziato a giocare talmente presto che non ho neppure avuto il modo di pensare a cos’altro avrei potuto fare nella vita». Tanto che quando la raggiungiamo al telefono per intervistarla ci dice subito: «Sono in pullman con la squadra, ci stiamo spostando per giocare la partita». Nessun rito scaramantico o propiziatorio per la schiacciatrice toscana che, questa primavera, è approdata alla Igor Volley Novara. Il suo segreto è «un lavoro costante in cui dare il 100% di se stessi».
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dando al cinema oppure a cena fuori. La pallavolo per me coincide con il lavoro, dunque assorbe gran parte del mio tempo, ma riesco comunque ad avere degli spazi tutti per me». Visto che ti piace il grande schermo: qual è l’ultimo film visto? «“Fai bei sogni”, il film diretto da Marco Bellocchio e tratto dal romanzo omonimo di Massimo Gramellini, libro che tra l’altro ho letto e che mi è piaciuto molto».
Nel 2005 Francesca si racconta nel suo libro “La Melagrana”
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La prevenzione va sostenuta la sua canotta autografata per la ricerca La canotta indossata da Francesca Piccinini nella fase finale del Campionato del Mondo 2014 di Pallavolo femminile - e successivamente autografata - fu venduta all’asta per sostenere Komen Italia al fine di raccogliere i fondi necessari per ampliare le attività del Servizio di Terapie Oncologiche Complementari ed estendere il programma di prevenzione secondaria per donne detenute.
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E nel 2011 partecipa in un cameo al film di Fausto Brizzi ”Femmine contro maschi”
Qual è la giornata tipo di Francesca Piccinini? «Mi alzo, faccio colazione e poi dritta in palestra a fare pesi o tecnica. Mangio, il pomeriggio di nuovo allenamento e la sera – come tutti – cerco di ritagliare un po’ di tempo per me stessa, magari an-
Meglio il libro o meglio il film? «Racchiudere tutto in un lungometraggio è difficile: meglio il romanzo». Quante volte a settimana ti alleni? «Tutti i giorni tranne il lunedì, dal momento che la domenica si giocano le partite».
Hai attenzioni particolari nell’alimentazione? «Sono attenta perché il fisico è importante per il mio sport. Non sono una maniaca però, mangio di tutto e quando ne ho voglia non mi nego la nutella o un dolce a fine serata: come in tutte le cose basta non esagerare». Sei una brava cuoca? «Me la cavo, anche se non amo preparare grandi manicaretti solo per me. Uno dei piatti che mi riesce meglio è il pollo al latte».
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NOVEMBRE a novara Da questa stagione Francesca milita nella Igor Volley
«basketartisti unicusano è una realtà ammirevole lo sport arriva alla gente» Rio 2016: lo strappo con la Nazionale brucia ancora nei tifosi … «Sapeste quanto brucia in me … Mi sarebbe piaciuto disputare la mia V Olimpiade, ma ho preferito uscire dai Giochi (in tutti i sensi, ndr). Avevamo vinto la qualificazione che ci consentiva di volare a Rio, ma mi sono tirata indietro perché non condividevo alcune scelte dell’allenatore. Tra l’altro mi dispiace molto per come è andata alle nostre Azzurre». Cosa ne pensi della posizione della pallavolo in Italia? «Sta crescendo molto. Certo, l’andamento dipende per lo più dai risultati della Nazionale: i ragazzi hanno fatto benissimo, bene anche il beach volley. Le ragazze un po’ meno… è innegabile che come disciplina la pallavolo abbia meno visibilità rispetto ad altre, ma di sicuro negli anni ha conquistato sempre più spazio e pubblico.» Sport e Solidarietà, un binomio che funziona. Conosci il progetto Basketartisti Unicusano? «Certamente, ed è una realtà ammirevole e positiva. Noi atleti e le società cerchiamo sempre di fare qualcosa per aiutare il prossimo e penso che sia una cosa bellissima. Lo sport è sinonimo di pulizia, rispetto delle regole e correttezza. Alla gente questo arriva e piace». Dai set delle partite a quelli fotografici. Memorabili il calendario del 2004 per Men’s Health e le foto per Playboy: cos’è per te la sensualità? «Essere se stessi. Non per forza sensualità significa una minigonna o un rossetto rosso. è qualcosa di più sottile, quasi impalpabile. La sensualità viene da dentro: passa attraverso la pelle».
il viaggio «Mi piacerebbe visitare l’India e l’Africa»
CHI è FRANCESCA PICCININI evento A sinistra, la locandina della gara del 5/12. Sotto la maglia Basketartisti Unicusano
Un viaggio che vorresti fare? «Mi piacerebbe andare in Africa e in India. In quest’ultima sono stata ma per giocare delle partite, senza purtroppo poterla visitare». India fa rima con introspezione. Pratichi tecniche di meditazione per alleviare lo stress? «Credo che sia giusto aiutarsi e farsi aiutare. Ci sono momenti difficili dove può essere utile adottare tecniche di rilassamento. Per quel che mi riguarda mi ha seguita, e sporadicamente mi segue tutt’ora, uno psicologo. Affidarsi a chi ha le giuste competenze è un vantaggio che ognuno di noi può dare a se stesso».
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il Palmarés IN NAZIONALE
CAMPIONATO MONDIALE CAMPIONATO EUROPEO WORLD GRAN D PRIX COPPA DEL MONDO GRAND CHAMPIONS CUP
Oro Argento Bronzo
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il Palmarés CON I CLUB CAMPIONATO ITALIANO 4 COPPA ITALIA 2 SUPERCOPPA ITALIANA 4 COppa dei Campioni / CHAMPIONS LEAGUE 6 COPPA CEV 1 COPPA DELLE COPPE 1 SUPERCOPPA EUROPEA 1 biografia La carriera di Francesca Piccinini inizia nel 1991 con la squadra del Robur Massa. Nella stagione 1993-94 viene ingaggiata dalla Pallavolo Carrarese, in Serie A1: fa il suo esordio in campionato all’età di 14 anni. Nel 1995 ottiene le prime convocazioni in nazionale,.
Tutti sul parquet il prossimo 5 dicembre
Prossimi traguardi sportivi? «Fare un buon Campionato con la Igor Volley Novara».
Basketartisti Unicusano è pronta a scendere sul parquet lunedì 5 dicembre alle 20,30 al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano a Roma contro la All Star Eurobasket. La partita (il biglietto costa 5 euro) raccoglierà fondi per aprire la prima Casa di Accoglienza “Refuge Lgbt”, progetto della Croce Rossa Italiana con Gay Center, di cui è testimonial Vladimir Luxuria.
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Nel Volley Modena, nella stagione 1996-97, arrivano i primi successi a livello di club. Poi, dopo una stagione nel Volley 2000 Spezzano e una parentesi brasiliana, il periodo d’oro. Nella stagione 1999-00 viene ingaggiata dal Volley Bergamo: nel corso degli anni con il club orobico centra la vittoria di quattro scudetti, due coppe Italia, tre Supercoppe italiane, cinque Champions League e una Coppa delle Coppe. Anche con la nazionale ottiene numerosi successi, a partire dalle vittorie al campionato mondiale 2002, alla Coppa del Mondo 2007 e al campionato europeo e Grand Champions Cup nel 2009.
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il regalo giusto per chi fa sport A
Natale manca poco, e la corsa ai regali sta per iniziare. Così la domanda è sempre la stessa: “A lui/ lei cosa compro?”. Andare incontro agli interessi di una persona è il modo migliore per lo meno di dimostrare di averne considerazione. Avete un parente, un amico, un partner sportivo, runner, nuotatore o a cui piace andare in palestra - mentre la vostra attività fisica preferita è premere il pulsante del telecomando - e non avete idea cosa comprargli? Non c’è problema, ecco 10 consigli per dei doni da cercare magari in qualche negozio specializzato.
ecco 10 consigli per i doni da cercare nei negozi specializzati: dal body fitness all’abbonamento alla squadra del cuore 6. Libro di ricette per sportivi L’alimentazione corretta ed equilibrata per gli sportivi è fondamentale. Con un libro di ricette per sportivi probabilmente ci guadagnerete anche un invito a cena.
1. Orologio GPS Per stupire una persona che ama fare running oppure che ama camminare, ecco il regalo giusto. L’orologio GPS è un oggetto indispensabile per chi fa sport all’aria aperta, permette di essere sempre rintracciabile e soprattutto di calcolare i km effettuati.
7. Abbonamento allo stadio Se la persona che volete stupire è tifosa incallita di questo sport, regalarle un abbonamento per vedere dal vivo la sua squadra del cuore, vi farà apparire ai suoi occhi come una divinità egizia.
2. Attrezzi da body fitness Gli appassionati di body fitness vogliono i loro attrezzi personali, utilissimi soprattutto per allenarsi in casa senza andare in palestra. Doni low-cost sono pesi, bilancieri e corde, oppure, se potete spendere, cyclette, tapis roulant o pedane vibranti.
8. Wind-runner Il wind-runner è un impermeabile sportivo con un taglio a giubbino, leggero e pratico che impedisce di bagnarsi in caso di pioggia e permette di ripararsi anche dal vento.
3. Lettore MP3 acquatico Il nuoto è uno sport singolo che distende la mente allontanando lo stress della quotidianità. Con il lettore MP3 acquatico sarà ancora più gradevole andare in piscina e ascoltare la propria musica mentre fanno sport.
9. Gonfiatore di ruote Per tutti quelli che hanno fatto del ciclismo una vera e propria passione, è uno strumento indispensabile e molto utile.
4. Maschera da sci Dopo Natale di solito si va a sciare. Ecco quindi che entrano in gioco le maschere da sci che, tecniche o griffate, saranno comunque un bel regalo da trovare sotto l’albero. 5. Tappetino da palestra Una delle cose che non possono mancare nella borsa della palestra è sicuramente il tappetino individuale per lo spogliatoio. Un regalo graditissimo da chi ogni giorno è alle prese con l’allenamento in palestra e nello spogliatoio non vuole appoggiare i piedi a terra.
e per i più indecisi c’è sempre il ”rifugio” in una gift card a tema
10. Gift card E se proprio l’indecisione vi attanaglia e non sapete scegliere il regalo giusto, ecco la gift card da poter spendere come si vuole nel negozio di articoli sportivi preferito. © Copyright Università Niccolò Cusano
testatina per le pagine interne SX
testatina per le pagine interne DX
12
NOVEMBRE
testatina per le pagine interne DX K Intervista al dottor Angelo Facchiano
ricercatore Isa-Cnr
è
un bel concentrato di antiossidanti ed è noto che abbia anche proprietà antitumorali. No, non dovete cercare lontano. Basta guardare in cucina. Si proprio lì, nella dispensa della frutta. Fuochino. Perché stiamo parlando della mela. Se poi ci fate una bella centrifuga avete centrato in pieno l’obiettivo. è il succo di mela ad avere queste proprietà per la salute e il merito sarebbe tutto dei polifenoli, molecole presenti in questo frutto. Oggi però un gruppo di ricerca coordinato dall’Istituto di Scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino, in collaborazione con il Dipartimento di Chimica e Biologia dell’Università di Salerno, ha scoperto qualcosa di più: in che modo i polifenoli riescono a contrastare i tumori. Dottor Facchiano, che il succo di mela avesse delle proprietà anticancerogene non è una notizia nuova. Voi, però, ne avete individuato i motivi: cosa avete scoperto? «Con il nostro studio abbiamo potuto formulare una ipotesi sul meccanismo molecolare con cui gli antiossidanti delle mele svolgono un’azione preventiva sul cancro al colon; in particolare, i nostri risultati suggeriscono che il meccanismo coinvolgerebbe alcune proteine che partecipano a funzioni cellulari contro cui sono rivolti alcuni nuovi farmaci antitumorali».
succo di mela per prevenire il cancro Le proprietà antitumorali del frutto derivano dalla presenza dei polifenoli, che svolgono un’azione di pulizia all’interno delle cellule
i benefici che si registrano sul colon sono simili a quelli di alcuni farmaci
Ma allora tutto merito dei polifenoli? E perché? «Perché la specifica struttura molecolare di queste molecole, e non di altre, le rende capaci di interagire con alcune proteine, interferendo sulla loro funzione. Il nostro studio comunque non esclude che l’effetto benefico delle mele sia dovuto anche ad altre sostanze. Noi però ci siamo focalizzati sui polifenoli».
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Perché analizzare tre tipi di mela? «Non tutte le mele sono uguali, sia dal punto visto dell’aspetto che della loro composizione. I tre tipi di mela da noi analizzati hanno mostrato differenze nella composizione in polifenoli, ed è quindi interessante confrontarli per capire meglio se possono avere effetti diversi sulla salute dell’uomo».
I ricercatori ne hanno analizzati tre tipi Annurca, Red delicious, Golden Delicious, per identificare e quantificare i principali composti antiossidanti
Qual è il prossimo step e obiettivo della vostra ricerca? «Siamo interessati a ulteriori passi che ci forniscano ancora più informazioni sugli antiossidanti presenti negli alimenti e sui possibili benefici alla salute dell’uomo». © Copyright Università Niccolò Cusano
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13
NOVEMBRE
K Intervista alla dottoressa
Nicoletta Vegni, psicoterapeuta e docente di Psicologia clinica all’Università Niccolò Cusano
N
on è facile prevedere quando può accadere un evento traumatico. Ma ognuno di noi nella propria vita sarà chiamato a passarci attraverso. Immaginiamoci come dei palazzi travolti da un terremoto esistenziale. Quando arriva la scossa, alcuni si disintegrano e vengono giù. Altri no, oscillano ma rimangono intatti. Ecco, la prevenzione psicologica primaria insegna a resistere. Come? Non solo attraverso strategie ma fa leva anche su quelle capacità di resilienza innate in ognuno di noi. è così che la parola prevenzione assume un significato ulteriore, diventando un eccellente vaccino contro il disagio psichico e aumentando i livelli di benessere. Dottoressa Vegni, che cos’è la prevenzione primaria? «La prevenzione primaria, citando la stessa definizione dell’Istituto Superiore di Sanità, consiste in tutti gli interventi e attività che vengono svolte sul soggetto sano al fine di promuoverne il benessere e impedire l’insorgenza della malattia». Nel dettaglio, da un punto di vista psicologico, che significa fare prevenzione primaria? «Fare prevenzione primaria in psicologia significa innanzitutto sostenere le risorse già in possesso in modo da poter fronteggiare in modo efficace eventuali eventi stressanti, traumatici o nel peggiore dei casi dannosi per lo stesso benessere mentale». Quali sono le attività che può svolgere lo psicologo in questo ambito? «Bisogna tenere presente il modello biopsico-sociale, vale a dire considerare il singolo individuo come un complesso rapporto tra fattori genetici, psicologici e ambientali. Appare evidente che gli interventi possano essere molteplici e in contesti e ambiti molto diversificati tra loro». Quali sono le strategie personali che un individuo può utilizzare per sostenersi? «è importante considerare che non sempre è necessario fronteggiare situazioni complesse o particolarmente dolorose per attivare strategie efficaci: la maggior parte delle persone possiede già delle risorse e delle strategie, che possono essere state messe in campo ma che in momenti difficili si fatica a recuperare».
scacco matto allo stress con la prevenzione primaria psicologica si può aiutare l’individuo a mantenere la condizione di benessere e quindi evitare il verificarsi di episodi di disagio nervoso
Come evitare che i giovani finiscano in brutte situazioni e cosa si può fare per sostenerli? «Sicuramente gli adolescenti attraversano una fase estremamente delicata del loro sviluppo, caratterizzata da grandi turbolenze emotive che a volte sfociano in comportamenti cosiddetti a rischio. La conoscenza dei rischi presenti nel loro contesto può essere una buona strategia di contenimento, oltre ovviamente a un utile esercizio di comunicazione all’interno della famiglia, purché non venga gestita dai genitori in modo esclusivamente persecutorio».
A chi può rivolgersi una persona che vuole intraprendere un percorso di sostegno delle proprie potenzialità? «Dal punto di vista psicologico la prevenzione primaria è a tutti gli effetti ambito di intervento dello psicologo, vale a dire di un professionista in possesso della laurea magistrale in psicologia, regolarmente iscritto all’albo professionale».
la capacità di reagire a un evento traumatico si chiama resilienza
In quale ambiente la prevenzione primaria è più richiesta? «Non possiamo ancora parlare di vere e proprie richieste di interventi di prevenzione primaria, perché da questo punto di vista ancora oggi si attiva l’intervento una volta sopraggiunto il malessere. Sicuramente un ambito molto fertile in questo momento storico è, ad esempio, il sostegno alla genitorialità, attivato appunto rispetto all’universo genitoriale e che spesso previene l’insorgenza di problematiche relazionali e di altro tipo più complesse».
Dottoressa Vegni, se ne parla sempre più spesso e oramai è una parola quasi alla moda: cos’è la resilienza? «La resilienza è la capacità di superare o di reagire a un evento che potremmo definire traumatico. Una serie di studi hanno evidenziato come soggetti inseriti in condizioni socio-ambientali ad altissimo rischio, e quindi con un’altissima probabilità di sviluppare disturbi o elevata sofferenza psichica, siano comunque riusciti a fronteggiare determinate situazioni in modo sufficientemente efficace. Questo ha aperto a una serie di studi e riflessioni circa il tema della resilienza, ovvero la capacità dell’essere umano di cavarsela in un modo o nell’altro». © Copyright Università Niccolò Cusano
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14
novembre
testatina per le pagine interne DX
K Intervista al dottor Roberto Volpe,
medico ricercatore del Servizio Prevenzione e Protezione del CNR di Roma
L
a pausa pranzo o caffè durante le ore lavorative non è solo un diritto, ma un vero e proprio imperativo categorico. Ricaricare le batterie, infatti, non solo fa bene alla salute psicofisica ma giova anche in termini di qualità del lavoro. E allora come possiamo prevenire i malanni ottimizzando questi preziosi break giornalieri? La risposta ci viene dal padre della medicina, Ippocrate, che nel quarto secolo avanti Cristo sintetizzava l’importanza dell’alimentazione sana e dell’attività fisica in una citazione: «Se l’alimentazione o l’esercizio fisico sono inadeguati, il corpo si ammalerà». Non a caso Ippocrate visse più di 80 anni, un vero e proprio record per l’epoca. Sulla base di questo assunto, noi di Unicusano Up abbiamo chiesto al dottor Roberto Volpe, medico ricercatore del Servizio Prevenzione e Protezione del CNR di Roma, di tracciare delle buone regole da seguire in tempi moderni.
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pausa pranzo la ricetta per stare bene I momenti di break durante l’orario lavorativo sono fondamentali per ricaricare le batterie il dottor volpe svela le buone regole da seguire
Si produce meno se non si ricaricano le batterie Dottor Volpe quando si parla di alimentazione adeguata che cosa si intende? «Naturalmente è ottima la dieta mediterranea, ma anche quella giapponese, perché ha una ripartizione ottimale delle calorie: carboidrati 55%, grassi 30%, proteine 15%. è povera di grassi saturi perché si previlegiano le carni bianche. Ricca di grassi insaturi che troviamo nell’olio extravergine di oliva, così come
se l’impiego è sedentario è preferibile evitare due pasti completi
scrivania Non è consigliabile consumare il pasto alla scrivania o davanti al pc. Sul luogo di lavoro, pranzo o cena devono servire da intervallo, evitando le discussioni di natura professionale.
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riso, abbinandolo a un piatto a base di proteine da scegliere tra carne magra o pesce o legumi o uova o formaggi meno grassi». In ufficio: sfruttare ogni occasione per muoversi e socializzare Come possiamo ottimizzare una semplice pausa caffè? «Se siamo in ufficio, io mi limiterei al caffè oppure a qualcosa di sano e poco calorico come uno yogurt, una spremuta di arance che vuol dire assumere solo 90 calorie. Se ho problemi di tachicardia o soffro di insonnia, si può sostituire il caffè con un decaffeinato che contiene il 10% di caffeina: una tazzina, invece di 40-50 milligrammi ne contiene solo 4-5 milligrammi. Attenzione invece all’americano, perché è vero che contiene meno caffeina, ma solitamente viene servito in tazza e quindi alla fine ne contiene il doppio rispetto a un buon espresso. Inoltre è importante ricordare che la pausa è utile per staccare, per socializzare o per fare due passi a piedi». A proposito, quanta e quale attività fisica dobbiamo fare per smaltire, per esempio, una banana o un panino? «Una banana piccola contiene 60 calorie, una grande 90-100 calorie. Per una piccola ci vogliono 15 minuti di camminata a passo veloce e circa 25 per una medio-grande. Infatti, in 30 minuti di camminata si spendono circa 130 calorie, mentre in mezz’ora di bicicletta intorno alle 250 e in mezz’ora di corsa sulle 400/450. Quindi, camminare è fondamentale per la salute del nostro organismo, però non possiamo pensare di smaltire come se andassimo a correre. Ecco perché dobbiamo stare attenti a quello che mangiamo. Un panino sano, con prosciutto sgrassato e insalata, o bresaola e rucola, o tonno e pomodoro, sono all’incirca 250/300 calorie. Ovvero un po’ più di un’ora a passo veloce per smaltirlo. è chiaro che per fortuna ci aiuta il metabolismo basale, ma che con gli anni tende a rallentarsi, per cui alla fine, spesso si rischia di incamerare troppe calorie rispetto a quanto spendiamo».
Meglio uscire che mangiare davanti al pc E allora quali sono le regole che bisogna ricordare? «Se il nostro impiego è sedentario, per esempio, può essere una buona abitudine quella di cercare di raggiungere l’ufficio a piedi oppure salire le scale evitando l’ascensore. Dovremmo cercare di sfruttare ogni occasione possibile per muoverci, vincendo la pigrizia. Considerando che molti di noi fanno un lavoro sedentario, cominciamo a pensare che due pasti completi sono troppi. Ne basta uno che può essere diviso nell’arco della giornata in modo da non sovraccaricarsi di calorie». Evitare argomenti di lavoro durante la pausa aiuta a staccare Dove è preferibile consumare il pasto alla scrivania o fuori? «Meglio fuori perché si stacca di più ed è un momento che si può sfruttare per la convivialità. Parlando di tutto. Noi non viviamo solo di lavoro e bisogna sfruttare quell’intervallo in maniera sana, magari evitando proprio argomenti di lavoro. Di sicuro meglio uscire che mangiare un panino davanti al pc». Saltare i pasti non è salutare
pannelli Alimentazione, conoscenza e poesia: alla mensa della Cusano il buon cibo è servito con la cultura. Nel riquadro il passo di uno scritto di Carlo Goldoni.
C’è poi chi il pranzo o lo spuntino lo salta proprio… «è un peccato perché non è salutare. Il cervello ha bisogno di ossigeno, nutrienti e zuccheri. Si rischia di perdere concentrazione, oltre al fatto che, portando a produrre corpi chetonici, intossica l’organismo. Inoltre, non facciamo svuotare la colicisti predisponendola alla formazione di calcoli. Infine, c’è il rischio di mangiare molto di più quando poi ci sediamo a tavola».
K Intervista alla professoressa
Claudia Prestano, docente presso l’Università Niccolò Cusano di Roma ed esperta in Psicologia clinica
quando prendere il caffè non è una perdita di tempo La pausa caffè non si delinea come una perdita di tempo e di produttività ma come un’opportunità di massimizzazione delle risorse umane e anche la ricerca scientifica lo dimostra. Molte ricerche sottolineano i vari benefici della pausa caffè e paragonano il momento di break a una mini seduta rilassante. Riprendere fiato, godersi alcuni minuti di libertà per staccare la spina da quelli che sono i problemi che quotidianamente ci troviamo ad affrontare è fondamentale per ricaricare energie durante un’intensa giornata di lavoro. Non è necessario fare attività extra lavorative per garantire relax ed energia, l’importante è fare cose che ci piacciano, come ascoltare musica o leggere poche righe di un libro. Inoltre, la pausa caffè è molto utile perché aiuta a resistere allo stress da lavoro anche attraverso la socializzazione tra colleghi, la mente si libera dalle tensioni. Alzarsi dalla scrivania, bere qualcosa e fare due chiacchiere durante la pausa è importante per allentare la stanchezza, e in questo modo si torna ai propri compiti più carichi e meno stressati. Raccontare al collega, durante una pausa, il weekend trascorso o sfogarsi su tensioni familiari e lavorative ha un ruolo terapeutico che aiuta ad alleviare lo stress e a tornare al proprio lavoro più rilassati. Momenti di pausa tra colleghi, infatti, dovrebbero essere non solo tollerati ma incoraggiati a causa dei benefici psicologici che portano nell’individuo e nel gruppo di lavoro. © Copyright Università Niccolò Cusano
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di grassi polinsaturi, ovvero omega3, che troviamo nel pesce e nella frutta secca. Ma anche di fibre che troviamo nei cereali, legumi, verdura, frutta e proteine vegetali. Insomma, c’è un po’ di tutto. Le faccio un esempio: il classico piatto di pasta e fagioli raggiunge la completezza degli aminoacidi e quindi la nobiltà delle proteine. Infine la dieta mediterranea è ricca di antiossidanti che troviamo nella verdura, nella frutta e anche un po’ nel vino e nel caffè. Se possibile, meglio mangiare cibi di stagione che rappresentano fonti di nutrienti migliori ed ecosostenibili. Inoltre, c’è anche un altro aspetto che fa bene alla mente, da non sottovalutare, quello della convivialità. Una buona alimentazione non può che giovarci anche dal punto di vista mentale».
Ecco cosa mangiare in base al tipo di professione In base al dispendio energetico, che cibi è preferibile mangiare durante la pausa pranzo? «L’alimentazione cambia completamente se è un lavoro in ufficio rispetto a un lavoro nei campi o di fatica fisica intendo. Se siamo in ufficio, basta un pasto non completo come mangiare solo pasta o un secondo e contorno. E magari nello spuntino a metà pomeriggio integrare con un frutto, una mela o una banana o due mandarini, ad esempio. Per chi fa un lavoro più faticoso a livello fisico e ha un dispendio energetico maggiore, il pasto deve essere più completo. Quindi può andare bene un piatto di pasta semplice al pomodoro o di
Ecco il caffè, signore, caffè in Arabia nato, e dalle carovane in Ispaan portato. …Nasce in pingue terreno, vuol ombra, o poco sole. Piantare ogni tre anni l’arboscel si suole. Il frutto non è vero, ch’esser debba piccino, anzi dev’esser grosso, basta sia verdolino, Usarlo indi conviene di fresco macinato, in luogo caldo e asciutto, con gelosia guardato. …A farlo vi vuol poco; mettervi la sua dose, e non versarlo al fuoco. Far sollevar la spuma, poi abbassarla a un tratto Sei, sette volte almeno, il caffè presto è fatto…