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MICROAVVENTURE
LE MICROAVVENTURE E IL TREKKING AI TEMPI DEL COVID
Secondo le ricercatrici Susan Houge Mackenzie (Nuova Zelanda) e Jasmine Goodnow (USA), la pandemia ha cambiato il tradizionale concetto di “turismo d’avventura” a favore di un nuovo modo di viaggiare: di prossimità, all’aria aperta e più sostenibile
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_ di Tatiana Bertera
“ll vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere occhi nuovi
Così Marcel Proust, negli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, esponeva la sua personale idea di viaggio. Intriso di romanticismo, il “viaggiare” del letterato francese era guidato dalla capacità di vedere i luoghi sotto una prospettiva nuova e diversa. Non più il fascino della scoperta, quindi, ma quello della riscoperta.
E chissà cosa avrebbe suggerito Proust alla luce di un 2020 che ha fortemente limitato viaggi e spostamenti. Probabilmente avrebbe auspicato per un turismo ancora più lento e di prossimità, quello che permette di assaporare ogni passo e di andare alla riscoperta di territori e culture, anche poco distanti da casa. In un paese come l’Italia poi, il trekking sembra essere una delle soluzioni ideali per l’estate 2021. Per molteplici motivi: in primis perché nelle sue diverse declinazioni è un’attività che può essere praticata da adulti, bambini e persino dalle persone un po’ più in là con l’età. In secondo luogo perché si svolge all’aria aperta e, in epoca Covid, il fatto di poter stare distanziati e in ambiente outdoor, è garanzia di una maggior sicurezza. Susan Houge Mackenzie (Università di Otago, Nuova Zelanda) e Jasmine Goodnow (Western Washington University, USA) hanno pubblicato un articolo intitolato “Adventure in the Age of Covid-19: Embracing Microadventures and Locavism in a Post-Pandemic World”, secondo cui la pandemia avrebbe cambiato in molti la concezione di turismo. In particolare per quel che riguarda i viaggi alla ricerca dell’avventura con mete e destinazioni lontane da casa.
Secondo le due studiose nel periodo pandemico il 91% della popolazione mondiale ha sperimentato gli spostamenti ridotti. Alcuni Paesi, come l’Italia, sono stati sottoposti a limitazioni molto rigide. Si è però notato che, in molti casi, le limitazioni hanno reso ancor più urgente la necessità di rifugiarsi nella natura. In molti hanno trasgredito alla legge pur di poter vivere le loro piccole grandi avventure outdoor. Ciò potrebbe evidenziare, secondo le studiose, “il valore che diamo al contatto con la natura e all’avventura per il nostro benessere, oltre al bisogno di individuare modi sostenibili per continuare a praticare questo tipo di turismo” (Houge Mackenzie e Goodnow, 2020, p. 4). Lo studio afferma che la pandemia ha costretto a praticare in modo più marcato rispetto a prima la cosiddetta “microavventura”, caratterizzata da distanze ridotte, minor dispendio economico e maggiore sostenibilità. Una forma di turismo che già stava prendendo piede e che il Covid ha solamente accelerato. Una scelta che potrebbe rivelarsi vincente anche per il futuro. Dall’alto, Susan Houge Mackenzie e Jasmine Goodnow
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