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I I numeri verdi di Fischer e la seconda
I NUMERI VERDI DI FISCHER
In Austria, l'azienda ha fatto della sua sede un esempio virtuoso di riciclo dei rifiuti creando un sistema di alimentazione a biomassa della catena produttiva
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# di Sara Canali
Non poteva esimersi dal mostrare anche il suo lato più green: Fischer apre le porte della sede di Ried im Innkreis, dove da anni l'azienda austriaca si concentra sulla sostenibilità sociale, ecologica ed economica. Tutti gli edifici della sede centrale sono riscaldati dalla rete geotermica. Nonostante lo sci sia uno strumento estremamente tecnico per cui ancora si fatica a pensare a una soluzione 100% naturale, tanto si può fare per compensare il proprio impatto attraverso altre azioni. Infatti, la realtà transalpina si affida alla biomassa per la produzione di sci. Nella filosofia aziendale, il concetto di gestione dei rifiuti comprende, oltre al primo passo di cercare di ridurre al minimo la produzione di materiali di scarto, la parte di riciclaggio (rifiuti di plastica e alluminio/metallo) e il riciclaggio termico dei rifiuti rimanenti. Tutta l'acqua dei processi viene immessa in un sistema di riciclaggio e riutilizzata. Altri esempi sono i sistemi di illuminazione sostenibile e i motori a velocità controllata negli impianti di produzione.
I NUMERI - Già nell’anno 2001 Fischer ha ottenuto il primo posto a livello nazionale e il secondo in ambito internazionale all’Energy Globe Award, per quanto riguarda l’impiego delle proprie biomasse come fonti di energia e di riscaldamento. Tra il 2001 e il 2010 sono state risparmiate 52.600 tonnellate di CO2 e 21.500 di gasolio da riscaldamento. Quantità necessaria per far viaggiare 53 tir per sei anni consecutivi senza interruzione o per riscaldare – per lo stesso periodo di tempo – 3.269 abitazioni monofamiliari. Il consumo di acqua è stato ridotto del 40%. Con l’impiego di lacche idrosolubili, stampe a termodiffusione e digitali, anche l’uso di solventi si è estremamente ridotto. Il calore necessario per tutto il ciclo produttivo e per il riscaldamento generale dell’azienda, già dal 2001 viene ottenuto solo con lo sfruttamento della propria bioenergia. Dall’ottobre 2009, anche la sede ucraina di Mukachevo è stata sottoposta a totale trasformazione e impiega soltanto energia rinnovabile.
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I PRODOTTI - Puntando sempre più a sci di fondo e alpinismo come settori da affiancare allo sci alpino e su cui investire in ricerca e innovazione, Fischer si fa promotore di un'idea diversa e alternativa di montagna rispetto a pochi anni fa. Proprio nello sci alpinismo ha collocato la sua soluzione “green”, ovvero ha lanciato lo scarpone Transalp Pro che è costruito al 65% con materiale proveniente da fonte vegetale. In particolare, gambetto e scafo sono costruiti in Pebax, un polimero a base di pianta, e fagiolo e olio di ricino derivante da agricoltura sostenibile di cui non fanno parte gli OGM. Questo materiale dà allo scarpone da ski touring caratteristiche di elasticità, leggerezza flessibilità e resistenza agli agenti atmosferici senza rinunciare alla performance.
LA SECONDA VITA DEGLI SCARPONI DA SCI
L’economia circolare diventa il nuovo business model: il progetto di Tecnica sarà operativo in otto Paesi europei a partire già dal prossimo autunno
Quando un vecchio paio di scarponi da sci arriva alla fine del suo ciclo di utilizzo, nella migliore delle ipotesi finisce in discarica o viene bruciato in un termovalorizzatore. Per creare un’alternativa a questo circolo vizioso, Tecnica presenta "Recycle Your Boots", un progetto di economia circolare che ha l’ambizione di contribuire a proteggere il pianeta trasformando i vecchi scarponi usati in materie di seconda generazione, con un risparmio di risorse energetiche e una riduzione delle emissioni di CO2. Un’idea semplice, quella di dare a ogni sciatore che vuole comprare un nuovo paio di scarponi da sci Tecnica la possibilità di restituire in negozio i suoi vecchi scarponi, che però ha richiesto un’organizzazione sofisticata. Per ritirare, trasportare e riciclare i vecchi scarponi da sci in plastica e trasformarli in materie rigenerate, l’azienda ha dato vita a un sistema che unisce artigianalità e lavorazioni ad alta tecnologia, con il supporto del mondo accademico per prevedere, monitorare e misurare la reale efficacia del progetto.
IL RUOLO DI NEGOZIANTI E ACQUIRENTI - I vecchi scarponi da sci verranno ritirati singolarmente in negozio e trasportati in spedizioni ottimizzate per ridurre le emissioni dalla società Fercam di Bolzano, che dispone di un parco mezzi a ridotto impatto ambientale e adotterà per queste spedizioni specifiche misure di contabilizzazione, neutralizzazione e compensazione delle emissioni di CO2. Una volta a destinazione, l’azienda italiana Fecam si occuperà di separare le scarpette interne e di smontare ogni scarpone nelle sue singole componenti plastiche e metalliche. Tutte le parti verranno quindi inviate ai vicini impianti di Laprima Plastics, un’azienda specializzata che li trasformerà in materie di seconda generazione, come granuli di plastica e pezzi di alluminio, pronti per essere fusi e riutilizzati nella produzione industriale. Anche le scarpette verranno tritate per essere utilizzate come nuove imbottiture.
LA RICERCA - L’Università di Padova è uno dei partner strategici del progetto. I suoi ricercatori hanno l’obiettivo di comprendere l’impatto della produzione e smaltimento degli scarponi da sci, monitorando il processo del progetto Recycle Your Boots per valutare la sue efficacia in termini di emissioni di CO2. Attualmente si sta concludendo l’iter di adozione del progetto da parte del programma LIFE della Commissione Europea, lo strumento con cui l’Unione Europea finanzia gli interventi nel settore ambientale e climatico. Il progetto Recycle Your Boots sarà operativo a partire dall’autunno 2021 in otto Paesi europei: Italia, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Spagna, Norvegia e Svezia. A oggi hanno aderito oltre 150 punti vendita ma nei piani di Tecnica il numero finale è destinato ad aumentare. L’obiettivo per la prima stagione è di raccogliere almeno 7.000 paia di scarponi e di attivare in futuro il programma anche in altri Paesi e in Nord America, con un partner industriale locale in grado di eseguire le attività di riciclo dei materiali.
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