periodico del 4 maggio 2011

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Su Facebook nelle ore di lavoro…. L’era dell’Assenteismo Virtuale Francesco Pira

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IL RILANCIO DEL VINO PARTE DALLO SCAFFALE di

Federico Unnia a pagina 3

Wwworkers.it: passioni e business nell’era di Internet di

Matteo Bianconi a pagina 5

La Stampa in Italia 2008 – 2010 a pagina

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IL PRESENTE E FUTURO DELLA RADIO LOCALE E’ ANCHE... NEWS/TALK! di

Claudio Astorri a pagina 6

L’Isola, vincitori e vinti di

Andrea Polo a pagina 4

La fine annunciata del giornale stampato di

Oscar Bartoli a pagina 8


Anno 6 - mercoledì 4 maggio 2011

PiRandellate Su Facebook nelle ore di lavoro…. L’era dell’Assenteismo Virtuale capo dell’inadempimento, che potrà avere conseguenze disciplinari più o meno gravi a seconda della quantità di tempo sottratto al lavoro, della sistematicità del comportamento e delle concrete circostanze del di Francesco Pira caso. Quasi sempre poi gli accessi dal posto di lavoro avvengono utilizzando strumenti aziendali (pc, server e connessione internet), il che può porre problemi di sicurezza del sistema”. C’è chi , tra i datori di lavoro, preferisce non bloccare Fino a qualche giorno fa non conoscevamo l’esistenza l’accesso a Facebook e poi controllare se i dipendenti di questa nuova “parola chiave”. Poi Il Sole 24 Ore accedono al social network. Ma questo secondo il ha dedicato un’intera pagina del suo inserto “Norme e Garante della Privacy è meglio evitarlo. Nelle Linee Tributi” all’argomento con un servizio molto dettagliato Guida per posta elettronica e internet del primo di Aldo Bottini. Ed ecco che adesso abbiamo qualche marzo 2007 “è preferibile all’effettuazione di controlli certezza. Non si è più assenteisti se si rimane a casa successivi, dai quali può derivare un trattamento di facendo finta di star male. Ma si può essere assenti al lavoro anche se si assicura la presenza fisica e si rimane dati personali del lavoratore, anche sensibili. Non va dimenticato , infatti, – sempre secondo Il Sole seduti per ore alla propria postazione. 24 Ore – che i controlli sugli accessi a internet (e “Stare in ufficio, fisicamente alla propria scrivania quindi anche a Facebook)dal posto di lavoro sono ben davanti al computer, non equivale sempre a stare al possibili, a condizione che il datore di lavoro si doti lavoro. Si può stare con un “amico” – anche la moglie, di una policy sull’utilizzo degli strumenti informatici il marito, la sorella, il figlio – a chattare su uno dei che disciplini(anche) tempi e modalità dei controlli tanti social network, Facebook in testa, con modalità medesimi, meglio se validata da un accordo sindacale o che di fatto costituiscono assenze dal lavoro. Si sottrae da un’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro”. tempo all’attività e si viene meno alla prestazione contrattualmente dovuta al datore di lavoro. Rischiando Ma c’è un altro aspetto non affrontato dal quotidiano economico: se il lavoratore si collega al social network sanzioni ad hoc”. attraverso il cellulare. Ormai quasi tutti i telefonini sono E se lo scrive il più autorevole giornale economico del dotati di accessi ad internet e quindi si può lavorare al nostro paese di dubbi ne rimangono davvero pochi. computer e chattare attraverso il proprio cellulare. Giocare a carte al personal computer, o inviare sms In quel caso forse la quantità del lavoro svolto va attraverso il cellulare nelle ore di lavoro è ormai un misurata in base alla produttività. Quindi se il lavoratore problema antico. La nuova emergenza si chiama è fannullone poco importa se ha l’accesso a Facebook assenteismo virtuale. bloccato perché chatta dal telefonino. Difficile prevedere In Europa e negli Stati Uniti ci sono casi di persone licenziate per aver utilizzato social network per denigrare gli sviluppi di questa nuova forma di assenteismo. Anche perché ormai quasi nessuno rinuncia ad avere un i propri colleghi o il capo. Certo, casi eclatanti, ma profilo su Facebook. Per vari motivi. Persino una nonna pur sempre costati il posto di lavoro a chi si è voluto giorni fa ha ammesso: “ mi sono iscritta per vedere i “sfogare” su Facebook. miei nipotini in foto che sono lontani”. Ma poi magari ha Secondo Bottini : “sono sempre più frequenti le ritrovato un vecchio fidanzato. Lei almeno è in pensione interferenze tra social network e rapporto di lavoro. Alle aziende conviene perciò adeguare le proprie policy, e non rischia di essere accusata di assenteismo virtuale. dettando regole chiare per l’utilizzo di Facebook, che è il più diffuso”. Quindi il problema non investe più soltanto gli enti pubblici, alcuni dei quali hanno vietato totalmente Facebook (il maggiore dei social network usato) o ne hanno limitato l’uso durante la pausa pranzo, ma anche le aziende che adesso devono correre ai ripari. Ma c’è anche chi all’interno delle istituzioni e delle aziende lavora con Facebook tentando di pubblicizzare prodotti o di coinvolgere in gruppi vari tutti gli iscritti. E questi dipendenti rivendicano l’uso totale di internet e quindi l’accesso ai social network. Puntualizza Il Sole 24 Ore : “Siamo certamente nel

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La proposta IL RILANCIO DEL VINO PARTE DALLO SCAFFALE Servono idee e attività di comunicazione per informare il consumatore di

Federico Unnia

Lo scaffale del supermercato può essere un valido alleato per il rilancio delle vendite di vino in Italia? Con una maggiore attenzione da parte delle catene distributive, si possono creare le condizioni per facilitare l’ingresso di etichette anche locali nella Gdo? Al Vinitaly dei successi se ne è discusso e qualche interessante proposta è stata avanzata. Partendo dalla constatazione che le vendite dei vini nei supermercati diminuiscono ma che questo canale resta leader con il 60% degli acquisti finali, chiaro che occorra guardare alla Gdo per rilanciare il consumo. Ad oggi, ampliamento dell’assortimento, leva del prezzo e promozioni non sono più sufficienti. Occorre dunque uno sforzo creativo ed organizzativo, come ad esempio l’installazione nelle corsie dei supermercati di terminali touch screen che informano sul vino, l’introduzione della figura di esperto tra gli scaffali, la realizzazione di piattaforme comuni tra piccole aziende agricole per poter entrare nella grande distribuzione. Come sostiene da tempo Federvini, si tratta di trovare altre strade che non siano la leva del prezzo o delle promozioni, un’operazione di cultura ed informazione per il consumatore. Per Federvini occorre una maggiore collaborazione tra le cantine e le catene distributive. Per quanto riguarda l’informazione si

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possono installare touch screen sui quali visualizzare le informazioni relative ai vini proposti in scaffale, oppure dei codici QR sulle etichette che consentano agli smart phone di aprire siti web con le informazioni richieste, oppure schede descrittive sui vini di maggior pregio. Per quanto concerne invece la promozione, si potrebbero immaginare azioni mirate a rotazione sulla base di proposte alimentari specifiche. Insomma, lo scaffale deve trasformarsi in una vetrina dinamica perché è questo che il consumatore chiede: non solo prodotti buoni ma anche idee, proposte ed abbinamenti. Altro suggerimento, assolutamente di buon senso, è quello avanzato da Federdistribuzione, secondo la quale occorre riconsiderare lo scaffale per segmenti di prodotti ripartiti sulla base del prezzo. Chi dalle parole è già passata ai fatti è la Coop, la quale al Vinitaly ha ricordato di aver avviato un progetto che permetta ai produttori del territorio di avere maggior spazio nei centri in zona. E’ stata disegnata una linea – denominata Assieme – che nasce dalla collaborazione tra le cantine sociali e la Coop per andare sulla fascia di consumo quotidiano. Ma non solo: da maggio in 20 punti vendita di Unicoop Tirreno sarà presente nei fini settimana uno specialista che aiuterà i clienti nella scelta dei vini sulla base dei loro gusti e necessità. Anche Confagricoltura, sulla base di quanto avviene da anni negli Stati Uniti, ha sposato il progetto di prevedere tra i corridoi di un Supermercato o centri di grande distribuzione un consulente dei consumatori. Insomma, varie soluzioni, tutte sulla carta realizzabili. Non resta che attenderne la messa in atto e misurarne l’efficacia.


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Tele Osservazioni L’Isola, vincitori e vinti Giurato ad Antonia dell’Atte, solo per citarne alcuni), ma francamente ci si chiede per quale motivo gli siano stati affiancati di volta in volta compagni assolutamente irrilevanti come l’ultimo Biagio Izzo e anche per quale di Andrea Polo motivo si sia voluto insistere così tanto sul finto e noioso feuilletton Parietti – Alves che alla prima non ha certo regalato una bella immagine. Decisamente non necessario. In medio stat virtus dicevano i Latini, e questa ottava, Ha perso invece la volgarità a tutti i costi, quella che maltrattata, bistrattata, alla fine bella edizione de L’Isola sull’Isola non si è alla fine mai fatta vedere più di tanto dei Famosi l’ha dimostrato. e che è stata incarnata solo da alcuni sporadici e veloci Ha vinto Giorgia Palmas, certamente non una dei siparietti e che, una volta tornati in studio i protagonisti, favoriti della vigilia che però, giorno dopo giorno, ha semplicemente non ha avuto spazio. dimostrato come si possa essere persone normali anche Ha perso, va ammesso, l’inviato Daniele Battaglia. Il se si vive nel mondo dello spettacolo, come si possa suo amico fraterno Francesco Facchinetti aveva saputo essere persone intelligenti anche se continuano a dirti giocarsi al meglio quella che, anche a posteriori era che non lo sei perché hai fatto la Velina (quella con la stata la sua occasione della vita; lui non ci è riuscito ed V maiuscola però, non quella che, come lei stessa ha è presumibile che finisca ad ingrossare le fila degli inviati detto nel corso della finale di ieri, farebbe di tutto per sbagliati di molte delle scorse edizioni. farla) e come si possa essere persone assolutamente Hanno perso, alla fine, tutti quanti quelli che credevano degne e rette anche se la fame e le situazioni ti mettono che l’Isola fosse morta. Come ha urlato una spavalda allo stremo; così onesti fino in fondo e sinceramente da Simona Ventura alla fine della puntata: non li piegherete riuscire anche a farsi perdonare un bonario e goliardico mai. furto del cocco. Ha vinto anche Simona Ventura, che come una leonessa che difende i suoi cuccioli ha tirato fuori gli artigli per salvare da un annunciato (e da molti sperato) tracollo una delle sue creature più famose ed amate. Si è messa in gioco in prima persona ancora più di quanto non avesse mai fatto fino ad oggi e ha dimostrato che sa fare televisione. Contro tutto e contro tutti, anche quelli che, all’inizio della partita, formalmente indossano la tua stessa maglia. Hanno vinto anche Vladimir Luxuria e Alba Parietti, due ottime opinioniste, sempre più sensate e più a fuoco di altri del passato (da Mara Venier a Luca

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Let’s Social Wwworkers.it: passioni e business nell’era di Internet di

Matteo Bianconi

(Copywriter & Social Media Strategist @ Pragmatika)

Intervista a Giampaolo Colletti Trecentosessantacinque giorni di pensieri, parole e azioni. E poi Wwworkers.it, una “nuova ova generazione tutta italiana che lascia il posto fisso o e si trova u un lavoro in rete” e infine un libro. Dietro tro a tutt tutto questo c’è un nome, Giampaolo Colletti, giovane sognatore di trent’anni con il pallino delle nuove tecnologie. Questa è solo una parte di una storia che raccoglie Internet,, business, passioni e una vita incredibilmente social(e). A raccontarla è proprio Giampaolo, che ho incontrato o per questa intervista. Giampaolo Colletti in 140 caratteri! Ho trent’anni, sono un giornalista e ho un amore viscerale per Bologna. Mi interrogo su ciò che sta avvenendo in rete. Anche in Italia. Che cos’è www.wwworkers.it? Come può essere definito? E com’è nata l’idea? Wwworkers è una piattaforma che raccoglie le storie di chi ha lasciato il posto fisso e si è messo in proprio sul web. E’ un progetto che ho inventato e messo in rete nel gennaio 2010. Poi pochi giorni fa è uscito il mio libro “Wwworkers: i nuovi lavoratori della rete” per Gruppo24Ore. Nel sito e nel libro racconto le storie dei lavoratori che si sono autoimprenditorializzati, grazie alle nuove tecnologie. La parola, difficilissima da pronunciare, è una sintesi tra rete (www) e lavoratori (workers). Quando ho coniato questo termine non credevo di intercettare una comunità così numerosa e trasversale. In un anno ho ricevuto quasi duemila segnalazioni e ho censito 212 professioni. Parafrasando Bauman, possiamo dire di essere di fronte a una sorta di network glocale? Certamente sì. Anche in Italia esistono movimenti tellurici ancora lievi in quella parte del web autogenerata dagli utenti e definita user generated content. Iniziano a lavorare in una logica glocale tanti lavoratori che vendono prodotti e servizi sul web. E che, soprattutto, utto, dialogano in rete. L’anima glocal emerge anche da a ciò che si commercializza: prodotti artigianali, della terra, manufatti attenti al verde.

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Internet: nel 2011 può essere visto come una specie di partner commerciale? Per i wwworkers sì. Ma anche per chi decide di acquistare ad istare con costi contenuti online. Su Internet Int esempio empio hanno trovato successo tanti wwworkers. wwwork Franco ranco Zullo a Milano ha lasciato il posto fisso per aprire a una lavanderia online basata su servizio a domicilio e vicinanza al cliente. O la famiglia Bertolucci, che commercializza cuscini e guanciali in pula di farro bio. Marta Arona invece è diventata stilista sul web, dopo M un passato da top-manager in grandi aziende. O ancora Valentina Zini: da quando è diven diventata mamma si è messa a in proprio online ed è diventata diventa wedding planner. Hai scritto che la scommessa più grande è quella su se mai di vista stessi. Quali sono i fattori x da non perdere m per riuscire a vincere? Occorre considerare lavoro si nsiderare ssempre che in rete il lavor caratterizza alle nicchie pubblici, za per un’attenzione un’attenz cchie di pu a quelle che he ho definito “micro-community”. “mic munity”. In questo senso è imprescindibile tra il lavoratore se prescindibile che tr ratore sul web e continuo, un dialogo che il cliente client ci sia un confronto nto co in rete diventa conversazione. Nei dieci consigli per anche che è essenziale diventare wwworker segnalo a dinamica molto lontana chiedere scusa se si sbaglia, d dalla cultura market. ultura mass marke Qual è il futuro di wwworkers.it? La mia sensazione è che si moltiplicheranno. Ma o. M o. a attenzione ai facili entusiasmi del lavoro fai-da-te: -d da-te e: ch cchi hi diventa wwworker lavora molte più ore di chi timbra hi tim mbra un cartellino, il guadagno arriva dopo una fase ase dii sstartt rtta up e la disponibilità all’ascolto del cliente deve esser essere re costante. Anche durante il week-end.


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IL PRESENTE E FUTURO DELLA RADIO LOCALE E’ ANCHE... NEWS/TALK! di

Claudio Astorri

Nella radiofonia locale lo schema tipico delle “news syndication” appare oggi un po’ logoro. I tempi d’oro di CNR e CNR PLUS sembrano commercialmente lontani così come la capacità dei NEWS PROVIDER di realizzare GIORNALI RADIO o programmi informativi che “facciano la differenza”. La politica generalista, fortemente sospinta dai contesti associativi e dalla Legge sull’Editoria, non porta più da tempo verso i risultati, è destinata progressivamente a soccombere nel panorama competitivo e, dunque, occorre riflettere e meditare attentamente su scenari nuovi e più interessanti. Una delle indicazioni più evidenti degli anni 2000 è che la stazione radio è sempre più una marca, associata dall’ascoltatore ad una funzione più o meno estesa; è una “legge” cui anche la radiofonia locale non può sottrarsi. Se ci facciamo caso le uniche radio generaliste locali “sopravvissute” e talora in ottima salute sono quelle poche con una lunga storia di successo ininterrotto alle spalle, a volte più che trentennale, e che sono riuscite a posizionarsi nella mente dell’ascoltatore come sinonimo del proprio territorio. Le radio locali che non si trovano in questo ristretto novero solido e privilegiato si trovano strette nella morsa tra le generaliste storiche e il rullo continuo e incessante delle radio nazionali, crescente e dilagante. Non competono localmente per i “soldi” della pubblicità locale ma le radio nazionali sono un formidabile e temibilissimo concorrente sugli ascoltatori. Come gestire questa condizione? Una delle soluzioni per quella radiofonia locale non ancora “solidificata” nella dimensione della marca è il formato “NEWS/TALK” con tutte le sue ramificazioni possibili, SPORT, ALL NEWS, TALK, ecc. La magia della radio completamente parlata risolve spesso la problematica del posizionamento nel mercato e apre scenari pubblicitari locali assai interessanti e remunerativi. Il primo “ostacolo” è quello dei costi di questi formati sui quali le leggende fatte circolare dalle associazioni hanno prodotto effetti emotivi sbagliati e improduttivi dal momento che, ad esempio, una radio “ALL NEWS” a carattere locale come RADIO GOLD investe la professionalità di soli 5 o 6 redattori a tempo pieno.

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L’alibi del “costa troppo” non vale nemmeno in un mercato relativamente piccolo come Alessandria e, dunque, la realizzazione di formati completamente parlati è solo e squisitamente un problema di architettura dell’offerta, di cultura di servizio, di competenza professionale e di capacità di relazione con il pubblico e con il mercato. “BABBOLEO NEWS” è portatrice di novità importanti nello scenario fin qui descritto. Già attiva dal 2006, la radio ligure gode dal 2011 di una nuova e prestigiosa direzione, quella di Davide Lentini, un giornalista giovane e dinamico ma già di esperienza più che significativa, insomma un fuoriclasse. Con la supervisione dello station manager di gruppo, l’eccellente (e unico) Gianluca DI Girolamo, la radio e il suo staff qualificato si sono avviate ad una trasformazione “TALK” che la vedrà crescere negli ascolti e nel fatturato pubblicitario. Anche le radio sportive di ROMA, a modo loro, rappresentano una espressione importantissima del fenomeno “NEWS/TALK” che non è folkloristica, come qualcuno vorrebbe far credere, ma grandemente sociale e di autentico servizio. Roma è un mercato interessantissimo per la radio, un laboratorio per i formati, e le radio sportive e completamente parlate a carattere locale della nostra Capitale sono nate proprio lì non a caso. Roma può essere in ciò anche una guida verso estensioni in altri mercati e in tutta Italia. Lo scopo di questo breve articolo è anche quello di verificare il consenso e la partecipazione ad un dibattito permanente sul tema della radio “NEWS/TALK”, un mondo fantastico che altrove nel mondo è numero 1 negli ascolti, numero 1 nella numerosità delle stazioni e numero 1 nel fatturato. Non è più nemmeno una previsione prevedere che le radio completamente parlate sono una parte importante del presente e del futuro della radiofonia locale.

tratto da www.astorri.it



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La fine annunciata del giornale stampato Dove sta andando l’informazione in America parte seconda Senza parlare del Los Angeles Times che con 600.449 copie ha perduto bel l’8.7%. Malissimo sta andando di Oscar Bartoli anche il Washington Post che vende 545.345 copie con una perdita del 6,4%. Seguono tutti gli altri quotidiani con flessioni nelle vendite che arrivano all’11.8 del E proprio al formato tabloid le grandi testate hanno NewsDay, mentre l’unico giornale che si salva dopo deciso in maggioranza di ispirarsi, rinunciando al il WSJ e’ il Dallas Morning News con un minimo giornale lenzuolo e varando una via di mezzo con il incremento dello 0.3%. ridotto aspetto del giornale pettegolo. Che succede nella stampa americana? I settimanali Ma, almeno per chi scrive, la ‘manipolazione’ del storici come Time Magazine e Newsweek (che e’ stata quotidiano resta sempre un fatto impegnativo, venduta pochi mesi fa ed oggi riacquistata da Tina soprattutto quando i rimandi dalla prima pagina ti obbligano a cercare altrove in qualche sezione distaccata Brown proprietaria e editor del Daily Beast, un blog digitale) stanno ansimando. La pubblicita’ e calata per l’articolo che ti interessa. tutte le testate. Senza parlare del fastidio causato dall’inchiostro Le ragioni di questo disastro sono viste da molti nel della stampa che sporca le mani, nonostante i grandi fatto che la gente, in tempi di crisi economica, deve miglioramenti tecnologici che hanno interessato la tagliare su tutto anche sul giornale. E poi che bisogno produzione delle rotative più all’avanguardia. Ho disdetto l’abbonamento anche al Wall Street Journal c’e’ di acquistare il quotidiano quando sono disponibili le edizioni online che per quanto riguarda i principali che continua ad essermi recapitato tutte le mattine giornali sono fatte molto bene e sulle quali si concentra sul mio drive way. Una azione di pressione psicologica l’interesse dei lettori della carta stampata? che mi porterà a rinnovare l’abbonamento con questo Il WSJ e’ l’unico che fa pagare per il collegamento con giornale. la sua edizione elettronica sul web. Gli altri dovranno E sapete perché? Il WSJ da quando è stato acquistato seguire l’esempio, ammesso e non concesso che i lettori, quattro anni fa da Rupert Murdoch, il magnate che hanno disdetto l’abbonamento al quotidiano su australiano che controlla gran parte dei media nel carta, vogliano passare a quello elettronico. mondo industrializzato, ha subito una sostanziale Le ragioni per le quali il WSJ riesce ad aumentare rielaborazione grafica. le copie vendute stanno, come abbiamo detto, nella Il quotidiano si presenta molto equilibrato nei suoi confezione di alto livello qualitativo e nella nuova contenuti, copre una vasta area di interessi pur formula editoriale. Dopo l’acquisto da parte di Rupert mantenendo la sua originaria caratteristica di bibbia Murdoch e dopo una battaglia con ex proprietari e della informazione economico-finanziaria. Ma anche gli articoli di colore, quelli focalizzati sui trend giornalisti, il vecchio magnate australiano ha saputo fare dell’aristocratico quotidiano finanziario un giornale della società civile, le inchieste sui nuovi gadgets sono all’insegna del ‘news you can use’. condotti con un rigore che non si riscontra su altre Nel 1450 Gutemberg stampo’ la Bibbia a 42 linee testate. con i suoi caratteri mobili (che sembra fossero gia’ Quanto ai commenti di impostazione politica, questi stati inventati dai soliti cinesi). Forse l’era della carta sono confinati nella sezione ad hoc del giornale e non stampata sta finendo e noi non ce ne rendiamo conto. influenzano articoli ed inchieste in maniera pressante. E’ iniziata la rivoluzione delle tavolette sulle quali si E lo dice un lettore del WSJ, il sottoscritto, che non possono leggere libri e giornali, gestire la posta, scattare condivide le idee iperconservatrici di Murdoch ma che foto e fare registrazioni, trovare l’indirizzo giusto con il continua a credere nei principi di un sano liberalismo. navigatore e via citando per migliaia di applicazioni. Anche se la parola nel corso dei decenni ha assunto Per tanti, per molti, la vita professionale e familiare non negli Stati Uniti una connotazione negativa del tipo: consente piu’ di ritagliarsi ampi spazi in cui concedersi la socialistoide, fricchettone, e via accusando. Che non tranquilla lettura del quotidiano. corrisponde alla connotazione europea del termine. Chi se lo puo’ permettere e’ un privilegiato. Il Wall Street Journal si e’ ‘dedicato’ un’intera pagina pubblicitaria enfatizzando che e’ il quotidiano piu’ venduto in America. Il WSJ ha raggiunto i 2.061.142 copie con un aumento dell 1.8% rispetto all’anno scorso. USA Today (che per anni e’ stato il quotidiano piu’ diffuso in America) e’ arretrato a 1.830.594 copie con una perdita del 3.7%. Ancora peggio ha fatto il New York Times con 876.638 copie ed un calo del 5.5%.

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Incontri con l’autore ELOGIO DELL’HACKER

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Federico Unnia

“In un periodo di bugie universali, dire la verità diventa un atto rivoluzionario”. Sceglie questa frase di George Orwell, Giovanni Ziccardi per riassumere il senso del suo pensiero e, soprattutto, lo spirito del suo ultimo scritto, Hacker, edito da Marsilio Editore. Un libro, strutturato in una ventina di capitoli, di affascinante lettura, che non lascia il lettore senza domande e, soprattutto, con un certo imbarazzo. Partendo infatti dalla ricostruzione e dell’analisi di cosa si è fino ad oggi inteso per hacker, alla luce anche delle vicende più note, Ziccardi, partendo dal fenomeno WikiLeaks arriva dritto al cuore del problema: hacker oggi è sinonimo di libertà d’informazione e di diritto ad essere informati. E’ questo, infatti, il ruolo che l’hacker sempre più spesso esercita, e la cosa grave è che ciò avviene per squarciare veli di reticenza e menzogna. Un ribaltamento, una clonazione positiva, che lo porta ad essere il paladino, in moltissime occasioni, della trasparenza, libertà ed informazione. ELOGIO DELL’HACKER D. Come è nata l’idea di questo libro? R. L’idea è nata incontrando hacker che si battono ogni giorno contro la censura e per la libertà di manifestazione del pensiero in contesti oppressivi. Occorreva definire una volta per tutte come l’hacker non fosse un criminale informatico e come, di contro, vi fossero hacker in tutto il mondo impegnati per migliorare la società e la politica grazie a un uso sapiente delle nuove tecnologie. Nel libro ripercorro la storia nobile dell’hacking sia da un punto di vista politico sia tecnico, affrontando temi quali l’anonimato, il codice libero, la crittografia, la democrazia e la trasparenza delle informazioni e il “livello” di libertà delle tecnologie in tutti i Continenti. Sono affrontate questioni prettamente politiche – come l’attivisimo e le migliori strategie e tecniche per operare in rete -, questioni informatiche – come gli strumenti utilizzati per agire e questioni giuridiche – come l’approccio normativo degli Stati al fenomeno Internet. D. In che modo gli hacker sono paladini della libertà d’informazione? R. Lo sono quando aiutano il pensiero a circolare,

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l’informazione a scorrere in contesti dove i regimi cercano invece di soffocarla. Il loro scopo è di far conoscere al mondo ciò che succede in contesti dove il potere cerca invece di mantenere l’oscurità, di basare il suo potere sulla chiusura, sul divieto di “contaminazione” del contesto sociale e culturale con interferenze esterne che possano far riflettere i “sudditi”. Le nuove tecnologie stanno contribuendo a scardinare tutte quelle situazioni nelle quali la chiusura è vista come un vantaggio, il segreto come un elemento di potere, la chiusura come un bene. D. Cosa fare per estendere le libertà sulla rete? R. Occorre finalmente una normativa che sia realmente rispettosa e attenta alla rete e al beneficio che la società dell’informazione può portare all’essere umano e alla società. Da troppo tempo ormai, quasi vent’anni, assistiamo al succedersi di legislazioni liberticide e per nulla attente alla natura di Internet e alle esigenze dei suoi utilizzatori, con la criminalizzazione esasperata di alcuni comportamenti e la previsione di responsabilità a volte oggettive. Un quadro normativo più pacato, un Legislatore meno spaventato e più fiducioso nelle possibilità benefiche delle nuove tecnologie potrebbero certamente servire a disegnare un quadro più libero.


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La Stampa in Italia 2008 – 2010 Le ricadute della crisi economica sul settore dell’editoria giornalistica nel biennio 2008-2009 sono state pesanti. Ai contraccolpi della congiuntura di forte intonazione recessiva che non ha risparmiato alcun settore merceologico, si sono sommati gli effetti di squilibri strutturali da lungo tempo presenti e irrisolti, nonché quelli derivanti dalle intense trasformazioni tecnologiche che hanno profondamente cambiato il sistema dell’informazione. Nuovi mezzi, nuovi processi di integrazione multimediale, nuove modalità di fruizione e di condivisione dei contenuti: tutti fenomeni il cui comune denominatore è rappresentato dall’impiego esteso delle tecnologie digitali che hanno alterato gli squilibri preesistenti ed imposto modelli di business la cui redditività, peraltro, appare ancora incerta. Nonostante le forti criticità, accentuate dall’improvvido depotenziamento delle politiche di sostegno pubblico, le imprese editrici hanno dimostrato nel 2010 e in questo primo scorcio dell’anno in corso una notevole capacità di reazione, a riprova della volontà di restare protagoniste in un mercato della comunicazione che cambia incessantemente. I quotidiani Nel 2010 il margine operativo lordo (mol) aggregato delle imprese editrici di quotidiani è tornato positivo, dopo il preoccupante calo del 2009, anno in cui aveva fatto registrare un valore negativo. Il mol, che già nel 2008 aveva subito un netto ridimensionamento (da 261,6 milioni di euro del 2007 a 158,1 milioni), nel 2009 era sceso sotto lo zero (-30,8 milioni) per risalire a 118 milioni nel 2010, con un’incidenza sul fatturato (4%) che ha ricuperato i livelli del 2008. Il ritrovato equilibrio delle condizioni di gestione traspare anche dall’andamento ricavi/costi delle società editrici quotate in borsa. Nel 2009 la flessione dei ricavi (-14,3%) non era stata compensata dalla diminuzione dei costi (-8,5%), determinando una forte contrazione del mol (-62,6%) ed una perdita netta di 172,8 milioni di euro. Nel corso del 2010 l’andamento si è gradualmente rovesciato e, nell’arco dei primi nove mesi dell’anno, grazie alla ripresa dei ricavi (+0,6%) e al più accentuato calo dei costi (-4,0%), il mol si è più che raddoppiato (+104,6%) e si sono riaffacciati utili netti per 58,1 milioni di euro. In un mercato caratterizzato da una domanda strutturalmente debole, le aziende non hanno avuto alternative alla ricerca dell’equilibrio dei conti attraverso il contenimento delle voci di spesa. Nel 2009, la flessione del fatturato editoriale (-11,9%) era stata determinata dal calo degli introiti pubblicitari (-16,3%) e da quello più contenuto dei ricavi da vendita

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(- 6,0%). Su questi ultimi aveva anche influito il pesante arretramento delle vendite di collaterali (-23,0%). A fronte di tale andamento i costi di produzione erano scesi soltanto del 6,6%, determinando il forte squilibrio dei conti economici di cui si è già fatto cenno. L’azione di contenimento dei costi aveva dato risultanti evidenti soprattutto sul terreno degli oneri relativi all’approvvigionamento di carta (-14,5%) e ai servizi (-9,7%). Le spese del personale erano restate, invece, sostanzialmente invariate, anzi con una leggera tendenza all’aumento (+0,2%), nonostante la riduzione del numero degli addetti (-3,8%). Nel 2010, la situazione è migliorata sul piano degli equilibri gestionali, in quanto la contrazione dei ricavi editoriali si è notevolmente attenuata (-1,2%), mentre si sono andate accentuando le politiche di contenimento dei costi (-6,1%) che hanno investito anche le spese del personale (-9,5%). La riduzione dei costi e, in particolare, di quello del lavoro è stata una necessità per imprese ad elevato valore aggiunto come sono quelle editrici di quotidiani. Ma non è stata l’unica leva operativa. A fronte della contrazione delle vendite delle copie (-4,3%) e degli introiti pubblicitari (-2,6%), le aziende hanno cercato di qualificare l’offerta con il potenziamento delle attività online. In questo senso, sono indicativi i risultati delle rilevazioni sull’utenza di internet che evidenziano una crescita dei visitatori dei siti web dei quotidiani oggettivamente rilevante. A dicembre del 2010 gli utenti unici in un giorno medio di tali siti sono cresciuti del 37% rispetto allo stesso mese del 2009, mentre gli utenti complessivi attivi sul web nel giorno medio sono aumentati in misura di gran lunga inferiore (+15,3%). La percentuale di utenti unici di siti di quotidiani sull’utenza complessiva è così salita in un anno dal 38,3 al 45.4%. Ai siti web, si sono affiancate le attività su “devices” mobili come smartphones e tablets per veicolare contenuti e servizi di carattere innovativo. Il problema aperto resta comunque quello del ritorno economico di investimenti che richiedono risorse crescenti in quanto appare ancora problematico superare le resistenze del pubblico ad accettare formule di “paywall”, vale a dire di accesso a pagamento alle nuove offerte. Gli andamenti della lettura dei quotidiani rappresentano un ulteriore aspetto positivo da sottolineare. Negli ultimi anni, il numero dei lettori dei quotidiani è andato costantemente aumentando. Nel 2010, i lettori di quotidiani sono restati al di sopra di 24 milioni, subendo una lievissima erosione (-0,3%) soltanto nell’ultimo ciclo di rilevazione Audipress.

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Anno 6 - mercoledì 4 maggio 2011

La Stampa in Italia 2008 – 2010 <<< L’indice di penetrazione, che nel 2000 stazionava intorno al 38% della popolazione, è salito al 46%. Gli acquisti di quotidiani sono certamente diminuiti, ma altrettanto certamente non è diminuito l’interesse per i contenuti che essi veicolano. Lo confermano gli indici di lettura, così come lo conferma l’evoluzione estremamente positiva dei visitatori dei loro siti web. I periodici La crisi ha colpito con particolare intensità la stampa periodica. Nel 2009, i ricavi editoriali sono diminuiti del 14,2%, soprattutto a causa della forte flessione degli introiti pubblicitari (-29,1%), accompagnata dalla diminuzione dei ricavi da vendita (- 9,0%). L’andamento declinante si è attenuato nel 2010, con una contrazione del fatturato editoriale (-2,2%), imputabile in misura presso che pari alla pubblicità (-2,1%) e alle vendite delle copie (-2,3%). Sul piano diffusionale, i settimanali sono diminuiti del 10,9%, nel 2009, e del 2,5%, nel 2010; i mensili del 4,4% e del 7,0%, rispettivamente. Il difficile momento congiunturale, caratterizzato da consumi interni stagnanti, ha avuto effetti particolarmente negativi per quei prodotti che, come i periodici, sono molto sensibili all’evoluzione della domanda interna. Anche gli indici di lettura dei periodici hanno subito una graduale erosione negli ultimi anni. Il trend è stato declinante in misura contenuta anche nel corso del 2010: i tre cicli di rilevazione condotti nell’anno indicano, per i periodici nel complesso, una flessione dello 0,8%, con un indice di penetrazione della popolazione che, comunque, resta elevato (62%). La pubblicità Nel 2009 la recessione ha investito violentemente il mercato pubblicitario che è arretrato del 13,4%. Le conseguenze sono state subite trasversalmente da tutti i media, con la sola eccezione di internet. Nel 2010, gli investimenti pubblicitari sono tornati a crescere (+3,8%), in sintonia con la leggera ripresa economica. L’aumento non ha però riguardato in misura omogenea tutti i mezzi: nel 2010, la stampa ha accusato un dato finale ancora di segno negativo (-4,3%), con conseguente contrazione della quota di mercato, scesa dal 28,8% al 26,6%. Il risultato negativo è imputabile ai periodici (-5,4%) e, soprattutto alla free press (-25,2%), mentre i quotidiani a pagamento hanno mostrato una maggiore capacità di tenuta (-2,0%). Relativamente alle quote di mercato, va ancora una volta segnalata l’anomalia del mercato pubblicitario italiano dove la televisione continua a consolidare la sua posizione ed è arrivata a detenere un quota assai prossima al 60% delle risorse investite dagli utenti nei

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mezzi classici. E’ una situazione non riscontrabile in nessun altro paese ad economia avanzata. Conclusioni I problemi chiave con i quali deve confrontarsi l’editoria giornalistica sono sostanzialmente legati ad un mercato che non si espande sufficientemente nelle sue due tradizionali componenti – vendite delle copie e di spazi pubblicitari – ed all’esigenza di individuare nuove linee di crescita dei ricavi. E’ un percorso difficile che, però, non ha alternative. L’impatto sui margini operativi della crisi intervenuta nel biennio 2008-2009 è stato forte, ma nel 2010 è stata altrettanto forte la reazione delle aziende editrici che, almeno sul piano dei costi di produzione, hanno portato avanti un’efficace azione di razionalizzazione e di ristrutturazione che si è tradotta in ritrovati equilibri aziendali e, ciò che è più importante, in margini operativi di segno positivo. Le possibilità di crescita ci sono ma il nodo da sciogliere è quello legato all’ambiente in cui le imprese operano. L’ambiente dovrebbe trasmettere fiducia e slancio all’azione degli editori, superando la riluttanza a investire nelle attività tradizionali e in quelle nuove. Su questo piano si avvertono le carenze di un impianto legislativo che governa il settore del tutto inadeguato a proteggere i contenuti editoriali dal saccheggio che quotidianamente viene perpetrato a danno di chi li produce investendo risorse umane e materiali. La difesa della proprietà dei contenuti è un obiettivo prioritario che va perseguito introducendo quelle salvaguardie che l’attuale disciplina sul diritto d’autore non prevede. Per essere parte attiva dei processi di cambiamento in atto, le aziende editrici devono dunque mantenere elevato il livello della qualità dei contenuti prodotti e, in pari tempo, articolare la loro produzione in rapporto alla molteplicità delle piattaforme rese disponibili dall’era digitale. Finora lo hanno fatto da sole; lo sforzo richiesto è però enorme ed hanno bisogno di una governance politica che sia in grado di delineare un quadro normativo di riferimento adeguato e di assecondare tale sforzo con interventi selettivi che offrano loro un supporto efficace per procedere verso sistemi di produzione e di distribuzione dell’informazione in linea con le esigenze imposte dalle tecnologie e dai nuovi modelli di consumo che le stesse tecnologie hanno contribuito a creare.


Anno 6 - mercoledì 4 maggio 2011

Lo sport è il mercato del futuro, grande consumo sui media da parte dei giovani In Europa giovani e i giovanissimi costituiranno il più significativo target di consumatori di contenuti sportivi nei prossimi 10 anni. Si tratta per lo più di individui “appassionati” che intendono consumare lo sport con una frequenza molto elevata e attraverso diverse piattaforme e canali tra cui spiccano la tv e il web. Lo si evince da un‘indagine svolta da Havas Sports & Entertainment su più di 2.000 individui della fascia 12-35 anni, ubicati nei 5 Paesi chiave per lo sport nel vecchio continente (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna). Già oggi il 7% del campione – in particolare nella fascia 21-30 anni - si considera superfan, cioè segue quotidianamente lo sport attraverso tutte le 5 piattaforme testate - tv, web, giornali, radio, mobile -, il 72% controlla le news sulla propria squadra o sugli eventi preferiti almeno una volta al giorno e il 58% pensa che il proprio consumo di sport aumenterà nei prossimi 10 anni. Attualmente quasi il 98% degli appassionati di sport guarda contenuti sportivi in tv, il 57% di questi, quotidianamente. Il fatto che già oggi oltre il 58% utilizzi una tv in Hd e oltre il 65% ne possiede una o abbia pensato di acquistarla, significa che le nuove piattaforme tv - e tra queste anche il 3D e la tv via internet contribuiscono a mantenere gli spettatori fedeli al mezzo. L’unico media in grado di competere è il web, che attira circa il 53% di fan sportivi ogni giorno, mentre per carta stampata e radiofonia, oggi rispettivamente al 3° e 4° posto tra le piattaforme preferite, il futuro non sembra così roseo. Infatti quasi il 70% del campione ha dichiarato di volerne ridurre (o al massimo mantenere) l’utilizzo nei prossimi 10 anni. Questo si combina con il fatto che il 99% degli appassionati di sport che già usano internet e telefono mobile affermano che accederanno ai contenuti attraverso queste piattaforme più frequentemente nel corso dei prossimi 10 anni. Tra i 5 mercati analizzati, quello italiano vanta la percentuale più elevata di “fanatici” (8,8%), ed è il più attivo online con l’80% dei nostri giovani connazionali che accede ai contenuti sportivi via web ogni settimana, frequentando soprattutto i siti ufficiali delle squadre del cuore. Il mezzo principe rimane comunque la tv (’89%), seguito dai quotidiani (70%), dalla radiofonia (66%) e dal mobile (40%). L’Italia è anche al comando per la percentuale di fan che visitano i social media del mondo dello sport (sono inclusi profili Facebook ufficiali e non e blog), mentre è al terzo posto per l’uso di twitter.

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Nel complesso, lo sfruttamento delle potenzialità dei social media presenta ancora grandi margini di sviluppo in Europa. Infatti meno del 26% del campione utilizza facebook o twitter per controllare le news sulla propria squadra o sui propri atleti preferiti. Solo il 15% visita le facebook fan page ufficiali, mentre solo il 14% legge i blog e solo il 9% segue personaggi sportivi e competizioni via twitter. Gli appassionati di sport che sottoscrivono facebook e twitter lo fanno per due ragioni principali, per interagire con gli altri tifosi e per accedere a notizie e informazioni immediate. Per quanto riguarda infine le Olimpiadi di Londra 2012, il 94% degli italiani ha dichiarato che intende seguirle. Alla domanda su quali sono le tecnologie in grado di migliorare la visione di questo evento, il 49% del campione ha scelto la tv in 3D, mentre il 36% ha optato per la tv in Hd. “Lo sport è un veicolo ideale per le aziende che vogliano veicolare il loro messaggio di marca ad un pubblico molto ampio, ma profilato - sottolinea Alessandro Mandelli, Ceo di Havas Media – certo, in un mondo dove l’utilizzo dei media è sempre più frammentato, gli investitori per far fruttare i loro investimenti devono inseguire i contenuti in una molteplicità di contesti. Questo è un esercizio molto delicato: il rischio è di deteriorare il ROI. Per questo motivo noi di Havas Media abbiamo lanciato numerose iniziative per comprendere a fondo le dinamiche del consumatore, il quale passa dalla tv generalista a Twitter, da Facebook agli eventi dal vivo. L’obiettivo è garantire ai nostri clienti strategie di comunicazione dove le sponsorizzazioni generino un ritorno sull’investimento ai massimi livelli del mercato”.


Anno 6 - mercoledì 4 maggio 2011

La co-creation: perdita di controllo o rafforzamento della relazione fra il brand e i propri consumatori? L’Italy Chapter dell’IAA, International Advertising Association, ha presentato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore la conversazione dal titolo “La cocreation: perdita di controllo o rafforzamento della relazione?”. Il Presidente IAA Italy Chapter, Edoardo Teodoro Brioschi, ha introdotto la conversazione sottolineando come oggi la relazione che lega il pubblico alle aziende sia profondamente cambiata. La co-creation – ossia la relazione diretta tra le aziende e il consumatore - è un elemento ormai imprescindibile di tutte le attività di marketing e di comunicazione aziendale; nel passato, invece, le aziende elaboravano le proprie proposte comunicative, oltre che i prodotti stessi, in totale autonomia. Alla conversazione, moderata da Roberto Carcano, ceo Zero-Starting Ideas e Consigliere IAA-Italy Chapter, hanno partecipato esponenti del mondo delle aziende e delle agenzie, ciascuno presentando la propria idea di co-creation. Per le aziende la co-creation rappresenta un importante vantaggio competitivo perché la relazione stretta con i consumatori permette di conoscere realmente ciò che questi ultimi pensano del brand e dei prodotti. A supporto di tale tesi Paolo Cucudda, Marketing Manager

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di Martini&Rossi, ha presentato le case histories delle pagine fan di Facebook di Bacardi Moijito e 42Below, e Carlo Botto, Marketing Manager Mini, ha raccontato l’esperienza di Mini su Facebook. Tra i rappresentanti delle agenzie, invece, è intervenuto Luca Scotto di Carlo, Cocreative Partner di M&C Saatchi. Questi, alla domanda del moderatore Roberto Carcano sulla possibile perdita di autorevolezza delle agenzie di pubblicità a favore della creatività degli utenti, ha sottolineato che le agenzie di pubblicità hanno come obbiettivo una comunicazione distintiva: assecondare le aspettative degli utenti, invece, può portare ad una scelta giusta dal punto di vista comunicativo, ma poco distintiva dal punto di vista creativo. Un ultimo esempio pratico di co-creation è stato portato da Enrico Aprico, Chairman & co-founder Shicon Europe SHICON.COM. Questa società ha creato un’applicazione diretta di co-creation, basata sulla gestione della creatività, un ponte trasparente, una connessione virtuosa, tra designer e creativi di talento ed imprese. “Una piattaforma web based di crowdsourcing creativo la cui mission è quella di creare opportunità trasparenti affinché gli young design thinkers possano misurarsi con il mercato secondo una logica meritocratica difficilmente ottenibile con altri modelli - confrontandosi e lavorando ad importanti progetti creativi con brand Italiani e internazionali”.


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Mutui.it: l’11% di chi ricerca un mutuo prima casa è straniero Se la costruzione di un’Italia multietnica è sotto gli occhi di tutti, meno evidenti sono alcuni aspetti della progressiva integrazione della comunità straniera in Italia. Mutui.it (www.mutui.it) – broker online per la scelta del mutuo – ha fatto passare sotto la lente i preventivi di mutuo per l’acquisto di prima casa compilati sul sito negli ultimi mesi, scoprendo che l’11,04% di queste arriva da cittadini di nazionalità straniera. L’immigrato che vuole comprare la sua prima casa in Italia richiede, in media, 132.000€ (pari all’80% del valore dell’immobile da acquistare), nel 54% dei casi preferisce il tasso variabile, intende impegnarsi con la banca finanziatrice per 25 anni e, al momento della richiesta del mutuo ha 35 anni. Se confrontati con i valori medi italiani delle richieste di finanziamento per l’acquisto della prima casa, questi dati evidenziano l’interesse dei cittadini stranieri per immobili di valore inferiore rispetto alla media (165.000 contro 200.000 euro) e il bisogno di un finanziamento maggiore (mediamente si vuole finanziare solo il 75% del costo totale dell’immobile). A quanto pare, pur di comprare casa gli immigrati accettano immobili più periferici, o in condizioni peggiori, e di impegnarsi in mutui più importanti. Da dove arrivano e dove vogliono comprare casa Per quanto riguarda la nazionalità degli stranieri censiti da Mutui.it, a rappresentare il campione statistico più

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importante è la comunità rumena: circa 1 mutuo su 3 fra quelli richiesti da stranieri proviene da cittadini della Romania. Un dato, questo, che va contestualizzato: quella che è ormai la comunità straniera più grande d’Italia (secondo gli ultimi dati Istat, si stimano per il 2011 997.000 Rumeni in Italia, seguiti a grande distanza da 491.000 Albanesi) ha subito un incremento davvero esponenziale, soprattutto dal 2007, anno dell’ingresso della Romania nell’UE. Ecco che si spiega come mai un terzo delle richieste (il 32,5%) arrivi proprio da cittadini romeni, mentre nonostante rappresentino la seconda comunità straniera in Italia, gli Albanesi – il cui flusso migratorio è meno recente –richiedano solo il 5,73% dei mutui analizzati. In merito alla distribuzione territoriale delle richieste di mutuo, il quadro che emerge tratteggia una condizione piuttosto nota: le regioni in cui vi è la richiesta maggiore sono quelle del Nord e del Centro Italia, Lombardia (25,80%) e Lazio (13,38%) su tutte. Seguono Emilia Romagna (12,61%), Veneto (11,15%), Piemonte (8,47%), Toscana (7,20%) e Friuli Venezia Giulia (3,12%). «L’acquisto della prima casa rappresenta un fattore fondamentale di radicamento nel territorio – afferma Alberto Genovese di Mutui.it – e il confronto tra le offerte che diversi istituti di credito propongono aiuta anche gli stranieri ad affrontare al meglio questo complesso progetto di vita.»


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