Metamorphoses

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Minerva e t Aracne D a vi d e S a r a c e n o A pollo e t M arsi a t o m m y g u n m o r e t t i Med e a Ri t a Pe t ru cci o l i C a dm o e t Arm onia lu c i o vi lla n i C y gnus e t Le da p i s t r i c e Narcissus et Echo francesco guarnaccia H ermaphroditus ma r i n o n e r i A pollo e t Dafn e Ma r t o z D ia na e t Actae on La c a m e Orphe us e t E urydice A k a b D ed al us e t Icarus g i u li o c a s t a g n a r o La ton a e t Niobe a n n a d e f lo r i a n Venus e t Adonis Lo i s P y gm al ion a n d re a ch r o n o p o u lo s P a n et Syrin x cri s t i n a p o r t o la n o S iby ll a Cum ae a a le s s a n d r o r i p a n e d a nae e t jupite r I s a b e lla Ma z z a n t i a pollo e t hyacint hus G lo r i a P i z z i lli C a llisto e t jupiter Flavia Sorrentino C enis-Ce n e o Marie-CĂŠcile D riope Marco Genesio Marinangeli


M E TA M O R P H O S E S

Metamorphoses si propone di reinterpretare il poema epico-mitologico di Publio Ovidio Nasone (8 d.C.) che rese celebri numerosi miti dell’antichità greca e romana, realizzando un’opera nuova, poetica, comica, surreale e dissacrante. Nel nostro progetto, ogni artista ha scelto uno dei miti del testo antico per realizzare una tavola a fumetti e un’illustrazione. L’autore ha rispettato le dinamiche del mito originale rielaborandone la narrazione o il contesto storico. Non indugiate, dunque... venite a sbirciare le avventure di divinità vogliose, ninfe sfuggenti, robot volanti, satiri danzanti, sibille coriacee, streghe cosmiche, bestie e ibridi di ogni forma...


































dana e et jupite r I s a b e lla Ma zza nt i



a pollo et hyacinthus g l o r i a pizzilli



c allis to e t jupite r f l av i a sorrent i n o



c enis -c ene o m a r i e -c ĂŠ cile



dr i ope

Marco Genesio Marinangeli



METAMORPHOSES I miti nell’opera da Ovidio

la abbandonò per sposare la principessa greca Glauce. Rifiutata e scacciata in esilio dalle sue terre, Medea finì Davide Saraceno per uccidere sia la sposa che i figli di Giasone. [Libro Aracne, figlia di Idmone di Colofone, sfidò Minerva VII] nell’arte della tessitura. Per quanto si fosse dimostrata più brava della dea, Minerva non potè sopportare che CADMO ET ARMONIA una mortale potesse batterla. Quando infuriata la dea Lucio Villani le colpì la testa, Aracne scappò disperata e cercò di impiccarsi. Vedendola morente, Minerva ne provò Secondo Ovidio, l’unione di Cadmo e Armonia fu nella compassione e la trasformò in un ragno. La colpa di mitologia il primo esempio di amore coniugale ben Aracne non fu solo quella di aver osato sfidare una definito e in un certo senso archetipo dei successivi. divinità, ma di aver rappresentato sulla propria tela, una D’altronde secondo la tradizione le nozze di Cadmo e serie di ingiustizie compiute dagli dèi nei confronti dei Armonia furono le prime a cui partecipò tutto l’Olimpo. Sebbene la loro dinastia fosse stata maledetta e tutti i mortali. loro figli e nipoti destinati a perire a causa dell’uccisione [Libro VI 1-145] del serpente sacro da parte di Cadmo, i due coniugi continuarono ad amarsi anche da anziani. Quando APOLLO ET MARSIA Cadmo venne trasformato in serpente, la moglie Tommy Gun Moretti scongiurò gli dèi perché anche lei subisse la stessa sorte Marsia era un satiro della Frigia che, raccolto il flauto [Libro IV 563-603] inventato da Minerva (da lei gettato per la vergogna di doverlo suonare gonfiando le guance), sfidò Apollo CYGNUS ET LEDA in una gara di musica. Nel testo non viene descritta la Pistrice gara nei suoi particolari, la storia infatti parte già da quando Marsia una volta perso viene scorticato vivo Ovidio narra che Giove, invaghitosi della bellissima dal dio. Ovidio si sofferma molto sulla descrizione Leda, moglie di Tindaro re di Sparta, si trasformò in un del corpo straziato e sanguinolente del satiro. cigno per sedurla sulle rive del fiume Eurota. La giovane accolse il gigno nel grembo per salvarlo dall’attacco di [ Libro VI 382-400] un’aquila. A seguito dell’amplesso con Giove, e a quello con marito nella stessa notte, la donna generò due uova. MEDEA Dal primo uovo nacquero i Dioscuri, Castore e Polluce, Rita Petruccioli mentre dall’altro Clitennestra e la famosa Elena di Troia. Il settimo libro era dedicato agli Argonauti e più [Libro VI] precisamente a Giasone che con altri eroi greci partì alla ricerca del vello d’oro. La maga Medea fu il NARCISSUS ET ECHO primo personaggio che introdusse nell’opera il colpo Francesco Guarnaccia di fulmine e il complesso meccanismo psicologico dell’innamoramento. Nella tradizione classica, la fonte Cefiso, divinità fluviale si invaghì della ninfa Liriope primaria del racconto era la tragedia di Euripide. che sedotta diede alla luce un bambino di eccezionale Ovidio però si soffermò in particolare sulla forza della bellezza: Narciso. Preoccupata per il futuro del bimbo, lotta tra ragione e sentimento. Infatti, dopo l’incontro Liriope consultò il profeta Tiresia il quale predisse che con Giasone, Medea si dilaniò tra incertezza, paura, Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia, “se non avesse commozione e compassione. L’eroe greco riuscì nella mai conosciuto se stesso.” Narciso era un giovane di tale missione grazie al suo aiuto, promettendole in cambio bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, di divenire sua sposa. Subito dopo la fuga però Giasone giovane o vecchio, si innamorava di lui, ma Narciso li

MINERVA ET ARACNE


respingeva tutti. Un giorno la ninfa Echo furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola. La ninfa era però incapace di parlare per prima perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto, tale era la punizione inflitta da Giunone perché la ninfa l’aveva distratta mentre le amanti di Giove si nascondevano. Narciso, respinse anche la ninfa che, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita gemendo per il suo amore non corrisposto finché di lei rimase solo la voce. La dea Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Un giorno, mentre il ragazzo era in un bosco, si imbatté in una stagno e si chinò per bere. Non appena vide la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente di essa. Comprendendo infine che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente. Si compiva così la profezia di Tiresia. [Libro III 339-510]

HERMAPHRODITUS

Marino Neri

Ermafrodito, figlio di Mercurio e di Venere, all’età di quindici anni cominciò la sua esplorazione del mondo e fu proprio del corso di essa che giunse in Caria, sulle rive di un grande lago. La giovane ninfa Salmace lo vide passeggiare in un bosco e immediatamente si innamorò di lui. Accecata dalla passione cercò di sedurlo, ma fu respinta. Salmace stette di nascosto ad ammirare il ragazzo, fino a quando egli non si spogliò ed entrò nelle acque. A quel punto si gettò su di lui con la forza lo baciò. Mentre Ermafrodito si dibatteva, lei chiese agli dèi di potersi unire per sempre al suo amato e di non esserne mai separata. Il suo desiderio venne accolto e i due divennero un essere solo: loro corpi furono mescolati in una creatura dal doppio sesso, metà maschio e metà femmina. Ermafrodito ottenne in seguito dagli dèi che chiunque si fosse immerso in quella stessa fonte subisse la perdita della virilità. [Libro IV 285-388]

Apollo con la freccia d’oro che faceva innamorare, e la ninfa, di cui sapeva si sarebbe invaghito, con la freccia di piombo che faceva rifuggire l’amore. Apollo, non appena vide la ninfa Dafne, figlia del dio-fiume Peneo, se ne innamorò. Il dio iniziò allora ad inseguirla e a elencarle i suoi poteri per convincerla a fermarsi, ma la ninfa continuò a fuggire. Arrivata ormai sfinita sulle sponde del fiume di suo padre, lo supplico di aiutarla facendo dissolvere la sua forma. Dafne si trasformò così in albero d’alloro prima che il Apollo riuscisse ad averla. Il dio sconfitto decise di rendere questa pianta sempreverde e di considerarla a lui sacra. [Libro I 452-567 ]

DIANA ET ACTAEON

La Came

Secondo Ovidio, nel corso di una battuta di caccia, Atteone provocò l’ira di Diana sorprendendola mentre faceva il bagno assieme alle sue compagne all’ombra della selva Gargafia. La dea, per impedire al cacciatore di proferir parola su quello che aveva visto, trasformò il giovane in un cervo spruzzandogli dell’acqua sul viso. Atteone si accorse della sua trasformazione solo quando scappando giunse a una fonte e si specchiò nell’acqua. Intanto il cacciatore venne raggiunto dalla muta dei suoi 50 cani, che non riconoscendolo sbranarono il loro amato padrone. I cani, una volta divorato l’animale, si misero alla ricerca di Atteone per tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti. Più tardi giunsero nella caverna di Chirone il quale donò loro un’immagine del loro padrone per attenuare il loro dolore. [Libro III 138-259]

ORPHEUS ET EURYDICE

AkaB

Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice. Sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente che la uccise co un morso. La disperazione colpì allora il suo compagno Orfeo che APOLLO ET DAPHNE discese negli inferi per recuperare la sua amata. Con la Martoz sua lira incantò il traghettatore Caronte, placò il cane Dopo aver ucciso il serpente Pitone, Apollo si sentì Cerbero e una volta raggiunta la sala del trono degli particolarmente fiero di sé e si vantò della sua impresa Inferi incontrò Ade e Persefone. Il primo dormiva con Cupido, dio dell’Amore. Apollo affermava profondamente mentre la seconda lo guardava con sorridendo che arco e frecce non sembravano essere occhi fissi. Per addolcirli, diede voce alla lira e al canto, armi adatte a lui. Cupido indignato decise allora di facendo riaffiorare in Persefone i ricordi della sua vita vendicarsi per dimostrargli di cosa fosse capace : colpì prima che Ade la rapisse e la costringesse a sposarlo.


La regina degli inferi, commossa, approfittò del fatto che il marito stesse dormendo per lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Fu posta però una condizione: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta del regno dei morti senza mai voltarsi indietro. Esattamente sulla soglia, credendo di esser già uscito dagli Inferi, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e ruppe la promessa di non guardarsi alle spalle. Vide allora la giovane Euridice scomparire all’istante tornando tra le tenebre per l’eternità. [Libro X 1-75]

VENUS ET ADONIS

Lois

La storia d’amore tra Adone e Venere, si basava principalmente sul rapporto materno e protettivo che la dea aveva nei confronti del mortale. Venere infatti si divertiva ad andare a caccia con lui, raccomandandosi però di catturare solo animali non pericolosi ed evitare leoni e i cinghiali, bestie che lei disprezzava particolarmente. Adone ne chiese il motivo e Venere gli raccontò la storia di Atalanta e Ippomene. Nonostante ciò, durante una battuta di caccia, il ragazzo venne aggredito proprio da DEDALUS ET ICARUS un cinghiale. Venere lo raggiunse troppo tardi, quando Giulio Castagnaro ormai era morto, e disperata trasformò il suo sangue in Nelle Metamorfosi si narra che Dedalo e Icaro furono un fiore, l’anemone. [Libro X 503-559] imprigionati dal re Minosse per aver aiutato Teseo a fuggire dal labirinto che lo stesso Dedalo aveva PYGMALION ideato. “Chiuda pure la terra e il mare, ma il cielo Andrea Chronopoulos almeno rimane aperto; ce ne andremo per di là; anche se Minosse possiede tutto, non possiede il cielo.” Ovidio descrive Pigmalione come un timido scultore, Per la loro fuga Dedalo costruì delle ali con penne e alienato dalla società, e sprezzante verso le donne cera. Ma durante il volo, Icaro, contravvenendo alle per la loro volgarità. Solo la scultura che egli stesso raccomandazioni del padre, si avvicinò troppo al sole creò meritava tutte le attenzioni e i doni possibili. e le sue ali si squagliarono. Il giovane precipitò in mare Innamoratosi di lei, Pigmalione pregò gli dèi che e morì annegato. Dedalo, disperato, aspettò a riva il la rendessero reale. Essi decisero di esaudire le sue preghiere e la statua divenne una donna in carne e ossa. corpo del figlio e lo seppellì. [Libro VIII] Pigmalione ne fece la sua sposa e da lei ebbe la figlia Pafo. LATONA ET NIOBE [Libro X, 243-297] Anna Deflorian Nel testo di Ovidio, Niobe è l’archetipo della madre in lutto. Moglie di Anfione, la donna perse i suoi 14 figli (7 femmine e 7 maschi) e il marito a causa della sua superbia. Niobe impedì infatti che i tebani offrissero doni alla dea Latona perché madre soltanto di due figli e discendente di “un Titano qualunque”: “Che follia è mai questa – dice – anteporre dèi che si conoscono solo per sentito dire a dèi che si vedono? Insomma, perché davanti agli altari si adora Latona, mentre ancora non si degna d’incenso la mia divinità?”. A seguito di tale provocazione Latona ordinò ai suoi due figli, Apollo e Diana, l’esecuzione della progenie di Niobe. Questo è uno dei tanti casi, all’interno del poema epico, in cui a morire non sono i colpevoli ma gli innocenti. La morte dei figli è descritta in maniera molto cruda e caratterizzata da immagini spietate. Immobilizzata dal dolore, Niobe, si pietrificò trasformandosi in fonte. [Libro VI, 146-312]

PAN ET SYRINX

Cristina Portolano

Il dio Pan si innamorò della nifa Syrinx, seguace della dea Diana. La ninfa rifiutò il suo amore e per sfuggirgli scappò fino alle rive del fiume Ladone. Qui invocò le Naiadi che la trasformarono in un fascio di canne palustri, arbusti che al soffio del vento emettevano un suono delicato. Unendo alcune canne Pan costruì un nuovo strumento musicale, al quale diede il nome di siringa in ricordo della ninfa. [Libro I 689-712]

SIBYLLA CUMAEA

Alessandro Ripane

La Sibilla Cumana era la somma sacerdotessa dell’oracolo di Apollo ed Ecate nella città di Cuma in Magna Grecia. Ella svolgeva la sua attività oracolare nei pressi del Lago d’Averno. Nella sua caverna, la sacerdotessa trascriveva


i suoi vaticini su foglie di palma le quali, alla fine della predizione, venivano mischiate dai venti delle cento aperture dell’antro rendendo i vaticini “sibillini”. Il mito racconta che Apollo, innamorato di lei, le avesse offerto qualsiasi cosa purché diventasse la sua sacerdotessa, e che lei gli chiese l’immortalità. Dimenticando tuttavia di ottenere anche l’eterna giovinezza, la Sibilla fu destinata a un invecchiamento lunghissimo

dèa Diana. Dopo qualche mese Diana, stanca per la caccia, decise di fermarsi con le sue compagne per farsi il bagno presso una fonte. Callisto, che fino a quel momento era riuscita a nascondere l’accaduto, esitava a spogliarsi: le compagne allora le sfilarono la veste scoprendo così la verità; adirata Diana la cacciò. Una volta nato il bambino, Giunone decise di vendicarsi trasformandola in un orsa. In seguito il figlio, ormai quindicenne, durante una battuta di caccia s’imbatté DANAE nell’orsa e proprio quando stava per ucciderla intervenne Isabella Mazzanti Giove, che trasformò entrambi in due costellazioni, A Danae, figlia del re Acrisio e Aganippe, era stato l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore. predetto che il figlio da lei partorito avrebbe ucciso il [Libro II, 401-530] padre. Acrisio allora, temendo che la profezia si avverasse, la rinchiuse in una prigione dai muri di pietra. Ma Giove, Cenis mutatosi in una pioggia d’oro, giacque con Danae e Marie-Cécile da quell’amplesso nacque Perseo. Il padre la rinchiuse insieme a Perseo in una cassa, che gettò in mare. Per Cenis o Cenide era una giovane donna che ad un volere di Giove questa fu sospinta fino all’isola di Serifo. certo punto della sua vita si trasformo in uomo. Infatti La donna con il bambino, furono trovati da un pescatore Cenis fu amata dal dio Poseidone, che le volle offrire che li portò dal re Polidette, il quale sposò Danae e fece in dono qualsiasi cosa lei desiderasse. Cenis domandò allevare Perseo nel tempio di Minerva. In seguito Acrisio di essere trasformata in uomo, e di essere invulnerabile; venne a sapere che la figlia e il nipote erano ancora vivi, il dio eseguì la richiesta trasformandolo nel fortissimo li raggiunse e la profezia si avverò quando Perseo uccise guerriero che guido con successo gli eserciti Lapiti in il nonno in un incidete durante un torneo sportivo. battaglia. Secondo quanto racconta Ovidio, alla sua [Libro IV, 610-611] morte l’indovino Mopso scorse la sua anima volare via da sotto la catasta d’alberi in forma d’uccello dalle ali APOLLO ET Hyacinthus fulve, ma una volta giunta nell’Ade, essa riprese forme Gloria Pizzilli umane e femminili. [Libro XII, 189-209] L’amore di Apollo nei confronti del suo amico Giacinto era tanto grande che, pur di stare costantemente vicino Driope al ragazzo, tralasciava tutte le sue principali attività ed Marco Genesio Marinangeli accompagnava l’inseparabile amante ovunque egli si recasse. Un giorno i due iniziarono una gara di lancio del Principessa di Ecàlia, Driope fu sedotta da Apollo. Il disco; Apollo lanciò per primo ma il disco, deviato nella mito narra che il dio si tramutò in una tartaruga per sua traiettoria da un colpo di vento alzato dal geloso avvicinare le Amadriadi e Driope. Nel momento in cui Zefiro, finì col colpire alla tempia Giacinto, ferendolo la ninfa prese l’animale questo si trasformò in serpente così a morte. Apollo cercò di salvare l’adolescente ma mettendo in fuga le ninfe, così da poter possedere non poté nulla contro il destino. Decise a quel punto,di in tranquillità Driope. In seguito Driope sposò trasformare il ragazzo in un fiore e le sue lacrime divine Andremone, ma dal rapporto col dio nacque Anfisso, ne colorarono i petali imprimendogli così il segno fondatore della città di Eta, dove eresse un tempio al dio Apollo. Un giorno Driope si reco presso un lago imperituro del dolore provato. assieme al figlio e alla sorellastra e con l’intenzione di [Libro X, 162-219] offrire ghirlande alle ninfe del luogo colse il fiore di loto nel quale si era trasformata la ninfa Lotide per sfuggire CALLISTO a Priapo che voleva violentarla. Driope commise cosi Flavia Sorrentino sacrilegio e per punizione iniziò lei stessa a trasformarsi Callisto era una delle ninfe del seguito di Diana. in una pianta di loto perdendo il suo aspetto umano. Vedendola riposare in un bosco, Giove se ne invaghì; [Libro IX, 324-393] decise quindi di sedurla assumendo le sembianze della


metamorphoses Direzione artistica e grafica Francesca Protopapa Copertina Hand lettering di Nicoló Giacomin Quarta di copertina Illustrazione di Martoz Volume pubblicato da Squame nel gennaio 2017 Interno stampato da Sprint24 Roma Sovracopertina in serigrafia stampata da Inuit Bologna isbn 979-10-93429-03-8 Il copyright delle illustrazioni e dei fumetti appartiene ai rispettivi autori. Ringraziamo in particolare Julien Brugeas, Quintino Protopapa, Rita Petruccioli e Marco Tavarnesi per il sostegno e l’aiuto nella realizzazione di questo progetto.

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