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La rivoluzione di Pasqua

In quel pomeriggio del Venerdì Santo, in cui morì Gesù di Nazareth, il dominio di ANCHE sembrava definitivo. Anche lui! Alla fine anche lui era come tutti e la morte dimostrò che non esistono eccezioni e che bisogna rassegnarsi. Come tutti quelli che dietro questo semplice vocabolo, anche, trovano la scusa per nascondersi nel gregge come pecore: “Tutti pensano a se stessi, anche io…, tutti cercano di imbrogliare, anche io”. Quando poi uno vuole spegnere la speranza e lasciare in solaio la fantasia, mette anche dappertutto. E non dice: “Oggi vado al lavoro” ma piuttosto: “Anche oggi vado al lavoro”, e già la malinconia gli stringe il cuore per la noia e la fatica che lo aspetta. è facile capire che di questo passo ogni originalità è messa fuori legge. E infatti “anche” è il principio della pubblicità e della moda. Invece, proprio in quel Venerdì, cominciò la sconfitta di “anche”: perché contro ogni previsione, Gesù sconfisse ogni insulsa, scontata, supponente previsione. Così l’umanità ricevette di nuovo la speranza, la fantasia, l’originalità. Comincia proprio da lì, dalla Risurrezione, la chiamata a rendere migliore questo mondo. E perché no, anche lo sport? La mattina di Pasqua alcuni uomini furono chiamati fuori, messi da parte, ciascuno con una propria missione irripetibile, geniale, unica. Fu allora che il nostro “anche” per non scomparire senza lasciar traccia, trovò la soluzione di mettersi con il “se”. Ne venne fuori “anche se”, che è la formula più rivoluzionaria, più generosa, più eroica. Anche se hai tanti soldi e puoi permetterti i migliori ristoranti, non puoi dimenticarti dei più bisognosi. Il calciatore dello Swansea City, Rangel, avendo notato che il cameriere di un fastfood stava gettando nell’immondizia un sacco di panini ha chiesto di risparmiarli per i più poveri. Per tutta la notte Rangel insieme alla moglie hanno girato per le strade della città a distribuire panini. “Non so se riuscirò sempre a trovare panini per tutti e così dovrò cucinare una frittata di patate spagnola”, ha concluso scherzando. Anche se pensi di aver perso tutto c’è sempre un’altra possibilità. Come il soldato britannico Derek Derenalagi, dichiarato morto dopo un attacco dei talebani in Afghanistan. Addirittura il suo corpo era già stato chiuso in un sacco per il rimpatrio. Dopo otto giorni di coma si risveglia in un letto di ospedale con al fianco sua moglie Ann. Non ricordava più nulla dell’accaduto ma un ricordo indelebile lo avrebbe accompagnato per tutta la vita: aveva perso entrambe le gambe. Durante la riabilitazione guarda in tv le Paralimpiadi di Pechino e ne rimane affascinato. Cinque anni, sei settimane e un giorno dopo quel terribile incidente Derek fa il suo ingresso, sulle sue gambe, nello stadio olimpico di Londra per gareggiare nel lancio del disco. “Anche se il fairplay può costarmi la vittoria”… è stato il pensiero del mezzofondista Ivan Fernandez nella gara di cross di Pamplona nel dicembre scorso, quando all’ultima curva ha notato che l’etiope che lo precedeva con un cospicuo distacco saltellava felice convinto della vittoria. Ma la linea del traguardo era a un centinaio di metri più avanti. Avrebbe potuto approfittare dell’equivoco e invece Fernandez ha spinto l’atleta fino al traguardo accontentandosi del secondo posto. “L’ho lasciato vincere – ha dichiarato – perché il mio cuore mi diceva che era lui il vincitore della gara”. Anche e se, da quel mattino di Pasqua, vanno sempre insieme: e chi li trova è fortunato. Sta attento, perché potrebbero passarti vicino.

don Alessio Albertini Consulente Ecclesiastico Nazionale CSI

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