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Dirigenti sportivi si nasce o si diventa?
from Stadium n. 1-4/2013
by Stadium
I dirigenti volontari rappresentano l’insostituibile motore delle oltre 80.000 Società sportive di base del nostro paese. Una risorsa che continuamente cresce e si rinnova. Come e con quali responsabilità si esercita questo affascinante ma faticoso mestiere?
di Roberto Mauri
Dirigenti sportivi si nasce o si diventa? La risposta forse più corretta alla domanda è: entrambe le cose. Dirigenti sportivi si nasce e si diventa. Può sembrare una risposta pilatesca, ma non lo è. Il ruolo di dirigente è infatti per tutti ma non da tutti: per un verso, è innegabile che nelle Società sportive di base e nelle strutture organizzative cui esse fanno riferimento tutti possono essere dirigenti, dal momento che non sono richiesti titoli o esami particolari ma la semplice disponibilità. In questo senso ciascuno è un ‘dirigente nato’, almeno sulla carta. D’altra parte è altrettanto evidente che la buona volontà non basta al dirigente, ruolo delicato che richiede preparazione e sensibilità specifiche che si acquisiscono solo con applicazione ed esperienza. È dunque altrettanto giusto affermare che dirigenti si diventa, ammesso che si riesca. Ma la cruda verità è anche un’altra: in realtà in molte delle società sportive dirigenti né si nasce né si diventa, ma semplicemente ‘ci si trova’ ad interpretare questo ruolo. Sembra a volte che nelle Società e Gruppi sportivi non vi sia niente di più facile che diventare dirigente: basta dare o solo far intuire una disponibilità ed è fatta. A differenza delle cariche di vertice (presidente, vice, talvolta segretario) il dirigente solitamente non viene eletto ma semplicemente cooptato, sulla base di un rapporto fiduciario, una stretta di mano, una vecchia amicizia. Nello stesso tempo, e chi ci è passato lo sa bene, non c’è niente di più difficile che fare il dirigente, governare le relazioni e tenere insieme le piccole grandi attese, esigenze, richieste di quel curioso, affascinante e complesso microcosmo che chiamiamo ‘società sportiva’.
Dirigente: dilettante, volontario, o…
È paradossale ma è così: la figura più strategica per lo sviluppo della società sportiva, il dirigente, è quella su cui si fanno meno investimenti strategici, quella maggiormente lasciata alla ‘buona sorte’ o ‘provvidenza’ associativa che dir si voglia. In questo senso il percorso del dirigente sportivo, ovvero le fasi di sviluppo che caratterizzano questa figura, sembra segnata da tre tappe, che rispondono ad altrettanti atteggiamenti mentali:
a) nella fase iniziale il dirigente solitamente appare animato dalla tipica passione e l’entusiasmo degli ‘amatori’, mosso dal piacere e dal gusto della novità; sensibile alla propria gratificazione e per questo a rischio di incostanza, si impegna finché si diverte e si trova bene, poi tende a lasciare se non viene costantemente motivato. Per crescere ha bisogno di condividere esperienze e progetti, essendo egli centrato sul presente ma carente in termini sia di mission che di vision associativa.
b) nella fase successiva, che potremmo associare ad una interpretazione “adulta” del ruolo, il dirigente assume la fisionomia del “volontario”, il cui aspetto chiave è il senso di responsabilità e di servizio; fortemente animato da motivazioni etiche, è convinto che buona volontà e retta intenzione siano contagiose e sufficienti a far funzionare le cose; incline all’attivismo ma incapace di delega, si impegna anche pagando di tasca propria, assumendo spesso il ruolo di “cireneo associativo”; quando lascia è per delusione e incomprensione, sentendosi tradito nei suoi ideali e valori.
c) infine, il ruolo dirigenziale nella sua fase di “maturità” tende a sviluppare un rapporto più disincantato (talvolta utilitarista), puntando a fare bene i propri compiti con efficienza; è un dirigente molto sensibile al valore delle competenze e delle prestazioni più ed oltre che alle motivazioni etiche, secondo una logica di costi-benefici. Propende a sopravvalutare gli aspetti di pianificazione ed è più che mai sensibile agli equilibri politico-associativi, diviso tra garantire continuità e possibilità di far crescere i più giovani.
Ciascuna di queste tre fasi ha pregi e limiti: l’ottimale per una Società sportiva sarebbe potere contare su tutti questi tre profili dirigenziali, integrandoli tra loro. Un’Associazione sportiva di qualità ha bisogno di dirigenti sportivi che sappiano far sintesi di questi tre aspetti, ovvero persone di alto profilo, che vivono il loro ruolo dirigenziale attraverso un volontariato appassionato, responsabile e competente. Si tratta di far fare a tutti un passo in avanti: rendere i “dilettanti” pienamente responsabili, i “volontari” in grado di andare oltre le buone intenzioni, recuperare ai ‘navigati’ la passione ed il senso del fare. Altrimenti succede di tutto e di peggio: “dilettanti” che fanno danni, inventandosi improbabili competenze; volontari che fanno confusione, mescolando dimensione morale, affettiva e associativa; leader navigati che curano solo l’efficienza, trascurando l’efficacia, i valori e le persone.
Dirigente sportivo: un leader ben formato
Nessuna organizzazione o associazione può esistere e resistere senza validi dirigenti. Vale anche per il Csi e per le Società e Gruppi sportivi aderenti, dalla più evoluta e ricca di storia alla più modesta o neonata aggregazione.
Nel Csi “dirigere” significa non tanto “comandare” ma soprattutto “orientare verso” la realizzazione degli obiettivi sportivi ed educativi che animano la Società sportiva. In questo senso il primo compito del gruppo dirigente è quello di contribuire in modo qualificato ad elaborare, custodire, verificare il Progetto sportivo della Società, adattandolo al proprio contesto in sinergia con gli altri Progetti e percorsi educativi (famiglia, oratorio, scuola, …) ed in dialogo con il territorio di riferimento. È evidente che il dirigente sportivo è una figura che non si inventa ma si prepara, a partire da una sapiente azione di talent scouting, ovvero di orientamento e ricerca, da parte dell’Associazione o della Società sportiva nell’insieme, e dei loro vertici in particolare. Come trovare e riconoscere allora un bravo dirigente? Certo occorre partire dalle doti naturali: la capacità spontanea della persona di diventare riferimento per gli altri, ispirare, influenzare e guidare le loro opinioni, azioni ed emozioni. La leadership naturale tuttavia non basta, è una condizione necessaria al dirigente ma non sufficiente. Tutti i bravi allenatori sanno che c’è differenza tra un atleta di talento ed un campione. Il campione infatti è colui che allena il suo naturale talento, ovvero accetta di sottostare ad una disciplina che lo renda in grado di realizzare prestazioni eccellenti nel tempo. Così come la fortuna di un campione è quella di trovare un bravo allenatore per il suo talento, la fortuna di un dirigente è quella di trovare un’Associazione che lo sprona alla formazione continua e misura il suo talento sull’aggiornamento costante.
FORMAZIONE DIRIGENTI: UN’OCCASIONE DA NON PERDERE
Al bravo dirigente sportivo oggi si richiede di sapere affrontare e gestire una serie di situazioni attraverso competenze organizzative e sensibilità relazionali. Nel CSI il Team Formazione ha appena predisposto un percorso di aggiornamento della classe dirigente dei suoi Comitati da realizzarsi mediante Stage formativi annuali. Il tema dello stage iniziale, del 2013, è “COORDINARE: Dirigere gli altri, dirigere con gli altri, dirigere per gli altri”. Gli obiettivi dell’iniziativa sono principalmente: - migliorare il livello della qualità dei dirigenti territoriali e favorire i processi di rinnovamento - valorizzare le potenzialità ancora inespresse della leadership efficace nella nostra Associazione - favorire il rinnovamento, promuovendo figure sulle quali il Comitato stesso intende investire nel prossimo futuro.
Gli Stage sono organizzati su base regionale o interregionale, al fine di ottimizzare partecipazione e risorse, ed hanno carattere residenziale per godere al meglio della esperienza di condivisione che si intende realizzare.