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“Ritorno alla base, riparto dall’oratorio”
from Stadium n. 1-4/2013
by Stadium
Giovanni Malagò è il nuovo presidente del Coni. È stato eletto il 19 febbraio a Roma durante il Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico e succede a Giovanni Petrucci. Malagò ha ottenuto 40 voti, uno in più della maggioranza necessaria all’elezione come presidente del Coni. Raffaele Pagnozzi ha ottenuto 35 voti. Malagò è il quindicesimo presidente del Coni
di Felice Alborghetti
“Nello sport è difficile vincere, ma anche non vincere” le parole a caldo di Giovanni Malagò, visibilmente commosso, subito dopo la proclamazione del voto, che lo ha eletto numero uno dello sport italiano. Il neopresidente ha abbracciato le due figlie presenti al Salone d’Onore del Coni, senza trattenere le lacrime. Partiamo da qui, prima di addentrarci su alcune delle principali tematiche e nuove linee guida nel governo dello sport italiano.
Quanto conta la famiglia nella sua esperienza di vita?
“La famiglia è un baluardo inattaccabile, uno dei valori intramontabili cui fare sempre riferimento. Ci tenevo che le mie figlie vivessero con me quella giornata, non necessariamente nell’ottica della vittoria. A loro ho sempre insegnato diritti e doveri, ad apprezzare le cose belle e ad accettare quelle meno belle. Ludovica è tornata da Los Angeles dove frequenta un Master, Vittoria invece l’ho intercettata tra Milano e il Sudafrica: mi faceva piacere facessero un sacrificio perché le volevo accanto”.
Presidente, la sua campagna elettorale è iniziata in un oratorio di San Lorenzo per finire in un liceo ai Parioli. Una scelta insolita per un candidato alla presidenza del Coni fare la prima presentazione ufficiale del suo programma in un oratorio. Come é nata quest’idea?
“E stata un’idea spontanea, legata al mio modo di concepire lo sport. L’oratorio è un formidabile centro di aggregazione e deve essere il punto di partenza per il nostro movimento: non è immaginabile l’attività di vertice in sua assenza. Ritengo quindi che l’oratorio sia il simbolo di partenza, l’architrave del sistema agonistico”.
La sua umanità e la capacità di dialogare con le persone sono carismi che le riconoscono tutti. Supponiamo che domani si trovi ad incontrare casualmente il dirigente di una delle tantissime piccole società sportive di periferia che si basano sul volontariato e che spesso si sentono abbandonate dai vertici dello sport italiano. Come lo conforterebbe per regalargli un po’ di speranza e di entusiasmo?
“La mia elezione è figlia del coraggio, dell’impegno e della voglia di protagonismo collettivo. Ho saputo ascoltare non solo le esigenze dei dirigenti federali ma di tutto il mondo sportivo, di chi fa volontariato, di chi vive alla periferia del grande movimento. Voglio certamente rappresentarli e coinvolgerli: penso a una forte condivisione per superare gli ostacoli che lo sport troverà sul proprio cammino. A loro dico che non può esserci sviluppo senza coinvolgimento e strategia, non può esistere creazione di valore senza collegialità e pianificazione. Non ci sono preconcetti, il CONI è aperto a tutti per vagliare e ragionare su idee che possano schiudere nuovi percorsi di crescita”.
Siamo un Paese in crisi. Quale contributo può dare oggi lo sport alla crescita del Paese?
“Lo sport deve fare da traino al Paese, generando sviluppo. Compito sicuramente oneroso ma non impossibile. Ci vuole impegno, abnegazione, grande spirito di applicazione, si tratta di una mission che trae spunto dalla componente agonistica per estendere i propri benefici in campo sociale. Servono progetti che possano aiutare l’Italia, lo sport può essere interpretato come risorsa lavorativa per i giovani. Sarei felice se la mia Presidenza lasciasse un segno in questo senso”.
La Chiesa italiana pone la sfida educativa come una delle grandi questioni che riguardano la società del nostro tempo e sostiene che lo sport può offrire un contributo fondamentale all’educazione dei ragazzi e dei giovani. Lei crede che la partita educativa sia una partita per pochi o che debba coinvolgere sempre di più tutto il sistema sportivo italiano?
“Ritengo che lo sport sia anche un formidabile strumento educativo. Il compito di chi fa attività agonistica, a qualsiasi livello, deve essere sempre quello di conferire una prospettiva privilegiata all’aspetto comportamentale. Il nostro è un mondo che vive sotto la luce dei riflettori, deve essere sempre in grado di creare modelli ed esempi virtuosi: i campioni dello sport devono saper essere anche campioni di vita, coniugando il talento al rispetto dell’etica”.
Cosa si aspetta dagli enti di promozione sportiva? Quale ruolo giocheranno nel suo mandato e che contributo possono dare allo sport italiano?
“Gli Enti hanno un ruolo nevralgico nell’ottica di cambiamento e di riforme che vuole perseguire il CONI perché sanno diffondere lo sport, facendo dell’attività motoria il veicolo per promuovere salute e benessere tra i cittadini. L’obiettivo è quello di sviluppare una sempre più diffusa capacità di sostenere il movimento fisico, sentendosi attori protagonisti, al centro della scena, per valorizzare l’importanza sociale di un’azione capillare e costante. Si parla di un’attività di base imprescindibile”.
Il CSI vanta quasi 70 anni di esperienza nel promuovere lo sport come strumento di educazione alla vita. È contento di averlo in giunta?
“Mi vanto di aver già condiviso un quadriennio in Giunta con Massimo Achini e devo dire che ho sempre apprezzato l’entusiasmo e la capacità di saper interpretare il ruolo con spirito costruttivo. Il CSI si caratterizza come importante punto di riferimento per esaltare la diffusione del concetto di sport per tutti, con la finalità di far crescere anche la nostra società”.
L’Italia é l’unica nazione al mondo ad avere il cappellano olimpico (a Londra mons. Mario Lusek) inserito nella delegazione ufficiale. Confermerà questa scelta?
“Si tratta di un orientamento che condivido, come irrinunciabile desiderio di trovare - grazie alla fede - quell’intima certezza di serenità e di conforto alla vigilia delle sfide sportive più importanti. La presenza di un esponente religioso, tra l’altro, può certamente favorire il massimo impegno per affermare l’autenticità e la trasparenza nei comportamenti, nel pieno rispetto delle regole e lontano dalle pericolose degenerazioni che attentano alla genuinità della competizione”.
C’è spazio per un ultimo sms da inviare alle centinaia di migliaia di società sportive di base del Paese. Cosa ci scrive il numero uno dello sport italiano?
“Ritorno alla base”. Che racchiude la formula capace di esprimere uno dei punti salienti del mio programma. Tornare alla base non vuol dire andare indietro, anzi significa ritrovare le forze per aggredire il futuro e ottenere riscontri importanti. Dobbiamo recuperarla perché sembra essersi allontanata terribilmente dal vertice negli ultimi 20 anni. I praticanti, il volontariato e il territorio, intesi nella loro essenza e non solo nell’ottica di conquista-medaglie, non possono meritare attenzioni quando vincono ed essere abbandonati quando i risultati non arrivano. Lo sport dei successi non esiste se non c’è sotto una bella e solida piattaforma”.