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Il progetto speciale di Luxoro per Pupa Milano

LET’S MAKE UP!

NOBILITAZIONE SENZA CONFINI PER UN PACKAGING COSMETICO SPAZIALE

Il settore cosmetico, grazie ai nuovi media e alla crescente attenzione all’ambiente, è al centro di una sana rivoluzione concettuale. Sostenibilità e originalità del marchio sono le tendenze dominanti, e il packaging si evolve come espressione del cambiamento. Design personalizzati e da collezione, capaci di rispettare l’ambiente, sono i principali influencer per attrarre il pubblico e rendere il marchio memorabile. Dalla sinergia tra le soluzioni di nobilitazione fornite da Luxoro, il design di Paolo Proserpio e le proposte di make up di Pupa Milano è nato il concept set Let’s Make up! Una composizione che abbatte i confini del packaging attraverso un effetto a matrioska che racchiude creatività, qualità, originalità e sostenibilità. Il progetto, non in commercio ma realizzato come operazione di marketing, si svela in più livelli attraverso grafiche, packaging nobilitazioni diversi per custodire due prodotti della famosissima casa cosmetica Pupa Milano: un blush sui toni del rosato e una trousse dalla palette spaziale.

La Cover e la Box, una giungla di sguardi indiscreti

Il design della cover è una giungla di foglie. Su tutta la superficie è stato applicato, con la nobilitazione digitale, l’effetto lucido LUMAFIN® Clear che dona alle foglie un’aria tropicale. Grazie alla struttura a rilievo ottenuta con i cliché hinderer + mühlich sono evidenti le venature perfettamente riprodotte con la stampa a caldo. La cover è incorniciata da una linea dorata ottenuta anch’essa con la metallizzazione digitale. Tra le foglie fanno capolino, grazie alla presenza di fessure, gli occhi indiscreti che caratterizzano la sottostante box principale: un pattern di iridi dorate e luminose stampate con argento a freddo KPS SX+ poi sovrastampato. Aprendo la box l’attenzione si sposta sugli interni che rivelano un’altra opera di design: un mix di nobilitazioni tra scritte turchesi metallizzate e costellazioni dai tratti finissimi in argento olografico, tutto realizzato in digitale, che, a uno sguardo più dettagliato, presentano elementi di anticontraffazione. L’intera confezione è completamente riciclabile, perché gli effetti di trasferimento non intaccano la composizione del substrato su cui sono stati applicati.

I Packaging Cosmetici dall’aspetto stratosferico

La box contiene due astucci in cartotecnica che riprendono il design tropicale sui toni del verde e del fuxia. Il focus è tutto sulle scritte dorate, frutto di un oro stampato con un rilievo a caldo che presenta delle texture ottenute con clichè hinderer + mühlich. I pack contengono i due pezzi protagonisti del set: il blush e la trousse, caratterizzati da una nobilitazione a caldo di un intenso blu metallizzato di base a copertura totale della superficie in PET, una decorazione attenta all’ambiente grazie al processo privo di emissioni e il prodotto di trasferimento che non intacca la riciclabilità del substrato. La base blu presenta una sovrastampa in due versioni, una dorata e una fuxia, in cui i cliché microincisi hinderer + mühlich riproducono la superficie lunare sul blush e le costellazioni sulla trousse, un risultato perfetto e preciso dalla qualità unica. L’intero pack è un’opera omnia di design e nobilitazioni su diverse superfici, che spaziano dalla stampa a caldo fino alla stampa a freddo passando per la più moderna e flessibile stampa digitale. La scelta dei materiali e ogni passaggio del processo rientrano in un ottica di sostenibilità e qualità. Grazie alla professionalità di tutti i partner, il risultato è unico nel suo genere: un apripista verso un nuovo modo di concepire il packaging dei brand.

Progetto realizzato da Luxoro con:

Pupa Milano Paolo Proserpio:

Design

Tipografia Valdostana:

Stampa e nobilitazione di box e cover

ISEM:

Stampa e nobilitazione degli astucci interni

Micys Company:

Stampa e nobilitazione pack primari in PET

Mondi Group:

carta di cover, box e astucci

BAGFUL

Il progetto nasce come esercizio creativo 100% Made In Venice a sostegno di Disability Friendly, un’attività di sensibilizzazione e inclusione sui temi della disabilità motoria e cognitiva radicato nel territorio veneto e portato avanti da Famiglie e Abilità e Oltre Il Muro.

La tecnologia e la lingua vanno a due velocità diverse: parlare di “pelletteria” nel senso di “l’insieme di oggetti, soprattutto di quelli che costituiscono accessorî dell’abbigliamento, come borsette, cinture, guanti, ornamenti varî” in questo momento non significa più parlare solo di pelle naturale lavorata. PVC e pelle sintetica a partire da tessuti naturali o sintetici spalmati con polimeri, sono il supporto per capsule collection ricercate affidate all’estro di illustratori e artisti visivi, realizzate sfruttando le potenzialità della stampa digitale diretta.

Ma quali fattori hanno contribuito a questo cambiamento? Innanzitutto la concezione del pubblico, come fa notare Matteo Dittadi, responsabile progettazione di Smartmix, l’agenzia dietro il progetto Bagful: «È cambiato il modo in cui vengono considerati i materiali: da parte del consumatore c’è una attenzione maggiore al design e all’innovazione anche con materiali di partenza non “nobili”. Il valore aggiunto lo dà la progettazione, la stampa e le finiture. In questo cambiamento ha inciso moltissimo la maggiore accessibilità di strumenti per la stampa online, che ha messo a disposizione di un bacino di creativi le competenze che una volta erano limitate al settore industriale delle arti grafiche. Il confine tra la produzione industriale e l’homemade è diventato più una questione di tirature che di tecnologie».

Paolo Organo, Product Business Developer LFG&TDS di Canon Italia, racconta come il perfezionamento di materiali e tecnologie di stampa inneschi un feedback reciproco di innovazione: «Per Canon il progetto Jjamapa è iniziato due anni fa in collaborazione con un produttore di pelle sintetica. A partire da uno dei suoi supporti – una mescola poliuretanica spalmata su ordito in tessuto di cotone e poliestere – siamo arrivati a una gamma di cinque materiali con finiture diverse ottimizzati per i device di stampa Colorado UVgel. I materiali hanno superato i test abrasione di riferimento per il mercato, mostrando una resistenza significativa al deterioramento, senza dover applicare uno strato protettivo on top, con notevole risparmio in termini di tempi di produzione. Al momento sono pensati per il mercato principale della stampa digitale diretta – il fashion in primo luogo – ma allargheremo a breve la gamma al settore arredo/ contract, con un occhio attento verso nuove opportunità nel settore nautico».

E proprio i materiali realizzati per i rivestimenti nei settori nautico e automotive sono la materia prima da cui nascono le borse ScarletVirgo, in abbinamento coi tessuti d’artista realizzati appositamente per il brand. Spiegano Céline Claire e Federico Gastaldi, fondatrice e fondatore: «Noi lavoriamo con pelle sintetica di produzione italiana realizzata per uso in ambito automobilistico e nautico: ha delle caratteristiche di altissima resistenza, ed è trattata per essere idrorepellente e ignifuga. Per la stampa ci affidiamo a GLM Printing Textile, un laboratorio di fiducia nel comasco. Tendiamo a usare con prudenza la parola “sostenibile”, ma l’impronta dei nostri prodotti è una considerazione fondamentale nel lavoro. Cerchiamo di realizzare borse e accessori che durino nel tempo, e anche le collaborazioni d’artista che portiamo avanti da più di cinque anni sono parte integrante della stessa filosofia: quando il prodotto ha qualcosa da raccontare i clienti tendono a prendersene maggiormente cura e far durare i propri acquisti».

Lo dimostra anche Sigilli Ancestrali, la capsule collection più recente di ScarletVirgo, disegnata dall’illustratrice Debora Giudici, in arte Senz’h: «Quando si tratta di una collezione illustrata la sintonia tra artista e progetto è fondamentale, perché a differenza di un lavoro di comunicazione più classico, la possibilità di esplorare temi e linguaggi personali si traduce in una forza espressiva a cui le persone rispondono». E per trasporre in maniera fedele questa forza dalle tavole ai prodotti è importante trovare i materiali giusti, come commenta Federico Gastaldi: «Realizziamo delle tirature di prova su cui studiare gli abbinamenti tra tessuto e pelle sintetica, anche giocando sulle dimensioni dei pattern: è un momento fondamentale per trovare il giusto supporto, a seconda della lucidità del materiale, della texture e dell’assorbimento di inchiostro».

Ma quando si tratta di accessori d’artista, cosa gioca a favore della scelta di usare la stampa digitale, rispetto alle altre tecniche disponibili? Risponde Paolo Organo: «La possibilità di ripetere in maniera esatta le cromie e la resa finale è uno dei punti di forza della stampa digitale. Questo permette di fare tirature singole ridotte che semplificano la gestione del magazzino – specie quando parliamo di accessori d’artista, che di norma prevedono la realizzazione di un numero limitato di pezzi disponibili per un tempo limitato – ma mantenendo costante e immutato il livello di qualità dei prodotti».

Bagful

JJAMAPA

La collezione di borse realizzata tramite le tecnologie di stampa Canon riproduce le opere realizzate con tecnica a smalto di Pasquale Nasta, artista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. La prima tiratura di circa 500 pezzi è stata commercializzata come capsule collection nei grandi magazzini Selfridges.

SCARLETVIRGO

Il brand nasce nel 2010 da Céline Claire e Federico Gastaldi. Entrambi provenienti da percorsi artistici, la loro ricerca nell’ambito della pelletteria comincia inizialmente da un lavoro sul recupero di eccedenze tessili e di magazzino, per poi focalizzarsi su accessori realizzati artigianalmente con materiali ad alta resistenza e tessuti d’artista disegnati in esclusiva per ScarletVirgo.

PATTERN THETRAVELLOVEBAG

Il marchio è nato a Bergamo nel 2016. Tutte le borse sono realizzate in pelle sintetica decorate con soggetti legati ai viaggi, rappresentati attraverso pattern raffiguranti elementi significativi del luogo. Ogni borsa è accompagnata da una breve storia che rievoca il ricordo del viaggio.

Lo conferma anche Michela Fiorendi, fondatrice di Pattern Thetravellovebag: «La stampa digitale ci consente di non dover fare eccessivo stoccaggio. Poter replicare i soggetti mantenendo la stessa resa estetica – in particolare grazie alla possibilità di fare stampa a tessuto piazzato – è fondamentale. Col piazzato i soggetti sono stampati in maniera tale da comparire in un punto determinato delle confezioni. In questo modo il posizionamento degli elementi è costante da una borsa all’altra, cosa che non avremmo potuto ottenere con una stampa a rotolo».

Ma chi è il target degli accessori d’artista? Matteo Dittadi dipinge un ritratto piuttosto preciso: «Il pubblico di questi prodotti è principalmente adulto, in particolare tra i 25 e 55 anni: adulti e giovani adulti, persone il cui gusto è meno legato alle mode e più alla ricerca di prodotti che rispondano sia alle loro esigenze pratiche che a un gusto personale che ha avuto tutto il tempo di affinarsi».

E quando si entra nell’ambito delle personalizzazioni la fascia d’età si amplia ulteriormente, fa notare Michela Fiorendi: «Sono spesso le figlie a regalare una borsa personalizzata alle proprie madri o alle nonne, o le madri stesse a gratificarsi con un regalo. Spesso il soggetto sono gli animali domestici, per cui l’articolo stampato non è più solo un accessorio ma diventa parte del proprio mondo emotivo e di affetti. Questo tipo di pubblico è disposto ad aspettare, perché il valore dell’oggetto non è la gratificazione immediata ma un acquisto che lo accompagnerà negli anni. Capita spesso che le clienti ordinino soggetti legati a un viaggio specifico prima di partire per quella stessa destinazione: si sentono parte di una comunità di persone accomunate da un certo tipo di sensibilità».

Si tratta spesso quindi di un tipo di acquisto legato all’aspetto valoriale dei propri consumi, che si traduce in pensiero progettuale, come spiega Céline Claire: «La customizzazione dei prodotti è parte della stessa idea di oggetti che devono durare: nel nostro negozio, Casa Madre, è possibile personalizzare i prodotti scegliendo da tutto il campionario di forme, colori, abbinamenti e tessuti, e offriamo un servizio post vendita pressoché illimitato. Usando pelli sintetiche molto resistenti e sostituendo le parti in tessuto le borse possono avere una vita lunghissima. Questo rispetto per il materiale comincia in fase di design, ragionando su come tagliare le pezze per ridurre al minimo

gli scarti, anche in un’ottica di economia circolare. Al momento stiamo lavorando per il riutilizzo del materiale tessile sia delle fodere che degli sfridi con un’associazione che lavora con artigiane in Marocco per creare una linea di tappeti».

Nel settore degli accessori d’artista spesso il rapporto tra i prodotti e il contesto è pensato come un’esperienza totale, e il dialogo con l’allestimento comincia dai materiali. Paolo Organo sottolinea infatti come la pelle sintetica sia un materiale sempre più utilizzato nell’indoor, sia per le sue capacità fonoassorbenti che per la resa estetica d’impatto, che rafforza il legame tra setting e prodotto.

Per la capsule collection di Tod’s dedicata al pop up store di Isetan con le illustrazioni di Andrea Tarella trovare un linguaggio comune tra i prodotti e l’allestimento site specific è stato un punto cardine: «Il progetto con Tod’s è iniziato per celebrare l’anniversario della Holly Bag, una delle borse più iconiche del marchio. L’idea era di ripercorrere la storia della borsa attraverso un video animato realizzato tramite illustrazioni dallo stile surreale. Il lavoro è proseguito per lo spazio Isetan Shinjuku, la cui particolarità è che tutti i pop-up store devono proporre una collezione legata esclusivamente a quel luogo e acquistabile solo al suo interno. Trattandosi di una collezione estiva ho elaborato una serie di design che poi sono stati riprodotti sugli accessori, nell’allestimento del negozio in un’unica immagine applicata in wrap around a tutto lo stand, sino alle vetrine e alla comunicazione».

Tarella trova che questo dialogo tra un supporto e l’altro si rifletta anche a livello di concezione progettuale: «C’è molto pensiero modulare quando si lavora su progetti simili. Per me è parte integrante del flusso di lavoro: disegno ogni elemento a mano, separatamente, perché possa essere scomposto sui vari supporti senza perdere forza espressiva».

E con l’avvento dei neomateriali sostenibili, sono sempre più numerosi i produttori di accessori d’alta gamma che propongono collezioni stampate realizzate in vegan leather ricavata da materie prime vegetali: una tela bianca per gli artisti ricavata da funghi, ananas, bucce di mela e fibre di cactus. Chissà che non possa diventare anch’essa una fonte di ispirazione.

TOD’S ISETAN CAPSULE COLLECTION

La capsule collection Tod’s disegnata da Andrea Tarella è stata realizzata per il centro commerciale Isetan Shinjuku di Tokyo. Una collezione legata esclusivamente a quel luogo e acquistabile solo al suo interno.

ScarletVirgo

Abbiamo iniziato le ricerche per questo articolo usando il termine ecopelle. Ma ben presto è emerso che questo termine non è corretto per indicare il materiale di origine non animale di cui volevamo parlare. Intorno alla pelle sintetica (nota con moltissimi altri nomi, come vedremo) ci sono ancora falsi miti, fraintendimenti, incertezze, e perfino speculazioni commerciali. Sì, perché la finta pelle, per quanto possa essere prodotta con materiali di altissima qualità, continua ad avere un valore commerciale molto inferiore rispetto alla pelle, al cuoio e a quella che legalmente si può definire ecopelle. E sono in molti ad approfittare dell’ignoranza del pubblico. In questo articolo cercheremo di fare i dovuti distinguo tra materiali naturali, artificiali, sintetici e misti. Ci concentreremo poi sul materiale prodotto dall’accoppiamento di un tessuto e una resina (con qualche eccezione); capiremo come viene prodotto e quali lavorazioni subisce. Ci interrogheremo su alcuni aspetti fondamentali da tenere in considerazione quando lo si lavora e decora: Qual è la destinazione d’uso del prodotto finito? Dove verrà usato fisicamente il prodotto finito? Che resistenze sono necessarie? Quali lavorazioni sono necessarie per arrivare al prodotto finito? Quali tecniche di decorazione posso usare? Iniziamo con un approfondimento fondamentale, visto il terreno scivoloso sul quale ci stiamo avventurando: cerchiamo di capire quali sono le definizioni corrette e le differenze tra i diversi materiali usati nel settore pelletteria, calzature, abbigliamento e arredamento come alternative a cuoio e pelle naturali. E teniamo presente che queste definizioni sono spesso usate in modo arbitrario anche tra addetti ai lavori.

La composizione della pelle sintetica

L’invenzione della pelle sintetica risale probabilmente all’Ottocento, anche se si è diffusa a cominciare dagli anni Venti del Novecento (le informazioni al riguardo non sono univoche). Di sicuro ha avuto ampia diffusione durante la Seconda Guerra Mondiale, come alternativa al cuoio naturale. Solitamente viene realizzata impregnando o spalmando un tessuto con resine viniliche o poliuretaniche. Esistono però anche finte pelli prive di supporti tessili, costituite dal solo film polimerico. La mano, la morbidezza della similpelle dipendono dal tipo di materiale plastico usato, e quindi dalle sue proprietà fisiche e resistenze, ma anche dal suo spessore. Questo per quanto riguarda le pelli sintetiche a imitazione del cuoio: e come si ottiene invece l’effetto scamosciato o nubuk? Le alternative sintetiche vengono ottenute con particolari lavorazioni generalmente della microfibra di poliestere, senza usare resine: sono di fatto materiali esclusivamente tessili – e per questo motivo non li approfondiremo ulteriormente in questo articolo. In tutti i casi i prodotti sintetici a imitazione di pelle e cuoio si presentano in rotoli, facilmente trasportabili e ulteriormente lavorabili con stampe e decorazioni successive.

I prodotti sintetici a imitazione di pelle e cuoio si presentano in rotoli, facilmente trasportabili e ulteriormente lavorabili con stampe e decorazioni successive.

Cosa c’è dietro la pelle sintetica: i materiali di supporto

I materiali generalmente usati come supporto per le pelli sintetiche sono tessuti: fibre naturali come cotone e lino, ma soprattutto poliestere e misto cotone/poliestere. Alcune aziende producono anche finte pelli con base carta, spesso usate in legatoria o nell’arredamento d’interni. La scelta del supporto dipende molto dalla qualità che deve avere il prodotto finito e dai suoi usi. Per esempio, cotoni e lini naturali vengono generalmente privilegiati per prodotti di alta qualità, mentre il poliestere viene usato per prodotti di qualità inferiore. A seconda delle necessità e delle aziende produttrici, possiamo trovare materiali di supporto sintetici riciclati, ovviamente più ecosostenibili. La scelta del supporto condiziona le lavorazioni successive in vari modi. Nel caso in cui per il capo o per il prodotto finito sia prevista una fodera, e quindi il retro non sia visibile, si può optare per soluzioni visivamente poco gradevoli. In caso contrario, bisognerà curare anche questo aspetto. Se c’è l’esigenza di avere una finta pelle con particolari proprietà elastiche, sarà bene scegliere come supporto un tessuto a maglia, o addirittura uno che contenga fibre di elastan. Come base per coagulazione e spalmatura possono essere usati anche TNT (tessuti non tessuti) agugliati e interlacciati, che sono economici ma hanno una buona stabilità dimensionale.

Simile al vero: i materiali usati per la superficie esterna

I polimeri che vengono usati per produrre la similpelle sono prevalentemente due: il PVC e il poliuretano (PU). Anche in questo caso la scelta di uno o dell’altro dipende da diversi fattori, ma la sostenibilità ambientale del processo e del prodotto è un elemento sempre più decisivo. Il PVC è estremamente duraturo, e per questo è più difficile smaltirlo e riciclarlo rispetto al poliuretano. Anche i processi produttivi del PVC sono meno sostenibili, a cominciare dal fatto che per renderlo malleabile ed elastico devono essere aggiunti plastificanti, che tendono a spostarsi sulla superficie ed entrare quindi in contatto con l’esterno (e con la nostra pelle). Per questi motivi, per prodotti di alta qualità viene generalmente preferito il poliuretano, dotato anche di resistenze e caratteristiche fisiche e meccaniche superiori. Inoltre, sono sempre più numerosi i produttori italiani di finte pelli il cui reparto di R&D lavora per produrre poliuretani sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale, come per esempio quelli derivati da particolari lavorazioni del mais, del cocco e perfino dagli scarti della lavorazione della frutta e del vino. Queste resine non sono di origine fossile, ma vegetale, e quindi l’impatto ambientale è molto minore. Le plastiche che finiscono sulla superficie delle finte pelli si possono presentare sotto forma di granuli (pellet), che devono quindi essere fusi ed estrusi per poter essere spalmati sul supporto, oppure anche sotto forma di liquidi che lo impre-

Ecopelle, pelle sintetica, similpelle (eccetera) sono la stessa cosa?

Spulciando i dizionari Treccani scopriamo che il termine ecopelle è nato nei primi anni Novanta del XX secolo. Inizialmente è stato usato per “designare un materiale artificiale di aspetto simile alla pelle, prodotto con polimeri sintetici derivati dal petrolio (quindi non ecologico), spesso di importazione”. Questo termine “ha progressivamente sostituito l’uso già affermato di similpelle e di vilpelle”, sinonimo del marchio registrato Vinilpelle. In questo momento storico, il prefisso eco- stava a significare “economico”, anche se qualcuno poteva interpretarlo come “ecologico” – dato che il prodotto non è di origine animale. Ma la normativa UNI EN 11427 del 2011 Cuoio – Criteri per la definizione delle caratteristiche di prestazione di cuoi a ridotto impatto ambientale ha stabilito che questo uso è improprio: oggi ecopelle definisce un materiale di origine animale (non sintetico, quindi) “a ridotto impatto ambientale”, il cui processo produttivo deve rispondere a specifici requisiti. Di fatto è quindi sbagliato definire ecopelle il materiale di cui parliamo in questo articolo, anche secondo la normativa italiana: la legge n. 8 del 14 gennaio 2013 stabilisce che “i termini ‘cuoio’ e ‘pelle’ e quelli da essi derivanti o loro sinonimi, anche tradotti in lingua diversa dall’italiano, sono riservati esclusivamente ai prodotti, con o senza pelo, ottenuti dalla lavorazione di spoglie di animali sottoposte a trattamenti di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, nonché agli articoli con esse fabbricati, purché eventuali strati ricoprenti di altro materiale siano di spessore uguale o inferiore a 0,15 millimetri”.

L’ecopelle è quindi un materiale di origine animale. Suoi sinonimi sono pelle ecologica, ecocuoio, cuoio ecologico, pelle a ridotto impatto ambientale, ecoleather. Oggi quindi il prefisso eco- sta a significare “ecologico”. La finta pelle invece è ottenuta rigorosamente da materiali di origine non animale. Per questo viene detta anche pelle vegana. Altre definizioni sono similpelle, vinilpelle, vilpelle, sky o skai, pelle PU (se è composta con poliuretano) o PVC (se è composta con cloruro di polivinile), pelle spalmata (da uno dei procedimenti usati per produrla). Altro materiale ancora è il rigenerato di fibre di cuoio, un materiale artificiale che si ottiene dalle fibre di cuoio derivate dalla demolizione meccanica o chimica di residui di cuoio. Viene chiamato anche rigenerato di cuoio, cuoio rigenerato o pelle rigenerata. Queste ultime due definizioni possono essere però leggermente fuorvianti, per un pubblico di non addetti ai lavori, perché possono far credere che il materiale sia naturale, quando è invece artificiale.

La normativa e l’attenzione all’ambiente

La normativa di riferimento quando si parla di similpelle è il Regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of CHemicals), in cui l’Unione europea ha regolamentato le sostanze chimiche. Il REACH impone obblighi relativi al contenuto di sostanze chimiche pericolose nei prodotti tessili fabbricati nell’UE e fuori. Nel 2018 è stato poi approvato il Regolamento UE 2018/1513 che stabilisce una restrizione nei prodotti tessili per determinate sostanze, classificate come cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione. Dal punto di vista del processo produttivo, le aziende possono decidere autonomamente di conseguire diverse certificazioni, non obbligatorie: la ISO 14001: 2005 dimostra che l’organizzazione ha un sistema di gestione in grado di tenere sotto controllo l’impatto ambientale della propria attività e cerca sistematicamente di migliorarlo; l’analisi del ciclo di vita di un prodotto (LCA, in inglese Life-Cycle Assessment) permette di quantificare i potenziali impatti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo partendo dal consumo di risorse e dalle emissioni, ed è regolamentata dalle norme ISO 14040:2006 e ISO 14044:2018.

In generale, le iniziative di controllo del processo produttivo sono lasciate alle singole aziende: nel momento della scelta di un fornitore di materiale è importante verificare quali procedure sono state adottate per ridurre l’impatto sull’ambiente. gnano. Nel caso in cui le pelli sintetiche ottenute debbano essere stampate, viene preferita una colorazione bianca. In alternativa il materiale polimerico può essere tinto in massa.

Spalmatura, accoppiatura, coagulazione

Esistono diverse tecniche per abbinare il supporto alla resina: le principali sono la spalmatura, l’accoppiatura e la coagulazione. La spalmatura può essere diretta o indiretta; in questo secondo caso è nota anche come accoppiatura. Una terza tecnica è l’impregnazione, nota anche come coagulazione. Nel caso della spalmatura diretta il tessuto viene fatto passare, teso, attraverso una macchina spalmatrice che applica il materiale polimerico con una racla. In questo caso non vengono usate colle: la resina si attacca direttamente al supporto. Il prodotto spalmato mantiene l’aspetto del tessuto di base, sul quale possono essere applicate quantità molto basse di materiale polimerico. Il risultato non è una superficie con effetto pelle o liscia; quindi, è generalmente poco adatto a lavorazioni successive come la stampa digitale. La spalmatura può però avvenire anche in modo indiretto, o transfer. Il procedimento, a

Il grande vantaggio di questo materiale rispetto al vero cuoio – e uno dei motivi per cui i costi della produzione sono molto più bassi – è che può essere stampato in modo industriale e continuo.

secco, è simile a quello che avviene nella stampa a sublimazione indiretta. La carta o il tessuto transfer per spalmatura non serve però per trasferire un’immagine al sottile strato di resina, ma una texture. A questo punto il film polimerico viene letteralmente incollato al supporto con colle solitamente a base poliuretanica. Il procedimento può avvenire a umido o a polvere (con polveri adesive termofondenti), in quelli che vengono definiti “gruppi di accoppiaggio”; la carta transfer viene poi scollata ed eventualmente riutilizzata. Le linee di coagulazione danno luogo a un processo a umido. Il supporto viene prima impregnato nel poliuretano e dopo in una soluzione di solvente (DMFA, dimetilformammide) e acqua. La coagulazione viene attivata attraverso una reazione chimica. All’uscita delle vasche di coagulazione una serie di fularde spreme il materiale, eliminando la soluzione coagulante. La coagulazione è usata soprattutto per ottenere materiali leggeri dalla mano particolarmente morbida; si possono realizzare anche materiali traspiranti e con effetti estetici che la rendono molto simile al vero cuoio.

Asciugatura, calandratura e goffratura

I materiali che escono dalle macchine spalmatrici, accoppiatrici e coagulatrici devono essere asciugati in forni ad aria speciali detti ramose. I parametri da tenere sotto controllo sono la velocità (m/min) e la temperatura delle rameuse, che dipende dal tipo di resina: il PVC ha bisogno di temperature tra 185° e 210°C, il PU tra i 90° e I 150°C. I prodotti che risultano dalla coagulazione, dopo l’essiccatura vengono smerigliati sul retro e infine riavvolti. Per ottenere la texture tipica della pelle, ma anche altri effetti tattili, il materiale viene passato attraverso calandre o cilindri per goffratura. L’aspetto naturale viene ottenuto grazie a cilindri con le tipiche “nuvolature”, che possono essere più o meno ampie, più o meno profonde, a seconda dell’effetto estetico che si vuole ottenere. Questa lavorazione viene realizzata a caldo, in modo da termoformare il materiale (sia PVC che PU sono materiali termoplastici).

La decorazione analogica e digitale

A questo punto la finta pelle può essere decorata e stampata, digitalmente e non. I rotoli possono essere preparati con speciali pretrattamenti che servono ad aumentarne l’adesione, la bagnabilità e le resistenze, a seconda del tipo di lavorazione e delle chimiche d’inchiostro che verranno usate. Il grande vantaggio di questo materiale rispetto al vero cuoio – e uno dei motivi per cui i

Piccolo glossario dei materiali, delle proprietà e delle tecnologie

ARTIFICIALE

Materiale creato a partire da materiali naturali, elaborati attraverso un processo chimico.

FOULARDA, FOULARD O FULARDA

Strumento usato nel settore tessile per strizzare il tessuto; è composto da due rulli dalla distanza e pressione regolabili.

MANO

Aspetto tattile del materiale: può essere morbida o rigida, liscia o ruvida. È un termine mutuato dal settore tessile.

NUVOLATURA

Effetto decorativo simile a un insieme di nuvole; viene usato per descrivere la trama naturale sulla superficie della pelle, che viene imitata nella pelle sintetica.

RACLA

Barra o lama metallica che viene usata per spalmare in modo uniforme un materiale vischioso su un supporto, come per esempio un inchiostro su un cilindro inchiostratore.

RAMOSA O RAMEUSE

Particolare tipo di forno usato nel settore tessile, che serve ad asciugare il rotolo in continuo tramite aria calda.

SINTETICO

Materiale creato a partire da materiali non naturali, attraverso un processo di sintesi chimica.

TERMOPLASTICITÀ

Proprietà di un polimero da acquistare plasticità (passando a uno stato viscoso, e quindi formabile), all’aumentare della temperatura, in modo reversibile.

TNT O TESSUTO NON TESSUTO

Prodotto industriale simile al tessuto, ottenuto però da procedimenti diversi rispetto alla tessitura e alla maglieria. Le fibre non sono disposte in modo ordinato, ma casuale.

costi della produzione sono molto più bassi – è che può essere lavorato in modo industriale e continuo, dato che si presenta sotto forma di rotoli, con scarti minimi. Nel caso in cui i rotoli siano di dimensioni e peso notevoli sono necessari avvolgitori e svolgitori speciali. Tra le tecniche di decorazione tradizionali abbiamo la serigrafia, la tampografia, la flessografia, la stampa a quadri e a rotocalco. Per quanto riguarda la stampa digitale, le tecnologie d’inchiostro più usate sono l’UV e UV LED e la tecnologia latex, benché venga usato anche l’ecosolvent. Tutti questi inchiostri permettono una buona resa colore e buone resistenze. A seconda della composizione chimica possono essere più o meno performanti: per questo motivo è necessario avere presente la destinazione d’uso del prodotto finito. Solitamente l’UV e UV LED hanno buone resistenze superficiali e una buona coprenza, che però non sempre vanno di pari passo con l’elasticità, e per questo possono essere poco indicati nel caso in cui il prodotto finito debba subire piegamenti ripetuti. Il latex ha una coprenza solitamente inferiore rispetto all’UV, ma essendo a base acqua è più ecosostenibile, e ha un’ottima elasticità (caratteristica fondamentale quando si pensa alle lavorazioni successive che deve avere la pelle sintetica: piegatura, taglio, cucitura).

In generale, possiamo dire che non esiste la chimica d’inchiostro perfetta in ogni occasione, ma sta all’esperienza dello stampatore determinare quale sia la soluzione migliore sulla base del prodotto che deve essere realizzato. In alcuni casi è possibile lavorare le pelli sintetiche con particolari post-trattamenti protettivi che agiscono, come i pretrattamenti, sulle resistenze. C’è un ulteriore aspetto da tenere in considerazione: sulla base dell’inchiostro o della vernice scelti si può avere la possibilità di nobilitare o meno il prodotto finito con hot foil. Di solito si sceglie di tenere in macchina inchiostri sovrastampabili, per motivi pratici. Nel caso in cui siano necessarie resistenze chimiche o meccaniche superiori, si può passare a quelli non sovrastampabili. Altri tipi di nobilitazioni sono le verniciature totali, o parziali.

Sta all’esperienza dello stampatore determinare quale sia la soluzione migliore sulla base del prodotto che deve essere realizzato.

Contributo tecnico e scientifico di Giuseppe Bosio (esperto tessile) Massimo Iafrate (Marketing Manager, NGW Group) Marco Musuruana (Chief Technology Officer, Fiscatech) Marco Scatto (Polymer Scientist) Anna Laura Biscaldi e Giuseppe Bocca (Product Manager, Giardini)

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