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Guardare all’inverso per vedere il mondo che cambia
a cura di: Diego Giorio
Responsabile Servizi Demografici ed Elettorali del Comune di Villanova Canavese (TO)
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Cara Rosita,
ricordo che col primo abbozzo del testo del 2011 avevo previsto una parte di introduzione ed una di conclusione, ma ben presto scegliemmo di condensare tutta la mia parte all’inizio, così da lasciare lo spazio finale alla tua Annotazione a margine, che allora chiudeva ogni numero della Rivista.
Oggi tu non sei qui con noi ed il tuo acume e la tua sensibilità nel cogliere e commentare i mutamenti della società e della Pubblica Amministrazione mi mancano, come credo manchino a molti lettori, almeno a quanti ci seguono da prima del 2015.
Da qualche anno ho preso il tuo posto, con uno stile diverso e con un titolo diverso, perché Annotazione a margine era una tua creatura ed è giusto che si sia chiusa con te. Però il senso è sempre quello di allora, quello che avevate colto con l’altrettanto rimpianto Avvocato Arena, ovvero una rubrica di chiusura destinata a guardare alla Pubblica Amministrazione, agli utenti, alla società civile in continua evoluzione, con un taglio non dottrinale, con spontaneità e ironia, per avere la libertà di cogliere l’attimo, di commentare l’atmosfera, di parlare di una norma o di un procedimento senza analisi giuridica e senza attendere la circolare esplicativa, come si potrebbe fare in un gruppo di amici. Mi piace pensare che avresti approvato il titolo della nuova rubrica, che avresti sorriso di fronte all’ironia di certe norme e situazioni, che avresti scosso la testa davanti a certe assurdità del legislatore, che ti saresti unita a me nel guardare all’inverso i nostri sportelli. Perché, in fondo, era quello che facevano anche i tuoi articoli, che hanno seguito l’evolversi della società civile e della normativa con schiettezza e umorismo.
In questi anni abbiamo visto tante trasformazioni nel nostro lavoro, ma anche nelle nostre famiglie, nella Rivista, nel mondo intero. Leader e partiti hanno avuto il loro momento di notorietà e sono caduti. Guerre sono state iniziate, combattute e sono cessate. Disastri naturali e delitti dell’uomo hanno riempito le cronache dei giornali, leggi sono state introdotte e abrogate, cittadini sono nati, morti, si sono sposati e separati, sono immigrati e sono ripartiti.
Immagino che anche tra i lettori in questi dieci anni solo pochi non abbiano visto nascere un figlio o un nipote, non abbiano perso qualcuno, non abbiano trovato o perso amici, non abbiano avuto figli che hanno iniziato o terminato le scuole, trovato o perso un lavoro, un coniuge, un’opportunità. È il naturale corso della vita, che ci troviamo ad osservare dai nostri sportelli, sia guardati direttamente che osservati all’inverso, sia che guardiamo alle pratiche come impiegati, che devono
analizzare con l’occhio del burocrate, sia come utenti, aspettandoci gli stessi miracoli che ci chiedono i nostri cittadini.
Guardare all’inverso significa anche guardare al passato per cercare di comprendere il futuro, scoprire la storia per attingere alla sua millenaria esperienza e tentare di delineare le tendenze future. Perché, alla fine, l’umanità è rimasta sempre la stessa, con i suoi pregi, la sua voglia di progredire, la sua ambizione ad un mondo migliore di quello di oggi, ma anche con i suoi difetti, le sue gelosie, i suoi individualismi, la tendenza a prevaricare ed a cercare di conquistare un posto al sole anche con la violenza. Non ci saranno più le lance, ma i missili, non ci saranno più i venditori di olio di serpente, ma le mail di phishing, però il mondo che ci troviamo a descrivere ora è lo stesso che hai iniziato a descrivere tu tanti anni fa su queste stesse colonne.
Ci preoccupiamo di lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni, che però riteniamo essere più superficiali, meno propense al lavoro ed al sacrificio, meno solide di quanto siamo noi. Al termine dei lockdown per covid sembrava che i giovani avessero come unico obiettivo quello di uscire a divertirsi, dimostrando scarso senso di responsabilità, ignorando o deridendo i consigli dei più anziani e più saggi.
Eppure Platone, circa nel 400 a.C., scriveva «Oggi il padre teme i figli. I figli si credono uguali al padre e non hanno né rispetto né stima per i genitori. Ciò che essi vogliono è essere liberi. Il professore ha paura degli allievi, gli allievi insultano i professori; i giovani esigono immediatamente il posto degli anziani; gli anziani, per non apparire retrogradi o dispotici, acconsentono a tale cedimento e, a corona di tutto, in nome della libertà e dell’uguaglianza, si reclama la libertà dei sessi», mentre una tavoletta rinvenuta a Babilonia, risalente a circa 3000 anni fa, lamentava: «Questa gioventù è guasta fino in fondo al cuore. Non sarà mai come quella di una volta. Quella di oggi non sarà capace di conservare la nostra cultura...».
Dunque nulla di nuovo sotto il sole, anche per questo ha senso uno studio storico, ma almeno nella Pubblica Amministrazione qualche novità è arrivata, non solo in termini di burocrazia o di tecnologia, ma di approccio nei rapporti con il cittadino, con norme sulla trasparenza, sulla pubblicità degli atti, sulla conclusione espressa in tempi certi, per cui la famosa scena di Benigni in La vita è bella: «...scusi sa, ma ci vorrebbe una firmetta sua per aprire ‘na libreria mia...» in tempi moderni non dovrebbe più avere ragione d’essere.
Allora, cara Rosita, lasciami pensare che queste righe siano anche una tua Annotazione a margine del mio lavoro, che abbiano la tua approvazione e la tua supervisione, cosicché continuino a guardare all’inverso non dal 2015, ma dal 1988, quando aveva avuto inizio la tua rubrica, alla quale le mie righe danno continuità, pur nella novità di stile e di argomenti.