S T E FA NO
C HI O R RI
MAR T INICA
GIO R A
VOLEVAMO ARRIVARE A SANTIAGO
VOLEVAMO ARRIVARE A SANTIAGO
TESTI E FOTO: STEFANO CHIORRI e MARTINICA GIORA E’ VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE DELL’OPERA. TUTTE LE FOTO ED I TESTI SONO DI PROPRIETA’ DEGLI AUTORI. SCRITTO e STAMPATO SETTEMBRE 2019
PER INFORMAZIONI E CONTATTI SCRIVERE A: stefano.chiorri@gmail.com VIAGGIO REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON
VOLEVAMO ARRIVARE A SANTIAGO
STEFANO
MARTINICA
ELENA SOFIA
GINEVRA
“Volevamo arrivare a Santiago” è il racconto, a volte comico, del tentativo poco convinto di giungere là dove terminano le fatiche dei tanti pellegrini che, dopo il lungo cammino arrivano al cospetto delle spoglie di San Giacomo. Noi volevamo arrivare ma non ci abbiamo mai creduto abbastanza. Così, partiti poco convinti, ci siamo fatti distrarre dalle mille meraviglie di una Spagna inedita ed a tratti sconosciuta finendo su strade improbabili e luoghi abbandonati. E’ proprio quell’altrove che da sempre ci attira, scoprire quei luoghi non preventivati ed a volte sconosciuti dove si arriva solo sbagliando strada. Il nostro viaggiare è anche questo, improvvisazione e brusche virate alla ricerca di quel qualcosa che a volte non trova nemmeno posto sulle guide turistiche. Alla fine questa la Spagna ci ha entusiasmato, quella dei luoghi improbabili, dei silenzi delle Bardenas, del castello di Olite, della cattedrale di Burgos ed i Picos de Europa. Nel nostro lungo, ma per certi versi, breve viaggio abbiamo attraversato un paese diverso, spesso, in completa solitudine percorrendo strade vuote, inerpicandoci su montagne improbabili e visitando luoghi fuori dal tempo, senza dimenticare i Pireni Francesi, montagne in grado di emozionare per la loro altera bellezza, spartiacque tra due paesi così diversi eppure entrambi bellissimi. Volevamo arrivare a Santiago e non ce l’abbiamo fatta, fortunatamente siamo arrivati altrove.
TESTO: STEFANO CHIORRI FOTOGRAFIE: MARTINICA GIORA STEFANO CHIORRI
VOLEVAMO ARRIVARE A SANTIAGO
SOMMARIO 1 UN INIZIO PIOVOSO 4
9 L'OCEANO 56
2 CAMBIO DI PROGRAMMA 6 10 PAESI BASCHI MA NON TROPPO 66 3 INIZIANO LE DANZE 8 11 RITORNO IN ARAGONA 4 MONTAGNE VERE 12 5 BIENVENIDO A ESPANA
20
6 ALLA CONQUISTA DEL WEST 7 SCRITTO NELLA PIETRA
82
13 IN VIAGGIO VERSO CASA
26
42
8 SACRO & PROFANO
12 CANYON, CASTELLI E TAPAS
14 DOVE OSANO LE AQUILE
88
90
15 SI CHIUDE IL CERCHIO
50
74
16 CONSIDERAZIONI FINALI 94
92
SABATO 18 Maggio GIORNO 0
UN INIZIO PIOVOSO RIMINI - TOSCANELLA - TORTONA
l
l SANTIAGO l l l
13 CASTRES
9 SANTANDER
8 FUENTE DE
l
l
10 GATXELUGATZE 4 GAVARNIE
7 BURGOS
5 OLITE
l l l l
l
l
3 FOIX
12 JACA 11 SANGUESA 6 ARGUEDAS
l
l
2 REMOULINS
km 342
1 TORTONA
14 COLLE DELLA MADDALENA
l
15 TOSCANELLA
l
RIMINI
0 - UN INIZIO PIOVOSO
E’ una fredda sera d’inverno quando matura la decisione di tentare una nuova avventura. L’idea di riprovare il viaggio in camper. Si tratterebbe di una specie di scommessa perchè la prima volta non eravamo stati particolarmente fortunati, con un meteo che si era rivelato piuttosto avverso. Quella volta la nostra meta, la Bretagna, era rimasta per noi terra incognita con un continuo susseguirsi di temporali e tempeste di vento che non ci aveva permesso di scoprire quella parte di Francia affacciata sul mare. Riprovarci è quindi una vero proprio salto nel buio, un atto di fede che decidiamo di tentare perchè la nostra voglia di camper non è mai venuta meno. D’altronde quello che non ci manca di certo è lo spirito di avventura e la voglia di rimetterci in gioco. Per il noleggio decidiamo di rivolgerci ad una nota azienda di Rimini che, pur non essendo proprio dietro casa, ci sembra proporre le migliori condizioni di noleggio per il nostro caso. Ci rechiamo un paio di volte presso la loro sede per esporre le nostre esigenze e valutare le varie opzioni di noleggio e rimaniamo favorevolmente impressionati dalla disponibilità e la professionalità avendo un’esperienza pluridecennale nel settore. Gli illustriamo il nostro progetto di viaggio, ancora sommariamente abbozzozzato e viste le nostre intenzioni ci consigliano un veicolo grande, molto bello, con tanti confort. Certo, ci rendiamo immediatamente conto che si tratta di un veicolo dalle dimensioni generose ma che almeno ci permetterà di vivere questo viaggio più comodamente. Sicuramente sarà un vantaggio dal momento che, dalla nostra ultima esperienza, la famiglia si è ulteriormente ampliata e se in Bretagna eravamo in tre, questa volta saremo in quattro, nella speranza che non si tratti di un’esperienza troppo stancante per le nostre piccole pesti. Una volta scelto il veicolo e firmato il contratto non ci resta che attendere il giorno della partenza che, per fortuna, si avvicina velocemente in un maggio camuffato da inverno. Il meteo preoccupa ma ormai siamo in ballo e siamo ben decisi a godere di ogni momento della nostra tanto desiderata vacanza. Dob-
biamo solo incrociare le dita e sperare che tutto vada per il meglio. Abbiamo studiato tutta una serie di luoghi da visitare, senza stabilire un percorso in maniera rigida ma cercando di essere il più possibile flessibili in previsione di un meteo che, abbiamo visto, resterà incerto per diversi giorni. Parto da solo alla volta della riviera Romagnola, Rimini sud è un centinaio di chilometri da casa, se vogliamo vedere quella parte di bicchiere mezzo pieno, potrei dire che causa maltempo l’autostrada è sgombra ed il traffico di conseguenza scorrevole. Almeno in questo sembro essere stato fortunato, tutto il resto non promette molto bene. I ragazzi della Meteor sono stati efficentissimi e quando arrivo il camper è già in bella mostra, schierato sul piazzale, quasi fosse sulla linea di partenza. Svolte le ultime formalità, prendo le chiavi le inserisco, giro e parto. Sono finalmente il padrone del vapore, Alea iacta est, ora non si può più tornare indietro. E’ ora di puntare verso Toscanella e dare inizio all’avventura. Una volta arrivato a casa, faccio una breve sosta per caricare tutti i bagagli, le biciclette e tutto l’occorrente per il viaggio. Naturalmente sale a bordo anche tutto il resto dell’equipaggio composto da Mamma: Martinica, nominata navigatore senza bussola ed i due mozzi Elena Sofia e Ginevra. Prima che giunga sera siamo già in strada pronti a vivere questa nuova avventura. Puntuale, la pioggia ci raggiunge non appena abbiamo fatto ingresso in autostrada e sembra ci voglia accompagnare per tutta la sera. Purtroppo la prima parte del viaggio va così, sotto una pioggia e fastidiosa che ci tiene compagnia, se così si può dire, fino alla nostra prima sosta che facciamo, in un anonimo autogrill, da qualche parte nella pianura tra Piacenza e Alessandria. Le bimbe dormono, crollate per la stanchezza già da diversi chilometri e quando decidiamo di fermarci troviamo parcheggio tra i numerosi camion in sosta. Una volta sistemato tutto per la notte, il sonno non tarda ad arrivare ed in men che non si dica scivoliamo in un sonno profondo. Termina così il primo giorno di viaggio.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
5
DOMENICA 19 Maggio 1° GIORNO
CAMBIO DI PROGRAMMA TORTONA - REMOULINS
km 206
1 - CAMBIO DI PROGRAMMA
Al mattino ci svegliamo in un parcheggio ormai desolatamente vuoto sotto l’immancabile cielo plumbeo ancora carico di pioggia. Lasciamo l’autostrada ad Asti, diretti verso le Alpi Marittime e quel colle della Maddalena dove abbiamo deciso di entrare in Francia. La pioggia continua ad essere la nostra sgradita compagna di viaggio anche durante questa domenica mattina, celando ai nostri occhi i primi panorami alpini. Superato Cuneo imbocchiamo la strada verso il colle, la sede stradale è larga e la marcia agevole. La strada non è troppo impegnativa, sale gradatamente fino ad Argentera dove ci troviamo di fronte al muro finale. Qui ci troviamo ad affrontare gli ultimi tornanti dove la strada si fà più scontrosa e si inerpica ripidamente prima di tornare ad essere più dolce appena prima di raggiungere il confine di stato. Sotto il cartello, dove l’Italia diventa Francia, facciamo una breve sosta ai duemila metri che serve anche a concedere un pò di respiro alle bimbe che hanno sofferto non poco nell’ultimo tratto di strada. Finora le cose non sono affatto andate come avremmo voluto, le tante curve e il brutto tempo non ci hanno agevolato in questa prima parte di viaggio anche se, ora, la pioggia sembra aver deciso di mollare un pò la presa. E’ solo un’illusione, è vero che di pioggia ne cade meno ma quassù veniamo accolti la neve. Questo anomalo mese di maggio non finisce mai di stupire, il panorama tutto intorno al passo, infatti, è coperto da un delicato manto bianco che ci regala emozioni fuori stagione. Rimesse in sesto Elena e Ginevra decidiamo di ripartire, da qui in poi, la strada verso la Francia sarà tutta in discesa. Entriamo in Val d’Ubaye nel dipartimento dell’alta Provenza e il sole sembra voler far capolino tra la spessa coltre di nuvole ma, come ben presto scopriamo, sarà solo un’apparizione fugace. Nel breve volgere di qualche minuto torna a farci compagnia la pioggia, insistente e fastidiosa come e più che in Italia. Incrocio lo sguardo di Martinica ed intuisco i suoi pensieri e sviando il discorso cerco di cambiare argomento anche se, intimamente, devo ammettere che finora la fortuna non è
stata dalla nostra parte. Bisogna avere fede ed essere saldi nei propri propositi, mai disperare e tenere la barra a dritta. Ci sono momenti in cui tentennare non solo non è possibile ma non è nemmeno ammesso. Forza e coraggio, bisogna afferrare il toro per le corna e cercare di contrastare la sorte avversa. Facile da dire ma nella reltà il discorso è un pò più complesso e le conseguenze sono subito sotto i nostri occhi, infatti causa maltempo siamo costretti a rivedere i nostri piani. Facciamo un breve sosta,giusto il tempo per un vertice d’emergenza. Abbiamo bisogno di schiarirci le idee consultando i vari siti meteo. La decisione che scaturisce è presa a maggioranza con il tacito assenso delle bimbe che tra un gioco e l’altro sembrano del tutto ignare della situazione drammatica che ci troviamo ad affrontare. Il nuovo piano prevede un ulteriore sforzo per puntare direttamente verso l’assolata Spagna. Speriamo, in questo modo, di lasciarci alle spalle il cielo scuro ed il tempo autunnale che finora sembra averci seguito quasi fosse la nostra ombra. Il secondo giorno trascorre così, come una lunga tappa trasferimento che ci porta fino oltre la città di Nimes, con le bimbe a bordo non possiamo spingere troppo. Fare tappe lunghe, senza soste, sta causando un certo nervosismo a bordo e così quando troviamo un area camper decente ma soprattutto libera decidiamo di fermarci per passare la notte. Domani, speriamo, sarà un giorno migliore.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
7
LUNEDI’ 20 Maggio 2° GIORNO
INIZIANO LE DANZE REMOULINS - FOIX
km 307
2 - INIZIANO LE DANZE
Della seconda notte ricordiamo gli scrosci di pioggia anche se al mattino tutta la furia del maltempo sembra essersi quasi del tutto esaurita. Siamo fiduciosi, abbiamo la convinzione di essere al punto di svolta e fortunatamente tutto sembra voler supportare la nostra speranza, infatti una volta in marcia il cielo comincia ad aprirsi, l’aria temperata del mediterraneo sembra avere la meglio. Tutto sembra farsi più sereno, complice anche un vento teso che spira da nord ovest e spazza via tutte quelle nuvole che non volevano darci tregua. Siamo tutti più sollevati e quando i cartelli ci indicano che siamo in prossimità del confine spagnolo, svoltiamo e puntiamo verso Carcassone. Con il tempo che finalmente volge al bello è tempo di iniziare a vivere la vacanza. Carcassonne, con la sua spettacolare cinta muraria, è senzaltro una città che merita una visita. Noi contravvenendo a quanto appena affermato, proseguiamo oltre dal momento che avevamo già avuto il piacere di visitare la città in un nostro precedente viaggio, quindi ci dirigiamo verso l’interno, verso quei Pirenei che fanno da cornice all’orizzonte verso occidente. Alcune persone soffrono per la lontananza dal mare, a me e Martinica la vista delle montagne riesce a metterci di buonumore, così quando iniziamo a scorgere le scintillio della neve sui pendii montani capiamo di essere quasi giunti presso la nostra prima destinazione del viaggio. Non doveva andare così ma visto il meteo il nostro viaggio inizia più ad occidente. Nei pressi di Foix svoltiamo per una stretta stradina che si inerpica tra i boschi. Percorriamo qualche chilometro e giungiamo in un parcheggio immerso tra gli alberi dove finalmente fermiamo il camper. Finalmente si inizia a fare sul serio e quarantotto ore dopo la partenza possiamo dare inizio alle danze. Vestiti di tutto punto acquistiamo i biglietti e ci avviamo ad esplorare il fiume sotterraneo di Labouiche, il corso d’acqua navigabile più lungo d’Europa. Ci avventuriamo per una stretta
e ripida scala scavata nella roccia, scendendo per diversi metri. Concrezioni calcaree ornano alcune sale laterali ma questo è solo all’inizio, infatti per raggiungere il fiume bisogna scendere ancora diversi metri su scivolossisimi gradini. Con Ginevra sulle spalle e Elena che affronta gli scomodi ed alti gradini, non è proprio una passeggiata raggiungere la sponda dove ad attenderci troviamo una piccola barca. Il corso del fiume non è molto ampio ma lo è abbastanza, affinchè, delle basse imbarcazioni in metallo possano navigare mosse, questa è un’altra particolarità, dalla forza dell’uomo. Un lungo cavo d’acciaio ancorato alle pareti funge da guida ed i nostri accompagnatori, come moderni traghettatori sull’Acheronte, trainano la barca a forza di braccia. Un compito arduo ma senza altra soluzione dal momento che, nello stretto budello sotterraneo, non c’è la possibilità di usare remi. Forti dell’esperienza accumulata negli anni, anche nell’oscurità, le nostre guide evitano abilmente gli ostacoli anche in quei punti dove si passa con fatica. L’esperienza è affascinante, fuori dal tempo ma questa visita piuttosto inusuale è purtroppo ripetutamente interrotta dal pianto delle nostre bimbe che non sembrano apprezzare troppo gli angusti ambienti sotterranei, con l’aggravante che, nel chiuso della grotta, ogni piccolo suono o rumore rimbomba provocando ulteriore spavento. Inutile dire che, non essendo da soli, questa situazione ci provoca un leggero imbarazzo ma ormai siamo in ballo e non ci resta che provare ad inventarci una qualsiasi cosa pur di cercare di distrarle. Dopo circa un’ora ed aver percorso quasi un chilometro e mezzo torniamo a rivevedere il cielo azzurro. Alla vista del bosco Elena e Ginevra cambiano immediatamente umore e tornano a sfoggiare il loro solito sorriso. Martinica, invece, è rimasta entusiasta del nostro giro nell’antro sotterraneo e questo mi rende felice perchè finora è, volontariamente, rimasta all’oscuro di quasi tutto il percorso di viaggio in modo che per lei ogni tappa possa essere una sorpresa. Una volta riemersi ci dirigiamo verso Foix per sostare al Camping du lac e fare una
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
9
2 - INIZIANO LE DANZE
breve passeggiata lungo il fiume. Soste così ci permettono di sistemare il camper, fare le pulizie e gli opportuni rifornimenti in tutto relax. Dopo quarantottore ore di viaggio ora finalmente c’è un clima più rilassato ed il parco giochi del campeggio di-
10
venta terreno di divertimenti per le bimbe costrette per troppo tempo a bordo, così il tardo pomeriggio è tutto per loro e le lasciamo libere di scatenarsi e sporcarsi in tutta libertà, in fondo, sono state fin troppo brave e se lo meritano.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
11
MERCOLEDI’ 22 Maggio 3° GIORNO
MONTAGNE VERE Foix - <Tarbes - Gavarnie Km 230
3 - MONTAGNE VERE
Ricorderemo sempre la sosta a Foix con piacere, da qui in avanti, possiamo dire di aver iniziato veramente la nostra vacanza. Al mattino ripartiamo più freschi e riposati, sotto un cielo di un azzurro splendente. Puntiamo verso nordovest attraverso una campagna francese che sembra essere stata dipinta con colori vivaci, quasi eccessivi. Quelle pioggie di maggio che ci hanno accompgnato finora ci hanno regalato fiumi gonfi d’acqua e prati di un verde smeraldo. Facciamo una breve tappa a Tarbes, giusto il tempo per un francesissimo McDonald. Tarbes non ci impressiona in maniera particolare ma è proprio qui che cambiamo il nostro modo di viaggiare in camper. Come un’illuminazione decidiamo di viaggiare il pomeriggio per raggiungere le nostre destinazioni nel tardo pomeriggio, riservando al mattino successivo la vista del luogo. Non ci avevamo mai pensato e spesso avevamo inseguito le nostre mete senza mai visitarle come avremmo voluto. Tarbes rimarrà nei nostri ricordi più per questo cambiamento più che per le architetture della città che non ha nulla di particolare. Non voglio pensare che questa illuminazione ci abbia colto in vista della prossima tappa: Lourdes. In realtà nella famosa cittadina Francese non avevamo previsto nulla, saremmo stati solo di passaggio ma alla fine, pur non essendo dei cattolici praticanti, un giro per la città proviamo a farlo ma, trovando grandi difficoltà nel parcheggio, preferiamo andare oltre per raggiungere quella che avevamo deciso essere la prossima tappa. Risaliamo una stretta e spettacolare valle incisa profondamente negli eoni dal gave de Pau. Superato il bivio che conduce a Cauterets, la strada che risale la valle è, letteralmente, aggrappata alle pareti della montagna e possenti reti metalliche e gabbie di protezione proteggono la carreggiata dal pericolo di caduta massi. Meglio non pensare alla sola eventualità che qualche pietra instabile possa cadere proprio al nostro passaggio. Su una strada così tortuosa siamo costretti a procedere a velocità ridotta sperando di non incontrare altri veicoli che procedano in senso opposto. Più di qualche volta
mi domando chi ce l’ha fatto fare di infilarci su questa strada con un percorso degno di una mulattiera. Ogni curva è un incubo, con rocce sporgenti ed in bilico sulla strada che spesso giungono a sfiorare il camper. Mamma mia, se potessi tornerei indietro lo farei ma la curiosità ci spinge ad andare sempre avanti. In fondo una curva percorsa è sempre una curva in meno: prima o poi dovranno finire. Martinica mi guarda ed io sò cosa sta pensando, quindi, se possibile, guido con ancora più attenzione del solito. Per diversi chilometri sono e siamo in tensione, fino a quando, a pomeriggio inoltrato, giungiamo finalmente a Gavarnie. Il paesino è poco più di una manciata di case dove la valle si stringe quasi a voler impedire il deflusso del fiume. Gavarnie è un paese geneticamente modificato, un borgo originariamente legato alle attività della pastorizia che oggi vive di turismo. Da qui, infatti, partono molti sentieri che conducono al famoso Cirque de Gavarnie che possiamo ammirare ancora parzialmente innevato in fondo alla vallata. Lo spettacolo è notevole e quindi con entusiasmo e trepidazione ci accingiamo a cercare una sistemazione tranquilla per il camper. Passiamo la notte nel parcheggio proprio sopra il paese, in compagnia di una manciata di avventurieri finiti, forse per errore, come noi fin quassù.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
13
MERCOLEDI’ 22 Maggio 4° GIORNO
LO SPETTACOLO DU CIRQUE GAVARNIE - LARUNS
km 105
4 - LO SPETTACOLO DU CIRQUE
Al mattino ci svegliamo sotto un cielo grigio che, fortunatamente, con il trascorrere del tempo si fa sempre più azzuro. Per un pò abbiamo temuto per il meteo anche se tutte le previsioni preannunciavano una giornata senza nubi. Questa volta dobbiamo dire che il meteo ha avuto ragione, la giornata è magnifica, ideale per un’escursione e risalire la spettacolare valle glaciale che termina nel grande anfiteatro naturale dove ghiaccio, roccie e cascate d’acqua contribuiscono a creare uno scenario unico. Altissime pareti rocciose precipitano da altezze vertiginose mentre colate di ghiaccio resistono tenacemente aggrappate alla roccia, nonostante il caldo ormai inizii a farsi sentire. Uno scenario maestoso. Trovarsi al cospetto di queste grandi cattedrali di pietra incute un timore quasi reverenziale, un sorta mistico rispetto e noi restiamo sempre affascinati di fronte a simili spettacoli della natura. Tutto in montagna ci sembra poesia, basta avere la volontà e la pazienza di cercare il contatto e la sintonia con un ambiente che, ci piaccia o no, non possiamo dominare. Nascosto nell’ombra avvolgente delle rocce, nonostante sia mattina inoltrata, un piccolo torrente di montagna si lancia nel vuoto dall’alto dell’anfieteatro naturale, polvezziandosi prima di finire sulle rocce sottostanti. E’ la grande cascata, ancora un rivolo d’acqua, che si perde nell’aria del mattino ma che, con l’avanzare della stagione e lo sciogliersi delle nevi, diventerà sempre più imponente e spettacolare. L’acqua del disgelo, con due grandi salti, precipita per oltre quattrocento metri prima di perdersi nel nevaio sottostante. Onore alla montagna e alle emozioni che suscita nei nostri cuori, a lei andrà sempre il nostro più grande rispetto per tutte le sensazioni che riesce sempre a darci, in tutte le stagioni dell’anno. La giornata è spettacolare, faticosa ma bella, Elena nello zaino ormai è diventata un fardello forse troppo pesante anche per le spalle robuste e generose di papà. Il tempo è un nemico implacabile per tutti e così quando giungiamo all’ultimo strappo in salita, quando in vista della nostra meta finale è richiesto l’ultimo grande sforzo,
sono costretto a chiederle il piccolo sacrificio di percorre l’ultimo tratto con le sue forze, le mie probabilmente le ho lasciate qualche metro più a valle. Qualche chilo in più ed il tempo che passa sono avversari troppo forti affinchè possa contrastarli. Un pò sono dispiaciuto, nonostante la fatica, portare le bimbe sulle spalle era stato sempre un piacere che mi sono accollato volentieri. Martinica invece procede tranquilla con Ginevra che, di tanto in tanto, sonnecchia, cullata e protetta sulle spalle di mamma. Questo è il nostro primo contatto con questi monti, non conoscevamo i Pirenei e siamo sempre stati affezionati alle nostre amate Alpi ma dobbiamo confessare che si è trattata davvero di una piacevole sorpresa. Montagne maestose, non figlie di un dio minore. Valli profonde, alte pareti, fiumi impetuosi ricchi di acque spumeggianti, alti passi e picchi innevati, e sapere che c’è sempre tanto mondo da esplorare e capace sempre di stupire ed affascinare ci rassicura. A noi piace così, pagare i viaggi con la moneta della fatica, merce che vale sempre più di quanto si è speso. Mangiamo al cospetto di un grande nevaio, quel che resta delle valanghe cadute in inverno e primavera, poi quando il sole è alto nel cielo decidiamo che è meglio rimettersi in cammino se non vogliamo rischiare di fare troppo tardi. Di buon passo, nel primo pomeriggio siamo già di ritorno al camper pronti per partire alla volta della Val d’Ossau, nostra prossima tappa. Pernottiamo a Laruns combattendo una fastidiosa invasione di mosche che, dopo aver molestato per l’intero giorno le placide mucche al pascolo nei pressi del camping, sembrano aver deciso, tutte insieme, di trascorrere la notte nel nostro camper. Infatti, colpevolmente, abbiamo lasciato socchiusa la porta durante la cena favorendo l’invasione dei molesti insetti. Per ripristinare una situazione accettabile, siamo costretti a combattere una dura battaglia che comunque riusciamo, faticosamente, a vincere. Terminata la battaglia, possiamo finalmente rilassarci ed abbandonarci tra le braccia di morfeo.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
15
L’Hotel du Cirque accoglie igli escursionisti quando questi giungono al cospetto delle grandi pareti. Sulla sinistra precipitano le acque della grande cascata. L’hotel è il luogo ideale per concedersi una pausa e godersi il panorama. Da qui il sentiero prosegue fino alla base delle pareti ma il rischio valanghe in primavera è estremamente elevato
18
Giovedì 23 Maggio 5° GIORNO
BIENVENIDOS A ESPANA LARUNS - OLITE
km 206
21
5 - BIENVENIDOS A ESPANA
La mattina arriva con il sole che accarezza il nostro camper, così di buon’ora, dietro suggerimento della titolare del campeggio, decidiamo di raggiungere le Plan de Benou dove ci concediamo un giro in bicicletta tra mandrie di mucche al pascolo e cavalli al galoppo. Le bimbe sono con noi, attrezzate di tutto punto con i loro seggiolini ed i caschetti in tinta. Facciamo qualche pedalata, raggiungendo ameni pascoli in quota dove ci dissetiamo presso un fontanile. Ci concediamo qualche minuto di tranquillità scattando foto dopodichè siamo costretti ad un frettoloso rientro, entrambe le piccole sono crollate dal sonno, coccolate dal continuo saltellare delle ruote sulle strade sterrate. Al nostro rientro troviamo il nostro camper sotto attacco, assediato da una mandria di bovini impertinenti che nel loro lento caracollare tra i pascoli hanno ben pensato di stringersi tutto intorno al nostro veicolo. Poco male, le mucche non sono notoriamente tra gli animali più bellicosi ma tanto basta affinchè Martinica ne sia intimorità e si avvicini abbastanza titubante. In fondo, non bisogna dimenticare che si tratta pur sempre di animali che pesano diverse centinaia di chili, delle piccole utilitaria a quattro zampe, con cui non è piacevole avere troppe discussioni. Alla fine le mucche non smentiscono la loro fama di animali mansueti e ci lasciano campo libero osservandoci mentre passiamo loro di fianco con i nostri cavalli a pedali. Una volta sistemate Elena e Ginevra sui rispettivi seggiolini siamo pronti per ripartire, questa, però volta punteremo diretti verso la Spagna, ormai è tempo salutare la Francia. La strada da Laruns inizia a salire dolcemente ma in maniera continua. Più avanti la valle si stringe e la strada sale sempre più, stretta tra i verdi pendii delle montagne e le cristalline acque del fiume Ossau che da il nome all’omonima valle. L’aria è piacevolmente fresca e dopo aver sfiorato ripetutamente le rocce strapiombanti che sormontano la sede stradale i Pirenei tornano ad essere i padroni indiscussi del panorama. La neve, seppure con chiazze disordinate ritorna a fare la comparsa
22
sulle pareti esposte verso nord. Superiamo il lago Fabreges, molto sotto al di sotto del normale livello idrometrico ricordando le parole del gestore del rifugio di Gavarnie che ci aveva parlato di un inverno molto avaro di precipitazioni nevose. Il cambiamento climatico ha molte facce, alcune meno eclatanti ma comunque ugualmente impattanti sull’economia di una regione che fa anche dello sfruttamento delle risorse idriche un aspetto importante della propria economia. Mio caro presidente non faccia finta di non capire del cattivo stato di salute del nostro pianeta, la febbre sale e tutti noi contribuiamo con i nostri stili di vita, nessun dorma. Proseguendo oltre la vegetazione si fa sempre più rada, le vette ed i crinali pietrosi ormai hanno ripreso il sopravvento sostituendosi ai crinali ed ai pendii ricoperti di boschi. In pochi chilometri il panorama ha cambiato completamente faccia ed ormai avanziamo in un ambiente di alta montagna, con distese erbose e pietraie che costeggiano la strada. Sono le ultime curve prima della fine della salita dove la Francia, subito dopo l’inizio della discesa, lascia spazio alla Spagna. Con l’aumentare dell’altitudine un cielo imbrionciato ci accompagna con temperature che si sono fatte piuttosto fresche anche perchè, quando arriviamo al valico, abbiamo superato abbondantemente i mille settecento metri. Tutt’intorno il panorma è dominato dal Pic du Midi d’Ossau, in parte ancora coperto di neve. Nel parcheggio del valico, con i piedi in due nazioni, sono indeciso se provare a fare un giro in quota o proseguire il viaggio. Le spalle sono ancora doloranti in seguito alla passeggiata al Cirque de Gavarnie e quando incrocio gli occhi compassionevoli di mia moglie e quelli capricciosi di mia figlia capisco che non è il caso di forzare troppo la mano. Dopo essermi reso conto di essere in netta minoranza, capisco di non poter affrontare il fronte femminista senza subire pesanti ritorsioni quindi non mi resta che sotterrare l’ascia di guerra e puntare dritto verso la Spagna. Prima però dobbiamo consumare un rito e ci immortaliamo di fronte al cartello che ci dà il
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
5 - BIENVENIDOS A ESPANA
benvenuto in terra Iberica, un ricordo per i posteri. L’aragona ci attende e non è nostra intenzione farla attendere troppo. Una volta superato la frontiera del Col du Portalet la strada si fà molto più ampia, e sul versante Spagnolo veniamo accolti da una attrezzata stazione sciistica che, visto il periodo, sta vivendo un momento di torpore, in attesa dell’avvento della stagione estiva. Formigal in questi giorni di maggio è un ritrovo di fantasmi, un deserto. Quando però troviamo un parco giochi ci fermiamo per concedere una tregua alle nostre giovani compagne di viaggio che ormai sono sveglie da tempo. Siamo gli unici presenti se si escludono elusivi pick up che sfilano via veloci senza fermarsi. Tutto intorno è solo silenzio, interrotto dal frusciare del vento e dal ritmico cigolare delle catene metalliche dalle altalene. E’ sorprendente quanto possa essere terapeutico uno scivolo, un’altalena e qualche gioco che, in pochi secondi, riescono a spazzare via il malcontento e trasformano le smorfie in sorrisi. Certe volte un parco ti cambia la giornata e permette a tutti di ricaricarsi di quelle energie che spesso la stanchezza del viaggio porta via. Basta mezz’ora e siamo di nuovo freschi e riposati, pronti per metterci di nuovo in marcia. La strada sul versante Spagnolo prosegue più larga ma più ripida e velocemente abbandoniamo le alte quote per guadagnare rapidamente il fondovalle. Dopo pochi chilometri già si intuisce la diversità delle montagne Iberiche rispetto a quelle del versante Francese. Tutto sembra essere mutato nel breve volgere di pochi chilometri, dove prima c’erano boschi e zampillanti torrenti ora ci sono vallate con una vegetazione meno rigogliosa e torrenti che sembrano faticosamente aprirsi la strada verso valle tra massi e pietre. A tratti mi sfiora il pensiero, se non il rammarico di aver abbandonato la Francia, terra così rigogliosa e ricca d’acqua. Sono solo sensazioni, pensieri fugaci che durano solo qualche millisecondo anche se a tratti sospetto che le stesse considerazioni stiano passando anche nei pensieri di Martinica. Gli sguardi perplessi di mia moglie non riescono, in certi
momenti, a celare i dubbi su quello che ci aspetterà nel proseguio del nostro viaggio. In Spagna ci sono da segnalare i primi scontri sull’uso del navigatore satellitare. Questo annosa disputa generazionale, a volte, ha la drammatica conseguenza di trasformarsi in uno scontro di civiltà, sono due scuole di pensiero, infatti, che ci dividono e ci portano, di tanto in tanto, a vibranti scontri sull’eventualità di usare queste moderne tecnologie durante questi nostri viaggi. Sempre al mio fianco, il mio fedele navigatore, è da sempre tanto affezionata a google ed alle sue indicazioni quanto io lo sono alle mie preziose mappe. Sembriamo una coppia da film, lei il cowboy con la pistola ed io l’indiano con l’arco e le frecce, in fondo tutte le monete hanno due facce. Però alla fine, fondamentalmente, sono io il pilota ed io scelgo la strada, anche a costo di sbagliare o prendere abbagli clamorsi. Al mio navigatore lascio l’annoso compito di ragguagliarmi sulla posizione e su eventuali deviazioni sulla nostra marcia. E’ una finta guerra che serve a tenerci compagnia anche quando la strada si fa meno interessante ed il panorama non riesce a stuzzicare la nostra immaginazione. Queste schermaglie ci tengono sempre vivi e quando questo non fosse sufficiente ci pensano le nostre bimbe, sempre vispe e con nuovi bisogni sempre da soddisfare. Diciamo così, con loro in camper non ci si annoia mai. Percorriamo la valle che corre lungo i Pirenei Spagnoli attraversando Jaca, per poi dirigerci verso Olite la nostra prima tappa in terra di Spagna. Questi primi chilometri in Spagna sono abbastanza particolari, anche perchè, venendo dopo due giorni in Francia dove i colori dei pascoli e dei boschi erano stati particolarmente intensi. Qui, sul versante Spagnolo è tutto differente, i verdi si sono fatti meno vividi e il giallo ed il marrone sembrano aver preso il sopravvento su tutte le altre cromie. Versanti diversi delle stesse montagne come facce diverse della stessa medaglia, pochi chilometri che sembrano essere mille, per due mondi,
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
23
5 - BIENVENIDOS A ESPANA
che seppur vicinissimi, sono completamente differenti. Più ci muoviamo verso occidente più il panorama muta, fragili argille supportano pini piantuimati negli anni passati per combattere l’erosione, mentre dopo aver superato Sanguesa gli unici alberi superiori sono i numerosi ulivi che dominano il panorama di quella che è un’unica, grande, monocultura. Ormai siamo in Aragona, nel pieno di una terra scabra e battuta da venti tesi e quasi incessanti. Per me non è una novità, è la seconda volta che mi trovo a muovermi per queste lande anche abbastanza periferiche ai grandi tour organizzati e, come la prima volta, sono accolto ed accompagnato da questo clima ventoso che almeno riesce quasi sempre a camuffare il caldo impietoso che martella queste contrade meno consciute. Olite è al centro di una piana ricoperta da alberi di olivo, dominati e sottomessi dallo spettacolare castello visibile da molti chilometri di distanza. Sarà quella la nostra meta, il Castello Reale di Olite, l’oggetto della nostra prima visita spagnola. Prima però prima abbiamo bisogno trovare una sistemazione per la notte, un passo doveroso da compiere, dopo una giornata per la maggior parte trascorsa a macinare chilometri su strade, a dire la verità, poco trafficate. Il camping scelto per la notte potremmo definirlo, per bontà, semplice e funzionale per vari motivi anche se l’aggettivo che forse gli addice di più potrebbe essere quello di decadente. Purtroppo si è trattata di una scelta obbligata dal momento che era anche l’unico disponibile in zona e quindi non ci resta che sperare che la notte possa trascorrere abbastanza in fretta. Dopo aver giocato un pò, Elena e Ginevra si addormentano tranquille e questo è per noi la cosa più importante, Dormono tranquille, per niente disturbate dal forte temporale che si abbatte furiosamente nel corso della notte. Studiando le previsioni meteo veniamo rassicurati dal fatto che quello dovrebbe essere l’ultimo dei temporali in zona e così ci addormentiamo anche noi con la colonna sonora degli scrosci di pioggia e le raffiche di vento che scuotono fragorosamente le fronde degli alberi. Domani sarò un altro giorno. Il rio Gallego nasce in alto sui Pirenei sul versante spagnolo , sotto Formigal e scende verso valle aprendosi la strada con gole gole e cascate. Durante la sua corsa viene imbrigliato per formare diversi bacini artificiali prima di unirsi con l’Ebro poco dopo la città di Saragoza.
24
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
5 - BIENVENIDOS A ESPANA
La strada che conduce al passo di Maie Blanche ha una carreggiata molto stretta ma è anche scarsamente trafficata e quindi procedere in camper non è affatto complicato. Prima del passo si incontra le Plan du Benou dove ci concediamo un giro in bici concluso anzitempo a causa della stanchezza di Elena e Ginevra che si sono letteralmente addormentate sul manubrio.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
25
Venerdì 24 Maggio 6° GIORNO
ALLA CONQUISTA DEL WEST OLITE - RADA - ARGUEDAS
km 100
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
Durante gli anni abbiamo imparato ad apprezzare l’accuratezza delle moderne previsioni meteo ed infatti, anche questa volta, possiamo dire che avevano previsto la situazione con molta accuratezza. Al mattino il temporale si è spostato verso oriente, sospinto via dai forti venti di origine atlantica, quel che resta tutto intorno è un continuo terreno disseminato di pozzanghere, tanto grandi quanto effimere, ma in compenso l’aria è abbastanza fresca da farci dimenticare di essere in Spagna, o almeno dell’idea che un pò tutti siamo soliti avere di questa terra. Effettivamente il viaggio che avrei in mente è un leggermente differente e sfuggendo dai soliti luoghi comuni, avrei intenzioni di far scoprire a tutta la famiglia una terra differente, perchè ammettiamolo, quello che in molti pensano della Spagna è fondato sulle solite immagini abbastanza stereotipate di lunghe spiagge, Sagrada Familia e feste nei bar, come se l’Italia fosse solo riviera Romagnola, pizza e mandolino. Era nata così l’idea di girovagare in quella Spagna minore, meno conosciuta e lontana dalle località più alla moda della Costa Brava e dell’Andalusia. Martinica mi aveva sempre detto di non amare la Spagna in maniera particolare e volevo che cambiasse idea perchè ero fortemente convinto che non avesse colto l’essenza di questo grande paese dove c’è anche qualcosa di diverso e di più di quello che si vede nelle immagini classiche. Volevo vincere una scommessa con lei e con me stesso, mi sarei divertito a stupirla un pò, portandola ad andare oltre le apparenze e scalfire la superficie di un paese che può dare più di quel che si immagini. Credevo che tanti dei luoghi che avremmo visitato la entusiasmeranno e ci stupiranno un pò a tutti. Ne ero convinto, almeno così speravo. Ad Olite ci accompagna ancora quel vento teso e abbastanza insistente che non sembrava voler mollare la presa neanche quando ci infiliamo tra gli stretti vicoli del paese per raggiungere l’ingresso principale del Castello. Paghiamo un biglietto d’ingresso abbastanza economico e ci avventuriamo per gli
stretti corridoi e le scale a chiocciola del vecchio maniero ora completamente ristrutturato. Elena, come sua abitudine, ha poca voglia di camminare così per contrastare la sua pigrizia gli raccontiamo la storia del castello e della sua regina in questo, con un pò d’astuzia e qualche innocente bugia, riusciamo a convincerla ad esplorare tutte le stanze del castello fatato. Questo piccolo trucco però si rivela essere un’arma a doppio taglio perchè Elena viene così presa dalla storia da trascinarci letteralmente nell’esplorazione di ogni più oscuro recesso del castello. Mossa dall’entusiasmo ci spinge e ci tira alla scoperta di ogni piccolo angolo tempestandoci di domande su ogni torre, su ogni singola pietra e persino sui turisti stranieri presenti. Non bisognerebbe mai mentire. Le bugie con i bambini, anche le più innocenti, hanno un prezzo che deve essere pagato, avevamo finto di dimenticarlo ma era un rischio che avremmo dovuto mettere in preventivo perché, in fondo, è proprio questo il bello di essere bimbi. Speriamo che Elena perda quest’innocenza il più tardi possibile. Il palazzo reale di Olite è una bella struttura gotica, direi inusuale per il luogo, dove predominano costruzioni più basse e massicce. Il castello di Olite, invece, è una costruzione elegante quasi esile, che difficilmente immaginereste di trovare in queste lande. Con tutte quelle svettanti torri che dominano la stuttura e le case del paese circostante, è una specie di foresta di pietra per la gran parte restaurato durante il secolo scorso in seguito ai numerosi danneggiamenti patiti nel corso dei secoli. Olite è una specie di miracolo economico perchè intorno al castello un’intera comunità ha saputo rinascere e creare un’attività turistica di rilievo in una terra marginale ed a prevalente vocazione agricola. La visita è tutto un susseguirsi di salite e discese e dopo oltre un’ora Martinica è distrutta a furia di gradini e camminamenti con Ginevra che sonnecchia beatamente sulle sue spalle. Io, egoisticamente, giro armato di macchine fotografiche cercando le inquadrature più suggestive evitando di immortalare i
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
27
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
Il Palazzo Reale di Olite è una costruzione abbastanza atipica per gli aridi panorami della valle dellâ&#x20AC;&#x2122;Ebro. Era una delle residenze dei reali di Navarra che lo trasformarono da struttura militare in un palazzo residenziale. Con la reconquista la corte si trasferi a Pamplona e il palazzo perse il suo ruolo finendo in decadenza. Agli inizi del 900 furono iniziati i lavori di ristrutturazione che portarono la struttura agli antichi fasti.
28
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
numerosi turisti che, stranamente direi, affollano il palazzo in una giornata così improbabile. Sono quelli i monenti in cui ci sorge il dubbio di non essere stati gli unici ad avere l’idea di fare le vacanze intelligenti. Evidentemente c’è vita intelligente sulla Terra. Quando le energie e la pazienza di Martinica sono giunte al limite giunge anche l’ora di salutare il castello, per cui una volta fuori non ci resta che fare un veloce giro per il paese dopodichè ci dirigiamo verso il camper per metterci di nuovo in marcia. Ritengo che le strade spagnole siano un paradiso per i camperisti, almeno quelle strade che abbiamo percorso finora. Abbiamo trovato asfalto in ottimo stato e una quasi completa assenza di traffico, le condizioni ideali per un viaggio itinerante. Tornati in camper non posso che constatare quanto il castello abbia riscosso un grande successo, Elena è entusiasta e continua a chiedere dove fosse nascosta la regina, quali fossero le stanze dei soldati e dei cavalli, meglio così, l’entusiasmo è sempre una cosa buona. Proseguendo verso sud il paesaggio dell’Aragona si fà, se possibile, sempre più arido e gli sguardi di mia moglie non riescono a nascondere le perplessità per gli sviluppi di quest’avventura. Troppe differenze con i paesaggi rispetto ai nostri ultimi viaggi, troppa aridità dominata dal giallo prepotente delle argille spagnole. Troppo diversità dalle nostre ultime avventure in nord Europa, posso capirla. In realtà avendo dato poche informazioni la colpa è in gran parte mia, ma credo che ci siano molte possibilità di riuscire a farle cambiare idea, ho in serbo più di qualche asso nella manica da giocarmi nei prossimi giorni. In ogni viaggio non tutto può essere programmato fino all’ultimo virgola, qualcosa può variare, altre cose possono non andare nel verso giusto, qualche altra volta esce il coniglio dal cappello, così mentre siamo diretti verso Tudela, avvistiamo una collina sormontata da quelli che sembrano essere i resti di un’antica fortezza. Quella visione ci incuriosce e quando troviamo una piccola stradina che si inerpica sul fianco della
collina ruoto lo sterzo del camper per seguire il ripido nastro d’asfalto e vedere dove ci potrebbe condurre. Giungiamo così nei pressi della città fortificata di Rada, onestamente ne ignoravo l’esistenza ma credo di essere in buona compagnia e quindi è stata per noi un luogo tutto da scoprire, me compreso. Lasciamo il camper in preoccupante pendenza, così per maggior sicurezza sistemo un paio di grossi sassi sotto le ruote per evitare qualsiasi inconventiente. Ho imparato che non bisogna mai escludere nessuna possibilità, neanchè le più nefaste ed improbabili eppoi prevenire non ci costa nulla se non qualche minuto in più. Come già detto, il sito di Rada è probabilmente poco conosciuto, dal momento che come scopriremo, siamo gli unici turisti presenti ed il nostro arrivo coglie di sorpresa persino gli stessi custodi, intenti nello svolgere le loro faccende quotidiane. Mentre paghiamo l’ingresso uno dei custodi corre via ad aprirci il cancello e la piccola chiesetta del sito che probabilmente sarà quasi sempre chiusa. Dell’antica fortificazione ormai resta ben poco se non la grande cinta muraria, gli antichi splendori ormai sono persi nelle pieghe del tempo andato ma ancora possiamo intuire l’importanza di questo sito che dall’alto della collina domina praticamente tutte le terre circostanti per diversi chilometri. Più in basso le pianure si perdono con l’orizzonte che in ogni direzione si fa incerto e si confonde con il cielo grigio di questo tardo mattino. Della città ormai possiamo osservare solo tante pietre e la geometria abbozzata dell’antica struttura, un pò avamposto militare e un pò punto di transito di antiche vie commerciali. Nella piccola chiesa Elena e Ginevra fanno conoscenza con le riproduzioni a grandezza naturale di antichi soldati e dopo i primi istanti di iniziale diffidenza hanno modo di scatenarsi edi divertirsi un pò. Giocano un pò a nascondino, scorrazzando per la piccola chiesetta, lo fanno nella consapevolezza di non disturbare, fortunatamente, nessuno. La visita dura giusto il tempo per completare il giro, il sito non è molto esteso e avanzando tra il vento che a tratti rende perfino difficile cammina-
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
29
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
re ci avviamo verso l’uscita salutando la signora dell’ufficio severamente impegnata in un lavoro a maglia. Ritroviamo il camper ancora lì dove l’avevamo lasciato, prigioniero dei due grandi sassi che hanno adempiuto alla perfezione al loro compito. Tutto a posto, le soluzioni semplici, quasi sempre, sono le migliori. E’ tempo di rimettersi in viaggio per la prossima meta che, stando alle carte geografiche, non dovrebbe essere troppo distante. Anni fa avevo stranamente fallito il mio primo appuntamento con le Bardenas Reales de Navarra, forse perchè non avevo ben chiaro cosa, in realtà, stessi cercando. A distanza di tempo ancora non mi capacito di come non fossi riuscito a raggiungere questa luogo, eppure era abbastanza grande da essere un bersaglio relativamente facile. Potrebbe essere stata la fretta o l’inesperienza, fatto sta che alla fine mi ero perso ed avevo vagato senza meta e senza mai riuscire a trovare la strada giusta. Un mistero senza soluzione o forse la conferma che certe volte le cose vanno semplicemente così. Questa volta però sarebbe stato tutto differente, ero più agguerrito, determinato e soprattutto più preparato. Questa volta avrei vinto la battaglia anche perchè, inutile nascoderlo, se messo alle corde avrei potuto richiedere l’ausilio della moderna tecnologia e anche se non ero ancora del tutto convinto a sottomettermi a mister google. Per una questione di principio, ancora oggi, infatti, mal digerisco che qualcuno che mi indichi la strada. Purtroppo non in tutte le botti, con il tempo, matura del buon vino. Sotto questo punto di vista sono ancora piuttosto
legato alle tradizioni e come un vecchio marinaio preferisco perdermi tra cartine e mappe varie, studiando di volta in volta il percorso migliore o più bello da affrontare. Ognuno è fatto alla propria maniera, non dico che il mio sia il modo giusto nè il migliore, è semplicemente il mio modo di viaggiare ed anche la possibilità di sbagliare la prendo come un’eventualità che potrebbe portare a scoperte interessanti e, soprattutto, inaspettate. In fondo quale viaggiatore non ha mai sbagliato almeno una volta nella vita? L’importante è non far sentire niente a mia moglie e negare tutto anche di fronte all’evidenza. Arrivando da nord, la strada che conduce alle Bardenas attraversa il paese di Arguedas e come molti dei paesi della zona è, diciamolo pure, urbanisticamente approssimativo, con architetture anonime e poco curate, Arguedas è il classico paese cresciuto disordinatamente e senza una programmazione studiata e completamente privo di un qualsiasi senso estetico. Non tutti i borghi possono fregiarsi del fatto di essere dei gioielli medievali, anzi la maggioranza di essi è solitamente un tributo al cemento ed al fai da te. Arguedas è uno di questi, quindi andiamo via senza troppi rimpianti e svoltiamo quando un cartello ci indica la direzione per le Bardenas. La strada sembra perdersi nelle campagne e superato il centro visitatori si inoltra tra campi di grano ancora ben lungi dall’essere maturo. Dopo una leggera salita, all’improvviso alla nostra sinistra ci appare la Bardenas Blanca in tutta la sua interezza che si perde in quella che sembra essere una grande depressione nella pianura sottostante. Poco più avanti abbandoniamo l’a-
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
31
6 - BIENVENIDOS A ESPANA
sfalto e ci immettiamo su una strada sterrata ma dal fondo duro che ci permette di avanzare con un’adeguata sicurezza. Le Bardenas Reales sono un pezzo di deserto nel cuore della Spagna, anzi forse, sarebbe meglio dire un quasi deserto, dove piante coriacee e spinose lottano con il terreno duro e avido di nutrienti sfidando il caldo torrido delle lunghe estati Iberiche ed inverni freddi che spesso portano la neve. Non è, nè un luogo semplice nè scontato, per questo è un posto tutto da scoprire. Se le strade di Spagna finora sono state quasi deserte, su questo sterrato il traffico diventa inesistente. Incrociamo qualche ciclista avventuriero e un paio di vetture, poi solo polvere e poco altro. Per chi come noi, spesso, rifugge le grandi folle e le città affollate, questo luogo quasi dimenticato da Dio potrebbe essere il paradiso. La strada, qualche chilometro più avanti, conduce ad uno dei luoghi iconici di questa riserva naturale, il famoso Castil de Tierra, il simbolo della geologia di questo luogo, un sopravvissuto alle intemperie e all’erosione del suolo, l’ultimo guardiano di una terra in continua trasformazione. Il Castil de Tierra è un pinnacolo che si erge solitario in una piana che sembra rievocare paesaggi messicani ed influenzati dalla cultura cinematografica della frontiera americana, in sottofondo, ci sembra di sentire vecchie musiche western con trombe che intonano colonne sonore di Ennio Morricone.
Quando giungiamo ai piedi di questo malandato gigante silente siamo soli, sentiamo solo il fischio del vento che accarezza l’erba, anzi più che accarezzare, sembra fustigare con un’invisibile frusta quell’erba stentata che cresce, rada, tutto intorno. Scendiamo dal camper senza proferire parola, con quella sorta di timore revenziaale che bisogna avere la cospetto di un vecchio saggio. Il Castiel se ne stà immobile e solitario come un faro che illumina e veglia sui naviganti, testardo e folle come un pugile ormai alle corde in un combattimento che lo porterà irrimediabilmente alla sconfitta. Combatte una lotta impari contro quegli elementi che hanno avuto la forza e la sfacciataggine di scolpire e modellare tutto l’ambiente circostante, quegli stessi elementi che na hanno favorito la nascita e, in futuro, ne decreteranno la morte. Le Bardenas hanno il fascino ed il potere di togliere il fiato, come una terra di mezzo in bilico tra paradiso ed inferno. Tutto intorno è pura poesia, interrotta soltanto dal transito fugace di un paio di motociclisti che passano distrattamente senza fermarsi. Nonostante l’apparenza da deserto, in realtà, l’acqua scorre un pò dappertutto e ci riporta alla mente il forte temporale della notte appena trascorsa. Innumerevoli rivoli di fango mostrano i segni di un’erosione implacabile che modifica continuamente l’intricato dedalo di solchi e canali che attraversano tutto il terreno circostante.
6 - BIENVENIDOS A ESPANA
Tutto intorno il Castil de Tierra alcune discrete barriere di legno ci ricordano di ripettare questo luogo, tutto il suo precario equilibrio e la sua delicata geologia. Non c’è solida pietra ma solo arenaria, argille e gesso, materiali troppo teneri e friabili per contrastare l’inesorabile incedere del tempo. Il Castil ha il destino segnato, non anni ma forse decenni, poi un giorno crollerà a terra sconfitto dalla pioggia e dalla gravità finendo per collassare su se stesso come un gigante d’argilla. Ai nostri occhi il Castil è un gigante buono ai cui piedi ci sentiamo piccoli ed anche un pò tristi. Ad Arguedas ho rivisto quel velo di preoccupazione sul volto di Martinica che già avevo notato al nostro ingresso in Spagna ma da quando abbiamo abbandonato l’asfalto ed abbiamo raggiunto le Bardenas Reales ho visto riapparire quel luccichio nei suoi occhi che ha quando inizia ad entusiasmarsi; sono felice, finalmente posso vedere il suo sguardo curioso scrutare ovunque per scoprire quel luogo strano ed anche un pò alieno. Finalmente si torna a fare sul serio. C’è un’atmosfera frizzante mentre per le nostre piccole compagne di viaggio potremmo essere ovunque. Le Bardenas non riscuotono nelle nostre bimbe un particolare successo e d’altronde non ce la sentiamo di dar loro torto. L’importante è che piacciano a noi, anzi a dir la verità, noi siamo entusiasti, come poche altre volte. Quel luogo riarso dal sole e spazzato dal vento ha riacceso
e rinvigorito il nostro spirito d’avventura. Le Bardenas hanno, infatti, quel fascino intrinseco da luogo di frontiera dandoci la sensazione di essere ai confini della civiltà, un avamposto che presidia le ultime propaggini del mondo conosciuto. Come antichi cartografi segnamo sulla mappa Hic sunt leones, oltre l’ignoto. Proseguiamo nella nostra esplorazione e ci rimettiamo in marcia incrociando solo un camper di una coppia di olandesi che, come noi, si divertono a scattare foto, Poco oltre, un ampio spazio ci permette di parcheggiare, per partire all’esplorazione del luogo. Siamo circondati da fragili montagne alla cui base grandi pietre giacciono come relitti naufrati sui scogli ormai perennemente in balia delle correnti. Dappertutto il terreno cede, si sfalda e scivola via, le montagne sono corrose dalla fondamenta. Inevitabilmente, quando il peso si fa eccessivo ecco che la gravità si fà sfacciata e prende il sopravvento richiamando a se tutto ciò che si trova in equilibrio precario. E’ l’entropia che avanza; nulla può sfuggire alle leggi della termodinamica, nemmeno una montagna. Con le bimbe distratte nei loro giochi ci dividiamo i compiti in modo da avere entrambi il tempo necessario per girovagare tutto intorno. Prima viene il momento di Martinica che, in fondo, si è fatta carico della maggior parte della mole di lavoro e di quasi tutte le esigenze di una prole che, in quanto a richieste, si è dimo-
6 - BIENVENIDOS A ESPANA
strata piuttosto esigente. Martinica, dopo il rompete le righe, sparisce immediatamente dietro un costone argilloso, è un’assenza lunga diversi minuti che quasi fa sorgere in me il dubbio che si sia lanciata in una fuga disperata verso la libertà. Fortunamente, più per noi che per lei, dopo qualche altro minuto si sentono delle grida provenire dall’alto della montagna. La voce sembra giungere da lontano anche e soprattutto perchè è costretta a lottare con un vento che sembra volerci accompagnare fino a sera. Martinica, intanto, soddisfatta continua a salutare dalla cime delle rocce sovrastanti. Mi riprometto di controllare il contratto del camper, ci sorge il sospetto che tutto quel vento possa essere stato compreso nel prezzo di noleggio. Quando viene il momento di darci il cambio anche io mi arrampico fin quasi sulla cima del Cabezo de la Cortinillas, questo è, infatti, il nome della formazione rocciosa che ci sovrasta e finalmente posso divertirmi a cercare qualche scatto decente da mettere nel nostro personale album dei ricordi. In cima al Cabezo il forte vento si fà, se possibile, ancora più intenso rendendo molto difficoltoso anche il solo, semplice, stare in piedi. Con simili condizioni preferisco rimanere un pò distante dalle rocce strapiombanti per evitare che improvvise fola-
te possano giocarmi qualche brutto scherzo. Dall’alto posso chiaramente vedere che la strada, dopo il Cabezo, procede dritta fino al poligono miltare, perchè si, vista l’estrema aridità e l’isolamento del luogo, l’aereonautica spagnola pensò di istituire un’area militare per le esercitazioni aeree e missilistiche. Quella dei militari è una presenza oggigiorno mal tollerata dalla popolazione locale. La strada gira tutta intorno la base, oggi non c’è nessuna esercitazione in programma quindi la strada è aperta e percorribile. La base militare è una struttura arrocata su uno degli speroni di roccia più isolati dell’intera regione, abbastanza sfacciata da essere visibile da chilometri di distanza. Francamente non ci aspettavamo di trovare un poligono militare proprio nel centro della riserva naturale. La natura del paesaggio delle Bardenas è scolpito dall’acqua, che erode e corrode il terreno. Piccole rivoli si trasformano in solchi che raccolgono le precipitazioni incanalandole nei Barrancos, veri e propri canyon che drenano le precipitazioni verso l’Ebro. E’ il lento lavoro dell’acqua che riesce ad avere la meglio sul sottile strato di gesso che ricopre e protegge come un mantello quasi tutto il terreno circostante. E’ proprio questo il segreto delle Bardenas Reales e della sua peculiare conformazione che venne ad originarsi quando tutta l’area era
6 - BIENVENIDOS A ESPANA
un mare interno circondato dalle montagne pirenaiche e da quelle sistema iberico. Questo bacino interno fu lentamente riempito dai sedimenti provenienti dalle montagne, quelli più pesanti sprofondarono sul fondo mentre quelli più fini e leggeri si stratificarono in alto.Quando il tempo e la tettornica spinserò questo territorio verso l’alto il bacino si svuoto e diede origine alla valle del fiume Ebro. Erano Emerse le Bardenas anche se il loro aspetto doveva essere molto differente. Nel corso dei milioni di anni successivi la pioggia ed il vento fecero tutto il resto del lavoro regalandoci il panorama che oggi si distende davanti ai nostri occhi. Quando il pomeriggio è già molto avanzato decidiamo di continuare quasta nostra esplorazione decidendo di proseguire sulla strada che si inoltra verso l’interno. Non abbiamo la minima idea di dove conduca la strada, un lungo nastro sterrato che spesso si mimetizza con il terreno ma si tratta comunque di una strada che, seppur non asfaltata, è ottimamente percorribile ed anche se non sappiamo dove ci stia conducendo. Quando avremo dubbi potremo sempre invertire il senso di marci e tornare indietro. Per ora fino all’orizzonte non riusciamo a vedere nulla, noi speriamo sempre che vada tutto bene. In realtà ci stava venendo il sospetto di muoverci su un per-
corso circolare, una sorta di giro panoramico che ci avrebbe ricondotto al punto di partenza, ovunque esso sia. Ripide pareti di argilla precipitano da altopiani coltivati a cereali mascherando all’apparenza una fragilità intrinseca che non si può opporre al tempo. Non è dura roccia ma un semplice surrogato, non è un mondo destinato a durare ed il Castil de Tierra ne è l’emblema, tanto caratteristico quanto fragile. Ed proprio verso il Castello che pian piano la strada ci sta riportando. Quando anche i raggi del sole si sono fatti più obliqui e stanno iniziando ad esaltare tutti i colori e le sfumature di una terra che sembra volerci ricordare un altro mondo morente: la Cappadocia. La mente umana ragiona per comparazioni ed analogie e fin da subito ci era sembrato logico fare un collegamento tra questi luoghi distanti e solo in parte simili, due mondi vessati dalle intemperie e forgiati dal vento. Eppure proprio questo destino straziante che li accomuna è stata la loro fortuna, arrivando a forgiare panorami unici che, nel tempo, hanno iniziato ad attrarre turisti e curiosi alla ricerca dell’insolito. Due terre, due mondi differenti, accomunati da un destino simile. Due regioni diverse in tutto, dall’origine, tettonica una e vulcanica l’altra ma entrambe accomunate dallo spirito di quella frontiera che
Le condizioni che hanno portato alla formazione delle Bardenas Reales de Navarra è nell composizione del terreno dove predominano le argille e le stratificazioni di gessi che rendono, in alcuni punti, il terreno più duro mentre in altre è più esposto all’erosione. L’esposizione agli agenti atmosferici nel corso degli ultimi milioni di anni ha trasformato gli altopiani nel paesaggio che possiamo osservare oggigiorno. Inevitabilmente, vista l’intrinseca fragilità, di questo ambiente il panorama continuerà a subire gli effetti dell’erosione mutando fino a quando gli altopiani saranno completamente spariti.l
36
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
ormai sta svanendo altrove. Per quanto possa sembrare strano provo nelle Bardenas un senso di isolamento più profondo di quello provato in Cappadocia che per quanto questa sia più distante ed esotica, richiama a sè un flusso turistico ben più consistente. In Cappocia, difficilmente, si ha la reale sensazione di trovarsi completamente soli. Qui, nel cuore della Spagna, non c’è nessuno, solo qualche ciclista solitario che spavaldamente osa avventurarsi su piste confuse che si perdono tra cespugli bassi e acquitrini fangosi. Finalmente negli occhi di Martinica sono tornato a vedere quello scintillio, il riflesso della curiosità e dell’interesse che sembrava perduto. In fondo al cuore sapevo che le sarebbe piaciuto. Ero convinto e ritenevo di aver vinto la scommessa. Un giorno, al momento opportuno, passerò ad incassare la vincita. Tornati nel parcheggio, situato ai piedi del Castil de Tierra non ci resta che decidere come concludere quel poco che resta del giorno. La tentazione di parcheggiare il camper in zona è forte ma abbiamo anche la sensazione che non sia una cosa consentita. Anche se le possibilità di vederci contestata una eventuale divieto di sosta notturna è un’ipotesi che riteniamo abbastanza remota. Però la presenza della base militare ci inqueta un pò ed anche se potremmo provare a cercare un angolo più riparato e meno in vista, non sappiamo quanto valga la pena rischiare. Dal punto di vista fotografico potrebbe essere un’esperienza decisamente inconsueta, con la possibilità di trovare un cielo particolarmente buio ed impreziosito da un’ambientazione esotica ma ignoriamo quale possano essere le conseguenze nel caso in cui le cose non vadano tutte per il verso giusto. Decidiamo di tornare ad Arguedas e trascorrere la notte nell’area camper scoprendo che la fortuna ha girato dalla nostra parte. Infatti riusciamo a parcheggiare in uno degli ultimi posti disponibili in un’area peraltro anche abbastanza grande. Forse le Bardenas non sono veramente quel posto dimenticato da Dio che credevamo ma mi sorge anche la domanda di dove fossero tutti gli altri prima. Dopo cena ci concediamo una veloce passeggiata in paese eppoi, arrivata la notte, corriamo tutti di corsa a letto.
38
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
ALLA CONQUISTA DEL WEST
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
5
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
40
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
6 - ALLA CONQUISTA DEL WEST
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
41
Sabato 25 Maggio 7° GIORNO
SCRITTO NELLA PIETRA ARGUEDAS - ENCISO - BURGOS
km 277
7 - SCRITTO NELLA PIETRA
La notte passa veloce come un battito di ciglia e, prima che sorga il sole, sono già sveglio per partire alla volta delle Bardenas, dove avrei intenzione di cogliere l’alba per scattare qualche foto. Se sarò abbastanza fortunato potrei arrivare qualche attimo prima del sorgere del sole. Tutti gli altri camperisti sono ancora profondamente addormentati, così prima che siano le sei, metto in moto il nostro camper e lentamente ripercorro la strada che ci aveva condotto la sera precedente. Dormono tutti, anche i membri della mia ciurma, così guidando con accortezza per quei pochi chilometri ritorno ai piedi del Castil de Tierra. Come speravo, siamo sul posto prima che albeggi e se non avessi infranto qualche legge non sarei mai potuto arrivare in tempo. Purtroppo lo sorte ha voluto che disattendere le delle regole non sortisse l’effetto sperato, infatti la luce dell’alba viene nascosta da una fastidiosa coltre di nubi. Così, alla fine, resto solo, senza l’alba e con le mie donne che dormono ancora. Posso però provare a dilettarmi alla ricerca di qualche scatto interessante e purtroppo quando sono quasi pronto allo scatto mi rendo conto di aver dimenticato un pezzo del cavalletto in Italia. Addio sogni di gloria, posso riporre tutto e continuare a scattare a mano libera, come d’altronde avevo fatto finora. Certe dimenticanze sono solo colpa mia, non posso prendermela con nessuno se non con me stesso. Trascorro quasi un’ora in perfetta solitudine prima che Martinica si svegli e si possa rendere conto di dove siamo. Dopo i primi attimi di smarrimento, finalmente riesce a prendere coscienza della nostra posizione geografica e quindi possiamo iniziare a fare colazione; di foto in fondo ormai ne ho scattate più che a sufficienza. Ho sempre riflettuto su quanto sia bello poter godere di un luogo in completa solitudine, si ha la sensazione di essere il padrone del mondo ed anche se, è chiaramente un’illusoria sensazione di onnipotenza, riesce ugualmente a trasmettermi degli attimi di positiva esaltazione. Ritengo che questo sia un buon modo per iniziare una giornata, meglio di qualsiasi caffè.
Con il sole che iniza ad alzarsi sopra l’orizzonte arrivano anche i primi turisti, con la calma e la tranquillità dei turisti della domenica. Così per non essere di troppo decidiamo che è giunta l’ora di salutare le argille Oloceniche delle Bardenas e spingerci ancora più indietro nel tempo. Facciamo un ultimo giro giusto per scattare qualche altra foto eppoi salutiamo questa terra magica e dimenticata e ci rimettiamo di nuovo in marcia. Poco dopo abbandoniamo lo sterrato, lasciandoci alle spalle una nuvola di polvere per tornare a calcare l’asfalto delle strade Spagnole. Posso fin da ora dire che porteremo per sempre nel cuore ogni minuto trascorso nella Bardenas Reales de Navarra, il nostro west nel cuore dell’Aragona. Più in avanti, ad attenderci, ci saranno i dinosauri di Enciso, gli stessi che forse vivevano sulle sponde di questo piccolo mare interno che ora è solo un piccolo deserto, o quasi. Enciso è poco più di un piccolo punto sulla carta geografica. Un piccolo punto da raggiungere con una stretta strada in un remoto angolo di Spagna. E’ domenica mattina e placidamente procediamo su una strada che definire secondaria è un mero esercizio di stile. Attraversiamo vari paesi di cui abbiamo dimenticato persino il nome fino a quando decidiamo di fermarci in un piccolo centro commerciale per fare qualche provvista. Purtroppo qui devo fare un mea culpa perchè facendo questa sosta, ho contravvenuto ad una delle regole d’oro del perfetto viaggiatore: mai, dico mai fermarsi nel parcheggio di un centro commerciale. Per prudenza o per fortuna decido di rimanere a bordo e tenere d’occhio la situazione, così sono sul posto quando una macchina, goffamente, urta il camper. Allarme e panico, scendo immediatamente con Ginevra in braccio che piange disperatamente per bloccare sul nascere qualsiasi tentativo di fuga. Immediatamente mi rendo conto che non si tratta di un danno grave ma bisogna pur sempre mettere le cose in chiaro e dopo qualche iniziale incomprensione riusciamo a raggiungere una soluzione ragionevole che possa essere sod-
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
43
7 - SCRITTO NELLA PIETRA
disfacente per tutti. Ovvero compiliamo il modulo per la constatazione amichevole, il famigerato cid. Anche se il danno è lieve, il camper era nuovo e andava riconsegnato come tale. Comunque tanto per mettere in chiaro le cose, tutte quanto raccontato in questo poche righe alla fine ci costa quasi due ore di discussioni e ritardi sulla tabella di marcia. Quando c’è da assumersi le responsabilità non esistono differenze geografiche. Nessuno vuole prendersi l’onere della colpa. Alla fine ciò che è bene, finisce bene ed ognuno può proseguire per la propria strada. Riprendiamo il viaggio con notevole ritardo e quando arriviamo ad Enciso è quasi l’ora di pranzo. Enciso si trova nella regione della Rioja ed è famoso in seguito del ritrovamento di tutta una serie di fossili e numerose impronte rimaste pietrificate, segno della presenza di antichi sauri che probabilmente attraversavano un’antica spiaggia, oppure il fondo fangoso di un letto fluviale. Tracce impresse nella roccia di ere geologiche ormai dimenticate. Raggiungiamo il piccolo parcheggio dove veniamo accolti da un grande dinosauro a grandezza naturale che fà da vedetta all’ingresso della valle. Finora abbiamo tenuto Elena all’oscuro di tutto proprio per non vanificare l’effetto sorpresa che pensiamo si possa scaturire quando si troverà al cospetto di uno di questi giganti del giurassico. Una volta a terra l’entusiasmo non tarda ad arrivare e così quando raggiungiamo il piccolo prato dove è stato piazzato la riproduzione in dimensioni reali di un grande Diplodocus comincia a correre contenta anche se la vista del Sauropode desta qualche, comprensibile, timore. Visto il carattere di Elena è una cosa che, ovviamente, avremmo dovuto immaginare. La statua è grande e grossa e non può non intimidire una piccola bimba che ha sempre considerato i dinosauri solo, poco più, di piccoli pupazzi di plastica. Bisogna avere pazienza, ci vuole un pò di tempo per battere il timore iniziale e soprattutto è fondamentale la presenza della mamma per avvicinarsi. Così facendo, con la mano rassicurante della mamma che accarezza le massicce
44
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
46
7 - SCRITTO NELLA PIETRA
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
47
7 - SCRITTO NELLA PIETRA
gambe del dinosauro riusciamo a scattare qualche foto che possa testimoniare l’avvenuto incontro tra la nostra piccola ed il gigante estinto. Protette da una piccola tettoia possiamo anche osservare una serie di impronte appartenute ad un dinosauro bipede, probabilmente un carnivoro che predava gli altri sauri. Tutta la piccola valle è un ricco giacimento di fossili ed impronte che negli ultimi anni ha attirato sempre più turisti e che ha visto anche sorgere un parco tematico per ampliare l’offerta per i visitatori, grandi e piccini. Credo che se non si fosse fatto così, Enciso sarebbe rimasto quello che era in precedenza: un piccolo punto sulla carta geografica sconosciuto ai più, spagnoli e non. Sorprendentemenete più dei dinosauri potè un parco giochi dove lasciamo Elena e Ginevra scorrazzare a loro piacimento insieme ad altri bimbi che, come i nostri, sembrano gradire più uno scivolo ed un’altalena che il profilo minaccioso di una grande dinosauro e pensare che avevo programmato questa giornata tutta per loro. L’importante è che, comunque, si stiano divertendo e per questo le lasciamo correre e giocare liberamente finchè vogliono. La ripartenza da Enciso corrisponde esattamente al termine della prima settimana di viaggio ed ora ci troviamo costretti a decidere su quale piega debba prendere questa nostra avventura. Sulla prossima meta abbiamo, infatti, pareri un pò discordanti. Qualcuno vorrebbe dirigersi verso Segovia, altri verso Burgos, quindi la scelta è tra nordovest e sudovest, scelte e direzioni che non sono proprio conciliabili. Prima però di prendere qualsiasi decisione dobbiamo lasciare Enciso e per farlo, se non si vuole tornare indietro, c’è una strada sola. La decisione da prendere, quindi, è abbastanza semplice. La strada che da Enciso conduce a Soria è un tratto stradale dimenticato, non credo circolino molti camper e non credo che parlandone in giro potrò scoprire molti che l’abbiano percorsa in precedenza. E’ come si dice in spagnolo un carretera, una strada per carri aggiungo io, stretta, malmessa e tortuosa, tutto ciò che è necessario per far litigare, dopo qualche chilo-
48
metro, moglie e marito. Anche perchè come al solito la scelta l’ho presa io. In realtà non è che avessimo molte altre possibilità ma su un tratto strada del genere per percorrere settanta chilometri impieghiamo quasi due ore e quando la strada lascia il fondovalle si inerpica su per le montagne fino a scavalcare un passo che ci spalanca le porte dell’altopiano Iberico. Viaggio lento ma scenografico e quando la strada torna ad essere più dritta e larga anche il clima si fa nuovamente rilassato e piacevole, non che prima non lo fosse, ma anche il confort, secondo me, necessita di regole precise. Nei pressi di Soria non possiamo più rimandare, è il momento delle scelte e così decidiamo di puntare verso Burgos. Amo mia moglie perchè mi lascia sempre vincere anche se mi resta sempre il dubbio che sia solo una mia illusione. Tra Soria e Burgos c’è una larga e comoda strada in cui il traffico è praticamente inesistente e così riusciamo a percorrere i centocinquanta chilometri che separano le città in due ore di un viaggio rilassante e senza affanni. Arriviamo a Burgos nel tardo pomeriggio e prendiamo alloggio nel camping cittadino, proprio a ridosso della città. Questo sarà un luogo di partenza perfetto per visitare la città l’indomani mattina. Prima che il sole ceda definitivamente la scena alla notte ordiniamo una paella per festeggiare il nostro primo anniversario di nozze, anzi questo ci ricorda che il viaggio in camper sarebbe dovuto essere il nostro viaggio di nozze, anche se a scoppio ritardato. Ma, secondo la teoria di Martinica, prima dobbiamo valutare l’esito finale del viaggio, e se alle fine saremo soddisfatti potremmo concedere l’etichetta a questo giro in camper di viaggio nuziale, altrimenti saremo costretti a rimandare ad altra data e ad altri luoghi l’assegnazione l’etichetta per siffatta avventura. C’è chi festeggia il proprio anniversario in un grazioso ristorante gustando ostriche e champagne, chi invece preferisce un camper, una grandiosa paella e litri di san miguel. La vita è tutta una questione di stile e di priorità. Buon anniversario Amore mio y Salud.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
7 - SCRITTO NELLA PIETRA
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
49
Domenica 26 Maggio 8° GIORNO
SACRO & PROFANO BURGOS - FUENTE DE
Km 218
8 - SACRO & PROFANO
La Burgos che scopriamo noi è una sonnacchiosa città adagiata in una valle ma in questo giudizio è parte preponderante il fatto di visitarla la mattina della domenica, giorno di riposo sacro per gli Spagnoli, o almeno per tutti quelli che non vivono lungo le coste del mar Mediterraneo. Al nostro arrivo la città è ancora intorpidita dal sonno, con le larghe strade deserte e un’aria fresca, tendente al freddo, che scende giù dalle colline a nord. Tutti i negozi sono chiusi e questo, bisogna dire, toglie una parte del fascino perchè, se da un lato, permette di ammirare le architetture spogliandole di tutto il quel corollario fatto di insegne luminose, tavoli e sedie, dall’altro avvolge le strade con velo di malinconia. Poca gente in strada, presenze fugaci in un’ultima domenica che di maggio ha ben poco se non la data sul calendario. E’ presto, anche troppo per una visita da semplici turisti, più che altro, sembriamo quasi una famiglia di pendolari che si sta recando sul posto di lavoro e così quando entriamo nella cattedrale è appena iniziata la funzione delle nove. Poco male avremo, avremo più tempo a nostra disposizione. Il tempo in viaggio è sempre tiranno e non se ne ha mai abbastanza. Burgos è una città importante sul cammino di Santiago, divenuta famosa per la sua cattedrale, una delle più importanti di Spagna, riccamente adornata e continuamente ampliata grazie alle donazioni che nei secoli i viandanti hanno lasciato durante i pellegrinaggi. Il centro storico della città è molto bello con piazze e strade ben tenute e curate. Il modo più spettacolare per arrivare alla cattedrale è sicuramente attraversando il ponte sul fiume e poi passare sotto un’arco di marmo finemente scolpito. La cattedrale di Burgos è un gioiello archittetonico, una di quelle tappe che tutti i pellegrini, gli amanti dell’arte ed i curiosi non dovrebbe mancare di visitare. Grande, maestosa, a tratti eccessiva, è un gioiello che racchiude diversi stili anche se, su tutti, domina lo stile gotico che nelle guglie della facciata trova la sua massima espressione. La cattedrale, nei secoli è divenuta così famosa fino a fargli guadagnare il po-
sto tra i monumenti patrimonio mondiale dell’umanità, un titolo più che meritato. Inizialmente eravamo entrambi titubanti sull’eventualità di visitare la cattedrale, sia per noi, sia per le bimbe, anche perchè avevamo il serio timore che mal potessero sopportare una vista, per loro, troppo lunga e alla fine noiosa. Decidiamo di rompere gli indugi e così dopo aver acquistato i biglietti, in maniera non troppo convinta, ci troviamo al cospetto di una chiesa sorprendente. Elena, una volta impossessatasi dell’audioguida sembra essere interessata alla vista di questo luogo sacro ma la nostra illusione dura poco, infatti ben presto ci accorgiamo come in realtà era più interessata ad avere tra le mani quello strano oggetto parlante. Tra sepolcri, cripte, altarie intarsiati, codici miniati e dipinti la lunga passeggiata scorre via veloce e leggera in maniera addirittura sorprendente. Qualora ci fosse bisogno, la cattedrale si è dimostrata essere una piacevole scoperta. Tornati sotto il cielo di Burgos, dopo quasi due ore, finalmente anche la città sembra aver preso vita ed in centro molti negozi hanno aperto i battenti. Ci fermiamo in una pasticceria e ci concediamo una pausa golosa alla ricerca di qualche dolce che sappia stupirci senza che niente riesca allo scopo e così ricarichiamo Elena e Ginevra sui rispettivi passaggini e terminiamo la nostra passeggiata. Visto il freddo tornare in camper è quasi un sollievo per tutti, bimbe comprese che durante il tratto attraverso i lunghi e larghi viali della parte nuova della città si sono letteralmente congelate, costringendoci a fare una corsa ad ostacoli per velocizzare al massimo il rientro. E’ tempo di partire, così anche Burgos finisce nel nostro personale album dei ricordi, ci diamo una sistemata, prepariamo il pranzo e facciamo giocare un pò Elena e Ginevra e siamo di nuovo pronti per nuove avventure, verso l’infinito ed oltre. A Burgos ci immettiamo in autostrada, verso occidente, la prossima grande tappa del cammino di Santiago sarebbe Leon ma noi, fin lì, non arriveremo mai, così come d’altronde a Santiago, che per i nostri ritmi di viaggio reputiamo trovarsi
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
51 5
8 - SACRO & PROFANO
troppo distante. Troppe chiese ci separano ancora dall’estremo ovest spagnolo e noi non siamo pellegrini fino a questo punto. Magari un domani ci sarà occasione di riprendere il viaggio da dove lo abbiamo interrotto, o meglio da dove abbiamo deciso di cambiare strada, perchè da qui in avanti punteremo verso nord. Questa Spagna è una scoperta, una terra ben oltre le nostre aspettative, verde e montuosa come piace a noi. Anche Martinica, dopo i primi iniziali attacchi di panico, ora dimostra di apprezzare ed, in più di un’occasione, confessa i suoi grossi dubbi, sia in fase di praparazione, sia alla vista dei primi panorami aragonesi. Meglio così, le sorprese quando sono belle sono sempre più gradite. Disegnata da un bambino, la penisola Iberica è una specie di grande quadrato protetto a nord dalla cordigliera Cantabrica, una catena montuosa che separa gli altopiani centrali dall’oceano Atlantico. Le montagne della cordigliera Cantabrica probabilmente, in Italia, non sono molto famose. Noi abbiamo le Alpi e questo ci rende, spesso, un pò troppo esigenti ma questi monti meritano molte attenzioni. Innanzitutto, incuriosisce il nome di quelle che sono le vette più alte, perchè i Picos de Europa hanno sempre suscitato, in me, un certo fascino fin da quando ero bambino. Quel nome, Picos de Europa, aveva sempre stuzzicato la mia fantasia ed ora avevo la possibilità e l’intenzione di soddisfare questa mia curiosità. Tali soddisfazioni però hanno sempre un prezzo perchè, come tutte le cose belle, devono essere conquistate con un minimo di impegno. La strada che attraversa questa parte del paese è, come da tradizione, una strada per gente che non ha fretta, lenta, tortuosa e particolarmente scomoda, insomma una strada che in camper si dovrebbe sempre evitare. Noi certe strade le imbocchiamo sempre. La fortuna di avere sposato Martinica la devo in gran parte a lei anche perchè, qualunque donna sana di mente, mi avrebbe mollato dopo il nostro primo viaggio. Le regole dei nostri viaggi
52
sono poche ma buone e bisogna accettarle con santa pazienza. Martinica ha, fortunatamente, accetato il correre questo rischio. Io, in fondo, ho sempre sospettato che potesse essere una santa donna munita di tanto coraggio ma, soprattutto, di una buona dose di follia. Fatti come siamo noi, non potremmo che stare insieme. Durante i nostri viaggi siamo dannatamente logorroici, ed è anche per questo che, molto spesso, non riusciamo nemmeno ad accendere la radio, ci bastiamo e ci completiamo, riuscendo a farci compagnia l’un l’altro. Siamo condannati a viaggiare in solitaria, non potremmo mai viaggiare in compagnia, risulteremmo antipatici, rumorosi e dannatamente lenti. Ad entrambi non piacciono le soluzioni facili e se la strada inizia a salire ci armiamo di tanta pazienza ed iniziamo la scalata. In vacanza non c’è quasi mai fretta, il viaggio stesso è la vacanza, anche quando basta solo osservare i mille paesaggi che scorrono oltre i vetri del camper. Il mondo è meraviglioso, ci sono luoghi bellissimi nella loro normalità, nel loro essere dimenticati e poco turistici: valli senza borghi, valichi senza nome, castelli in rovina e monasteri senza Dio. Tutto questo è per noi viaggiare. Prendere l’aereo ha il particolare dono della velocità ma il grande difetto di ignorare tutto quanto separa il punto di partenza da quello di arrivo, sarebbe come leggere la prima e l’ultima pagina di un libro indipendentemente dalla sua lunghezza, ma un romanzo è più del suo solo finale. Così nascono i nostri viaggi, seguendo spesso le linee tortuose dei profili geografici ed ignorando i colpi di mannaia autostradali che hanno il vantaggio di velocizzare il tragitto ma marginalizzano intere comunità e regioni. Raggiungere le coste Atlantiche attraverso la regione di Burgos y Leon è scegliere di avere calma, valicare montagne ed attraversare fiumi e laghi, procedendo, spesso, a velocità degne di un mediocre ciclista finito fuori classifica. Procedere con il passo di un amatore del pedale è una modalità, uno stile che deve piacere, bisogna esserci portati. A noi piace così, per ora, ed anche le nostre figlie devono sopportarci, più avanti vedremo
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
8 - SACRO & PROFANO
il da farsi. Giunti al Mirador de Piedrasluengas mi illudo di essere quasi giunto a destinazione. Nuvole basse, si arrampicano tra le montagne, infiltrandosi come se fossero sospinte da una poderosa onda di marea. E’ il ruggito dell’Atlantico che ha reso così famose queste montagne. Ancora oggi, ventisette maggio, molte vette sono coperte dalle nevi invernali. Lì, sui Picos, nevica molto, nonostante si trovino a soli venti chilometri dal mare. L’umidità invadente dell’oceano, sospinta dai venti della corrente a getto, permette alla neve di cadere copiosa e restare fino a stagione inoltrata. Questi monti erano famosi per questo, per essere dei fari che risplendevano sotto la luce del sole indicando la rotta da seguire ai mercanti e ai marinai di ritorno dal nuovo mondo. Quelle montagne a ridosso del mare erano le prime terre ad essere visibili e annunciavano che presto i marinai avrebbero toccato terra. Erano questo i Picos d’Europa, l’annuncio di una festa per tutti quelli che, dopo aver trascorso mesi in mare aperto, facevano ritorno a casa. Anche noi ora siamo al cospetto di queste montagne, sono lì, sembra quasi che siano a portata di mano, solo qualche curva più in basso ma la verità ci apparirà ben presto in tutta la sua evidenza. Dobbiamo raggiungere Potes, solo altri quaranta chilometri di strada. Prima però bisognerà scendere verso il fondovalle, facendo molte curve, forse troppe. Un cartello ci avvisa che ci aspettano trentadue chilometri di strada tortuosa ma, colto da un insano ottimismo penso sia solo un’esagerazione. E’ solo un’illusione, in fondo, perchè qualcuno dovrebbe indicare un dato inesatto? Infatti i trentadue chilometri di curve li faremo tutti. I trentadue chilometri più lunghi dell’intero viaggio nonostante la strada fosse libera ed in discesa. Ci sono vai motivi per cui moglie e marito litigano, può accadere per i figli, per i soldi o per il lavoro. In quei trentadue chilometri ho scoperto, a mie spese, che le strade accidentate possono essere un altro valido motivo che può far nascere dei diverbi. Niente di irrecuperabile ma curve e stanchezza possono risultar essere una miscela altamente instabile e fortemente esplo-
54
siva. Quando sei alla guida non hai la chiara percezione del disagio degli altri membri dell’equipaggio, o forse cerchi solo di minimizzare perchè nel profondo del cuore speri che tutto si possa risolvere al più presto. Quel presto però arriva sempre un attimo più tardi del previsto. Raggiunta Potes abbiamo finalmente la speranza che le nostre peregrinazioni siano giunte alla fine, mancano solo pochi chilometri e come un vecchio marinaio, la vista degli speroni rocciosi imbiancati dalla neve mi avvisano che anche noi siamo prossimi alla meta. Siamo giunti in Cantabria, siamo in Spagna ma è decisamente un’altra Spagna. Sembra di essere in un’altro paese, distante migliaia di chilometri dalle aride steppe delle Bardenas, dai calcarei giurassici di Enciso, dalle scintillanti guglie marmoree di Burgos. Sembra di essere tra le nostre Alpi, con chalet di legno e vasi di fiori rossi sui balconi. Ordine, pulizia, strade ampie e fiumi gonfi d’acqua. La strada sale decisa ed ormai mancano solo pochi chilometri, Martinica è stanca, Elena e Ginevra sono stanche ed io sono stanco. L’entusiasmo per i viaggi non può proteggere sempre da quelli che sono gli effetti collaterali del percorrere tanta strada in poco tempo. Siamo tutti stanchi. Siamo una famiglia, si soffre e ci si diverte tutti insieme. Il camper finora si è ben comportato su ogni genere di strada e anche in quest’ultima salita non sembra soffrire troppo per la pendenza della strada che ci conduce fino a Fuente De. La stazione della cabinovia è famosa perchè ospita l’impianto di risalita a tratto singolo più lungo d’Europa, la nostra meta finale. Arriviamo nell’ampio parcheggio della funivia nel tardo pomeriggio, con un sole splendente che illumina la grande parete di calcare che troneggia e domina la valle. Fuente De è la porta dei Picos, incute timore con la sua imponenza ma è anche la via di accesso più agevole che conduce fin sull’altopiano da dove partono un’infinità di sentieri che attraversano queste splendide montagne. Il grande parcheggio è vuoto, così ci sistemiamo per affrontare la notte. Purtroppo questa giornata eterna sembra destinata a non aver mai aver fine perché
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
8 - SACRO & PROFANO
scopriamo che, nonostante la nostra guida ci indichi che nel parcheggio sia possibile trascorrere la notte, sui cartelli è chiaramente indicato il contrario: Camping prohibido. Non ci sono e non possono esserci dubbi linguistici. Purtroppo la nostra guida ha qualche anno, non troppi, non più di cinque ma è evidente che qui le cose sono cambiate molto più in fretta. Con molto rammarico mi vedo costretto a riaccendere il motore e puntare verso valle, alla ricerca di un camping dove trascorrere la notte. Il nostro primo assalto ai Picos è stato respinto. Troviamo un camping una decina di chilometri più a valle. il San Pelayo è abbastanza confortevole per una famiglia giunta ormai quasi allo stremo delle forze. Elena e Ginevra sono da troppe ore allacciate ai seggiolini e a Fuente De le abbiamo anche illuse che ci potesse essere un parco giochi, è stato troppo anche per loro. Nel camping, dopo aver piazzato il camper, lasciamo Elena e Ginevra giocare nel piccolo parco giochi in attesa che scenda la notte e con essa giunga il meritato riposo. Prima però ci concediamo un piccolo barbeque, una degna cena prima della giornata in montagna. Il sonno arriva lieve e silenzioso, accompagnato dal suolo dell’allegro torrente che scorre vicino al campeggio.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
55
Lunedì 27 Maggio 9° GIORNO
L’OCEANO FUENTE DE - SANTANDER Km 130
9 - L’OCEANO
L’indomani ci svegliamo sotto un cielo grigio, forse un po’ troppo grigio per tentare la sorte in montagna. Silenziosamente impreco mentre continuo a seguire online le previsioni meteo di un giorno che tutti i siti indicano come dannatamente incerto. Sono incazzato nero, solo qualche ora prima uno splendido sole ci aveva accolto alla base dei Picos ed oggi, a solo qualche ora di distanza, ci troviamo con il dubbio se tentare l’avventura. Una volta raggiunta la funivia le condizioni non sono certamente migliori, anzi, la coltre di nuvole basse nasconde alla vista anche la parte alta della montagna ed i cavi dell’impianto si perdono tra le nuvole. Se non fosse per la direzione sbagliata mi verrebbe da pensare che si tratti di un’ascensore verso l’inferno ma cullo, segratamente, la possibilità che, in alto, il sole splenda sopra le nuvole. Questo pensiero esageratamente ottimista ci lascia comunque una piccola speranza. Mi avvio verso la biglietteria dell’impianto e quando chiedo delle condizioni meteo sull’altopiano vengo freddato dalle notizie che provengono dall’altissimo. Niente sole sopra le nuvole, solo nuvole e basta. Martinica è titubante, sia per il meteo che per tanti altri motivi, tra cui, non ultimo e trascurabile, il lungo tratto in cabinovia. Effettivamente la cabinovia è un bel pezzo d’ingegneria, con un unico cavo che collega la stazione a monte con quella a valle, senza piloni intermedi. Rinnovata di recente è la funivia a singola tratta più lunga d’Europa che supera un dislivello di quasi ottocento metri. Numeri da brividi, quelli che ha Martinica e non solo per il freddo. Siamo titubanti se comprare i biglietti o meno, o meglio, io dubbi non ne avrei ma bisogna tenere conto anche delle nostre bimbe, sballotate fino a quasi duemila metri con il maltempo. Per loro non sarebbe sicuramente una bella giornata. Però, perché ci sono sempre dei però, dei piccoli cavilli su cui discutere e riflettere, ci siamo spinti fin qui, a oltre duemila chilometri da casa per scoprire queste montagne che ora, proprio ora, sono coperte da una spessa coltre di nubi. La pioggia
per ora ci sta risparmiando, altrimenti già saremmo tornati in camper imboccando la strada in discesa. Martinica mi guarda chiedendomi sul da farsi, io ho impressa sul volto tutta la mia delusione, quindi anche per fare contento il bambino imbronciato decide di tentare la sorte e salire. Quando entriamo in cabina ci rendiamo conto di essere veramente in pochi, oltre noi quattro c’è una coppia di turisti francesi ed il manovratore. L’azzardo della nostra scelta è nei numeri. La cabina parte con un sussulto poi inizia la sua veloce corsa verso la montagna; non si tratta di una partenza ma di un vero e proprio decollo e quando prende velocità guadagna quota rapidamente. Vista la lunghezza e il dislivello anche io pensavo si trattasse di un passaggio più lento ed invece nel breve volgere di qualche minuto attraversiamo silenziosamente le nuvole per giungere alla stazione di fine corsa. Quando scendiamo le condizioni meteo sono quantomeno disperate, nuvole basse, panorama nascosto e una fitta pioggia finissima che bagna ogni cosa. Ci sono tutti i presupposti perché la giornata si riveli essere un fiasco clamoroso, d’altronde sarebbe il primo ed in un viaggio qualche passaggio a vuoto bisogna pur metterlo in conto. Ci fermiamo al bar per guadagnare tempo anche se, presi dalla delusione, saremmo quasi tentati di prendere la prima corsa utile che ci possa riportare a valle. Usciamo a turno per controllare l’evoluzione del meteo e così trascorriamo una mezz’ora al bar cercando di tenere sotto controllo Elena e Ginevra che almeno riescono a fare colazione. Per le piccole almeno è buona giornata ed ogni ragione è un buon pretesto per giocare. Intanto con la funivia salgono altri gruppi di turisti anche loro, evidentemente, speranzosi in un netto miglioramento delle condizioni del tempo. L’addetto del bar, quando gli chiedo lumi non mi lascia molte speranze, forse dovremmo optare per una ritirata tattica per non buttare completamente l’intera giornata. Questa eventualità continua ad irritarmi, chissà perché ma non riesco proprio a convincermi ma è risaputo quanto io possa essere un inguaribile otti-
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
57
9 - L’OCEANO
mista. Il problema dell’ottimista è quello di essere smentito sempre presto. Però questa volta la perseveranza e l’ottimismo vincono, infatti, quando le speranze si erano quasi ridotte al lumicino ecco la fortuna che provvidamente aiuta gli audaci. Verso metà mattina, complice il calore di un sole comunque quasi estivo, vediamo pian piano infrangersi il muro di nuvole che finora ci aveva tenuto sotto assedio. Era tutto ciò che aspettavamo, veder rinascere quella speranza che anche noi avevamo quasi riposto nel cassetto. Non c’era tempo da perdere, arrivati a questo punto dovevamo essere veloci e sfruttare quella precaria finestra che nessuno poteva prevedere quanto davvero sarebbe durata. Armati di pazienza e tanta buona volontà ci mettiamo in cammino mentre in alto, il sole sembra prepotentemente intenzionato a prendersi la scena. Il panorama che, pian piano, si apre davanti ai nostri occhi ci rivela un altro pezzo di questo paese. Un paesaggio a tratti inaspettato, sembra quasi che un pezzo di Dolomite sia stato teletrasportato dalle Alpi fin qui. Calcare, calcare e ancora calcare tutto intorno, un altopiano scabro, roccioso, quasi lunare, con radi prati che si perdono verso il basso sopraffatti da una grande distesa di roccia grigia. Tutt’intorno chiazze di neve incoronano le cime delle montagne ma dove le grandi rocce proteggono il manto bianco daglia ssalti dei raggi solari, la neve osa di più e sfida la tarda primavera scendendo anche più in basso. E’ un mondo strano quello dei Picos, quasi bizzarro, anche perchè non bisogna dimenticare che, anche se siamo quasi a duemila metri, ci troviamo a venti chilometri da un mare che però non è il tiepido mediterraneo. Mare e montagne, gli ingredienti per una miscela esplosiva. Alle nostre spalle ci lasciamo il baratro che dai Picos precipita sulla valle, un vero salto nel vuoto, un visione veramente mozzafiato. Il sentiero, o meglio la strada, che imbocchiamo sale gradatamente, senza strappi e ci permette di procedere in scioltezza, persino Elena, notoriamente abbastanza pigra in queste situazioni, si è finalmente decisa a
60
collaborare mettendosi in cammino anche se con il suo passo. Dopo un inizio pessimo le cose sembrano iniziare a volgere verso il meglio. Con il sole aumentano anche i turisti ed anche la funivia inizia a trasportare piccoli gruppi di escursionisti e comitive sempre più numerose. Il Panorama è bellissimo con le cime delle montagne che giocano a nascondino con gli ultimi drappi di nebbia ostinatamente aggrappati alle rocce più aguzze. Verso nord altre nuvole cercano di scavalcare le creste per riconquistare il terreno perduto ma il sole non sembra voler cedere il passo. La bellezza non annoia mai. Proseguendo sul sentiero, poco più avanti, incontriamo le prima chiazze di neve, residui di un inverno duro a morire. Era quello che aspettava Elena, quello che gli avevamo promesso, la molla che l’aveva spinta ad arrivare fin quassù con le proprie energie. Saltare sulla neve ed ovviamente bagnarsi un po’. Alla fine ogni bimbo si diverte con poco, in barba a noi adulti che ci preoccupiamo fin troppo. I bimbi riescono a giocare ovunque. Purtroppo la neve ha la brutta caratteristica di essere fredda, anzi gelida, anche a maggio quindi quando Elena ha finito di bagnarsi ben bene, decide di continuare l’escursione con noi, anzi sopra le nostre spalle. La cima della Peña Vieja è lo spartiacque tra il sole e le nuvole, giunti al passo non riusciamo più a vedere nulla, il panorama è completamente nascosto dalla nebbia trascinata da un forte vento. Un piccolo turbine ci sorprende alle spalle quasi come fosse una belva feroce proprio mentre eravamo intenti a scrutare e studiare il sentiero, forse non è una buona idea proseguire oltre, in fondo, vista come era iniziata la mattinata, possiamo anche ritenerci fortunati. Decidiamo di non proseguire oltre e camminare ai piedi della montagna, più riparati anche se poco più avanti incontriamo un escursionista che ci avvisa che qualche centinaio di metri più avanti, dove la valle si fa più stretta, il sentiero è completamente bloccato da quasi un metro di neve. Ad occhio, con quel poco di esperienza di montagna che ho, mi sembra forse
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
61
9 - L’OCEANO
una valutazione esagerata ma con i primi segni di stanchezza delle bimbe decidiamo di tornare sui nostri passi, verso il rifugio. Francamente avrei proseguito oltre ma va bene anche così, ci saranno altre occasioni in futuro. Anche se mia moglie tende sempre ad escludere un ritorno nei luoghi già visitati, amo pensare che ogni volta sia un primo approccio, una tappa esplorativa, un incontro galante da ripetere in futuro. Benché non ci sia nulla di programmato in futuro, mi rifiuto di pensare di non poter più tornare in Scozia o in Islanda. Nella vita mai dire mai. Durante il ritorno, incontriamo decine di escursionisti impegnati nella salita, incoraggiati e sospinti dal sole che ormai si è completamente preso la scena. Per noi è stato meglio così, magari avremo preso un po’ di freddo e le ultime gocce di pioggia ma almeno riusciti a godere dello spettacolo con più tranquillità. Non si tratta di misantropia o fuggire dalle folle ma ci piace godere di certi scorci con il rispetto e il silenzio che certi luoghi meritano, quel rispetto che, anche volendo, le comitive più numerose non riescono a garantire. Siamo fatti così, ed in questo io e Martinica ci somigliamo tantissimo, ci defiliamo al salire della marea, siamo un po’ come degli animali notturni che al sorgere del sole tornano ad accoccolarsi nelle loro tane. Inoltre le bimbe sono stanche, questi viaggi spesso sono faticosi per noi, figurarsi per loro, giovani virgulti che certe scelte non le fanno ma sono costrette a subirle. Avranno, un domani, tutto il tempo di potersi rifare, di chiedere conto di tante loro fatiche giovanili. Con la discesa Elena ha deciso di aver dato abbastanza e reclama il proprio posto sulle spalle di papà mentre Ginevra cullata dall’andatura caracollante dello zaino si è già addormentata. Ormai abbiamo appurato che a Ginevra lo zaino fa un effetto soporifero. E’ tempo di tornare verso la nostra tana, il camper che possiamo vedere, anzi intuire ancora parcheggiato proprio di fronte alla stazione di valle della funivia. Adesso, con il sole che ha spazzato via le nubi, possiamo ammirare in tutta la sua interezza il grande balzo che la cabina ci ha fatto fare per portarci fin sulla montagna e purtroppo non possiamo non notare la vertiginosa di-
scesa che ci attende per tornare fino a valle. Chissà perché le discese sembrano sempre molto più inquietanti delle salite? Elena ha paura ed in questo si dimostra degna compagna della mamma; entrambe non fanno i salti di gioia al pensiero di dover tornare giù sospese nel vuoto dentro quella piccola cabina di metallo. Fortunatamente la discesa è veloce come la salita, non poteva essere diversamente e ad essere allenati, basterebbe saper trattenere il respiro per qualche minuto per toccare terra, ma non è il caso di scherzare, proprio mentre la cabina si tuffa nel vuoto. Inutile girarci troppo intorno con le parole, la discesa è una corsa da brividi, con la cabina che si lancia ad una velocità forse amplificata dalla paura. Elena guardain giù, poi guarda in alto per cercare sicurezza nei miei occhi. Anche tutti gli altri presenti non riescono a mascherare il proprio stupore misto a paura, la cabina sembra precipitare più che scendere. Sospesi a qualche centinaio di metri da terra, cerchiamo con gli occhi la montagna per avere un punto di riferimento più familiare, per cercare la vista ed il conforto della terra, anche se verticale è meglio di niente. In basso il minuscolo puntino del camper inizia a farsi sempre più grande ed in men che non si dica tocchiamo terra. E’ un atterraggio perfetto altrimenti non saremmo qui a raccontare queste piccole note di viaggio. Martinica ed Elena sono contente che sia tutto finito perché, per quanto si possa essere convinti della sicurezza di una macchina, la soddisfazione di tornare a calcare il terreno con i propri passi non ha eguali. Il camper è ancora lì, sicuramente meno solo di quanto lo avevamo lasciato al mattino e riappropriandoci della metafora della marea sfruttiamo la gravità e lentamente ci mettiamo in marcia, rifluendo come la risacca, verso il mare, o meglio, verso Potes per poi proseguire verso nord attraverso la Cordigliera fino alla costa. Scendendo dalle montagne eravamo convinti che la parte di viaggio più impegnativa fosse alle nostre spalle e che le strade scomode fossero finalmente finite. Attraversare la parte nord del massiccio dei Picos de Europa è, invece, un viaggio nel viaggio. La strada verso nord si insinua in una stretta gola tenuta in ostaggio da pareti verticali che non ci permettono
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
63
9 - L’OCEANO
di procedere a velocità elevata. Solo ora ci stiamo rendendo conto della reale maestosità e bellezza di queste montagne, salendo a Funte De, infatti, avevamo avuto solo un assaggio di quello che scopriamo essere sempre più un paradiso montano, un nido delle aquile nel nord della penisola Iberica. Così mentre procediamo cercando di guadagnare una via verso il mare non possiamo che ammirare le tantissime cime che svettano tutto intorno la strada. Sarò ripetitivo e monotono ma il fascino e le emozioni che suscitano in me i panorami montani il mare non riesce a darmeli. E’ una questione di affinità elettive. Non si possono paragonare montagne selvagge a spiagge con gli ombrelloni, bisognerebbe sempre fare i paragoni usando i giusti metodi comparativi e forse le coste Cantabriche potranno contribuire a farmi cambiare idea. Verso nord il tempo torna a peggiorare, per fortuna siamo in camper e basta solo andare piano per procedere in relativa sicurezza. La nostra destinazione per la sera è Santander, quindi una volta in autostrada dovremo dirigerci verso est. Ormai è tempo di pensare al ritorno, anche in vacanza, anzi soprattutto in vacanza il tempo è tiranno e non concede sconti. Nonostante fossimo in viaggio qualche limite ce lo siamo dovuti comunque porre; all’inizio Santiago era un’idea magnifica che però sapevamo essere difficilmente raggiungibile. Volendo, al primo casello autostradale avremmo potuto dirigerci verso occidente e senza esagerare troppo, raggiungere le coste della Galizia entro sera. Volendo, entro sera si sarebbero potute fare molte cose, ma per quanto detto in precedenza in merito alla nostra filosofia di viaggio, decidiamo di volgere lo sguardo ad oriente. Dirigersi verso est significa, implicitamente, iniziare il viaggio di ritorno verso casa e parlando, Martinica mi confessa di non essersi resa conto della velocità con cui è trascorso il tempo, le sembra quasi impossibile che, già, si inizi a parlare di ritorno. Lei è fatta così, una volta mi sarei arrabbiato, inutilmente oggi aggiungerei. Lei potrebbe vivere con la valigia perennemente pronta ai piedi del letto, sempre pronta ad una nuova partenza, come una vera e propria anima nomade. Quando raggiungiamo Santander piove come se fossimo in
64
nord Europa e forse non è un caso che anticamente qui approdarono antiche popolazioni celtiche. Il verde impera ovunque, tanto che sembra di essere in Francia o in Irlanda. Faccio finta di nulla ma anche io sono rimasto sorpreso dalla diversità degli ambienti climatici. Parlare di Spagna generalmente evoca le spiagge dorate del Mediterraneo e le grandi distese di ulivi, spesso ignorando il clima atlantico che caratterizza tutta la costa nord, una costa brusca e tagliente, a tratti inospitale ed avversa, con un mare che non ti invita ad immergerti in acqua. Queste spiagge sembrano voler avvisare i turisti distratti a prestare attenzione. Ci sono le spiagge ma, come per i farmaci, bisogna leggere attentamente le avvertenze perché i riottosi flutti Atlantici vanno capiti e domati, le maree non possono essere affrontate non possono essere ignorate o affrontate con leggerezza, altrimenti si corre il rischio di trovarsi a nuotare controcorrente. Fortunatamente per noi questo rischio non sussiste, tra la pioggia ed il vento, un’avventura in spiaggia non la prendiamo minimamente in considerazione, anzi visto il meteo avverso, crediamo sia giunta l’ora di fare ritorno alla civiltà entrando dalla porta principale. Così, arrivati a Santander, parcheggiamo il camper appena fuori un grande centro commerciale onde evitare altre spiacevoli disavventure. Errare è umano, perseverare è diabolico. Accecati dalle insegne luminose e dalla musica tambureggiante ci perdiamo tra le corsie per fare qualche provvista. Visto il precedente, durante il nostro giro, tra gli scaffali del supermarket, confesso di essere stato un po’ in ansia. Credo sia umano, essere apprensivi verso un qualcosa che c’è stato affidato e di cui siamo finanziariamente responsabili. La statistica gioca a nostro favore, bissare un risultato così negativo sarebbe altamente improbabile. Improbabile ma non impossibile così quando usciamo con il carrello e troviamo tutto in ordine riesco finalmente tirare un respiro di sollievo. Dopo aver caricato tutta la spesa, regali delle bimbe compresi, raggiungiamo il parcheggio attrezzato nei pressi dello stadio e del parco cittadino dove passeremo la notte.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
65
Lunedì 27 Maggio 9° GIORNO
Martedì 28 Maggio 10° GIORNO
PAESI BASCHI MA NON TROPPO SANTANDER -ALTAMIRA - SAN JUAN DE GAZTELUGATXE km 150
10 - PAESI BASCHI MA NON TROPPO
Ci svegliamo con le ultime gocce del temporale notturno che scivolano ancora sul parabrezza, il meteo purtroppo dovrebbe migliorare solo in tarda mattina. Le coste del nord della Spagna sono così, imprevedibili e dispettose, spesso bagnate da veloci rovesci. Visto l’oceano non potevamo che aspettarci un clima capriccioso altrimenti non si spiegherebbe l’abbondanza di vegetazione ed il forte contrasto con la meseta dell’interno o con la valle dell’Ebro. Non si può avere tutto nella vita. In attesa del tanto agognato miglioramento del tempo decidiamo di fare una breve tappa nelle vicinanze della città alla scoperta di un sito divenuto famoso a livello mondiale per la bellezza delle pitture rupestri. Altamira è poco distante da Santander, nei pressi del paese di Santillana del Mar, bisognerà solo tornare indietro di qualche chilometro e spostarsi nell’entroterra. La Cueva de Altamira è uno dei siti di arte rupestre più famosi del mondo e fin da quando fu scoperta sbalordì il mondo per la bellezza, la vividezza ed il pregio delle sue pitture, purtroppo fu anche vittima del suo stesso successo perché, negli anni successivi la scoperta, fu letteralmente presa d’assalto dai visitatori che ne minarono il precario equilibrio. L’eccesso di anidride carbonica, l’aumento della temperatura interna e la scarsa educazione dei troppi curiosi misero in grave pericolo l’esistenza stessa delle pitture così da far prendere alle autorità, su consiglio degli scienziati, la drastica decisione di proibire l’accesso al sito intanto divenuto patrimonio mondiale dell’umanità. Negli ultimi anni, dopo gli studi ed i successivi lavori di consolidamento e restauro,la grotta è stata riaperta ma a numero numero chiuso. Pensate, ben cinque turisti l’anno, potranno scendere nella grotta ed ammirarne le meraviglie dal vivo. Cinque, non cinquanta, quindi noi eravamo in quattro ed alla fine ci sarebbe stato posto anche per un’altra persona. Per accedere le nostre possibilità erano pari a quelle di vincere il primo premio di una lotteria in cui, tanto per iniziare, bisognava aver comprato il biglietto. Quindi probabilmente ci saremmo accontentati di entrare nel museo adiacente e
nella moderna struttura costruita sul posto che contiene una copia della sala delle pitture ricostruita per consentire a tutti di ammirare questo spettacolare esempio di arte paleolitica fedelmente riprodotto. Non nascondo che Martinica è fin da principio abbastanza riluttante ad assecondarmi in questa visita ma visto che bisogna guadagnare tempo alla fine accetta di seguirmi. Si arriva in un parcheggio ampio e da lì iniziamo il nostro viaggio a ritroso del tempo. Non più Dinosauri, non più geologia, questa volta sarà arte paleolitica. Nel nord della Spagna si sono conservate numerose testimonianze di vita dell’homo sapiens ed anche dei Neanderthal, nostri cugini più prossimi. Qui i nostri antenati sembra abbiano voluto dar vita ad un vero e proprio circolo culturale, decorando e dipingendo numerose altre grotte. La grotta di Altamira, infatti, fa parte di un grande parco archeologico diffuso che comprende decine di grotte, segno di una popolazione numericamente consistente, attiva e organizzata. Per accedere al sito bisogna pagare un ingresso che scopriamo essere molto economico comprendente anche la prenotazione per il nostro giro nella grotta. Una volta entrati appuriamo però che il prezzo del biglietto è proporzionale alla simpatia delle numerose dipendenti che non brillano per cortesia e simpatia. Ci permettiamo questa piccola nota polemica per mettere in risalto il fatto che sono state le prime persone “poco cordiali” incontrate dopo quasi due settimane di viaggio. Purtroppo anche la statistica giocava contro di noi. L’ingresso nella grotta avviene in piccoli gruppi scaglionati ad intervalli di quindici minuti e prima di accedere nella sala delle pitture ci viene mostrato un breve filmato che racconta le fasi della realizzazione dei disegni e la scoperta della grotta. Assistiamo alla proiezione che avviene al buio, cosa che Elena e Ginevra dimostrano, per l’ennesima volta, di non gradire affatto e non fanno nulla per non farlo notare a noi e a tutti gli altri presenti. Viaggiando con bimbi al seguito queste sono cose che possono accadere ed anche se molti si dimostrano comprensivi, altri celano malamente il proprio disappunto. Sono
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
67
10 - PAESI BASCHI MA NON TROPPO
bimbi, però sono i nostri e purtroppo qualche anno fa forse avremmo borbottato anche noi. Ora sopportiamo e portiamo la croce. I bambini sono il segno dei tempi che cambiano. Una volta dentro rimaniamo piacevolmente sorpresi ed anche se si tratta di una riproduzione, gli archeologi e gli artisti che si sono adoperati nell’opera sono riusciti a creare un ambiente molto realistico, impreziosito da qualche installazione multimediale di sicuro effetto. Le luci discrete e soffuse ricreano ed amplificano l’atmosfera cupa dell’interno della “Cueva” restituendo un senso di reale che ci fa, per qualche minuto, dimenticare, che siamo all’interno di una riproduzione dell’originale. Dal vivo le pitture sono incredibili e lasciano senza parole per i colori e la ricercatezza del tratto, sembra quasi impossibile che possa trattarsi di opere realizzate decine di migliaia di anni fa. Se estrapolate dal contesto potrebbero tranquillamente essere spacciate per disegni di artisti contemporanei. Tutto la volta della grotta è stata utilizzata come un unico foglio da disegno per raffigurare gli animali e le scene di caccia del tempo. Ci sono bisonti, gazzelle e antilopi, un’accurata riproduzione di tutto il campionario di fauna, peraltro, estinto da queste parti. Nonostante l’iniziale ritrosia anche Martinica è piacevolmente sorpresa, mentre ad Elena raccontiamo un po’ di storie sugli uomini primitivi e sul grande pipistrello che viveva nella grotta. Ginevra, invece se ne sta tranquilla nel passeggino senza badare molto a quello che le succede intorno mangiando qualcuno dei suoi biscotti preferiti. Quando finisce la visita è ora di tornare verso Santander per fare un giro in bici. Il sole è ormai alto nel cielo ed in realtà c’era sempre stato per tutta la mattina, in barba alle previsioni che davano pioggia. Dopo questo episodio non possiamo non ricordare come questo sia stato un viaggio in cui abbiamo dovuto confrontarci con un meteo veramente mutevole ed anche con previsioni che, qualche volta, sono state fin troppo approssimative. Alla fine, possiamo dire di esserne usciti in maniera più che dignitosa, sfruttando tutto il tempo utile e limitando al massimo i tempi morti. Sono lontanissimi i giorni
68
del viaggio in Bretagna quando fummo in balia dii temporali che ci costrinsero a virare verso sud. Finalmente possiamo dire di essere diventati dei camperisti provetti. Magari prima di lodarci troppo dovremmo migliorare sotto alcuni aspetti, esercitandoci maggiormente nella difficile arte di caricare le bici. Per avere le bici al seguito, infatti, bisogna avere l’apposito porta bici, senza il quale tutte le operazioni di carico e scarico diventano dannatamente più complicate. Ogni volta ci troviamo a dover tirare giù tutto per districare pedali e manubri. Per completare le operazioni è necessaria qualche imprecazione di troppo e, dopo vari tentativi, siamo pronti per partire alla scoperta la città. La moderna Santander è una città funzionale, pulita ed ordinata, con strade ampie ed un lungomare curato e pieno di piste ciclabili. E’ un piacere pedalare per la città. Poi c’è sempre l’oceano che, per me, è il mare con la maiuscola, con quel suo aspetto minaccioso, i colori poco invitanti e quelle onde che spumeggiando contro le rocce riempiono l’aria di iodio e salmastro. Amo questo mare senza compromessi. Un mare senza ombrelloni e bagnanti con solo qualche cane a passeggio e degli impavidi aquiloni a sfidare il vento. C’è da dire che la città non è pigramente adagiata sul mare ma si sviluppa su una costa irrequieta e di conseguenza anche le piste ciclabili ne seguono il profilo sinuoso, con numerosi sali e scendi. Arrugginiti dai giorni in camper e appesantiti dalla piacevole zavorra delle bimbe sui seggiolini, pedaliamo controvento, sbuffando e sudando un po. Quando siamo in bici la sosta per il gelato è una tradizione, così quando troviamo un piccolo furgone ci fermiamo anche per tirare un po’ il fiato. Non si tratta di una pausa a buon mercato però Elena e Ginevra sembrano gradire e quindi va bene così. Il centro storico di Santander non affaccia direttamente sull’oceano ma è stata costruito al riparo di una baia protetta dal mare aperto oltre un promontorio roccioso, dove negli anni si è sviluppata la città moderna. Santander è una città ricca, dal passato nobile e, come possiamo notare dalla cura delle costruzioni e dall’aspetto delle strade, ancora oggi benestante. Proprio
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
70
10 - PAESI BASCHI MA NON TROPPO
dove il promontorio che si affaccia sull’oceano e si tuffa in mare c’è una delle dimore estive dei reali di Spagna, il palazzo della Magdalena, a dimostrazione, che si tratta di una città importante anche per la corona di Spagna. Girare in bici è divertente e quando arriviamo nei pressi del centro Botin capiamo che la nostra passeggiata è giunta al termine. Parco giochi e relative giostre ci sbarrano il passo, non possiamo nemmeno far finta di non vederle. La sosta è d’obbligo e non faccio nemmeno a tempo mettere il cavalletto che Elena è già in fuga per arrampicarsi su uno dei giochi. Lancio un’occhiata a Martinica, tanto ormai basta uno sguardo per capirci e ci diciamo che se stanno bene loro, stiamo bene anche noi. Lasciamo quindi che i giochi abbiano inizio e giochiamo anche noi con loro. A Santander non fa mai troppo caldo, non sembra nemmeno di essere in Spagna. Quando la colonnina di mercurio schizza in alto fatica a raggiungere i trenta gradi, in compenso le correnti marine saturano l’aria proveniente dall’oceano di umidità facendo aumentare la percezione di calore, almeno così mi dice un signore conosciuto al parco, ignorando probabilmente il vero senso delle parole caldo e umidità. Pur in una giornata ritenuta calda infatti, se avessimo avuto una felpa con noi, non avremmo esitato ad indossarla se non per il vento che, quando spira dal mare, rinfresca l’aria rendendola pungente per il periodo. Sulle giostre Elena e Ginevra si divertono tantissimo ma prima che il pomeriggio avanzi troppo ci rimettiamo in sella per tornare verso il camper. Arrancando sui pedali risaliamo la collina che sovrasta il centro città chiedendoci perché mai le gite in bicicletta sono sempre più faticose al ritorno. Io sui pedali me la sono sempre cavata discretamente mentre Martinica accusa l’ultimo strappo prima dell’ultimo gran premio della montagna. Tornati al camper risistemiamo le biciclette nel magazzino posteriore con la solita fatica eppoi ci prepariamo per la partenza. Appena pronti imbocchiamo l’autostrada in direzione est, è ora di cominciare veramente a percorrere la lunga strada verso casa. Vista la recente esperienza con le bici ci rendiamo conto di dover rivedere la nostra filosofia di
72
viaggio. In futuro cercheremo di prenotare camper con il porta biciclette esterno in modo da rendere molto più semplici le operazioni di carico e scarico, non è possibile, per tirare fuori due bici, dover quasi svuotare mezzo magazzino. L’autostrada che corre parallela alla costa Atlantica è molto diversa da tutte le strade che abbiamo avuto modo di percorrere fin dal nostro primo giorno in terra di Spagna. Innanzitutto sono molto trafficate, specialmente in prossimità delle città ed il traffico era una di quelle cose che avevamo quasi dimenticato negli ultimi dieci giorni. Inoltre, questa autostrada, seguendo una costa accidentata e piuttosto montuosa è un continuo susseguirsi di ripide salite e analoghe discese, con tanti camion a rallentare ed ostacolare la marcia. Mentre ci dirigiamo verso i Paesi Baschi e verso Bilbao, superiamo molti complessi industriali, impianti petrolchimici e altre industrie, tutti panorami inconsueti; finora la Spagna, per noi, era stata tutta natura, al più uliveti e poco altro. Una sosta a Bilbao onestamente non l’avevo prevista e man mano che ci avviciniamo alla città, non piacendoci affatto quello che stiamo vedendo scorrere fuori dai finestrini, ci fa optare per il proseguire oltre e tentare fortuna altrove. Visto il poco tempo rimasto non vogliamo rischiare di utilizzarlo per soste che non ci convincono del tutto. Pur essendo profondamente ingiusto dare un giudizio su un città da quel poco che si può vedere ai margini dell’autostrada, non ce la sentiamo di rischiare. Ci bastano le ciminiere, il cemento e l’asfalto a farci propendere per la scelta di proseguire oltre, verso l’ignoto. Quanto detto potrebbe sembrare una battuta ma a questo punto devo confessare di non aver pianificato proprio tutto. Purtroppo spesso, mi capita di lasciare qualche zona d’ombra, buchi neri senza ricordare bene nemmeno il perché. Forse confido sempre troppo nella buona sorte ma non sempre tutte le ciambelle riescono con il buco. Superata Bilbao, dopo qualche attimo di smarrimento, puntiamo verso nord, l’idea dell’ultimo minuto è quella di raggiungere la costa e visitare il Santuario di San Juan de Gaztelugatxe ma, come scopriremo
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
10 - PAESI BASCHI MA NON TROPPO
in seguito, la strada per arrivarci sarà lunga e tormentata. L’ennesima e nemmeno l’ultima. Per giungere fino al santuario avviene uno di quegli scontri di civiltà che credo siano capitati un po’ a tutti e di cui, per essendone vittima, me ne assumo parte della responsabilità. Quella che si venuta ad instaurare tra me il navigatore satellitare è una specie di guerra personale, un conflitto a bassa intensità che su questo tratto di strada ha avuto uno dei scontri più accesi. Seguendo consigli impersonali e palesemente errati, abbiamo affrontato strade improponibili, perdendo tempo prezioso ed innervosendoci inutilmente. Quando la notte si era già sostituita al giorno noi eravamo ancora alla ricerca di un posto tranquillo dove dormire. Il navigatore aveva deciso di metterci i bastoni tra le ruote e più di una volta ci aveva indicato soluzioni poco plausibili. Giunti a questo punto senza aver ancora concluso nulla, decisi che era il caso di prendere la situazione in mano e silenziare il saccente collaboratore digitale. Fortunatamente le bimbe avevano fatto in tempo ad addormentarsi mentre girovagavamo praticamente a caso. Dal momento che avevamo deciso di ignorare qualsiasi consiglio, riuscimmo a sistemare il camper in un piccolo e riparato parcheggio. Trovare un posto fu un sollievo anche perché, con la stanchezza ed il nervosismo galoppante, era divenuto molto difficoltoso mantenere calma e lucidità. Momenti come quelli, con tensioni e discussioni possono capitare, speravamo solo che il forte vento della notte, che sballottava il camper, alla mattina ci potesse riconsegnare un clima più sereno, in tutti i sensi.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
73
Mercoledì 29 Maggio 11° GIORNO
RITORNO IN ARAGONA SAN JUAN GAZTELUGATXE - URKIOLA - SANGUESA km 235
11 - RITORNO IN ARAGONA
Ci svegliamo al mattino con l’umidità che ricopre ogni cosa, sembra quasi che gli schizzi di qualche grande onda oceanica fossero giunti fin lì ma, come scopriamo con la luce del mattino, l’oceano è un po’ troppo distante. Quando arriviamo sul tratto di costa sovrastante il santuario di San Juan sono da poco trascorse le dieci e pur essendo relativamente presto, troviamo tanta gente che si sta incamminando per la discesa che conduce fino al mare. Raggiungere l’oceano con il camper o qualsiasi altro mezzo a motore non è possibile a causa di alcuni lavori sulla strada e quindi dobbiamo tirar fuori gli zaini per caricare le bimbe. Il sentiero inizia con una discesa ripida e scivolosa come una pista da bob. Incontriamo alcuni operai che stanno scaricando del materiale edile per costruire una biglietteria proprio all’inizio del sentiero. Non credevamo che fossimo in un luogo tanto famoso e visitato. Fatte le prime curve ci appare il panorama e finalmente riusciamo anche ad ammirare l’oceano. Lo scenario è magnifico con il mare blu e verde e la spuma che scontrandosi con le rocce dell’isolotto di Gaztelugatxe riempie l’aria con una nebbia sottile. La chiesetta di san Juan sormonta un bastione roccioso che resiste alla forza e alla prepotenza delle onde. Quando troviamo in un punto abbastanza panoramico ci fermiamo ad osservare il paesaggio e studiare il cammino per raggiungere la sommità dell’isolotto. La strada è piuttosto semplice, dovremo scendere giù dalla montagna per poi risalire lungo lo stretto sentiero che, zigzagando, conduce fino alla cima. Non c’è nulla da aggiungere se non che sarà una bella faticata, l’ennesima aggiungerei. Ci incamminiamo a passo lento, incrociando numerosi turisti che sono già sulla via del ritorno. Un po’ li invidiamo perché significa che sono già prossimi alla fine delle loro fatiche. Se siete tra quelli che pensano che si faccia fatica in salita, bisogna che proviate almeno per una volta a scendere un sentiero molto ripido con quasi trenta chili sulle spalle. Avere dei bimbi è, qualche volta, una vera e propria via crucis. Il sentiero scende il fianco della montagna per più di cento metri e purtroppo quando siamo in prossimità del mare
e il rumore delle onde ha preso il sopravvento ci rendiamo conto di un particolare che non avevamo tenuto nella giusta considerazione, ovvero, che ci troveremo ad affrontare la salita fino al santuario e tutto il percorso di ritorno fino al camper sotto un sole cocente. La nostra solita fortuna ci ha riservato, dopo i tentennamenti del primo mattino, un sole che picchia, accompagnato da un’umidità che toglie il respiro. Non si può certo dire che la sorta ci sorrida, nell’unico giorno che avremmo gradito un cielo noiosamente grigio ci troviamo ad affrontare il primo vero sole estivo. Fortunatamente Elena decide di sorprenderci e un gradino alla volta, tenacemente, sale con le sue forze fino al santuario. Una sorpresa per noi e perfino per lei. Una piccola impresa che ci lascia ben sperare per il futuro ed Elena, una volta in cima, si mostra giustamente orgogliosa, purtroppo delle patatine in vendita al termine della salita non troviamo nessuna traccia. In cima, ad attenderci, troviamo un bellissimo panorama che riempie gli occhi di decine di turisti stanchi ed accaldati. La tradizione vuole che una volta raggiunto il l’eremo bisognerebbe suonare per tre volte la la piccola campana del santuario ma sarebbe troppo il rumore e troppa la stanchezza. Così preferiamo lasciare questo privilegio a tutti coloro che ci seguono e non rispettare la tradizione. Noi preferiamo goderci il panorama, bellissimo in ogni direzione, sia verso l’oceano altero e sconfinato, sia verso la costa dove la processione dei molti turisti in ordine è diventata una specie di fiume in piena che sfida la gravità risalendo verso la piccola chiesa. Ginevra, come al solito, dorme tranquilla nello zaino mentre Elena si dedica all’esplorazione del luogo anche se non possiamo mai abbassare l’attenzione: troppo vispa la piccola e troppo vertiginoso lo strapiombo che sia apre oltre il parapetto. A quattro anni non si può avere una reale percezione del pericolo, quindi la seguiamo ad ogni suo piccolo passo. San Juan de Gatzelugatxe è una bella scoperta, un angolo caratteristico di questa Spagna nascosta e meno conosciuta, anche se ormai i Paesi Baschi sono entrati a buon diritto nelle rotte turistiche più importanti, uscendo dagli anni più oscuri
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
75
11 - RITORNO IN ARAGONA
76
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
11 - RITORNO IN ARAGONA
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
77
11 - RITORNO IN ARAGONA
legati agli anni della lotta per l’indipendenza dal resto della Spagna. E’ tempo di tornare indietro e affrontare l’insidiosa discesa. Elena torna nello zaino e pian piano come eravamo saliti ripartiamo, sotto lo sguardo vigile di un elicottero, che ci scruta dall’alto come se fosse alla ricerca di qualcosa. E’ un elicottero della protezione civile da cui si calano due medici con tanto di barella d’emergenza che ridiscendono lo stretto sentiero. Probabilmente qualcuno ha avuto un incidente oppure un malore. Una volta raggiunto il piccolo parcheggio alla base troviamo un uomo che, probabilmente scivolando, ha riportato una serie di ferite al capo e sembra essere in leggero stato confusionale. Ci facciamo da parte, cercando di evitare di essere d’intralcio nei soccorsi, anche se, da una prima occhiata non sembra essere in condizioni preoccupanti. Alla fine della scalinata ha trovato ad attenderlo un’auto e il medico che fortunatamente sta prestando le prime cure del caso. Elena è affascinata dal volo dell’elicottero che continua a sorvegliare l’area con numerosi passaggi ravvicinati. Vedere in azione la macchina dei soccorsi cosi tempestivamente ed in maniera coordinata è una una bella notizia anche se, viste le caratteristiche della zona deve essere una tipologia d’intervento che deve avvenire abbastanza di sovente. Una volta arrivati in fondo, dove l’isolotto di San Juan è stato unito alla terraferma dal camminamento pedonale, inizia la parte più complicata, complice anche la stanchezza, comincio a sospettare che la salita verso il camper non sarà del tutto indolore. Tra lo stomaco che mugugna e il sole che martella, percorrere le ultime centinaia di metri potrebbe essere un calvario. Da qui in avanti la nostra ascesa al Golgota procede molto lentamente con numerose pause e tante, sommesse, imprecazioni. Gli strappi finali sono terribili, avanziamo quasi fossimo in alta montagna, nella zona della morte in carenza d’ossigeno. Quella discesa che, un paio di ore prima, aveva messo a dura prova le nostre gambe, si stava dimostrando più dura della scalata di una montagna. Mancano solo pochi metri ed Elena, vedendomi arrancare, decide di percorre da
78
sola gli ultimi metri, quelli che potevano essermi fatali. Arrivati al camper possiamo finalmente dirlo, è stata dura, veramente dura anche se, secondo me, il panorama valeva tutta la fatica fatta. Ricordandolo oggi Martinica non è d’accordo, troppa fatica anche se molto è dipeso dalla giornata calda ed estremamente afosa; la prima giornata veramente calda da quando siamo in terra Iberica. Una volta tornati sul camper dobbiamo decidere quale strada percorrere per puntare verso l’Italia, anzi sarebbe meglio dire per uscire dalla Spagna. Una delle possibilità sarebbe anche la soluzione più classica e semplice, ovvero quella che, seguendo la costa dei Paesi Baschi, ci riporterebbe in Francia eppoi costeggiando il versante orientale della catena dei Pirenei raggiungere le coste mediterranee ed infine l’Italia. Questa soluzione per me è troppo classica ed è anche la meno spettacolare. Ci troveremmo infatti a seguire fedelmente il tracciato autostradale e nel rispetto della nostra filosofia di viaggio non reputiamo essere questa la scelta migliore. Fatte le debite considerazioni scegliamo un percorso più tortuoso che ci riporterà prima in Aragona da dove valicheremo le montagne per tornare in Francia. Quelle terre custodiscono ancora luoghi che vale la pena visitare,anche se probabilmente saremo costretti a fare qualche chilometro in più ma, sono sicuro, che ne varrà la pena. Da san Juan quindi puntiamo verso sud, superiamo Bremeo eppoi Guernica prima di riprendere l’autostrada. Il traffico è quello che ormai abbiamo capito essere tipico nei Paesi Baschi, più congestionato rispetto al resto della Spagna quindi alla prima uscita torniamo a ripercorrere qualche sconosciuta statale. Se avessi avuto la lungimiranza di avviare il navigatore, sicuramente, avremmo evitato di imboccare una strada che, seppur in ottime condizioni, letteralmente ci ha condotto a sfiorare il cielo. Il passo di Urkiola mi rimarrà impresso, duro, tortuoso, con rampe da crono scalata ci ha proiettato dal livello del mare verso i quasi ottocento metri del valico con un panorama che, via via, è divenuto sempre più di montagna.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
11 - RITORNO IN ARAGONA
Le rampe dell’Urkiola sono molto famose in tutta la Spagna, sono un importante itinerario per i ciclisti che, numerosi, accorrono per sfidarne le asprezze. Anche noi, pur essendo motorizzati, abbiamo sofferto, o meglio, ad arrancare e sbuffare in salita è stato il camper ed anche un po’ noi con lui. L’Urkiola è un nastro d’asfalto che arriva ad avere pendenze anche del quattordici per cento nei punti più duri e comunque mai troppo sotto il dieci. A posteriori direi che forse è una strada che non avremmo dovuto affrontare. Eravamo in vacanza non alla Vuelta, non era nemmeno ancora la stagione. La fortuna ha voluto però che un simile mostro fosse di breve durata e quando arriviamo in cima il paesaggio è completamente cambiato. Siamo entrati in un parco nazionale, con boschi, torrenti e mucche al pascolo e mentre poco prima potevamo ancora vedere le onde del mare infilarsi nelle mille insenature della costa Basca ora sembra di essere in una zona di montagna. Una magia tutta Spagnola. Proseguendo ci lanciamo in discesa, si fa per dire, verso Vitoria per poi proseguire fino a Pamplona, dobbiamo fare un po’ di strada in più e avvantaggiarci perché, con le vacanze agli sgoccioli non vogliamo farci trovare
80
impreparati con ancora troppa strada da percorrere negli ultimissimi giorni. Sostiamo a Sanguesa, sulle rive del fiume Aragon anche perché di alternative ce ne sono veramente poche. Una volta nell’entroterra le possibilità di scelta diminuiscono drasticamente perché cala notevolmente anche il numero dei turisti. Nel camping siamo in sei ma va bene cosi e appena pronti Elena subito indossa l’accappatoio perché ha scoperto quanto sia divertente a fare la doccia con la mamma. Dopo esserci data una bella ripulita ci concediamo una breve passeggiata nel paese di Sanguesa per assaggiare qualche Tapas. Ci sediamo in un bar ma non è che ci vengano servite delle portate memorabili. Un po’ delusi, restiamo con la fame e la curiosità di provare, dopo la meravigliosa paella di Burgos, qualche altra specialità Iberica. Per toglierci questo sfizio non è che ci resti molto altro tempo. Torniamo al camper per la nostra penultima notte in Spagna. Quando il tramonto e l’ombra delle montagne uniscono le loro forze per sconfiggere il giorno ci addormentiamo per il meritato riposo. Il lento scorrere del rio aragon ci accompagna verso il meritato riposo.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
Giovedì 30 Maggio 12° GIORNO
CANYON, CASTELLI E TAPAS SANGUESA - FOZ DE LUMBIER - LOARRE - JACA km 236
12 - CANYON, CASTELLI E TAPAS
Non lontano da Sanguesa è situato uno di quei luoghi che difficilmente si trova sulle guide. Il Foz de Lumbier è un canyon scavato nel calcare dal rio Irati, un colpo d’ascia nella sierra del Leyre che squarciata, precipita verso il fiume con pareti alte centinaia di metri. In un precedente viaggio scoprii questo piccolo gioiello scavato nella roccia e ne rimasi impressionato per la bellezza e la presenza di numerosi grifoni che volteggiavano nell’aria e si lasciavano trasportare dalle correnti ascensionali. Dopo la prima visita decisi che un giorno sarei tornato. Questo ritorno a Lumbier è stato un piacere che condivido con le mie donne molto volentieri. Il tempo da queste parti sembra essersi fermato, pochi i cambiamenti, lo stesso campo di grano prima dell’entrata del canyon. Qui tutto sembra congelato, uguale nel tempo se si esclude l’area del parcheggio che è stata ampliata e sistemata. Il Foz è sempre lì, con il suo riecheggiare dell’acqua che scivola a valle facendosi strada attraverso massi e rocce e gli immancabili rapaci che dall’alto delle falesie scrutano impassibili tutto quanto accade nei paraggi. Il sentiero si snoda sul percorso di una vecchia ferrovia, ormai smantellata, ed è facilmente percorribile anche con il passeggino. Tutto intorno i grifoni volteggiano nel cielo, proiettando le loro ombre sulle grandi pareti verticali di calcare giallo arancio. Ci addentriamo in oscure gallerie con le volte annerite dal fumo di treni ormai dimenticati. Si passa dal caldo al freddo, attraversando le pozzanghere formate da acqua che filtra attraverso la dura roccia, per poi tornare al caldo. E’ un continuo alternarsi di luce e tenebre, un’oscillazione continua tra paradiso ed inferno, un viaggio di andata e ritorno verso gli inferi. Il Foz per me è un luogo meraviglioso e non ho mai sperimentato, se non qui, la possibilità di trovarmi così vicino a dei grandi uccelli rapaci. Dal punto di vista strettamente fotografico è un luogo che si presta benissimo per catture spettacolari a patto di avere con se tutta l’attrezzatura necessaria. Quando stiamo per tornare verso il camper il sole ha iniziato da un pezzo ad essere inclemente. Quando eravamo partiti dall’Italia eravamo stati accompagnati dalla pioggia e dalla
neve quasi dimenticando che, vista la stagione, sarebbero bastati pochi giorni di tempo meno perturbato per tornare a valori più consoni alle medie del periodo. Insomma, senza tanti giri di parole, era arrivata l’estate. Una volta sul camper è ora di proseguire continuando a puntare verso est, verso casa e per farlo abbiamo deciso di non ripetere lo stesso itinerario dell’andata. Abbiamo scelto un tratto di strada più a sud, che sfiorerà la sierra del Leyre per poi piegare verso nord. Attraverseremo la zona dei Cinco Villas, la mappa ci dice che, grossomodo, dovremmo percorrere gli stessi chilometri del percorso più settentrionale, quindi non ci resta che metterci in marcia. La marca dei Cinco Villas è una regione remota dell’Aragona, al confine con la Navarra. Il primo paese che attraversiamo è Sos del Rey Catolico, dove la strada comincia a salire ed a farsi piena di curve, Quando raggiungiamo il passo ricompaiono alla nostra vista i Pirenei, con le loro vette ancora imbiancate. Da qui in poi la strada prosegue con un tracciato che sembra essere stato disegnato da qualche ingegnere ubriaco. La strada è un continuo susseguirsi di curve e contro curve che mettono a dura prova il camper e la nostra pazienza. Mi sembra di sentire in sottofondo il navigatore sghignazzare, sicuramente quell’algoritmo saccente ed un po’ sbruffone, ci avrebbe consigliato un altro tragitto ma seguire ora i suoi suggerimenti, dopo aver percorso tanta strada, sarebbe del tutto inattuabile. Siamo in ballo ed ora bisogna ballare e non solo in senso figurato. Premetto che non è solo colpa nostra, la cartina in nostro possesso, infatti, riportava un tratto di strada rettilineo mentre ci ritroviamo ad affrontare il più lungo tratto di strada tortuosa che ricordi di aver percorso. Arrivati a questo punto bisogna solo perseverare e sperare che nessuno soffra troppo di mal d’auto. Attraversiamo campagne dimenticate da Dio e dagli uomini, antichi paesi abbandonati anche dagli Spagnoli: Uncastillo, Luesia e Biel. Poi una lunga discesa ci conduce finalmente nella hoya de Huesca dove terminano le nostre sofferenze. Verso nord possiamo ammirare i primi bastioni del sistema Pirenaico, le
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
83
12 - CANYON, CASTELLI E TAPAS
grandi falesie ed i pinnacoli rossi dei Mallos de los Riglos e poco oltre intravediamo finalmente la nostra destinazione. La nostra prossima meta è il castello di Loarre, uno degli ultimi bastioni a difesa di quello che era la Spagna cattolica, eretto e potenziato dalla corona spagnola per contrastare l’avanzata delle truppe dei mori di al Andalus durante il medioevo. Raggiungiamo la nostra meta con un po’ di ritardo, il caldo è asfissiante e ormai le giornate fresche dell’inizio viaggio sono ormai solo un ricordo. A ben vedere incappare in un maggio un po’ dispettoso e piuttosto fresco non è stato del tutto una sfortuna e queste giornate bollenti rafforzano questa nostra convinzione. Ci sono luoghi che si visitano sempre volentieri, per me il castello di Loarre è uno di quelli, non saprei spiegarne il motivo, forse perché è legato al ricordo di uno dei miei viaggi precedenti in cui mi ero imbattuto in diversi luoghi fuori dalle grandi rotte turistiche e che mi avevano affascinato. Della mia
prima visita al castello ricordo che eravamo veramente pochi intimi, quasi una visita privata sotto un cielo grigio piombo, a differenza dell’azzurro splendente di oggi. Visitare un luogo in quasi completa solitudine è sempre un’esperienza gratificante, completa e coinvolgente, i silenzi e la solitudine sembrano dar vita ad un passato che sembra spigionarsi da ogni singola pietra, di eventi che, come fantasmi, sembrano non aver mai abbandonato corridoi e torrioni della fortezza. Questa volta purtroppo, chiassose scolaresche si inseguono per le strette scale e negli ambienti angusti ed è tutto un riecheggiare di entusiasmo giovanile che scaccia violentemente via il passato e le ragnatele della storia. Con quel clima festoso, animato dalla superficialità che è propria dell’adolescenza, si perde un po’ di quell’atmosfera magica che avevo sognato e ricordavo ma, d’altronde, non si può avere la pretesa di ripetere il passato all’infinito, quindi non ci resta che proseguire nella visita cercando di cogliere ciò che di bello ci propone ogni giorno
l CASTRES
l
PAU
l TARBES
l CANFRANC l JACA
l FOZ DE LUMBIER l SANGUESA l LOARRE 5
12 - CANYON, CASTELLI E TAPAS
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
85
12 - CANYON, CASTELLI E TAPAS
la vita. D’altronde sono con le donne della mia vita e questo è già di per se un motivo più che sufficiente per rendere la visita entusiasmante. La piccola Elena Sofia si diverte come non mai ad esplorare le rovine del castello, a gettare il suo curioso sguardo verso la piana che si estende sconfinata fino all’orizzonte come il suo futuro. Loarre è uno dei castelli più antichi di tutta la Spagna, massiccio, isolato e pesantemente fortificato non tfa nulla per nascondere, forse perché non era nelle intenzioni, il proprio carattere militare. Nella piccola chiesa debolmente illuminata dalla luce che filtra dalle finestre in alabastro ci sembra quasi di sentire riecheggiare antichi canti gregoriani intonati da monaci intenti a celebrare messe e benedire lame d’acciaio. Un incrocio tra sacro e profano, tra arte militare e fede ormai dimenticato, retaggio di un passato ormai relegato nelle pagine della storia. Ormai nessuno canta più nella piccola chiesa, nessuno più brandisce spade e picche prima di scagliarsi contro le linee nemiche. Mute restano queste antiche pietre lasciando a noi, moderni viandanti a motore la facoltà di sognare e rievocare antiche battaglie ormai offuscate e ricoperte dalla polvere del tempo. Loarre era questo, una sentinella sulle terre circostanti prima che la pianura si inerpichi sulle montagne, dure pietre conto l’avanzata della mezzaluna per difendere una cristianità indebolita ed in pericolo. Il castello alla fine non affrontò mai gli assalti delle truppe moresche di al Andalus. Nessuna marea verde risali l’Aragona fino ai Pirenei, si fermarono poco distanti, verso sud ed occidente, verso Barbarastro e fino all’Ebro. Loarre non fu teatro di scontri sanguinosi ma rimase un muto testimone di uno scontro che ancora continua ad avvelenare i nostri tempi. La storia ripete sempre se stessa. Usciamo dal castello insieme alla scolaresca che fragorosamente sciama via, praticamente già immemore di quanto visto. Di fronte all’ingresso principale troviamo un’altra comitiva già pronta a dare l’assalto al castello. Contro le moderne truppe d’assalto del turismo non ci sono bastioni che possano
resistere. Inutili affrontare guerra perse in partenza. Sun Tzu docet. Loarre è anche una delle ultime tappe che ci troveremo a visitare. Dopo tanti giorni il tempo è veramente giunto agli sgoccioli ed i chilometri che ci dovranno ricondurre a casa sono molti. Da qui in avanti non potremo più avere troppi tentennamenti se non vogliamo sforare con i tempi per la riconsegna del camper. Ci fermiamo a Jaca, dove decidiamo che di strada ne abbiamo percorsa abbastanza. Fare qualche chilometro in più non servirebbe a molto se non a far aumentare la stanchezza di un viaggio comunque che già ci è costato molte fatiche. L’area camper di Jaca è proprio a ridosso del centro città, quindi con una breve passeggiata raggiungiamo la zona pedonale dove si trovano tutti i locali più rinomati. Dopo oltre dieci giorni in Spagna dove abbiamo solo sfiorato il mare, non possiamo mancare un appuntamento divenuto un classico: abbiamo l’obbligo morale di assaggiare delle tapas decenti. Proprio al suono della sirena la fortuna ci sorride e finalmente possono assagiare delle tapas che meritano di essere ricordate. Sicuramente non le potremo annoverare tra le più economiche ma almeno hanno avuto il pregio di aver stuzzicato il nostro palato e di essere state una nota diversa in uno spartito altrimenti troppo uguale a se stesso. Finalmente Martinica che tanto aveva reclamato un incontro gastronomico del terzo tipo può finalmente reclamare giustizia e il suo bis non fa altro che confermare la bontà della scelta. Anche queste sono piccole gioie da annoverare tra le soddisfazioni di un viaggio ben riuscito e così l’ultima sera in Spagna porta buone nuove anche per i nostri palati altrimenti abituati a pranzi e cene decisamente più essenziali, se così possiamo dire.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
87
VENERDI’ 30 Maggio 13° GIORNO
IN VIAGGIO VERSO CASA JACA - CASTRES km 380
13 - IN VIAGGIO VERSO CASA
Il mattino a Jaca ci serve solamente per aprire gli occhi e fare colazione, poi in men che non si dica già ci mettiamo in marcia verso il confine Spagnolo di Canfranc. Mentre risaliamo la strada che conduce al valico ritroviamo quella neve che ci ha, quasi sempre, accompagnato nel nostro peregrinare tra Italia, Francia e Spagna. E’ stato un viaggio in un certo modo anomalo perché, quando si parla di Spagna si pensa sempre al mare e alla movida, alle chiassose nottate fatte di balli fino all’alba, praticamente tutto quello che abbiamo cercato di evitare, andando alla ricerca di una terra ricca di storia e bellezze naturali, inseguendo il lato nascosto di un paese che chiede solo di essere scoperto con quella pazienza certosina di chi va alla ricerca di questi luoghi ai più sconosciuti. Siamo contenti di aver visto questa Spagna, sono felice di averlo fatto insieme alla mia famiglia e di aver condiviso con loro alcuni luoghi che avevo avuto la fortuna di scoprire in passato. E’ tempo di tornare. Se sarà un addio o un semplice arrivederci, questo ad oggi, ancora non ci è dato sapere. Il rientro in Francia non avviene per il percorso migliore. Un errore valutazione ci porta a puntare verso Pau, poi Tarbes ed infine prendendo l’autostrada, verso Tolosa. Non ci resta molto tempo, la conquista della Francia che avevamo progettato all’andata è stata rimandata causa maltempo. Il nostro D-Day ci ha spinto verso altri lidi, facendoci sbarcare oltre quella linea maginot costituita dai picchi dei Pirenei. Il massiccio Centrale dovrà attendere tempo e tempi migliori. Ora dobbiamo solo mettere più chilometri possibili sotto le ruote, macinando strada ed asfalto. Una sosta a Castres potrebbe essere una buona soluzione per la notte, anche se un po fuori mano. Quando arriviamo ci sistemiamo in un campeggio adiacente un bel parco così possiamo lasciare Elena e Ginevra tra giochi e grandi prati verdi dove possono correre fino allo sfinimento. Di Castres non vedremo nulla, ci concediamo un tardo pomeriggio di relax senza pensieri, quasi un voler ricaricare le pile dopo la tante fatiche Spagnole. In un viaggio di quindici giorni pause, anche brevi ci possono, anzi, ci devono essere. Visiteremo la cattedrale di Castres in un altro viaggio, semmai capiterà l’occasione.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
89
SABATO 1 Giugno 14° GIORNO
DOVE OSANO LE AQUILE CASTRES - COLLE DELLA MADDALENA km 546
14 - DOVE OSANO LE AQUILE
Da Castres ci avventuriamo verso Beziers, affrontando una delle tante strade che, quando si ha fretta, non andrebbero imboccate. Curve e lentezza, seppure graditi, ci mettono quel po’ di pressione propria solo a chi sa di aver il tempo contato. Non ci aspetta sicuramente il plotone d’esecuzione ma la vita è anche una questione di serietà e mancare, seppur di poco, agli impegni presi non rientra nelle nostre abitudini. Una volta giunti a Beziers è come rientrare nel mondo moderno. Troviamo tutto come l’avevamo lasciato, le autostrade, il traffico e gli autogrill, si scrive e si legge in francese ma non ci sono grandi differenze con l’Italia se si esclude l’entità di pedaggi che, per le nostre finanze ridotte all’osso, sono un salasso. Superiamo Beziers, Montpellier, Nimes, Arles eppoi Aix en Provence dove rientriamo in l’Alta Provenza per risalire fino al col de Larche, toponimo francese dell’italianissimo colle della Maddalena dove arriviamo in vetta poco prima dell’ora di cena. Saremmo potuti essere più vicini a casa ma non siamo mai stati dei velocisti, e per nostra stessa ammissione, quando viaggiamo ci piace affrontare la strada con quella calma che, in molti, hanno smarrito. Ai quasi duemila metri del colle della Maddalena decidiamo di passare la notte nell’ampio parcheggio, godendoci il fresco della sera prima di rituffarci nell’afa melensa della sauna padana. Bentornati in Italia, perché tornare a casa è comunque
sempre un’emozione piacevole senza dover troppo scomodare, semplicistici, ideali nazionalisti. L’aria di casa ha il potere di instillare buonumore. Martinica sente meno l’amor patrio solo per il fatto che l’essere giunti in Italia le ricorda che siamo ormai alla fine del viaggio. Con le bambine di buonumore ci concediamo una breve sessione fotografica. La serata si conclude quando il sole è già sceso, ad occidente, dietro i monti Francesi e la notte si è impadronita della scena. Poco prima di andare a dormire un’ospite gradito viene a farci visita per la felicità di tutti, specialmente di Elena e Ginevra. Una volpe attratta dagli avanzi della nostra cena si aggira, neanche troppo furtivamente, intorno al camper suscitando la curiosità di Elena che si diverte a gettare un pò di cibo e pezzi di pane, peraltro molto graditi dal simpatico animale. Definire quella volpe una bestia selvatica mi sembrerebbe azzardato, vediamo chiaramente che è un animale che ha molta confidenza con l’intruso umano e che ben sa come ottenere un pasto facile senza troppi sforzi. Anche questo si chiama spirito d’adattamento o forse dovremmo definirla semplicemente evoluzione. Non spetta a noi dire se sia la direzione giusta. Quando ci addormentiamo coccolati dal fresco giugno delle Alpi ci portiamo nei nostri sogni anche quest’ultima esperienza che va ad aggiungersi ai mille altri ricordi di questo viaggio ricco e denso di sorprese. Buonanotte Francia, bentornati a casa.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
5
15 - SI CHIUDE IL CERCHIO
DOMENICA 2 Giugno 15° GIORNO
SI CHIUDE IL CERCHIO COLLE DELLA MADDALENA - TOSCANELLA km 462
La notte scorre veloce e quando giunge il mattino esco di buonora per preparare il camper così da anticipare la partenza. Siamo io, il sole che nasce e il fresco dell’aria mattutina. Nell’aria si odono solo i fischi delle numerose marmotte che riempiono l’aria. Questi piccoli mammiferi forse consapevoli delle pigrizie umane, si rincorrono nei prati, tra i sassi e le buche delle loro tane, prima che il nostro mondo si svegli per rompere l’incantesimo. Si tratta di uno spettacolo senza biglietto a cui assisto in completa solitudine, mentre tutte le mie donne si godono gli ultimi momenti di un meritato riposo. Complice la stimolante compagnia del silenzio non fatico ad ammettere che i nostri viaggi sono l’opposto della vacanza rilassante intesa da molti. Le nostre vacanze sono frenetiche, impegnative e faticose, come ogni viaggio, secondo noi, dovrebbe essere. Il relax deve essere qualcosa da portarci dentro. Bisogna partire sereni e non perdere mai la capacità di affascinarsi, mai smettere di essere curiosi, solo così tutto il resto passa in secondo piano. Martinica condivide e porta la croce anche perché seguire certi dettami, è impegnativo per me ed anche per lei che, deve farsi carico delle esigenze delle bimbe quasi nella loro interezza. Purtroppo per quanto io mi possa impegnare certe volte sono più un elemento d’impaccio che altro, per quanto mi sforzi di fare diversamente. Con queste premesse non mi resta che promettere e cercare di essere un compagno di viaggio più collaborativo, quando, dovendo alzare la posta, ci sarà bisogno di un autista, di un marito e di un papà a tempo pieno. Mi dovrò fare in quattro ma, in fondo, non è quello che fanno le mamme tutti i giorni? Non si arriva lontano se non c’è la complicità e la partecipazione di tutti. Quando si svegliano tutti, iniziano anche a transitare le prime
92
macchine in altura. Con il traffico le marmotte decidono che è arrivata anche l’ora di tagliare la corda e tornare a farsi più elusive e seguendo il loro esempio anche per noi è l’ora di tornare verso valle per proseguire fino a casa. Ci rimettiamo in viaggio con quel misto di amarezza e felicità che sa tanto di dolce amaro, una sensazione indefinita che se da un lato mi rende felice dall’altro mi lascia l’indomita consapevolezza che l’arrivo sarà solo un intermezzo prima della prossima partenza, il motivo per cercare di spostare un po’ più in là i nostri orizzonti. Non sappiamo ancora dove sarà la prossima tappa, non immaginiamo quale sarà la nostra meta e quando ci sarà un’altra partenza. Sappiamo solo che ci sarà un domani dove saremo di nuovo diretti verso quel dannato orizzonte che ad ogni nostro passo si sposta sempre un po’ più in là. La mattina procede con le mille maledizioni ed imprecazioni che scaglio verso tutti i cartelli stradali della provincia di Cuneo, che dal punto di vista stradale è quanto di più precario si possa immaginare,poi una volta raggiunta l’autostrada ci immettiamo procedendo con una velocità di crociera tutta relax e patatine. Il paesaggio piatto e monotono della pianura si mischia con l’afa pesante e appiccicosa di questo giugno nemmeno lontano parente del maggio che ci eravamo lasciati alle spalle. E’ solo qualche ora che siamo tornati in Italia e la colonnina di mercurio è implacabilmente tornata a salire a livelli preoccupanti da dovermi far rimpiangere le giornate uggiose e ventose trascorse girovagando per l’Europa, c’est la vie. La verità è che non siamo contenti di nulla. Quando all’orizzonte ci appare la sagoma confusa nell’afa padano del santuario di San Luca sappiamo anche che siamo
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
15 - SI CHIUDE IL CERCHIO
ormai prossimi alla nostra meta finale. In breve sorpassiamo Bologna e siamo ormai vicinissimi a fare rientro a casa. Le nostre bimbe non stanno più nella pelle, loro si, sono molto più felici di noi, potranno tornare ai loro giochi, a casa loro, ai loro letti. I bimbi sono fatti così, di abitudini e giochi, per loro le novità vanno introdotte pian piano, crescendo, speriamo imparino ad apprezzare il modo di viaggiare e di scoprire il mondo dei loro genitori, strani ed incontentabili adulti sempre alla ricerca di suggestioni sempre nuove. E’ tempo di disfare le valigie, di riporre le esperienze vissute nel nostro libro dei ricordi e di custodire le emozioni nel profondo del cuore. Il camper parcheggiato sotto casa sembra una nave arenata in secca. Un camper non è fatto per essere parcheggiato al sole o sotto le intemperie; un camper deve poter viaggiare, vicino o lontano dipende solo dallo spirito d’avventura da chi si mette alla guida, l’importante è che porti sogni ed emozioni a bordo verso quel domani che speriamo possa essere sempre luminoso. Con Elena e Ginevra che saltellano felici per casa e Martinica intenta a disfare gli innumerevoli bagagli non mi resta che sistemare il camper e trascorrere a bordo quegli ultimi istanti di tranquilla intimità, come solo gli uomini e le macchine possono avere. Pulisco tutto con cura e controllo eventuali piccoli segni di usura, mi dispiacerebbe aver lasciato segni o graffi, la serietà e l’attenzione non dovrebbe mai essere un aspetto secondario, è una questione personale, quindi mi prodigo con abbondante olio di gomito sotto un sole che già mi ha fatto mettere in soffitta il ricordo del viaggio. Sbuffo, sudo ma alla fine raggiungo un risultato, per me, soddisfacente. La not-
te arriva calda e pesante sospinta dall’ingombrante presenza dell’anticiclone africano che opprime la pianura Padana e l’Italia tutta. Mi addormento agognando il fresco ed i panorami eterei del grande nord ed il refrigerio dei venti atlantici. Visto il brusco impatto del ritorno e con l’umidità appiccicosa della notte che non molla la presa, non credo ci siano troppi dubbi o incertezze su quale potrà essere la direzione che prenderemo nel prossimo viaggio: Nord, nord e ancora nord, verso quel settentrione magico che ci ha stregato e rapito l’anima e che spesso fa capolino nei nostri ricordi, quel nord che riesce a rinfrescare i nostri pensieri con le sue pioggie e le sue nebbie ma che stupisce ed affasciuna con quei suoi tramonti spettacolari, con le giornate che sembrano sempre non voler morire mai. Non sppiamo dove, non sappiamo quando e non sappiamo nemmeno se sarà facile, la famiglia viene prima di tutto, ma faremo di tutto perchè ciò avvenga. Il domani ci aspetta. Mi sembra giusto dopo tanti giorni in strada, dopo oltre cinquemila chilometri, dopo aver speso parole, tempo e pazienzaa, chiudere qui, dilungarsi oltre sarebbe troppo e forse inutile. Volevamo arrivare a Santiago ma non ce l’abbiamo fatta, fortunatamente siamo arrivati altrove.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
93
16 - CONSIDERAZIONI FINALI
CONSIDERAZIONI FINALI Pianificare un viaggio fino a Santiago non è stato semplice. Non sono mai stato troppo convinto fin dall’inizio. C’erano tanti motivi, tanti chilometri e poco tempo per il nostro modo di viaggiare, mi sembrava una forzatura, un andare contro i nostri principi di viaggio. Ma serviva una meta, una destinazione finale alla quale puntare senza giocare troppo al ribasso. Santiago ci sembrava una meta interessante, qualcosa da poter raccontare. Arrivare o no non è mai stato importante ma è servito ad indicarci una direzione ben precisa. Alla fine possiamo dire che si sia trattato di una decisione azzeccata che ci ha portato a scoprire tanti luoghi diversi che ci hanno restituito l’immagine di un paese dalle mille facce, per lo più sconosciute alla grande massa dei turisti. Purtroppo tutte queste avventure hanno fatto una vittima illustre, quella Francia che, come l’Italia, è stata vittima incolpevole di un maltempo fuori stagione, un colpo di coda invernale che ci ha spinto verso ovest alla ricerca di un sole che abbiamo ritrovato solo giunti a ridosso dei Pirenei. Per colpa del meteo, ed alla fine anche grazie ad esso, abbiamo concentrato le nostre escursioni su un’area più circoscritta visitando luoghi minori ma altrettanto affascinanti. Martinica, all’inizio piuttosto scettica, è rimasta invece piacevolmente stupita dopo un inizio che l’aveva lasciata con più di una perplessità. Viva la Spagna, la Francia è una meta che, comunque, conserveremo nel cassetto con la promessa di un futuro ritorno. Nelle vastità del mondo, la Gallia Transalpina è proprio poco oltre l’uscio di casa, quasi una gita fuori porta, non mancheremo, un giorno, di tornare. Molto importante è stata l’esperienza del viaggio di più giorni con la famiglia al completo. Viaggiare in quattro con il camper non è stata una passeggiata ma adattandosi e programmando bene molti aspetti, alla fine, si è rivelato essere meno complicato del previsto. Certamente ci è voluta pazienza, abne-
94
gazione e spirito d’adattamento ma, soprattutto noi genitori, abbiamo dovuto gettare il cuore oltre l’ostacolo ed adeguare i nostri ritmi di viaggio alle esigenze dei più piccoli. Niente stravolgimenti ma, a fare la differenza, sono stati tanti piccoli accorgimenti messi in atto dalla mia splendida consorte che hanno contribuito a tenere viva l’attenzione di Elena Sofia e Ginevra. Certo non è stato un pasto gratis. Spesso, scendere a compromessi ha comportato rinuncie a cui ci siamo sottoposti nostro malgrado ma ne andava del mantenimento degli equilibri interni, di una pace che spesso da sola contribuisce per una percentuale rilevante alla riuscita del viaggio. In un’atmosfera serena ogni cosa fila via leggera e spensierata, con bimbi stanchi e malcontenti anche una debole pioggia si trasforma in una burrasca. Come in ogni buona ricetta, abbiamo imparato a dosare gli ingredienti fino al raggiungimento del risultato soddisfacente per tutti. Così facendo abbiamo avuto modo di vedere ed esplorare molti luoghi interessanti, cosa che nel precedente viaggio in Bretagna, ci era stata quasi del tutto preclusa, per colpe per la maggior parte imputabili alla nostra inesperienza e foga. Durante questo nostro secondo tentativo siamo riusciti a trovare la nostra personale chiave di lettura del viaggiare in camper raggiungendo le località di sera per poi visitarle al mattino, senza gettare giornate di sole e tante ore al volante. La bellezza non è sempre lontana ed irraggiungibile, a volte, basta solo aguzzare lo sguardo e cercare con pazienza nei luoghi nascosti, non sempre distanti. Esistono giardini segreti anche a pochi chilometri da casa, per scoprirli bisogna liberare la mente dall’idea immaginifica del paradiso esotico a tutti i costi. Fatto questo piccolo passo cercare la strada giusta è il compito più semplice. Dal punto di vista fotografico non posso non notare che figli e zaino fotografico siano variabili indissolubilmente legate da un
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
16 - CONSIDERAZIONI FINALI
rapporto inversamente proporzionale: più bimbi ci sono, più si fanno pesanti, minore è l’attrezzatura che riesco a trasportare. La fotografia è come l’entropia, ha una direzione che è impossibile invertire, farlo costa una quantità di energie e denaro difficilmente sostenibile. Per il futuro mi sono ripromesso di razionalizzare i pesi e magari sperare che le nostre piccole gioie decidano di diventare delle appassionate di escursionismo già in giovane età. Trasportare macchina fotografica e figlia nello zaino è stato, in alcuni casi, un compito veramente arduo. Alzare bandiera bianca su salite che presentavano pendenze non esageratamente proibitive mi ha portato qualche volta a rimpiangere i momenti in cui potevamo girare per il mondo liberi e belli. Sono stati solo attimi, momenti di sconforto, dettati dalla fatica e dal sole che martella impietoso, pensieri fugaci spazzati via in un secondo dal sorriso innocente delle bimbe, da una carezza o da un semplice bacio. Basta questo per ripagarci di tutte le fatiche, di tutte le energie spese per portarle in luoghi dove la natura è ancora capace di stupire ed affascinare. Spero tutto questo serva a qualcosa, serva ad aprire le menti delle nostre bambine, a formare delle personalità forti, curiose, rispettose dell’ambiente e con la forza e la passione di non stancarsi mai di esplorare. Donne che abbiano sempre la curiosità di conoscerre e capire. Speriamo in un futuro migliore, in cui queste nostre buone intenzioni non finiscano disperse come gocce di pioggia nell’oceano. Purtroppo ogni ritorno lascia sempre l’amaro in bocca ma al contempo instilla nuove forze e la voglia di ripartire. Ogni vol-
ta è le stessa storia, è sempre così, un istinto naturale e non esistono né antidoti, né vaccini. Ci sono esseri stanziali ed altri nomadi, se si appartiene alla seconda categoria non bisogna nemmeno provare a contrastare la propria indole, non si può snaturare quella che è la propria essenza, bisogna solo preparare il necessario ed aspettare il momento giusto per varcare la soglia di casa. Ci sarà sempre un ritorno, preludio di una futura partenza e così si ripeterà il ciclo, quasi come il continuo sussegursi delle stagioni della vita. E’ la curiosità, la voglia di scoprire il motore inesauribile che alimenta sempre questa voglia di evasione, non come un moto di ribellione, non come volontà di fuga ma il raggiungere la fonte per attingere sempre nuova linfa da una fonte inesauribile. Scoprire ed affascinarsi del mondo e delle sue bellezze senza smettere mai di farsi domande, di porsi interrogativi e, dove in molti vedono solo panorami, andare oltre le apparenze per scovare l’essenza intima delle cose. Il nostro viaggiare è questo, scoprire il fascino ed i segreti di un mondo che non stancherà mai di stupirci nella sua infinità bellezza. E’ questa voglia e passione che stiamo cercando di trasmettere alle nostre bimbe, sperando di seminare su un terreno fertile questa curiosità e voglia di scoprire che permetterà di osservare luoghi e persone da prospettive sempre differenti. Arrivare a Santiago sarebbe stata solo una tappa, non esiste un arrivo ma solo il viaggio, in quell’unico ed irripetibile cammino che è la vita. Oltre Santiago si destendono infiniti orizzonti bellissimi.
V O L E VA M O A R R I VA R E A S A N T I A G O
95