Grottammare, il cemento e la Grande Opera Negli ultimi 20 anni il territorio di Grottammare è cresciuto a dismisura nelle sue periferie (ricordiamo la “bella” foto che Italia Nostra dedica a Grottammare nel calendario 2012 che ha per temi gli sfaceli compiuti nel territorio della nostra Provincia).
Il territorio di Grottammare è stato svenduto a costruttori che hanno realizzato i loro interessi perché le diverse amministrazioni che si sono susseguite negli ultimi 20 anni al governo di Grottammare hanno permesso un consumo del territorio costante, famelico e inarrestabile. Confrontiamo le cartografie del territorio di Grottammare degli anni 80 e quelle odierne: gli occhi constatano meglio di qualsiasi descrizione fatta a parole. Da una amministrazione di sinistra, formata da esponenti provenienti da partiti che, a livello nazionale, teorizzano l’impegno sui temi ambientali, è arrivata la colata di cemento: “Ricordo che, nel momento della sua approvazione, il nostro Piano è stato preso a modello come il PRG più innovativo delle Marche e voglio fare una ulteriore considerazione, rispetto al valore delle case di civile abitazione di Grottammare alla metà degli anni ’90 e a quello di oggi: da quartiere dormitorio di San Benedetto oggi Grottammare è diventata la città più appetibile del Piceno. (il sindaco Luigi Merli su “L’ancora” 11 giugno 2012). Così oggi Grottammare ha finalmente i suoi propri quartieri dormitorio, nati in seguito alle innumerevoli varianti di quel PRG.
Il Paese, anzi la “Città”, come orgogliosamente rivendicato dall’Amministrazione, può fregiarsi della presenza di tanta periferia, di tanto cemento, di tanti appartamenti – di cui si stima 800/1000 invenduti - di tanti capannoni. Tanta attività edificatoria ha portato nelle casse dell’Amministrazione tanti soldi relativi agli oneri di urbanizzazione che sono stati destinati al finanziamento delle spese correnti. Ma la crescita e lo sviluppo anche economico di una comunità devono passare per l’avanzata indiscriminata di cemento e di terreni agricoli convertiti in aree edificabili? “Non possiamo più ignorare l’esigenza, viva nella società civile, di sposare nuovi paradigmi di crescita e sviluppo: offrire come elemento centrale di nuova economia il rispetto della natura, il bello, il buono…” (Carlo Petrini, presidente di Slow Food). A rendere attrattivo“appetibile” il nostro paese, a sottolinearne l’unicità, a definirne caratteristiche attrattive, a produrre ricchezza economica diffusa saranno i metri cubi di cemento che rendono le periferie di Grottammare ugualmente anonime a quelle di tutti gli altri paesi d’Italia o la natura (il mare, le palme, il suo caratteristico patrimonio vegetazionale, la mitezza del climail suo immediato retroterra), il bello (il paese alto, il nuovo lungomare, le sue ville, il centro ottocentesco, le sue chiese, i vivai), la cultura (Fazzini, le tradizioni, i personaggi illustri, quelli noti ai molti e ai pochi), il buono (delle sue tradizioni culinarie legate strettamente al territorio)? Il vivaismo e il turismo costituiscono le voci più significative dell’economia e dell’occupazione locale: ai politici spetta il compito di assecondare, accompagnare, favorire il fiorire di tutte queste attività a cui invece si sottraggono aree precedentemente dedicate, in sfregio al territorio, che si traduce anche in povertà economica di molti e in ricchezza di pochi. “I dati sulla cementificazione del suolo in Italia diffusi dal Fai e dal WWF sono implacabili. Dicono, con il nudo linguaggio delle cifre, della strutturale perdita di senso, e forse di senno, di un sistema produttivo anarchico, ingordo e suicida, che ha smarrito ogni rapporto con la realtà materiale del territorio, delle acque, dell’aria.” (Michele Serra, da La Repubblica del 02/02/2012) “…nella nostra regione, nel periodo 1954–2010, la superficie urbanizzata è cresciuta di quasi quattro volte, mentre la popolazione è cresciuta solo del 15% e mediamente il consumo di suolo è stato di 1,67 ettari al giorno, pari a due campi di calcio, e sono stati costruiti ben 38.000 edifici in aree extraurbane.” Forum “Salviamo il paesaggio”, Pesaro 02/06/2012). Si utilizza il nostro suolo come se fosse una risorsa passiva, una cava da fruttare spolpandola fino all’osso. Ma le scelte fatte fino ad oggi nella direzione della cementificazione non erano obbligatorie, non sono state imposte da una entità aliena o esterna alle amministrazioni che le hanno compiute. Tra due idee di città possibili si è compiuta la scelta; Grottammare oggi è il frutto di una scelta, o meglio di una serie di scelte che negli anni si sono aggiunte le une alle altre, imposte e per niente partecipate dai cittadini e ci consegnano oggi Grottammare così come tutti noi la conosciamo.
La Grande Opera
Nella lottizzazione dell’area “ex Ruffini” si incastona la Grande Opera. Nel 2010 la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno ha inteso finanziare con €20.000.000 “ una grande opera architettonica da destinarsi ad uso pubblico volta a qualificare la zona costiera del territorio di riferimento della Fondazione stessa”, chiedendo la donazione dell’area di localizzazione e stabilendo il nome del progettista: l’architetto svizzero Bernard Tschumi. L’Amministrazione di Grottammare ha aderito alla proposta: ma dove trovare un’area da donare alla Fondazione? Nell’area ex Ruffini. L’area è destinata dal PRG del ‘97 a “spazio per la realizzazione di un polo di servizi tecnici per il florovivaismo, comprendente un centro di attività didattiche e di sperimentazione e ricerca del prodotto”, vincolata dal PAI dal punto di vista idrogeologico; Un primo accordo di programma tra Amministrazione e ditta Swm Costruzioni 2 di Ripatransone ha previsto il cambio di destinazione delle volumetrie in commerciale, artigianale e struttura turistico-ricettiva, lontane evidentemente dalla primitiva destinazione a polo florovivaistico. Un secondo accordo di programma, tramite variante urbanistica, ha previsto che la ditta Swm Costruzioni 2 potrà ampliare l’area interessata, trasformando da agricola in edificabile un area limitrofa; gli 85.100 mc di costruito, originariamente affastellati in un’area ristretta, saranno spalmati su un’area molto più vasta, aumentando di valore e diventando decisamente più appetibili per il mercato. Inoltre la ditta donerà all’Amministrazione un lotto di circa 10.000 mq destinata alla costruzione della Grande Opera; dovrà inoltre
provvedere alla messa in sicurezza dal punto di vista idrogeologico dell’area, con opere di mitigazione del rischio, con una spesa di € 1.600.000. Si dovranno riportare 150.000 mc di terra (pari a 7.500 camion di terra e viene da chiedersi a quale altro luogo sventurato verrà sottratto tanto terreno) per rialzare una parte dell’area di circa mq 60.000 di 2 o 3 metri; verrà cambiato il profilo di 60.000 mq di terreno agricolo per costruire 85.000 mc. Come non cogliere l’assoluta mancanza di senso nello spendere tanto denaro nel riempire di terra un luogo per consentirne la successiva cementificazione, manomettendo un pezzo di paesaggio, modificandone il profilo, stravolgendone le caratteristiche di conformazione, lasciando al verde di risulta il compito di imbellettare in qualche modo l’intera operazione?
“La cementificazione non solo insidia l’organizzazione del territorio, del paesaggio e degli ecosistemi in maniera irreversibile ma erode anche la sicurezza alimentare sottraendo all’agricoltura i terreni maggiormente produttivi” (,Covegno “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” organizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Roma, 2012) “Urbanisticamente non c’è da aver dubbi: in una situazione come questa il verde che sarà presente in quella zona viene riorganizzato all’interno di uno spazio più ampio e ciò non è consumo di territorio ma una perfetta armonizzazione tra gli spazi costruiti e gli spazi verdi”.(Enrico Piergallini, Riviera Oggi, 20/9/2011 La Grande Opera, L’ANIMA – Arti, Nature, Idee, Musiche, Azioni – sarà una struttura polifunzionale, una sala centrale capace di accogliere 1.500 persone, modulabile, con vari spazi per ospitare mostre, ricevimenti e che si rivolge ad un bacino di utenza che comprende tutta la costa adriatica e l’Italia centrale: è “l’esempio di come la politica può rispondere alle emergenze” (Enrico Piergallini, “Riviera Oggi”20/09/2011) creando posti di lavoro, contribuendo a destagionalizzare il flusso turistico, ospitando eventi, ospiti e gli ospiti che gli eventi richiameranno. Ma perché il turismo congressuale dovrebbe premiare una mega struttura sulla Valtesino – dormitorio di Grottammare quando ha già sonoramente condannato il Palacongressi, amenamente collocato a ridosso del Lungomare di San Benedetto?
E’ l’intera area d’intervento, sostiene l’Amministrazione, a totale indirizzo produttivo, che dovrebbe essere una risposta alla necessità di ricollocare in ambito lavorativo una parte delle maestranze estromesse dai processi produttivi della zona. Ma la realizzazione di un polo di servizi tecnici per il floro-vivaismo, previsto dal PRG del 97, avrebbe rappresentato esso stesso una enorme opportunità di lavoro, di attrazione turistica e didattico, accentuando ed esaltando la naturale vocazione florovivaistica di Grottammare, dove il vivaismo è una delle realtà economiche più rilevanti, con ricaduta occupazionale e benessere per l’intera comunità di riferimento. Si è preferita una struttura polifunzionale pensata “in maniera che presenti numerosi ambienti da destinare ad esposizioni artistiche, mostre naturalistiche, esposizioni eno-gastronomiche, laboratori didattici e, più in generale, alle idee che il nostro territorio è stato capace nei secoli di produrre e sarà senz’altro pronto a generare nel futuro”. Einstein sostiene che “Uno dei maggiori guai dell’umanità non consiste nell’imperfezione dei mezzi, ma nella confusione dei fini.” L’Amministrazione, prima di accettare che l’Opera sorgesse sul suo territorio, pagando il prezzo di un ennesimo, condannabile e nefasto consumo di suolo, non avrebbe dovuto
concordare con la Fondazione stessa una destinazione realmente utile, verificare l’efficacia sociale della propria scelta? Non è sufficiente il ricorso all’ usuale, millantata e malintesa veste partecipativa. La sala grande dell’Anima prevede 1500 posti ( ne prevedeva inizialmente 2.500). Una grande struttura se paragonata alla capienza della Sala più grande dell’Auditorium della Musica di Roma che può ospitare 2742. Una grande struttura ha anche grandi costi di gestione. Il Teatro delle Energie , il Teatro dell’Arancio, il Kursaal, gli spazi destinati alle Associazioni della Biblioteca (e in futuro l’ex Ospedale) sono strutture esistenti che caricano la comunità dei costi di gestione, spesso chiuse proprio per motivi economici; A San Benedetto del Tronto il faraonico Palacongressi è stato destinato a multisala gestito da privati; a Porto San Giorgio è in progetto la realizzazione di una nuova Grande Opera. Le strutture sono progettate e gestite senza alcuna logica di rete, senza considerare che la comunità di riferimento è molto più ampia di quella compresa dal limite territoriale di ogni singolo Comune. E perché costruire un grande contenitore a poche centinaia di metri dal grande contenitore vuoto dell’ex Arena? Dov’è finito il progetto che avrebbe garantito “la salvaguardia di 42 posti di lavoro. Al posto della fabbrica nascerà un centro di esposizione e distribuzione di prodotti di eccellenza delle Marche, il CemCentro di eccellenza marchigiana, con un investimento complessivo di circa 10 milioni di euro.”? “Il Resto del Carlino” 15 novembre 2007. ““Nelle Marche si continua a costruire in maniera assolutamente insensata – sottolinea Piacciafuoco – poiché si moltiplicano a tutti i livelli (commerciale, industriale, abitativo) edifici che rimangono inutilizzati”. Per questo il Forum ritiene le pianificazioni comunali inutili e dannose e invita invece la Regione a spingere i Comuni a mettersi insieme per creare piani regolatori di area vasta.” (Dal Corriere Adriatico del 19/04/2013 sulla proposta di legge, avanzata dal forum paesaggio Marche, sul governo del territorio delle Marche) “ L’edilizia è come il miele. Energia, soldi, lavoro, cosa cercare di più? Case, palazzi, quartieri, città nuove. Nuove amicizie, nuove esperienze. Nuove auto, nuove strade, nuovi semafori. Nuove piscine, nuove palme, nuovi bar, nuovi recinti. Nuovi rifiuti, nuovi turisti, nuovi mercati. Più le “Grandi Opere” che si portano appresso omaggio. Quanta felicità a portata di mano….” (P. Giorgio Camaioni, “Mastica e sputa” 20.11.10)