Anno xxxi n° 42 7 dicembre 2014

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ANNO XXXI N° 42 - 7 Dicembre 2014 € 1.00

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“Tota pulchra es Maria”,

il canto che intenerisce i ricordi Una tradizione che si perpetua nella chiesa di S.Benedetto martire, quest’anno animata da p. Rocco Nigro del Sacro Cuore e dalla nostra missionaria Lucia Capriotti A tirar dietro con il tempo ci sono spazi in cui uno vorrebbe sostare per rivivere certe emozioni che sono state fondamentali nel proseguimento degli anni. Risentire, ad esempio, il canto “Tota pulchra es Maria…”, ecco il ragazzo aggrappato allo scialle della madre continuare il sonno interrotto verso la costa che porta alla chiesa di S.Benedetto martire, di mattino quando ancora l’alba faceva fatica a respingere la notte. Bisognava andare alla Novena de “La Cuncezziò”, quando la comodità della messa serotina non c’era ancora e c’erano invece i doveri scolastici che non potevano essere tralasciati. C’era da servir Messa, da cantare nel coro e tutto si svolgeva alle 6 del mattino e non si poteva mancare. “Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in Te”. Nonostante le levatacce è rimasto un dolce ricordo, perché il sacrificio era ampiamente ricompensato da tutto quel daffare che ci preparava alle feste del Santo Natale. Oggi che pensiamo ad una vita senza ostacoli, ipocritamente si griderebbe allo scandalo di fronte ad un simile comportamento da parte dei genitori, tanto più se richiesto per partecipare ad una cerimonia religiosa. Santi quei sacrifici che ci hanno abituato ad apprezzare tutti i risvolti della vita. Su quel canto si è formata la mia devozione verso la Madonna, a cui ancor oggi mi aggrappo con la forza e la serietà con cui era manifestata dalle nostre mamme e dalle nostre nonne; senza leziosità, senza tanti ghirigori anche nei nomi

che non andavano più in là di Madonna o della “Cuncezziò”. Termini disincantati che nell’umano non tolgono nulla al divino. È la donna, cioè Colei cui spetta la presenza dell’umano nella Chiesa. Siamo stati abituati ad un rapporto concreto con la Madonna, perché Ella ci veniva presentata come una di noi, una madre, che, inoltre, non ebbe sempre vita facile con suo Figlio. E siamo cresciuti con questa presenza vicina tanto da chiedere prima scusa a Lei e poi ai nostri genitori, nelle nostre frequenti monellerie. “Tota pulchra es Maria…”, è la bellezza dignitosa delle nostre madri, con il loro affetto contenuto e rassicurante, sul quale sapevi di poter sempre contare. Spesso la devozione verso la Madonna viene presa come una sorta di infantilismo, non tenendo conto che il suo “sì” alla provocazione di Dio, che Ella dapprima non comprese e su cui rifletté criticamente, fu un presupposto, affinché si realizzasse il più importante evento della storia della salvezza. È da quel “si” che devo dedurre il mio “si”; infatti “ se il Regno di Dio deve venire in questo mondo, se i piani di Dio si devono concretizzare, allora quel che conta è che pure noi diciamo “sì” alle sue chiamate, quantunque queste sembrino spesso superare le nostre capacità”. Sono questi “sì” che rendono gioiosa la vita e che ci spingono, come per la Madonna, ad intonare il canto del nostro “Magnificat”.

Dal dialogo sincero con i musulmani al bacio da cristiani

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II Domenica di Avvento

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LA NOVENA DELL’IMMACOLATA A RIPATRANSONE

Pietro Pompei

Abbiamo bisogno di Voi!

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Cari lettori,

significato profondo degli avvenicon questo numero apriamo ufficialmente la menti, degli uomini e delle cose. C’è O, ABBONATI PER IL 2015 RT CE in giro tanta confusione di idee e di campagna abbonamenti per il nuovo anno. amento basta versare € 30 (abbon Confidiamo nella vostra benevola compren- comportamenti: è carità vera e reale 50 ordinario) oppure € sione. La nostra diocesi si è dotata del setti- richiamare alle menti erranti e alle perre) (Abbonamento sostenito manale come di uno strumento moderno ed sone sbandate i valori etici, civili, re7 sul nuovo C.C.P. n. 1188663 efficace di informazione e di formazione per ligiosi ed ecclesiali; è amore effettivo RA CO L’AN intestato a: raggiungere due obiettivi di massima: la co- diffondere pure i valori (onestà,comVIA FORTE, 16 municazione e la comunione all’interno della petenza, solidari età, ecc.) a livello poS. Benedetto del tronto nostra chiesa locale, non prescindendo mai dal litico, economico e sociale. Pertanto Causale: ABBONAMENTO una chiesa locale non può assolutacontesto sociale e civile delle nostre comunità. La comunicazione sul piano dottrinale,morale mente privarsi dei settimanale, di queper ed ecclesiale, è più che mai urgente nel mondo sto prezioso strumento di oggi, è il primo atto d’amore verso il pros- comunicare: è questo il momento di sosimo. La prima carità è proclamare a tutti stenerlo con la cooperazione di tutti. faggi siamo disarmati di fronte quello che è bene e cosa è male, non rinun- cendo aumentare gli abbonamenti. Oltre a all’epidemia Ebola che contirenderlo più bello e interessante, abbiamo ciando mai alle ragioni della nostra speranza. nua a mietere vittime, come lo È amore concreto aiutare la gente a scoprire il provveduto a diffonderlo gratuitamente nelle varie parrocchie ed anche abfurono i nostri antenati nel 1855 per il biamo continuato, per le ra“cholera morbus” che in soli 24 giorni Sono quasi 200 i settimanali cattolici in Italia gioni sopra esposte, a inviarlo fece nella nostra città 379 vittime. A anche a molti che non hanno quel punto alla nostra gente non restò rinnovato l’abbonamento. che pregare. Questo ha comportato un agLo storico Liburdi in un articolo su “La gravio di spesa che non riuVedetta”del 1975, settimanale diocesciamo più a sostenere. Ecco sano di cui siamo eredi, così descrive perché abbiamo bisogno di «IL VOTO» Voi! Grazie Il Direttore

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Vescovo Carlo all’ASMO

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Giornata mondiale per l’infanzia e l’adolescenza

Monteprandone:

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La visita del Papa a Strasburgo La speranza di Bergoglio affinché l'Europa riscopra la sua anima buona Nel suo lungo discorso al Parlamento Europeo, il Papa risveglia la coscienza di un Continente divenuto ormai "una nonna" stanca e smarrita, lontana dal suo progetto originario

PAPA FRANCESCO A ISTANBUL

Dal dialogo sincero con i musulmani al bacio da cristiani "Adorazione silenziosa" nella Moschea Blu: oltre tre minuti durante i quali il Papa ha pregato con le mani giunte, il capo chino e gli occhi chiusi mentre il Gran Muftì rivolgeva le mani al cielo. Poi la messa inter-rituale e la preghiera ecumenica. Infine, la benedizione invocata da Francesco con il capo inchinato sul petto del Patriarca Bartolomeo che lo ha baciato sulla testa dall'inviata Sir a Istanbul, Maria Chiara Biagioni

È un’Europa stanca, invecchiata, smarrita, quella che denuncia Papa Francesco nel suo lungo discorso al Parlamento Europeo. Un’Europa dove i valori che l’hanno fondata appaiono un ricordo sbiadito, e dove al posto della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, ci sono la solitudine, la crisi economica, il consumismo esasperato e il mancato rispetto della persona umana che provoca stragi come quelle del Mediterraneo, divenuto ormai un cimitero a cielo aperto. Per questo Bergoglio sente di dover portare “speranza e incoraggiamento” ai cinquecento milioni di cittadini rappresentati dai 28 membri riuniti nell’Eurocamera, affinché questo continente torni ad essere “fertile e vivace” come auspicato da Schuman, De Gasperi e Adenauer, e non più una “nonna” che assiste impassibile al declino della sua progenie. Meta successiva al Parlamento Europeo, è stata per papa Francesco il Consiglio d’Europa. Parlando al Consiglio d'Europa, papa Francesco esorta il Vecchio Continente a non perdere le sue radici e a continuare a tutelare i diritti umani contro la "cultura dello scarto" e la "globalizzazione dell'indifferenza"

Dialogo. Il Papa è venuto qui in Turchia, in questa terra che fa da ponte tra Oriente e Occidente, per lanciare la sua “via” di uscita dalla guerra, dal fondamentalismo, dalle persecuzioni attuate in nome della fede. Ed è una via che i credenti in Dio sono chiamati per primi a seguire. Insieme cristiani e musulmani per dire al vicino Medio Oriente che è possibile convivere in pace. Istanbul, prima tappa alla “Moschea Blu”. Accolto dal Grand Mufti, il Papa - come è tradizione - si è tolto le scarpe ed è entrato in moschea dove il gran Muftì ha presentato alcuni versetti del Corano partendo da Zaccaria, Giovanni, Elisabetta e Maria. Il Papa per ben due volte ha detto al Muftì: “Dobbiamo adorare Dio”. E poi sotto la cupola ha insistito: “Non solo dobbiamo lodare e glorificare Dio, ma dobbiamo adorarlo”. Poi il Papa e il Grand Muftì si sono messi davanti al “Mihrab”. È una sorta di abside che, in una moschea o dovunque si voglia pregare, indica la “qibla”, ovvero l‘esatta direzione della Mecca, la città ospitante la Kaʿba. Il Muftì ha citato uno dei versetti del Corano nei quali si parla di Dio come Dio dell’amore e della giustizia e, rivolgendosi al Papa, ha detto: “su quello sicuramente siamo d’accordo”. E il Papa ha risposto: “certamente su quello sono d’accordo”. E dopo che il seguito si è posto in semicerchio, il Papa e il Gran Muftì si sono fermati in un momento di “adorazione silenziosa”: oltre tre minuti durante i quali il Papa ha pregato con le mani giunte, il capo chino e gli occhi chiusi mentre il Gran Muftì rivolgeva le mani al cielo. Dialogo: la parola proposta anche alle comunità cattoliche che compongono la variegata galassia della Chiesa cattolica turca. Un meraviglioso mosaico di lingue e culture, canti e liturgie che compongono la cristianità con i suoi riti latino, armeno, siro e caldeo. La Cattedrale dello Spirito Santo di Istanbul è in festa. Con urla di gioia, applausi e grida di giubilo - “viva il Papa” - hanno accolto il Papa latino-americano. Un incontro “atteso da tanti anni”, dice Mary, armena. E Jacqueline, cattolica latina, aggiunge: “Porta una ventata di aria fresca. Il Papa ci dà coraggio

Parola del Signore 2ª DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B CONVERTITEVI : IL REGNO DEI CIELI E’ VICINO

Dal VANGELO secondo MARCO Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo" (MARCO 1,1-8) Giovanni il battezzatore (il Battista) è il personaggio che per primo annuncia la buona novella, colui che dà inizio alla preparazione per il regno di Dio. Perfino il suo nome ne dà l’annuncio, infatti Giovanni è la forma greca del nome ebraico IOCHANAN che significa “Jahve ha mostrato grazia”; infatti il suo annuncio è: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!", e prosegue citando la profezia di Isaia che riguardava la liberazione dalla schiavitù e il ritorno in patria dei deportati in Babilonia. In questo sta l’annuncio principale di Giovanni: Dio viene a salvarci, viene a portarci la liberazione dalla schiavitù del peccato, ma per usufruire di questa liberazione dobbiamo convertirci, dobbiamo cambiare mentalità.

e ci invita alla comunione”. “Siamo una chiesa - ci tiene a precisare Costantino di Smirne - dalla fede radicata e forte ma che soffre. Noi non chiediamo niente, ma vorremmo più sacerdoti perché in Turchia sono pochi ed è estremamente difficile per loro ottenere il permesso di soggiorno”. La celebrazione della messa è inter-rituale. Si prega per la pace e per i profughi in sei lingue, anche in turco e in arabo. La prima lettura è in lingua caldea e il canto finale è in armeno. “È vero - dice papa Francesco -, lo Spirito Santo suscita i differenti carismi nella Chiesa; apparentemente, questo sembra creare disordine, ma in realtà, sotto la sua guida, costituisce un’immensa ricchezza… Solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità”. La fraternità con il Patriarca. Con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il rapporto va oltre il dialogo per sintonizzarsi su un piano di fraternità. È stato il Patriarca ad invitare Papa Francesco a Istanbul per celebrare insieme la festa patronale di Sant’Andrea e dare al mondo, soprattutto alle regioni in guerra del Medio Oriente, la testimonianza di una cristianità unita nella carità. “Vi accogliamo con gioia, onore e riconoscenza - sono le prime parole con cui Bartolomeo ha accolto il Papa al Fanar -, poiché avete avuto la bontà di portare i vostri passi dalla Antica alla Nuova Roma, gettando un ponte simbolico, con questo vostro gesto, tra l’Occidente e l’Oriente”. E il Papa gli risponde: “Andrea e Pietro hanno ascoltato questa promessa, hanno ricevuto questo dono. Erano fratelli di sangue, ma l’incontro con Cristo li ha trasformati in fratelli nella fede e nella carità. E in questa sera gioiosa, in questa preghiera vorrei dire soprattutto: fratelli nella speranza”. Poi terminato il discorso, il Papa ha messo da parte i fogli, ha guardato negli occhi il Patriarca e gli ha detto: “Vi chiedo di benedire me e la Chiesa di Roma”. E così si è avvicinato a Bartolomeo; si è inchinato poggiando il capo sul suo petto e il Patriarca lo ha baciato sulla testa. Un gesto semplice, quasi familiare, come è l’amore tra i fratelli. Amore che unisce e abbatte in un attimo secoli di divisioni e di muri.

URGENTEMENTE! Giovanni riprendendo la scia dei profeti, inizia il suo cammino parlando di Dio, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Ma il nocciolo principale del suo annuncio è l'arrivo imminente del Messia. Il suo stesso atteggiamento di vita vuole essere per noi come di esempio per indicarci la severità e la urgenza del suo messaggio e della preparazione che dobbiamo portare avanti. Certo non siamo chiamati a vestirci di peli di cammello e a cibarci di locuste, ma vuole insegnarci quali sono le cose vere della vita, al di là delle apparenze, delle mode e delle illusioni; l’unica cosa vera, importante è essere pronti alla venuta del Signore, essere disponibili ad accettarlo. La fede in Cristo esige che noi, come ci chiede Giovanni, prepariamo la strada al Signore che viene, affinché il suo cammino nella nostra anima sia sempre più fruttifero, affinché egli possa (come dice Santa Teresa) lavorare come un giardiniere, e non come uno sterratore, per rendere il giardino della nostra anima sempre più bello e profumato. Allora vedremo la salvezza di Dio. La conversione deve essere continua, radicale, deve essere personale e comunitaria. Conversione non significa evasione, ma maggiore impegno nella vita, una vita vissuta secondo il Vangelo; possiamo dire che la conversione del mondo passa attraverso la mia conversione, e che il mondo non potrà mai cambiare se io non cambio per primo. Chiediamo al Signore di donarci un cuore di carne, un cuore puro per accogliere con gioia e fede l’Avvento del suo Figlio uniRiccardo genito. PILLOLE DI SAGGEZZA OGNI GIORNO DOBBIAMO RINNOVARE IL NOSTRO PROPOSITO, COME SE LA NOSTRA CONVERSIONE RISALISSE A QUELLO STESSO ISTANTE. (L’IMITAZIONE DI CRISTO)


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7 DICEMBRE 2014

SECONDA DOMENICA DI AVVENTO

NATALE MULTIETNICO EVENTO L’immigrazione è certamente un “segno dei tempi” che interpella la comunità cristiana. Si tratta di una realtà che non costituisce soltanto un problema, peraltro molto complesso, dovuto alla diversità di culture, a situazioni di illegalità, a carenza di strutture di accoglienza, ecc.; ma una risorsa, un’occasione di un grande arricchimento per la comunità ospitante e per gli immigrati. Ha scritto papa Francesco “Cari migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel Signore (messaggio Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati 03.09.20 14).

TESTIMONIANZA Nel nostro paese, sui ‘sentieri’ del mare, arriva tanta gente: la testimonianza di Karim, proveniente dal Marocco. Sono scappato dal mio paese perché volevo fuggire dalla povertà e dai maltrattamenti che spesso lo Stato riserva a chi è senza lavoro o si trova in stato di necessità. Il mio sogno sarebbe quello di poter continuare i miei studi, cosa che non ho potuto fare nel mio Paese perché la mia famiglia è troppo povera. Avevo 15 anni quando ho dovuto lasciare gli studi per andare a lavorare facendo il sarto sotto un padrone che mi pagava poco e male, senza contratto né documenti in regola. Sono venuto in Italia 14 anni fa salendo da clandestino dentro un camion che partiva dal mio Paese. Ho rischiato la vita diverse volte,ma mi sosteneva sempre il sogno di arrivare in Italia per migliorare la mia situazione e quella della mia famiglia trovando un lavoro e continuando gli studi. In questi 14 anni non si è verificato niente di quello che pensavo! Sono stato accolto molto male. Sono vissuto a Torino in una casa abbandonata in cui la pioggia e la neve mi cadevano nei piedi ed ho avuto solo l’aiuto di qualche persona che mi dava da mangiare ma nessuno che mi abbia aiutato a trovare un lavoro o a migliorare la mia lingua. Dopo un anno di sofferenza mi si è aperta una porta che ha fatto riaccendere in me la speranza di potercela fare. Infatti ho trovato una famiglia che mi ha offerto una casa (pagavo l’affitto s’intende!) e un lavoro ,in nero, nella tipografia di famiglia. Dopo 5 anni, quando mi sembrava che tutto andasse per il meglio, alla richiesta

di regolarizzare la mia situazione, mi ha buttato fuori sia dalla casa che dal lavoro. A questo punto sono andato in Austria, sperando di trovarmi meglio. Ma le autorità di quel Paese mi hanno addirittura accompagnato alla stazione per assicurarsi che lasciavo l’Austria dove gli immigrati non sono graditi. Il mio peregrinare mi ha portato in Francia, ma, avendo documenti italiani, non ho trovato nessun tipo di appoggio. Allora ho deciso che almeno uno dei miei sogni di bambino potevo realizzarlo: quello di vivere in Italia! Così sono ritornato in questo Paese che amavo tanto! Purtroppo però neanche in Italia ho trovato finora una sistemazione stabile, ho trovato persone che cercano di aiutarmi come possono ma mi rendo conto che anche gli Italiani hanno molti problemi ora! Io ho visto che in Italia molti valori si stanno perdendo, come quello della famiglia, della fede, dell’amicizia. Penso che questi valori che a noi sono rimasti dentro, pur se nell’estrema povertà, potrebbero essere recuperati, se si permettesse a noi immigrati di integrarci meglio nella società italiana! Da questo popolo italiano che ancora sotto certi aspetti di sentimento e di morale è il migliore di quelli che ho conosciuto mi aspetto che consideri noi immigrati come una risorsa e non come un problema. Io sono sicuro che se gli italiani cominceranno a voler conoscere meglio quali sono i nostri sogni, i nostri valori, la nostra cultura ne usciranno sicuramente arricchiti e meglio disposti ad accettare coloro che sono uguali a loro, anche se di diverso hanno la religione, la lingua e il colore della pelle.

SUGGERIMENTI: IN FAMIGLIA Scegliere un giorno in cui consumare un pasto povero. Offrire il risparmio ottenuto a favore di una famiglia di migranti All’accensione della seconda candela la preghiera: Vieni, Gesù, luce di sobrietà e di condivisione.

Il problema dell’accoglienza

Solo accettando “l’altro”, qualunque altro, possiamo gettare i semi per una società più armoniosa e pacificata. La vicenda dei minori egiziani a Roma spostati prima da Tor Sapienza e poi dall’Infernetto è il sintomo di qualcosa che nella nostra società si è lacerato. Le proteste e gli assalti dei residenti con bottiglie e bombe carta hanno convinto il Campidoglio a spostare i minori in altre comunità. Quello che mi ha profondamente amareggiato sono state le interviste rilasciate da alcuni abitanti di Tor Sapienza letteralmente inferociti nei confronti dei minori. Soltanto gli operatori delle case di accoglienza hanno difeso i minori ed il loro diritto ad avere una casa ed una famiglia. Le accuse allo Stato, ai politici, incapaci di dare risposte concrete a questo stato di crisi che genera disoccupazione, frustrazione, povertà si sono trasformate in violente contestazioni verso minori, verso gli immigrati accusati di “rubarci” le risorse necessarie per vivere meglio. Ed in queste situazioni riaffiorano i peggiori istinti che ci portiamo dentro (“bastardi neri che ci rubano il lavoro”, “lo Stato aiuta loro e non noi” “non è colpa nostra se Dio li ha fatti neri” sono alcune delle frasi più tenere che sono state loro rivolte) e siamo capaci di vio-

lenze, di comportamenti davvero incivili. «Perché non si spiega ai romani chi sono le persone che vivono nei centri di accoglienza, non si dice che scappano dalle guerre, dalle dittature. Queste persone hanno diritto ad essere accolte secondo tutte le leggi internazionali. Non si dice che dei 154mila salvati dall'operazione Mare Nostrum la maggior parte sono transitanti, perché in Italia non ci vogliono stare, preferiscono il nord Europa, dove vengono trattati dignitosamente » sono queste le affermazioni di monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana di Roma. «C'è una responsabilità di tipo individuale: non ci possiamo chiudere nel nostro privato, la mia libertà non può occultare i diritti dell'altro. E c'è un grande problema di gestione politica. Devono tutti sedersi intorno ad un tavolo, prefettura, comune, associazioni, cittadini, regione, per risolvere i problemi della nostra con-

vivenza». Queste persone, con le quali spesso veniamo a contatto anche noi nella nostra San Benedetto del Tronto, per il loro difficile vissuto si portano dietro un grande carico di tensioni che spesso sfociano in comportamenti violenti e rischiosi. La comunità civile deve porre in essere risposte adeguate ed efficaci. Ma, e questo penso sia un passaggio fortemente significativo, le nostre comunità cristiane debbono essere capaci di gesti profetici e concreti di accoglienza, di tolleranza, di condivisione, di misericordia. Soprattutto però queste vicende dovrebbero interpellare le coscienze di ciascuno di noi ed indurci a passare dalla diffidenza e paura dello straniero, dell’immigrato, all’accettazione del diverso, all’incontro e non scontro con le altre culture. E’ solo accettando “l’altro”, qualunque altro che possiamo gettare i semi per una società più armoniosa e pacificata. E riprendendo le parole di papa Francesco a Lampedusa: “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro”. Fernando Palestini Direttore diocesano Ufficio Cultura


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continua dalla prima pagina

Il voto alla Madonna Addolorata “Ma quello che ci preme ricordare in modo particolare ora è il voto formulato alla Vergine Immacolata in quella funesta circostanza dal Consiglio Comunale del tempo, sincero interprete dell’unanime desiderio e della religiosa pietà di un’afflitta popolazione che solo dalla Divina clemenza attendeva fiduciosa la propria salvezza. Il volume degli Atti Consigliari di quell’anno (miracolosamente saIvatosi da un Archivio miseramente distrutto dal bombardamento del 15 marzo 1944), ce ne conserva memoria, quale può vedersi nella integrale trascrizione della storica pagina. Dal verbale si rileva come l’8 luglio 1855 il Magistrato al completo si portasse, in forma ufficiale, nella Chiesa Abbaziale di S. Benedetto Martire dalla vicina sede Comunale allora situata nell’attuale da poco ricostruito Palazzetto delle Scuole Elementari. Giunti nella Chiesa si prostrarono ai piedi del venerato simulacro della Vergine Addolorata e, a nome dell’afflitta cittadinanza, il Priore Raimondo Voltattorni invocava la materna benigna intercessione della Vergine presso il suo Divino Figliolo, facendo solenne promessa, per sé e per i suoi legittimi successori e per i devoti cittadini, di un perpetuo impegno a tributarLe particolari onoranze nella festività dell’Immacolata Concezione da poco istituita e non ancora degnamente celebrata in paese. Nella stessa occasione la Magistratura s’impegnava anche a fare eseguire una artistica effige in tela della Vergine Immacolata a memoria perenne della grazia ricevuta. Dieci altri giorni durò ancora quel tremendo flagello poi miracolosamente, tornò il sereno e rifiorì speranza di vita nelle desolate contrade paesane.

L’interrotto lavoro riprese il normale andamento ed il patrio Consiglio, riavutosi alquanto da quello sbigottimento e dalle ingenti spese sostenute per quella calamitosa evenienza, decise la regolare ratifica del Voto fatto a Maria SS. Immacolata il cui dogma era stato proclamato l’8 dicembre del 1854 e la cui festa era molto venerata. Il Vescovo ripano Mons. Fedele Bufarini, recanatese, nell’elogìare il pio proposito, suggerì di dar corpo a quel voto, anzitutto con il fermarne solenne impegno con una deliberazione Consigliare che valesse per il presente e per il futuro. Questo si fece nella seduta Consigliare del 13 marzo 1856. In essa, su ragionata proposta del consigliere Don Tommaso Mascaretti, al primitivo progetto di far dipingere a spese del Comune una bella tela raffigurante l’Immacolata per esporla nella Chiesa matrice, fu sostituito il più immediato progetto dell’acquisto di un’artistica statua della Vergine Immacolata come quello che (senza mutare lo spirito del voto) meglio permetteva lo svolgersi delle funzioni religiose. Si tratta appunto del simulacro della Vergine che da più di un secolo si venera nella Chiesa Abbaziale del Castello e che, trionfalmente, mentre passa per le vie della Città riceve il devoto omaggio dei suoi figli. La Vergine Immacolata, mite e bella, passò in trionfo per le vie dell’antico borgo del Castello, non meno che per le vie larghe dell’operosa marina, tra luci, canti e fiori, pure in occasione dell’Anno Mariano, a cent’anni esatti dopo il luttoso avvenimento sopra ricordato, quando fu portata anche per quelle stesse vie, come la via Laberinto, in cui il morbo aveva maggiormente infierito”.

«Il Papa chiedeva sempre di pregare per lui» Bergoglio e la mendicante Chiedo a Etelvina Sánchez, 62 anni, mendicante, che spesso bazzica i paraggi della cattedrale di Buenos Aires: come ha incontrato Papa Francesco? «L’ho incontrato qui, mentre camminava sul marciapiedi. Mi salutava sempre chiamandomi per nome, “Etelvina”, e io lo salutavo. Lo incontrai quando mia figlia aveva 4 anni ... adesso lei – si chiama Cecilia – ha compiuto 21 anni il 14 marzo. Porto il rosario al collo perché padre Bergoglio mi ha sempre detto: “Prega per me”. Così di notte prendo il mio rosario e prego sempre un po’, anche se il rosario non lo so benissimo ... ma Bergoglio mi ha sempre incoraggiata a “pregare, pregare”...». Quando le chiedeva “Prega per me”... «... io gli dicevo: “Sì padre, pregherò per lei”. Lo chiamavo padre; non ho mai detto “vescovo” o “cardinale”; io lo vedevo così, un padre... Lui passava sempre sul marciapiede alle 10 o alle 11 del mattino. Io ero qui, seduta e gli dicevo: “Buon giorno padre”; lui si avvicinava e io lo salutavo. Si fermava, parlavamo un po’ e, quando veniva per lui il momento di andarsene, mi diceva sempre: “Prega per me, alleluia”. A volte rideva: “So che ti dico sempre la stessa cosa”, e in effetti mi ripeteva sempre quella stessa frase. Adesso invece è lui che deve pregare per noi, giusto? Lo so che adesso è lui che prega per noi». Che cosa ha provato quando lo hanno eletto Papa? «Non sapevo se piangere o se ridere. All’inizio fui felice ma alla fine ero molto triste, perché adesso che lui è Papa non potrò vederlo più. Lui infatti aveva cura di me, si prendeva cura di noi, ci conosceva tutti. Ho molte figlie: una abita nella capitale, si occupa di turismo; un’altra studia; e un’altra ancora vive qui con me: ha un bimbo piccolo, e siccome il bambino non ha un padre, sta con me, vive insieme a me. Quella che ha 21 anni sta cercando un lavoro, ma non è ancora riuscita a trovarlo nonostante ci stia provando da tempo. Spero che un giorno il Papa venga qui e quel giorno io lo accoglierò a braccia aperte. Da sacerdote o da vescovo mi ha sempre infatti colpita per quanto era amato. Mi è sempre piaciuto salutarlo perché lui sorrideva sempre. Non ha mai risposto in maniera accigliata o scortese: passava di qua sempre con un sorriso e a me piace la gente che sorride. Le persone arrabbiate non mi piacciono, sono fatta così. Io mi arrabbio un po’ solo quando sono giù. Quando invece sto bene, ecco sto bene. Qui padre Bergoglio ci manca. Sto per compiere 63 anni e per il mio compleanno il vescovo mi avrebbe fatto un regalo ... Spero che mi mandi un regalo da Roma ... So che si ricorderà di me perché io lo apprezzo molto, perché gli voglio tanto bene». Alejandro Bermudez (traduzione di Marco Respinti) (tratto da www.avvenire.it)

La gioia del Vangelo: una gioia missionaria... III Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità Ho avuto la grazia di partecipare, dal 20 al 22 novembre, al III Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, che si è svolto a Roma su iniziativa del Pontificio Consiglio per i Laici. Alcuni mesi fa, il cardinal Stanisław Ryłko, Presidente del Dicastero, aveva inviato una lettera di invito a Nicolino Pompei, quale fondatore di Fides Vita: con lui ho potuto vivere l’intensa bellezza di quei giorni, al cui centro vi è stato l’incontro con il Santo Padre Francesco. Si è trattato del terzo incontro di questo tipo, dopo quelli voluti da Giovanni Paolo II nel 1998 e da Benedetto XVI nel 2006. In questa edizione, si sono ritrovati più di 300 membri di esperienze ecclesiali – tra fondatori, moderatori generali e delegati – in rappresentanza di circa 100 realtà provenienti da più di 40 paesi del mondo; si sono riuniti attorno al tema suggerito da Papa Francesco: “La gioia del Vangelo: una gioia missionaria” (cfr. EG 21). Il cardinal Ryłko, che ha aperto i lavori, ha ricordato come “la fioritura dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, sia uno dei frutti più preziosi del Concilio Vaticano II”, ed inoltre come tale “improvvisa e inaspettata fioritura sia stata interpretata dal Magistero pontificio come una risposta tempestiva dello Spirito Santo alla difficile sfida dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo”. Da qui, il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici ha sottolineato lo sguardo profetico degli ultimi tre Sommi Pontefici, da San Giovanni Paolo II che ha ribadito la co-essenzialità tra istituzione e carisma nella vita della Chiesa, a Papa Francesco che, nel suo accento pieno di forza e di tenerezza, ha inteso così rivolgersi alle nuove realtà ecclesiali: “Siete un dono e una ricchezza nella Chiesa! Questo siete voi! […] Portate sempre la forza del Vangelo! Non abbiate paura! Abbiate sempre la gioia e la passione per la comunione nella Chiesa!”. Autorevoli e numerosi sono stati gli interventi: dal cardinal Marc Oullet al padre Raniero Cantalamessa; dal vescovo Massimo Camisasca al professor Gianfranco Ghirlanda, per citarne solo alcuni. Ed ogni contributo, dal palco come dall’assemblea, ha sostenuto il nostro cammino e ci ha accompagnato al momento centrale del Congresso: l’incontro con il Santo Padre. Papa Francesco ci ha detto che, innanzitutto “è necessario preservare la freschezza del carisma: che non si rovini quella freschezza! Freschezza del carisma! Rinnovando sempre il «primo amore» (cfr Ap 2,4)”. Poi ci ha parlato della pazienza di Dio e della necessità di farsi accanto all'umanità ferita del nostro tempo, accompagnando nella libertà il cammino di ognuno. Tutto questo, ha aggiunto il Papa, non può che essere vissuto nella comunione; essa è “il bene più prezioso, il sigillo dello Spirito Santo”:

“L’unità prevale sul conflitto, perché il fratello vale molto di più delle nostre personali posizioni: per lui Cristo ha versato il suo sangue (cfr 1 Pt 1,18-19), per le mie idee non ha versato niente!”. Così, ha concluso Papa Francesco, mantenendo la freschezza del carisma, rispettando la libertà di ognuno e cercando sempre la comunione, si cammina verso la maturità ecclesiale e si vive una conversione realmente missionaria; si partecipa cioè “alla missione di Cristo che ci precede sempre e ci accompagna sempre nell’evangelizzazione”. Meraviglioso l'intervento del Santo Padre e, se possibile, ancora più grande e splendente e struggente la sua affabilità, la sua cordialità, la sua passione per ognuno dei convenuti. Nel nostro cuore resta particolarmente viva la memoria del saluto e dell’abbraccio di Papa Francesco a Nicolino, come segno di tutta la nostra Compagnia. E poi, dopo quel momento, l'incontro si è concluso con la richiesta di perdono da parte del Papa per non riuscire, dati i suoi impegni, a salutare personalmente, uno ad uno, tutti i presenti. Come qualcuno ha detto nei lavori del Congresso, occorre avere l'umiltà di paragonarsi con Papa Francesco, con la sua umanità afferrata e segnata dalla impareggiabile bellezza della Carità di Cristo.

Come dicevo all'inizio, sono stati per me giorni di Grazia; giorni nei quali ho potuto capire di più che cosa voglia dire sentire cum Ecclesia. Nel succedersi degli eventi, nei numerosi incontri vissuti, ho contemplato le meraviglie del Signore, la Sua incessante iniziativa, la grande bellezza della Sua Chiesa; e ho gustato, nuovamente, il dono della Compagnia nella quale sono nato e cresciuto, via attraverso la quale il Signore mi ha chiamato e mi chiama a Sé, modalità attraverso cui continua a farmi innamorare di Sé e della Sua Santa Chiesa, universale e particolare. don Armando Moriconi

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Anno XXXI 7 Dicembre 2014

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LA NOVENA DELL’IMMACOLATA A RIPATRANSONE, CAMMINO DI PREGHIERA E DI SPERANZA. Anche quest’anno a Ripatransone viene riproposto il cammino della novena in preparazione della festa dell’Immacolata Concezione. Da Sabato 29 infatti, la comunità parrocchiale si ritroverà nell’antica e monumentale chiesa dedicata alla Vergine concepita senza peccato, detta però comunemente dal popolo di San Filippo Neri. Si tratta infatti di uno dei più significativi luoghi filippini nelle Marche, avendo ospitato i padri oratoriani dagli albori della fondazione di questa congregazione, essendo alcuni compagni del santo per l’appunto Ripani. Il Dogma dell’Immacolata risale al 1854 e qui quasi immediatamente questo culto venne recepito e solennizzato con un novena preparatoria, come anche nella vicina città di San Benedetto del Tronto dove tale pratica è ancora molto sentita e partecipata. Il programma vedrà svolgersi due sante messe feriali, di cui quelle serali animate a rotazione dalle cinque confraternite ripane. Ci sarà spazio per una celebrazione eucaristica rivolta ai ragazzi delle scuole elementari, una liturgia penitenziale per i giovani del catechismo ed un momento particolare di adorazione comunitaria sarà riservato giovedì 4 dicembre, nel dopocena, alla preghiera per le vocazioni. Domenica 30 novembre sarà amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi e durante tutto il periodo vi sarà la possibilità di effettuare visite agli ammalati direttamente nelle loro case. Questo grazie alla disponibilità dei parroci, e del predicatore che quest’anno è padre Dario Di Giosia, passionista. Sabato 6 Dicembre infine ci sarà la gradita visita del nostro pastore Mons. Carlo Bresciani per condividere la gioia di questo percorso e preparare i fedeli all’imminente festa. Si tratta quindi anche quest’anno di vivere l’inizio dell’avvento con un periodo di grazia, preghiera e riflessione che coinvolge veramente tutta la comunità dai più giovani ai più anziani, proprio per percorrere questo cammino dell’avvento assieme nella gioia e nella speranza. Silvio Giampieri

RIPATRANSONE: La “Corale Madonna di San Giovanni” si esibisce in occasione della Festa di Santa Cecilia, patrona della Musica di Alessio Rubicini

Anche quest’anno il Duomo di Ripatransone ha fatto da cornice alle manifestazioni organizzate dalla “Corale Madonna di San Giovanni” in occasione della Festa di Santa Cecilia, patrona della Musica, dei Musicisti e dei Cantori. La Corale ripana, diretta da Nazzareno Fanesi con la collaborazione della pianista Laura Michelangeli, ha festeggiato la patrona della Musica nel tardo pomeriggio di Sabato 22 Novembre, giorno della sua memoria liturgica, animando dapprima, la Messa Vespertina celebrata dal Parroco di Ripatransone Don Domenico Vitelli e dal Vicario Parrocchiale Don Gian Luca Rosati, durante la quale ha eseguito diversi canti polifonici. Don Rosati ha salutato la Corale ricordando come la musica e il canto siano sempre stati il mezzo con cui l’uomo, in ogni occasione della propria vita, esprime la propria gioia, il proprio desiderio di vivere ed, in particolare, la propria lode ed il proprio ringraziamento a Dio per le benedizioni che da Egli riceve. Don Gian Luca, poi, ha ricordato come questo profondo significato della musica si sia ultimamente un po’ perso a causa dei ritmi sempre più frenetici della nostra quotidianità ed ha concluso invitando tutti ad ascoltare il Concerto che la Corale avrebbe offerto al termine della Messa. La Corale “Madonna di San Giovanni”, ha offerto ai presenti un breve ma ricco concerto, proponendo brani di polifonia sacra, profana senza tralasciare il folklore. L’esibizione si è aperta, infatti, con la lauda “A Santa Cecilia” di Davide Liani (1921 – 2005), per omaggiare la Santa nel giorno della sua festa, il brano trae ispirazione dall’antifona di introito della messa per tale ricorrenza. I presenti, poi, hanno potuto ascoltare la vivacità del lied di Mozart “Oh quant’è bello seder qui insieme”, la poesia di “Improvviso” e “Apri la porta” di Bepi de Marzi, la piccante villanella “Io ti vorria contar la pena mia” di Orlando di Lasso e la maestosità della “Corale Finale” della Cantata n. 147 di Bach seguita dalle gioiose note di “Ode an Die freude”, l’Inno alla Gioia di Beethoven. Ha concluso il proprio concerto con “Exultent Caeli” (dal Vespro della Beata Vergine) di Claudio Monteverdi. Presenti tra il qualificato e numeroso pubblico diverse autorità locali tra cui il Presidente Provinciale dell’Anbima Prof. Arsenio Sermarini, il sindaco di Ripatransone Prof. Remo Bruni, il Vice Sindaco Ing. Alessandro Lucciarini, i Consiglieri Comunali Paolo Polidori, delegato alla Cultura ed Alessandro Ricci che, anche quest’anno hanno voluto omaggiare le coriste presenti e la pianista con un dono floreale.

Quinta controversia: sul fare o no il bene anche di sabato

33. GESÙ GUARISCE UN UOMO DALLA MANO INARIDITA Leggiamo Lc 6,6-11, che riporta l’ultima delle controversie in Galilea. Luca segue ancora – a volte alla lettera – il testo di Mc 3,1-6; nello stesso tempo ha anche contenuti quale quello di Gesù che legge nei cuori. Per Mt 12,9-14 si veda Serie su Matteo n. 59. 1. Gesù insegna. «Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare» (Lc 6,6a). Con questa frase, che gli è propria, Luca continua a presentare l’attività evangelizzatrice che Gesù sta svolgendo e che ha molto sottolineato già nei brani precedenti: «Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode» (4,14); a Cafarnao «in giorno di sabato insegnava alla gente» (4,31); «erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità» (4,31); «insegnava alle folle dalla barca» (5,3); insegnava anche a persone importanti e venute anche da lontano (5,17). 2. L’intenzione malevola degli scribi e dei farisei. «C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. 7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo» (Lc 6.6b-7). Entra ancora in campo il riposo sabatico! Secondo gli scribi e i farisei questo verrebbe violato da Gesù se questi avesse compiuto il lavoro (!) di guarire la mano “secca” (xerá) in giorno di sabato. Livellano un eventuale miracoloso di Gesù, frutto di onnipotenza e di bontà sconfinata, a una semplice attività terapeutica che la tradizione ebraica diceva di rimandare ad altro giorno, se non era proprio urgente e necessaria. Cercano solo un pretesto per denigrare e accusare Gesù. 3. Gesù interviene sovranamente. «Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati e mettiti qui in mezzo!”. Si alzò e si mise in mezzo. 9Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?”. 10E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: “Tendi la tua mano!”. Egli lo fece e la sua mano fu guarita» (Lc 6,8-10). Luca omette l’argomento ad hominem di Matteo, anche se molto efficace: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori?», con la continuazione: «Ora, un uomo vale ben più di una pecora!» (Mt 12,11-12). Tralascia Mc 3,5a che dice che Gesù li guarda «con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori». Parla solo di trame contro Gesù. Luca punta all’essenziale che – come nel caso precedente delle spighe – è il mettere in ri-

salto la stessa persona di Gesù, la sua parola, il suo agire. Dice che Gesù conosce addiriti tura «pensieri», dialogismoús, dei suoi avversari. Conoscenza che Luca ha già rilevato varie volte; «Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Perché pensate così nel vostro cuore?”» (5,22; cf 2,35). Però qui la richiama solo per rilevare la sua dignità e il significato che attribuisce col suo comportamento. «Àlzati e mettiti qui in mezzo!», il che viene subito eseguito. Il Signore esige la visibilità del paralizzato e di quanto sta per fare. Pone la domanda centrale: «In giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male». Riporta così il sabato a un giorno qualsiasi, adatto come gli altri per fare il bene al prossimo. «Tendi la tua mano!», e la mano dell’individuo viene tesa e, nello stesso tempo, guarita. Gesù ha confermato la sua dignità e ha dato materia agli avversari perché riflettano 4. Il complotto contro Gesù. «Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù» (Lc 6,11). Marco conclude: «E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (Mc 3,6). Luca ritiene che questa notizia anticiperebbe troppo gli eventi e la tralascia. Si limita a dire che gli avversari di Gesù complottano contro di lui. 5. Perché Gesù trasgredisce il sabato? La nostra domanda riguarda le controversie e non il vastissimo argomento sul sabato. A tale domanda rispondiamo: non è per anticonformismo premeditato, dato che il Gesù terreno ha praticato il sabato, ma quale segno della sua dignità e della sua missione. Il sabato è il giorno per fare del bene e per salvare (Lc 6,9), per liberare dai lacci di satana (13,15-16; 14,5); per questo «il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (Lc 6,5; Mt 12,8; Mc 2,28). In breve, non si è davanti a una trasgressione cercata, ma a un segno che nasce dalle circostanze: con l’incarnazione redentrice dal sabato ebraico si passa al giorno che ricapitola l’opera di Gesù; è la kyriaké heméra, il giorno del Signore (Ap 1,10), della celebrazione eucaristica, delle opere buone. Crocettigiuseppe@yahoo.it

Impegni Pastorali del Vescovo DAL 7 AL 14 DiCEMBRE 2014 DOMENICA 7 DICEMBRE Ore 12.00 San Benedetto Tr. - Santuario dell’Adorazione: S. Messa

GIOVEDì 11 DICEMBRE Ore 10.00 Monteprandone - Santuario S. Giacomo: Ritiro del Clero

LUNEDì 8 DICEMBRE Ore 10.00 Montalto M. - Parrocchia S. Maria Assunta: S. Messa Ore 11.30 Cossignano - Parrocchia S. Maria Assunta: Cresime Ore 16.00 San Benedetto Tr. Solennità dell’Immacolata: S. Rosario, S. Messa e processione

VENERDì 12 DICEMBRE Ore 16.00 San Benedetto Tr. Cattedrale: Confessioni Ore 18.30 Parrocchia S. Benedetto martire: incontro con i Cresimandi della città Ore 20.00 Padri Sacramentini: lezione alla scuola di formazione teologica

MARTEDì 9 DICEMBRE Ore 19.00 Valtesino - Parrocchia Madonna di Fatima: S. Messa per il 25° di ordinazione di d. Luis Sandoval MERCOLEDì 10 DICEMBRE Ore 18.00 Ripatransone - S. Messa per la patrona della Diocesi Ore 20.00 Cena con la Consulta laicale

SABATO 13 DICEMBRE Ore 8.30 Centobuchi - Parrocchia Regina Pacis: S. Messa per la scuola media C. Allegretti DOMENICA 14 DICEMBRE Ore 15.30 San Benedetto Tr. Palariviera: S. Messa per la Banca Picena Truentina Ore 18.00 Centobuchi - Parrocchia Regina Pacis: Natale multietnico


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Anno XXXI 7 Dicembre 2014

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8 per mille Marche "Non pecchiamo di omissione", le nuove prospettive Sabato 22 novembre si è tenuta presso la proprietà Boccolini a Sirolo la riunione regionale del "servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica" Presenti all'incontro: Il Vescovo Emerito Delegato Mons. Gervasio Gestori, Giuliano Vagnoni e Franco Lucadei della diocesi di San Benedetto del Tronto - Ripatransone - Montalto, il direttore dell'Ufficio promozione regionale Don Alberto Pianosi, Don Canaro De Angeli e Domenico Campogliani della diocesi di Urbino, Massimo Stopponi della diocesi di Fabriano - Matelica, Giancarlo Sabbatini e Alfredo Antonelli della diocesi di Jesi, Don Ivan Bellomari e Don Piergiorgio Giorgini della diocesi di Fano, Don Leandro Natolini di Fermo e don Sandro De Angeli dell'Arcidiocesi di Urbino-UrbaniaSant'Angelo in Vado. Negli anni è diminuita visibilmente la raccolta delle offerte nella regione Marche: nel 2013 sono stati raccolti 283.315€ a fronte dei 297.829€ del 2012 e dei 468.930€ del 2007. Ricordiamo che attraverso i fondi dell'8 per mille si sostengono economicamente i sacerdoti, si realizzano opere di ristrutturazione di opere già esistenti e di realizzazione di nuove chiese. Ad aprire la riunione il Vescovo emerito Gervasio Gestori incaricato dalla C.E.M.: "Spesso non c'è la conoscenza del problema, bisogna tornare a far appassionare le persone all'8 per mille. Nella mia diocesi abbiamo realizzato tante opere, restaurato tante chiese, sostenuto economicamente il clero, tutto grazie alle offerte dei fedeli, ma sopratutto grazie al sostegno dell'8 per mille. A volte i nostri fratelli

preti, vedendo l'accredito dello stipendio alla fine del mese, non si preoccupano di raccogliere le firme. Bisogna svegliarci. Le possibilità ci sono, potremmo realizzare molto di più. Il lavoro da fare è ancora tanto, se ripenso al mio episcopato, in 18 anni, forse anche io probabilmente mi sarei dovuto impegnare di più". Don Alberto: "Bisogna ritornare ad educare i nostri sacerdoti e i nostri collaboratori parrocchiali. I CUD sono i talloni di Achille del sistema. In Italia, a diversi milioni di pensionati, è tolta la possibilità di scegliere, noi dobbiamo preoccuparci anche di quelle persone che non sono messe nella possibilità di esercitare il loro diritto. In ogni diocesi dobbiamo impegnarci di più per realizzare una rete che aiuti a diffondere l'informazione dell'8 per mille, per aiutare a comprenderne l'importanza". Altri suggerimenti e poposte sono state espresse dai rappresentanti delle altre diocesi. Giuliano Vagnoni al termine ha così sintetizzato: "Non firmare per l'8 per mille è un peccato di omissione, perché possiamo fare del bene molto semplicemente e velocemente". La mattinata si è conclusa con un S.I. momento di convivio tra tutti i presenti.

Vescovo Carlo all’ASMO:

“Se la fede non è seguita dalle opere, non è una fede che salva” SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nel pomeriggio di sabato 22 novembre il vescovo Carlo ha presieduto la S. Messa in ricordo i defunti assistiti dall’ASMO, l’associazione onlus di supporto ai malati oncologici nata a San Benedetto del Tronto nel 2001, in ricordo di Viviana Campanelli. «Il brano del vangelo (Mt 25,31-46, ndr) ci pone di fronte a una questione: che cosa conta in realtà davanti a Dio?» ha spiegato il vescovo durante l’omelia. «Non conta il fatto che io ho creduto in te, Gesù. Conta quello che abbiamo fatto di bene agli altri. Questo giudizio Gesù lo presenta proprio così: quando la nostra fede non è seguita dalle opere, quella non è ancora una fede che salva; non salva noi e non salva gli altri. La messa che stiamo celebrando per l’ASMO si inserisce bene dentro questa realtà. La risposta al dolore e alla sofferenza degli altri non è né una compassione fatta di belle parole, né purtroppo come oggi si sente dire “poiché soffre è bene che muoia”. No, la risposta al dolore e alla sofferenza dell’uomo è l’aiuto reciproco. È giusto e doveroso combattere il dolore, ma combattere il dolore non vuol dire combattere contro la persona: lo scopo è dare una vita degna alla persona. Ecco perché preoccuparsi delle strutture e di offrire un valido servizio: perché l’ultimo tratto della vita (in alcuni casi) o comunque il dolore che colpisce possa essere combattuto con i mezzi adeguati, e oggi ci sono. Vedete, la risposta alle difficoltà che incontriamo sta nella capacità di costruire solidarietà. Che cos’è la chiesa se non c’è solidarietà? (…) Per assistere un malato abbiamo bisogno non tanto dei mezzi materiali, per quanto siano importanti, ma della vicinanza, dell’amore. È per questo che una società costruita sull’individualismo crea solitudine, crea maggiore difficoltà nella vita; la nostra società rende le relazioni fragili, le rompe e porta alla solitudine, la quale rende tutto peggiore. Gesù dice che la strada è un’altra: dobbiamo imparare a sostenere gli altri. Egli afferma: “Io sono presente in ogni persona, io sono ognuno di loro che sta male”, non dice “c’era un tale che aveva fame e quindi…”, dice “Io avevo fame”. Lì c’è Gesù: nella grande dignità di ogni essere umano, anche di quello che non ha di che coprirsi. È questo il vero cristiano, è questo che fa il regno di Dio, quando si impara davvero a volerci bene gli uni gli altri. Quando siamo attenti l’un l’altro possiamo sempre dare un sorriso, una stretta calorosa di mano. È poco? Sì. Ma lì c’è la grande relazione umana. Questo vuol dire che possiamo sempre aiutarci gli uni gli altri ed è così che costruiamo il regno di Dio; è così che la nostra fede diventa una fede animata, plasmata dalla carità. Noi celebriamo proprio questo oggi, questo Gesù, il figlio di Dio, che si fa vicino agli ultimi, per comunicare loro l’amore di Dio. Questo è il Regno, impariamo da Gesù e anche noi saremo parte del Regno». Durante l’offertorio sono stati portati all’altare numerosi oggetti simbolo dell’azione quotidiana dell’ASMO nella nostra città: il camice dei medici ed operatori sanitari che assistono e visitano gli ammalati, le chiavi degli automezzi, fondamentali per accompagnare chi ha bisogno di cure negli ospedali di Ancona, Teramo, Ascoli, un anthurium, pianta simbolo dell’associazione donato al vescovo Carlo, ed una pergamena con scritti i nomi degli amici sostenuti dall’ASMO nel corso dei suoi 13 anni di vita. Alla celebrazione erano presenti molti soci e sostenitori ASMO, insieme a familiari dei defunti, e la vice presidente Jessica Campanelli, la quale ha speso qualche parola per ringraziare i volontari: questi, in modo totalmente gratuito, ogni giorno si mettono a disposizione per offrire un aiuto a chi vive nella malattia. Floriana Palestini

IL SINODO: UNA FINESTRA APERTA SULLA FAMIGLIA Domenica pomeriggio, 23 novembre, presso il Biancazzurro, ci siamo ritrovati famiglie, fidanzati, operatori di pastorale familiare, insieme al nostro Vescovo, a vivere un importante e significativo incontro con i coniugi Giuseppe Petracca Ciavarella e Lucia Miglionico, medici dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e responsabili della Consulta di Pastorale familiare della Puglia, invitati dal Santo Padre al recente Sinodo in qualità di uditori. Le coppie presenti ai lavori sinodali erano tredici in tutto, provenienti da ogni continente; dodici convocate come “uditori”, una tra gli “esperti”. Le loro testimonianze, espresse con franchezza all’assemblea dei padri sinodali prima di ogni dibattito, hanno messo in luce la realtà dei vari continenti e ogni possibile aspetto che caratterizza il matrimonio. Il Vescovo Bresciani, nella sua riflessione introduttiva, dopo aver ringraziato i coniugi per la loro presenza, ha richiamato la nostra attenzione sul dono grande della famiglia e sulla necessità di andare incontro ad essa come il buon samaritano del Vangelo. Egli, passando accanto all’uomo ferito, “ lo vide e ne ebbe compassione”,allo stesso modo noi siamo chiamati a “vedere” e ad “ avere compassione” della famiglia chiedendoci, innanzitutto, come curarne le ferite. Dovremmo chiederci quale può essere l’intervento immediato, ma anche quali sono le “locande”, cioè gli ambienti, le relazioni,… dove prendersi cura della famiglia. La Chiesa, ha continuato il nostro Vescovo, deve agire sul fronte della Misericordia e della Verità tenendo presente che l’una non può fare a meno dell’altra, ma deve anche fare in modo che le famiglie siano sempre più solide e sempre meno “ferite”. I coniugi Giuseppe e Lucia, con il loro intervento, sono riusciti a trasmettere non solo i contenuti, le riflessioni dei padri sinodali, le esperienze, le realtà e le fatiche vissute nei vari Paesi, ma il clima che hanno definito “straordinario” per familiarità e serenità. <<Abbiamo visto la Chiesa universale; abbiamo visto i padri sinodali interrogarsi sul bene della famiglia; abbiamo visto una Chiesa Madre e Maestra>>, è stata la loro testimonianza. Da qui si comprende non solo quale grazia abbiano vissuto, ma anche quella di cui abbiamo beneficiato ascoltandoli. Ci hanno raccontato che il Papa, all’inizio dei lavori, ha chiesto tre doni allo Spirito Santo: l’ascolto, l’umiltà e lo sguardo fisso su Gesù per poter conoscere il vangelo della famiglia. Ha chiesto un confronto “sincero, aperto e fraterno” e così è stato. Tantissimi i temi oggetto di dibattito, semplicisticamente ridotti dai media a pochi nodi da sciogliere. E’ emersa la fatica dell’essere famiglia tra mille difficoltà e ferite, ma non si può tacere la generosa fedeltà con cui tante altre rispondono al progetto di Dio. I padri sinodali hanno messo al primo posto il bene della famiglia senza mettere in discussione i principi dottrinali o i “ valori non negoziabili”, soprattutto riguardo alla vita, alla procreazione, all’indissolubilità, alla fedeltà, all’unità del matrimonio. E’ stata sottolineata la necessità di una conversione pastorale, una conversione nell’impegno quotidiano rivolta non solo ai religiosi, ma ad ogni uomo e donna affinché, anche le famiglie cattoliche, diventino soggetti attivi della pastorale familiare. La famiglia è chiamata a ritrovare la sua vocazione e a riscoprire che essa è anche missionaria. Per questo è chiamata a “sporcarsi le mani”, ad “andare”, a farsi “pane spezzato” anche lottando contro i “briganti” di oggi che si chiamano egocentrismo, relativismo,… per imparare a formare famiglie sane e solide, in cammino verso la santità, capaci di viverla nell’ordinario. Sarebbe cosa buona tornare alla “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II perché è responsabilità individuale, di coppia e della Chiesa tutta, quella di annunciare la bellezza e la ricchezza del Sacramento del Matrimonio. Il dibattito seguito alla relazione è stato molto partecipato. Forse qualcuno pensava di avere subito nuove soluzioni, ma il Sinodo straordinario non aveva l’obiettivo di dare risposte immediate. Toccherà ora anche a noi laici prendere sul serio il cammino di riflessione avviato dai lavori sinodali e, continuando a pregare, portarlo nelle nostre realtà, discuterne e capire facendo in modo che la Chiesa non solo si occupi delle famiglie ferite, ma eviti anche che, altre, possano trovarsi in sofferenza. (Nella foto: solo una parte dei partecipanti con i coniugi Ciavarella al centro) Franco e Chiara Equipe di Pastorale Familiare

PERCORSO DI VITA E DI FEDE CON GLI SPOSI CHE VIVONO IN SITUAZIONE DI SEPARAZIONE, DIVORZIO E NUOVA UNIONE. Domenica 7 DICEMBRE si svolgerà un nuovo incontro del PERCORSO DI VITA E DI FEDE CON GLI SPOSI CHE VIVONO IN SITUAZIONE DI SEPARAZIONE, DIVORZIO E NUOVA UNIONE presso il Centro Pastorale in via Pizzi n° 25, dalle 15,45 alle 18,00. Tutti gli altri appuntamenti, di questo percorso, si svolgeranno, come da calendario diocesano, presso il Centro Pastorale, la prima domenica di ogni mese, nello stesso orario. I partecipanti al gruppo Orchidea attendono tutti quelli che, vivendo le situazioni indicate, vorranno unirsi a loro. Ufficio di Pastorale Familiare

SGUARDO UMANO di Giuseppe Paolini

All’ingresso di un supermercato dove facevo la Colletta Alimentare, ho dato il sacchetto ad una signora che mi ha detto: “In realtà avrei bisogno io di questo cibo che raccogliete, ma sono troppo orgogliosa per avere l’umiltà di chiederlo. Mio marito ha perso il lavoro, ho tre figli e non sappiamo come andare avanti:” All’uscita l’ho salutata per nome e lei è stata colpita dal fatto che me lo fossi ricordato. A quel punto abbiamo cominciato a parlare e mi ha raccontato in dettaglio la sua situazione e dato il suo livello di scoramento le ho chiesto che cosa le servisse tra gli alimentari che avevamo. Lei è scoppiata a piangere, ferita, e ha preso omogenizzati per la bimba di due anni e della pasta. Mi ha molto colpito, la libertà di domandare di questa signora e inoltre mi è sembrata verissima la frase: “Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco, non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno-uno sguardo umano- ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice.”


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LA PREPARAZIONE SPIRITUALE DELLE NOSTRE COMUNITÀ IN AVVENTO

Monteprandone

Il Tempo liturgico che favorisce la riflessione sulla triplice venuta del Signore. Come ogni anno, nelle Comunità parrocchiali di Montalto, negli ultimi giorni del mese di novembre, fervono i preparativi per la realizzazione di quel particolare elemento liturgico, che risponde al nome di “Corona di Avvento”, anche se propriamente essa attiene più a tradizioni dell’Europa del Nord. La Corona dell'Avvento fu ideata dal pastore protestante Johann Hinrich Wichern (1808-1881). La versione originale prevedeva la presenza di un maggior numero di candele. Il suo scopo era rendere possibile una formazione a ragazzi e giovani bisognosi e senza casa. Verso la metà del XIX secolo illuminava per la prima volta una corona d'avvento con 24 luci la sala oratoria del Rauhen Haus. Le luci per le Domeniche erano grandi e quelle per i giorni feriali piccole. In seguito essa fu semplificata, arrivando ad un più largo uso, e fortemente simbolizzata nelle definizioni delle quattro candele, a scandire le Domeniche dell’Avvento romano: la prima candela è detta "del Profeta", poiché ricorda le profezie sulla venuta del Messia; la seconda candela è detta "di Betlemme", per ricordare la città in cui è nato il Messia. La terza candela è detta "dei pastori", i primi che videro ed adorarono il Messia, e poiché nella terza domenica d'Avvento la Liturgia permette al sacerdote di utilizzare i paramenti rosa al posto di quelli viola tale candela dovrebbe avere un colore diverso dalle altre tre. La quarta candela è detta "degli Angeli", i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia. Sia nella Concattedrale che nelle chiese parrocchiali di Patrignone e di Porchia, don Lorenzo, insieme a diversi operatori della Liturgia, che in queste occasioni è bene ricordare e ringraziare a nome di tutta la Comunità cristiana, ha pensato alla costruzione progressiva di un vero e proprio "Cammino dell’Avvento”, fatto da candele o lampade che si illuminano all’inizio della Celebrazione eucaristica domenicale (il Sabato sera con un vero e proprio Lucernario, come suggerito dal Sussidio diocesano), coinvolgendo l’assemblea attraverso la monizione e il canto, l’uso di un colore sempre diverso (il viola, il bianco, il rosa e il rosso), ripreso anche dall’addobbo floreale. Accanto all’altare sempre la presenza dell’immagine della Madonna, vera icona di questo Tempo forte, che indica silenziosamente il cammino da seguire e invita a chiedere la sua intercessione. In Concattedrale poi, al centro dell’altare maggiore, la preparazione di un “posto”, ancora vuoto, per Colui che sta per venire, centro su cui converge l’attenzione di tutta la Comunità sistina. lauretanum

“L’istante del sì”, una mostra per meditare l’Avvento del Signore Gesù Da sabato 7 dicembre fino a domenica 21 dicembre, all’interno della chiesa della parrocchia Gran Madre di Dio a Grottammare, verrà esposta una mostra dedicata alla Madonna realizzata dalla Cooperativa Veritatis Splendor. Le più belle immagini dell’Annunciazione nell’arte potranno essere contemplate attraverso questa mostra per rivivere quel momento della storia, nascosto ed umile, in cui l’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria e a cui Ella rispose: “Sì, eccomi, sono la serva del Signore”. Il genio creativo di uomini come Duccio di Buoninsegna, Leonardo da Vinci, Tiziano, Botticelli, Caravaggio e tanti altri hanno “fermato” quel momento con immagini bellissime accompagnate da preghiere e spunti di riflessione tratte prevalentemente dal Magistero di Benedetto XVI e dai Padri della Chiesa. È una bellissima occasione per attendere con un cuore aperto e disponibile l’Avvento del Signore Gesù. Moina Maroni

MEDIA CEI/TV2000

Il Vangelo “Sulla Strada”

Giornata mondiale per l’infanzia e l’adolescenza Il 20 Novembre, giornata mondiale per l'infanzia e l'adolescenza, l'Istituto comprensivo di Monteprandone, nei vari ordini di scuola, ha festeggiato il 25° anno dalla firma della Convenzione dei diritti avvenuta nel 1989. Scuola dell'Infanzia , primaria e secondaria di primo grado, che da alcuni anni portano avanti il progetto Scuola Amica promosso dal MIUR e dall'Unicef, hanno ricordato l'importanza di questo documento con modalità diverse. Nei due plessi della scuola dell'Infanzia si è organizzata una festa con tanto di torta per ricordare i 25 anni ,alla manifestazione hanno partecipato alunni, docenti, il Dirigente Scolastico e la presidente Provinciale Unicef Sonina Acciari. Nella scuola primaria gli alunni si sono soffermati a riflettere su alcuni dei diritti che loro stessi hanno individuato come i più importanti, legati sia alla loro vita personale ma anche in riferimento alla sostenibilità ambientale. Nella scuola secondaria di primo grado, la rilettura di alcuni punti della convenzione è servita per approfondire alcune problematiche e focalizzare alcuni diritti; i ragazzi, dopo la riflessione, hanno disegnato dei fumetti con cui hanno illustrato il “diritto che vorrei”. Il Collaboratore del dirigente, Helena Cantalamessa

Per il Real Madrid uno sponsor vale più di una Croce! Il Messaggero del 29/11/2014, nella pagina sportiva, riporta la notizia comparsa sul quotidiano spagnolo Marca, che la squadra di calcio del Real Madrid, per favorire e compiacere lo sponsor arabo di Abi Dhabi, ha tolto dal suo logo la Croce con la motivazione, come ha dichiarato il presidente Florentino Perez, "perché vogliamo conquistare il cuore dei musulmani". Ma le motivazioni sono invece molto più...veniali. Il quotidiano scrive: "Al di là dello sponsor, la società ha firmato un accordo con Petroleum Investment Company, appartenente al governo del paese arabo, che terrà a battesimo il nuovo Bernabeu, con importanti benefici economici. So che ogni partita, ha dichiarato il Presidente Perez, si vive ad Abi Dhabi con speciale emozione e che il vincolo con gli Emirati Arabi è sempre maggiore. Vogliamo che il Real Madrid continui a conquistare il cuore dei tifosi musulmani" ed ha auspicato che l'accordo triennale, possa diventare "un'alleanza permanente." E' proprio vero che "pecunia non holet", e che uno sponsor vale ben più di una... Messa e di 102 anni di gloria e storia sportiva. Ad ognuno di noi riflettere su come vengono traditi basilari principi di ben ! ! duemila anni di cultura e fede, per una effimera gloria sportiva. Silvio Palombi Montalto delle Marche.

A don Dino Pirri il compito di presentare la lettura della domenica

Il Vangelo della domenica è via, verità, vita, da portare per le strade del mondo. È l’idea che ispira Sulla Strada, il nuovo programma di Tv2000 (canale 28 del digitale terrestre, 18 di TvSat, 140 di Sky, in streaming su www.tv2000.it) in onda tutti i sabato alle 22.30. La Buona Notizia si ascolta e si vede attraverso i disegni animati di Emanuele Fucecchi che accompagnano le parole di don Dino Pirri, giovane sacerdote della diocesi di San Benedetto del Tronto-RipatransoneMontalto e assistente nazionale dell’Azione cattolica ragazzi, che si trova a proprio agio con i nuovi mezzi di comunicazione. “Non abbiamo altra pretesa che raccontare il Vangelo della domenica”, spiega don Pirri:

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“Proveremo a farlo con semplicità, senza retorica, attraverso un linguaggio diretto e facilmente comprensibile anche da chi non è direttamente coinvolto dall’esperienza della fede”. In studio, accanto al sacerdote, diversi ragazzi pieni di domande, per rendere la Parola di Dio viva, adeguata al nostro bisogno, alla nostra realtà.

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Agente Generale Cinzia

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Via F. crispi, 107 - Tel. e Fax 0735 582101

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