PARROCCHIA MADONNA DELLA SPERANZA CAMPO-SCUOLA 2009 FERRÀ 27 LUGLIO – 2 AGOSTO
“CONFIDA NEL SIGNORE E FA’ IL BENE, ABITA LA TERRA E VIVI CON FEDE. CERCA LA GIOIA NEL SIGNORE, ESAUDIRÀ I DESIDERI DEL TUO CUORE” (SALMO 36)
OSCAR E LA DAMA IN ROSA PRESENTAZIONE Caro Dio, mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo. Ti avverto subito: detesto scrivere. Bisogna davvero che ci sia obbligato. Perché scrivere è soltanto una bugia che abbellisce la realtà. Una cosa da adulti. La prova? Per esempio, prendi l’inizio della mia lettera: «Mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo». Avrei potuto esordire dicendo: «Mi chiamano Testa d’uovo, dimostro sette anni, vivo all’ospedale a causa del cancro e non ti ho mai rivolto la parola perché non credo nemmeno che tu esista». Ma se ti scrivo una roba del genere, fa un brutto effetto e ti interesseresti meno a me. E io ho bisogno che ti interessi. Inoltre mi farebbe comodo che tu avessi il tempo di farmi due o tre piaceri… Solo Nonna Rosa non è cambiata. Secondo me, è comunque troppo vecchia per cambiare. E poi è anche troppo Nonna Rosa. Nonna Rosa non te la presento, Dio, è una tua buona amica, visto che è stata lei a dirmi di scriverti. Il problema è che sono l’unico a chiamarla Nonna Rosa. Dunque, devi fare uno sforzo per capire di chi parlo: fra le signore in camice rosa che vengono da
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fuori a passare del tempo con i bambini malati, è la più vecchia di tutte. […] Nonna Rosa (NR): «… Se andassimo a trovare Dio?» Oscar (OS): «Ah, ecco, ha il suo indirizzo?» NR: «Penso che sia nella cappella». Nonna Rosa mi ha vestito come se si partisse per il Polo Nord, mi ha preso fra le sue braccia e mi ha accompagnato alla cappella che si trova in fondo al parco dell’ospedale, oltre i prati gelati. Insomma non sto a spiegarti dov’è, visto che è casa tua. È stato un colpo quando ho visto la tua statua, insomma, quando ho visto in che stato eri, quasi nudo, magro magro sulla tua croce, con delle ferite dappertutto, il cranio sanguinante sotto le spine e la testa che non stava nemmeno più sul collo. Mi ha dato da pensare. Mi sono sentito rivoltare. Se fossi Dio, io, come te, non mi sarei lasciato ridurre in quel modo. OS: «Nonna Rosa, sia seria: lei che era lottatrice di catch, lei che è stata una grande campionessa, non si fiderà di quell’essere!» NR: «Perché, Oscar? Daresti più credito a Dio se vedessi un culturista con i muscoli gonfi, la pelle unta d’olio, i capelli corti e il minislip che ne fa risaltare la virilità?» OS: «Beh…» NR: «Rifletti, Oscar. A chi ti senti più vicino? A un Dio che non prova niente o a un Dio che soffre?»
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OS: «A quello che soffre, ovviamente. Ma se fossi lui, se fossi Dio, se, come lui, avessi i mezzi, avrei evitato di soffrire». NR: «Nessuno può evitare di soffrire. Né Dio né tu. Né i tuoi genitori né io». OS: «Bene. D’accordo. Ma perché soffrire?» NR: «Per l’appunto. C’è sofferenza e sofferenza. Guarda meglio il suo viso. Osserva. Sembra che soffra?» OS: «No. È curioso. Non sembra che abbia male». NR: «Ecco. Bisogna distinguere due pene, Oscar, la sofferenza fisica e la sofferenza morale. La sofferenza fisica la si subisce. La sofferenza morale la si sceglie». OS: «Non capisco». NR: «Se ti piantano dei chiodi nei polsi o nei piedi, non puoi far altro che avere male. Subisci. Invece, all’idea di morire, non sei obbligato ad avere male. Non sai che cos’è. Dipende dunque da te». OS: «Ne conosce, lei, di persone che si rallegrano all’idea di morire?» NR: «Sì, ne conosco. Mia madre era così. Sul suo letto di morte, sorrideva di avidità, era impaziente, aveva fretta di scoprire che cosa sarebbe successo». Non potevo più discutere. Dato che mi interessava conoscere il seguito, ho lasciato passare un po’ di tempo riflettendo su quanto mi diceva. […] NR: «Le persone temono di morire perché hanno paura dell’ignoto. Ma per l’appunto, che cos’è l’ignoto? Ti propongo, Oscar, di non aver paura ma
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fiducia. Guarda il viso di Dio sulla croce: subisce il dolore fisico, ma non prova dolore morale perché ha fiducia. Perciò i chiodi lo fanno soffrire meno. Si ripete: mi fa male ma non può essere un male. Ecco! È questo il beneficio della fede. Volevo mostrartelo». OS: «O. K., Nonna Rosa, quando avrò fifa, mi sforzerò di aver fiducia». Mi ha baciato. In fondo si stava bene in quella chiesa deserta con te, Dio, che avevi un’aria così tranquilla.
Il rapporto dei giovani con Dio Le preghiere di Oscar Primo momento [introduzione comune e riflessione personale] Caro Dio, mi farebbe comodo che tu avessi il tempo di farmi due o tre piaceri. Ti spiego. L’ospedale è un posto strasimpatico, con un sacco di adulti di buon umore che parlano forte, con un mucchio di giocattoli e di signore in rosa che vogliono divertirsi con i bambini, con amichetti sempre disponibili come Bacon, Einstein o Pop Corn, insomma. L’ospedale è molto gradevole se sei un malato gradito. Io non faccio più piacere. Da quando sono stato sottoposto al trapianto di midollo osseo, sento proprio che non faccio più piacere. Quando il dottor Düsseldorf mi visita, la mattina, lo fa di malavoglia, lo deludo. Mi
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guarda senza dire nulla, come se avessi commesso un errore. Eppure ho affrontato con impegno l’operazione; sono stato bravo, mi sono lasciato addormentare, ho avuto male senza gridare, ho preso tutte le medicine. Certi giorni ho voglia di insultarlo, di dirgli che è stato forse lui, il dottor Düsseldorf con le sue sopracciglia nere, a sbagliarla, l’operazione. Ma ha un’aria talmente infelice che gli insulti mi restano in gola. Più il dottor Düsseldorf tace con il suo sguardo sconsolato, più mi sento colpevole. Ho capito che sono diventato un cattivo malato che impedisce di credere che la medicina sia straordinaria. […] Solo Nonna Rosa non è cambiata. Secondo me, è comunque troppo vecchia per cambiare. E poi è anche troppo Nonna Rosa. Nonna Rosa non te la presento, Dio, è una tua buona amica, visto che è stata lei a dirmi di scriverti. Il problema è che sono l’unico a chiamarla Nonna Rosa. Dunque, devi fare uno sforzo per capire di chi parlo: fra le signore in camice rosa che vengono da fuori a passare del tempo con i bambini malati, è la più vecchia di tutte. […]
Nonna Rosa [NR]: E se scrivessi a Dio, Oscar? Oscar [OS]: Ah no, non le, Nonna Rosa! NR: Cosa, non io? OS: Non lei! Credevo che non fosse bugiarda. NR: Ma non ti dico bugie… OS: Allora perché mi parla di Dio? Mi hanno già raccontato la frottola di Babbo Natale. Una volta basta!
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NR: Oscar, non c’è alcun rapporto fra Dio e Babbo Natale. OS: Sì. È la stessa cosa. Ti riempiono la testa di tutt’e due! NR: Immagini che io, una ex lottatrice di catch con centosessanta tornei vinti su centosessantacinque, di cui cinquantatre per K.O. , la Strangolatrice del Languedoc, possa credere per un attimo a Babbo Natale? OS: No. NR: Beh, io non credo a Babbo Natale ma credo in Dio. Ecco. Ovviamente, detto così, cambiava tutto.
OS: E perché dovrei scrivere a Dio? NR: Ti sentiresti meno solo. OS: Meno solo con qualcuno che non esiste? NR: Fallo esistere.
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Si è chinata verso di me.
NR: Ogni volta che crederai in lui, esisterà un po’ di più. Se persisti, esisterà completamente. Allora ti farà del bene. OS: Che cosa posso scrivergli? NR: Confidagli i tuoi pensieri. I pensieri che non dici sono pensieri che pesano, che si incrostano, che ti opprimono, che ti immobilizzano, che prendono il posto delle idee nuove e che ti infettano. Diventerai una discarica di vecchi pensieri che puzzano, se non parli. OS: O.K. NR: E poi a Dio puoi domandare una cosa al giorno. Attenzione! Una sola. OS: È una nullità, il suo Dio, Nonna Rosa. Aladino aveva diritto a tre desideri con il genio della lampada. NR: Un desiderio al giorno è meglio di tre in una vita, no? OS: O.K. Allora posso ordinargli tutto? Giocattoli, caramelle, un auto… NR: No, Oscar. Dio non è Babbo Natale. Puoi chiedere solo cose dello spirito. OS: Esempio? NR: Esempio: del coraggio, della pazienza, dei chiarimenti. OS: O.K. Capisco. NR: E puoi anche, Oscar, suggerirgli dei favori per gli altri. OS: Non esageriamo, Nonna Rosa, un desiderio al giorno me lo tengo per me!
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Ecco. Allora Dio, in occasione di questa prima lettera, ti ho mostrato un po’ il genere di vita che conduco qui, all’ospedale, dove adesso mi considerano come un ostacolo alla medicina, e mi piacerebbe chiederti un chiarimento: guarirò? Rispondi di sì o di no. Non è molto complicato. Sì o no. Ti basta cancellare la menzione inutile. A domani, baci, Oscar. P. S. Non ho il tuo indirizzo: come faccio?
Domande per la riflessione personale: -
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In cosa consiste la mia preghiera? Quando prego mi metto di fronte a Qualcuno con tutto me stesso o ripeto delle formule imparate a memoria? Chi mi ha parlato per la prima volta di Dio? Perché Oscar crede a quello che gli dice Nonna Rosa? Chi sono i testimoni che mi parlano di Dio? Ho un santo come amico? Chi mi ha insegnato a pregare? Per chi prega Oscar? Per chi prego io?
Secondo momento [introduzione comune e lavoro di gruppo] Per la riflessione… Dal libro del profeta Geremia (Ger 1 8, 1 - 4) Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: «Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire
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la mia parola». Io sono sceso nella bottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con esso un altro vaso, come ai suoi occhi pareva giusto. C’è un invito: «Prendi e scendi nella bottega del vasaio» 1 La bottega del vasaio è il laboratorio di Dio. Là dove Dio sta lavorando, tu puoi entrare. Dio ti invita ad entrare. Che cosa incredibile: Dio apre il suo laboratorio e ti invita a scendere giù. Il laboratorio di Dio è il suo mondo, la sua casa. Pregare è proprio scendere in questa bottega. Dio ti invita, ti dice: «Su, deciditi, scendi!». C’è una promessa: «Là io ti farò udire la mia parola!» Il Signore ti invita a scendere nella Sua bottega perché ha innanzitutto qualcosa da dirti; poi ha qualcosa da farti vedere e ha qualcosa da fare a te. Nella preghiera è il Signore il protagonista. Per entrare nella bottega del vasaio occorre prendere e scendere Non entri nella bottega del vasaio se non prendi e scendi. Occorre decidersi e scendere. Così è per pregare; ci sono degli atti preparatori, ci sono delle azioni necessarie per entrare nel mondo di Dio. Non puoi
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Testi tratti da GIMMI RIZZI, 6 gradini per pregare, ELLEDICI, Torino 2006, 12-16.
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pensare subito di metterti a pregare. Bisogna decidersi e bisogna prendere tutto se stessi… Che cosa fai nella bottega del vasaio? Nella bottega del vasaio ASCOLTI e VEDI! Geremia scende nella bottega del Signore e là fa due cose: ascolta e vede. Non stupirti! Quando preghi fai sostanzialmente queste due cose: ascolti ciò che il Signore ti dice e vedi quel meraviglioso artista lavorare. Ti chiederai quale è il lavoro del Signore. Uno solo: volere bene, amare. Quando preghi contempli quanto il Signore ci voglia bene! Allora che cosa avviene nella bottega del vasaio? AVVIENE L’INCONTRO CON DIO. È il faccia a faccia; il cuore a cuore. Quello che tanto desiderò Mosè e a lui non venne concesso (vide Dio solo di spalle) a te viene concesso. È qualcosa di eccezionale. Dio toglie il velo dal Suo volto, si scopre la faccia e ti incontra… Anzi, in questo incontro Dio è al lavoro e tu ti metti sotto il Suo tornio, ti metti nelle Sue mani. Nella preghiera Dio ti modella, ti dà forma, ti plasma. Ti fa sempre più simile a Lui. Ti dà la Sua mentalità, il Suo modo di pensare e di vedere il mondo. Tu devi lasciarti dare forma da Lui.
Condivisione nei gruppi del lavoro personale svolto la mattina [momento di esposizione personale], 11
ripresa di alcune domande ed elaborazione di una breve relazione comune.
Terzo momento [ripresa comune del lavoro di gruppo nella preghiera serale] Salmo 16 (15) [Traduzione poetica di p. David Maria Turoldo] Fa’ che il tuo cuore sia la mia custodia, ove riponga tranquillo la fiducia, Signore. Ho detto a Dio: Signore, tu sei il mio unico bene. Non più simulacri di santi, potenze profane adorate sulla terra: sequela di idolo, di un dio straniero, molta pena con sé comporta. Non più verserò le lor libagioni di sangue, né il loro nome infetti più la mia bocca. È lui, il Signore, la mia porzione, mio calice, mio destino. Delizioso è quanto mi hai dato in sorte, veramente splendida è la mia eredità. Benedico il Signore che la mente m’ispira e i reni miei illumina pure la notte. Sono fissi al Signore gli occhi miei per sempre, con lui a fianco, incertezza non scuote. Gioiscono cuore e sensi per questo e tripudiano: tutto il mio essere riposa sicuro. Non è da te abbandonare una vita agli Inferi, lasciare che la fossa inghiotta un fedele. Tu la via alla vita mi insegnerai: 12
oh, la gioia a vedere il tuo volto, solo gioia lo starti vicino. Gloria. Preghiamo insieme: Dio, fonte di ogni intelligenza E luce che illumini i cuori, se tu ci accompagni nel nostro cammino a nessuna incertezza soccomberemo: e quando saremo al termine del lungo viaggio, riposeremo senza fine in te che sei la sola ragione della nostra gioia. Amen. Padre nostro.
L’affettività Amare ed essere amati Primo momento [introduzione comune e riflessione personale] Caro Dio, oggi ho vissuto la mia adolescenza e non è andato tutto liscio. Che roba! Ho avuto un sacco di noie con i miei amici, con i miei genitori e tutto a causa delle ragazze. Stasera non sono scontento di avere vent’anni perché mi dico che, uffa, il peggio è alle spalle. La pubertà, grazie tante! Una volta sola può bastare! Al risveglio Nonna Rosa c’era già.
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Nonna Rosa [NR]: Chi ti piace di più, Oscar? Oscar [OS]: Qui? All’ospedale? NR: Sì. OS: I miei amici Bacon, Einstein e Pop Corn. NR: E fra le ragazze? La domanda mi ha bloccato. Non avevo voglia di rispondere. Ma Nonna Rosa aspettava e, davanti a una lottatrice a livello internazionale, non si può tergiversare più di tanto.
OS: Peggy Blue. Peggy Blue è la bambina blu. Sta nella penultima stanza in fondo al corridoio. Sorride gentilmente ma non parla quasi mai. Si direbbe una fata che si riposi un po’ all’ospedale. Ha una malattia complicata, la sindrome del bambino blu, un problema di sangue che dovrebbe andare ai polmoni e che non ci va, rendendo tutta la pelle azzurrognola. È in attesa di un’operazione che la renderà rosa. Io trovo che sia un peccato. La trovo bellissima in blu, Peggy Blue. C’è un sacco di luce e di silenzio attorno a lei, si ha l’impressione di entrare in una cappella quando ci si avvicina.
NR: Glielo hai detto? OS: Non mi pianterò davanti a lei per dirle “Peggy Blue, mi piaci tanto”. NR: Sì. Perché non lo fai? OS: Non so nemmeno se sa che esisto. NR: Ragione di più. OS: Ha visto la testa che ho? Dovrebbe apprezzare gli extraterrestri, e di questo non sono sicuro.
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NR: Io ti trovo molto bello, Oscar. Allora Nonna Rosa ha frenato un po’ la conversazione. È piacevole sentire questo genere di cose, fa drizzare i peli, ma non si sa più cosa rispondere esattamente.
OS: Non voglio sedurre solo con il mio corpo, Nonna Rosa. NR: Che cosa provi per lei? OS: Ho voglia di proteggerla dai fantasmi. NR: Cosa? Ci sono dei fantasmi, qui? OS: Sì. Tutte le notti. Ci svegliano e non si sa perché. Si ha male perché pizzicano. Si ha paura perché non si vedono. Si fa fatica a riaddormentarsi. NR: Ne percepisci spesso, tu, di fantasmi? OS: No. Io ho un sonno molto profondo. Ma Peggy Blue la sento spesso gridare la notte. Mi piacerebbe molto proteggerla. NR: Vaglielo a dire.
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OS: A ogni modo, non potrei farlo veramente perché, la notte, non si ha il permesso di lasciare la propria stanza. È il regolamento. NR: I fantasmi conoscono il regolamento? No. Sicuramente no. Sii furbo: se ti sentono annunciare a Peggy Blue che monterai di guardia per proteggerla da loro, non oseranno venire stasera. OS: Ma… ma… NR: Quanti anni hai, Oscar? OS: Non lo so. Che ore sono? NR: Le dieci. Vai per i quindici anni. Non credi che sia ora di avere il coraggio dei tuoi sentimenti? Alle dieci e mezzo mi sono deciso e sono andato fino alla porta della sua stanza, che era aperta.
OS: Ciao, Peggy, sono Oscar. Era sdraiata sul suo letto, sembrava Biancaneve quando aspetta il principe, quando i nani credono che sia morta, Biancaneve come le foto di neve in cui la neve è azzurra e non bianca. Si è girata verso di me e allora mi sono chiesto se mi avrebbe scambiato per il principe o per uno dei nani. Io avrei detto «nano» a causa della mia testa d’uovo, ma lei non ha aperto bocca ed è questo il bello con Peggy Blue, che non dice mai niente e che tutto resta misterioso.
OS: Sono venuto ad annunciarti che stasera e tutte le sere a venire, se vuoi, monterò di guardia davanti alla tua stanza per proteggerti dai fantasmi.
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Mi ha guardato, ha battuto le ciglia e ho avuto l’impressione che il film andasse al rallentatore, che l’aria diventasse più rarefatta, il silenzio più silenzioso, che camminassi come nell’acqua e che tutto cambiasse avvicinandomi al suo letto, illuminato da una luce che scendeva da chissà dove.
Pop Corn [PC]: Ehi, vacci piano, Testa d’uovo: sarò io a montare di guardia a Peggy! Pop Corn stava nel vano della porta, o piuttosto riempiva il vano della porta. Ho tremato. Certo che, se avesse fatto lui la guardia, nessun fantasma sarebbe più riuscito a passare. Pop Corn ha strizzato l’occhio a Peggy.
PC: Eh, Peggy? Tu e io siamo amici, no? Peggy ha guardato il soffitto. Pop Corn ha ritenuto fosse una conferma e mi ha trascinato fuori.
PC: Se vuoi una ragazza, prendi Sandrine. Peggy è zona proibita. OS: Con quale diritto? PC: Con il diritto che ero qui prima di te. Se non sei contento, possiamo batterci.
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OS: In realtà sono supercontento.
Domande per la riflessione personale: -
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Cosa vuol dire volere bene a una persona? Mi è mai capitato qualcosa di simile a quello che è accaduto a Oscar? Come mi sono comportato? Cosa farei per il bene di un mio amico o della persona a cui voglio bene [Oscar si impegna a proteggere Peggy Blue dai fantasmi]? Che valore hanno i sentimenti? Sono sincero nelle mie amicizie? Sono capace di essere me stesso con le persone che vivono accanto a me? Ho paura di non essere accettato per come sono? Quanto conta per me l’esteriorità [Oscar: Ha visto la testa che ho? Dovrebbe apprezzare gli extraterrestri, e di questo non sono sicuro]? Cosa cerco nell’altro? Un clone in tutto uguale a me o sono capace di apprezzare la sua diversità? Da chi prendo esempio per gestire bene le mie amicizie e le relazioni con gli altri?
Secondo momento [introduzione comune e lavoro di gruppo] Per la riflessione… Durante il suo soggiorno a Parigi, così mi fu raccontato una volta, Rainer Maria Rilke gironzolava sempre in una piazza, nella quale sedeva una mendicante, che non guardava nessuno, non dava mai alcun segno e non diceva una parola. Colei che accompagnava Rilke le dava spesso denaro, Rilke mai. 18
Alla fine l’amica gli chiese il motivo del suo comportamento. Ed egli rispose che non era lecito regalare nulla alla sua mano, bensì si doveva regalare qualcosa al suo cuore. Alcuni giorni più tardi egli portò alla mendicante una rosa bianca appena sbocciata, la depose sulla sua mano aperta e voleva proseguire. Allora avvenne qualcosa di commovente: la donna guardò Rilke, si alzò faticosamente, afferrò la sua mano, la baciò e se ne andò con la sua rosa. Per più giorni non la si vide. Poi, di nuovo ella sedeva nella sua piazza e di nuovo non dava alcun segno e non diceva alcuna parola. Allora, colei che accompagnava Rilke chiese di cosa mai quindi avesse vissuto la donna nei giorni trascorsi. Ed egli rispose: “Della rosa”.
Condivisione nei gruppi del lavoro personale svolto la mattina [momento di esposizione personale], ripresa di alcune domande ed elaborazione di una breve relazione comune. 19
Terzo momento [ripresa del lavoro di gruppo nella preghiera serale] Salmo 133 (132) [Traduzione poetica di p. David Maria Turoldo] Quanto è bello e quanto soave che i fratelli dimorino insieme: è come olio prezioso sul capo, sulla barba del grande Aronne. E vi scende sul collo e le vesti! È così la rugiada dell’Ermon che fluisce ai monti di Sion: là è l’eterna sua benedizione! Il Signore ha là stabilito, ogni bene e vita nei secoli. Gloria. Preghiamo insieme: Dio, amico dei fanciulli e degli umili, tu vuoi che ogni uomo ti sia amico! Dio, unica fonte di comunione dei cuori, rendici capaci di rinnovare l’amicizia con tutte le creature, e rinsalda la nostra fraternità perché tutti ritrovino la gioia di vivere. Amen. Padre nostro.
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Il rapporto con le generazioni più grandi Primo momento [introduzione comune e riflessione personale] Caro Dio, bravo! Sei fortissimo. Addirittura prima che abbia impostato la lettera, mi hai dato la risposta. Come fai? Stamattina giocavo a scacchi con Einstein nella sala di ricreazione quando Pop Corn è venuto ad avvertirmi:
Pop Corn [PC]: Ci sono i tuoi genitori. Oscar [OS]: I miei genitori? Non è possibile. Vengono solo la domenica. PC: Ho visto l’auto, la jeep rossa con il tettuccio bianco. OS: Non è possibile Ho alzato le spalle e ho continuato a giocare con Einstein. Ma siccome ero preoccupato, Einstein si fregava tutti i miei pezzi e la cosa mi ha innervosito ancora di più. Se lo chiamiamo Einstein non è perché sia più intelligente degli altri, ma perché ha la testa molto più grossa. Sembra che dentro ci sia dell’acqua. Peccato, se ci fosse stato del cervello, avrebbe potuto fare grandi cose, Einstein. Quando ho visto che stavo per perdere, ho smesso di giocare e ho seguito Pop Corn, la cui camera dà sul parcheggio. Aveva ragione; i miei genitori erano arrivati. Devo dirti, Dio, che abitiamo lontano, i miei genitori ed io. Non me ne rendevo conto quando ci abitavo, ma adesso che non ci abito più trovo che è veramente lontano. Perciò i miei genitori possono venirmi a trovare solo una
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volta alla settimana, la domenica, perché la domenica non lavorano e io nemmeno. […] Sono ritornato nella mia stanza ad aspettare i miei genitori. All’inizio non ho visto passare i minuti perché ero senza fiato, poi mi sono reso conto che avevano avuto quindici volte il tempo di arrivare da me. A un tratto, ho capito dov’erano. Mi sono infilato nel corridoio e, di nascosto, sono sceso dalle scale; poi ho camminato nella penombra fino allo studio del dottor Düsseldorf. Bingo! Erano là. Le voci mi arrivavano da dietro la porta. Siccome ero sfinito per la discesa, mi sono fermato alcuni secondi per rimettermi il cuore a posto e allora tutto si è guastato. Ho sentito quello che non avrei dovuto sentire. Mia madre singhiozzava, il dottor Düsseldorf ripeteva: «Abbiamo provato di tutto, credetemi, le abbiamo tentate tutte» e mio padre rispondeva con voce soffocata: «Ne sono sicuro, dottore, ne sono sicuro». […] Poi il dottor Düsseldorf ha detto:«Volete abbracciarlo?». «Non ne avrò mai il coraggio» ha detto mia madre. «Non deve vederci in questo stato» ha aggiunto mio padre. Ed è stato allora che ho capito che i miei genitori erano due vigliacchi. Peggio: due vigliacchi che mi prendevano per un vigliacco! […]
Nonna Rosa [NR]: Che cosa c’è che non va? Oscar [OS]: Il dottor Düsseldorf ha detto ai miei genitori che sarei morto e loro sono scappati. Li detesto. […] Quando mi sono svegliato, ho visto che naturalmente i miei genitori mi avevano portato dei regali. Da quando
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sono ricoverato in permanenza all’ospedale, i miei genitori hanno qualche difficoltà con la conversazione; allora mi portano dei regali e trascorrono dei pomeriggi schifosi a leggere le regole del gioco e le istruzioni per l’uso. Mio padre si accanisce nello studio dei foglietti illustrativi: anche quando sono in turco o in giapponese, non si scoraggia. È campione del mondo del pomeriggio domenicale sciupato. […]
Hanno capito che dovevano andarsene. Erano a disagio in modo evidente. Non riuscivano a decidersi. Sentivo che volevano dirmi delle cose e che non ce la facevano… Poi mia madre si è precipitata contro di me, mi ha stretto molto forte, troppo forte, e ha detto con voce scossa: «Ti voglio bene, mio piccolo Oscar, ti voglio tanto bene». Avrei voluto resistere, ma all’ultimo momento l’ho lasciata fare, mi ricordava il tempo passato, il tempo delle
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coccole pure e semplici, il tempo in cui non aveva un tono angosciato per dirmi che mi voleva bene. Dopo credo di essermi addormentato un po’.
Domande per la riflessione personale: -
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Cosa penso delle persone più grandi di me? Posso parlare con loro o non mi capiscono? La reazione di Oscar è un po’ esagerata o è comprensibile? Come vivo la relazione con i miei genitori? C’è dialogo e confronto o una guerra di trincea? Cosa posso fare per aiutarli a comprendere ciò che sto vivendo? La relazione con la mia famiglia può migliorare o rimarrà sempre la stessa?
Secondo momento [introduzione comune e lavoro di gruppo] Per la riflessione… [Nonna Rosa] mi ha portato nel suo salotto, dove aveva preparato un grande albero di Natale che strizzava gli occhi. Ero meravigliato di vedere come era bello da Nonna Rosa. Mi ha riscaldato accanto al fuoco e abbiamo bevuto una tazzona di cioccolata. Sospettavo che volesse assicurarsi che stessi bene prima di sgridarmi. Io, perciò, andavo piano a riprendermi, e del resto mi riusciva facile poiché ero davvero sfinito.
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Nonna Rosa [NR]: Tutti ti cercano all’ospedale, Oscar. Sono in assetto da combattimento. I tuoi genitori sono disperati. Hanno avvertito la polizia. Oscar [OS]: Non mi meraviglio di loro. Se sono abbastanza stupidi da credere che li amerò quando avrò le manette… NR: Di che cosa li accusi? OS: Hanno paura di me. Non osano parlarmi. E meno osano, più ho l’impressione di essere un mostro. Perché li terrorizzo? Sono così brutto? Puzzo? Sono diventato idiota senza rendermene conto? NR: Non hanno paura di te, Oscar. Hanno paura della malattia. OS: La mia malattia fa parte di me. Non devono comportarsi in modo diverso perché sono malato. O possono amare solo un Oscar in buona salute? NR: Ti amano, Oscar. Me l’hanno detto. OS: Parla con loro? NR: Sì. Sono molto gelosi che ci intendiamo così bene. No, non gelosi, tristi. Tristi di non riuscirci anche loro. Ho alzato le spalle ma ero già un po’ meno in collera. Nonna Rosa mi ha preparato una seconda cioccolata calda.
NR: Sai, Oscar. Morirai un giorno. Ma anche i tuoi genitori moriranno. Ero stupito da ciò che mi diceva. Non ci avevo mai pensato.
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NR: Sì. Moriranno anche loro. Tutti soli. E con il rimorso terribile di non essere riusciti a riconciliarsi con il loro unico figlio, un Oscar che adoravano. OS: Non dica cose del genere, Nonna Rosa, mi fanno venire il magone. […] Ecco, Dio, il seguito in poche parole perché ho il polso stanco. Nonna Rosa ha avvertito l’ospedale, che ha avvertito i miei genitori, che sono venuti da Nonna Rosa dove abbiamo festeggiato il Natale tutti insieme. Quando i miei genitori sono arrivati, ho detto loro: «Scusatemi, avevo dimenticato che anche voi, un giorno, morirete». Non so che cosa abbia sbloccato in loro questa mia frase, ma dopo li ho ritrovati come erano prima e abbiamo passato una stupenda serata di Natale. Al dolce, Nonna Rosa ha proposto di guardare alla televisione la messa di mezzanotte e anche un incontro di catch che aveva registrato. Dice che sono anni che guarda un incontro di catch prima della messa di mezzanotte per tirarsi su, che è una tradizione, che le fa molto piacere. Perciò abbiamo guardato tutti un combattimento che aveva messo da parte. Era formidabile. Méphista contro Giovanna d’Arco! Costumi da bagno e stivali fino a metà coscia! Che pezzi di femmine! Come diceva papà, che era tutto rosso e sembrava apprezzare molto il catch. Inimmaginabile il numero di colpi che si sono date in faccia. Io sarei morto cento volte in un combattimento simile. È una questione di allenamento, mi ha detto Nonna Rosa, i colpi sulla faccia, più ne prendi, più puoi prenderne. Bisogna sempre conservare la speranza. A proposito, è stata Giovanna
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d’Arco a vincere, mentre, a dire il vero, all’inizio non lo si sarebbe proprio creduto: ti avrà fatto piacere. Ah, mi stavo per scordare, buon compleanno, Dio. Nonna Rosa mi ha suggerito che, come regalo di compleanno per te, andava benissimo la mia riconciliazione con i miei genitori. Io, francamente, lo trovo tirato per i capelli come regalo. Ma se lo dice Nonna Rosa, che è una tua vecchia amica… A domani, baci, Oscar. Che ne penso… (a cura dell’equipe del campo) La questione di Oscar è un po’ delicata perciò è difficile dare un parere… ma un pensiero ce l’ho: credo che sia normale avere questa reazione per un ragazzino che è già in difficoltà e vorrebbe solo sentirsi rassicurato o comunque vorrebbe che i suoi giorni fossero pieni di allegria. È altrettanto difficile però per due genitori, affrontare una situazione così estrema. Forse quello che Oscar non comprende è che i suoi genitori vorrebbero dargli tutto l’amore e l’allegria possibili, ma non riescono ad essere come vorrebbero e a trasmettere ciò che desiderano perché si rendono conto di quanto grave sia la condizione del figlio. Talvolta riusciamo ad apparire l’esatto contrario di ciò che siamo. Forse Oscar dovrebbe decentrare la situazione da se stesso e mettersi nei panni dei genitori: solo così, allontanandoci un po’ possiamo capire. Del resto se mettiamo un dito attaccato ai nostri occhi non lo vediamo: riusciamo a distinguerlo solo se lo allontaniamo. Delle persone più grandi di me penso che forse non ricordano ciò che sono state alla mia età: anche loro hanno avuto i loro momenti “no”, hanno sbagliato, hanno avuto i loro problemi e se la sarebbero presa se si fossero sentiti
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dire che erano cose da ragazzini, o avrebbero avuto da ridire di fronte a dei divieti o a degli orari troppo rigidi. Trovo anche però che non sia un problema di memoria, ma che quando si passa dall’altra parte della barricata, quando si è consapevoli di avere una vita tra le mani di cui essere responsabile, si vorrebbe che tutto andasse bene, si vorrebbero evitare pericoli e noie, si vorrebbe prevenire anziché curare…Sono così i miei genitori, mi amano ma non riesco a capirlo, perché il modo di dimostrarmelo non lo comprendo. Perché se mi vogliono bene non mi lasciano uscire, perché mi fanno il terzo grado? Perché la mia vita è anche la loro e non posso tagliarli fuori. Anziché litigare allora dovrei capire che se le amicizie passano o mi tradiscono, i genitori non lo faranno mai. Saranno pesanti, noiosi, ma non si prederanno mai gioco di me e non mi giudicheranno. I loro rimproveri non sono processi, ma scosse per farmi capire e aprire gli occhi. Dovrei lasciare spazio al dialogo fra me e loro per capire che fra noi non ci sono barriere e che loro riescono a comprendermi. Anch’io però devo fare la mia parte: devo essere più flessibile e non così scontroso, per far sentire loro che li accetto. Anch’io devo crescere, del resto non posso prendermela sempre con loro, la colpa non può essere sempre dei genitori…io che cosa faccio? Se seguirò questa strada nessuno mi assicura che finiranno i battibecchi, ma ci sono buone probabilità che la guerra o l’indifferenza finiscano e cominci un rapporto. Devo essere io però il primo a lanciare segnali di pace e di comunicazione. Devo farmi sentire, non con pretese e proteste, ma con la tranquillità di chi si affida e non teme. Non posso aspettarmi niente se io non faccio niente.
Condivisione nei gruppi del lavoro personale svolto la mattina [momento di esposizione personale],
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ripresa di alcune domande ed elaborazione di una breve relazione comune.
Terzo momento [ripresa del lavoro di gruppo nella preghiera serale] Riflessione e preghiera di Madre Teresa di Calcutta “Quello che desidero da voi è che, quando guarderemo insieme e scopriremo i poveri nella nostra famiglia, cominciamo col dare amore nel nostro focolare fino al sacrificio. Ci sono molte sofferenze oggi; ed io sento che la maggior parte di queste sofferenze proviene dalla famiglia, perché c’è sempre minor unione nelle famiglie, meno preghiera e meno unità condivisa. E nasce dal fatto che si sta meno vicini gli uni agli altri. Che abbiamo un sorriso pronto. Che abbiamo tempo da dedicare ai nostri cari. Se impareremo a conoscere i nostri cari, sapremo scorgere chi è il vicino che abita di fronte a noi. Conosciamo quelli che ci circondano? Ci sono tanti che sono così soli! Come potremo amare i poveri, se non cominciamo ad amare i membri della nostra famiglia? L’amore – non mi stancherò mai di ripeterlo – comincia dalla nostra famiglia!” 2. Preghiamo insieme: Mio Signore, aiuta le coppie di sposi ad essere un solo cuore pieno d’amore. 2
F. NEGRI e L. GUGLIELMINONI a cura di, Le piccole cose con grande amore, Centro Eucaristico, Ponteranica (BG) 2003, 59-60.
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Da’ loro una vita nella quale possano essere un solo cuore nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Concedi loro amore per i figli e fa’ che la loro casa abbia sempre una porta aperta per il povero. Insegna loro, Signore, a pregare insieme così che possano restare uniti. Amen. Padre nostro.
Ogni giorno come se fosse la prima volta Primo momento [introduzione comune e riflessione personale] Caro Dio, oggi ho avuto da settanta a ottant’anni e ho molto riflettuto. Ho usato il regalo natalizio di Nonna Rosa. Non so se te ne avevo parlato. È una pianta del Sahara che vive tutta la sua vita in un solo giorno. Non appena il seme riceve dell’acqua germoglia, diventa stelo, mette le foglie, fa un fiore, produce dei semi, avvizzisce, si appiattisce e la sera è morto. È un regalo straordinario, ti ringrazio di averlo inventato. L’abbiamo annaffiata stamattina alle sette, Nonna Rosa, i miei genitori e io (a proposito, non so se te l’ho detto, in questo momento abitano da Nonna Rosa perché è meno lontano) e ho potuto seguire tutta la sua esistenza. Ero commosso. È piuttosto gracile e striminzita, non ha nulla di un baobab
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ma ha fatto valorosamente tutto il suo lavoro di pianta, come una grande, davanti a noi in una giornata, senza fermarsi. […] Caro Dio, grazie di essere venuto. Hai scelto davvero il momento giusto, perché non stavo bene. Forse anche perché eri rimasto turbato dalla mia lettera di ieri… Quando mi sono svegliato, ho pensato che avevo novant’anni e ho girato la testa verso la finestra per guardare la neve. E allora ho indovinato che venivi. Era mattino. Ero solo sulla terra. Era talmente presto che gli uccelli dormivano ancora, che perfino l’infermiera di notte, la signora Ducru, aveva dovuto schiacciare un pisolino e tu cercavi di fabbricare l’alba. Facevi fatica, ma insistevi. Il cielo impallidiva. Tingevi l’aria di bianco, di grigio, di azzurro, respingevi la notte, risvegliavi il mondo. Non ti fermavi. È stato allora che ho capito la differenza fra te e noi: tu sei un tipo infaticabile! Uno che non si stanca. Sempre al lavoro. Ed ecco il giorno! Ed ecco la notte! Ed ecco la primavera! Ed ecco l’inverno! Ed ecco Peggy Blue! Ed ecco Oscar! Ed ecco Nonna Rosa! Che salute di ferro! Ho capito che eri qui. Che mi rivelavi il tuo segreto: ogni giorno guarda il mondo come se fosse la prima volta. Allora ho seguito il tuo consiglio con impegno. La prima volta. Contemplavo la luce, i colori, gli alberi, gli uccelli, gli animali. Sentivo l’aria che mi passava nelle narici e mi faceva respirare. Udivo le voci che salivano nel corridoio come nella volta di una cattedrale. Mi trovavo vivo.
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Fremevo di pura gioia. La felicità di esistere. Ero incantato. Grazie, Dio, di aver fatto questo per me. Avevo l’impressione che mi prendessi per mano e che mi conducessi nel cuore del mistero a contemplarlo. Grazie. A domani, baci, Oscar. P. S. Il mio desiderio: puoi rifare il colpo della prima volta ai miei genitori? Nonna Rosa credo che lo conosca già. E poi anche a Peggy, se hai tempo…
Domande per la riflessione personale: -
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“…ha fatto valorosamente tutto il suo lavoro di pianta, come una grande, davanti a noi in una giornata, senza fermarsi”. Un’esistenza in un solo giorno. Come vivere pienamente il tempo che ci viene donato? Mi fermo a guardare il creato? Che effetto mi fa la bellezza del mondo che c’è intorno a me? Provo a scrivere cinque cose che mi fanno stupire. Che cosa provo di fronte a qualcosa di bello? “Ogni giorno guarda il mondo come se fosse la prima volta”. Possiamo anche noi prenderci questo impegno? Il campo-scuola come un momento in cui in modo più intenso posso apprezzare la bellezza di tante piccole cose… Colgo questa occasione o per me è solo una vacanza in montagna? Racconto in 10 righe la più bella esperienza vissuta nella mia vita.
Secondo momento [introduzione comune e lavoro di gruppo] 32
Per la riflessione… Caro Dio, oggi ho cent’anni. Come Nonna Rosa. Dormo molto ma mi sento bene. Ho cercato di spiegare ai miei genitori che la vita è uno strano regalo. All’inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di aver ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta, lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo. Infine ci si rende conto che non era un regalo, ma solo un prestito. Allora si cerca di meritarlo. Io che ho cent’anni, so di che cosa parlo. Più si invecchia, più bisogna dar prova di gusto per apprezzare la vita. Si deve diventare raffinati, artisti. Qualunque cretino può godere della vita a dieci o a vent’anni, ma a cento, quando non ci si può più muovere, bisogna avvalersi della propria intelligenza. Non so se li ho convinti del tutto. Valli a trovare. Finisci il lavoro. Io sono un po’ stanco. A domani, baci, Oscar. Che ne penso… (a cura dell’equipe del campo) Una mattina… una pianta… ”cose normali” pensiamo… la nostra vita… una cosa piccola, banale, “non vale molto se non facciamo qualcosa di straordinario”, pensiamo e passiamo tempo a immaginare l’impossibile… sia quando siamo giovani, sia quando cresciamo e ci guardiamo indietro con nostalgia. I sogni sono belli, ma nulla è in nostro potere se non il presente e questo possiamo intrecciarlo in molti modi diversi: con stanchezza, con rabbia, con affanno, con l’angoscia di non farcela o con umiltà, nella speranza che
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anche quel poco che siamo, che ci sentiamo di essere, che vediamo di essere, sia quello che ci vuole. Vedo la nostra giornata come un puzzle a cui, momento per momento, attacchiamo i piccoli insignificanti tasselli: pochi quelli essenziali… ci sono puzzle fatti di tessere molto simili tra loro, estenuanti, ma più vai avanti, più ti accorgi che sono proprio quei tasselli, apparentemente uguali gli uni agli altri, così monotoni, a essere essenziali perché il puzzle riesca. Il crescere di ogni giorno si realizza nell’impegno, nell’oscuro impegno degli appuntamenti quotidiani (studio, lavoro, incontri, costruzione dei rapporti umani) che a volte appesantiscono le nostre esistenze, ma che danno colore alla nostra vita se fatti con amore e tenacia, con la gioia dell’essere presenti, sicuri, affidabili… La vita si costruisce giorno per giorno nelle piccole cose con il desiderio (a volte muto, senza voce) di far parte di un disegno più grande: quello di Dio che ha disposto i nostri giorni. E non importa essere grandi o famosi, basta essere lì dove Dio ci ha messo, dove Lui sa che serviamo al suo progetto imperscrutabile. Un giorno il puzzle sarà completo; un giorno lo vedremo così come Egli é.
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Il corri – corri della vita, il lavoro, la famiglia, i vari impegni, possono sciupare quello che secondo me è veramente importante: l’attenzione a ciò che ci circonda! Ci capita di dare tutto per scontato, notiamo solo quello che ci pesa e non siamo attenti a quante grazie abbiamo ogni giorno. Alcuni anni fa, per un periodo, ho fatto un lavoro che mi portava a girare per le farmacie proprio di queste zone. Credetemi, ho riscoperto delle sfumature di quello che mi circondava, che quasi mai avevo avuto l’occasione di vedere: i pescheti fioriti della Valdaso, il rosso delle foglie in autunno, la prima neve a Montemonaco… Per queste splendide immagini, che ho ancora dentro di me, ogni volta ringrazio il Signore perché mi faceva provare tanta emozione come sa fare per me una cosa che non avevo mai visto!
Introduzione del momento di deserto con scrittura di una “Lettera a Dio” per parlargli dei giorni vissuti al campo.
Terzo momento Riflessione e preghiera di Madre Teresa di Calcutta “Una ricca famiglia, in Venezuela, mi aveva donato un terreno perché potessi costruirvi una casa per bambini orfani. Così, quando arrivai là, andai a ringraziare quella famiglia. Notai che il figlio primogenito era gravemente disabile. Chiesi alla madre: «Come si chiama?». «Professore di Amore», mi rispose. E aggiunse: «Perché questo bambino ci insegna continuamente a esprimere l’amore con le nostre 35
azioni». E mentre pronunciava quelle parole, sul suo volto c’era un bellissimo sorriso!” “Non aspettare di finire l’università, di innamorarti, di trovare lavoro, di sposarti, di avere figli, di vederli sistemati, di perdere quei dieci chili, che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina, la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno… Non c’è momento migliore di questo per essere felice! La felicità è un percorso, non una destinazione. Lavora come se non avessi bisogno di denaro, ama come se non ti avessero mai ferito e balla come se non ti vedesse nessuno. Ricordati che la pelle avvizzisce, i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni… Ma l’importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età. Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela. Dietro ad ogni traguardo c’è una nuova partenza. Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida. Finché sei vivo, sentiti vivo. Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere. Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’è in te. Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto. Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce. Quando non potrai camminare veloce, cammina. Quando non potrai camminare, usa il bastone. Però, non arrenderti mai!” Preghiamo insieme: Ti ho trovato in tanti posti, Signore. Ho sentito il battito del tuo cuore nella quiete perfetta dei campi, nel tabernacolo oscuro di una cattedrale vuota, nell’unità di cuore e di mente di un’assemblea di persone che ti amano. Ti ho trovato nella gioia, dove ti cerco e spesso ti trovo. Ma sempre ti trovo nella sofferenza. 36
La sofferenza è come il rintocco della campana che chiama la sposa di Dio alla preghiera. Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza della sofferenza degli altri. Ti ho visto nella sublime accettazione e nell’inspiegabile gioia di coloro la cui vita è tormentata dal dolore. Ma non sono riuscita a trovarti nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri. Nella mia fatica ho lasciato passare inutilmente il dramma della tua passione redentrice, e la vitalità gioiosa della tua Pasqua è soffocata dal grigiore della mia autocommiserazione. Signore, io credo. Ma tu aiuta la mia fede. Amen. Padre nostro.
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Appunti‌
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In copertina: Oscar e ÂŤil colpo della prima voltaÂť. Illustrazioni a cura di Manuela Mascitti e Marco Pasquali
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