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Osservatorio CdS
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A cura di Pasquale Cialdini(1)
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OSSERVATORIO CDS
PROSEGUE L’APPROFONDIMENTO SUI CONTENUTI DEL CODICE DELLA STRADA: IN QUESTO NUMERO VIENE COMMENTATO L’ART. 13 “NORME PER LA COSTRUZIONE E LA GESTIONE DELLE STRADE”
CENNI STORICI
Il primo richiamo storico è doverosamente rivolto alle strade costruite dagli antichi Romani. Le strade erano per i Romani in primo luogo un indispensabile strumento per penetrare nei territori nemici e per consolidare le conquiste, ma poi costituivano anche il mezzo necessario per la diffusione della civiltà e lo sviluppo dei commerci. In fase di progettazione delle strade, i tracciati e i criteri di costruzione erano subordinati alle necessità militari prima che a ragioni commerciali. Il tracciato stradale era, di norma, rettilineo, o con ampi raggi di curvatura, e congiungeva le grandi città, mentre i centri minori venivano collegati con strade secondarie: inoltre, la necessità di poter scorgere da lontano eventuali nemici e quindi di dover di-
2. Un tratto della Via Appia Antica a Roma
1. La sezione di una strada romana: sul fondo, dopo un primo strato di malta, si disponevano lo statumen (massicciata formata da grosse pietre di spessore variabile tra i 20 e i 60 cm), quindi si poneva un successivo strato di sabbia e ghiaia che veniva opportunamente costipato. Tale strato veniva denominato rudus o ruderatio (nella parte sottostante alla quota del terreno) e nucleus (nella parte che sporgeva oltre il livello del terreno). Sopra il nucleus venivano posizionati la summa crusta (con materiale molto fino) e l’agger (carreggiata) e i margines (marciapiedi laterali). L’agger poteva essere semplicemente realizzato mediante uno strato di ghiaia (glarea stratum) oppure lastricato con larghi locchi di pietra (silice stratum) incassati nel nucleus. La mezzeria della carreggiata era sempre sopraelevata rispetto ai bordi, per un corretto deflusso dell’acqua piovana che veniva incanalata in fossi di scolo posti lateralmente alle strade, attraverso fori praticati sui margines normalmente sopraelevati rispetto al piano viabile sporre di un ampio orizzonte, per la sicurezza dell’“iter agminis”, ha indotto i Romani a preferire, in pianura, un tracciato sopraelevato e, in territorio montagnoso, la costruzione in mezza costa piuttosto che nel fondo valle. Tutto ciò rispondeva anche alle esigenze di natura idraulica, in quanto tali tracciati consentivano il naturale scolo delle acque piovane. Era già noto, infatti, che il ristagno dell’acqua sulle strade costituisce grave impedimento per la conservazione del manto stradale, oltre che per il regolare deflusso dei veicoli. Pertanto le suddette necessità portavano a pendenze molto elevate (anche del 20%) che tuttavia non consentivano il transito di veicoli molto pesanti. La larghezza della sede stradale variava a seconda delle esigenze del traffico, rispettando, comunque i limiti minimi stabiliti dalle XII tavole. Veni-
3A, 3B e 3C. Le sezioni stradali utilizzate tra la fine del XVIII e la metà del XX secolo da Trésaguet, MacAdam e Telford: la massicciata di Trésaguet, con spessore ridotto rispetto a quella “romana”, era realizzata con due file di grosse pietre all’interno delle quali venivano poste “di coltello” pietre più piccole, chiudendo poi, accuratamente con materiale più minuto gli spazi vuoti tra pietra e pietra. Da ultimo veniva steso uno strato di pietrisco che costituiva la superficie della massicciata (3A). La sovrastruttura di MacAdam, dotata di spessore ancora minore, era costituita da materiale minuto senza fondazione con una superficie praticamente impermeabile. Per MacAdam era più importante, ai fini di una buona conservazione della strada, non tanto evitare il cedimento del terreno, quanto impedire all’acqua di infiltrarsi nella massicciata (3B). Il “pavé” di Telford, più adatto ai veicoli pesanti, ma molto più costoso e di più difficile realizzazione: tale sistema fu pertanto usato solo su poche e importanti arterie, oltre che in alcune piazze e strade urbane principali (3C)
vano inoltre rispettate regole di costruzione del corpo stradale molto rigorose 1 che ne hanno consentito una durata più che bimillenaria: ne troviamo, infatti, tracce anche ai nostri giorni. La costruzione delle strade fu sempre affidata ai più alti Magistrati: Consoli o Pretori. Inoltre risulta che, fin dal IV secolo a.C., alla amministrazione e alla manutenzione della rete erano preposti i “Curatores viarum”, ovvero Funzionari, dotati di autonomia amministrativa, con il compito di mobilitare le risorse finanziarie e tecniche e di provvedere alla manutenzione della strada assegnata secondo regole che ne garantivano la perfetta transitabilità. Tra le numerose Leggi promulgate in materia, la più famosa è senz’altro la “Lex Sempronia viarum”, ad opera di Caio Gracco, che risale al 123 a.C. e con la quale fu prevista la collocazione obbligatoria dei “miliaria” (cippi miliari, uno ogni 1.480 m). La stessa Legge stabiliva inoltre che il fondo naturale doveva essere ricoperto con materiali lapidei per uno spessore complessivo di oltre 1 m e, a entrambi i lati della carreggiata, dovevano essere realizzate apposite canalette per lo scolo delle acque e infine, dovevano essere rispettati precisi standard di costruzione quali quelli inerenti la larghezza della sede viabile onde garantire il transito di due carri affiancati. I canoni costruttivi stabiliti dai romani per la sovrastruttura stradale rimasero pressoché immutati fino alla fine del diciottesimo secolo. È del 1775, infatti, la prima importante modifica nelle tecniche delle costruzioni stradali introdotta dall’Ingegnere francese Pierre Trésaguet; ad essa seguì, nel 1820, quella introdotta dall’Ingegnere scozzese John Loudon MacAdam, che prevedeva una massicciata di spessore particolarmente ridotto e che - grazie alla semplicità di realizzazione e al basso costo - si diffuse rapidamente in tutta Europa e fu denominata universalmente “Macadam” 2 . Una tappa significativa per lo sviluppo della viabilità e delle tecniche di progettazione e costruzione stradale è costituita dal Primo Congresso internazionale della strada, tenutosi a Parigi nel 1908. Una delle principali raccomandazioni approvate in tale Congresso fu quella di continuare e sviluppare la sperimentazione dell’uso del catrame da utilizzare a difesa della massicciata, oltre che per evitare il fastidio della polvere che si sollevava al passaggio delle automobili. Inoltre, su proposta di un Italiano (Ing. Tedeschi) si creò l’Associazione Internazionale Permanente dei Congressi della Strada (AIPCR) allo scopo di favorire i progressi nella costruzione e manutenzione delle strade. A tale Associazione, tuttora attiva, aderirono i Governi di numerose Nazioni di tutto il mondo. Per le strade, così come per tutte le opere pubbliche, il principale riferimento normativo nell’ordinamento italiano è costituito dalla Legge fondamentale sui lavori pubblici (L. 20 Marzo 1865, n° 2248, allegato F) che, con il capo II del titolo II, ha introdotto “Norme per la costruzione, la sistemazione e la conservazione delle strade”. In particolare, l’art. 23 della suddetta Legge stabiliva che per “la dimensione e le forme da assegnarsi alle strade nazionali e opere relative, come per tutti i lavori da farsi per la costruzione, sistemazione e mantenimento delle medesime” il relativo progetto doveva essere “compilato secondo un regolamento da approvarsi con Decreto Reale”. L’art. 24 imponeva invece ai Consigli Provinciali di deliberare “regolamenti obbligatori” da sottoporre ad approvazione con Decreto Reale “per la costruzione, manutenzione e sorveglianza delle strade provinciali, comunali e consorziali”. Con gli artt. 25 e 26 veniva stabilito che, dopo la delibera dei Consigli Provinciali che sanciva la necessità di costruire una nuova strada provinciale, i relativi progetti dovevano essere approvati dal Ministero dei Lavori Pubblici previo parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Infine con l’art. 27 si stabiliva che i progetti delle strade
1 La tecnica costruttiva più usata dai Romani, dopo aver tracciato l’asse stradale con strumenti semplici, ma precisi, quali la groma (squadro agrimensorio), la diotra (goniometro), e il chorobate (livella), consisteva nello scavare un grande fossato di larghezza, ovviamente superiore a quella della carreggiata da realizzare e di profondità variabile con la consistenza del terreno naturale. Sul fondo, dopo un primo strato di malta, si disponevano i vari strati descritti in Figura 1. 2 La massicciata proposta da Pierre Trésaguet aveva spessore ridotto, rispetto a quella “romana” (Figura 3A). La sovrastruttura di Trésaguet fu largamente usata per i buoni risultati ottenuti e soprattutto per il notevole risparmio economico. Alcuni anni dopo, nel 1820, l’Ingegnere scozzese John Loudon MacAdam propose una sovrastruttura di spessore ancora minore costituita da materiale minuto senza fondazione ma dotata di una superficie impermeabile (Figura 3B). Per MacAdam era importante, ai fini di una buona conservazione della strada, non tanto evitare il cedimento del terreno, quanto impedire all’acqua di infiltrarsi nella massicciata e soffermarsi a lungo sul piano di posa. La tecnica macadam, affinata successivamente dal francese Polenceau, che introdusse la “cilindratura” sistematica delle carreggiate, ottenendo così una buona resistenza, senza aspettare la lenta costipazione dovuta al transito veicolare, è stata abbandonata solo in tempi recenti, dopo la seconda guerra mondiale. Sempre nel XIX secolo all’Ingegnere inglese Thomas Telford si deve l’adozione del pavé più adatto ai veicoli pesanti, ma molto più costoso e di più difficile realizzazione: tale sistema fu pertanto usato solo su poche e importanti arterie, oltre che in alcune piazze e strade urbane principali (Figura 3C). CODICE DELLA STRADA
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4. Operai al lavoro alla costruzione e alla manutenzione di una strada comunale
5. L’uso dei primi rulli compressori per il costipamento degli strati di pavimentazione 6. Un’immagine storica della Torino-Milano, una delle prime autostrade del mondo
comunali erano approvati dalla “deputazione provinciale, sentito l’Ufficio del Genio Civile” (Organo periferico del Ministero dei Lavori Pubblici). A causa delle limitazioni di ordine finanziario e tecnico che limitarono fortemente l’attività di Comuni, si rese indispensabile adottare provvedimenti integrativi idonei a promuovere l’adeguamento e lo sviluppo della rete viaria comunale anche con il sostegno dello Stato. Tra questi particolare rilievo assume la L. 30 Agosto 1868, n° 4613, concernente la costruzione e sistemazione delle strade comunali, che rendeva obbligatoria la costruzione e la sistemazione delle strade comunali necessarie al collegamento del capoluogo con i maggiori centri limitrofi e con le stazioni ferroviarie e i porti, nonché con le proprie frazioni. A garanzia della realizzazione di tali infrastrutture, la Legge disponeva l’obbligo a carico dei Comuni di predisporre l’elenco delle strade da costruire e da sistemare, di elaborarne i progetti e di realizzare le relative opere, nonché la facoltà del Prefetto di intervenire in caso di loro inadempienza, fissandone altresì le modalità di intervento. Successivamente, fu emanato il regolamento di esecuzione della Legge (Decreto 11 Settembre 1870, n° 6621) che tra l’altro prevedeva alcune disposizioni fondamentali sulle caratteristiche tecniche e sugli elaborati da presentare a corredo di ogni progetto stradale. In particolare, la larghezza minima di carreggiata era stabilita in 5,5 m, in pianura, e in 5 m, in montagna: la pendenza longitudinale massima non doveva superare, in via generale, il 7% e, per ragioni economiche, si consentiva che la strada seguisse l’andamento del terreno con una conseguente maggiore tortuosità. A conclusione del quadro legislativo di riferimento soprariportato, appare opportuno evidenziare che l’intervento dello Stato, nel periodo compreso tra l’Unità d’Italia e la Prima Guerra Mondiale (1861-1914) si caratterizzò non solo per l’aspetto finanziario ad esso connesso, ma soprattutto per i poteri di controllo e di verifica, anche di natura prettamente tecnica, che da esso discendevano, sulle singole realizzazioni. Tuttavia, i diversi provvedimenti con cui i Legislatori avevano tentato dall’Unità d’Italia in poi di conservare il patrimonio stradale e soprattutto di accrescerlo non avevano dato i risultati desiderati; ciò in ispecie nel Meridione, ove - soprattutto per le scarse risorse disponibili - non era stata completata la costruzione della rete, erano state utilizzate tecniche costruttive più economiche e quindi meno adatte, e inoltre le strade non erano state assoggettate alla dovuta manutenzione da parte dei Comuni e delle Province. Dopo la pausa dovuta al primo conflitto mondiale, per risolvere questi annosi problemi, il Regio Decreto 15 Novembre 1923, n° 2506, introdusse una compiuta disciplina per la manutenzione delle strade pubbliche, e, al fine di uniformare sull’intero territorio nazionale i criteri di progettazione, costruzione e manutenzione delle strade, dispose altresì, con l’art. 22, che “Il Governo del Re” avrebbe dovuto provvedere “a coordinare e riunire in testo unico tutte le disposizioni di Legge relative alla costruzione e manutenzione delle strade e alla Polizia Stradale...”. Purtroppo l’intero disposto normativo della L. n° 2506/1923, in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione del 1939, poté trovare concreta applicazione solo sulle strade nazionali, ovvero su quelle costruite e mantenute con fondi statali. Nel Settembre del 1924 fu inaugurata la prima “autostrada”, la Milano-Laghi di 90 km, ovvero la prima strada “riservata esclusivamente ai veicoli a motore”. Il maggiore sostenitore delle autostrade era il Senatore Ingegnere Piero Puricelli, che le definiva come “vie di grande potenzialità di trasporto, su lunga distanza e con elevata velocità commerciale” in quanto su di esse non potevano transitare, carri trainati da cavalli, pedoni e ciclisti che ne avrebbero rallentato e resa insicura la marcia. Negli anni successivi tra il 1927 e il 1933 furono costruite in Italia altre autostrade: Milano-Bergamo, Napoli-Pompei, BresciaBergamo, Firenze-mare, Torino-Milano, Padova-Mestre e GenovaValle del Po per complessivi 705 km. Con la Legge 17 Maggio 1928, n° 1094 fu istituita l’Azienda Autonoma Statale della Strada (A.A.S.S.) con lo specifico compito di assumere la gestione tecnica della rete delle strade più importanti d’Italia, alle quali con l’occasione venne attribuita la denominazione di “strade statali”. La Legge dava una forte “autonomia”
7. Un monumento ai Cantonieri dell’ANAS sul Grande Raccordo Anulare di Roma 8. Un Cantoniere motorizzato alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso
9. Una casa cantoniera CODICE DELLA STRADA
all’Azienda, il Ministro dei Lavori Pubblici, che era anche il Presidente dell’AASS, poteva assumere le decisioni per utilizzare il finanziamento statale (fissato per il primo anno in 180 milioni di Lire) senza necessità di altro parere all’infuori del Consiglio di Amministrazione dell’Azienda stessa. Dal 1° Luglio 1928, l’AASS ha avuto in gestione 137 strade per un totale di 20.622 km cui si dovevano aggiungere 450 km di tronchi in costruzione. Un ruolo fondamentale per l’attività di vigilanza e di controllo era svolto dai Cantonieri che erano responsabili del tratto di strada loro assegnato (cantone) lungo circa 5 km che percorrevano almeno due volte ogni giorno. I Cantonieri potevano intervenire anche di notte, perché abitavano nelle case cantoniere che erano dotate anche di magazzini forniti di tutte le attrezzature necessarie per il pronto intervento e per la manutenzione delle strade. Nell’ultimo decennio del secolo scorso sono stati soppressi i “cantoni” e istituiti i centri di manutenzione con gli stessi compiti che prima erano attribuiti ai Cantonieri. È stata una scelta giusta? A me non sembra, ma lascio ai Lettori ogni decisione in merito. Anche le dismissioni o peggio ancora la vendita delle casa cantoniere è a mio avviso illegittima in quanto esse costituiscono “pertinenza” della strada ai sensi dell’art. 24 del Codice della Strada. Nel momento in cui la casa cantoniera non è più al “servizio del bene principale”, ovvero della strada, non può cambiare destinazione d’uso in quanto non rispetta le distanze dal confine stradale previste dagli articoli 16, 17 e 18 del Codice della Strada. Di conseguenza, o torna ad essere “pertinenza” oppure deve essere demolita. Il primo Codice della Strada (R.D. 8 Dicembre 1933, n° 1740) il cui titolo I, intitolato “Tutela delle strade ed aree pubbliche”, come noto è rimasto in vigore fino al 31 Dicembre 1992 3, non conteneva alcuna Direttiva circa la costruzione delle strade, né
demandava tale compito ad alcun Organo dello Stato. Tale disciplina è stata posta con la L. 12 Febbraio 1958, n° 126 che dettava “disposizioni sulla classificazione e sistemazione delle strade di uso pubblico”; tale Legge attribuiva al Ministero dei Lavori Pubblici, attraverso i suoi Organi centrali e periferici l’esercizio dell’azione “di controllo e vigilanza su tutte le operazioni di appalto e sulla progettazione ed esecuzione dei lavori” di costruzione e sistemazione delle strade ad eccezione di quelli eseguiti senza alcun contributo da parte dello Stato. Si è creata così una differenziazione di natura sia progettuale che esecutiva tra le realizzazioni stradali effettuate con e senza il contributo dello Stato: le prime dovevano rispondere ai criteri impartiti dal Ministero dei Lavori Pubblici attraverso l’Organo tecnico consultivo (Consiglio Superiore), le altre potevano non seguire alcuna Norma, nonostante che il suddetto Consesso e soprattutto il Consiglio Nazionale delle Ricerche avessero emanato specifiche Direttive. Anche la L. 21 Aprile 1962, n° 181, che con l’art. 1 determinava le competenze del Ministero dei Lavori Pubblici nell’ambito della viabilità ordinaria, non ha colmato il vuoto legislativo in quanto non faceva esplicito riferimento alla fissazione di criteri uniformi per la progettazione e la costruzione delle strade. Il richiamato art. 1, infatti, attribuiva al citato dicastero i compiti di: a) assicurare l’armonico sviluppo della viabilità, coordinando le programmazioni delle Amministrazioni competenti; b) classificare e declassificare le strade statali, provinciali e comunali secondo le Norme della L. n° 126/1958; c) costruire, sia direttamente che in concessione, le nuove strade non statali, in base a Leggi speciali; d) vigilare sull’esecuzione dei lavori, con o senza contributo dello Stato, di costruzione, sistemazione e manutenzione delle strade non statali di uso pubblico; e) sovraintendere all’attuazione delle Leggi e dei regolamenti concernenti la tutela del patrimonio stradale non statale; f) fissare le Direttive ed esercitare la sorveglianza sull’applicazione del Codice della Strada (D.P.R. 15 Giugno 1959, n° 393), nonché di tutte le altre Norme concernenti il traffico e la segnaletica sulle autostrade, sulle strade statali e su tutte le altre strade di uso pubblico, adottando, nell’ambito delle Leggi vigenti, i provvedimenti necessari ai fini della sicurezza del traffico; g) formare e tenere un elenco di tutte le strade non statali di uso pubblico; h) predisporre e partecipare a studi, raccolta ed elaborazione di dati statistici, nonché eseguire prove sperimentali nella materia attinente alla tecnica delle costruzioni stradali, del traffico e della circolazione.
Le Norme per la costruzione, il controllo delle strade, dei relativi impianti dei servizi
L’art. 13 del nuovo Codice della Strada ha colmato il vuoto legislativo, in materia di Norme per la costruzione, il controllo e il 3 Il Codice della Strada del 1959 (DPR n° 393 del 15 Giugno 1959) non aveva collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi, che si è andato infatti abrogato il titolo I del Codice del 1933. accentuando nel tempo man mano che le approvazioni, le verifi-
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che e il controllo della progettazione stradale venivano decentrati agli Organi locali, sfuggendo così al controllo dello Stato. In realtà, la Normativa tecnica è stata prodotta sia dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sia dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, cui il Decreto Luogotenenziale 1° Marzo 1945, n° 82 attribuiva specifica competenza. In particolare molto copiosa è stata la produzione da parte di detto ultimo Consesso, fin dal 1945, sia sulle caratteristiche di progettazione che sui materiali da utilizzare nelle costruzioni stradali 4. Tuttavia, a detta produzione normativa non è stato mai attribuito valore cogente anche per gli Enti locali, nonostante fosse stata recepita in numerose Circolari ministeriali e richiamata nei Capitolati d’appalto dei lavori stradali delle opere finanziate dallo Stato (strade statali, autostrade e strade costruite con finanziamenti della Cassa per il mezzogiorno). La mancanza del valore cogente delle Norme per le costruzioni stradali si è avvertita principalmente in ambito urbano, dove la strada è stata spesso concepita solo come parte residuale tra due o più fabbricati: sono stati costruiti interi quartieri densamente popolati, ma mal collegati con i centri attrattori di mobilità in quanto sedi delle attività lavorative o commerciali. In molti casi le strade di collegamento non si sono rivelate idonee alla circolazione dei mezzi pubblici in quanto presentavano larghezze di carreggiata e raggi di curvatura estremamente ridotti e comunque non erano dotate di spazi sufficienti per la fermata e la sosta degli autobus di linea al di fuori della carreggiata per non arrecare ostacolo alla già difficile circolazione degli altri veicoli. Si è andata, così, ad aggravare la congestione del traffico ormai diffusa in gran parte del tessuto urbano e non solo dei centri storici che hanno però ereditato la viabilità pensata e costruita solo per i pedoni o per le carrozze trainate da cavalli. Inoltre, cosa ancor più grave, le nuove infrastrutture stradali, in ambito sia urbano che extraurbano, se mal progettate, sono da considerare anche estremamente insicure e sede di gravi e frequenti incidenti stradali. L’intervento della Normativa statale sulla viabilità appartenente a Organi locali e anche in ambito urbano, non solo è indispensabile dal punto di vista della tecnica della circolazione stradale, ma è da ritenersi anche costituzionalmente legittimo in quanto non
10. La costruzione del viadotto Sfalassà a Bagnara Calabra sulla A3, inaugurato nel 1972: con i suoi 250 m di altezza, è uno dei più alti in Europa lesivo dei poteri e dei compiti riconosciuti dalla Costituzione e dalle Leggi vigenti agli Enti locali. Al riguardo, va rilevato che il D.P.R. 24 Luglio 1977, n° 616, pur avendo demandato con l’art. 87 alle Regioni le funzioni amministrative relative alla materia viabilità di interesse regionale concernenti le strade e la loro classificazione (escluse ovviamente le autostrade e le strade statali), ha lasciato allo Stato le funzioni più ampie di indirizzo e di coordinamento. Le Norme tecniche sono in effetti regole che condizionano l’esercizio dei poteri amministrativi, in quanto l’Autorità che è preposta non può non adeguarsi alle prescrizioni contenute nelle Norme; tuttavia il potere di scelta del Comune o della Provincia o della Regione non viene meno con l’esistenza di Norme riguardanti le caratteristiche delle strade, ovvero dei criteri di regolazione del traffico e delle sue componenti. Infatti, tale potere di scelta degli Organi locali permane integro nelle fasi logicamente precedenti: le scelte rimangono agli Enti locali, ma una volta operate, queste devono essere coerenti con la Normativa tecnica prevista che è vincolante in quanto intende soddisfare un interesse, quale quello della sicurezza stradale, che è dell’intera collettività nazionale e non esclusivo di quella locale. Anche nel settore della progettazione stradale devono prevalere i condizionamenti imposti da Norme tecniche di carattere nazionale, così come già da diversi anni sono stati imposti, efficacemente, nella progettazione di opere in calcestruzzo armato, in calcestruzzo armato precompresso o con strutture metalliche. Lo stretto collegamento tra sicurezza e progettazione stradale è confermato tra l’altro da una ricerca effettuata dall’OCSE e pubblicata nel 1976 5, i cui risultati possono così riassumersi: “una cattiva 4 La Commissione di studio per le Norme relative ai materiali stradali e alla progettazione della strada rappresenta un fattore che può influire costruzione e manutenzione delle strade, istituita presso il Consiglio Nazionale sulla sicurezza del traffico in una misura che può giungere sino al delle Ricerche ha elaborato e pubblicato sul Bollettino Ufficiale del C.N°R., parte 25% del numero totale degli incidenti stradali. Stime prudenziali IV (Norme tecniche), dal 1967 ad oggi, circa 50 Normative. Tra le più importanti ricordiamo: Istruzioni per la redazione dei progetti di strade (B.U. n° 77/1980); Norme sulle caratteristiche geometriche e di traffico delle strade urbane (B.U. n° dimostrano anche che si potrebbero evitare non meno del 20% degli incidenti solo migliorando le infrastrutture stradali esistenti”. 60/1978); Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane (B.U. Il comma 1 dell’art. 13 ha previsto l’emanazione di un Decreto n° 78/1980); Norme sulle caratteristiche geometriche e di traffico delle intersezioni del Ministro dei Lavori Pubblici recante “Norme funzionali e geostradali urbane (B.U. n° 90/1983); Istruzioni sulla pianificazione della manutenzione stradale, (AISCAT, 1987); Istruzioni sulla pianificazione della manutenzione stradale “Ponti e viadotti”, (AISCAT, 1991); Sovrastrutture stradali - Determinazione del metriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi, sulla base della classificazione delle modulo di deformazione di un sottofondo, di uno strato di fondazione e di uno strade prevista dall’art. 2 del Codice”. strato di base (B.U. n° 9/1967); Norme per l’accettazione dei bitumi stradali. Metodi di prova: penetrazione (B.U. n° 24/1971); Norme sui misti cementati (B.U. n° 29/1972); Norme sui materiali stradali. Prova di costipamento di una terra (B.U. 5 Hazardous road locations: Identification and counter measures - OCSE, Paris n° 69/1978); Norme per l’accettazione dei bitumi per usi stradali. Campionatura 1976 - traduzione in Italiano a cura del Ministero dei Lavori Pubblici, quaderno dei bitumi (B.U. n° 81/1981). OCSE n° 26, Roma, 1977.
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Le Norme devono essere “improntate alla sicurezza della circolazione di tutti gli utenti” (pedoni e altre categorie più deboli compresi) “ed alla riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferico... e al rispetto dell’ambiente”. Si tratta, senza dubbio, di una delle novità più importanti di tutto il Codice. Le Norme hanno carattere cogente per tutti gli Enti proprietari o Gestori di strade (compresi Comuni, Province e Regioni) in quanto emanate in forza di specifica Norma di Legge e non per effetto di rapporto gerarchico, né tantomeno come potere superiore di controllo. Le suddette Norme, predisposte dall’Ispettorato Circolazione e sicurezza stradale e approvate dalla Commissione per le Norme stradali del CNR in data 13 Novembre 1998 e dall’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con voto n° 278 in data 5 Maggio 2000 sono state emanate con Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti prot. n° 6792 in data 5 Novembre 2001 (G.U. n° 3 del 04/01/2002) 6 .
Si è data, infine, completa attuazione alle disposizioni del comma 1 dell’art. 13 con l’emanazione del Decreto del 19 Aprile 2006 con cui sono state approvate le “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” (G.U. n°170 del 24 Luglio 2006). Nella progettazione e nella gestione delle strade si deve tener conto anche di altre Norme relative a componenti importanti come le barriere stradali di sicurezza (o dispositivi di ritenuta stradali) e gli impianti di illuminazione nelle gallerie stradali. Per le barriere di sicurezza il Ministero dei Lavori Pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) è intervenuto più volte fin dal 1992 7 . Anche per le Norme di illuminazione delle gallerie stradali il Ministero dei Lavori Pubblici è intervenuto più volte 8 .
LE DUE IMPORTANTI DIRETTIVE DELL’UNIONE EUROPEA
Naturalmente, nella costruzione e gestione delle strade si deve tener conto anche delle due importantissime direttive emanate dall’Unione Europea: la Direttiva n° 2004/54/CE sulla “sicurezza delle gallerie stradali” (recepita con D.Lgs. n° 264/2006) e la Direttiva n° 2008/96/CE sulla “gestione della sicurezza delle infrastrutture” (recepita con D.Lgs. n° 35/2011) che contengono precise disposizioni in materia di progettazione e gestione delle strade e delle gallerie stradali. È da precisare che l’applicazione delle due Direttive è limitata alle strade appartenenti alla rete TEN. Per le strade non appartenenti alla rete TEN, le Direttive costituiscono Norma di riferimento non cogente,
12. La Gazzetta Ufficiale contenente il Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva sui requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea
11. La rete stradale italiana della TEN (Trans European Network) 13. La prima pagina della Direttiva europea n° 2008-96-CE del 19 Novembre 2008 sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
6 Il Decreto è stato poi modificato con il DM prot. n° 67/S del 24 Aprile 2004. 7 Il primo Decreto sulle barriere di sicurezza è il DM 18 Febbraio 1992, n° 223 “Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza” (G.U. 16 Marzo 1992, n° 63), poi modificato con DM 21 Giugno 2004, n° 2367 “Aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere di sicurezza” (G.U. 5 Agosto 2004, n° 182) e infine il DM 28 Giugno 2011 recante “Disposizioni sull’uso e l’istallazione dei dispositivi di ritenuta stradale (G.U. 6 Ottobre 2011, n° 233). In materia sono state emanate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti anche delle Circolari, tra cui si segnalano: la n° 62032 del 21 Luglio 2010 “Uniforme applicazione delle Norme in materia di progettazione, omologazione e impiego delle barriere stradali di sicurezza” e la Circolare n° 80173 del 5 Ottobre 2010 “Omologazione dei dispositivi di ritenuta nella circolazione stradale. Aggiornamento Norme comunitarie UNI EN 1317 in ambito nazionale”. 8 Si cita da ultimo il DM 14 Settembre 2005 recante “Norme di illuminazione delle gallerie stradali” (G.U. 20 Dicembre 2005, n° 295).
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salvo per la Direttiva sulla sicurezza delle infrastrutture stradali, il cui Decreto Legislativo di recepimento ne ha previsto progressivamente l’estensione anche alla rimante rete di interesse nazionale (ANAS) a decorrere dal 1° Gennaio 2016 9 e alla rimanente rete stradale locale (regionale, provinciale e comunale) entro il 2020. Per la Direttiva sulla sicurezza delle gallerie stradali questa previsione non è contenuta nel Decreto Legislativo di recepimento; pertanto, per le gallerie non collocate sulle strade della rete TEN rimane solo l’obbligo di rispettare il DM 5 Giugno 2001 “Sicurezza nelle gallerie stradali” (G.U. n° 217 del 18 Settembre 2001). Giova ricordare che l’art. 10 del D.Lgs. n° 264/2006 indica il 30 Aprile 2019 (ovvero 15 anni dopo l’emanazione della Direttiva europea n° 2004/54/CE) come data entro cui deve essere completato l’adeguamento delle gallerie italiane appartenenti alla rete TEN già in esercizio. Per gli altri Paesi dell’U.E., dato il limitato numero di gallerie ricadenti nel loro territorio, la scadenza era fissata al 30 Aprile 2014. Purtroppo in Italia sono ancora molte le gallerie che devono essere adeguate e difficilmente riusciranno a rispettare l’ormai prossima scadenza. Si deve inoltre rilevare che anche la Direttiva n° 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza stradale risulta pressoché ovunque disattesa anche dallo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nonostante che, fin dal 2 Maggio 2012, siano state emanate dallo stesso Ministero le apposite linee guida che stabiliscono “i criteri e le modalità per effettuare i controlli della sicurezza sui progetti stradali e le ispezioni di sicurezza sulle infrastrutture esistenti”.
DEROGHE E AGGIORNAMENTI
Il comma 2 dell’art. 13, limitatamente alle strade esistenti, prevede i casi di deroga alle Norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade. Le deroghe, purché sia comunque assicurata la sicurezza stradale e siano comunque evitati inquinamenti, possono essere consentite: • per particolari condizioni locali, ambientali, paesaggistiche e archeologiche; • per particolari condizioni economiche. La particolarità delle suddette condizioni deve essere tale da non consentirne l’adeguamento. Il disposto normativo non prevede che la deroga debba essere autorizzata e quindi il potere decisionale circa la sussistenza delle condizioni è lasciato ai singoli Enti proprietari di strade. Desta qualche perplessità soprattutto la valutazione delle particolari condizioni economiche che potrebbero essere facile pretesto per tutti gli Enti proprietari per non adeguare la propria rete stradale alle nuove Norme, anche se dovranno comunque giustificare di aver assicurato la sicurezza stradale e di aver salvaguardato l’ambiente dagli inquinamenti. Altra fonte di perplessità è costituita dal fatto che non è stabilito il termine entro il quale si dovrà procedere all’adeguamento delle strade sulla base della loro classificazione.
Il comma 4 attribuisce al Ministro dei Lavori Pubblici il compito di emanare “entro due anni dalla entrata in vigore del presente Codice le Norme per la classificazione funzionale delle strade esistenti”. Tali Norme devono essere improntate alla sicurezza della circolazione di tutti gli utenti della strada, alla riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferico per la salvaguardia degli occupanti gli edifici adiacenti alle strade e al rispetto dell’ambiente. Il comma 5 dell’art. 13 affida poi agli Enti proprietari il compito di classificare la loro rete entro un anno dall’emanazione delle Norme di cui al comma 4. Le Norme non sono state ancora emanate, ma con il DM 22 Aprile 2004 (G.U. 25 Giugno 2004, n° 147) il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha previsto che “in attesa dell’emanazione di una specifica Normativa” le disposizioni del DM 5 Novembre 2001, n° 6792 debbano essere assunte come Norme “di riferimento per l’adeguamento delle strade esistenti”.
LA CARTOGRAFIA, IL CATASTO DELLE STRADE E I CENSIMENTI DELLA CIRCOLAZIONE
Con il comma 6 dell’art. 13 viene imposto l’obbligo per tutti indistintamente gli Enti proprietari di strade di “istituire e tenere aggiornati la cartografia, il catasto delle strade e loro pertinenze... ivi compresi anche gli impianti e i servizi permanenti connessi alle esigenze della circolazione stradale”. Gli Enti proprietari devono attenersi alle modalità stabilite dal Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 1° Giugno 2001 “Modalità di istituzione e aggiornamento del catasto delle strade” (G.U. n° 5 del 7 Gennaio 2002, S.O.). Il successivo comma 7 fa obbligo a tutti gli Enti proprietari di effettuare anche le rilevazioni di traffico 10 . I dati raccolti consentiranno principalmente agli stessi Enti proprietari una corretta programmazione degli interventi di adeguamento della propria rete previsti dallo stesso art. 13 del Codice (commi 1 e 2), nonché di quelli manutentori che, invece, competono loro in base all’art. 14 del Codice. n
9 Tale termine è stato prorogato al 1° Gennaio 2017 con Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30 Dicembre 2015. (1) Già Capo dell’Ispettorato Generale per la circolazione e la sicurezza stradale e già Direttore Generale per la Vigilanza e la Sicurezza delle infrastrutture
10 La prima statistica generale della circolazione stradale fu effettuata in Italia nel 1928, anche se già nel 1884 ci fu una rilevazione del traffico denominata “statistica del carreggio”. Il rilevamento del 1928 seguì le Norme generali indicate dall’AIPCR che prevedevano censimenti del traffico ogni cinque anni, ciascuno interessante un’intera annata, e fu effettuato sia sulle strade statali e che provinciali ad opera degli uffici del Genio Civile (sostituiti poi dalla A.A.S.S., sorta proprio nel 1928) e dalle Province. Le successive rilevazioni furono effettuate nel 1933 e poi nel 1938. Dopo la parentesi bellica i censimenti del traffico ripresero nel 1950 e sono stati effettuati ogni cinque anni sia sulle strade statali (a cura dell’ANAS) che sulle provinciali (a cura delle Province con il controllo della direzione generale della viabilità ordinaria e delle nuove costruzioni ferroviarie del Ministero dei Lavori Pubblici); i rilevamenti del 1970 e del 1975 sulle strade provinciali non sono stati effettuati per problemi anche di competenza tra il Ministero e le Regioni. Nel 1980, tuttavia, l’Ispettorato Circolazione e Traffico del Ministero dei Lavori Pubblici, d’accordo con le Regioni, ha ripreso sia pure tra mille difficoltà, a coordinare i rilevamenti sulle strade provinciali. L’ultimo rilevamento in ordine di tempo risale al 1990.