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Codice della Strada vs Codice delle Telecomunicazioni

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CODICE DELLA STRADA VS CODICE DELLE TELECOMUNICAZIONI

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LA CORTE DI CASSAZIONE FA CHIAREZZA IN TEMA DI OCCUPAZIONE DEL SUOLO AUTOSTRADALE DA PARTE DI SOGGETTI GESTORI DI RETI DI TELECOMUNICAZIONI

Con la recente Ordinanza depositata in data 27 Marzo 2019 (Cass. Civ., III sez., Ordinanza n° 8453 del 26 Settembre 2018-27 Marzo 2019), la Corte di Cassazione ha affermato un importante principio in relazione agli oneri conseguenti alla occupazione e allo spostamento dei servizi e sottoservizi di soggetti Gestori di reti di telecomunicazioni, interferenti con il suolo autostradale. Questi, in breve, gli eventi che hanno preceduto e determinato la controversia. Il Gestore di una serie di servizi e sottoservizi (in seguito “il Gestore”) interferenti con l’autostrada non era mai stato autorizzato dall’Ente proprietario della strada né dal Concessionario autostradale a realizzare detti interventi, né aveva corrisposto canone o indennità. Il Concessionario autostradale procedeva a richiedere il pagamento dei canoni arretrati e dei canoni successivi alla richiesta, stante il disposto dell’art. 27 del nuovo Codice della Strada, invitando il Gestore delle reti interferenti alla regolarizzazione del rapporto attraverso la stipula di apposite convenzioni. Il Gestore rifiutava, eccependo fin da allora la inapplicabilità dell’art. 27 del nuovo Codice della Strada, perché derogato dal Codice delle Comunicazioni elettroniche, approvato con il D.Lgs. 1° Agosto 2003 n° 259 alla luce della Giurisprudenza Civile e Amministrativa e dell’intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 6, della Legge 18 Giugno 2009 n° 69, che avrebbe definitivamente chiarito la derogabilità dell’anzidetto art. 27 a favore dell’art. 93 del Codice delle Comunicazioni elettroniche. Altrettanto rifiuto veniva opposto alla richiesta del Concessionario autostradale al rimborso degli oneri sostenuti per lo spostamento degli impianti di telecomunicazione nell’ambito dei lavori di costruzione della terza corsia autostradale. Il Concessionario autostradale adiva, quindi, il Tribunale di Milano - competente per la risoluzione della controversia - chiedendo di accertare e dichiarare l’obbligo del Gestore al pagamento del canone per l’occupazione della sede stradale inerente i sottoservizi interferenti per il periodo dal 2001 (cinque anni antecedenti alla richiesta) fino alla entrata in vigore della Legge 18 Giugno 2009 n° 69, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n° 140 del 19 Giugno 2009. Si costituiva in giudizio il Gestore, eccependo la inapplicabilità alla fattispecie delle disposizioni del Codice della Strada, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 1° Agosto 2003 n° 259 recante il “Codice delle Comunicazioni Elettroniche” al capo V del Titolo II, asserendo che le modifiche introdotte dalla Legge 69/2009 si applicherebbero anche ai rapporti precedenti, in quanto tale intervento normativo non avrebbe colmato un vuoto legislativo, ma semplicemente risolto un difetto di coordinamento tra le varie disposizioni succedutesi nel tempo, per cui nessun canone poteva essere preteso, atteso che il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, in coerenza con il dettato comunitario di cui alla Direttiva 2002/21/CE del 7 Marzo 2002, con disciplina di carattere speciale, escludeva l’imposizione di canoni di indennità di occupazione di suolo pubblico, Il Tribunale di Milano, con sentenza del 16 Ottobre 2014, in parziale accoglimento della domanda dispiegata dal Concessionario autostradale condannava il Gestore al pagamento sia dei canoni di occupazione non corrisposti sia al risarcimento per la mancata esecuzione degli spostamenti provvisori di rete. Il Tribunale, dopo avere illustrato la disciplina di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 Marzo 1973 e al Codice della Strada, ha rilevato che la riforma di cui al Codice delle Comunicazioni Elettroniche, in attuazione della Direttiva 2002/21/CE del 27/3/2002, “nulla determinava in ordine all’art. 231 Codice della Strada, ove, solo con la novella introdotta con la Legge 69/2009, l’art. 231 u.s. CdS veniva modificato nel senso che: “a quanto previsto dal capo I, titolo II, si applicano le disposizioni di cui al capo V del Codice delle Comunicazioni elettroniche”. Pertanto, secondo il Tribunale, “sino all’entrata in vigore dell’in-

novazione da ultimo indicata, la fattispecie in esame era regolata dal CdS, che a propria volta richiamava e mantenere in vigore - attraverso il citato art. 231 - la necessità per il Gestore delle telecomunicazioni di munirsi di apposita autorizzazione alla posa e manutenzione della rete su suolo autostradale, nonché il corrispondente diritto dell’Ente pubblico, ovvero del Concessionario autostradale, di imporre un canone per l’occupazione”. Il Tribunale ha dunque affermato la sussistenza di un’obbligazione di pagamento dell’indennità, evidenziando che il nuovo Codice delle Telecomunicazioni, che avrebbe sostanzialmente escluso (art. 93) la possibilità di imporre “per le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province e i Comuni, la possibilità di imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio di servizi di telecomunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti dalla Legge”, non ha comportato in alcun modo l’abrogazione delle leggi statali in vigore, e in particolare le disposizioni del Nuovo Codice della Strada, che legittimano l’imposizione di canoni, e ciò in quanto la Normativa europea ha mantenuto una riserva di Legge statale, né la stessa può interpretarsi quale ammissiva di una compressione del diritto di proprietà, sia pubblica sia privata, senza corrispettivo o in assenza del relativo indennizzo, perché altrimenti sarebbe anticostituzionale Pertanto il Tribunale ha concluso che “la posa, o l’interramento, e il mantenimento di cavi ed altre infrastrutture per le telecomunicazioni possa avvenire solo in forza di un provvedimento amministrativo (rilasciato a titolo di concessione o di autorizzazione) che legittimi l’occupazione dell’area demaniale da parte di soggetti terzi, stante la indiscussa natura demaniale/pubblica del bene stesso (ancorché affidato ad un Concessionario), a fronte di un corrispettivo da determinarsi per i rapporti correnti sino al 2009, data di abrogazione dell’art.231 CdS che, a propria volta, aveva mantenuto in vigore anche successivamente all’introduzione del nuovo CdS, i previgenti artt. 238 e 239 d.p.r. 156/73. Avverso la sentenza il Gestore interponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Milano sostenendo, per quanto qui rileva, l’erroneità della sentenza nella parte in cui riteneva dovuti al Concessionario autostradale i canoni di occupazione ed il risarcimento degli oneri per lo spostamento delle interferenze ed applicabile le disposizioni di cui al Codice della Strada. La Corte di Appello, con sentenza del 17 Ottobre 2016, in parziale riforma della sentenza appellata, ha escluso la condanna relativa alla domanda di pagamento del canone per l’occupazione della sede stradale inerente i sottoservizi per il periodo dal 2001 fino alla entrata in vigore della Legge 18 Giugno 2009 n° 69, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n° 140 del 19 Giugno 2009, in quanto frutto di una non corretta valutazione delle Norme di diritto, confermando, invece, la condanna al risarcimento degli oneri per gli spostamenti provvisori dei sottoservizi in conseguenza di lavori di ampliamento/ammodernamento della sede autostradale. La Corte d’Appello ha escluso il diritto del Concessionario autostradale al pagamento del canone, ritenendo direttamente applicabile alla fattispecie, anche in assenza di una disposizione abrogativa espressa della Normativa statale previgente, la disciplina di cui al Codice delle Telecomunicazioni, entrata in vigore in attuazione della Direttiva comunitaria in materia, la cui prevalenza rispetto alla Legge interna ha giudicato fuori discussione. In particolare, la Corte di Appello ha ricordato le sentenze n° 14788/14 e 18004/14 della Corte di Cassazione ove la medesima qualificava il Codice delle Telecomunicazioni “come Normativa speciale rispetto alla materia da esso regolata. In tale senso depongono chiaramente sia la scelta della Legge di delegare al Governo l’istituzione di un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (l. 166/2002 art 41 lett. a), sia la scelta di racchiudere in un “Codice” le disposizioni legislative e regolamentari in materia di telecomunicazioni (l. 166/2002 art. 41 comma 2 lett. a), ovvero un testo normativo in grado di disciplinare compiutamente la materia, un corpo organico comprensivo di tutte le Norme pertinenti a un ramo del diritto”. Sulla base del carattere speciale di tale Normativa, la Corte di Appello ha attribuito alla stessa “portata derogatoria e prevalente rispetto alla Normativa di carattere generale già vigente, e in particolare, pertanto, deroghi e prevalga rispetto alla Normativa invocata da parte di (NdR: Concessionario autostradale) a fondamento della domanda, quella di cui al Codice della Strada anteriormente alla modifica attuata con la l. 69/2009. Il fatto che solo nel 2009 sia stata introdotta la modifica all’art. 231 CdS, con espresso rinvio pertanto all’applicabilità delle Norme di cui al Codice delle Telecomunicazioni, non va a significare che prima della modifica fosse ancora vigente la Norma non espressamente abrogata, e ciò in base ai principi sia di specialità tra le Norme (essendo il Codice delle Telecomunicazioni Normativa speciale in materia), che di prevalenza del diritto comunitario. Dunque correttamente deve ritenersi che la modifica di cui all’art. 231 CdS non abbia una portata innovativa, ma di coordinamento a una Normativa speciale già entrata in vigore. Quanto al fatto, richiamato in modo espresso dal primo giudice, che la Normativa comunitaria non abbia imposto in alcun modo un vincolo di gratuità, ed inoltre abbia lasciato spazio ad una riserva di Legge statale (escludendo la possibilità di normare ai diversi Enti locali, in base ad un’impostazione non discriminatoria a seconda dei territori), deve rilevarsi che tali argomenti non vanno in contrasto con il rilievo della prevalenza della Normativa speciale su quella generale.

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CONVENZIONI

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Invero, come espressamente indicato dalla Cassazione nelle sentenze sopra indicate, la riserva di Legge statale, pur all’evidenza sussistente in base alla Direttiva comunitaria (Cass. 18004/14: “l’art. 93 ha inteso riferirsi alla sola legge statale”), opera per le Normative successive all’entrata in vigore del D.Lgs. 259/2003, che ha inteso disciplinare in modo completa la materia delle telecomunicazioni. La Normativa statale successiva dunque può intervenire nella materia, indicando anche possibili modalità di imposizione e di recupero di oneri, ovviamente “in conformità ai criteri comunitari di liberalizzazione del mercato, improntati a criteri di non discriminazione, proporzionalità ed universalità del servizio” (Cass. 18004/14)”. Da tali premesse, la Corte di Appello ha accolto il motivo di appello proposto dal Gestore e conseguentemente escluso la condanna relativa alla domanda di pagamento dei canoni per la occupazione del sedime autostradale. Sul capo relativo al diritto al pagamento dei canoni di occupazione, il Concessionario proponeva ricorso in Cassazione, assumendo la violazione e/o falsa applicazione artt. 25, 26, 27 e 231 del D.Lgs. 30 Aprile 1992 n° 285, nonché artt. 238 e 239 del d.p.r. 29 Marzo 1973, n° 156, nonché artt. 94 e 95 D.Lgs. 1° Agosto 2003, n° 259. Ad avviso del Concessionario autostradale, le pronunce della Suprema Corte n° 14788/14 e 18004/14, pur avendo indicato la natura e finalità della Normativa introdotta dal Codice delle Comunicazioni (che ha recepito le direttive quadro sulle comunicazioni elettroniche, emanate nelle date del 7 Marzo 2002 e del 16 Settembre 2002 dal Parlamento Europeo e dal Consiglio) riguardavano altra e diversa questione giuridica. Nei casi esaminati in precedenza dalla Cassazione, si discuteva della possibilità delle Regioni di imporre canoni per l’installazione di impianti e di reti di telecomunicazione sulla base di atti amministrativi e/o Normative regionali, che è stata esclusa alla stregua della riserva di Legge statale di cui all’art. 93 del CCE volta “ad evitare che ciascuna Regione preveda autonomamente obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti, e anche di garantire la parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore” (cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 Agosto 2014 n° 18004). La fattispecie sottostante al giudizio promosso dal Concessionario autostradale riguardava, invece, il diritto dell’Ente proprietario e/o Concessionario di una strada di percepire la indennità per la occupazione del sedime autostradale, che, al contrario, era espressamente stabilita da una Legge statale. Pertanto, diversamente dai casi valutati nelle decisioni richiamate, nella fattispecie concreta non si poneva una questione di violazione della riserva di Legge statale e di parità di trattamento, risultando al contrario assicurata e garantita ogni esigenza di uniformità ed omogeneità, stante la fonte legislativa della Norma che impone tale diritto. Peraltro, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, la Normativa statale di cui al Nuovo Codice della Strada non è qualificabile, ad avviso del Concessionario, come una Normativa di carattere generale, consistendo al contrario anch’essa in una Normativa speciale, che, come quella introdotta dal Codice delle Comunicazioni elettroniche, disciplina tramite un corpo organico una materia specifica, quale appunto il ramo del diritto afferente la circolazione dei veicoli, dei pedoni e degli animali sulle strade. E allora, trattandosi in entrambi i casi di Normative speciali, non vale né può essere invocato il principio per cui “lex specialis derogat legi generali”, in quanto una Norma speciale di settore, per sua natura, non può ritenersi derogata se non da altra Norma speciale che espressamente la privi della sua efficacia, secondo quanto stabilito dagli artt. 14 e 15 delle disposizioni sulla Legge in generale. E ciò era quanto espressamente previsto dall’art. 231 del Nuovo Codice della Strada, che, al terzo comma, appunto stabiliva le deroghe tassative alle disposizioni speciali in materia di attraversamenti ed uso della sede stradale di cui agli artt. 25 e 27, richiamando e ritenendo prevalenti le disposizioni del libro quarto, titolo I, capo VI del d.p.r. 29 Marzo 1973 n° 156 in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni. Ad ogni modo la Corte di Appello ha, comunque, errato, ad avviso del Concessionario autostradale, nella applicazione della Normativa di cui al CCE, avendo desunto, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicono la sua interpretazione. Infatti, anche a volere ritenere applicabile il CCE, pure in assenza dei presupposti di Legge, tale Normativa non esclude ex se il diritto all’indennità. In base infatti al sopra ricordato art. 94 del CCE è chiaramente stabilito che “per la realizzazione e la manutenzione di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, può essere occupata una sede idonea, lungo il percorso delle autostrade, gestite in concessione e di proprietà del concessionario, all’interno delle reti di recinzione. L’Ufficio Provinciale dell’Agenzia del Territorio, sentite le parti, esprime il suo parere in merito e stabilisce la indennità da pagarsi al proprietario in base all’effettiva diminuzione del valore del fondo, all’onere che ad esso si impone ed al contenuto della servitù”. In altre parole, tanto il nuovo Codice della Strada, quanto le disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, poi, sostituite in parte equa dall’attuale Co-

dice delle Comunicazioni elettroniche, imponevano e impongono una espressa procedura finalizzata alla autorizzazione e concessione della occupazione del suolo autostradale, che non è mai gratuita per gli Enti Gestori. Rispetto a questi argomenti, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza in commento ha osservato che la corte d’appello ha omesso di rilevare che il caso specifico dell’uso della sede autostradale per l’istallazione di reti di telecomunicazioni è espressamente regolato dall’art. 94 del Codice delle Comunicazioni, che costituisce Norma speciale rispetto alla regola generale fissata dal precedente art. 93. In particolare, l’art. 94 prevede che per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, può essere occupata una sede idonea, lungo il percorso delle autostrade, gestite in concessione e di proprietà del Concessionario, all’interno delle reti di recinzione. Tale occupazione dà luogo ad una servitù che viene imposta, con Decreto del Ministro dello sviluppo economico, previo pagamento di un’indennità nella misura stabilita dall’Ufficio Provinciale dell’Agenzia del Territorio. Qualora in seguito si renda necessario provvedere all’allargamento o ad altre modifiche della sede autostradale, il proprietario dei cavi di comunicazione elettronica deve provvedere a proprie spese allo spostamento dei propri impianti nella nuova sede indicata dal Concessionario o proprietario dell’autostrada. L’art. 94, comma 8, Cod. comunicazioni stabilisce altresì che “le disposizioni del presente articolo sono integrate da quelle di cui agli artt. 3 e 40 della Legge 1° Agosto 2002, n° 166” (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti). L’art. 3 della Legge n° 166 del 2002 pone la regola dell’onerosità delle servitù previste dalle leggi in materia di trasporti, telecomunicazioni, acque ed energia, relative a servizi di interesse pubblico. Il successivo art. 40 fissa come obbligatoria, nei lavori di costruzione e di manutenzione straordinaria di strade ed autostrade la cui esecuzione comporti lavori di scavo del sottosuolo, la realizzazione di cavidotti per il passaggio di cavi di telecomunicazioni: l’accesso a tali strutture da parte degli interessati avviene a fronte del pagamento di un corrispettivo commisurato alle spese aggiuntive sostenute per la realizzazione dei cavidotti. Dunque, ad avviso della Corte di Cassazione, anche dopo l’entrata in vigore del Codice delle Comunicazioni elettroniche è rimasto fermo il principio per il quale “l’operatore di telecomunicazioni che utilizzi la sede o le strutture autostradali per l’istallazione di cavi è tenuto al pagamento di un corrispettivo allo Stato o al Concessionario o proprietario dell’autostrada. Tale corrispettivo è dovuto sia nel caso in cui la rete di telecomunicazioni venga realizzata lungo il percorso dell’autostrada all’interno delle reti di recinzione, sia qualora - per i percorsi autostradali di nuova costruzione - si utilizzino i cavidotti appositamente realizzati sia - infine - quando sia necessario spostare l’impianto per far spazio ai lavori di ampliamento della sede stradale”. La Cassazione conclude affermando che il contrasto fra il Codice della Strada e il Codice delle Comunicazioni elettroni-

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che ravvisato dalla Corte d’Appello, pertanto, non sussiste. Entrambe le discipline sono ispirate al principio dell’onerosità dell’uso della sede autostradale da parte dell’operatore di telecomunicazioni. Le sole novità introdotte dal Codice delle Comunicazioni elettroniche consistono nell’individuazione delle competenze del Ministro dello sviluppo, quanto all’adozione del Decreto impositivo della servitù, e dell’Agenzia del Territorio, per quel che concerne la determinazione dell’indennità dovuta al Concessionario autostradale. Del resto, il coordinamento fra i due corpi normativi è assicurato, prosegue la Corte di Cassazione, dall’art. 231, comma 3, del Codice della Strada. Tale disposizione prevedeva, nella sua originaria formulazione, che “continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al libro quarto, titolo I, capo VI, del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 29 Marzo 1973, n° 156”. Fra le disposizioni richiamate vi era anche l’art. 239, che, nel disporre che gli impianti di telecomunicazioni potessero essere realizzati anche lungo il percorso delle autostrade, rimetteva all’Ufficio Tecnico erariale il compito di stabilire la misura dell’indennità da pagarsi al proprietario per l’acquisizione della servitù. Il menzionato art. 239 del D.P.R. n° 156 del 1973 è stato abrogato dal Codice delle Comunicazioni elettroniche e il rinvio a quella parte del testo unico in materia postale e di telecomunicazioni contenuto nell’art. 231 del Codice della Strada è stato aggiornato dall’art. 1, comma 6, della Legge 18 Giugno 2009, n° 69, che lo ha sostituito facendo riferimento al capo V del titolo II del Codice delle Comunicazioni elettroniche. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione è di particolare rilievo non solo giuridico ma anche pratico per i Concessionari autostradali, atteso che esclude che il Codice delle Comunicazioni elettroniche affermi il principio della gratuità dell’installazione di linee di telecomunicazioni lungo le sedi autostradali. Peraltro, la fase di rinvio, avendo la Cassazione rinviato alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione perché si attenga al principio di diritto esposto, riguarderà la misura della determinazione del canone di occupazione, mentre è passato in giudicato il capo riguardante l’obbligo di corrispondere gli oneri conseguenti allo spostamento dei sottoservizi per ampliamento o ammodernamento della sede autostradale. n

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(1) Avvocato in Milano e Roma

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