Sette Poesie Gabriella Garofalo
Autore: Gabriella Garofalo Per gentile concessione su www.stroboscopio.com
a dl
Apocalisse di sbieco batte l’anima – insetti mantidi libellule lasciate perdere natura e tu lascia che invadano insetti mantidi libellule che sentano la fame nelle piante, nel soffio di cicala estate, morso che infetta – comunque rassicurati, anche l’azzurra polvere di nubi ha forma ed eleganza di tua fame, seme che sai di marcio fin dalla prima nascita.
a dl
Ricordi il fastidio di anni e delle strade quando ottobre non voleva saperne di perdere le foglie e già il cielo cominciava ad ammalarsi di parole? Minacciava integrità dell’essere l’acqua che mangia corpi e roccia – ma corpi e donne non ti hanno mai convinto, anfore troppo deformate fiori dappertutto sorrisi – convinti di aiutare proprio quando spranga il fulmine roccia luce esaurisce in sua ricerca sfranta.
a S.P.
Forse un padre inesistente, forse madre, forse un cielo inverso ti gettarono a stanze in disordine a distesala vita, ti sibilano accanto – ma gelo e fuoco tu rispondi, anima della tua parola: gelo non assidera neanche dita di una mano, non arde fuoco neanche disperse foglie: nÊ leva gelo nÊ leva fuoco scacciare la visita importuna, estate dove tutto ferma, persino amori di luna adolescente, il muovere di un sole che nasconde.
a D.L.
Acqua? Non te ne daranno. Luna? Neanche. Se abbattono rami, stabili, chiese se abbatte il mondo che ti stride non esaltarti, anima, devi l’urto la caduta ad antica esplosione di cieli, idee insofferenti stralunate – s’incontrarono, ricordi, per caso, nell’attimo stesso, come a cenno d’intesa, forse per un po’ di scena, ma non puoi giurarci, levarono armi proiettili fuoco – forse quel fuoco che ti esplode se neanche il ramo sai difendere.
a D.L.
A tarda ora, quasi notte i colori si arrendono, vuoi esserne complice? Certo che no, ascolta, devi sparire l’attimo stesso che snervano – musica di arterie periferiche, erba in vicoli ciechi, qualunque rifugio, nel frattempo luna s’ingegna in qualche modo a sistemare testimoni: irritante per lei imbattersi nelle tue tracce mentre corre trainata da focosi destrieri: focosi destrieri, non è un malinteso, da un po’ di tempo imita il sole, ama fingersi luce.
a D.L. Vedi, quando ti viene accanto la data, la data del saldo debiti, esistono, certo, ma ombre nell’acre bagliore dei fuochi – solo per te, in realtà, tramonto mentre arranca tra suoni di case che respirano di stanze se muovono – ma ti viene cattiva ti viene che non ha senso, poi la vedi, rivelazione che perfora: città non ti è sorella, non ti è sorella esistenza, tra poco le diventi il vecchio – cieco, senza figlia che di compassione insegue.
a J. M. W.
Ce l’hai a casa, è verde: mi vedi recidere l’erba di sguardi, la cenere percorrerti le mani – come puoi scrivere di lui di lei di loro quando le madri avvertono sapori velenosi di un prato, il mare in crisi isterica, lo senti? Qui hai pianto insieme alle tue donne quando parola era neve che ti rigettavano, roccia nascosta nella neve per fenderti l’anima, estrarne quarzo, ortica – la gramigna te la portano in dono,
la verde frase che ti vibra la roccia la sabbia la tua terra: padre, nascosto sguardo, nemesi, non mito l’astratta luce che intendi.
Nota bio-bibliografica Gabriella Garofalo, nata a Foggia nel 1956, vive a Milano. Presente in numerose riviste ed antologie, ha pubblicato tre raccolte di versi: Lo sguardo di Orfeo, Cesati editore, Firenze 1989; L’inverno di vetro, Edizioni dell’Arco, Milano 1995; Di altre stelle polari, Stampa spa, Brunello(Va) 2003.
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