Berlusconi annulla un consiglio dei ministri con la scusa del tempo. Stava bene nella Dacia o ha paura di Tremonti?
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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Sabato 24 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 28 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Il pm: un video con un transessuale
MALCOSTUME MEZZO GAUDIO
MARRAZZO E L’ITALIA DEI RICATTI
di Marco Travaglio
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I Ros arrestano a Roma quattro carabinieri: avevano assegni per 50 mila euro. Il governatore: “È una bufala” Storiaccia o killeraggio politico? Gomez, Lillo, Bonazzi, Telese, Tecce e Ferrucci pag. 2 - 3 - 4 z
Poltrone e veleni di Antonio Padellaro
dc
rima di saperne di più sul video di Marrazzo e sul ricatto ordito ai suoi danni dalle cosiddette 'mele marce' dell'Arma, prima di chiedersi se il presidente della Regione Lazio farebbe bene a dimettersi una constatazione va fatta. Nel paese delle informative anonime che distruggono la vita delle persone (caso Boffo), nel paese dei dossier avvelenati (caso Augias), nel paese della politica intossicata e ESTORSIONE Piero Marrazzo (F G ) A destra, Clemente Mastella (F A ) degradata a rissa, non può certo sorprendere l'emergere di questa storiaccia che può riservare imprevedibili retroscena. Com- MONTALTO x Parla per la rima volta la ragazza violentata preso quello del complotto per mettere fuori gioco un esponente del Pd, intenzionato a ricandidarsi al vertice del regione e proprio alla vigilia delle primarie del suo partito. Il sindaco del Pd Conosciamo la replica: chi ha cominciato per primo a speculare sulle abitudini privapaga le spese legali te di politici e giornalisti? Ovvero: oggi a me agli aggressori. Ora domani a te. Tesi già illustrata con esemplail partito chiede un re chiarezza dal direttore del Giornale Vittorio Feltri nel famoso articolo con cui at“passo indietro” tenzionò il direttore dell'Avvenire. ControBorromeo pag. 10-11 z replicare che, per esempio, i comportamenti del presidente del Consiglio con plotoni di ragoverno mafia gazze a pagamento rivestono, di per sé, una particolare gravita può a questo Il Partito Democratico punto servire a poco. Tancome i radicali sta to più se le rivelazioni sui diventando davvero un costumi sessuali di questo Feltri pag. 9z Lo Bianco pag. 5z partito trans-nazionale o di quello si manifestano come una vera e propria ritorsione preventiva o vendetta successiva. di Beatrice Borromeo di Massimo Fini Che poi ad estorcere denaro siano alcune guardie diventate ladri, fa parte del quadro completamente capovolto dell'Italia odierna dove quasi nulla è più al suo posto.. Infine Marrazzo. Ci auguriamo sinceramente che il suo negare tutto, il video con il trans icenziati. 1192 lavoratori ono d'accordo con l'appello e il denaro versato per tacitare i ricattatori, della società Omega hanpubblicato da Repubblica sia la legittima difesa di fronte a un'aggressione vigliacca contro lui e la sua famiglia. Se no ricevuto la lettera che ("Quell'uomo ci offende, fermiapoi le cose fossero andate diversamente re- annuncia l’avvio delle pro- molo") lanciato da Michela Marsterebbe sacrosanta la tutela della vita pri- cedure di mobilità. La scor- zano, Barbara Spinelli, Nadia Urvata di un uomo e dei suoi cari. Non però la sa settimana il “Fatto Quo- binati contro l'uso che Silvio Berprotezione di una poltrona e di una candi- tidiano” aveva lanciato l’al- lusconi fa del corpo della donna larme. datura. pag. 7 z e della donna stessa. pag. 18 z
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UARDARCHIVIO
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“Io, stuprata dal branco e ferita da una comunità che difende gli aguzzini”
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Berlusconi evita la riconciliazione con Tremonti
Processo Dell’Utri Spatuzza: “Trattativa fino al 2004”
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EUTELIA LICENZIATI IN 1200
DONNE, PREFERISCO IL BURQA
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CATTIVERIE
ià è una fortuna, per certi politici italiani, vivere in Italia: in un altro paese sarebbero in galera. Quelli campani, poi, sono i più fortunati fra i fortunati: lì il livello di moralità medio, come diceva Woody Allen, “è un gradino sotto quelli che s’inchiappettano i bambini”. Uno può tranquillamente sparare a un avversario e poi affrontare orgoglioso le telecamere: “Ho le mani pulite, i cadaveri delle vittime li lascio intatti, mica come quel tale che li scioglie nell’acido”. Prendete Mastella (niente paura, è solo un modo di dire): con tutto quel che si sta scoprendo e si è già scoperto su di lui e la sua famiglia, anziché trovarsi un tombino, sprofondarci dentro e chiudere il coperchio, si dipinge come un galantuomo perchè “non sono mica il Padrino”. Bontà sua. Intanto nella lista dei 655 raccomandati per le assunzioni illegali all'Arpac, se ne contano 26 in quota Clemente, da non confondere con 16 in quota Sandra, con i 4 in quota Giuditta (cognato) e con alcuni in quota Camilleri (consuocero) e Pellegrino (figlio, che secondo i pm ha comprato il Porsche Cayenne da un camorrista). La famiglia è numerosa, ma pure pluralista, visto che il capostipite è laureato in filosofia: infatti ciascun membro rappresenta una corrente di pensiero originale, così come i rispettivi discepoli. Tutti di scuola ceppalonica, ma alcuni di ispirazione platonica, altri socratica, altri sofistica, altri peripatetica. Un giorno, a furia di raccomandare, lo statista sannita perse il conto e rischiò l’ernia al cervello: “Scusa, ma ‘sto Maccasese di Casoria chi cazz’è?”, domandò frastornato al direttore Arpac. E quello, sfogliando nervosamente l’Etica Nicomachea: “E’ un Ds che dobbiamo confermare, non è nostro, ho avuto indicazioni da Giggino”. Giggino è un giovane a promettente teorico della scuola pitagorica. Più prosaicamente, il braccio destro di don Clemente, tale Fantini, già beccato e poi prescritto nello scandalo delle ruberie sul terremoto dell'80, le lottizzazioni le rivendica: “Lo so che è un malcostume, ma lo facevano anche gli antichi greci”. Ora, gli antichi greci sterminavano anche i bambini dalla Rupe Tarpea, ma questo per fortuna Fantini non lo sa (ed è bene che nessuno l’avverta). Così l’on. Bocchino, con rispetto parlando, può commentare che sì, i Mastella non sono proprio gigli di campo, “ma nel Pd di Castellammare si sparano”, quindi non sottilizziamo. E poi diciamolo, che sarà mai un iscritto al Pd che spara a quell’altro: tutti denunciano la mancanza di ricambio delle classi dirigenti, poi quando si trova il modo di mandar via qualcuno, foss’anche al cimitero, fanno la faccia schizzinosa. Del resto l’altra sera il cosiddetto on. Lupi menava vanto del fatto che lo scudo fiscale non cancella i reati di mafia, ma “solo” frodi fiscali, false fatture, distruzioni dei libri contabili, falsi in bilancio e altre virtù cristiane. Roba da niente, se si guarda ai pedigree dei politici campani. Il governatore Bassolino ha un rinvio a giudizio per aver truffato la sua regione. Infatti, in omaggio al rinnovamento, il Pd lo vuole sostituire con Enzo De Luca, che invece ha due rinvii a giudizio per truffa. Al che Bassolino avrebbe commentato: ma non vi bastavo io? E s’è subito dato da fare per collezionare un altro rinvio a giudizio, così da eguagliare il rivale. Il Pdl replica da par suo con uno che rischia direttamente l’arresto per camorra, l’ottimo Cosentino. Ma allora perchè non De Gregorio, che il mandato di cattura l’ha già ricevuto? Intanto si scaldano a bordocampo anche Bocchino (soltanto indagato) e Alfredo Vito che, avendo già patteggiato 2 anni per mazzette, dovrebbe avere partita vinta a tavolino. L’altro giorno, raggiunto al telefono dal nostro Iurillo, Mastella s’è finto il proprio avvocato: temeva fossero i carabinieri. Che poi sono arrivati per davvero. Ma lui ha vibratamente protestato: “Ma come, i carabinieri in casa mia? Non si devono permettere”. Pazienza il camorrista che ha venduto il Suv al figlio. Ma se si sparge la voce che casa sua è frequentata da carabinieri, chiede i danni all'immagine.
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Sabato 24 ottobre 2009
Da Boffo a Augias la strategia del dossieraggio
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VELENI ITALIANI
ben vedere c’è stata una anteprima: “Velina ingrata”, titolò Libero, e in prima pagina la foto di Veronica Lario in topless. Era nata la stagione del “giornalismo vendicativo”, quello che prima sceglie i bersagli (magari nemici di Berlusconi) e poi cerca le notizie, e non viceversa. Ad agosto Vittorio Feltri passa a Il Giornale. Il primo obiettivo è Dino Boffo, direttore di Avvenire, reo di
aver permesso critiche alla condotta del premier sul caso Papi. Viene crocifisso a una sentenza di condanna per molestie e a un sospetto di omosessualità. Il secondo bersaglio? Il direttore di La Repubblica Ezio Mauro: ha fatto le dieci domande al premier, ma ha anche comprato una casa in nero. Finisce sulla prima pagina di Libero e il Giornale: il problema è che l’articolo era vecchio di tre anni. Di nuovo Feltri parte
all’attacco di un altro avversario del premier, Fini. Due editoriali di critica. Poi, nelle ultime righe del secondo un colpo di coda venefico: si parla di “un dossier a luci rosse” che coinvolge un esponente di An. Chi? Fini non ha dubbi, querela. D’estate sul Giornale si era parlato di presunte escort di D’Alema (in realtà solo di un suo conoscente) ora si passa a Marrazzo. Anche qui con un dubbio. Il fatto è di luglio, chi decide il timing?
RICATTO & PALAZZO
Politica e giornali, intrigo continuo di Peter Gomez
ono stato facile profeta quando ho previsto che l’imbarbarimento provocato da una ben precisa campagna di stampa avrebbe messo in moto una spirale che va assolutamente arrestata ”. E inutile girarci intorno. Il caso del presidente della regione Lazio, Pietro Marrazzo, ricattatto con un filmino hard, porta alla mente questa frase, pronunciata da Silvio Berlusconi a inizio estate. Anche perché, come “Il Fatto Quotidiano” è in grado di rivelare, almeno da un
“S
Da un mese la voce girava, il tape offerto ad alcuni quotidiani Il premier disse: ci sarà una spirale
mese i palazzi della politica romana sapevano che era stato messo in circolazione un video del genere. Intorno al 25 settembre, infatti, una persona legata ambienti di governo - che oggi chiede l’anonimato - aveva spiegato ad alcuni giornalisti come le fossero state offerte delle immagini in cui compariva Marrazzo. “Io non le ho viste ”, assicurava la fonte, “ma, chi mi ha contattato mi ha detto che è ripreso assieme a due trans e che si vede pure della cocaina. Vedrai, finirà che il video verrà messo su internet”. Sul momento la notizia sembrava poco più che un pettegolezzo. Marrazzo già nel 2005 era stato pedinato da due investigatori privati legati a uomini dell’ex governatore di centrodestra Francesco Storace. E già allora i due detective, poi arrestati, avevano in animo di assoldare un transessuale per incastrare l’ex conduttore di “Mi manda Raitre”. Quella su Marrazzo aveva insomma l’aria di essere solo un cavallo di ritorno: una delle tante voci maligne, basate su circostanze
parzialmente vere, messe in circolazione da quando i media berlusconiani avevano lanciato la loro campagna di autunno. Il loro assalto contro chiunque avesse osato incalzare il premier sullo spinoso tema delle ragazze a pagamento ospiti delle sue residenze. Invece era tutto vero. Per questo adesso adesso le letture possibili dell’accaduto si moltiplicano. E il ricatto a Marazzo assume dei contorni diversi dalla semplice storia di quattro carabinieri “mele marce” che tentano di estorcere denaro al governatore di centrosinistra dopo averlo sorpreso assieme a un viado. Se lo scopo dei militari infedeli, subito arrestati dai loro colleghi, era solo quello di far soldi, perché il filmato è stato immediatamente proposto a consulenti di politici e pure a dei giornali? È un fatto che la grande stagione dei dossier si sia aperta subito dopo l’esplosione del caso di Patrizia D’Addario, la escort di Bari che aveva trascorso una notte a Palazzo Grazioli registrando di nascosto la voce del premier. È allora che, dopo il primo momento di sbandamento, i media vicini al Ca-
di Wanda Marra
DISCRIMINAZIONI
FARINA: OBESOFOBIA PEGGIO DELL’OMOFOBIA M
eglio obesi che omosessuali. Non lo dice proprio così Renato Farina mentre racconta sul Giornale un caso di “obesofobia” come lo definisce lui. Ovvero di “persecuzione degli obesi”. “Tolgono i figli agli obesi ma i gay possono adottarli” è il titolo del pezzo, che parte in prima pagina. I fatti, messi insieme da Betulla: in Scozia, a Dundee, i servizi sociali hanno portato via ai genitori (140 chili e passa lei, 110 lui), un figlio appena nato; dei precedenti sei, tutti sul quintale, tre sono già stati portati via e altri stanno per esserlo. A questo punto Farina si lancia in una sorta di
valiere passano al contrattacco, centellinando con sapienza le rivelazioni. A fine giugno su “Il Giornale” viene rilanciata una vecchia inchiesta che nel 2000 aveva portato alla scoperta di un giro di squillo frequentatrici di uomini dell’entoura-
appassionato pamphlet con affermazioni del tipo: “Nessuno qui vuole consigliare alla gente di portarsi addosso rotoli di lardo”, però “questo zelo per il corpo perfetto” è “un’obesità morale”. E poi, “se i diritti morali si misurano a peso, i grassoni dovrebbero averne di più”. Dopo questa difesa dei ciccioni, Farina si lancia in un accostamento (gratuito?) con gli omosessuali. “La sfortuna della coppia di ciccioni è che non sono dello stesso sesso”. Perché “se una donna desidera una ragazza e se la prende, si grida: viva i sentimenti. Se poi adottano un bimbo, ecco il giurista: è un diritto”.
ge di Massimo D’Alema. Ma, per il momento, non si racconta ancora come nella stessa indagine spunti pure fuori il nome di uno stretto collaboratore di Gianfranco Fini, il presidente del Senato, vero avversario del capo del Governo. La storia resta invece in un cassetto per poi essere pubblicata in settembre, quando prendono a circolare pure i primi veleni su Marrazzo. Così Berlusconi, a fine giugno, con chi gli chiede lumi sulle notizie pubblicate a tutta pagina dal quotidiano di famiglia, sembra prendere formalmente le distanze dagli articoli. Ma intanto lancia un messaggio nemmeno troppo criptico: “Da editore ho stracciato molti servizi e molte fotografie”. Come dire: quello che è finito nel cestino, si può sempre recuperare. Emilio Fede è poi ancora più esplicito. Per lui,
i precedenti Silvio Berlusconi La registrazione per accusare Di Pietro
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nche il Cavaliere fa i conti con nastri imbarazzanti. Sia da testimone che da vittima vittima. Nel ‘95 è lui a registrare Antonio D’Adamo per spingerlo ad accusare Di Pietro. Poi, prima d’incrociare Patrizia D’Addario, scopre il rischio rappresentato da un’amica: Antonella Troise. E al telefono dice: “Sta diventando pericolosa”
Lorenzo Necci I “segnali” di Mr. Ferrovie
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icco di messaggi intimidatori ai politici”.È questa la definizione data dai magistrati a un verbale dell’ex presidente delle Ferrovie, Lorenzo Necci, oggi scomparso. Dopo l’arresto, il 22 settembre 1997, Necci fa i nomi di big di destra e di sinistra. Non li accusa di niente. Ma, per i pm, usa la giustizia per lanciare avvertimenti.
Marco Tronchetti Provera I conti correnti segreti alla Banca del Gottardo
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el 2003 sulla e-mail della presidenza di Pirelli arriva un messaggio anonimo nel quale si parla “dei rilievi mossi dalla Banca di Francia sulle operazioni tra Pirelli e la Banca del Gottardo”. Un dipendente della banca minaccia di rivelare tutto se Pirelli non lo avesse aiutato in una lite con la Banca. Pirelli denunciò il ricatto.
Fabrizio Corona Calciatori e star nella sua rete
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iene arrestato nel 2007 con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'estorsione,[6] nell'ambito dell'inchiesta di Potenza denominata "Vallettopoli". Resta in prigione 77 giorni. Poi finisce ai domiciliari. Coinvolti, tra gli altri, Francesco Totti, Bobo Vieri, David Trezeguet e Adriano.
La Bicamerale Il “compromesso opaco” del ‘97
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el ‘97 destra e sinistra danno vita alla Bicamerale per le riforme che quasi subito tenta di “legare” la magistratura. Gherardo Colombo, allora pm, spiega in un’intervista come “il compromesso opaco” sia alla base della Seconda Repubblica: “Perché la società del ricatto trova la sua forza in ciò che non è stato scoperto”.
il muoia Sansone con tutti i filistei è quasi un passaggio obbligato. Il 21 giugno il direttore del Tg4 spiega che ormai si è “sorpassato il limite” e, vagamente minaccioso, considera: “Ma tutti questi segugi che scavano alla perenne ricerca del torbido. Siamo sicuri che abbiano la coscienza a posto? Hanno tutti armadi senza scheletri? Li vogliamo aprire?”. Il resto è noto. Non appena “Il Giornale” cambia direzione Vittorio Feltri, grazie alla fotocopia di una sentenza di condanna per minacce telefoniche e una lettera anonima - spacciata per un documento giudiziario - rivela la presunta omosessualità di Dino Boffo, il direttore di Avvenire reo di aver criticato (blandamente) i comportamenti del premier. Poi se la prende col direttore di Repubblica, Ezio Mauro, che finisce nel mirino del quotidiano di via Negri per l’acquisto di un appartamento, forse pagato in parte in nero. Si tratta di una storia già pubblicata. E oltretutto è notizia che per anni è stata tenuta ferma in attesa di essere utilizzata nel momento più opportuno. La vicenda dell’appartamento di Mauro, infatti, è al centro di una conversazione telefonica del 17 gennaio del 2002 tra l’ex ministro pluripregiudicato Paolo Cirino Pomicino (collaboratore de “Il Giornale”) e un’amico, un ex manager dell’Eni già coinvolto come lui in Mani Pulite. Quel giorno Pomicino, senza sapere che gli apparecchi sono sotto controllo, lo ascolta raccontare tutto. E lo sente dire: “Non so quanto vale la polemica che c’è in giro adesso, se valesse qualcosa tu sappi che c’abbiamo tutta sta roba”. Traduzione: mettiamo il dossier in un cassetto e tiriamolo fuori al momento opportuno. Sette anni dopo, a essere svuotati non sono più solo i cassetti. Ormai si è arrivati agli armadi.
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Quando Storace spiava il candidato governatore
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VELENI ITALIANI
on è la prima volta che Marrazzo diventa vittima di un’incursione nella sua vita privata. Era già successo alla vigilia delle Regionali 2005 quando correva per la carica di Governatore. La vicenda è nota come "Qui, Quo e Qua", dove Qui stava per Alessandra Mussolini, Quo per Piero Marrazzo e Qua per Gianpiero Antonioli, un
uomo dello staff di Storace. Con i tre nomi disneyani alcuni degli arrestati nell'inchiesta sui detective privati corrotti e sulle intercettazioni abusive definivano gli oggetti del presunto 'spionaggio' politico prima delle elezioni regionali nel Lazio. Le indagini e l'esito delle intercettazioni fatte dagli inquirenti portarono a dimostrare che l'incarico di investigare sui tre personaggi venne
Nella bufera: il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo
"affidato" alla fine di febbraio 2005 a Pierpaolo Pasqua, titolare della Security Service Investigation, "da un soggetto inserito presso la Regione Lazio ed interessato all'esito delle elezioni regionali del Lazio che si sono svolte il 3 e 4 aprile 2005”. Il committente fu individuato in Niccolò Accame, portavoce dell’allora Governatore del Lazio, Francesco Storace.
L’IMBARAZZO NELL’ARMA
QUELLO SCONTRO SFIORATO CON I “RIVALI” DELLA POLIZIA
(FOTO GUARDARCHIVIO)
di Francesco Bonazzi
e Carlo Tecce l film da incubo che priIstoma dell’estate hanno vii vertici dell’Arma era
Marrazzo, video con trans “Coca per inscenare l’estorsione” Arrestati 4 carabinieri, hanno contattato il fotografo del caso-Sircana per vendere il filmato di Francesco
Bonazzi e Marco Lillo ra da quattro anni che Piero Marrazzo rischiava di finire nel mirino di ricatti e spionaggi politici. La colpa è di relazioni sessuali che avrebbero potuto renderlo facilmente ricattabile e gettare la sua carica pubblica nel tritacarne dei dossier, delle intercettazioni e dei video. Sì, anche dei video, perchè nonostante ieri il presidente del Lazio ne avesse ancora smentito l’esistenza, dal decreto che ha disposto la perquisizione del 21 ottobre, firmato dalla Procura di Roma, emerge chiaramente che è stato lo stesso Marrazzo a parlarne con gli ufficiali del Ros dei carabinieri che indagavano sui colleghi. I quattro carabinieri arrestati, Luciano Simeone (30 anni), Carlo Tagliente (29), Antonio Tamburrino (28) e Nicola Testini (37) avrebbero girato un video durante l’irruzione nella casa del transessuale e, secondo l’ipotesi degli investigatori, avrebbero addirittura peggiorato la già pessima scena di Marrazzo in mutande spargendo un po’ di cocaina
E
L’investigatore che lo spiò nel 2005 rivela al “Fatto”: una fonte ci confidò che frequentava un viados
qua e là. Poi, per rendere il tutto più credibile, avrebbero messo anche il tesserino del presidente vicino alla droga. Come nei peggiori film. L’identità del transessuale è ancora tenuta coperta, ma se il suo nome d’arte fosse Veronica, allora si aprirebbero scenari davvero inquietanti. Perché la vicenda di oggi sarebbe un seguito di quanto già emerso nel 2005 dagli atti dell’inchiesta Laziogate. Tra gli obiettivi dello spionaggio politico degli investigatori Pierpaolo Pasqua e Gaspare Gallo c’era anche Piero Marrazzo. “Il Fatto Quotidiano” ieri ha intervistato l’uomo che si occupò della pratica Marrazzo: Pierpaolo Pasqua, preoccupatissimo di chiarire che “io non c’entro nulla con la storia di oggi, e mi dispiace per Marrazzo anche se probabilmente ne trarrò beneficio dal punto di vista processuale. Perché, se quello che leggo sui giornali è vero, si dimostra che non eravamo stati noi a volere mettere nel letto del presidente della regione il viados”. Ma come andò allora? “Una nostra fonte che ritenevamo molto credibile ci disse che Marrazzo aveva una relazione abbastanza frequente con un transessuale, che aveva come nome d’arte Veronica. La fonte ci diede anche il suo telefono che però”, ricorda ancora Pasqua, “risultava intestato a una persona molto più anziana (M.P., ndr)”. Incaricai il mio collega Garbelli di chiamarla e lui la contattò fissando un appuntamento spacciandosi per un cliente qualsiasi”. Secondo quello che risulta al Fatto,
l’appuntamento fu dato in una palazzina di Roma, al quartiere Trionfale. A questo punto, siamo sempre nel 2005, succede che il gioco evidentemente si fa troppo sporco, o pericoloso, perfino per questo pugno di arditi fan di Storace. “Effettuare un controllo della palazzina era troppo costoso. Abbiamo deciso di lasciar perdere anche erché si trattava di un’operazione che entrava troppo nella privacy di Marrazzo. Così, io in quella palazzina non ci sono andato e neppure abbiamo fatto appostamenti per vedere se e quanto ci andava Marrazzo”, giura oggi Pasqua. E se qui si fermano i ricordi dei protagonisti del “Lazio Gate”, non si fermano però le coincidenze. Pasqua non lo dice e anzi lo nega, ma c’è un filo rosso che potrebbe legare la storia di ieri e quella di oggi. “Certamente sono stato indagato a lungo dai Carabinieri”, spiega Pasqua, “e io abito in una zona di competenza della Compagnia Trionfale, la stessa alla quale appartengono i carabinieri che sono stati arrestati ieri. Mi è venuta in mente questa coincidenza quando ho letto i giornali”. Insomma Pasqua lascia intendere che proprio qualche carabiniere della compagnia Trionfale, seguendolo, abbia pescato il jolly dell’appartamento di Veronica. E che magari abbia pensato di poterne fare una gallina dalle uova d’oro. Oggi questa è una pura supposizione non ancora suffragata da elementi concreti, ma gli interrogatori previsti per oggi potrebbero far chiarezza su come i quattro
carabinieri siano incappati in quella che pensavano potesse diventare la loro fortuna. La disinvolta frequentazione di transessuali, se fosse provata, sarebbe certamente un atto imprudente per un politico e ancora di più se reiterato dopo le precedenti esperienze, proprio sotto campagna elettorale, come quattro anni fa. L’altra coincidenza davvero impressionante è che il “Quartetto del video” abbia provato a rivendere il materiale ricattatorio allo stesso fotografo dell’agenzia di Corona, che aveva pescato il portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana, in una piccola tournè notturna lungo i marciapiedi della Salaria.
questo: la Polizia che arresta quattro carabinieri, li accusa di aver ricattato il presidente della regione Lazio e salva la democrazia aprendo la strada alla svolta che molti sognano da tempo. Mettere i Carabinieri sotto il mancipio del Viminale. E invece, alla fine non è andata così per una pura combinazione, nonostante Piero Marrazzo sia ottimo amico di Antonio Manganelli, il capo della Polizia. Contro ogni logica e prudenza da “civil servant”, è successo che Marrazzo era nel pallone e non aveva parlato con nessuno di quello che stava subendo dai quattro investigatori del nucleo operativo della compagnia Trionfale. Per sua fortuna, i Ros dei carabinieri stavano indagando sul quartetto per una presunta sparizione di droga e hanno scoperto che i colleghi forse stavano ricattando Marrazzo. Secondo quanto risulta al “Fatto”, il generale Ganzer ha fatto avvisare con tatto il presidente e lo ha convinto a farsi aiutare.
Ottimi i rapporti del governatore con Manganelli Ma sono i Ros a scoprire l’intrigo
PERQUISITO “IL GIORNALE”
Sesso, Feltri e videotape
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Certo, anche ricostruitacosì, resta una storia ingarbugliata e imbarazzante per tutti i suoi protagonisti. Il generale Vittorio Tomasone, comandante provinciale di Roma, la spiega così: “L'indagine è partita da noi e ora dobbiamo chiarire le responsabilità di ciascuno”. Il presidente è stato chiamato e ascoltato e in pochi giorni - gli investigatori hanno scoperto che dietro quelle voci di ricattatori c'erano quattro sottoufficiali. I quattro carabinieri sono da giovedì in carcere e questa mattina il gip Sante Spinaci valuterà la richiesta di conferma del fermo e la contestuale ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte dei pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli. Oltre al video di alcuni minuti - già visionato dalla Procura - i quattro dovranno rispondere di rapina (soldi sottratti dal portafoglio di Marrazzo), violazione della privacy (avrebbero tentato di vendere il filmato a diverse agenzie italiane). Ci sono tracce di quattro assegni circolari per un ammontare di 50mila euro staccati da Marrazzo, ma non incassati e quindi proprabilmente usati come cambiali. Il presidente continua a negare l'esistenza del video, anzi ringrazia i carabinieri per il lavoro svolto. Ma nell'Arma c'è tensione: “Gli arrestati sono quattro mele marce che abbiamo immediatamente scoperto e isolato dall’istituzione alla quale non sono degni di appartenere», aggiunge Tomasone. Cancello sbarrato e silenzio forzato per la compagnia Trionfale: il maggiore non vuole interpretazioni, non vuole rischiare fughe di notizie. Chi esce anche per un caffè, deve giustificarsi. Tra i carabinieri non si parla d'altro, e c'è chi spera che «i quattro non la facciano franca, che siano messi davanti alle loro responsabilità”. “Fatto circoscritto”, Tomasone l'ha ripetuto più volte perché teme uno scollamento interno e, forse, che gli ufficiali abbiamo perso il controllo dei marescialli. Una paura che hanno anche al Comando generale, visto che sempre più spesso, quando c’è una procedura disciplinare interna per fatti gravi, capita che gli accusati ottengano un’interrogazione parlamentare che mette sotto schiaffo la sezione disciplinare di turno.
uel video su Marrazzo girava da tempo ed era in commercio per il miglior offerente. I quattro carabinieri arrestati volevano vendere il filmato ai media e la Procura di Roma pensava fosse nel cassetto di Vittorio Feltri. Così un maggiore e due carabinieri, mercoledì scorso, si sono presentati nella redazione di via Negri con un ordine di esibizione documenti: cercavano una videocassetta che “riguardava il governatore”. Feltri e il condirettore Alessandro Sallusti, per una volta, sono letteralmente caduti dal pero.“Ci accusavano di possedere un video su Marrazzo, ci davano una notizia - dice Sallusti - ma noi ne ne sapevamo nulla. Ci incolpano di campagne denigratorie, ora vogliamo ribadire che in questa faccenda ci siamo comportati con tanta correttezza che abbiamo preso addirittura un buco”.
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Sabato 24 ottobre 2009
Da Mi manda Raitre alla Pisana inseguito da Qui Quo Qua
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VELENI ITALIANI
ato a Roma nel 1958, Piero Marrazzo segue le orme del padre Giuseppe e diventa anche lui giornalista. Prima inviato di cronaca del Tg2, poi responsabile della testata regionale Toscana, quindi conduttore di alcune trasmissioni tra le quali “Mi manda Rai3” dedicata ai problemi dei consumatori. Nel novembre del 2004 accetta di
candidarsi alla carica di presidente della regione Lazio, governata da Francesco Storace. Marrazzo viene illecitamente sorvegliato, con l’’operazione “Qui Quo Qua”. è sostenuto da una coalizione di centro-sinistra, vince le elezioni nell’aprile del 2005 con il 50.7% dei voti. Durante il suo mandato, in scadenza nel marzo del 2010, ha dovuto affrontare l’enorme
indebitamento della sanità. Dopo aver assunto ad interim l’assessorato di riferimento, nel luglio del 2008 è stato nominato dal Governo commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro. Sua la decisione di chiudere l’unico ospedale del centro di Roma, il San Giacomo: una scelta che ha generato numerose polemiche.
IL CALVARIO DI PIERO
La lunga giornata: “È una bufala” (di mattina) “No comment” (la sera). E poi: “Non mi dimetto” di Luca Telese
ppena viene a sapere che i giornali aprono sulla notizia del video che lo riguarda, e che ipotizzano un tentativo di ricatto (con pagamento di 50mila euro) da parte di quattro carabinieri, Piero Marrazzo chiama la moglie e le due figlie per rassicurarle: “È un’infamia contro di me”. Poi, nella mattinata, mentre tutte le ipotesi iniziano a turbinare nell’aria, si decide a vergare una prima dichiarazione ufficiale: “E' stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala. Sono amareggiato e sconcertato - dice per come, a pochi mesi dalle elezioni, si tenti di infangare l’uomo Marrazzo per colpire il presidente Marrazzo». Ma il tempo passa, e la giornata invece sembra non finire mai. È un tritacarne. Subito dopo pranzo un nuovo lancio dell’Ansa conferma: “C’era un transessuale nel video”. È una conferma che si aggiunge a tutte le voci che arrivano dagli inquirenti. E gli assegni che sarebbero stati utilizzati per il pagamento? Il governatore sembra granitico: “Non ero informato dei fatti, non sono stato oggetto di ricatto e tutte le altre illazioni di cui ho letto, a mio giudizio sono false". Il calendario della giornata, pieno di impegni istituzionali, pare fatto apposta per disegnare un calvario. La mattina un convegno con degli ecclesiastici, nel primo pomeriggio un incontro a Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi, in serata una inaugurazione all’Auditorium. Su internet e sulle agenzie si abbatte un diluvio di dichiarazioni, quasi tutte solidali. Ma dietro le solidarietà di facciata anche nel Pd sono molti gli interrogativi che in off records si rincorrono sul governatore. Marrazzo si dimetterà in ogni caso? Arriverà a fine mandato? Oppure punta ancora alla ricandidatura? Smentirà i dettaglio? Correggerà il tiro? Alle 15.00 un altro colpo di scena. L’ufficio stampa della regione inizia un giro di chiamate ai giornalisti che stanno seguendo il caso: “Il presidente sarà a Palazzo Chigi fra breve. Dirà in quell’occasione cosa pensa”. L’interrogativo più dolente, forse, è quello sui quattro assegni che agli inquirenti risultano staccati dal suo carnet. Di mattina Marrazzo aveva detto: “Non c'è stato alcun pagamento, nè accordo. Non sono mai stato contattato". A Palazzo Chigi. Ma davanti a Palazzo Chigi, in un turbine impressionante di telecamere, Marrazzo decide sorprendentemente di non rispondere a
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nessuna domanda. Legge da un foglio di carta una dichiarazione vergata e controllata, riga per riga e parola per parola, con i suoi legali e con i suoi consulenti per la comunicazione: "Quanto e' successo esordisce - è un atto di una gravità inaudita e dimostra che nel nostro Paese la lotta politica ha raggiunto livelli di barbarie intollerabili. Non è la prima volta che si scatena contro di me un attacco che mi
colpisce personalmente e politicamente”. La famiglia. Poi il tono cambia. La voce si incrina, visibilmente rotta dall’emozione: “Ho una famiglia alla quale tengo piu' di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze". Poi il tono ritorna controllato, e le ultime parole sigillano la nuova linea difensiva: "Da questo momento, dell’argomento parleranno esclusivamente i miei legali". Infine l’ultimo tocco: "Mi auguro si arrivi al più presto al chiarimento di tutti gli elementi di questa vicenda che definirei surreale e di cui vi ricordo sono vittima". I cronisti che si chiudono intorno a lui provano a fare domande, ma appare subito chiaro che il governatore non intende dire una parola di più. Inforca il portone di Palazzo Chigi. Quali sono le differenze rispetto alla linea di condotta tenuta prime ore? Semplice: da una prima fase in cui contestava nel merito la versione degli inquirenti, Marrazzo passa al no
comment. Ma regala alle tv il video della sua autodifesa. È evidente che in queste ore, tutto quello che emerge dalle indagini si intreccia con i destini del centrosinistra nel Lazio. Il centrodestra lo tratta rispettosamente. Ma passando ai raggi X le unanimi dichiarazioni di solidarietà (umana) si trovano anche diversi distinguo (politici). Uno, decisivo, è quello di Dario Franceschini: “I ragionamenti sugli effetti di questa vicenda in vista delle elezioni regionali - dice il segretario del Pd - sono prematuri”. E che dire del leader dell’Udc, Pierferdinando Casini? ''Non so come sono andate le cose - dice ma deve essere chiaro che in nessun caso dovrebbe essere possibile, per un uomo politico, accettare un
VLADIMIR LUXURIA
“SPIEGATEMI PERCHÈ CON UN TRANS NO, MA CON UNA MINORENNE SÌ” di Alessandro
spetti... aspetti. Mi fac“A cia capire bene: ancora una volta sta passando la linea-Sircana?” Cioé? “Beh, la tesi secondo la quale se il soggetto protagonista è un trans c’è l’aggravante; al contrario se si parla di una minorenne scatta l’attenuante”. Neanche urla l’ex on. Vladimir Luxuria. Il tono non corrisponde alle parole: le pronuncia con una voce sottile, poche incline a sfumature, avvilita. Teme strumentalizzazioni su un mondo che da anni cerca di portare fuori dal cono
Il governatore da Palazzo Chigi: “Ho una famiglia da preservare”. Casini: “Ai ricatti non si può cedere” ricatto”. Il cuore del ragionamento, insomma, si spostato su un piano sdrucciolevole per Marrazzo. E Massimo D’Alema? "Non saprei come commentare, al di là ovviamente della solidarietà personale per chi si trova al centro di un tentativo di ricatto, di estorsione. Per il resto - dice l’ex ministro degli esteri - c'è un'indagine della magistratura. L'auspicio è che si faccia chiarezza su tutti gli aspetti di questa vicenda". Pierluigi Bersani invita il governatore a svolgere “serenamente il suo lavoro contando sull’affetto di tutto il partito”. Ma forse lo stato d’animo del partito profondo lo esprime il pensiero che un dirigente del calibro di Giuseppe Lobefaro lascia sul suo sito Facebook: “Se il video è vero, Marrazzo se ne deve andare”.
Ferrucci
d’ombra. Anche a rischio di partecipare alI’Isola de famosi... Sì, ma qual è la sua idea della vicenda? “Che dopo essere stata crocifissa per aver partecipato a un reality, adesso si cercano solo notizie di gossip per fare politica. Guarda caso mancano pochi mesi alle regionali e ora si stanno decidendo alleanze e candidature”. Quindi a lei non interessa... “Non amo la sindrome Monica Lewinsky; non mi appassionano le scrivanie presidenziali...”. In questo caso, però, alcuni parlano di assegni pagati da Marrazzo ai quattro carabinieri per mettere a tacere la storia. Anche se lo stesso smentisce... Silenzio. Ancora silenzio. “Ah sì. Davvero?. Vabbè, comunque il problema è più generale è tocca la sfera morale del nostro sistema. La nostra è una società in forte crisi, comunque”. Però anche curiosa. So-
prattutto quando si parla di scappatelle con i trans. Perchè secondo lei? “Per il giudizio morale intrinseco. Si ricorda la barzelletta sul contadino pizzicato durante un rapporto sessuale con un maiale? Chi scopre domanda al ‘pizzicato’: ‘Ma almeno, è un maiale maschio o femmina?’ ‘Femmina...’. ‘Ah, meno male’”. Lei ha anche raccontato di aver ricevuto numerose proposte da colleghi parlamentari... “Numerose mi pare eccessivo. Alcune sì”. Esplicite e no? “Sorrisi, ammiccamenti, qualche invito. Noi siamo ghettizzati solo in apparenza. Certo, nessuno si è fatto avanti per un appuntamento Però non mi chieda da chi ho ricevuto queste proposte, perché non lo rivelerò mai!”. Comuqnue, negli ultimi anni, l’argomento trans è salito alle cronache. Sembra quasi ci sia un interesse maggiore; una maggiore curiosità da parte degli uomini... “Ma no. È sempre stato così. Dai tempi dell’Antica Grecia in poi c’è una vasta letteratura che racconta di rapporti con i trans. È solo una coincidenza, anche politicamente strana. Ribadisco sono forme ricattatorie vergognose”. È simile il suo giudizio su Berlusconi, Noemi, la D’Addario... “Come le ho detto all’inizio: se uno esce con una minorenne sotto sotto viene assolto. Sono sicura: tra quelli del Pdl ci sarà qualcuno che prima o poi dirà: ‘Almeno Silvio va con le donne!’”. Già fatto: è il secondo commento alla vicenda Marrazzo da parte dei lettori della pagina web del quotidiano Libero.
IN MEMORIA DI LOMBARDI
UN CONVEGNO DI COMBATTENTI i dispiace di dover morire. Sono curioso di sapere come andrà a finire”. Riccardo Lombardi, padre del socialismo italiano, scriveva così in una delle sue ultime lettere. Venticinque anni dopo lo ricordano alcuni suoi allievi di un tempo. De Michelis, Cicchitto, Valdo Spini, la Boniver. “Un convegno di reduci e combattenti”, scherzano. “Ma a combattere è rimasto solo Cicchitto”, aggiunge De Michelis. Lui non ha dubbi: “Lombardi? Oggi sarebbe come noi, un cane perduto senza collare”. Cicchitto, invece, non
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si arrischia in paragoni: “Era già a disagio nel 1984, figuriamoci oggi”. Peccato che le parole che ha scelto per ricordarlo siano zeppe di riferimenti alla (sua) attualità: i comunisti, il furore ideologico, lo stalinismo imperante, perfino gli attacchi del gruppo Espresso a Craxi. Nella platea, sguardi perplessi. Lui continua a combattere. Non è un cane perduto, si tiene stretto il collare. Meno male che Lombardi non ha visto come è andata a finire. Paola Zanca
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La reazione del senatore: “Tutte cazzate”
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MAFIE
er Dell’Utri quelle di Spatuzza “sono tutte grandi cazzate di cui per fortuna riesco ancora a ridere”. Ma dalle risate si passa presto ad una riflessione seria: “C’é tutta un’organizzazione - dice il senatore - per dare rilevanza mediatica a delle banalità: evidentemente ci sono obiettivi superiori.
Quando tutto sarà finito ci sarà da fare una riflessione su come sono state condotte alcune inchieste nel nostro Paese. Perché i magistrati, invece di perdere tempo con me, non indagano su chi ha fatto le stragi?”. La bordata è contro i magistrati dei processi per la strage di via D’Amelio: “I tre processi per l’eccidio di Borsellino - attacca il
senatore - pare siano stati un fallimento e non potrà passare sotto silenzio. E invece se la prendono con me e i carabinieri”. Eppure se quei processi sono un fallimento, ciò si deve proprio alle parole di Spatuzza, che ha ridisegnato la dinamica della strage, attribuendosi il furto dell’autobomba e smentendo Scarantino.
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“Trattativa con Berlusconi fino al 2004”
INGROIA
Serve una Procura mondiale
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na super Procura mondiale che coordini le indagini sulle attività criminali mafiose ormai globalizzate. Lo ha proposto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. “Le strutture attualmente presenti, come l’Eurojust, all’Aja, sono molto deboli, con pochi poteri”.
Processo Dell’Utri: i verbali del pentito Spatuzza di Giuseppe Lo Bianco
Palermo
raviano era esultante: mi disse ‘abbiamo avuto quello che volevamo, abbiamo il Paese in mano perchè abbiamo persone serie, come Berlusconi e il nostro ’paesano’, non come quei ‘crastazzi’ dei socialisti”. E chi è il ‘paesano’? “Dell’Utri”. Parola di Gaspare Spatuzza, stragista fedelissimo dei boss Graviano di Brancaccio, e neo-pentito che, dopo avere messo in dubbio la dinamica della strage in cui morì Borsellino, alza il tiro delle sue rivelazioni che irrompono nel processo d’appello a Marcello Dell’Utri condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. E dall’archivio segreto di Massimo Ciancimino salta fuori un’altra lettera, questa volta scritta probabilmente da suo padre, don Vito, indirizzata “per conoscenza” al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e datata quindi 1994, con cui l’ex sindaco mafioso ribadisce la richiesta per conto dei corleonesi di “una rete televisiva”, minacciando di “uscire dal mio riserbo che dura da anni”, e alludendo ad
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un evento che potrebbe verificarsi “sia in sede giudiziaria che altrove”. Con un colpo di scena è il pg Nino Gatto, autore di una requisitoria in fase già avanzata, a chiedere la sospensione del dibattimento per interrogare in aula Spatuzza, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e Cosimo Lo Nigro, altro boss stragista di Brancaccio, presente al colloquio, dopo avere depositato una settantina di pagine di un verbale redatto il 6 ottobre scorso nel quale Spatuzza fa i nomi del presidente del Consiglio e del senatore palermitano. Presente tra i banchi, Dell’Utri la prende ironicamente “sono tutte cazzate, è un teatrino che mi fa divertire, i Graviano non li ho mai conosciuti”. Accanto a lui esplode la reazione dei suoi difensori: “È stata una forzatura della Procura - ha detto l’avvocato Pino Di Peri - posso anticipare che ci opporremo alle citazioni”; e da Roma si mobilita anche Niccolò Ghedini: “Dichiarazioni prive di fondamento e di riscontro per le quali si procederà in ogni sede”. Ma che dice Spatuzza? Il pentito racconta due incontri con Giuseppe Graviano, uno a
Campofelice di Roccella, nel palermitano, dopo le stragi del ’93, l’altro a Roma, al caffè Doney in via Veneto, nel gennaio del ’94: lì Spatuzza capì che il capomafia stava trattando con la “politica”, trattativa durata, secondo Spatuzza, sino al 2004. “Voglio precisare racconta il pentito - che quell'incontro (il primo, ndr) doveva essere finalizzato a programmare un attentato ai carabinieri da fare a Roma. Noi avevamo perplessità perché si trattava di fare morti fuori dalla Sicilia. Graviano per rassicurarci ci disse che da quei morti avremmo tratto tutti benefici, a partire dai carcerati. In quel momento io compresi che c’era una trattativa e lo capii perché Graviano disse a me e a Lo Nigro se noi capivamo qualcosa di politica e ci disse che lui ne capiva”. “Questa
Marcello Dell’Utri
affermazione - ha aggiunto - mi fece intendere che c’era una trattativa che riguardava anche la politica. Da quel momento io dovevo organizzare l’attentato ai carabinieri ed in questo senso mi mossi e individuai quale obiettivo lo stadio Olimpico”. Sulla fallita strage dell’Olimpico (100 chili di tritolo contro un pullmann dei carabinieri) ha indagato a lungo la Procura di Firenze con il pm Gabriele Chelazzi, che ha datato quell’evento al 31 ottobre del 1993. Spatuzza adesso lo sposta più avanti raccontando l’incontro in via Veneto: “Graviano - dice il pentito - era molto felice, disse che avevamo ottenuto tutto e che queste persone non erano come quei quattro ‘cristi’ dei socialisti. La persona grazie alla quale avevamo ottenuto tutto era Berlusconi e c’era di
Il pm chiede la sospensione del dibattimento Intanto spunta una nuova lettera di Don Vito Ciancimino
mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri”. “Io non conoscevo Berlusconi - aggiunge - e chiesi se era quello di Canale 5 e Graviano mi disse sì. Del nostro paesano mi venne fatto solo il cognome, Dell'Utri, non il nome. In sostanza Graviano mi disse che grazie alla serietà di queste persone noi avevamo ottenuto quello che cercavamo. Usò l’espressione ‘ci siamo messi il Paese nelle mani’”. Dopo l’incontro Spatuzza ebbe il via libera per l’attentato all'Olimpico che avrebbe dovuto riscaldare il clima della trattativa. L’attentato poi fallì e non si riprogrammò perché i Graviano vennero arrestati. Ma la trattativa, secondo Spatuzza, durò fino al 2004, come apprese da Filippo Graviano, fratello di Giuseppe, nel carcere di Tolmezzo: “Graviano mi disse che si stava parlando di dissociazione, ma che noi non eravamo interessati. Nel 2004 ebbi un colloquio investigativo con Vigna, finalizzato alla mia collaborazione che, però, io esclusi. Tornato a Tolmezzo ne parlai con Graviano che mi disse: ‘se non arriva niente da dove deve arrivare è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati”.
Papello, Grasso: non potevo conoscere tutte le carte dei pm Il procuratore agli stati maggiori dell’Antimafia: speriamo si risveglino non solo le coscienze dei mafiosi di Antonella
Mascali
el giorno delle dichiarazioni del penNdepositate tito Gaspare Spatuzza su Berlusconi, al processo di Palermo al senatore Marcello Dell’Utri, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, ha scelto il palco degli stati generali dell’antimafia, organizzati da Libera, per respingere le critiche di avere in qualche modo giustificato la trattativa tra mafia e Stato. “Abbiamo ancora fame e sete di giustizia e verità per le stragi del ’92 e del ’93 - ha detto - come si può pensare che io possa in qualche modo giustificare una qualsiasi trattativa tra Stato e cosa nostra, una trattativa che ha messo in pericolo la mia stessa vita”. Grasso ha anche criticato, senza citarli, Luciano Violante e Claudio Martelli: “E come si può accusare di avere parlato troppo tardi su cose di cui tutti avrebbero dovuto essere a conoscenza, se non avessero perduto la memoria? Non si può rimanere sconvolti da rivelazioni che non sono tali”. In conclusione ha lanciato un messaggio a chi, da esponente delle istituzioni, è stato protagonista di quella trattativa indecente con cosa nostra: “È solo grazie a
un mafioso (Gaspare Spatuzza, ndr) che si è autoaccusato della strage Borsellino, e a un figlio di un mafioso, Massimo Ciancimino, che si è alzato il sipario. Speriamo però che non si sia svegliata solo la coscienza dei mafiosi, ma che si svegli anche quella di qualcun altro, per arrivare alla verità”. Nel suo discorso nessun accenno alla lettera, scritta verosimilmente da Provenzano e indirizzata a Berlusconi. Fu sequestrata a Massimo Ciancimino nel 2005, quando Grasso era Procuratore di Palermo, ma è rimasta negli scatoloni fino a pochi mesi fa. Glielo abbiamo fatto notare e con un certo imbarazzo ha spiegato che il capo di una Procura, anche se ha la responsabilità dell’intero ufficio non può sapere il contenuto di tutte le carte che hanno i Pm. Il suo ruolo - è questa la sua tesi - gli impedisce però di scaricare sui colleghi. L’inchiesta nel 2005 era coordinata dall’allora procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone, attuale capo della Procura di Reggio Calabria. Piero Grasso ha poi voluto ricordare che anche in quegli anni Massimo Ciancimino fu interrogato, ma si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere.
Libera
DON CIOTTI: SCACCIATE LA PAURA di Luca de Carolis
residente, grazie di essere qui in un momento non facile”. Don Ciotti guarda fisso Giorgio Napolitano. Poi sferza: “Quanto agli altri politici, perderemmo troppo tempo per citarli tutti”. Il prete di trincea non conosce metafore, e ieri lo ha ribadito dal palco dell’Auditorium a Roma, nella prima giornata degli Stati generali dell’antimafia, di fronte a una platea di giovani, venuti da ogni parte d’Italia per ricordare che sono per la legalità, con i loro jeans, i loro orecchini e la loro voglia di non rassegnarsi. Accolto dagli applausi, Don Ciotti ha respinto le celebrazioni: “Chie-
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diamoci cosa abbiamo fatto contro la mafia, prima di chiedere conto ai politici e alle istituzioni”. Niente sconti a nessuno. Neppure alla Chiesa: “Non ci può essere neutralità verso la mafia, perché la mafia è contro il Vangelo”. Poi ancora calore, per Napolitano: “Grazie per aver ricordato quanto è importante accogliere gli immigrati”. La sala è colma di studenti, come quelli di un liceo scientifico di Ciampino. Li ha portati il professore di religione, che ammette: “Qualcuno mi rinfaccia le nostre iniziative, ma l’entusiasmo dei ragazzi mi ripaga”. Dalle poltrone, i suoi ragazzi seguono senza fiatare. Accanto a loro, giovani venuti da Torino. “La mafia non è solo un problema del Sud, siamo qui per ricordarlo” sibila una ragazza, mentre Don Ciotti chiede di “scacciare la paura”. Napolitano ricorda: “Io e Don Ciotti ci siamo conosciuti a Reggio Calabria, la città di Italo Falcomatà”. Un sindaco di sinistra, ucciso dalla mafia.
STRADE
In calo gli incidenti
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ono stati 22.343 gli incidenti stradali rilevati dall’8 agosto 2009, quando sono entrate in vigore le nuove norme sulla sicurezza stradale: i morti sono stati 582 e i feriti 17.192. Tutti dati in calo rispetto allo stesso periodo del 2008. Nel rapporto tra quest’anno e quello precedente, dunque, gli incidenti sono diminuiti del 7,7%, le vittime del 6,6% e i feriti del 5%.
GIORNALISTI
Minacce a Carlo Tarallo
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na busta contenente un proiettile per kalashnikov é stata fatta recapitare ieri al giornalista Carlo Tarallo, portavoce del sindaco di Portici Cuomo. Nella busta, oltre al proiettile, c’era una lettera: “Questo è quello vero, digli a Enzo che gli vogliamo bene. Tu fai il bravo”. Tarallo ha presentato una denuncia al Commissariato di polizia di Portici. Il sindaco di Portici, rieletto a giugno, ha messo in atto una serie di interventi contro la criminalità, tra cui uno sportello antiracket.
NAPOLI
Celebrati i funerali di Elvis
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ono stati celebrati ieri i funerali di Elvis, il bimbo di 6 anni morto lunedì scorso a Napoli per le esalazioni provenienti dal braciere che la madre aveva acceso per proteggersi dal freddo. Alle esequie hanno partecipato anche i compagni di scuola del bilmbo. La madre è ancora in coma farmacologico in prognosi riservata.
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CAPITALISMO ALL’ITALIANA
CONTINUA LO SCANDALO EUTELIA 1200 PERSONE LICENZIATE Confermati i sospetti sulle motivazioni della cessione del ramo di azienda: ora arriva la mobilità di Beatrice
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icenziati. 1192 lavoratori della società Omega hanno ricevuto due giorni fa la lettera che annuncia l’avvio delle procedure di mobilità. La scorsa settimana il “Fatto Quotidiano” aveva denunciato il rischio che più di duemila persone subissero un licenziamento mascherato dopo la cessione del ramo d’azienda da cui dipendevano. Ora è successo: la società ha avviato la procedura di mobilità collettiva. Ricapitoliamo: i lavoratori erano stati “ceduti” dalla società di telecomunicazioni Eutelia alla Agile, contemporaneamente acquisita da un terzo soggetto, la Omega. Quest'ultima non paga i dipendenti dallo scorso luglio, non si mette in regola per partecipare alle gare, tiene fermi i suoi lavoratori privi anche dell’accesso a Internet. Questi sostengono che la Omega lo faccia di proposito per arrivare al fallimento e che questo fosse il suo compito sin dall'inizio dell’operazione: liberarsi dei dipendenti evitando a Eutelia (società quotata, seconda peggiore a Piazza Affari quest’anno) di pagare 54 milioni di euro di tfr. “La Omega spiega di essere costretta alla messa in mobilità di 1200 persone - spiegano dal sindacato - tenuto conto dell'andamento dell'ultimo triennio. Ma l'acquisizione di Agile, coi suoi 2200 dipendenti, risale a soli tre mesi fa. Se andava male da anni, perchè avrebbe dovuto farsi carico di tante persone? La verità é che non sarebbero mai stati in grado di pagarli. Omega è un'azienda killer che ha l'ordine di disfarsi di un intero ramo aziendale.” La preoccupazione è forte e la situazione sempre più con-
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fusa. Il 7 ottobre un comunicato ha annunciato che Agile e Omega si fonderanno con la società Libeccio, con sede in Inghilterra. Gianni Seccia, segretario Fiom-Cgil di Roma, sostiene che: “Così la proprietà di Agile si svincola dal diritto italiano e si appella a quello inglese, che non prevede ammortizzatori sociali per licenziare i dipendenti”. Eutelia continua a negare le proprie responsabilità, sostenendo che il rapporto con Agile si è limitato alla cessione del ramo aziendale
Da tre mesi i dipendenti erano senza stipendio e privi perfino della connessione Internet
IT (Information Technology) e che nulla sa del trattamento salariale del personale. Nel frattempo, però, i fratelli Landi, vicepresidente e amministratore delegato di Eutelia, restano indagati dalla procura di Arezzo per frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita. A Eutelia, che sostiene di aver ceduto insieme ai dipendenti anche crediti esigibili, commesse, e un sostanzioso portafoglio ordini, risponde un avvocato che segue molti dipendenti in questa vicenda: “Omega continua a perdere gare, grosse commesse e tanti appalti. Sappiamo che molti committenti stanno revocando gli ordini, perchè si stanno preparando sul mercato altre società legate a Eutelia che li rileveranno. Omega lo fa di proposito per fallire e non pagare i tfr”. L'avvocato aggiunge la sua lettura della recente procedura di mobilità annunciata da Omega: “Questo comportamento aziendale è nevrotico, sclerotico. La lettera che è stata
inviata non è scritta su carta intestata, è anomala. Sembra un'iniziativa autonoma dell'amministratore unico. Quella dei dipendenti Agile-Omega è una morte annunciata. Ma non credo arriverà tramite la mobilità. Ritengo invece che sia una tecnica per disorientare perchè, a mio parere, la società sta per dichiarare il fallimento, così da non pagare proprio nulla ai dipendenti. Ha appena acquisito un'altra società, altri 400 dipendenti che non paga da tre mesi. Omega è un buco nero dove viene mandata la gente per licenziarla senza creare problemi ai veri datori di lavoro”. Sta arrivando qualche reazione politica, come il sostegno dell'Italia dei Valori ai lavoratori in (forse) mobilità da parte dell’ex sindacalista Maurizio Zipponi. Ma questo ai dipendenti non basta, chiedono risposte (e uno stipendio), vogliono subito un tavolo col ministero del Lavoro. “Sono incazzata nera racconta una dipendente -
noi non sapevamo nulla, e nemmeno i sindacati erano informati. Che ci hanno comprati a fare? Solo per licenziarci? Niente stipendio da tre mesi, niente contributi da un anno. Questa società è stata svenduta da Eutelia a Omega per 96mila euro e da quel momento abbiamo capito che volevano farci fuori. Ho 36 anni, un bambino di 4, e sono disperata. Mi sbattono in mezzo alla strada. Ho provato a guardarmi intorno: ho spedito il curriculum al governatorato del Vaticano, perchè stanno mettendo in piedi un centro elettronico. Sapete cosa mi hanno risposto? Che sono troppo vecchia! Ho 36 anni e mi sento inutile”. I licenziamenti di Omega stanno arrivando in tutt'Italia. A Torino ci sono 110 lavoratori in mobilità, a Ivrea 109, a Milano 237. E, conclude un delegato Fiom : “La lettera di licenziamento chiede al ministero del Lavoro di non utilizzare gli ammortizzatori sociali”.
Una protesta di ex-lavoratori di Eutelia
Bassolino, le bonifiche e i boss: le verità del pentito Inchiesta di Woodcock, il Governatore indagato assieme al prefetto Pansa. “Appalti dati con vincolo camorristico” di Vincenzo Iurillo
inchiesta della Procura di Napoli sulle commesse alla Jacorossi, che vede indagati tra gli altri il governatore della Campania Antonio Bassolino e il prefetto di Napoli Alessandro Pansa, accende un riflettore sulle infiltrazioni camorristiche nei subappalti per le bonifiche dei suoli del litorale domizio e agro aversano. Il 12 ottobre i carabinieri del Noe guidati da Sergio De Caprio, il ‘capitano Ultimo’ che catturò Toto Riina, hanno sentito a Napoli il pentito Gaetano Vassallo, l’imprenditore che dal 1987 al 2005 ha smaltito scorie tossiche in Campania per conto dei clan. Vassallo, il ‘ministro dei rifiuti’ del boss Francesco Bidognetti, che in un recente passato ha riferito delle presunte collusioni camorristiche del sottosegretario Nicola Cosentino e del presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, ha messo nero su bianco di sapere “che la Jacorossi aveva ottenuto la grande commessa pubblica grazie ad aderenze politiche. Di suo so per certo che non effettuava alcun lavoro ma si limitava a distribuire i lavori tra più ditte. In sede locale… (omissis) la distribuzione av-
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veniva sulla scorta delle conoscenze e del vincolo camorristico”. Le parole di Vassallo sono al vaglio degli inquirenti. Ma le voci sulla camorra che stava allungando le mani sulle bonifiche erano arrivate anche all’orecchio dell’assessore regionale al Welfare Corrado Gabriele, esponente di Rifondazione molto vicino a Bassolino: “Non ho votato quella delibera di giunta (la 2099 del 30 novembre 2007, l’ok alla convenzione-transazione per riassegnare le bonifiche alla Jacorossi a nuove condizioni, ndr) perché – dichiara l’assessore agli inquirenti – la Jacorossi non aveva stabilizzato gli Lsu, era inadempiente nei lavori e ricorreva al subappalto. Chiesi negli ultimi mesi del 2006 l’elenco delle ditte subappaltate, un mio collaboratore mi disse di aver saputo che vi erano nomi in odore di camorra casalese. Non ho dato seguito alla cosa in via formale”. Ieri mattina la Guardia di Finanza ha impresso un’accelerazione alle indagini, perquisendo le case dell’ex subcommissario all’emergenza rifiuti Raffaele Vanoli, del subcommissario alle bonifiche Arcangelo Cesarano, dell’imprenditore romano Ovidio Jacorossi, del vice presidente della società, Mi-
chele Giustozzi, gli uffici romani della Jacorossi e l’ufficio napoletano dell’avvocato dello Stato Giuliano Percopo, l’autore del parere che ha dato il via libera alla transazione che ha fatto schizzare l’importo delle commesse sino a 200 milioni di euro. L’80% in più rispetto al contratto stipulato nel 2002, quando Bassolino era commissario ai rifiuti. Nove gli indagati – ci sono anche il dirigente dell’Area “Ecologia e Ambiente” della Regione, Mario Lupacchini, e l’avvocato Vincenzo Cocozza – per i reati di concorso in corruzione, truffa, falso e abuso d’ufficio. Le Fiamme Gialle hanno cercato appunti e documenti su presunte relazio-
Indagine sulle commesse alla Jacorossi per la bonifica dei suoli nell’area flegrea
ni ‘anomale’ tra l’avvocato dello Stato, i dirigenti del commissariato di Governo e la Jacorossi, nonché su presunte irregolarità nei subappalti. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco, è condotta dai pm Ettore La Ragione ed Henry John Woodcock. Il fascicolo riguarda la convenzione stipulata nel 2001 tra la Jacorossi (insieme alla Fintermica), i ministeri dell’Ambiente e del Lavoro, il commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti e la Regione Campania, per la realizzazione delle bonifiche sul suolo campano. Convenzione che prevedeva tra l’altro la stabilizzazione in Jacorossi di 380 lavoratori socialmente utili. L’accordo ‘saltò’ per via di reciproche inadempienze e sfociò in un contenzioso legale: la Jacorossi nel 2006 chiese un risarcimento danni di 101,5 milioni di euro. La causa si estinse con la transazione del 2007 – Pansa commissario all’emergenza - che riassegnò le bonifiche alla Jacorossi. Un illecito, secondo la Procura: perché le nuove condizioni erano troppo favorevoli ai privati e perché si trattava solo di uno stratagemma per eludere le procedure ordinarie degli appalti pubblici e beneficiare così la Jacorossi.
IL FATTO POLITICO dc
Il dialogo e le pmi di Stefano Feltri
ewind. Ieri i toni del Ralmeno dibattito politico, o di quella parte che non si occupava delle possibili dimissioni di Giulio Tremonti, sono tornati quelli di un anno e mezzo fa. Quando all’indomani delle elezioni si discuteva molto di come sostenere il “dialogo” tra maggioranza e opposizione. Unica differenza: all’epoca non era molto chiaro di cosa si dovesse dialogare, oggi sì. Di giustizia, principalmente. Perché dopo la bocciatura costituzionale del lodo Alfano si è rimessa in moto la riforma Alfano, impantanata nelle commissioni competenti. Ieri il Pdl ha rilanciato la proposta di una “bicameralina della giustizia”, per una riforma da fare con legge oridinaria. Sia il Pd che la l’Italia dei valori hanno già detto che non sono disposte a compromessi. a il tema non va M sottovalutato. Perché dopo le primarie del Pd gli inviti al dialogo potrebbero risultare più frequenti. E forse anche essere accolti. Ieri l’associazione delle piccole imprese interna a Confindustria ha detto che “un milione di imprese sono a rischio chiusura nei prossimi sei mesi”. Se si verificasse lo scenario peggiore, quindi, ci potrebbe essere almeno un milione di disoccupati in più. Pierluigi Bersani, candidato alla guida del Pd, ha già fatto capire di essere interessato a un rapporto più costruttivo con le pmi del Nord, anche con incentivi fiscali. Dario Franceschini, suo rivale alle primarie, è addirittura andato a scusarsi con gli imprenditori del Nord-Est per non aver capito le loro istanze. E una parte del Pd non è contraria a intervenire sull’Irap, come ha detto di voler fare Silvio Berlusconi due giorni fa. il ruolo di Tremonti S(coneverrà ridimensionato le dimissioni o con una maggiore collegialità delle decisioni) e inizierà quella che Renato Brunetta ha definito “fase due” (tradotto: ora si usa la spesa pubblica), nel Pd crescerà la tentazione al dialogo. Per una ragione molto semplice: non può proporsi come interlocutore credibile per il mondo delle piccole imprese e delle partite Iva se farà ostruzionismo a tutti i provvedimenti di sostegno che il governo meno tremontiano potrebbe varare. Dopo le critiche alla linea del rigore, gli elettori non capirebbero la contrarietà anche al ricorso alla spesa. Il governo può fare tutto da solo, con la prospettiva di riscuoterne poi il beneficio ale regionali 2010, oppure condividere il merito con il Pd. Cosa vuole il Pdl in cambio? L’ha fatto capire ieri: la riforma della giustizia.
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Sabato 24 ottobre 2009
La verità dietro le quinte e il ritardo per nebbia del Cavaliere
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BUSINESS PRIVATI
eggenda vuole che nel 1787 l’imperatrice Caterina compisse un viaggio nella Crimea strappata agli ottomani e attraversasse villaggi lindi e industriosi: in realtà il suo amante Potemkin aveva fatto innalzare quinte e assoldato comparse per dar l’immagine d’un paese felice. In questi giorni chi vive a Mosca da tempo riporta che sulla visita privata di Berlusconi a Putin sia stato
innalzato un paravento ben organizzato per celare tutt’altra realtà. Nel viaggio a San Pietroburgo durato più del dovuto (il premier è rientrato solo in serata, direttamente su Milano, facendo saltare il previsto consiglio dei ministri di ieri mattina, per motivi di neve, anzi no, di “fitta nebbia” ha poi spiegato Tremonti: condizioni meteo che non risultano secondo l’opposizione che parla di “turbolenze governative”)
non avrebbe discusso d’accordi industriali, né tantomeno energetici o di gasdotti, per i quali sarebbe certo stata necessaria la presenza - affinché le intese fossero fattuali - dei vertici delle aziende del settore. La cortina fumogena d’incontri e impegni avrebbe dunque protetto ben altri colloqui e intese, molto più privati e personali di quelli sbandierati nei comunicati, tutti di fonte russa. (S.CI.)
Il Pdl sulla giustizia: riforma comune Ma il Pd non si fida
IL BISCIONE DI PIETROBURGO
Canale 5, la tv di Putin e il fedelissimo Codignoni: incroci miliardari di Sara Nicoli
he c’entrano le macchine della Formula 1, il metano russo e la prossima espansione della creatura mediatica di Putin Pjatyj Kanal (Canale 5, Pietroburgo)? Nella dacia sul lago Valdaj, Berlusconi e Putin hanno forse parlato di tutte queste cose, alcune di interesse nazionale italiano, per carità, ma altre molto più legate all’interesse davvero privato di entrambi. Una matassa intricata, che sarebbe impossibile dipanare senza la chiave di lettura che può fornire la presenza, ormai pressoché stabile nella terra degli zar, di Angelo Codignoni, ex potentissimo segretario generale di Forza Italia, di cui è stato anche socio fondatore, ex direttore generale della francese “La Cinq” ed ex presidente di Eurosport. Codignoni da tempo vive tra Milano, Parigi e Mosca, un globetrotter frenetico. Ebbene, malgrado le cronache degli ultimi anni riportino di rapporti raffreddati con Berlusconi, negli ultimi mesi qualcosa avrebbe rimesso in moto le antiche consuetudini, facendo buttare alle ortiche le ruggini emerse a causa di incomprensioni in merito alla gestione dei club di Forza Italia. E non solo. Così, ecco Codignoni apparire in Russia, ormai sei mesi fa, come membro di un consiglio molto speciale, quello della holding della comunicazione "Mediagroup nazionale" (Nmg) che fa capo a Jurij Kovalcuk, comproprietario della banca Rossija e molto vicino , per non dire amico, di Vladimir Putin. È una holding che rappresenta la più grossa concentrazione mediatica mondiale (in termini di popolazione raggiunta) nelle mani di un solo uomo, ovvero Putin. È un gruppo televisivo di cui i media italiani, salvo rare eccezioni hanno parlato superficialmente al momento
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della sua nascita, nell’aprile 2008, perché si sarebbe dovuto spiegare che si trattava della creazione di un regime mediatico nelle mani del presidente russo, notoriamente allergico alla libera stampa. E questo avrebbe inevitabilmente riportato il pensiero ad altri, più nostrani, conflitti d’interessi. Che ci fa, dunque, Codignoni in quella holding? Lavora per accrescere la visibilità di Pjatyj Kanal. Cioè di Canale 5 Pietroburgo. Che oggi è di proprietà di Nmg ma, chissà perché, interessa anche a Berlusconi. Per chiarire: la holding Nmg comprende Ren Tv, che controlla qualcosa come 864 stazioni tv in Russia, Csi e Paesi baltici, e Pjatyj Kanal (ma guarda un po’? proprio Canale 5, Pietroburgo), oltre a una parte pesante delle azioni del quotidiano Izvestija', il più vicino a Putin. Un impero di cui sono principali azionisti appunto la banca Rossija, la società siderurgica Severstal, la società petrolifera Surgutneftegaz e la compagnia di assicurazioni Sogaz . Al momento della nascita della holding, questi soggetti hanno trasferito in Nmg il 68% delle azioni del canale Ren Tv e il
72% delle azioni di Trk Peterburg Pjatyj Kanal in loro possesso, rendendo possibile a Nmg di diventare proprietaria del pacchetto di controllo anche della società per azioni "Redazione del giornale Izvestija", che Sogaz aveva riscattato dall’altra Holding Gazprom Media. Ora, la divisione delle azioni vede Banca per azioni SpA Rossija con il 54,96% della holding, la SpA “Surguntneftegaz” con il 19,49%, la SpA “Severstal” con il 19,49% e il gruppo Sogaz con il 6,06%. E Codignoni? Qui entra in campo un altro elemento: il mondiale automobilistico. Codignoni mangia pane e sport dalla nascita ed è noto che la Russia vuole un appuntamento del Fia Wtcc (World Touring Car Championship) entro il 2010, soprattutto per incoraggiare la partecipazione del marchio Lada all’interno della competizione mondiale del turismo. Ciò significa poter gestire un pacchetto di diritti tv sportivi di grande rilievo economico attraverso la Nmg, veicolando poi le immagini sul canale più visto, ovvero Pjatyj Kanal (Canale 5) e costringendo i media stranieri a pagare denaro sonante per poter ospitare l’evento
Berlusconi e Putin a San Pietroburgo (FOTO ANSA)
Un megagruppo mediatico nato nel 2008 sulle proprie reti tv. Codignoni è l’uomo giusto al posto giusto. É chiaro che questo sviluppo “sportivo” della holding mediatica che fa capo a Putin rappresenta la necessità di acquisire un know how su come si gestiscono pubblicità e preziosi diritti tv sportivi. E chi meglio di Berlusconi può “insegnare” all’amico Putin come si fa? E se non c’è Berlusconi, Codignoni può prendere brillantemente il suo posto. Tenendo sempre d’occhio gli affari di famiglia, una regola della “casa” che non ha mai perso di vista. L’operazione pro-
mette di essere economicamente molto allettante, soprattutto sul fronte della pubblicità dove Berlusconi, attraverso Publitalia, potrebbe giocare in prospettiva un ruolo di primo piano su un territorio vergine dal punto di vista pubblicitario. E siamo tornati alla dacia. Saranno stati davvero solo consigli quelli che Berlusconi ha elargito a Putin tra un accordo sui tram di San Pietroburgo da far firmare a Finmeccanica, mentre discuteva sulla questione dell’oleodotto Samsur-Ceyhan, che tanto ha fatto pesare per via di quel testone di Erdogan, oppure rileggendo le carte dell’accordo South Stream tra Eni e Gazprom? Chissà. Ma il fatturato di Publitalia, da questa “gita” sul lago dorato, ne uscirà “gasato” parecchio.
Bondi, Vasari e i (troppi) milioni russi Dopo l’annuncio della possibile vendita, sarà il ministro a decidere sull’archivio di Arezzo di Giampiero Calapà Firenze
un caso, ma proprio mentre Berlusconi si gode la compagnia Sliarearàdell’amico Putin, ad Arezzo salta fuori che una holding immobicon sede a Mosca è pronta a comprare le carte cinquecentesche di Giorgio Vasari per la cifra di 150 milioni di euro. Il sindaco di Arezzo, Giuseppe Fanfani, ha ricevuto due giorni fa dalla Soprintendenza archivistica della Toscana gli atti della proposta di vendita tra la famiglia Festari e la Ross Engineerign, società con sede a Mosca. Ed è andato su tutte le furie, seguito a ruota dal presidente della Provincia di Arezzo. Il consigliere regionale Enzo Brogi, aretino del Pd, è “pronto alle catene, per salvaguardare questo straordinario
ADDIO A VASSALLI
IL GIUDICE DELLA REPUBBLICA morto a Roma il Professor Giuliano Vassalli, già ministro di Grazia e Giustizia e presidente della Corte costituzionale. La morte è avvenuta il 21 ottobre e la notizia è stata diffusa solo a esequie avvenute, come da volere della famiglia. Aveva 94 anni. Era nato Perugia il 25 aprile 1915. Figlio di un civilista, laureato nel ‘36. Durante la Seconda guerra mondiale matura la scelta antifascista e l’8 settembre 1943 entra nella Resistenza romana. Nel gennaio ’44 organizza l’evasione di Sandro Pertini e
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l Pdl invita tutti i partiti a Iforma discutere insieme della ridella giustizia, ma
Giuseppe Saragat dal carcere di Regina Coeli. Fatto prigioniero a Roma dai nazisti nell’aprile 1944, recluso e torturato nel carcere di via Tasso, liberato per intercessione di Pio XII. Nel dopoguerra avvocato e docente universitario; parlamentare del Psi; ministro di Grazia e Giustizia dall’87 al ‘91. Nominato giudice costituzionale nel ‘91, eletto presidente nel ‘99 e fino al 2000. Ha presieduto la riforma del codice penale dell’88-‘89 e quella del codice civile nel ‘90.
patrimonio”. Fanfani ha preso carta e penna: “Ho scritto a Berlusconi che si tratta di un’operazione indegna”. Il sindaco ha un sospetto: “Per spendere una tale cifra credo che sia stato promesso ai russi di abbattere i vincoli che obbligano a mantenere l’archivio ad Arezzo. Qualcuno in questa holding deve avere un amico potente”, altrimenti sarebbero degli sciocchi, lascia intendere il sindaco. Nell’occhio del ciclone russo il Ministero dei Beni culturali dell’ex sindaco comunista di Fivizzano, Sandro Bondi, che per ora si è limitato a diramare una nota: “Si tratta di un’operazione che ha sollevato notevoli perplessità, informeremo l’autorità giudiziaria”. Non ci sta, invece, “ad apparire come una fredda burocrate passa-carte” la soprintendete Diana Toccafondi: “L’autorità giudiziaria l’abbiamo già informata da tempo – afferma correggendo il Ministero – segnalando tutto alla Procura di Roma. Stanno svolgendo loro le indagini su chi sono questi russi e su eventuali ipotesi di reato. La trasmissione degli atti di compravendita al sindaco Fanfani? È un atto dovuto per noi. Già nel mese di luglio i Festari ci avevano presentato una documentazione analoga, che abbiamo respinto perché non era neppure sottoscritta dai russi”. La dichiarazione di trasferimento dell’archivio Vasari è stata perfezionata il 23 settembre, questa volta per la società russa ha firmato tal Stefanov. Poi, sabato scorso, è morto il conte Giovanni Festari, lasciando ai 4 figli questo accordo per vendere l’archivio a 150 milioni (valutato da un perito nella primavera di un anno fa 2 milioni e 500mila euro). Quel che è certo è che fra 180 giorni scadrà il diritto di prelazione da parte dello Stato. Roma tirerà fuori 150 milioni per un archivio contenente 31 documenti tra cui anche 17 lettere autografe di Michelangelo? Il presidente della regione Toscana Martini si è augurato che anche di questo abbia parlato Berlusconi a Putin. I precedenti sono incoraggianti: Bondi ha voluto solo poco tempo fa a tutti i costi un piccolo crocifisso ligneo di dubbia attribuzione, pagandolo addirittura 3,2 milioni di euro, perché convinto fosse di Michelangelo. In questo caso, invece, le attribuzioni sono sicure. La partita a scacchi fin qui è stata condotta dall’avvocato Enrico De Martino, al quale i figli di Festari hanno rinnovato la procura a procedere dopo la morte del conte Giovanni. E il legale dei Festari, Guido Cosulich spiega: “La cifra richiesta è congrua, se si considera che il dattiloscritto della sceneggiatura di Easy Rider qualche anno fa è stato venduto a 2 milioni di dollari”.
l’opposizione risponde con un secco no. La Consulta per la giustizia del Pdl apre all'opposizione e alle toghe lanciando l'idea di una "bicamerale bis", sul modello di quella del ‘97 presieduta da Massimo D’Alema, che porti a una riforma condivisa. Con un tempismo perfetto, visto che giovedì Napolitano aveva ricordato come sono “inderogabili” le riforme. La Consulta propone un appuntamento: il 4 novembre con tutte le forze politiche per discutere “tempi e modi” di una proposta di riforma della giustizia, per poi coinvolgere anche magistratura e avvocatura. L'intento da una parte è quello di arrivare a presentare in tempi brevi una proposta condivisa in Parlamento, dall’altra è invitare il governo ad aspettare la conclusione dei lavori di questo tavolo prima di presentare una propria proposta di riforma costituzionale. Parere positivo dall’Associazione nazionale magistrati: “Ben vengano luoghi istituzionali in cui la magistratura associata sia invitata a dare il proprio contributo tecnico e ad esprimere le proprie valutazioni, senza pregiudizi da nessuna parte. Poi nel merito vedremo i frutti". L’opposizione risponde con un no secco. “ll Pd sulla giustizia - sostiene Anna Finocchiaro, capogruppo Pd in Senato - ha presentato da tempo, in Parlamento, numerose proposte di riforma che cercano di migliorare l’efficienza della giustizia a favore dei cittadini. Questo deve essere il senso di qualsiasi riforma in materia di giustizia e la sede giusta per il confronto è il Parlamento. La maggioranza venga alla Camere e presenti dei testi altrimenti siamo alle solite chiacchiere", dichiara la Finocchiaro. Anche Franceschini interviene da candidato segretario: “Se il popolo delle primarie mi rieleggerà, il 4 novembre i gruppi parlamentari del Pd non andranno a questa 'nuova bicamerale'”. Secondo Franceschini, le riforme del Pdl in tema di giustizia finora si sono tradotte solo in leggi ad personam e intenti punitivi nei confronti dei magistrati. Una “proposta indecente” quella della “bicameralina” secondo Di Pietro. Non interviene nel merito della proposta il capo dello Stato Napolitano, nonché presidente del Csm, ma di nuovo invita sulla giustizia ad “allontanare il rischio di interventi legati alle contingenze” .
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Il precedente del 2004 quando a sorpresa Tremonti si dimise
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GOVERNO
oveva essere un incontro chiarificatore (come quello di ieri, saltato, con Berlusconi) dopo le polemiche e le tensioni dei mesi precendenti. Ma il 3 luglio 2004, un po’ a sorpresa, Giulio Tremonti si dimette da ministro dell’Economia al termine di un vertice notturno in cui - ha raccontato chi vi
prese parte - si arrivò agli insulti. Si era fatto troppi nemici: da un lato Gianfranco Fini, che chiedeva una “cabina di regia” per la gestione dell’economia, dall’altra la Banca d’Italia di Antonio Fazio che Tremonti attaccava tutti i giorni per i dossier Parmalat e Cirio. Più, allora come oggi, una fronda trasversale a tutto il centrodestra che non condivideva la
linea tremontiana. All’epoca Tremonti non era così rigorista come oggi. Nella conferenza stampa in cui spiegava la dimissioni, disse: “Volevo ridurre le tasse, non me l’hanno permesso”, mentre sventolava il “progetto di rilancio per l’economia che ho consegnato a Silvio Berlusconi”.
LA TEMPESTA DI TREMONTI
Berlusconi resta in Russia ed evita il ministro “Per una bufera di neve”. Ma non ci crede nessuno
Il ministro Tremonti in bilico secondo Manolo Fucecchi
di Stefano Feltri
uando è arrivata la notizia che il consiglio dei ministri di ieri mattina era saltato e che Giulio Tremonti risultava non pervenuto, tutti hanno subito pensato: ecco, la poltrona è saltata, torna il 2004 con Tremonti fatto fuori dall’asse tra Gianfranco Fini e parte dei berlusconiani. Invece si è scoperto nel giro di pochi minuti che la colpa era tutta del maltempo: Silvio Berlusconi era rimasto bloccato in Russia (da dove pare abbia avuto vivaci conversazioni telefoniche con il ministro dell’Economia) per “una tempesta di neve”. In realtà la minima ieri a San Pietroburgo era di tre gradi e le previsioni annunciavano pioggia, non neve. Che la tempesta
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fosse tutta italiana lo dimostrano le dichiarazioni lasciate filtrare alle agenzie di stampa secondo cui “Tremonti non si dimette, è una cosa che non esiste”. Dichiarazioni poi smentite dallo stesso Tremonti, che precisa: “Nessuna delle note in circolazione corrisponde a verità”. Il ministro azzarda una battuta: “Altro che tempesta, Berlusconi è stato bloccato da nebbia fitta, molto fitta”. Restano i fatti: questo consiglio dei ministri doveva essere quello della riconciliazione, preceduto da un vertice a due tra Berlusconi e Tremonti. Il consiglio è saltato e il vertice pure, quindi niente riconciliazione. Berlusconi è rimasto in Russia con Vladimir Putin, disertando anche l’incontro con le Regioni di ieri pomeriggio, in cui si discu-
teva il nuovo piano triennale della sanità. E il nodo resta sempre lo stesso: se la crisi è finita o sta finendo, come ha più volte ripetuto Berlusconi, e se l’Italia ne sta uscendo meglio degli altri Paesi (su questo è d’accordo anche Tremonti), forse è il momento di ricominciare a parlare di spesa pubblica, recuperando quei punti del programma elettorale che erano stati accantonati anche per colpa della crisi. Il primo è la riduzione delle tasse. Infatti è stata proprio la promessa di Berlusconi di tagliare l’Irap (fatta in un testo letto giovedì da Gianni Letta) ad alzare la tensione tra Berlusconi e Tremonti, che teme il rafforzamento del “partito della spesa”. L’austerità contabile di Tremonti, che vuole frenare il più possibile il ricorso alla spesa pubblica, inizia a preoccupare anche i suoi difensori più affidabili, i leghisti che temono un rinvio anche del federalismo (i cui costi non sono ancora stati calcolati, ma è comunque chiaro saranno ingenti, almeno nella prima fase). “C’è un tentativo di far fuori Tremonti e io lo difenderò”, ha detto Umberto Bossi. Poco dopo Tremonti ha ricambiato, garantendo che la riduzione dell’Irap (di cui lui comunque non è convinto) è compatibile con il federalismo fiscale. Dalle colonne di “Libero” il ministro dello sviluppo Claudio Scajola ha fatto sapere che nel documento anonimo diffuso nei giorni scorsi che suggerisce 10 punti di politica economica non-tremontiana, ci sono “idee e proposte che circolano nel Pdl e nei gruppi parlamentari. Idee spesso condivisibili, di cui si discute anche con Tremonti.” Il nodo da sciogliere, dopo l’annuncio della proposta di Berlusconi di abolire l’Irap , è dove il
governo troverà la copertura finanziaria. Il fatto che la risposta a questa domanda sia già disponibile dovrebbe aumentare l’insicurezza di Tremonti. Si trova nell’ultimo rapporto del Centro Studi Economia Reale presieduto da Mario Baldassarri, senatore del Pdl da molti indicato come il principale ideologo di una politica non tremontiana. Anche senza cancellare l’Irap, che vale 38 miliardi, si potrebbe cominciare eliminando dalla base imponibile il monte salari, con uno sgravio da 12 miliardi, un’idea già diventata un emendamento alla Finanziaria che, dopo le dichiarazioni di Berlusconi, sembra destinato a essere accolto. Due le fonti di entrate: una rivoluzione fiscale sugli affitti, combinando una tassazione sostitutiva per i proprietari del 20 per cento con una deduzione Irpef fino a 5mila euro (per disincentivare il nero) e un aumento dell’età pensionabile, con la somma di età anagrafica
e anzianità contributiva portato a 100 dall’attuale 95. Ne deriverebbero abbastanza soldi da consentire la riduzione dell’Irap, l’introduzione di un coefficiente familiare con deduzioni fino a 5mila euro (questo piacerebbe all’Udc), 2 miliardi per sicurezza e difesa (questo per ex-An e leghisti) e 1
Alla vigilia delle primarie del Pd, i sondaggi “vedono” Bersani e meno votanti
supporter dei candidati mandano agli aspiranti segretari: cambiare. Lo dicono tanto i risultati (diffusi al pubblico) del questionario rivolto da Bersani agli elettori del Pd (6mila schede, all’87% sottoscritte da suoi sostenitori), quanto l’indagine (riservata) che Franceschini ha fatto tra i suoi. Ben l’85% di quelli che hanno sottoscritto il questionario bersaniano sono delusi o molto delusi dal Pd. Non solo: ai primi posti nella classifica dei difetti attribuiti agli aspiranti segretari per tutti e tre c’è l’incapacità di creare un nuovo gruppo dirigente. E novità chiedono pure i supporter di Franceschini: “ È quel che emerge dalla nostra indagine a uso interno, secondo cui Dario ha dato una risposta a questa richiesta – spiega Piero Martino, deputato e portavoce del segretario in carica. Ma i sondaggi che agitano davvero i comitati so-
no quelli sul risultato di domenica. Mannheimer preferisce non pronunciarsi: “Oggi il voto di opinione vero e proprio non esiste più, certamente però Bersani e Franceschini fanno presa più sui militanti, Marino in ambienti più distaccati dall’apparato e in misura comunque minoritaria. Su una cosa gli osservatori sono d’accordo: l’affluenza sarà un po’ più bassa che alle precedenti primarie”. “Andranno a votare in tre milioni”, si sbilancia Nicola Piepoli che non crede a un partito delle schede bianche, cioè di chi andrà a votare per dare un segnale contro Berlusconi, ma non si esprimerà a favore di nessuno dei tre aspiranti leader: “Un fenomeno marginale, tra il 5 e il 7%”. Per Piepoli sul vincitore non ci sono dubbi: “C’è poco da vedere, ha vinto Bersani con venti punti di vantaggio, chiuso. Quello che conta è la provenienza politica dei leader, i trasversalismi delle mozioni alla gente non interessano. Bersani è dei Ds, Franceschini è della Margherita,
Lupi: il dramma dell’ubiquità
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aurizio Lupi, ciellino del Pdl, è telegenico. Quindi viene spedito in tivù il più possibile, ma a volte eccede. Giovedì prima si fa intervistare da Linea Notte del Tg3, in una registrazione trasmessa verso mezzanotte. Subito dopo va ad Annozero. Si parla in entrambe le occasioni di abolizione dell’Irap. Al Tg3 Lupi non ha dubbi. Il governo troverà 38 miliardi? Nessun problema, “se riprende il prodotto interno lordo, se combattiamo l’evasione fiscale, se ripartono le piccole e medie imprese”. Poi cambia qualcosa, ad Annozero la cancellazione della tassa non è più una priorità: “Il problema non è abolire l’Irap, ma non lasciare indietro chi perdeva il lavoro, dando ammortizzatori sociali.” Peccato che Linea Notte vada in onda dopo Annozero. E il Lupi uno e bino risulta un po’ confuso.
Umberto Bossi difende il ministro: “C’è un tentativo di far fuori Tremonti, però io lo proteggo”.
I supporter ai candidati: “Dovete cambiare” certezza nella guerra psicologiLdaggi’unica ca della vigilia - quella carsica dei son- è il messaggio chiaro e forte che i
ABOLIRE L’IRAP
e nel Pd gli ex Ds sono di più degli ex Margherita. Poi c’è Marino che ha saputo interpretare l’idea di nuovo, ma ha dei limiti”. Previsioni che fanno brillare gli occhi a quelli del comitato Bersani: “Noi i sondaggi li abbiamo fatti fare dall’Ipr marketing e dicono che il risultato del congresso è confermato. Anche gli altri lo sanno perché li hanno commissionati pure loro…” Al comitato Franceschini però giurano che loro di sondaggi non ne hanno: “Quelli che abbiamo interpellato si sono rifiutati di farli, non sarebbero attendibili”. Allo staff del segretario in carica non è proprio andato giù quello che considerano un colpo basso dei rivali bersaniani, la notizia battuta qualche giorno fa dalla Dire di un’indagine commissionata dall’ex Ministro che lo vedrebbe saldamente in testa. “Una mossa alla Berlusconi” dicono i Franceschini boys che sibilano l’accusa berlusconiana per eccellenza: “Comunisti, restano comunisti…”.
miliardo per la ricerca e l’innovazione (neanche il Pd potrebbe opporsi a questo). Senza toccare i potenziali 5 miliardi di gettito dallo scudo fiscale, su cui si sta già aprendo una contesa tra le diverse fazioni del governo. E che, comunque, non saranno nelle disponibilità di Tremonti, visto che dovrebbero confluire in un fondo gestito direttamente da palazzo Chigi. Quello di Baldassari è uno dei candidati papabli per un’eventuale successione, anche perché il suo profilo di economista
noto a livello internazionale (compagno di studi di Mario Draghi al MIT di Boston) sarebbe una garanzia per gli investitori. Non si rischierebbe un’esplosione dello spread tra bund e btp, il segnale di una perdita di fiducia nella finanza pubblica italiana. “Anche perché Tremonti non è certo Carlo Azeglio Ciampi nel 1992 - commenta un osservatore non simpatizzante - se i mercati hanno tollerato lui, anche un altro andrà bene”. Gli altri nomi che circolano sono quello di Corrado Passera, capo di Intesa San Paolo, e un interim di Gianni Letta. Nessuno dei due partecipa al seminario Aspen a Lecce iniziato ieri sera. Ma sono solo speculazioni. Per ora.
Marco Rizzo fonda un altro partito comunista a notizia del battesimo Lestrema dell’ennesimo partito di sinistra non può che far pensare alla scissione dell’atomo. Viene spontaneo chiedersi: ma ce n’era bisogno? “Assolutamente sì” dice Marco Rizzo, che oggi a Roma battezza la sua nuova creatura "Comunisti Sinistra Popolare". Il rischio di confusione nel panorama della sinistra radicale è notevole, e un nuovo soggetto rischia di aggravarlo. “Non vogliamo più avere a che fare con i partiti della sinistra, identifichiamo i loro errori nel governismo e nel poltronismo” spiega Rizzo. Parole che, pronunciate dall’esponente ex Pci, ex Rifondazione, confluito nel Pdci quando nel 1998 il partito di Bertinotti scelse l’appoggio esterno al governo (allora Rizzo era convinto dell’importanza
della fiducia agli esecutivi ulivisti), non sono di facile comprensione. E’ storia recente il suo divorzio da Oliviero Diliberto che lo ha espulso dal partito perché sostenitore della campagna elettorale di Gianni Vattimo dell’Idv. “Abbiamo già 60 sezioni sul territorio, più di 50 consiglieri provinciali, alcuni regionali e un bacino di iscritti che ammonta ad un terzo di quelli del Pdci, circa diecimila". Ipercritico col Pd “per i suoi rapporti con le banche e Confindustria che lo fanno apparire una copia di FI”, non risparmia rimproveri agli ex compagni della sinistra radicale colpevoli “di aver tanto urlato senza ottenere nulla”. Oggi sarà presentata una proposta di legge d’iniziativa popolare contro il lavoro precario, per il posto fisso.
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STORIE INCIVILI
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LA VITA FERITA DOPO LO STUPRO “L
Era minorenne quando è stata violentata da otto ragazzi. È successo due anni fa a Montalto di Castro, un paese che le ha voltato le spalle e colpevolizzata
di Beatrice Borromeo
O SFORZO CHE FACCIO PER PARLARE OGGI non può capirlo nessuno. Avevo messo un punto su questa storia, perché sono esaurita, non ce la faccio più. Grazie a Dio lavoro e non ho il tempo di leggere i giornali. Ma quello che hanno scritto in questi giorni me l'hanno raccontato. E non è tollerabile”. Chiamiamola Claudia, perché il suo nome non è mai apparso, né deve apparire. Claudia è stata violentata da un branco di 8 ragazzi, nel 2007, sulle colline di Montalto di Castro, nell'alto Lazio. Aveva 15 anni e anche gli otto stupratori erano, all’epoca, minorenni. Oggi hanno confessato e, come prevede la legge, sono stati affidati per due anni al Comune (niente prigione). Se supereranno questa ‘prova’, il reato sarà estinto. Come se nulla fosse successo. “Io non ho mai fatto male a nessuno, loro sì. Non si sono mai pentiti, hanno confessato soltanto per non scontare la pena. E il tribunale ha deciso di metterli in prova: una punizione del cazzo, questi animali non hanno pagato e non pagheranno. Da due anni vivo nell'inferno, e per almeno altri due anni sarà lo stesso. Non è solo la mia vita che hanno rovinato. Hanno distrutto una famiglia. Io ho solo i miei genitori e i miei fratelli. Per fortuna siamo uniti. Se non fosse per loro, non avrei nessun motivo per vivere. Non sarei più qui”. Claudia oggi ha 18 anni. A esprimere la sua posizione finora è sempre stata Daniela Bizzarri, consigliere delle Pari opportunità alla provincia di Viterbo. Ma negli ultimi giorni i quotidiani sono tornati a occuparsi della vicenda, e hanno riportato prevalentemente le voci di chi sostiene i violentatori . “Da una settimana, da quando hanno riaperto la mia ferita, non smetto di piangere. I giornali riportano le dichiarazioni di un paese connivente, senza giudicare. Avevo iniziato a riprendermi, ma tutti i miei miglioramenti sono svaniti. Ci si rende conto di quanto è sbagliato sbattermi sulla stampa senza porsi il problema degli effetti, senza ci sia una condanna chiara alla violenza che ho
TELEFONO ROSA
L’UNICA STRADA È DENUNCIARE Al Telefono Rosa, dall’inizio del 2009 al 30 settembre sono 1.450 le richieste di aiuto da parte delle donne. E i numeri, per la violenza all’interno della famiglia, sono in aumento: quella fisica, psicologica, economica. E sono in aumento anche le segnalazioni di violenze sessuali dentro e fuori alla famiglia. A questo si affianca un elemento inquietante: sono sempre meno le vittime che, dopo il colloquio con psicologhe e avvocate del Telefono Rosa, denunciano. Un segnale terribile. Non denunciare è il più grande “favore” che si può fare a questi criminali. Nel caso della violenza domestica, le persone che nel 70% dei casi si macchiano di questa infamia sono violente solo in famiglia. Rispetto al 2008 è aumentata anche la reiterazione dei maltrattamenti: si è arrivato a un drammatico 83% di vittime costretta a subire quotidianamente atti violenti. L’unico modo per interrompere la spirale di terrore è e resta, quindi, solo la denuncia. E lo stesso valga per i casi di violenza sessuale operata da sconosciuti. Sappiamo quanto sia opprimente la paura delle vittime di essere giudicate e quanto sia doloroso affrontare sia la lentezza dei processi sia il timore di non vedere una condanna pari al dolore procurato. Ma denunciare è e resta l’unica strada: è così che la società civile (istituzioni in primis) potrà far sentire la propria vicinanza alle vittime. E, ci permettiamo di dirlo, sono le associazioni come la nostra che, costituendosi parte civile, forse più di chiunque altro sanno aiutare concretamente le donne in quei terribili momenti. Non solo aiuto psicologico e legale sin dai primi istanti, ma soprattutto una rete di donne e uomini che sanno davvero il male che le persone hanno subito. Maria Gabriella Carnieri Moscatelli (Presidente di Telefono Rosa)
Il Sindaco, zio di uno degli stupratori, ha pagato le spese legali ai giovani che, come condanna, sono stati ‘affidati’ al Comune
subito? Perché i giornali parlano sempre al condizionale? Dicono 'i presunti stupratori' e 'avrebbero violentato'. Hanno confessato, è a verbale! Cos'altro serve a un Paese per prendere posizione? Tutti dicono di volermi aiutare, ma vogliono solo farsi pubblicità. Pure il sindaco di Tarquinia, che nelle interviste dice di essere a mia disposizione, si è negato per ben due volte quando mia madre ha cercato d'incontrarlo. I giornalisti mi hanno offerto di tutto: soldi, tv, un libro”. Ma soltanto adesso Claudia ha deciso di raccontare la sua storia: “Parlo per la prima volta e lo faccio perché si è oltrepassato il limite della decenza. Del resto non m'importa”.
poterlo spiegare, quanto fa male il tradimento”.
IL PAESE. A Montalto di Castro stanno quasi tutti dalla stessa parte: quella degli stupratori. “Sono bravi ragazzi, la colpa è di lei”, dicono. “Non è vero niente, non hanno bisogno di violentare, lei è una facile”. E ancora: “Avessi avuto 13 anni mi sarei messo in fila”, ha dichiarato al Corriere della Sera un settantenne. Nessuna voce fuori dal coro: studenti, genitori, carabinieri, addirittura il Sindaco. Che ha anche pagato 20.000 euro di spese legali ai rei confessi. “Non so perché ce l'hanno tutti con me dice Claudia - Montalto è un paese piccolo e si conoscono tutti. Quando vengo a sapere quello che dicono, impazzisco. Mio padre sta male, ha denunciato il settantenne e ha fatto bene. Come può una persona adulta dire e pensare certe cose? Montalto è un paese di deficienti, persino le donne dicono che è colpa mia. Avevo un'amica, era la mia migliore amica. Io sono di Tarquinia e quando andavo a Montalto dormivo da lei. È stata lei a portarmi a quella festa, due estati fa. Mi ha presentato quei ragazzi. La notte, dopo lo stupro, è stata lei a trovarmi nella pineta. A terra, in lacrime. Mi ha portata a casa, mi ha consolata”. Poi i rapporti tra Claudia e la sua amica sono cambiati. Questa la spiegazione: “Due giorni dopo eravamo a scuola, c'erano i carabinieri perché dovevo riconoscere le foto degli aggressori. Ma quelli sono ragazzi ricchi, figli di gente che in paese conta. E quindi la mia amica, davanti ai compagni, è diventata un'altra. Mi ha dato uno schiaffo in classe davanti a tutti, urlando: 'Bugiarda, ipocrita, è colpa tua!'. Vorrei
IL SINDACO. La violenza è diventata anche un caso politico. Ma senza conseguenze. "Il sindaco di Montalto, Salvatore Carai, è lo zio di uno degli stupratori. Ecco perché li difende: per aiutare il nipote, doveva aiutarli tutti”, racconta Claudia. Due anni fa, il capogruppo Partito democratico al Senato Anna Finocchiaro si schierò contro Carai che aveva anticipato le spese legali a sei degli otto stupratori. “Quei soldi - replicò all'epoca il Sindaco - servono per il reinserimento. La Finocchiaro è una talebana del cazzo”. Oggi però Carai e la Finocchiaro si trovano dalla stessa parte a sostenere il candidato Pierluigi Bersani alla guida del Pd, in vista delle prossime primarie. Il partito non ha mai preso provvedimenti contro Carai. Claudia scoppia a piangere dalla rabbia: “Voglio chiedere al Pd: com'è possibile che quel signore continui a fare il sindaco? Perché non lo cacciate? Non ha nemmeno ritirato la delibera con cui finanzia gli stupratori con 20.000 euro. E ha avuto il coraggio di dire che a me non ha dato soldi solo perché non li ho chiesti. Questa è la famiglia Carai”. Claudia non ce l'ha, infatti, soltanto con il sindaco e con il nipote: “La signora Carai, madre dello stupratore, ha offerto a un mio amico di pagargli l’Università a Roma, se avesse testimoniato contro di me dicendo che sono una facile. Grazie al cielo il mio amico non si è fatto corrompere e l’ha denunciata. Hanno provato fino all’ultimo a sostenere in tribunale che la colpa era mia. Quei ragazzi hanno confessato solo per convenienza”.
Parla la ragazza: “Cosa serve all’Italia per prendere posizione contro i colpevoli confessi di un delitto orribile?”
LE ACCUSE. Una delle accuse che rivolgono a Claudia, per insinuare il dubbio che abbia provocato i suoi aguzzini e che in fondo se la sia cercata, è di essere bella e vestirsi in modo sexy. “È vero, sono una bella ragazza, per fortuna. Mi rinfacciano il fatto che la notte che mi hanno stuprata indossavo una minigonna. È forse una colpa? Anche se una donna andasse in giro nuda, nessuno avrebbe il diritto di toccarla. Avevo una minigonna: vuol dire che meritavo di essere violentata da otto persone? Se metto una gonna sono una puttana? Magari fossi stata consenziente, come dicono. La mia vita non sarebbe finita quando avevo
Sabato 24 ottobre 2009
Pd, le donne si schierano: via il sindaco dalle liste Carai traballa
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La Corte dei Conti: per Montalto Costanzo è stato inutile
15 anni. Ero una bambina. Se mi fosse successo a 40 anni, forse avrei potuto andare avanti. Ma ora, no”. Claudia parla con orgoglio e con la consapevolezza che nulla legittima la violenza su una donna, tanto meno il modo in cui si veste. Ma il suo atteggiamento è cambiato, i segni di quella notte le si leggono in faccia, si vedono nella vita di ogni giorno: “Nulla è come prima, non mi vesto più così. Sono sempre coperta, penso costantemente a cosa indossare per non farmi notare da nessuno. Sono completamente cambiata. Il mio carattere è cambiato. Non sono più stata felice”. Claudia riesce a smettere di piangere solo quando si arrabbia : “Vorrei svegliarmi una mattina e leggere che sono tutti morti. Tutti e otto. Che li hanno impiccati. Perché loro hanno ucciso me. Stuprare una ragazza, o ucciderla, è la stessa cosa. Io ho paura a stare da sola anche in casa mia. Vi rendete conto cosa significa avere il terrore di stare in casa, il posto dove tutti si sentono protetti? Non esco senza i miei fratelli o i miei genitori. Che vita di Daniele Martini è? Non la auguro a nessuno. Eppure ci ho provato, NCOR PRIMA CHE SCOPPIASa voltare pagina. Ho nuovi amici, anche perché i SE LO SCANDALO dello stupro vecchi mi hanno abbandonata. Tutti. Per un pedel branco, il sindaco di Montalto di riodo mi sono trasferita a Roma, ma una mattina Castro, Salvatore Carai, Pd, non diho incontrato uno degli stupratori e mi sono sentita male. Sono svenuta quattro volte in due gior- geriva che il suo comune finisse sui giornali ni. Ho la pressione bassissima, e mi porto sempre solo per vicende non proprio edificanti, mendietro lo zucchero perché mi capita spesso di avere mancamenti. Non riesco a LA PORTAVOCE DELLA FAMIGLIA stare in piedi a lungo. Sono cambiata anche fisicamente”. La denuncia di Claudia arriva in un momento politico uando il caso è emerso, sono subito andata a in cui si discute molto di trovarla. Ho pensato che poteva essere mia figlia”. leggi anti-stalker, di propoÈ iniziato così il rapporto tra la giovane di Montalto e la ste (come quella di Dario consigliera per le Pari Opportunità della provincia di Franceschini) per tutelare le donne, di appelli a difesa Viterbo, Daniela Bizzarri. Che da allora è la ‘por tavoce’ della dignità femminile e della famiglia e della ragazza stuprata. “Mi sono subito polemiche per le battute occupata della vicenda, perchè bisogna lavorare ,molto sui poco eleganti di Berluscoterritori contro la violenza e le discriminazioni. Eppure ni. Si parla di mettere al cencontinuo a non capire perchè il paese abbia reagito così”. La tro i giovani, il futuro. Di Bizzarri non sa spiegare, ma fornisce indicazioni. “I ragazzi giustizia. Claudia è stata lasono figli di persone ritenute perbene, il paese è piccolo, la sciata completamente sola, ragazza è di Tarquinia. Ma come si fa a non condannare la dalla politica e dalla legge : “Queste leggi e queste batvicenda? È triste pensare che, nella mentalità comune, una taglie non servono a nulla. quindicenne con addosso una minigonna viene considerata Se altre ragazze vedono una ragazza ‘facile’. Invece siamo di fronte a una storia quello che è successo a me, terribile. Ogni volta che parliamo dell’accaduto, lei piange. non denunceranno mai più Ancora oggi”. Infine, la Bizzarri parla del processo: “si uno stupro. Non conviene. sentivano risate, c’era gente che scherzava. Il padre della Se io potessi tornare indiegiovane, troppo arrabbiato, a un certo punto ha scelto di tro, non aprirei bocca. Stanon andare più in Tribunale. Una cosa agghiacciante”. rei zitta, perché il tempo passa, la gente dimentica. Io cosa ho ottenuto?”.
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IN AULA LA GENTE RIDEVA “Q
tre venivano messi in ombra gli aspetti meritevoli di attenzione: la bellezza del mare e della pineta, l’entroterra aspro della Maremma, l’accoglienza degli alberghi, le magnifiche vestigia archeologiche di Vulci. A Carai non piaceva che si parlasse del suo paese sempre e solo per la centrale elettrica, i fumi, l’inquinamento, le contestazioni, il braccio di ferro con l’Enel. E allora decise di organizzare un contrattacco mediatico affidando l’incarico di ingentilire l’immagine del comune a un professionista della comunicazione con le spalle larghe: Maurizio Costanzo. È andata male. La consulenza è finita al vaglio della Corte dei Conti e i magistrati contabili hanno condannato il Sindaco e tutta la Giunta in carica dal 2002 a risarcire con 60.000 euro il Comune a cui è stato procurato un danno. La consulenza del famoso anchorman, infatti, non solo non avrebbe dato i risultati sperati, ma addirittura avrebbe prodotto effetti negativi. I giudici contabili lo scrivono papale papale nella sentenza di condanna: “L’apporto del dottor Costanzo, quanto alle presenze turistiche, sarebbe stato addirittura deleterio”. Lo attestano i dati delle presenze: nel 2002 ammontavano a 123.530, nel 2003 sono precipitate a 60.031 e nel 2004 e 2005 sono ulteriormente scese a 53.000. L’andamento delle visite al parco di Vulci è andato un po’ meglio, ma ciò non giustifica, secondo i giudici, l’esigenza di ricorrere ad una consulenza esterna. Che, oltretutto, è stata assai cara: 123.000 euro, che per un Comune di appena 7.000 abitanti non sono uno scherzo. Il contratto, per di più, sarebbe stato redatto un po’ alla buona, viziato dalla circostanza di essere “generico ed indeterminato”. Al termine delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza, i giudici hanno constatato che Costanzo avrebbe fornito una consulenza a scartamento ridotto: “manca ogni prova o documento che indichi la fattiva e incisiva collaborazione prestata: non un monitoraggio, non un elaborato di suggerimenti (il quale, per contratto e senza alcuna apparente ragione, deve essere ‘breve’), non un verbale o relazione sintetica e conclusiva di incontri mensili (che, anche questi per contratto, non potevano essere superiori a cinque per anno)”. Quando si tratta di spendere, del resto, il comune di Montalto non ci pensa due volte. Grazie al contratto con l’Enel del 1992 per la centrale sul mare, il centro laziale ha incassato anno dopo anno la bellezza di 45 milioni di euro, 22.000 euro circa per abitante. Un tesoro che, però, è volato via. Tanto che la maggioranza di centrosinistra, un anno fa, è stata costretta ad aumentare le tasse. Fall’addizionale Irpef a quella sui rifiuti.
E DONNE del Pd si fanno sentire. E prendono posizione contro il sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai. Sono Barbara Pollastrini, Giovanna Melandri, Livia Turco, Vittoria Franco: “Ci amareggia e ci colpisce che nelle liste per le primarie del Pd, vi sia la presenza del sindaco di Montalto di Castro, che due anni fa decise di sostenere le spese per la difesa dei ragazzi accusati dello stupro, pur in presenza dell'istituto del gratuito patrocinio. Proprio per mostrare sensibilita' e consapevolezza nei confronti della ragazza e delle tante donne che si sentono offese da un clima che ancora una volta si accanisce contro la vittima, chiediamo a Salvatore Carai di fare un passo indietro”. La risposta di Carai svela l’imbarazzo per una vicenda che è diventata difficile da gestire: “Non avrei nessuna intenzione di essere presente in un organismo del Pd al prezzo di una incomprensione così grave del mio operato che puo' essere sempre opinabile e criticabile, ma che non puo' indurre nessuno a stravolgere gravemente la mia onorabilità. Sono pronto ad un confronto con le firmatarie”. Parla al “Fatto Quotidiano” anche l’onorevole Debora Serracchiani, deputata del Pd, che però si mostra più cauta delle sue colleghe. Serracchiani, chiede anche lei l’espulsione del sindaco Carai dal partito? La scelta di Carai è stata politicamente inopportuna. Io non l’avrei mai presa. Ma non lo si può espellere per questo, perchè non ha commesso un reato. E il codice etico voluto dal Pd? Si occupa di comportamenti, non di reati. A Carai non andrebbe data visibilità, forse bisognerebbe chiedergli di non ricandidarsi, sicuramente dovrebbe giustificarsi di fronte al partito. Il che non vuol dire sanzionare. Ma il problema è generale, dovrebbe esserci più prevenzione in modo tale che ci sia un filtro, una selezione a monte dei nostri amministratori. Quindi niente provvedimenti in vista. Non è che il sindaco non paghi. Sarà la sua comunità a giudicarlo. Se il paese è d’accordo, è giusto che continui a fare il sindaco. Non spetta al Pd, che pure è critico, decidere. Il paese però non lo condanna affatto, è schierato con gli stupratori. Dicono tutti che la ragazza violentata se l’è cercata. Ma nessuno ripagherà la ragazza, indipendentemente dalle posizioni politiche che prendiamo. Avrà bisogno di tempo per stare meglio, sarà difficile, non credo che le interessi la posizione interna a un partito. Veramente la ragazza chiede al Pd, tramite “Il Fatto Quotidiano”, che il sindaco venga cacciato. Forse bisognerebbe chiedergli di fare un passo indietro. Bisognerebbe che il codice etico venisse rispettato sino in fondo. Io questa storia l’ho vissuta con grande imbarazzo e difficoltà. Lei ha firmato l’appello di “Repubblica” per difendere la dignità delle donne, dopo le offese di Berlusconi a Rosy Bindi? Sì. Noi queste battaglie le sosteniamo, siamo in tanti a combatterle. E alla ragazza violentata do tutta la mia vicinanza. Se l’avesse di fronte, si sentirebbe di garnatire alla ragazza e a tutte le altre che si sentono abbandonate dalla politica che lei e il Pd siete in grado di rappresentare le loro istanze e il loro bisogno di giustizia? Certo che le rappresentiamo noi, proponendo leggi più severe, che facciano giustizia. Io sono in questo partito perchè possiamo fare molto per il Paese. (Bea. Bor.)
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Sabato 24 ottobre 2009
Sull’immigrazione fronte comune BerlusconiSarkozy: l’Europa agisca
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DAL MONDO
sse sempre più stetto Roma-Parigi per l'immigrazione clandestina. Il premier italiano e il presidente francese si presenteranno la settimana prossima al Consiglio europeo con una posizione comune per chiedere a Bruxelles una presa di posizione netta e azioni “concrete” sui flussi migratori. Perché - hanno anticipato in una lettera congiunta indirizzata al
presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso - sul tema l’Ue si gioca la sua “credibilità”. La solidarietà europea "”non può restare a livello di parole”, ma deve "”tradursi in autentica condivisione delle responsabilità”, scrivono Berlusconi e Sarkozy sulla necessità che già il 29 e 30 ottobre a Bruxelles “vengano prese decisioni concrete”: cioé una decisa azione verso i paesi
d’origine, transito e destinazione dei migranti per contrastare e prevenire l’immigrazione clandestina. Roma e Parigi sollecitano il rafforzamento dell’agenzia europea Frontex, l'organismo che gestisce la cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati Ue. E sollecitano anche un accordo con la Libia che aiuti Tripoli a controllare meglio i propri confini e i flussi di’immigrazione.
KLAUS, L’ULTIMO EUROSCETTICO
Il presidente ceco resiste alla firma del Trattato Ue. E la gente è con lui di Gianni Perrelli
Europa? Una pura perdita di tempo”. Abituato a tranciare giudizi con l’accetta Vaclav Klaus, bizzoso presidente della Repubblica ceca, non fa il minimo sforzo per celare la viscerale avversione al Trattato di Lisbona. Dopo il sì dell’Irlanda nel recente referendum, e la successiva adesione della Polonia, l’entrata in vigore della Magna Charta viene ancora bloccata dall’assenza della sua firma. Per inceppare la ratifica finale Klaus continua a disseminare ostacoli. L’estremo cavillo è la richiesta di aggiungere al testo una nota a piè di pagina riferita alla Carta dei diritti fondamentali. Il premier svedese Reinfeldt, presidente di turno della Ue, gli ha replicato che il suo era un messaggio sbagliato nel momento sbagliato. Ma Klaus non è arretrato di un millimetro, ribadendo che prima di firmare dovrà intanto attendere il parere della Corte costituzionale che da mesi sta esaminando un ricorso di legittimità. L’intoppo è forse stato superato da un compromesso presentato ieri dagli svedesi e accolto con favore da Klaus che comunque tiene ancora l’Unione con il fiato sospeso. Gli indugi sono anche frutto della stizza per il voltafaccia di Dublino: dopo un primo refe-
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rendum irlandese che aveva bocciato il Trattato, Klaus (che salutò il risultato come il “trionfo della libertà”), ispirò la formazione in patria di un partito antieuropeo guidato dal giovane economista Petr Mach. La nuova formazione si affrettò ad allearsi con Declan Ganley, l’imprenditore eurofobico che a Dublino aveva fatto vincere il no. Se l’Irlanda avesse voltato ancora una volta le spalle all’Europa il presidente ceco avrebbe sicuramente traccheggiato fino alle prossime elezioni ingle-
è solo. Sottoposto a pressioni insistenti. Esposto per molti mesi al rischio di isolamento. È opinione comune che, alla fine, capitolerà turandosi il naso. Ma senza rinunciare alla sua identità di bastian contrario. Perfino quando all’inizio del 2009 la Repubblica ceca assunse la presidenza semestrale della Ue, Klaus trovò modo di irridere l’ideale comunitario. Non espose mai la bandiera europea sulla facciata del Castello di Praga. Snobbò rimanendosene a casa la serata inaugurale del semestre. E continuò a distribuire battute caustiche: “L’europeismo è come l’esperanto: una lingua artificiale”; “L’Europa non ha alcuna identità: è solo un’astrazione geografica”. Paradossalmente fu proprio Klaus nel 1996 (all’epoca premier) a chiedere l’adesione della Repubblica ceca alla Ue ratificata nel 2004 da un referendum che portò alle urne solo meta dell’elettorato. Ma la sua diffidenza conserva profonde radici psicologiche che riflettono il sentimento generale del paese. La memoria storica delle due dittature (nazismo e comunismo) che nel Ventesimo secolo hanno schiacciato l’allora Cecoslovacchia rende ancor oggi tiepido il consenso di Praga verso un’Europa che non oppose ostacoli alle invasioni. Oggi la burocrazia di Bruxelles richiama sia pur vagamente, come un riflesso condizionato, la
Alla fine capitolerà, ma intanto ha provato a mobilitare anche i conservatori britannici si. Se, come tutto lascia prevedere, nella prossima primavera andranno al potere i tories di David Cameron l’adesione inglese potrebbe essere rimessa in discussione. Un fitto carteggio del presidente ceco con il leader dei conservatori ha alimentato il sospetto di un asse Praga-Londra teso a intralciare a oltranza gli ulteriori passi verso l’integrazione. Ma ora Klaus
Alla Casa Bianca
SCATTO UFFICIALE
Il pontefice e Vaclav Klaus a Praga (FOTO ANSA)
tirannia esercitata dall’Urss. Klaus, 69 anni, è un economista che sotto il comunismo entrò in contatto con l’Occidente nei corsi di specializzazione in Italia e Usa. Nel partito non si mise in particolare luce. Si impiegò nella Banca di Stato suscitando sospetti per il suo disimpegno. Un rapporto della polizia politica annotava negli anni ‘80: “Si ritiene un genio incompreso. Per lui chiunque non approvi le sue idee è stupido o incompetente”. Appoggiò poi la perestrojka di Gorbaciov e partecipò ma non da protagonista alla rivoluzione di velluto di Vaclav Havel. Al ritorno della democrazia diventò ministro delle Finanze. Agli inizi degli anni Novanta ’90 fondò l’Ods (il partito conservatore) che gli spianò la strada del premierato e della presidenza. Oggi si dichiara iperliberista, antiecologista e antifemminista, e ha il consenso del 58% dei cittadini che lo conforta nel suo ostinato e surreale distacco dall’Europa.
BLOG 007
di Federico Mello
Servizi on line col logo di Fuksas L'idea fa un po' sorridere. Quella del sito web pubblico e accessibile in tutto il mondo dei “Sistemi di informazione per la sicurezza della Repubblica Italiana”, dei nostri servizi, insomma. Ma seguendo i link del sito, invece, si arriva ai siti degli altri apparati di intelligence del mondo. Sul sito web nuovo fiammante, si trovano informazioni essenziali ma chiare, uno schema comprensibile della jungla dei nostri servizi, e le Relazioni annuali presentate al Parlamento. Il nuovo logo, ci fanno sapere in home page è “un atto di liberalità degli architetti Massimiliano e Doriana Fuksas che, con la loro sapiente mano, hanno realizzato un simbolo di leggerezza e di libertà”. Niente a che vedere, insomma, con le barbe finte.
Bruxelles contro Sondrio: discrimina gli stranieri Azione legale contro il bando che assegna appartamenti agli studenti, ma solo se italiani di Elisabetta Reguitti
iente case agli stranieri che studiano in Padania. Neppure se comunitari. Questo in sintesi il contenuto del bando pubblicato dalla provincia di Sondrio ma recentemente cassato dalla Commissione europea che ha addirittura avviato un’azione legale contro l’Italia accusandola di finanziamento discriminatorio degli studi. Bruxelles quindi conferma ciò che aveva già stabilito la prima sezione civile del tribunale di Milano definendo “discriminatoria” la scelta di azione politica locale adottata dal presidente della Provincia di Sondrio il leghista Massimo Sertori. Il bando in
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È della fotografa più famosa e, al momento, più indebitata d’America, Anne Leibovitz, lo scatto ufficiale scelto dalla Casa Bianca per immortalare la famiglia Obama. Lo scatto è del 1° settembre
questione prevedeva l’assegnazione di 26 alloggi (situati a Milano) a prezzi agevolati per studenti universitari valtellinesi impegnati negli studi nel capoluogo lombardo. Tra i requisiti richiesti ai candidati anche la cittadinanza italiana. Condizione imposta, questa, che non è piaciuta alla Commissione che ha pesantemente sottolineato come la condizione della nazionalità rappresenti una discriminazione diretta contro i cittadini dell’ Unione europea: lavoratori e loro familiari. E non è andata certamente meglio rispetto ad un secondo requisito: quello cioè della residenza in provincia di Sondrio considerato a tutti gli effetti, come si legge nella nota ufficiale della Commissione “una discriminazione indiretta anch’essa vietata dalla normativa comunitaria”. Insomma non c’è leghista che tenga: per l’ Unione europea il principio fondamen-
Per l’Unione europea va garantita la libera circolazione delle persone
tale della libera circolazione delle persone va applicato anche nelle “colonie padane”. Tutto nasce dalla richiesta di accesso al bando inoltrata da un giovane 23enne studente universitario di origine marocchina che sentendosi discriminato - prima di rivolgersi ai legali dell’Onlus Avvocati per niente e l’associazione Naga - aveva inviato una lettera all’ufficio antidiscriminazioni del Ministero delle Pari Opportunità. “Mi sento privato del diritto allo studio e all'istruzione come dice l’ art. 34 della Costituzione italiana” aveva scritto nella lettera. Solo il tribunale di Milano però, a seguito del ricorso patrocinato dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, ha messo nero su bianco il carattere discriminatorio del bando nei confronti degli immigrati oltre alla la necessità di rifarlo. Una bocciatura che ha anticipato le recenti indicazioni della Commissione europea di “costituzione in mora alle autorità italiane” che entro due mesi (con decorrenza 10 ottobre) dovranno rispondere.
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Sabato 24 ottobre 2009
N GUATEMALA
Maxisequestro di cocaina
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ieci tonnellate di cocaina sono state sequestrate dalle autorità del Guatemala, insieme alla Dea (Drug Enforcement Administration) Usa, a bordo d’un sottomarino nel Pacifico. Lo scafo è stato fermato in acque internazionali e sono stati arrestati 3 colombiani e un messicano.
SPAZIO
Primo progetto comune europeo
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Europa dello spazio ha fatto il primo passo verso una strategia comune per l’esplorazione umana: per la prima volta, ieri a Praga, Unione europea e Agenzia spaziale europea (Esa) si sono incontrate per discutere delle future missioni verso Luna e Marte con uomini a bordo. I 29 ministri della Ricerca (27 dei Paesi Ue, più quelli di Svizzera e Norvegia, membri Esa) si sono suddivisi dei compiti e si sono dati appuntamento per la prima verifica tra un anno a Bruxelles.
IRAN, BIRMANIA, TIBET
Marcia per la libertà
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i tiene oggi a Roma la IIa marcia internazionale per la libertà della Birmania, dell’Iran e del Tibet, organizzata dall’associazione Società libera e in collaborazione con RaiUno. Il percorso della manifestazione è tra Piazza della Bocca della Verità e Piazza Navona.
ALASKA
Riserva naturale per gli orsi polari
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er difendere gli orsi polari dal rischio estinzione il governo degli Stati Uniti sta valutando l’ipotesi di creare un habitat protetto in Alaska: l'area individuata dai funzionari del governo, e che deve ora essere approvata dal voto del Congresso, è divisa in tre zone e in tutto è vasta circa 500mila chilometri quadrati, e sarebbe la più grande riserva naturale statunitense; su parte di quell’area il precedente presidente americano Bush aveva concesso la possibilità di prospezioni per la ricerca di petrolio.
Afghanistan
LA NATO STUDIA LA TRANSIZIONE a Nato vuole imprimere un Lcesso colpo di acceleratore al prodi transizione in Afghanistan per creare le condizioni favorevoli a un passaggio di poteri e responsabilità nelle mani delle forze di sicurezza locali, puntando sull'addestramento di migliaia di nuovi militari e
poliziotti afgani e sulla richiesta di più alti standard di efficienza e legittimità da parte del nuovo governo. “Noi resteremo finché l’Afghanistan non sarà abbastanza forte per difendersi da solo, ma le forze internazionali non possono mantenere questa responsabilità per sempre”, ha detto il segretario generale Nato, Anders Fogh Rasmussen, al termine della riunione dei ministri della Difesa dell’Alleanza che ha registrato il sostegno al piano del generale Usa, capo di tutte le forze internazionali in Afghanistan, Stanley McChrystal.
FATTO O STRAFATTO
di Gianni Perrelli
ì, égalité vuol dire ancora qualcosa, almeno in Francia. Se ne è reso conto anche il figliolo del presidente della Repubblica. Non si candiderà al vertice dell’Epad, l’agenzia che gestisce la Défense. Troppe proteste, anche a destra. Deputati neogollisti scandalizzati e per niente timorosi di dirlo, malessere nel partito, l’Ump. Ma soprattutto i giovani. Decine di migliaia di firme raccolte, giornali seppelliti dalle mail, prese per i fondelli, cortei con le banane: perché lui sì e io nisba? Sarà
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LIBERTÉ, FRATERNITÉ, ÉGALITÉ mica questione di cognomi? Sarkozy padre se l’era presa coi giornali; il rampollo, con indubbia dignità, l’ha smentito: “Non voglio una vittoria macchiata dal sospetto. Sì, ne ho parlato: con mio padre, non con il presidente”. Ha vinto la fibra profondamente repubblicana e trasversale dell’opinione pubblica, ben rappresentata da stampa e tv (anche pubblica). Il monarca dell’Eliseo deve piegarsi al rispetto della decenza istituzionale, Averne anche noi di anticorpi genetici. Chapeau, cari cugini.
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Sabato 24 ottobre 2009
SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
Elisa La cantante è diventata mamma: è nata Emma Cecile
Todt L’ex ds Ferrari è il nuovo presidente della Fia
landrini. Il sapore del festival ravennate è unico: si è sempre a un passo dalla demenzialità, e unica a essere bandita, tra le insidie, è la noia. Ma vediamo di essere seri e di disquisire con compostezza sul genere trattato al Nightmare e sulle sue valenze. os’è l’horror? E’ un genere, ovviamente, sia narrativo che cinematografico. Però differisce dagli altri, mediamente più popolari. Il poliziesco ha a che vedere sia con l’eterna fascinazione del delitto che con la logica idonea a indagarlo. Il noir si estende a contesti urbani di marciume e degrado morale, dove la distinzione tra buoni e cattivi si assottiglia. La fantascienza punta sui massimi sistemi, in cui la prospettiva individuale si perde in giganteschi scenari macroeconomici e macro-sociali. Il romanzo rosa è una variante blanda della letteratura erotica. Ogni genere ha proprie caratteristiche, ancorate a differenti bisogni conoscitivi ed emotivi. L’horror si radica nella psicologia del profondo. Fa emergere le più inveterate pulsioni individuali, quelle della morte, e della sofferenza che può preludere alla morte. Nessuno è più attratto e respinto dall’evento inevitabile dei bambini, o dei vecchi. Gli uni lo guardano come un fatto remoto eppure incomprensibile, gli altri lo vedono come una certezza incombente. Il genere horror si nutre di queste paure. Da una ventina d’anni le ha esorcizzate con una visione intermedia e a suo modo consolatoria: il genere splatter, la crudeltà immotivata del serial killer. Sono costoro che oggi assediano le fantasie del pubblico. Il mostro metafisico, tipo il vampiro che vive o non vive, ha attualmente le forme patinate degli eroi romantici di Twilight. E l’orrore resta confinato al livello epidermico delle torture, degli assassinii insensati, dello squarciamento di budella (Hostel, Martyrs ecc.). Eppure, quando un ragazzino ha un incubo terrorizzante, pensa a tutt’altro. A una parete che, se vi ci si appoggia, cede sotto la sua pressione, e lo proietta in un mondo dalle regole misteriose a
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Una scena di “Deliver us from evil” del regista Ole Bornedal
RAVENNA FILM FEST
NIGHTMARE Ovvero la terapia dell’orrore di Valerio Evangelisti
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l Nightmare Film Fest, giunto ormai alla settima edizione. E’ il più importante festival italiano di cinema horror e, al di là delle apparenze, si adatta molto bene alla sua città. Ravenna, in autunno inoltrato e mentre si annuncia l’inverno, è una città gelida
(in senso climatico) e vagamente nebbiosa, molto adatta a ospitare spettri e immagini inquietanti. Ciò vale in particolare per il centro chiamato Cinemacity, composto da ristoranti e sale cinematografiche collocati direttamente in mezzo al nulla. Sorge all’estrema periferia, e attorno il paesaggio è piatto come se lo avessero piallato. L’antica capitale di un impero bizantino ridotto ai minimi termini si scorge come sagoma lontana, visibile nei rari momenti di luce piena e raggiungibile con autobus che non passano mai. Ciò non ostacola, ma favorisce, l’affluenza di un pubblico numerosissimo intenzionato a farsi spaventare, e anche a lasciarsi stupire. Nelle precedenti edizioni del festival si è visto davvero di tutto: atrocità senza nome e vermi canni-
bali, raffinati capolavori e porcherie orrende (dunque quanto mai in sintonia col tema), retrospettive su animali giganteschi e incursioni di suore assassine. Il tutto affidato al gusto bislacco e al voyeurismo smodato dei principali responsabili della selezione, Alberto Bucci e Franco Ca-
Emilia-Romagna in noir CUCINOTTA GUEST STAR
Programma - Da martedì 27 a sabato 31 ottobre 13 film in anteprima nazionale. Si comincia con la pellicola “Alien Trespass” di R. W. Goodman, un sentito omaggio alla fantascienza anni ’50 di Jack Arnold. Sabato il festival, dopo la tradizionale cerimonia di premiazione, sarà lieto di ospitare “Death of the Virgin” di Joseph Tito, ispirato all’omonimo dipinto del Caravaggio con Maria Grazia Cucinotta. A seguire, l’ultimo lavoro di Catherine Breillat, “Barbe Bleue”, personale e sentita rivisitazione della mitica fiaba. Info su www.ravennanightmare.it
Banderas Antonio torna in Italia (e va a “C’è posta per te”)
Eriksson Sven Goran in Corea: Per fare il ct della nazionale?
di Federico Pontiggia
ROMA
VINCE IL NAZI-GAY BROTHERHOOD umeri: 600mila visitatori – utenti unici o piastrelle visitate? - dei luoghi del Festival; 92% l’occupazione media delle sale; 102mila biglietti emessi e 380mila euro d’incasso, in flessione; budget (32% pubblico, 68% privato) di 12milioni e 500mila euro.Colore: rosa. Perché Roma si è (ri)scoperta donna, dalla Streep fino all’esordiente regista Stefania Sandrelli, e perché rosa è il tappeto rosso capitolino, complice qualche defezione di star e qualche disaffezione del pubblico.P remi: Marc’Aurelio d’Oro al nazi-gay danese Brotherhood, che senza infamia né lode scippa l’umanissima elegia sulla strage di Marzabotto di Giorgio Diritti: vincitore (letteralmente) morale, il suo Uomo che verrà si consola con Gran Premio della Giuria e riconoscimento del pubblico. Tra gli attori, i meritevoli Sergio Castellitto per Alza la testa di Angelini ed Helen Mirren (The Last Station).
N
atroci, in cui la morte regna e orchestra il balletto di una vita a termine. Oppure pensa al buio (per lui più fitto che per gli adulti) e alle creature che potrebbero acquattarvisi. Alcuni film degli ultimi anni poggiano su questo tipo di orrore: The Others, The Orphanage, in parte Rec, e altri. Nascono in Spagna, dove la morte è (come a Napoli, come in Messico) raffigurazione ossessiva e ammonitrice negli edifici religiosi dagli interni in penombra. L’horror corrente al festival di Ravenna è mediamente più svagato, punta al raccapriccio, al delitto feroce e sorprendente, alla bizzarria sadomaso. Pare, per fortuna, che quest’anno non avremo le solite storie di adolescenti in vacanza in località boscose, popolate da psicopatici, in cui l’unica a sopravvivere è la ragazza dai costumi sessuali morigerati. Questo filone, che peraltro non manca di qualche esempio decoroso (tutto Nightmare, qualche Venerdì 13, Wild Turn, ecc.), ha raggiunto da un pezzo la saturazione. Resta un onesto programma di film pazzeschi, tutti orgogliosamente collocati nella serie B, eccetto uno: Barbe-Bleu di Catherine Breillat, giudicato al festival di Vancouver una rilettura della favola di Perrault particolarmente raffinata e riuscita. C’è chi dice che la sola visione di questo film, che chiuderà la rassegna di Ravenna, varrebbe il viaggio. Non è il mio parere. Al Nightmare Film Fest vale comunque la pena di andare. Ci si diverte e ci si spaventa. E’ lo stesso meccanismo dei “tunnel dell’orrore” dei vecchi lunapark. Ci si siede su un veicolo e ci si lascia
trascinare. Poi si strilla, ci si lascia terrorizzare e si esce con un ricordo indubbiamente “piacevole”. Un paradosso? No. Il sollievo, sensazione gradevole, nasce da un accumulo di sensazioni sgradevoli. E’ bello uscire promossi da un esame che ci ha fatti sudare. Senza sofferenza preliminare il piacere non sarebbe completo. Il cinema horror di medio livello ha questo effetto, a differenza di quello di alto livello, che ti perseguita anche dopo. A Ravenna i due livelli sono mescolati, per cui un certo grado di soddisfazione è garantito, estetico (nel caso dei bei film) o epidermico (dopo brutti film basati sugli effettacci) che sia. Non credo di avere reso il fascino del Nightmare Film Fest ai lettori di questo giornale. Mettete di avere assistito a una puntata di Ballarò con la partecipazione, simultanea, di Ignazio La Russa, di Angelino Alfano, di Maurizio Gasparri, di Renato Brunetta, di Emma Marcegaglia, dello stesso Berlusconi (i quali tutti, senza motivo apparente, si credono più belli di Rosy Bindi). Sconvolti da simili orrori, uscirete nella nebbiosa periferia ravennate, in aree di parcheggio degne di Zodiac, del Figlio di Sam e di altri famosi serial killer americani. Tirerete un sospiro di sollievo: magari vi aspettano altri mostri, ma quelli già noti non sono lì, per il momento. Un piatto di cappelletti (la versione romagnola e appesantita dei tortellini) vi conforterà con l’illusione che il peggio sia passato. Naturalmente l’incubo continua, ma per un poco, assistendo a incubi peggiori e transitori, lo avremo esorcizzato.
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SECONDO TEMPO
il disco di dente
WEEKEND manuale di sopravvivenza
di Biondi, Colasanti, Collo, Pagani e Pontiggia
Parnassus L’ultimo Ledger
¸CINEMA da vedere èèè
Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo Francia Canada/2009. Di Terry Gillian con Larry David, Evan Rachel Wood
Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo, ovvero Terry Gilliam, l’uomo che volle ingannare la morte. La morte di Heath Ledger, alla sua ultima prova, “resuscitato” dal trio delle meraviglie Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell: “Heath è stato il co-regista, la sua scomparsa ha segnato il film, e forte era la tentazione di mollare tutto”, ricorda l’ex Monty Python, avvezzo alle sfortune da set, ma il progetto è stato infine realizzato. Parnassus è un inno alla vita nonostante tutto e un sincero, sofferto peana alle virtù salvifiche dell’immaginazione, in cui personaggio (Parnassus, col volto intenso di Christopher Plummer) e persona (Gilliam e Ledger) si fondono per celebrare la fantasia, il lascito sulla retina di un altro mondo possibile – al netto del lato oscuro, che Tom Waits incarna alla perfezione, con
look dark e mood luciferino. Fantasia che nel progresso tecnologico trova briglia sciolta, ma senza dimenticare il passato: “Non tutto è stato girato in blue screen, e per qualche scena ci siamo ispirati alla cronaca nera, come il ritrovamento di Roberto Calvi impiccato sul Tamigi”. Confermata la sincera visionarietà di Gilliam, rimane da fare un saluto: ciao, Heath. (F. P.) èèè
Lebanon Israele/2009. Di Samuel Maoz con Yoav Donat, Itay Tiran, Oshri Cohen
Il Leone d’Oro della 66esima Mostra di Venezia: Lebanon dell’esordiente regista israeliano Samuel Maoz, che ritorna alla Prima Guerra del Libano sul filo dell’autobiografia: soldato ventenne, il 6 giugno 1982 uccise per la prima volta. Dalla storia allo schermo, sul carro armato di quattro “soldatini”: Shmulik l'artigliere, Assi il capocarro, Hertzel il servente e Yigal il pilota, in missione per perlustrare una cittadina ostile. Dopo Valzer con Bashir del connazionale Ari Folman, alla cui riformulazione estetica del genere bellico, seppur faziosa, Maoz non arriva, un’altra riflessione audiovisiva sui conflitti
ARTE
AVANGUARDIE RISCOPERTE lo spazio austero del Vittoriano ad accogliere, con oltre 500 opere, due fra le avanguardie artistiche del Novecento più eversive e bulimiche, Dadaismo e Surrealismo. Tante opere, forse troppe, con un allestimento denso e ravvicinato che testimonia l’attitudine pantagruelica del curatore, il poliedrico Arturo Schwarz. Per il quale riscoprirli significa mostrare le opere dei tanti artisti meno noti che contribuirono a traformarli in una rivoluzionaria filosofia di vita. Eppure, percorrendo la mostra, lo stupore si concentra sulle prime folgoranti ipotesi di Man Ray e Marcel Duchamp, capaci con un colpo di spugna di sintetizzare in un gesto estremo una spettacolarizzazione delle arti che da quel momento in poi
E’
&
LIBRI
di Israele (il tank non a caso è il fiore all’occhiello di Tzahal…) e sulla guerra in generale: mosso dalla congruenza semantica dell’inglese shoot (sparare e inquadrare), Lebanon si fa cinema non sulla guerra, ma sulla rappresentazione della guerra. Metacinema bellico, che contempla azione e senso della macchina da presa nel mirino del tank, indugiando anche sul vouyerismo (la donna ignuda), e riserva un posto allo spettatore accanto ai quattro carristi, nel buio umido, sporco e impaurito dell’abitacolo-sala. Non un capolavoro, ma un film necessario: forse al cinema, più che alla vita. (F. P.) Heath Ledger nella sua ultima prova, Parnassus
èèè
Di me cosa ne sai Italia/2009. Di Valerio Jalongo
C’era fumo, in quelle sale. Nuvole e discussioni. Era il cinema, italiano e non solo, prima dell’avvento della televisione. Poi agli oscuri oggetti del desiderio, si sostituì una scatola. Telecomando, accensione, ipnosi collettiva. “Di me cosa ne sai”, racconta un’illusione tramontata troppo in fretta. Attraverso le voci cancellate di registi che, quell’arte,
Jean Arp Torso con testa con fiori, 1924
avevano trasformato in preziosa divulgazione, Valerio Jalongo rispolvera il lusso della domanda. Pasolini l’aveva previsto ma non fece in tempo a confermare la propria visione. Un atto di amore proiettato verso ciò che è rimasto indietro. Corridore doppiato, perdente per sproporzione di mezzi, verità annegata in una lobotomizzazione costante. Passato a Venezia nelle giornate degli autori, il documentario tenta l’approdo in sala. C’è burrasca all’orizzonte, gettare una cima a riva somiglia a una salita faticosa. (M.P.) èè
Io, Don Giovanni
non cesserà più. Ancora oggi la Gioconda con i baffi e i primi ready-mades, la celebre fontana e la ruota di bicicletta di Duchamp, il ferro da stiro con i chiodi di Man Ray, il masso sospeso di Magritte rappresentano la sintesi totale di queste due avanguardie: il potere degli accostamenti, il trionfo dell’idea sul materiale, la possibilità di capovolgere retoriche centenarie a favore di materiali mai ritenuti degni e la relativa, mai più reversibile, invasione dell’arte nella vita quotidiana. (C .C .)
Dada e Surrealismo riscoperti. Complesso del Vittoriano, Roma. Lun_giov: 9.30-19.30 ven_sab 9.30-23.30 dom 9.30_20.30
Austria, Italia, Spagna/2009. Di Carlos Saura con Lorenzo Balducci, Lino Guanciale
Obiettare l’allitterazione, sarebbe come criticare Visconti per la magnificenza delle scenografie. Carlos Saura ha 77 anni. Aggiunge, inventa e colora, da sempre. Fedele membro di una squadra eterogenea che per gusti, tendenze e passioni, da De Oliveira a Clint Eastwood, gioca a nascondino con l’età, Saura gira senza soluzione di continuità. Basco, sciarpa, ciak, azione. Il suo ventesimo film, passato in rassegna a Roma, si concentra sul latifondesco terreno mozartiano. Lontano dall’essere considerato preistorico, il tema ha visto esercitarsi registi di tutte
le genìe. Sepolti i tempi e la denuncia sociale di “De prisa, de prisa” l’Orso d’oro catturato all’alba degli ’80, Saura cambia continente. In un musical atipico, tra palcoscenico e retro, vita e opera, reale e immaginato, Carlos rielabora tratti mitologici, offrendo come sempre uno spettacolo onirico. Di Lino Guanciale, strepitoso, sentiremo parlare. (M.P)
da non vedere è
Oggi sposi Italia/2009. Di Luca Lucini, con Luca Argentero, Moran Atias
L’industria pretende pallidi epigoni di una stagione lontana. La commedia all’italiana conobbe pagine migliori ma il tentativo di non scivolare ineluttabilmente nel peto per provocare un sorriso, merita comunque attenzione. Lucini conosce benissimo le tecniche di base e muove macchina e personaggi senza incertezze. Dietro il denaro di Universal e Cattleya, la storia non è costretta al kammerspiel. Quattro matrimoni fotografati nel disamorante calvario dei preparativi. La neo stella Argentero mastica uno straniante pugliese da tavoliere, gli ambienti trasudano sfarzo produttivo, ogni tanto si sorride ma le trovate, risultano più prevedibili della confezione. Verdone rimane di un altro pianeta. (M.P.)
MENDOZA E BARCELLONA, CITTÀ DEI PRODIGI
Da leggere èèè
Stirpe Marcello Fois Einaudi, 2009
E’ proprio il momento degli scrittori di origine sarda. E nel panorama italiano tra i più capaci, senza dubbio. La Murgia, Niffoi, la Agus - senza dimenticarci del grandissimo Sergio Atzeni, prematuramente scomparso – e Marcello Fois, autore, tra gli altri, di Ferro recente, Dura madre, Memoria del vuoto, Sempre caro, e ora di questo notevole Stirpe: storia di una famiglia sarda che inizia nel 1889, quando Michele Angelo, fabbro diciannovenne, incontra Mercede, sedicenne “cesellata e magnifica, col viso perfetto” e dai capelli così corvini che paiono blu. Si sposano, e daranno inizio a una “stirpe” che attraverserà due secoli di profondi cambiamenti, di guerre, di piccole e grandi sventure, ma
sempre percorsa da una volontà indomabile, perché “non c’è genia, da che mondo è mondo, che sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime”. La storia di un micromondo, di un “fazzoletto di terra” in cui passa una storia minuscola.
Da rileggere
cellona, 1943) la “trascrizione della memoria collettiva di un’intera generazione” vista attraverso gli occhi e le avventure di Onore Bouvila, che da povero contadino si trasformerà in uno degli uomini più ricchi di Spagna.
Da non leggere Il vincitore è solo
La città dei prodigi
Paulo Coelho trad. R. Desti, Bompiani 2009
Questo romanzo era stato pubblicato da Longanesi nel 1987. Ora riappare con una nuova traduzione senza del resto aver perso un briciolo della sua grande bellezza. La città dei prodigi è Barcellona, negli anni a cavallo tra le due esposizioni universali del 1888 e del 1929, ma non è un romanzo storico, è, come ha detto Mendoza stesso (Bar-
LA STORIA DI ONORE BOUVILA, TRASCRIZIONE DELLA MEMORIA COLLETTIVA DI UN’INTERA GENERAZIONE
CD in uscita
³
è IF ON A WINTER’S NIGHT… Sting Già abbracciando il jazz col suo primo album solista “The Dream Of The Blue Turtles”, l’ex insegnante di Newcastle dichiarò che avrebbe accontentato il pubblico dei Police solo al 50%. Promessa mantenuta con “Songs From The Labyrinth” e con questo nuovo album dedicato all’inverno, alle sue ballate tradizionali ispirate nella storia. Sting riprende tre delle sue canzoni edite, “Hounds Of Winter” e i bside “Lullaby For A An Anxious Child” e “Gabriel’s Message”, cita Shubert e Bach. Preparatevi, è musica da meditazione.
è
èèèè Eduardo Mendoza trad. G. Maneri. Giunti 2009
è STINA NORDENSTAM And She Closed Her Eyes1994 - East West Ognuno di noi ha un disco da ascoltare guardando dalla finestra mentre fuori piove. Bene, questo è il mio. Se poi la temperatura si abbassa e inizia a nevicare, meglio ancora. Sarà che Stina Nordenstam è una ragazza minuta dalla faccia strana, che arriva da Stoccolma e che a vederla viene voglia di cappotti e strade imbiancate, ma io non riesco a pensare a questo disco lontano dall'inverno. La voce è freddo pungente soffiato nelle orecchie e la musica è un camino acceso che scoppietta, i cori stanno sul vetro della finestra a disegnare mosaici dai colori pallidi: sembra jazz alieno. Ciò che colpisce subito è il timbro di voce e il modo di cantare che sembra quasi sussurrato, il tono è alto, fanciullesco, inquietante ma allo stesso tempo rassicurante. Un disco dilatato quanto basta, perfettamente minimo e acusticamente caldo in cui Stina scrive, suona chitarra, piano, percussioni, arrangia, produce e canta con una pronuncia inglese difficile da decifrare. Sembra di trovarsi al cospetto di un piccolo genio arrivato dal ghiaccio, capace di rapire l'ascoltatore e trasportarlo tra le note delle melodie in un volo ad occhi chiusi, penetrando in atmosfere uniche. Si sente il vento, il soffio di chi suona gli strumenti a fiato e il fiato di chi canta, lo sgocciolio delle stelle ricoperte di rugiada in una fredda alba svedese. Un disco pieno di magia, che sembra piovuto dal cielo, nascosto tra mille fiocchi di neve bianca, per riscaldare il cuore.
Il risvolto di copertina dice: “E’ considerato uno degli autori più importanti della letteratura mondiale”. Ma non si possono confondere le tirature con la maestria. Coelho ha sì venduto oltre 100 milioni di copie – buon per lui e per la sua agente -, ma sicuramente non lascerà traccia nella storia delle lettere. E nemmeno con questa sua ultima fatica: un inutile e noioso thriller alla Faletti), ma se ne differenzia mettendo, nell’ordine, a pagina 5 una dedica esilarante (“Per N.D.P., incontrata sulla terra per mostrare il cammino del buon combattimento”), a pagina 6 un’invocazione alla Madonna, e a pagina 7 un passo tratto dal Vangelo di Luca. Non c’è più religione ( P. C.)
è LIVE AT THE OLYMPIA IN DUBLIN Rem Il gruppo di Michael Stipe pubblica i 39 brani (due inediti) suonati nel 2007 poco prima di Accellerate. Attraverso due cd e il dvd (tecnicamente un gioiello) la band ripropone soprattutto le canzoni più care ai fan della prima ora: “So Central Rain” dal vivo è pura catarsi col pubblico. Ci sarà un motivo se in tanti anni di carriera i Rem sono sempre riusciti a volare alto, niente di cui vergognarsi. (G. B.)
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SECONDO TEMPO
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TELE COMANDO TG PAPI
Imbarazzo Marrazzo di Paolo
Ojetti
g1 T Non era mica un telegiornale, sembrava piuttosto un mattinale della questura. Si comincia con i 4 carabinieri che volevano estorcere 80.000 euro a Piero Marrazzo in cambio di un filmino “compromettente”. Si prosegue con un altro passo dell’inchiesta rifiuti a Napoli: truffa ai danni dello Stato, peculato aggravato e una sfilza di altre ipotesi di reato per Bassolino e il prefetto Alessandro Pansa. Si avanza con altri interrogatori per fare luce sulla “cupola” Mastella, appalti sospetti, raccomandazioni a pioggia, incarichi d’oro. Ma la cosa più inquietante era nascosta nel pastone politico di Bruno Luverà: tutti “solidali” con Marrazzo (fin qui tutto bene), ma la solidarietà del centrodestra punta – anche scopertamente – a trovare (e qui tutto ma-
le) larghe “intese” per difendere quella che Gian Antonio Stella definirebbe l’ultima “casta” della seconda repubblica. g2 T Se il fratello maggiore, il Tg1, è andato cautissimo, il fratello minore, il Tg2, affronta il caso Marrazzo a passo di carica. Per carità, nessuna posizione colpevolista, ma si precisa che il “ricatto” al presidente della regione Lazio è nato da un filmino a “luci rosse, in cui il presidente sarebbe stato ripreso durante un rapporto sessuale mercenario”. Anche senza certezze sul video la cronaca del Tg2 riprende la notizia (anche questa smentita da Marrazzo) che sono stati pagati “quattro assegni da 20.000 euro”. Marrazzo, in diretta, ha respinto ogni accusa, ogni sospetto e ogni ipotesi di dimissioni: ma la campagna elettorale per la regione Lazio è aperta. Come la caccia.
g3 T Marrazzo scivola (e con lui le scelte del Tg3) a centro pagina (“non ho subito ricatti, tutto quello che si dice non è a mia conoscenza”). L’apertura è netta, sembra il titolo di una prima pagina della carta stampata: “C’è un problema Tremonti nel governo”. E quale sarebbe questo problema? Il servizio (il pastone, con il solito circo di Donadi, La Russa, Bocchino, Capezzone, Bricolo, Cota, Cesa, aiuto, sta scomparendo ed era ora) spiega che il ministro dell’Economia ha “una serie di domande da porre a Berlusconi” (qui le famose “dieci domande” non c’entrano) e, soprattutto, gli pone davanti la questione delle questioni: vuoi spendere soldi e promesse per acchiappare voti alle regionali? Nessun problema, io taglio la spesa pubblica, ma non aumento il deficit. Il Tg3 sta anche intervenendo nelle “primarie” del Pd (si vota domenica, ma ancora non si vedono i “seggi”) con interviste di Bianca Berlinguer ai candidati. Ieri è stato il turno di Bersani.
di Luigi
Galella
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Brachino versione Blob
opo la quotidiana narcosi televisiva, la sera arriva il risveglio, l’elettroDshock. E’ “Blob” (Rai 3, 20.00). Che decostruisce, smonta, ricompone. Che usa ogni possibile effetto cinematografico per rivitalizzare il corpo appesantito della tv. E sembra che giochi, ma fa terribilmente sul serio. La puntata di mercoledì aveva per titolo “Gran Turchese” e iniziava con l’immagine di Claudio Brachino, (conduttore di Mattino 5) che si rivolgeva ai telespettatori con la domanda: “E allora?”, quindi argomentava che le immagini erano realizzate in luoghi pubblici, in un definito contesto spazio-temporale, che “il pedinamento ossessivo è un’altra cosa e che a lui erano stati riservati termini, anche dai colleghi, come: “servo, killer, vergogna, barbarie”. Chi non abbia conoscenza del contesto non saprebbe di che cosa parla il giornalista, ma immediatamente dopo vediamo un pinguino in 3D che danza sul ghiaccio. Che c’entra Brachino? Che cosa vuol dirci Blob, col suo montaggio spiazzante? Non sappiamo. Intanto registriamo che è bello vedere quel giornalista, che cerca argomenti a suo discarico e immediatamente dopo un pinguino che danza sul ghiaccio. E più ci ragioniamo, più ci sembra di trovarlo, in una sensazione, in una vaga allusione, quel nesso. E proviamo anzi a sostituire mentalmente la sua immagine con quella del pinguino, Claudio Brachino
e ci pare che sia proprio così che deve essere. In sequenza, vedremo il giudice Mesiano e la voce della cronista che ne commenta le “stranezze”. E poi Chiambretti che intervista una giovane attrice. La deposizione di Samanta G. vittima dello stupro di R. Polanski. E quindi ancora Silvio Berlusconi, che stringe le mani a delle giovani ragazze: “Come stai Cristina, stai bene?” Tutto sembra caotico, frutto del caso, e tutto in realtà acquista un nuovo ordine. urioso che il programma più rivoluCantichissima, zionario della tv riprenda un’allegoria che racconta Platone ne “La Repubblica”. Ci sono dei prigionieri incatenati dall’infanzia in una profonda caverna. Possono solo fissare il muro che hanno di fronte, ma non voltarsi dietro. Alle loro spalle, un muricciolo ad altezza d’uomo e dietro, coperti, degli uomini che trasportano statue, che raffigurano ogni genere di oggetti. Ancora più indietro, un grande fuoco, e in alto il sole splendente. Coloro che sono costretti a fissare il muro scambiano le ombre proiettate per la vera realtà, ma se avessero la possibilità di rompere le catene e risalire indietro dall’antro della caverna potrebbero scoprire che così non è. Scoprirebbero cioè che quelle immagini erano la finzione e che la realtà è un’altra. Di fronte alla tv, sembra suggerirci “Blob”, siamo tutti come di fronte a quella parete che riflette ombre. L’invito implicito, come nel formidabile “The Truman show”, è di squarciare il cielo dell’inganno, smontando e rimontando la realtà.
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MONDO Si dimetterà anche il leghista? iovedì 15 ottobre il titolo della gazzetta della famiglia Berlusconi (Il Giornale) era a tutta pagina “Vogliono uccidere Berlusconi”. “Un dirigente del Pd cerca un killer che spari al premier” il sommario. Chi era il killer in questione? Un ragazzo di 22 anni, di Modena, che aveva scritto sul suo profilo Facebook “possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi?”. Il ragazzo era segretario del Pd di Vignola e membro della segreteria provinciale del partito. Appena accortosi della stupidaggine fatta, aveva subito chiesto scusa e lasciato tutti i suoi incarichi. Apprendiamo invece che sorte diversa tocca a Mauro Manfredini Non un ragazzo giovane e inesperto, ma un signore del 1942 attualmente capogruppo della Lega Nord alla Regione Emilia-Romagna e consigliere comunale a Modena (“iscritto alla Lega Nord dal 1993” scrive sul sito della Regione). Manfredini era uno degli iscritti al gruppo Face-
G
WEB
di Federico
è ARRIVA LA “SOCIAL MAIL” ESCLUSIVA DI TISCALI
Mello
è I GRUPPI FB CAMBIANO NOME ORA: “SILVIO RISPONDI ALLE DOMANDE”
Continua la stucchevole telenovela dei gruppi Facebook che inneggiavano alla morte di personaggi pubblici. Notizia positiva: il gruppo “Uccidiamo Berlusconi” si è trasformato in “Berlusconi ora che abbiamo la tua attenzione rispondi alle nostre domande”; quello “A morte Marco Travaglio” in “Marco Travaglio tutta la vita”. Notizia negativa: è comparso un altro “Uccidiamo Berlusconi”. Ma d’altronde è noto che la mamma dei cretini è sempre incinta.
Leggere una mail e pubblicarla istantaneamente sul proprio account Facebook, o Twitter, o su qualsiasi altro social network: ora è possibile. É l’azienda italiana Tiscali a lanciare la “social mail” che permette una perfetta integrazione tra posta privata e profili pubblici. L’utente potrà a scegliere quali mail pubblicare sui social network e cosa pubblicare di queste (potrà modificare oggetto, testo, ecc.). Uno strumento che faciliterà ulteriormente segnalazioni e condivisione.
Si chiamano “Il movimento degli invisibili” e sono capitanati dal Jack Folla radiofonico Diego Cugia. Si definiscono “un movimento di resistenza culturale che privilegia le libertà di pensiero, la condivisione della conoscenza, il potere delle idee, rispetto al potere politico dei singoli e al pensiero unico mediatico; l’essere all’apparire; il noi all’io; il bene collettivo al tornaconto personale”. Si vedranno oggi a Roma, all’hotel Clodio, per il loro primo congresso.
book “Sopprimiamo Franceschinì". Ora si giustifica: "è evidente che la parola 'sopprimere” viene usata dal punto di vista politico”. A quanto riferisce l’Ansa, nessuno gli ha chiesto ancora di dimettersi né tanto meno lui si dice pronto a lasciare i suoi incarichi. Due pesi e due misure insomma.
è COMMENTI AL POST Facebook: "Uccidere Travaglio - Diritto all'idiozia”
“Vecchio arnese di Topo Gigio'' perche' questo odio? perche' questo livore...il nostro povero topo gigio.... non sono d'accordo su questa frase... (Roberto) Secondo voi da cosa nasce così tanta violenza?A mio modestissimo parere dal fatto che non riuscendo più a battere l'avversario con le parole, il ragionamento ed i fatti (perchè fondamentalmente si ha torto) allora lo sia attacca, lo si perseguita e gli si logora il cervello con una continua e pressante violenza psicologica! (Marco Tuzzolino)
sarx88
è MOVIMENTO DEGLI INVISIBILI IL CONGRESSO FONDATORE
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L'assurdità è che si inveisce contro i blogger/gruppi facebook/webbame vario ed eventuale, ma nessuno si permette di sottolineare il fatto che tra la maggioranza ci sono moltissimi politici di spicco che inneggiavano all'omicidio o all'odio(anche raziale). (Napoleon)
La classifica Fortune, Franco Battiato, il leghista Manfredini, il movimento di Cugia
è I RAGAZZI DELLA RETE ALLA RIBALTA LA CLASSIFICA DI FORTUNE E L’ITALIA
La rivista Usa Fortune pubblica ogni anno la classifica degli uomini più ricchi del mondo. A breve uscirà anche quella di quest'anno, ma intanto è uscita la lista dei 40 uomini d'affari “emergenti” più importanti dell'anno: “the 40 of business's hottest rising stars”. La notizie è che a farla da padrone sono tutti i “ragazzi della rete” americani e, contando gli ex-equo, tra i primi dieci almeno sette sono imprenditori di Internet. Al primo posto ci sono i fondatori e amministratori delegati di Google, Larry Page and Sergey Brin, entrambi di 36 anni; al secondo il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, che di anni ne ha 25; al quinto Biz Stone (35) e Evan Williams (37), cofondatori di Twitter; poi troviamo Jason Kilar (38) di Hulu, e Marc Andreessen (38). Bisogna dire come nella stessa lista ci sono anche due “figli di”: al terzo posto James Murdoch, il figlio minore di magnate Rupert, e Aditya Mittal figlio del magnate dell’acciaio Aditya Mittal. Nonostante ciò, a paragone del nostro paese, questa classifica appare lunare. Negli Stati Uniti, anche ai “figli di nessuno” basta una buona idea per trovare fondi a disposizione e mettere in pratica il proprio talento. In Italia sono solo “i figli di”, i rampolli Berlusconi, Geronzi, Caltagirone, De Benedetti, Colaninno, Guidi a farla da padrone. E un capitalismo familista è per definizione nemico è BATTIATO È TORNATO dell’innovazione. GLI “EXTRA” DEI GOVERNANTI “Uno dice che male c’è a organizzare feste private/ con belle ragazze per allietare primari servitori dello Stato/ è ARRIVA IL COMPUTER 3D non ci siamo capiti, e perché E GIÀ SUL MERCATO PRODOTTO DA ACER dovremmo pagare/ anche degli extra A casa, davanti al computer, come in una a dei ricoglioniti/”. Queste alcuni multisala 3d. É la taiwanese Acer a lanciare versi del nuovo singolo di Franco sul mercato un computer portatile che Battiato, Inneres Auge, tratto permette di guardare filmati e immagini in tre dall'omonimo album che uscirà il 13 dimensioni. novembre. Il brano è una “web Il pc utilizza la tecnologia Acer3D Cinereal esclusiva” del magazine XL sviluppata appositamente anche se necessita (xl.repubblica.it). Nel brano Battiato dell'utilizzo di un paio di occhiali con lenti mette alla berlina ipocrisie private e polarizzate. Per visualizzare filmati in 3d, pubbliche corruzioni che sono inoltre, bisognerà usare un software in emerse in questi mesi; così come nel dotazione con il computer: TriDef Media 1991 con “Povera Patria”, denunciava Player. Il portatile, comunque, potrà essere corruzione e degrado morale alla utilizzato come tutti gli altri computer ed è vigilia di Tangentopoli e delle bombe “dual-boot” ovvero al momento su può mafiose contro Falcone e Borsellino. scegliere se farlo partire con Android o con il nuovo Microsoft Windows 7. Costerà in Euro 999 euro.
E' gravissimo. Ho sentito oggi per radio e la cosa ha dato molto dolore a mia figlia che ha sei anni che:Berlusconi non era l'unico nel mirino killer dei gruppi facebook ma c'erano anche hello kitty, patty (del mondo di patty), e che dolor: virgola, il gattino della suoneria dei cellulari....che mondo!!!! dimenticavo: esiste anche un gruppo che vuole uccidere i teletubbies....... (Calimera) Guardate la differenza di reazioni allo stesso stimolo di Marco Travaglio e Silvio Berlusconi: Travaglio liquida la faccenda come una delle tante idiozie che chi vive in un paese libero è autorizzato a fare finché rispetta la legge. Perché Berlusconi ha scomodato addirittura Alfano per fomentare un clima di paranoia e persecuzione che neanche Stalin? (Lucy) Non capisco chi sostiene che "deve" sopportare Travaglio! Ve l'ha forse ordinato il medico di leggere i suoi articoli? Vi sfonda la porta di casa imponendovi la sua presenza? Vi costringe forse a subire le leggi che fa approvare in Parlamento a colpi di voti di fiducia? (Sandro59) Nel momento di "massimo splendore" il gruppo Fb AntiTravaglio contava, credo, 86 membri. Solo che almeno un'ottantina si erano iscritti solo per sfanculare l'ideatore ;-) (Abesidè) A mio avviso, tutto questo 'intrigo' su facebook, è stato impostato volutamente da coloro che hanno interesse a 'sigillare' internet che è una delle pochissime fonti di informazione libera che non è ancora sotto il controllo del regime che si è instaurato in Italia. (Ettore Baretton)
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SECONDO TEMPO
battibecco
PIAZZA GRANDE Se gli aeroporti copiano le autostrade di Marco
Ponti *
a (non) santa alleanza tra pubblico e privato rischia di schiacciare i nostri aeroporti sul modello autostradale, notoriamente poco virtuoso. Se ne discute poco, con tutta l’attenzione mediatica concentrata sul problema dello smarrimento dei bagagli, ma ciò che sta succedendo negli scali italiani è quantomeno paradossale. Della qualità e del costo dei sevizi forniti - nel complesso modesti - sembra importare assai poco alle nostre autorità di settore. In compenso, conta sempre di più una sola logica: fare molti investimenti sempre e comunque. Anche se la crisi attuale li rende certamente non tutti inutili, ma
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La non santa alleanza tra pubblico e privati sembra destinata al “successo” anche nel settore aeroportuale Il tutto, naturalmente, a danno del cittadino-utente neppure tutti urgenti. E forse per questa peculiare pulsione ad annunciare grandi investimenti vi sono solide spiegazioni economiche. Innanzitutto, negli aeroporti gli investimenti sono potenzialmente molto redditizi e privi di rischi reali, in quanto garantiti dalle tariffe che pagano i passeggeri, direttamente o indirettamente. Quando compra un biglietto aereo, il passeggero sovente ignora che sta pagando anche gli aeroporti, sia per la gestione che per gli investimenti. Mentre chi prende il treno non paga nemmeno tutti i costi di gestione. Gli aeroporti sono in parte pubblici (la Sea ad esempio è del comune di Milano) e in parte a capitale misto come Torino, Firenze e Venezia, o completamente privati come gli Aeroporti di Roma della famiglia Benetton. I fratelli di Ponzano Veneto sono anche concessionari di Autostrade per l’Italia, che gestisce il 70% del traffico autostradale a pedaggio nel nostro paese. E anche degli investimenti autostradali gli utenti ne pagano la gran parte e, in alcuni casi, persino molto più del 100%. Perché anche qui ci sono molte autostrade pubbliche o semipubbliche. Dunque, aeroporti e autostrade sono potenzialmente grandi fonti di reddito, pubblico e privato, e gli utenti hanno poca scelta e non sanno esattamente se pagano il giusto oppure no. Questa situazione genera una spinta a un’alleanza pubblico-privato assai poco innocente, dove si riesce a massimizzare i ritorni economici, senza contraccolpi di
consenso sociale. Insomma, un capolavoro di marketing e sedicente “capitale di rischio”. la redditività delle inPpolierò frastrutture (dette “mononaturali”) dovrebbe essere oggetto di regolazione pubblica, come l’energia o le telecomunicazioni, per difendere gli ignari utenti da possibili spoliazioni dei monopolisti (“rendite di monopolio”), o dalle loro inefficienze se prevalgono obiettivi politici, come l’eccesso di forza lavoro, i consigli di amministrazione gonfiati, gli appalti e subappalti a imprese “amiche”. Inoltre, visto che anche gli investimenti li pagano gli utenti, il regolatore pubblico dovrebbe verificare che si facciano solo quelli necessari, e senza sprechi di sorta (ai minimi costi, non con granito rosso di Svezia e moquette di vero leopardo). Da qui, la necessità della creazione di autorità indipendenti di regolazione, invise sia ai monopolisti che alla sfera politica, che non ha molto voglia di regolare se stessa e rinunciare alle relative rendite. Nel caso dei trasporti, la politica si è adoperata con successo per evitarne il varo, anche se c’era un vago impegno nel programma di Romano Prodi. Tornando agli aeroporti, recentemente è stato deciso un curioso aumento “ponte” delle tariffe che devono pagare gli utenti: tre euro per quelli grandi; due per quelli medi e uno per quelli piccoli. Questo, senza alcuna verifica se le diverse gestioni aeroportuali siano efficienti o no. Insomma: aumenti uguali per tutti, efficienti e inefficienti, in attesa di firmare poi i soliti “contratti di programma” di lunghissima durata. L’Antitrust si è vanamente opposta a queste lunghissime durate, che generano uno strapotere negoziale dei concessionari, senza alcuna motivazione tec-
nica, ed eliminano la possibilità di bandire gare periodiche per l’affidamento delle concessioni. Inoltre, questi “contratti di programma” saranno tutti centrati sui futuri investimenti, ma dell’efficienza gestionale si parla pochissimo. ra, l’organo di regolazione Omancante “facente funzione” della autorità, ovvero l’ Enac, dichiara di essere in difficoltà a valutare anche solo i piani di investimento che gli saranno sottoposti. Quegli aumenti arbitrari rischiano così di diventare permanenti. Le compagnie aeree ovviamente protestano, ma l’assenza di un’Autorità indipendente li priva di un avvocato essenziale. E lo Stato ha già dimostrato
di poter intervenire pesantemente, e contro le regole del mercato, nella vicenda Alitalia. Logico, allora, essere molto prudenti. D’altronde anche per la regolazione delle autostrade è andato in scena un film molto simile: dopo lunghissimi conflitti e dibattiti, la regolazione stessa del settore è stata di fatto cancellata; gli investimenti saranno fatti direttamente dai concessionari (“in house”) e pagati dagli utenti sostanzialmente a piè di lista. Questa non santa alleanza tra pubblico e privati sembra perciò destinata a un analogo “successo” anche nel settore aeroportuale. Il tutto, naturalmente, a danno del cittadino-utente. * Ordinario di Economia Applicata al Politecnico di Milano (FOTO ANSA)
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di Massimo
Fini
PREFERISCO IL BURQA S
ono d'accordo con l'appello pubblicato da Repubblica ("Quell'uomo ci offende, fermiamolo") lanciato da Michela Marzano, Barbara Spinelli, Nadia Urbinati contro l'uso che Silvio Berlusconi fa del corpo della donna e della donna stessa. E come non esserlo? Ma Marzano and company sorvolano pudicamente sul "lato B" della questione. Che ha due aspetti. Il primo èche non ci sarebbero corruttori se non ci fosse chi è disposto a farsi corrompere. Il secondo trascende lo squallore di Berlusconi e delle sue girls ed è più generale. In questi decenni il femminismo ha battuto sempre e solo il chiodo del ricatto maschile sui luoghi di lavoro, che c’è, naturalmente, ma non si è mai occupato di quello che nel mio "Dizionario erotico" ho chiamato il "Fica Power", cioè del potere di cui molte donne (che nelle relazioni sessuali, a parità di condizioni, si trovano in una posizione di grande vantaggio perché il maschio, per ragioni antropologiche poi diventate culturali, si trova dalla parte della domanda) fanno uso, strumentalizzando il proprio corpo, per fare carriera e ottenere altri inammissibili vantaggi, nelle aziende, nello spettacolo, in tv, nel giornalismo e in ogni luogo di lavoro (forse solo il teatro fa eccezione, perché in teatro la prima attrice può essere anche l'amante del regista ma se è una cagna le sale sono vuote). Ma del "Fica Power" non si può parlare. È il tabù dei tabù. Un'intollerabile offesa all'immagine della donna che nel nostro mondo è ridiventata, come nell'Ottocento ma per motivi diversi, un essere angelicato, mondo da ogni zuzzura. La donna sempre vittima. Invece è anche carnefice. E quelle che utilizzano il "Fica Power" lo sono innanzitutto nei confronti di tutte le altre donne che sui luoghi di lavoro si comportano con correttezza, perché ne ledono i diritti (alle pari opportunità) e ne mortificano le legittime ambizioni. e professioniste del "Fica Power" sono di gran lunga peggiori delle prostitute da strada e persino delle escort. Perché mentre queste sono dichiarate e si assumono la responsabilità di essere ciò che sono, le prime, oltre a trarre vantaggi ben più consistenti di 300 o 1000 euro, agiscono in modo occulto, subdolo, indimostrabile. Sono puttane che non possono nemmeno essere chiamate tali. Infine “l'uso del corpo della donna” non l'ha inventato Berlusconi. Sono decenni che in Occidente noi vendiamo questo corpo a pezzi e bocconi, come quarti di bue in macelleria, nelle nostre pubblicità, nei nostri giornali, nei nostri film. E su questo aspetto, care Marzano, Spinelli, Urbinati, non ho sentito da parte vostra che qualche vagito. Business is business. E abbiamo anche l'improntitudine di indignarci, di scandalizzarci, di fare il ponte isterico, di gridare alla lesa democrazia quando, presso altri popoli, di cultura diversa dalla nostra, che hanno un'altra concezione della dignità della donna, si vietano show che strumentalizzano il corpo femminile. Preferisco il burqa.
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L’Europa con la toga di Luigi De Magistris
a nuova legislatura del Parlamento Europeo potrà avere un ruolo fondamentale nel contrasto al crimine organizzato. Il compito dei parlamentari italiani - ovviamente di quelli che hanno a cuore tali questioni - è decisivo nel far comprendere ai colleghi degli altri 26 Stati dell'Unione quanto le mafie rappresentino una vera e propria emergenza democratica non solo per l'Italia - dove ormai è un vero e proprio cancro che corrode le Istituzioni - ma per l'Europa. Il trattato di Lisbona che potrebbe essere operativo nel 2010 rafforza i poteri del Parlamento Europeo anche con riferimento ai settori della giustizia, della sicurezza e della cooperazione giudiziaria. Le mafie, attraverso il riciclaggio di somme enormi di denaro sporco, hanno ormai inquinato l'economia e la finanza in Europa condizionando il settore immobiliare, le attività nelle borse, il settore commerciale, l'edilizia, il business delle ecomafie, in pratica non siamo più in grado di affermare dove termina l'economia legale e quando comincia quella il-
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Il trattato di Lisbona rafforza i poteri del Parlamento europeo anche su giustizia, sicurezza e cooperazione giudiziaria
legale. Il prodotto interno lordo dei vari Paesi é inquinato da somme ingentissime provenienti dai crimini più efferati. Le mafie sono penetrate, anche attraverso il controllo e la gestione di parte significativa della spesa pubblica, finanziamenti europei compresi, nei gangli vitali delle Istituzioni.
sidente della Commissione controllo dei bilanci penso ad alcuni obiettivi sui quali stiamo già lavorando alacremente. L'istituzione del Procuratore europeo, del quale va garantita piena indipendenza, con compiti non solo di impulso e di coordinamento nei riguardi delle Procure degli Stati membri, ma con poteri investigativi nel settore del crimine organizzato e e immani risorse pubbliche destinate dall'Ue - in della lotta alle frodi ed alla corruzione. Il rafforzamenvariegati settori che vanno dal lavoro alto del ruolo dell'Olaf (uffil'ambiente, dai trasporti alle infrastrutture, cio antifrode) che dovrà dalla salute all'economia - sono state colte avere sempre maggiori gacome ghiotta occasione per il crimine orranzie di indipendenza, rididi ganizzato per trarre profitto andando a segnando il suo ambito di braccetto con la politica e consolidando Avvicinandosi il 25 dicembre, operatività con riferimento collusioni ramificate anche con le struttu- decine di migliaia di teneri abeti anche ad Eurojust ed Eurore addette ai controlli di legalità. Per con- vengono strappati dai boschi pol (evitando dannose sotrastare una criminalità organizzata così della Penisola per allestire il vrapposizioni). Un ruolo forte, penetrata nell'economia e nella po- tradizionale albero di Natale. particolarmente incisivo litica tanto da condizionare il funziona- Ogni anno lo scempio si ripete, della Commissione controlmento democratico delle Istituzioni, non é tra la generale indifferenza. lo dei bilanci sulle modalità più sufficiente l'azione dei singoli Stati - in Soppresso l'Ente protezione con cui sono stati impiegati Italia, peraltro, il livello di collusioni tra ma- animali, figuriamoci se i fondi europei e, quindi, i fie e politica e tra mafie ed istituzioni rende qualcuno ha voglia di casi di frodi e corruzioni, acmolto ardua l'impresa in quanto il crimine proteggere gli alberi. certando commistioni tra organizzato non di rado assume il volto del- Diciamo la verità: la crimine organizzato e spesa lo Stato - ma c'è bisogno di un'azione che sola pianta che pubblica. E tutto ciò non riprovenga dall'Unione Europea. Ed é per interessi all'italiano guarda solo l'Italia: affari ilquesto che in Europa é cominciata una le- medio è la pianta leciti, ai danni dei contrigislazione piena di speranze e di aspetta- stabile buenti europei, vengono tive con riguardo al contrasto al crimine Controcorrente, 19 dicemconsumati anche in altre naorganizzato. Sotto diversi profili. Da Pre- bre 1979 zioni.
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LA STECCA INDRO
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SECONDO TEMPO
MAIL Io, licenziato a 52 anni non so più che fare Mi chiamo Elio e ho 52 anni. Il 31 dicembre 2008, dopo 10 anni, sono stato licenziato dalla mia azienda insieme ad altri quattro colleghi, senza alcuna giustificazione e soprattutto senza alcun motivo, tanto da indurmi a rivolgermi ad un avvocato per cercare giustizia. Ma, dopo due convocazioni, in cui la controparte non si è neppure presentata, l'azione giudiziaria ha subito un rinvio a data da destinarsi. Al di là di ogni prevedibile stupidaggine raccontata dalla nostra classe dirigente, la categoria a cui appartenevo (servizi) non prevede ammortizzatori sociali (cassa integrazione) ed ho quindi usufruito dell'indennità di disoccupazione che, vista la mia età, sarà fortunatamente erogata per 12 mesi. La mia età rappresenta però un handicap quando si va alla ricerca di un nuovo posto di lavoro: nessuno si prende la briga di assumere un cinquantaduenne proveniente da un settore privo di professionalità (ero un operaio facchino) nonostante il mio buon vecchio titolo di studio di diploma in meccanica di precisione ed altre esperienze trascorse. A dicembre l'indennità terminerà ed io non so più cosa fare. Esiste un qualche provvedimento orientato verso la tutela delle persone, come me, troppo vecchie per lavorare e troppo giovani per andare in pensione (nè carne, nè pesce), o sarò costretto ad "inventarmi" un lavoro (onesto o disonesto chissenefrega) che mi permetta di sopravvivere? Elio Cremi
Silvio nella storia con il ponte Berlusconi Mi sono fatto un’idea del perchè Berlusconi sia così ostinato alla costruzione del ponte sullo stretto. Come tutti i grandi statisti che hanno segnato l'epoca anche lui vuole lasciare un segno tangibile del suo passaggio nella storia italiana.Il ponte sullo stretto sarà
BOX A DOMANDA RISPONDO L’ITALIA SENZA REGOLE E LA POLITICA DEI VELENI
Furio Colombo
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aro Colombo, c’è qualcosa che sfugge ai tanti più o meno esperti commentatori che si esercitano sul “Papello”, le richieste che la mafia voleva imporre allo Stato negli anni Settanta. E’ la volontà espressa dai capi dei capi di avere anche in Italia “giudici eletti dal popolo” come in America. Una simile richiesta, avanzata della mafia nei giorni delle stragi non vi ricorda qualcosa di più autorevole e più recente, qualcosa che sta accadendo ai giorni nostri? Berlusconi, per esempio? Bossi, per esempio? Ada e Fiorenza
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LE LETTRICI fanno centro,
segnando due punti. Il primo è di ricordare che non tutto era assurdo (la ritirata dello Stato) o sindacale ( rimozione del 41 bis, detenzione a domicilio per i boss più anziani) nelle richieste della mafia. La pretesa di cambiamento dell’ordine giudiziario, invocando il rispettabile precedente americano, faceva notizia a parte già allora, in un’Italia mal governata, ferita dalla corruzione, infiltrata dalla criminalità organizzata, però non spaccata con la virulenta violenza retorica da chi la governa adesso. Persino il terrorismo rosso e nero ha dovuto confrontarsi con istituzioni ancora autorevoli e non sfiduciate dall’opinione pubblica, mentre le istituzioni erano sotto attacco di altre istituzioni. Il punto è proprio questo. Le lettrici ci ricordano che questa “seconda lettura” del papello mafioso avviene in una Italia molto diversa. E’
il suo lascito agli italiani che saranno costretti una volta uscito di scena (speriamo presto) a intitolarlo a lui, quindi il ponte sarà sicuramente chiamato "ponte Berlusconi". Questo darebbe a lui il risultato finale dello statista più longevo d'Italia dal punto di vista politico e i suoi discepoli lo adoreranno anche dopo la sua scomparsa. Viva l'Italia e viva (o viva nella storia) Berlusconi. Franco
un’Italia in cui il governo è una parte che usa tutte le sue risorse, a cominciare dalle istituzioni che presiede e dirige, contro un’altra parte, che altrove si chiama “opposizione”. E qui , nella opposizione, è il male, il nemico, la zona di pericolo contagioso che va occupata e distrutta. E’ lo schieramento dei farabutti anti-italiani che “devono andare a morire ammazzati”. Ora, con questo governo di spietata opposizione all’opposizione, e che usa così spesso e con genuino entusiasmo la parola rivoluzione, è chiaro che l’invocazione dell’investitura del popolo è ricerca di plebiscito , favorito dal controllo totale dei media. L’interesse di rompere e rovesciare le istituzioni appare identico nella mafia del papello e nel progetto Berlusconi-Bossi di oggi. Esprime lo stesso impegno di cambiare le regole per rifiutare le regole. Perché allora il sistema americano è accettato, rispettato, funzionante? Perché in quel paese la stampa è libera. L’opinione pubblica è implacabile, e il diritto , in un paese senza codici, si forma con le sentenze. Ragionevole che i giudici siano eletti ( o nominati dal presidente degli Stati Uniti). Con le sentenze scrivono le leggi. Ma attenzione. Nessuno, nella storia americana, ha mai accusato il suo giudice di essere una “toga repubblicana” o “una toga democratica”. A noi purtroppo manca, nell’Italia di Berlusconi e Bossi, questa garanzia di accettazione delle regole, nella buona e nella cattiva sorte. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it
Aria inquinata e autobus vuoti
“Oggi, Sua Maestà l’Imperatore di Germania, Sua Maestà l’Imperatrice tedesca, le Principesse e i Principi hanno inaugurato il palazzo del lusso”. Parole del Zeitung Vossische. Berlino, Unter der Linden, 1. Nasce così, per volere del Kaiser , la leggenda dell’Hotel Adlon, per anni sfarzoso crocevia del milieu mitteleuropeo, meta di scrittori, politici, diplomatici e avventurieri, luogo di complotti politici, intrighi amorosi, feste sontuose. Testimone di stagioni eccitanti e tragiche, da Weimar al crollo del Reich. Nella cornice sfarzosa dell’Adlon, tra specchi e stucchi, decori e cristalli, sfileranno ospiti eccellenti, da Einstein a Rockfeller, da Chaplin a Marlene Dietrich a Lawrence d’Arabia. Un mix travolgente di mondanità e cultura, prima che i capi nazisti, pur amanti del lusso barocco dell’Adlon, lo trasformassero in simbolo della Berlino dolente, ritrovo di incontri lugubri tra Hitler e la Gestapo, tra Goering e le SS. L’agonia dell’Adlon finirà poi col grande incendio del ‘45. E William Shirer, grande storico del Reich, davanti al cumulo di macerie scriverà “…l’Adlon era quasi polverizzato...ma un cartello sulla porta sconquassata annunciava che si serviva ancora “Il tè delle cinque”… Giovanna Gabrielli
Silvio odia i comunisti ma adora Putin
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Ma quale calzino turchese! Vi prego, dobbiamo uscire dal meccanismo del grande fratello: il servizio sul giudice Mesiano è troppo grave per poterlo liquidare con lo slogan del calzino. Per favore, reagiamo al gioco di buttare tutto in barzelletta, così tutto sembra più innocuo. Non c’è niente di innocuo. Cristina D'Andrea
Mesina all’Isola, non c’è da scandalizzarsi Ferma restando la mia totale avversione nei confronti di programmi televisivi come "l'Isola dei famosi", resto perplesso innanzi all'ondata d'indignazione a mezzo stampa nei confronti dell'eventuale partecipazione al programma televisivo dell'ex ergastolano Graziano Mesina. Primo poichè per i suoi crimini ha comunque scontato 40 anni circa di carceri, nell'Italia dei paradossi credo sia quasi un merito da medaglia, e secondo perchè tale campagna di sconcerto non accompagna mai le decine di onorevoli condannati in via definitiva premiati da sempre con la poltrona al parlamento. Dario Cabbo
Sono comunista, chi mi rappresenta? Ho quarant'anni da sempre ho votato a sinistra e mi sono sempre interessato alla poli-
L’ABBONATA CHE HA FATICATO PER IL POSTO FISSO Adriana, ha (quasi) 40 anni, vive a San Donato Milanese, lavora a Milano come supporto tecnico per una multinazionale. Come Tremonti crede nel posto fisso, e ci ha creduto così tanto che per ottenerlo ha passato tutte le fasi: ritenuta d'acconto, partita iva, co.co.co, co.co.pro, tempo determinato, tempo indeterminato. Ci scrive: “Finalmente un punto di riferimento”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it
tica (Fgci da ragazzo, prima con Democrazia proletaria poi ed infine con Rifondazione comunista). La mia domanda è: adesso chi voto? Il Partito democratico sono ormai mesi che è impantanato in una guerra civile interna, e non mi rappresenta per nulla. Lo psiconano fa tutto quello che gli pare insieme ai suoi complici, oltretutto sono ostaggi della corrente vetero clericale e per di più non hanno consentito all'unica persona con un vero programma alternativo e di sinistra di partecipare alle loro primarie (il partito è cosa loro?) Ci siamo ridotti veramente male! Forse Silvio un po' ce lo meritiamo. Camillo Merante
Adesso basta. Non mi importa niente quello che Marrazzo fa nella sua vita privata. Se ci sono di mezzo reati, lo voglio sapere. Ma già vedo quello che succederà: un killeraggio solo per quello che fa in camera sua. L’Italia è il Paese degli scandali di cui nessuno si stupisce, e poi degli ipocriti che fingono di non poter tollerare certi comportamenti. Maria
IL FATTO QUOTIDIANO via Orazio n. 10 - 00193 Roma lettere@ilfattoquotidiano.it
to giusto sapere chi é veramente una certa persona, non solo dal nome. Bravi, continuate cosí. Alex
Il nuovo segretario Pd cacci gli assenteisti Chiediamo al futuro segretario Pd l'espulsione dal partito degli assenti (non giustificati) al voto sulla pregiudiziale di incostutzionalità presentata dall'Italia dei valori e al voto determinante sullo scudo fiscale.
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Tutti col calzino azzurro, ma non è un gioco
L’abbonato del giorno
Marrazzo, i ricatti e la vita privata
La commissione europea ha avviato la procedura di infrazione nei confronti del governo italiano per violazione della normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria. Quanto contribuiscono, e perchè, all'inquinamento le regioni come la Puglia che fanno girare autobus vuoti senza curarsi dei cittadini che per esercitare il loro diritto alla mobilità devono usare l'auto privata ?
Salve, ma nessuno si accorge di quanto sia stridente la relazione personale che B. ha con Putin (comunista), e l'atteggiamento chiaramente fazioso e ossessivo che B. ha con i comunisti Italiani? Come mai chi in italia prova solo a pensare differente da B. viene marchiato come comunista o anti italiano, e poi lui stesso definisce Putin il suo miglior amico? Ditemi che non sono solo io a notare questo opportunismo! Aggiungo: sono un vostro abbonato, sono soddisfatto, soprattutto mi piace che mettiate nomi, cognomi, cronologia, amicizie e foto, delle varie persone coinvolte in bene o male nelle vostre inchieste. Mi sembra mol-
Daniele D'Agostina
LA VIGNETTA
Clara
IL FATTO di ieri24 Ottobre 1907
In caso contrario il centro \sinistra la smetta di parlare di legalità e questione morale.
di pagamento, nome cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto. • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Per qualsiasi altra informazione in merito può rivolgersi all'ufficio abbonati al numero +39 02 66506795 o all'indirizzo mail abbonamenti@ilfattoquotidiano.it * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano
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Dieci proposte radicali per cambiare il paese
SIMONE PEROTTI
LUCA STEFFENONI
GIANLUIGI NUZZI
IL REGALO DI
ADESSO
PRESUNTO
VATICANO
BERLUSCONI
BASTA
COLPEVOLE
COMPRARE UN TESTIMONE, VINCERE I PROCESSI E DIVENTARE PREMIER. LA VERA STORIA DEL CASO MILLS
LASCIARE IL LAVORO E CAMBIARE VITA. FILOSOFIA E STRATEGIA DI CHI CE L’HA FATTA
SULLA PELLE DEI BAMBINI. LA FOBIA DEL SESSO E I TROPPI CASI DI MALAGIUSTIZIA
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EDIZION I ANA IN UNA SETTIM
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DA UN ARCHIVIO SEGRETO LA VERITÀ SUGLI SCANDALI FINANZIARI E POLITICI DELLA CHIESA
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A CURA DI ROBERTO CORRADI
GOMEZ/MASCALI
AGENDA 2010 / Pino Corrias Peter Gomez Marco Travaglio
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VOGLIO SCENDERE AGENDA 2010