Primarie del Pd. Chissà quanto durerà il clima di concordia. Un primo passo per tornare a vincere
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Martedì 27 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 30 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Pier Luigi Bersani (FOTO ANSA)
La coca consuma il Palazzo Non solo trans, ma droga. Il caso Marrazzo svela i segreti incoffessabili della politica
Bersani e i tre milioni di Furio Colombo
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re milioni di persone che vanno spontaneamente a votare, restando a lungo in fila e pagando due euro, sono un fatto da ricordare. Segnano un prima e un dopo nella vita pubblica italiana. A partire dal venticinque ottobre le elezioni primarie, mitico simbolo americano di una vera democrazia che non si forma in alto, sono diventate strumento collaudato e agibile per far politica in Italia. Dunque, non più un evento straordinario e simbolico, come era accaduto con Prodi e poi con Veltroni, ma un legame permanente fra opinione pubblica e impegno politico. Se si aggiunge che ciò è avvenuto domenica scorsa, in un periodo oscuro e losco di un’ Italia mal governata, costellata di vicende ora grottesche ora minacciose, un’ Italia facinorosa e cattiva in cui un Ministro della Repubblica manda “a morire ammazzati” i suoi concittadini che non lo ossequiano, il Ministro dell’ economia vuole diventare Vice Primo Ministro costi quel che costi, il ministro dell'Interno ordina respingimenti in mare che sono condanne a morte, il Primo Ministro scompare senza dare ragioni o notizie, prima in Russia poi nel chiuso, senza giornalisti (neppure quelli asserviti) della sua villa di Arcore, dove si dice che giaccia malato di scarlattina; se dunque si tiene conto del luogo e dell’epoca, quei tre milioni di votanti sono senza dubbio un miracolo e dunque la buona notizia. La cattiva notizia è che- tuttora- (o meglio, ancora una volta) la politica non sta cercando, neppure a parole di tenersi legata a quei milioni di tenaci testimoni di democrazia. In questo momento, in questo Paese, il loro afflusso vuol dire soprattutto opposizione. Opposizione- diciamo a Bersani, con il benvenuto alla guida del partito e l’ augurio più caldo, anche perché interessato ( il suo successo sarà il successo di mezza Italia )- è dire “no”, semplici no, “senza urla”, secondo la sua raccomandazione, una sequenza di “no” che segnino tutta l’ incolmabile lontananza da un Governo che ha abbandonato il Paese alla crisi, i lavoratori al vuoto, le imprese al niente, la guida del Paese alle allucinazioni delle Lega Nord. E ha trasformato la politica in attentati mediatici, trappole preparate con personale moralmente adatto, minacce e intimazioni di obbedienza. Tre milioni di cittadini hanno atteso, votando, di sentirsi parte della politica. Sono stati chiamati e hanno risposto. Ora tocca al PD farsi sentire. Senza il minimo equivoco. Cominciando con un “no”, alla umiliazione della Giustizia, come Obama alla guerra in Iraq. Sarà la seconda buona notizia.
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Indagine della procura di Roma: i 5mila euro che il governatore doveva versare servivano solo per le prestazioni sessuali? Ci sarebbero altri ricattati Barbacetto, Ferrucci, Fierro, Mascali
Udi Marco Lillo “LA MIA NOTTE CON NATALIE” n uomo senza difese, in balia di carabinieri ricattatori, viados affamati di soldi, papponi di ogni risma e persino dei rivali politici. Piero Marrazzo era precipitato in un vortice senza fine. pag. 8 z
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e Raucci pag. 8,9,10 e 11 z
nrazzismo I giudici zittiscono Gentilini pagina 7
Udi Bruno Tinti CARRIERE SEPARATE? UN ESEMPIO ricominciato con la separazione delle carrieHre traanno Pubblico Ministero e
Giancarlo Gentilini alla Festa dei Popoli Padani; (FOTO ANSA)
Giudice. Non spiegano nemmeno più perché sarebbe giusta, dicono semplicemente che è arrivato il momento. Che coincide con la condanpag. 18 z na di Fininvest
GOVERNO x Scontro nel centrodestra
ADESSO TREMONTI VUOLE SALVARE LA POLTRONA Bossi insiste: “Vice presidenza per Giulio”. Ma per ora il sostegno leghista non piega la resistenza dei nemici del ministro dell’Economia. Intanto Bonazzi e Feltri pag. 5 z preoccupano i conti pubblici
ncatania Furio Colombo Senza lavoro quale futuro per la democrazia?
Un professore: vieni a letto con me e prenderai trenta Porciello pag. 7z
In libreria € 14,00 pp. 160
CATTIVERIE Berlusconi s’è beccato la scarlattina. Cosa non farebbe per ringiovanire
MINCULPAPI di Marco Travaglio
oteva mancare Silvio Berlusconi nello scandalo Marrazzo? No che non poteva: lui c’entra sempre. Infatti ha messo lo zampino anche lì. E dire che stavolta la sua personale intelligence di barbefinte, tarantini e piipompa aveva fatto cilecca: pare che sia piuttosto deboluccia sugli ambienti trans di Roma Nord, così sono sfuggite al suo controllo le varie Natalia, Michelle, Joycs e Brendona, nonché il portavoce di quest’ultima, Thaynna. Ma il prode Signorini ha subito colmato la lacuna, ricevendo il videotape da un’agenzia che l’aveva avuto dal celebre Scarfone, già noto per aver immortalato Sircana con un altro viado, dunque esperto del ramo “sinistra transgender”. Così il presidente del Consiglio, quello che non ha tempo per i processi, ha allestito un piccolo cineforum a Palazzo Grazioli per visionare la pellicola, autentico capolavoro del neorealismo, poi ha atteso il momento giusto e lunedì scorso ha chiamato Marrazzo con voce suadente, tipo il gatto e la volpe con Pinocchio: sapesse i filmati che girano su di lei, ma noi siamo uomini di mondo, certe cose non le pubblichiamo, non le dico però quanto ho faticato a frenare i miei scalpitanti reporter, comunque stia tranquillo, il video è nella nostra cassaforte, al sicuro. Da quel momento il governatore era nelle mani, oltreché di quattro carabinieri ricattatori, del premier. Parlare di conflitto d'interessi pare eccessivo: ormai i tentacoli della piovra sono talmente estesi da escludere la presenza del conflitto. Siccome è tutto suo, ci sono solo interessi. Il fatto poi che il Ros abbia arrestato i ricattatori (solo i quattro carabinieri, ovvio) tre giorni dopo la chiamata del premier e alla vigilia delle primarie del Pd è una semplice coincidenza, ci mancherebbe. Proviamo ora a immaginare se Marrazzo fosse un esponente del centrodestra. Intanto i quattro carabinieri che lo ricattavano sarebbero già parlamentari o eurodeputati o ministri. I trans coinvolti avrebbero esordito ieri al Grande Fratello, ribattezzato per l’occasione Grande Transgender, e non sarebbe uscito nulla. Se invece non si fosse fatto a tempo a tacitarli tutti, a quest’ora avremmo tv e giornali alluvionati da dichiarazioni sulla giustizia a orologeria, sui carabinieri rossi pilotati dall’onnipresente sinistra (quando arrestarono il pusher ministeriale che portava la coca a Miccichè, questi strillò al complotto dell’Arma, le cui inclinazioni progressiste sono note a tutti), sui comunisti che vogliono sovvertire il risultato delle elezioni eliminando per via Silvio Berlusconi giudiziaria un governatore eletto dal popolo. Il quale dunque resterebbe a pie’ fermo al suo posto, con la solidarietà delle più alte cariche dello Stato per l’infame intrusione nella sua privacy, con l’immediato intervento del Garante per vietare la diffusione del videotape e con gli autorevoli inviti del Pompiere della Sera a porre fine allo scontro fra politica e giustizia, separare le carriere, abolire intercettazioni e videotape, aprire un tavolo delle riforme allargato ai trans. Intanto Mattino5 starebbe pedinando il pm che ha smascherato lo scandalo per mostrarne urbi et orbi i calzini, le sedute dal barbiere, le fumatine e altre bizzarrie tipiche della toga politicizzata. Invece Marrazzo (che, lo ripetiamo a scanso di equivoci, è indifendibile e deve dimettersi) è di centrosinistra, non ha la fortuna di possedere tv per sputtanare i suoi avversari né giornali con cui manovrare le loro foto o video compromettenti. La prossima volta, se vuol fare carriera sugli scandali anziché stroncarsela, si faccia furbo: si iscriva al Popolo delle Libertà.
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Per il nuovo segretario alle urne tre milioni di persone
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DOPO LE PRIMARIE
re milioni di elettori hanno scelto di andare a votare per eleggere il nuovo segretario del Pd: una cifra di molto superiore alle aspettative della vigilia. Un afflusso costante per tutta la giornata di domenica: quasi 900mila votanti alle 11.30 e già alle 17.30 il Pd raggiunge l’asticella dei 2 milioni, fissata come soglia
per cantare vittoria. Nessuno aveva scommesso che si potessero equiparare le cifre del passato, i 4,3 milioni che nel 2005 si misero in fila per incoronare Romano Prodi candidato premier dell’Unione e nemmeno i 3,5 milioni che nel 2007 scelsero Walter Veltroni come primo leader del Pd.
Tre milioni di elettori sono il triplo degli iscritti al partito (824.125) e circa 5 volte quelli che hanno votato nei congressi di circolo. Alle ultime elezioni europee a votare il Partito democratico sono stati in 8.007.854, mentre alle politiche il partito aveva preso 12.092.998 voti.
Rutelli verso l’uscita
“Me ne andrò, ma non subito e non solo con Casini”. I suoi però non si sbilanciano Serracchiani Friuli, mozione Franceschini
di Paola Zanca
inisce qui. Che a Francesco Rutelli il vestito del Pd andasse stretto, lo si era capito da un pezzo. Mancava un casus belli. L’elezione alla segreteria di Pierluigi Bersani glielo ha servito su un piatto d’argento. In quel partito “laico”, “popolare”, “identitario” dove “la parola sinistra non è un tabù” Rutelli non ci vuole stare. E guarda caso, esattamente il giorno dopo la vittoria degli ex-ds, spunta un’intervista a Vespa, concessa “settimane fa”. Cosa dice? Dice che se ne va con Casini. "Ma non subito e non da solo". Il quando potrebbe essere già oggi. Rutelli alle 12.30 è atteso a Milano, per presentare il suo libro, “La svolta. Lettera a un partito mai nato”. Lì, “si esprimerà sui propri orientamenti”. Cose serie, aggiunge, non come "i giochini che servono a Vespa per lanciare i suoi libri". Difficile comunque che aspetti il voto delle regionali. D’altronde, i motori li scalda da parecchio: da giugno, nei domini web, risultata registrato l’indirizzo liberidemocratici.it, l’evoluzione rutelliana de I Coraggiosi di qualche anno fa. Da allora, il sito è fermo in un limbo, under construction, come il suo destino politico. Altri segnali che qualcosa si muove? Un indizio, ancora senza conferme, era sfuggito a una dipendente dell’ex-Margherita “Stiamo assumendo
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Amendola Campania, mozione Bersani
una decina di persone”, diceva prima di rendersi conto che non avrebbe dovuto dirlo. I suoi, finora, sono meno realisti del re. Tutti si arrovellano in discorsi di “speranza”, aspettano il la. Paola Binetti (che alla fine ha votato Franceschini) non si sbilancia: “Vedremo se Bersani avrà attenzione per le posizioni come la mia. Non sono la sola a chiederlo”. Lo chiede, ad esempio, anche Enzo Carra: “Abbiamo la sventura di aver aderito a un partito che non è mai nato: se diventerà quello proposto da Bersani mi chiedo che ci sto a fare”. “É pure vero – ammette Carra – che io (e non solo io) tranne che in un partito di ispirazione cattolica sarei sempre minoritario”, si dispera. L’Udc potrebbe diventare la casa buona. A meno che non sia tutta
una “schermaglia” come diceva Bersani prima dell’elezione. Un modo, traduciamo, per ottenere qualcosa in cambio. Già
perché sono in molti a chiedersi in queste ore quanto la dipartita di Rutelli sia davvero un danno per il Pd. I rutelliani ormai in Aula si contano sulle dita di una mano: oltre ai teodem, tutt’al più potrebbero seguirlo alcuni fedelissimi come Linda Lanzillotta, Enzo Bianco, Gianni Vernetti. Difficile che Fioroni e Marini si lascino coinvolgere in un percorso dall’esito incerto come questo. Bersani prende atto che quell’ "assolutamente no" pronunciato a chi gli chiedeva se temeva scissioni, va rivisto. “Non credo che qualcuno voglia sottrarsi a questa sfida", dirà dopo l’uscita delle dichiarazioni di Rutelli. Non si strappa le vesti. Forse per lui (e non solo per lui) la scissione, più che un incubo è una liberazione.
Martina Lombardia, mozione Bersani
Basso Sardegna, mozione Bersani
PIER LUIIGI IL PIGLIATUTTO Marra
a mozione Bersani fa il pieno di segretari Lgioni. regionali e conquista quasi tutte le reL’unica sostenitrice di Franceschini a conquistare un posto di segretario regionale è Debora Serracchiani (Friuli Venezia Giulia), ma nella sua Regione è comunque Bersani a ottenere la maggioranza nazionale. Mentre non tutti i dati sono definitivi, si delinea una geografia territoriale tutta a favore del nuovo segretario. Cinque regioni al ballottaggio: Sicilia, Lazio, Veneto, Piemonte e Basilicata. Va al ballottaggio anche il Trentino. Abruzzo Il segretario regionale uscente, Silvio Paolucci è stato riconfermato con il 78% dei voti. Schierato con Pierluigi Bersani, Paolucci è stato il candidato unitario di Bersani e Franceschini. Basilicata Sarà il ballottaggio fra Roberto Speranza (mozione Bersani) con il 36,25% dei voti ed Erminio Restaino (mozione Franceschini), con il 34,87%. Trentino Alto AdigeIn Trentino i dati definitivi mandano al ballottaggio Nicoletti, indipendente non collegato cioé a nessuno dei tre candidati nazionali, e Giorgio Tonini collegato a Franceschini. Calabria Mozione Bersani a gonfie vele in Calabria. Carlo Guccione, ultimo segreta-
FIGURE EMERGENTI
FILIPPO PENATI, IL COORDINATORE VINCENTE
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SEGRETARI REGIONALI
di Wanda
Francesco Rutelli, tra i fondatori del Pd e Presidente del Copasir
rio dei Democratici di sinistra, in Calabria, ed ora nuovo segretario del Pd ha preso il 75% dei consensi. CampaniaVince Enzo Amendola (che è stato l’ultimo segretario del Pds campano), mozione Bersani con circa il 70% dei voti. Emilia Romagna Stefano Bonaccini, mozione Bersani, con un complessivo dato regionale solo di poco superiore al 50%, sarà il nuovo segretario. Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, mozione Franceschini, diventa segretaria con il 51,5% contro il 36,5% di Vincenzo Martines. Quasi il 12% invece per Anna Maria Carloni. Lazio Si va al ballottaggio tra Alessandro Mazzoli (mozione Bersani), in vantaggio, Roberto Morassut (segretario uscente, in quota Franceschini) e Ileana Argentin (Marino). Liguria È Lorenzo Basso (mozione Bersani) il nuovo segretario. Il 33enne, anche consigliere regionale, ha ottenuto il 51,42% dei voti. Per Sergio Cofferati (mozione Franceschini) hanno votato 27.882 liguri (34,56%), mentre Ermanno Pasero (mozione Marino) si è fermato al 16 %. Marche Vince Palmiro Ucchielli, 59 anni, ex presidente della Provincia di Pesaro Urbino, già sindaco e parlamentare del
aggiante, stringe più mani di Bersani dopo l’incoronazione del neosegretario del Pd. Perché Filippo Penati, il coordinatore nazionale della mozione vincente, sa che per lui si è aperta una sliding door. Una vita da mediano la sua, non solo a recuperar palloni (voti), ma anche a menar fendenti. Memorabile alla fine del congresso il rude tackle su Franceschini: “Di fatto non è più il segretario perché non ha ottenuto il consenso di due terzi del partito”. Grande e grosso è il gemello diverso di Bersani con la barba e più capelli, radici solide nel Pci e la lega delle cooperative. Dopo aver fatto il sindaco per due mandati nell’enclave rossa e post-operaia di Sesto san Giovanni nella Lombardia berlusconizzata, ha battuto la forzista Ombretta Colli, presidente della provincia di Milano. Il suo capolavoro però è la sconfitta onorevolissima per la conferma alla provincia. Si ripresenta senza Prc e Pdci. Gli va male contro Podestà per un soffio, lo 0,2 per cento, poco più di 4mila e seicento voti. Ma diventa la dimostrazione vivente che il Pd ce la può fare, anche al nord. Bersani lo arruola. “Ci siamo conosciuti quando lui era ministro e io sindaco. La Falck chiudeva, ricollocammo mille operai e nacque un’amicizia”- ricorda Penati che in versione Cincinnato assicura:” Il mio posto è sul territorio, amo la nebbia”. (Stefano Ferrante)
Pci-Pds, che era il candidato unitario delle tre mozioni. Molise Danilo Leva (mozione Bersani) è il nuovo segretario. Ha ricevuto il 56% dei voti, staccando di oltre 20 punti Michele Petraroia che si è attestato al 34,2%. Al terzo posto Domenico De Angelis che ha ottenuto il 9,7%. Piemonte Gianfranco Morgando viene confermato alla guida del Pd piemontese con oltre il 50% dei voti, Puglia Si va al ballottaggio: Blasi, mozione Bersani, ha raggiunto il 49,12% mentre al secondo posto, con il 30,7% si è attestato il segretario uscente, Michele Emiliano che è svincolato dalle mozioni nazionali. Il candidato della mozione Franceschini, Guglielmo Minervini ha raggiunto il 20,17%. Sardegna Silvio Lai, della mozione Bersani, e' il nuovo segretario del Pd sardo, con il 52,3% dei consensi. Sicilia Si va al ballottaggio: in vantaggio Giuseppe Lupo, espressione della mozione Franceschini, con circa il 40% dei consensi; lo segue Beppe Lumia, con il 31%, in corsa con una propria mozione, sganciata da quelle nazionali; terzo Bernardo Mattarella, in campo per Luigi Bersani, con circa il 29%.
Toscana Riconfermato il segretario regionale uscente Andrea Manciulli (che a livello nazionale ha sostenuto Bersani), con il 51,50%, segue Simone Siliani 13,70% e Agostino Fragai 34,80%. Trentino Umbria Ballottaggio tra l’attuale assessore regionale Lamberto Bottini, che ha ottenuto poco più del 49%, mentre Alberto Stramaccioni (segretario provinciale del Pd di Perugia, sostenuto dai franceschiniani) si è fermato al 41% circa. Il 10% è andato a Valerio Marinelli (mozione Marino). Valle d’Aosta Vince Raimondo Donzel, unico candidato. Veneto Si va al ballottaggio tra Rosanna Filippin, candidata della mozione Bersani, che ha ottenuto circa il 45% dei voti. A seguire Andrea Causin, della mozione Franceschini, e poi Felice Casson, della mozione Marino.
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Regione per regione ecco come gli italiani hanno votato
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DOPO LE PRIMARIE
l nuovo segretario del Pd, Pierluigi Bersani, stravince in Molise (78% dei voti) e in Calabria (77%), si attesta sul 62% in Campania e sul 54% nella sua regione, l’Emilia Romagna. Va peggio in Friuli Venezia Giulia (45%) e in Sicilia, dove, con il 43% delle preferenze, è scavalcato da Dario Franceschini, che invece ottiene il
51,5% dei voti. Il risultato migliore per il segretario uscente, che invece colleziona una sonora sconfitta in Calabria, dove si ferma al 19%. Di poco meglio in Molise, 22%, e in Piemonte, 29%. Tra i due si inserisce lo sfidante Marino, che a Bolzano raggiunge il 18%, in Piemonte e in Val d’Aosta il 17%. Peggior risultato per il
senatore chirurgo in Calabria, dove si ferma al 4%. A Trento e alla Campania i primi posti per le schede bianche o nulle, che in entrambi i casi hanno superato il 3%. Percentuali bassissime invece per Veneto e Valle d’Aosta, dove le stesse schede sono state lo 0,8% del totale. La media nazionale è stata dell’1,6%.
BERSANI DISSE : “ORA TORNIAMO AL NOSTRO ULIVO” Il nuovo leader archivia il veltronismo La Bindi possibile presidente di Luca Telese
allora entrate anche voi nella sede di Largo del Nazzareno in un giorno di fine ottobre, entrate anche voi a sentire il clima del cambio di stagione dettato dalle primarie: “E’ tornato D’Alema...” sospira quasi rassegnato all’ineluttabile un veltronian-Franceschiniano come Adriano Paniccia, uno degli uomini della comunicazione del Pd. Allora entrate a largo del Nazzereno, nel tempo in cui non si potrà più dire: “Bersani chi, il cantante?”. Adesso il primo Bersani è lui, Pierluigi da Bettole, il primo padano che viene dalla storia del Pci che è riuscito a farsi leader, uno che appena insediato dice: “Questo risultato è una prova di fiducia nel Pd che è un partito nuovo e non vecchio". E subito dopo: “E’ nato il grande partito popolare dei tempi moderni, è tempo di ritornare all’Ulivo”. Sondaggi & voti. Si sente forte, Bersani. Le primarie, quasi magicamente, gli hanno consegnato il 53.3%, dei voti, quasi la stessa percentuale che aveva ottenuto nei congressi. Nei corridoi della sede, ieri, si aggirava raggiante anche l’uomo macchina della sua battaglia, l’ex presidente della provincia di Milano Filippo Penati. Penati è uno dei vincitori, l’uomo forte dell’organizzazione che ha tessuto le fila della sfida per sei mesi. Adesso scherza: “L’unico merito che ho è quello di aver protetto Pierluigi da tutti quelli che gli volevano dare consigli. Come si vede, ha fatto benissimo da se’, senza dar retta a nessuno”. Bersani e Penati si sono fidati molto dei numeri dell’Ipr
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marketing, uno dei pochi istituti di sondaggi che in questi anni ha azzeccato un pronostico: “Hanno avuto ragione, hanno previsto persino il numero di chi è andato ai seggi!”. Penati prende un respiro: “Sapete che vi dico? Forse il caso Marrazzo ha portato a votare qualcuno in più: arrabbiato, magari. Ma questo è un popolo che vuole venirti a dire come la pensi”. Incazzati & democratici. E infatti la prima cosa che va raccontata, di questa lunga domenica, è la gente. File da un capo all’altro dell’Italia, dal nord al sud, un fiume di persone che volevano partecipare e contare. Alcuni anche incazzati, anche critici. Ma in ogni caso tantissimi: ieri notte, a scrutinio ancora non compiuto, erano due milioni. Alle sei di sera Maurizio Migliavacca, il responsabile dell’organizzazione, sale al terzo piano della sede con una griglia di dati in mano. Sopra c’è scritto: “Proiezione lineare: 2.826.114”. E’ il dato finale che si ipotizza: quasi tre milioni, insomma. Migliavacca sorride an-
cora: ”Sono numeri elaborati da gente che ci capisce, vedrete che arriveremo fino a lì”. Ascensori & teste tagliate. Entri a via del Nazzareno e senti subito l’aria del cambio di regime. Anche in modo drammatico: qualcuno dice addio all’ufficio, qualcun altro cerca nuovi impieghi. Altri molto correttamente (ad esempio il capoufficio stampa Roberto Roscani) dice: “Rimetto il mio incarico, deciderà Pierluigi”. Sarà interessante capire come si comporterà il nuovo leader. Piero, viso pallido. Andava scrutata, per farsi un’idea, la faccia di Piero Fassino, ieri. Pallido, sbattuto come uno straccio, apparentemente incredulo: eloquente. Piero aveva fatto l’impossibile: in Piemonte si era attaccato al telefono, sezione per sezione, per mobilitare l’anima militante: “Ci sono io, quindi c’è la storia della sinistra”, diceva. E’ stato battuto due volte, a livello nazionale, e poi anche in casa, in Piemonte, travolto dall’exploit incredibile della mozione Marino.
Pier Luigi Bersani secondo Manolo Fucecchi
Il nuovo segretario si è affidato ai sondaggi dell’Ipr: affluenza azzeccata Nei corridoi erano quasi festanti i sorrisi dei ragazzi della Sinistra Giovanile, che, con in testa Fausto Raciti sono stati i primi ad insorgere contro “il potere veltroniano”. Raciti fu eletto contro la designazione del segretario, poi mesi lui e i suoi hanno lavorato senza nemmeno lo stipendio. Adesso la loro
scommessa paga: “Basta con la plastica, adesso si ritorna al partito vero”. Sarà questo il tormentone del nuovo Pd? Nel gioco di chi sale e chi scende, Migliavacca è un altro che ha vinto: bisogna guardare la sua mascella, incurvata al sorriso. Veniva dall’area fassiniana, l’ha lasciata per Bersani. Molte teste cadranno, è certo. Tutti pazzi per Rosy. Una vera trionfatrice è Rosy Bindi. Le scorse primarie, per lei, furono il tempo della battaglia solitaria e controcorrente. Molti leader l’hanno spesso blandita e messa da parte, le toccò subire anche l’onta di una sostituzione al governo: ma poi lei risorge sempre in qualche modo, ad esempio dopo le ingiurie di Berlusconi. Stavolta torna da vincitrice: in Lombardia è la più votata della regione, nel Lazio la vogliono al posto di Marrazzo
LA PRIMA USCITA
A PRATO UNA SFILATA CHE NON PIACE AGLI OPERAI di Giampiero
Calapà
distretto tessile in crisi - la Orditura Villanti e la Tessitura Mg4, dentro l’anonima area industriale pratese eri ho pensato: dove li porto a fare chiamata Macrolotto - sa tanto di pasun giro questi tre milioni che han- serella ad uso e consumo delle teleno partecipato alle primarie? E ho de- camere. “È una vergogna, doveva parciso di portarli a Prato, dagli artigiani, lare con noi - urla Alberto Viti, 63 anni, in uno dei luoghi centrali della crisi”. capo tessitura in pensione - invece di Così Pierluigi Bersani esordisce nella fare una sfilata: per quella era meglio prima uscita ufficiale da segretario del Claudia Schiffer. Doveva spiegarci perPd. Però la visita a due aziende del ché qui siamo serie B e non abbiamo tutte le agevolazioni che hanno le imprese del nord, invece si di Caterina Perniconi ASCENSORI è solo messo in posa per le macchine fotografiche”. La ressa di cameraman e reporter ha lasciato o, non era un gazebo. La lunga fila Bindi ha vagato per un po' smarrita, alla ben poco spazio ai che nella notte tra domenica e ricerca disperata del neosegretario che lavoratori accorsi lunedì si è creata nella sede del Pd di pare voglia nominarla presidente. per salutare il neo segretario democratiSant'Andrea della Fratte non era l'ultimo Franceschini se n’è andato via presto co, ma qualcuno scampolo di primarie. Lì, dove le scale dispensando battute ai suoi per sollevare il sgomitando è riuscipraticamente non esistono il vero morale. Fassino, invece, è rimasto davanti to a dirgli qualcosa protagonista della nottata è stato al suo computer, attonito, fino a notte lo stesso: “Sono un l'ascensore. Tutti in fila ad aspettare. fonda. Tutt'altro clima al comitato Bersani artigiano, avevo sei E così, in mancanza di altro da fare, dove, a mezzanotte, non c'è più nessuno. operai fino a sei mesi Franco Marini e Ugo Sposetti si sono Festeggiamenti trasferiti al pub di via IV fa, domani lascio a prodotti in un lungo e affettuoso novembre, dietro l’angolo. Enrico Letta è il casa l’ultimo. Nessuno è disposto ad aiuabbraccio (vincitore che consola lo mattatore, Penati passa per un saluto, tarci”. Bersani non sconfitto, o soddisfazione per il pericolo Bersani non c'è. Che sia rimasto bloccato ha ricette anti-crisi scampato da entrambi?). Ignazio Marino si davanti agli ascensori del Nazareno? in tasca, ma risponè beccato i complimenti di tutti. Rosy de attaccando il governo: “È da un anno Prato
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AL NAZARENO C’È CHI SCENDE E C’È CHI SALE N
e mezzo che si fa finta di occuparsi di queste cose a Palazzo Chigi e dintorni. Bisogna dare un po’ di respiro a queste aziende. Bisogna dire stop alle grandi opere per investire su tante piccole opere che siano subito cantierabili. Occorre sbloccare il patto di stabilità per far ripartire i Comuni, invece di annunciare promesse vuote, come l‘abolizione dell‘Irap, che si è già persa nelle nebbie tra San Pietroburgo e Arcore”. Bersani da Prato comincia anche a delineare il quadro delle alleanze future: “La nostra strategia si rivolgerà a tutte le forze d’opposizione, perché la posizione del Pd deve essere generosa verso un sistema di alleanze che dice che non siamo un partito solo di opposizione anche se la facciamo duramente, siamo un partito di alternativa che contiene il concetto di opposizione. Invece, alla maggioranza voglio dire che siamo pronti al dialogo, ma soltanto sulle cose che interessano alla gente”. Non si tira indietro il nuovo segretario, neppure ad una domanda sull’affare Marrazzo, attaccando a testa bassa proprio il premier: “L’opposizione chiede immediate dimissioni a Marrazzo? Strano, Berlusconi non si è ancora neppure autosospeso, forse pensa di farlo la prossima settimana”. Le reazioni del Pdl non si sono fatte attendere e per Paolo Bonaiuti “è un peccato che il neosegretario del più grande partito d’opposizione cominci così male”.
Lo staff duro: ”La nomina di Touadì era una mossa disperata da parte di Franceschini (lei non ci pensa), da più parti la indicano come capogruppo (ha già detto di no).Il ruolo che preferisce è quello a cui per lei pensa da tempo Bersani: “Presidente del partito”, come ha ipotizzato, Livia Turco. Diventa lei la garante dell’ala cattolica, soprattutto se se ne vanno Rutelli e i neocons. I voti di Ignazio. Ha vinto anche Ignazio Marino, l’unico che ha incrementato i suoi sostenitori, tra il congresso e le primarie. Resta un outsider, ma ha dimostrato di avere un peso: 250mila voti. E poi alla fine, è quello che ha sottratto consensi “innovatori” a Dario Franceschini. Una candidatura nata da una battaglia simbolo e dall’investitura di una vecchia volpe come Goffredo Bettini, si è strutturata strada facendo. Walter Franceschini. Infine Dario Franceschini. “Su-Dario”, come beffardamente lo definisce Dagospia. Dove ha sbagliato? Poteva vincere? Penati, senza buonismi, non gli rende l’onore delle armi: “Quella dei calzini era una pagliacciata, non certo roba da segretario. E la nomina di Touadì, è stata percepita come un gesto disperato”. C’è del vero. Di sicuro Franceschini ha dimostrato grandi capacità di comunicare e di bucare sui media. Ma non è stato altrettanto chiaro cosa volesse comunicare. Si è rappresentato come un “segretario guerrigliero” (ma aveva mediato), come un rinnovatore che veniva dal passato, un centrista radicale. E non è riuscito a separare la sua storia da quella di Walter Veltroni. Già: perchè ieri sera, nei corridoi aleggiava un’altra sentenza: Si torna all’Ulivo, alle coalizioni, al partito. L’insostenibile leggerezza del veltronismo è finita, forse per sempre. Lo sconfitto di ieri era Walter, Franceschini.
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Imprenditori, assessori, un parco e uno stadio: l’affaire di Castello
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POLITICA DIFFICILE
dieci anni di Leonardo Domenci al timone di Firenze furono sconvolti in dirittura d’arrivo, proprio un anno fa, dall’inchiesta messa in piedi dal procuratore Giuseppe Quattrocchi sull’area di Castello. L’assessore all’urbanistica Gianni Biagi lasciò subito le deleghe perché accusato di concorso in corruzione (e in seguito anche di turbativa
I CENTO GIORNI DELL’ERETICO RENZI Dallo stop alla tramvia alle grane con i democratici: new style a Firenze di Giampiero Calapà
ancellare per sempre l´idea del passaggio della tramvia di Leonardo Domenici dal Duomo celebrando i primi cento giorni a Palazzo Vecchio, per il sindaco Matteo Renzi è stato un po' come mettere la pietra tombale sulla passata amministrazione. Che proprio ieri ha ricevuto anche una nuova mazzata giudiziaria: 6 arresti, tra cui l´ex capogruppo Pd, e 21 indagati per associazione a delinquere, corruzione e abuso d´ufficio. Un terremoto che per Renzi arriva nel miglior momento possibile, impegnato com´è nel mostrarsi sempre distante da quel Domenici comunque più volte definito "un caro amico" e di cui l´attuale sindaco ora apprezza soprattutto il silenzio sui temi fiorentini. Renzi va avanti con forza per una strada, sicuramente autonoma dal Pd (provocando non pochi malumori nel partito), e l’altra sera ha tracciato sul palco del teatro Comunale, in modo molto veltroniano, il bilancio di questi suoi primi 100 giorni: rispetto ai 100 punti di programma che aveva indicato è riuscito a realizzare 40 promesse, di altre 32 ha posto le basi, mentre 28 rimangono ancora solo promesse. Il colpo di teatro vero, però, è stata la rivoluzione della viabilità per liberare il Duomo dal transito dei bus e scongiurare per sempre il passaggio di quella tramvia che l’ex sindaco voleva proprio lì. Decisione comunicata ai fiorentini con una lettera a firma del sindaco, senza nessun colloquio con i soggetti interessati, annunciata in Consiglio comunale in un
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Il sindaco di Firenze Matteo Renzi
discorso in cui ad essere attese erano, invece, le decisioni sulla Cittadella Viola. “Non era nei cento punti la pedonalizzazione di piazza Duomo – tuona Tea Albini, la consigliera comunale (in
Da Facebook alla revoca dei “vigilini” Il nodo biotestamento e il feeling con la Curia passato braccio destro dello “sceriffo” Graziano Cioni) – ma sappiamo che Renzi gioca con la comunicazione, che per lui è importantissima. Non gli faccio una colpa se non comunica con il partito, perché il Pd a Firenze
non esiste. Però, un gruppo Pd in Consiglio c’è, parlasse almeno con noi non sarebbe male, dal momento che anche i luoghi istituzionali hanno una loro importanza” e non solo Facebook e simili, sembra intendere Tea Albini. Tra le cose non fatte tra quei 100 punti, c’è la nuova pista per l’aeroporto di Peretola, partita sulla quale è nata quella che in città viene chiamata “guerra della Piana”: Renzi contro gli altri sindaci della Piana fiorentina. Loro di ingrandire lo scalo non vogliono proprio sentirne parlare, ritenendo la zona a nord di Firenze già abbastanza “stritolata” tra piccolo aeroporto, autostrada, nuovo insediamento edilizio di Castello (quando la magistratura deciderà di togliere il sequestro dell’area), discarica e che, probabilmente, in un futuro non troppo lontano dovrà ospitare anche un inceneritore. Tra le cose fatte e più apprezzate dai fiorentini c’è l’aver tolto dalle strade gli ausiliari del traffico, qui noti come
UDEUR, APPALTI E FAVORI
LADY MASTELLA E FAMIGLIA: A FEBBRAIO IL PRIMO PROCESSO di Vincenzo Iurillo
l sistema Mastella entra in un aula Istella di Tribunale. Sandra Lonardo Maè stata rinviata a giudizio per la tentata concussione nei confronti del manager dell’ospedale di Caserta che non nominava i primari segnalati dall’Udeur. Gli ex assessori regionali del Campanile Luigi Nocera e Andrea Abbamonte e il consuocero dei Mastella, Carlo Camilleri, sono stati rinviati a giudizio per la concussione ai danni del governatore Antonio Bassolino, costretto a nominare all’Asi di Benevento un commissario di gradimento mastelliano per scongiurare una crisi politica. Ma il processo si celebrerà senza il capo di quel sistema, Clemente Mastella. La sua posizione è stata stralciata nei mesi scorsi, in attesa della pronuncia della Consulta
sull’utilizzabilità di alcune intercettazioni. Mastella è indagato anche per le pressioni su Bassolino, per le quali il Gup di Napoli Sergio Marotta ha comunque disposto i l rinvio a giudizio delle persone che dividevano l’accusa con l’ex Guardasigilli. Si definisce così l’inchiesta su nomine e appalti avviata nel 2007 dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, poi trasferita a Napoli per competenza territoriale. Dieci nel complesso i rinvii a giudizio decisi dal Gup al termine di un’udienza preliminare con 22 imputati. Marotta ha infatti sentenziato alcuni proscioglimenti e ha trasferito a Salerno e Benevento le carte relative a otto capi d’imputazione. L’inchiesta culminò il 16 gennaio 2008 negli arresti domiciliari della signora Mastella e nelle successive dimis-
d’asta), mentre rimase in giunta Graziano Cioni: lo sceriffo lanciato nella corsa alle primarie che in partenza lo vedevano favorito, anche per lui l’accusa di concorso in corruzione oltre a quella di violenza privata aggravata. L’affare Castello, ovvero l’area di 170 ettari - di proprietà della Fondiaria Sai di Salvatore Ligresti (indagato insieme al suo braccio destro Fausto
“vigilini”. Odiati dai cittadini, le loro multe nel 2008 avevano fruttato alle casse comunali più di 12 milioni. Altro strappo della nuova era fiorentina è quello sulla concertazione in materia di bilancio. Nel 2003 Domenici aveva sottoscritto un patto che impegnava al dialogo con i sindacati in materia di conti pubblici, ma il nuovo corso ha valutato quel tavolo in cui sedevano fino a 40 persone un’inutile perdita di tempo, tanto che l’assessore competente Angelo Falchetti ha dichiarato nei giorni scorsi: “Ho dato ai sindacati il mio cellulare, mi chiamino quando vogliono”. Poi c’è la maledizione della “Firenze2”, relativa allo sviluppo edilizio dell’area di Castello, che ha provocato il terremoto politico dello scorso anno, con l’inchiesta che ha coinvolto Graziano Cioni, in quel momento il favorito alle primarie poi vinte da Renzi. In quella stessa area i Della Valle vorrebbero costruire la loro Cittadella Viola, Renzi non ha detto di “no”, ma ha fatto capire che sono finiti i tempi in cui bastava parlarne a quattr’occhi con il sindaco per mettersi d’accordo. Il momento più imbarazzante fin qui per Renzi è stato il sì del Consiglio comunale al registro sul biotestamento, a cui ha risposto non mandando alla manifestazione anti-omofobia di Roma il gonfalone gigliato, nonostante proprio il Consiglio si fosse già pronunciato favorevolmente. Il rapporto con la Chiesa oggi a Firenze è sacro e su questo non c’è dubbio.
Rapisarda) - che prima di esser messa sotto sequestro era destinata alla costruzione di una città satellite: la cosiddetta Firenze2. Ormai cult la telefonata intercettata tra Domenici e l’assessore Biagi sul parco da sacrificare proprio al nuovo stadio sognato dai Della Valle, in cui l’ex sindaco dice “A me quel parco fa cagare da sempre”.
INCHIESTA FIORENTINA
CORRUZIONE E ABUSO: 11 ARRESTI, C’È ANCHE UN ESPONENTE PD ei arrestati, cinque ai doSindagati. miciliari, e altri ventuno Le accusa della Procura di Firenze sono associazione a delinquere, corruzione e abuso d’ufficio per vari cantieri edili sparsi per la città. Ai domiciliari anche l’ex capogruppo del Pd Alberto Formigli, fondatore della società “Quadra”, di cui sarebbe rimasto – secondo gli inquirenti – socio occulto dopo aver assunto gli incarichi istituzionali. Proprio per “Quadra” sarebbe stata creata una corsia preferenziale nell’ufficio edilizia privata del Comune, dove venivano favoriti anche altri imprenditori in cambio di tangenti: una decina le società coinvolte nell’inchiesta. Da alcune intercettazioni ambientali e telefonico emerge il ruolo di primo piano dell’ex capogruppo
Ai domiciliari l’ex capogruppo Alberto Formigli
DON MEDIASET SANTORO E L’AFFARE MESIANO
Scusate, Celebrama nozze anche “proibite”: voi sietelicenziato cattivi
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ollevato ammina.dall’incarico. Guarda avanti. Non È questo si ferma. il Prosegue suo silenzio, non dà prezzo chenel l’arcivescovo di Firenze spunto perBetori non alimentare. altri hanno già Giuseppe ha deciso diGli far pagare a don fatto tanto, troppo. Però tiene a fare unaPiagpreSantoro, il parroco dellacicomunità delle cisazione il giudice Mesiano, l’uomo dal calzige “colpevole” di aver celebrato le nozze dono “turchese”: “Iola sono tranquillo, menica - durante messa - SandratranquillisAlvino 64 simo”.nata Cosìuomo a prendere la parola è il Csm che anni, e ora donna, e Fortunato Taprofessa: “Piena convinta solidarietà dopodii lotta, 58 anni. “Si eè compiuta la simulazione reiterati attacchi”. Poi c’è l’altra sponda, Mediaun sacramento, ponendo un atto privo di ogni set. Che un comunicato del coordinamento valore edinefficacia, in quanto mancante degli dei Cdr ribadisce la sua per ilrelivielementi costitutivi delcondanna matrimonio deo andato in onda a “Mattino 5”. Con un gioso che si voleva celebrare. Tale simu“però”: giudica linlazione è stata“inaccettabile posta in atto l’opera da dondiAlesciaggio che non solo all’esterno anche sandro Santoro in contrasto conma le dispoall’interno Gruppo stadai avvenendo consizioni piùdel volte dategli superiori” la tro alcuni giornalisti e utilizzando anche bolla di condanna della diocesi. “Don programmi come ‘Le agito Iene’ che nulla hanno Alessandro ha solo secondo il Vanagelo” che fare con il giornalismo”. si diceva ieri alle Piagge.Insomma, Una comu-i panni non lavano in famiglia. nità disporchi frontiera dasiieri lasciata più sola.
sioni del marito dall’incarico di ministro del governo Prodi, che cadde nella settimana successiva. Il decreto di rinvio a giudizio giunge pochi giorni dopo il coinvolgimento dei coniugi Mastella e di numerosi dirigenti dell’Udeur in un altro filone d’indagine, condotto dal pm Francesco Curcio, relativo ai con tratti e agli appalti dell’Agenzia regionale per l’Ambiente. Uno stralcio per il quale il Gip Anna Laura Alfano ha disposto gli arresti do-
La Leonardo è rinviata a giudizio per tentata concussione verso il manager dell’ospedale di Caserta
del Pd nella vicenda: “Non si muove una foglia che lui non voglia”. Le intercettazioni, hanno reso noto i pm Leopoldo De Gregorio e Giuseppina Mione, mostrano che i soci di “Quadra” frequentavano giornalmente l’ufficio edilizia privata del Comune di Firenze dove si confrontavano con i responsabili, i geometri Bruno Ciolli e Giovanni Benedetti, su tutte le richieste di permessi pervenute all'ufficio. L’ex presidente dell’ordine degli architetti Riccardo Bartoloni, anche lui ai domiciliari, arrivava a
dettare le modifiche per far approvare i progetti a Benedetti, poi Ciolli firmava come capoufficio. Le intercettazioni svelano anche la falsificazione delle tavole di progetti. Quello tra gli indagati, emerge sempre dalle intercettazione, è un sodalizio solido: “Siamo più fedeli tra noi che con le nostre mogli”; con abituali scambi di badge giustificavano addirittura le loro assenze. In una circostanza Ciolli fa una vacanza a New York e giustifica dicendo di aver accudito la madre ammalata. Tra gli indagati figura, proprio per aver timbrato al posto di Ciolli, un dipendente comunale. Tra i ventuno indagati c’è anche Anton Giulio Barbaro, che sempre nella passata legislatura ha dato il cambio a Formigli alla presidenza della commissione urbanistica, proprio quando Formigli si dimise anche da capogruppo in seguito alle polemiche scaturite per questo suo conflitto d‘interesse tra il ruolo politico e di fondatore di “Quadra”. g. ca.
miciliari dell’ex direttore dell’Arpac Luciano Capobianco e il divieto di dimora in Campania per la Mastella e altri 17 indagati. Nel corso del processo, che inizierà il 15 febbraio 2010 davanti alla sezione C dell’undicesimo collegio del Tribunale, Lady Mastella dovrà rispondere delle presunte, indebite pressioni per destituire Luigi Annunziata dall’incarico di direttore generale dell’azienda ospedaliera di Caserta. Annunziata, che si è costituito parte civile, è colui che la Mastella definisce ‘un uomo morto’ in una ormai famosa intercettazione citata nelle 392 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare. Il manager doveva essere ‘punito’ - attraverso alcune interrogazioni firmate dagli esponenti dell’Udeur che miravano a dimostrare una presunta illegittimità dell’incarico - per non
essersi piegato alle richieste della Lonardo e di Nicola Ferraro di nominare primari indicati da loro. Secondo la denuncia di Annunziata, Ferraro, un imprenditore di Casal di Principe che opera nel ramo dei rifiuti, puntava pure ad ottenere ‘anticipazioni’ sui bandi di gara per lo smaltimento delle scorie ospedaliere. Il consigliere regionale casalese è una figura chiave dell’inchiesta-bis: la Procura di Napoli lo indica come il protagonista di ‘inquietanti collegamenti’ con un clan camorristico locale durante le regionali del 2005. “Sono certa che la mia innocenza emergerà nel dibattimento – ha dichiarato la Mastella – dagli atti emergono solo millanterie ed episodi riferiti da terze persone. Nessuno ha mai riferito che io abbia chiesto alcunché ad Annunziata”.
Martedì 27 ottobre 2009
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La settimana più lunga del superministro dell’Economia
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PRECARI DI GOVERNO
unedì 19 ottobre Giulio Tremonti, in un convegno alla Banca Popolare di Milano, pronuncia l’elogio del posto fisso. Le parole creano un dibattito forse imprevisto, che costringe Silvio Berlusconi a prendere posizione a difesa di Tremonti e contro la Confindustria, che difende la flessibilità. Il ministro dell’Economia è reduce da settimane di tensioni dentro il governo,
per un seminario dell’Aspen (di cui è presidente ) in cui si discuteva del dopo-Berlusconi e alcuni provvedimenti come la creazione della Banca del Mezzogiorno che non sono piaciute ai ministri Raffaele Fitto e Stefania Presitigiacomo. Nei giorni successivi inizia a circolare un programma alternativo di politica economica (ispirato, si scoprirà, da Mario Baldassarri) in cui viene
contestato il rigore contabile di Tremonti e il suo sostanziale immobilismo davanti alla crisi. Giovedì Gianni Letta legge un testo di Berlusconi (che è in Russia) dove si promette la riduzione dell’Irap. Una sconfessione - almeno così è stata interpretata delle posizioni tremontiane. Sabato, al vertice chiarificatore di Arcore, Tremonti si è presentato con i suoi protettori, Calderoli e Bossi.
IL FATTO POLITICO
Bossi lo sostiene ma Tremonti è isolato
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La pace fredda nel Pdl di Stefano Feltri
vertice dei coordinatori Ihaldelsancito Pdl che si è tenuto ieri il nuovo
IL MINISTRO INCONTRA I BANCHIERI A MILANO Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti (FOTO ANSA) di Francesco Bonazzi
e Stefano Feltri iulio Tremonti ieri era a Milano, per uno dei pochi appuntamenti rimasti sulla sua agenda dopo che, per sfuggire alle domande sulle polemiche di questi giorni, li ha disdetti quasi tutti. Ieri doveva presentare un libro su John Maynard Keynes (il più autorevole teorico della spesa pubblica, considerata in questi giorni un’esclusiva dello schieramento anti-tremontiano) ma non è andato, anche se avrebbe potuto duettare con Mario Monti. É da venerdì che in via XX Settembre hanno scelto il profilo basso, bassissimo, almeno fino all’inevitabile Giornata mondiale del risparmio che si terrà giovedì a Roma, a cui Tremonti non può sottrarsi anche se lì si troverà a confronto con il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Proprio Draghi, secondo una tesi giudicata da tutti fantasiosa ma interpretata come un messaggio politico, è indicato da Vittorio Feltri sul “Giornale” come un possibile sostituto di Tremotni. A Milano Tremonti ha incontrato Corrado Passera, il capo operativo di Intesa Sanpaolo, con cui ha un rapporto altalenante, soprattutto dopo che il banchiere ha pubblicamente sconfessato la Banca del Mezzogiorno e ha rifiutato il sostegno dei Tremonti-bond. I due si sono visti alle 12, in un incontro a due. Poi il ministro ha pranzato con Alessandro Pro-
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fumo, amministratore delegato di Unicredit, e con Giuseppe Guzzetti, il presidente della Fondazione Cariplo e dell’Acri, l’associazione di casse di risparmio che organizza il convegno di giovedì. Per ragioni di opportunità, in questa fase è meglio non far incontrare Passera e Guzzetti, visto che l’anziano avvocato è indicato da molti come il regista delle manovre per far saltare la poltrona del consigliere delegato di Intesa. “Si è trattato di uno dei periodici incontri con il mondo economico e finanziario”, si è limitato a dire il ministro. Sarà. Ma di sicuro non è dato sapere se anche con loro Tremonti si sia sfogato, come fa in questi giorni con chi lo sostiene. Sia a Berlusconi che ai partner leghisti, ha agitato la minaccia di un declassamento del” downrating” (crasi per “downgrading” e calo del rating) del debito italiano, per la perdita di fiducia dei mercati nella solidità della finanza pubblica. Se succede, il costo del debito si impenna - ha ammonito - ed è difficile tagliare l’Irap se gli interessi sul debito costeranno diversi miliardi in più. Ne avrebbe anche discusso con Joaquin Almunia, il commissario europeo agli Affari monetari che non è mai stato troppo ostile al governo Berlusconi. “Non ho mai chiesto di essere fatto vicepremier”, prova a spiegare in queste ore dopo il fallimento della trattativa con cui Tremonti aveva provato a consolidare la propria posi-
zione domandando una promozione che sancisse la sua preminenza, anche formale, sul resto del governo. Invece l’unico risultato è che oggi è considerato ministro in quota leghista, visto che perfino al vertice di sabato ad Arcore si è presentato con i suoi due sponsor principali, Umberto Bossi - “era invitato anche lui”, pare che ripeta sempre Tremonti in queste ore, per smentire che sia stata una sua (minacciosa) iniziativa presentarsi con il Senatùr- e Roberto Calderoli. Ed è proprio Bossi a rendere inutili le smentite del
ministro dell’Economia. Anche ieri ha ribadito: “Tremonti sarà vicepremier”. La debolezza esterna di Tremonti pare abbia conseguenze anche dentro le mura del ministero. Nei corridoi si racconta di una recente sfuriata al direttore generale Vittorio Grilli, accusato dal ministro di non curare a sufficienza i rapporti con i fondi di investimento americani e inglesi che hanno quote delle aziende partecipate dal Tesoro (vedi il caso Eni, con il fondo attivista Knight Vinke che ha contestato la gestione di Paolo Scaroni
davanti a mezza Milano). In questo periodo le grandi partecipate sono fonte di pensieri per Tremonti, perché anche se il ministero ne è azionista, i vertici rispondono di fatto a Palazzo Chigi, a Silvio Berlusconi o a Gianni Letta, mentre in Via XX settembre riescono a esercitare la loro influenza. E adesso che la posizione di Tremonti è sempre più fragile e che i suoi migliori sostenitori sono quei leghisti che vorrebbero pesare di più nelle partecipate, il ministro comincia a capire di avere più di un problema.
di Bankomat
LA MARCEGAGLIA A BIELLA
senti chi predica alle banche marcegaglia predica bene B iella è nota in tutto il mondo per i tessuti di qualità e in tutto il Piemonte per la proverbiale parsimonia dei suoi abitanti. Non c’era quindi platea migliore, ieri, per Emma Marcegaglia e le sue filippiche contro le banche con il braccino corto. Il presidente degli industriali ha inforcato gli occhialetti e ha sancito quanto segue: gli istituti di credito devono valutare gli imprenditori non solo dai bilanci 2008 e 2009, che saranno tragici, «ma dalle persone e dalle loro potenzialità». Ora si sa che in Italia Confindustria lancia sempre moniti, un po' come tutte le altre “autorevoli” entità che ci governano: Bankitalia, ministri, sindacati, alte cariche istituzionali, Authority. Tutti predicano a tutti, come fossero spettatori di un film gestito da altri. Ma la Marcegaglia questa volta ha ragione. I bilanci del
gruppo presieduto da papà Steno nel sito Internet di gruppo non sono riportati per esteso. Vi si trova solo una sintesi di qualche paginetta. Comunque indicano, per il 2008, i seguenti andamenti: margine operativo lordo sulle vendite, meno 30%, nonostante i ricavi siano saliti del 7%. Il “cash flow è di 92,7 milioni su 4,3 miliardi di ricavi - un' inezia - in calo del 64% sul 2007. L'utile è di appena 16 milioni, meno 88% sull'anno precedente. Mentre il 2009 si preannuncia peggio. Benchè il gruppo resti ben solido. Sì, ha ragione lei: “Non guardate i bilanci, ma le persone”. Per esempio suo fratello Antonio, amministratore delegato del gruppo, il 24 luglio 2008, ha rilasciato al “Sole 24 Ore” un’intervista in cui prevedeva un folgorante 2008, con un margine operativo lordo a 400 milioni. Altro che i miseri 250 realizzati poi davvero.
A MILANO UN TRANQUILLO LUNEDÌ DI PAURA La Finanza irrompe nelle banche accusate di frodi fiscali con i derivati, le stesse dove gli evasori chiedono lo scudo di Francesco
Bonazzi
hi si è recato alla Popolare di Milano, alla Dresdner Bank e in Banca Aletti per “scudare” un po’ di capitali esteri, ieri ha rischiato l’infarto. Fin dal primo mattino, secondo quanto ha scoperto “Il Fatto Quotidiano”, tutte e tre le sedi milanesi di queste banche hanno ricevuto la visita improvvisa di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate. Cercavano le prove cartacee e informatiche del cosiddetto “tax trading”, ovvero quella massa di derivati con i quali le banche italiane hanno abbattuto l’imponibile fiscale tra il 2001 e il 2007. Un giro di transazioni internazionali attraverso le quali, secondo l’ipotesi degli inquirenti, sarebbero stati sottratti al Fisco oltre tre miliardi di euro con un’attenta attività di pianificazione fiscale. Mentre secondo le banche italiane (almeno una dozzina quelle coinvolte) si tratterebbe di normale attività di “trading”, senz’alcuna finalità nè di evasione nè di elusione. In piazza Meda, sede della Pop Milano, i finanzieri si sono presentati
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sventolando un ordine di esibizione documenti - il passo appena più galante di una perquisizione - firmato dal procutore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Ne sono usciti a tarda sera con un bel pacco di contratti, email e corrispondenza interna. Stessa scena è avvenuta negli uffici di Piazza Affari della Dresdner, dove sono stati esaminati i computer e chieste le carte del “tax trade”. In via Santo Spirito, invece, ci sono gli uffici di Banca Aletti, la banca d’affari del Banco Popolare Italiano. Qui si sono materializzati gli ispettori dell’Agenzia guidata da Attilio Befera, chiedendo lo stesso tipo di documentazione. Le due inchieste sono infatti concomitanti e vertono sullo stesso ricco mercato che solo la crisi internazionale delle banche d’affari, iniziata nel 2008, ha stroncato. Più che altro per scomparsa utili e per lo smantellamento degli uffici che facevano i lavori più “border line”: non sarebbe stato bello, mentre si incassavano aiuti pubblici, farsi beccare con le furbate fiscali negli uffici. Questi derivati sequestrati ieri sono complesse operazioni attraverso le
quali banche inglesi, tedesche e taliane, si sono scambiate dei contratti altamente speculativi per importi singoli che potevano variare dai 100 milioni al miliardo di euro. Dal punto di vista fiscale, erano molto vantaggiosi perchè giocavano sul divieto di doppia imposizione nell’area Ue, in modo che la banca di diritto italiano poteva dire al proprio Fisco di aver già pagato una ritenuta alla fonte (inferiore anche della metà rispetto alla tassazione italiana) a Londra, a Francoforte o in Lussemburgo. Secondo quanto ipotizza il pm Alfredo Robledo, massimo esperto italiano di inchieste sui derivati (sua anche quella sui derivati che hanno scavato una voragine nei conti del comune di Milano, della regione Liguria e della Calabria), queste complesse operazioni avrebbero il solo fine di pagare meno tasse. E dall’analisi della prima tranche di documentazione già sequestrata in Barclays Capital, Commerzbank Italia (poi sciolta in Dresdner), Intesa-Sanpaolo e Unicredit, sarebbe abbastanza evidente che i contratti non presentassero alcun profilo di rischio. In sostanza, si tratta di derivati su ob-
bligazioni che staccavano delle cedole prefissate e dal rendimento insensibile perfino ai rischi di cambio. Per questa ragione, la Procura milanese procede per truffa aggravata ai danni dello Stato e dichiarazioni fiscalmente infedeli. L’indagine è delicatissima perchè coinvolge tutte le principali banche italiane, a cominciare da Intesa, Unicredit, Antonveneta, Carige, Montepaschi, Popolare di Milano, Banco Popolare e Popolare Vicentina. A metà agosto, quando sono state perquisite, Intesa e Unicredit hanno fatto sapere di aver offerto “piena collaborazione agli inquirenti” e di non aver violato alcuna legge. L’indagine sembrava ferma. Poi, ieri, la nuova e improvvisa accelerazione.
Documenti sequestrati e computer perquisiti in Bpm, Dresdner e Aletti
equilibrio, forse solo provvisorio, all’interno della maggioranza. Il punto di tensione era (ed è) ovviamente la posizione del ministro Giulio Tremonti. Ignazio La Russa, uno dei tre coordinatori, ha liquidato la promozione di Tremonti a vicepremier: “Non è questo il tema in discussione”. Come dire che si è discusso se lasciare Tremonti al suo posto, non se dargli più potere. Nel vertice con La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi, ad Arcore da Silvio Berlusconi, “si è concordato sulla necessità di coniugare due esigenze altrettanto valide, cioè l'esigenza inderogabile del rigore, da tutti condivisa, e quella della ripresa dello sviluppo economico”. Una soluzione “ma anche” a cui risponde dall’altra parte il più visibile dei congiurati anti-Tremonti, l’economista senatore Mario Baldassarri, che denuncia i rischi di una “politica spendacciona e demagogica”. Tradotto: Tremonti non ha il monopolio del rigore contabile, lo si può sostituire in qualsiasi momento. a Tremonti resterà al suo M posto, questo sembra il risultato delle tensioni degli ultimi giorni. Ha provato a rilanciare, chiedendo la vicepresidenza del Consiglio, ma risulta ormai evidente che invece viene ridimensionato. Gianfranco Micciché, della fazione meridionalista del Pdl, ha detto che ci sono sempre meno dubbi sul fatto che Tremonti sia un ministro in quota Lega. Lo stesso ha ribadito Baldassarri. E questo complicherà l’azione del ministro dell’Economia che con progetti come la Banca del Sud era andato a insidiare proprio le sacche di consenso nel mezzogiorno di quei ministri e leader regionali che ora lo attaccano. La sua posizione è più debole anche perché Berlusconi ha firmato una cambiale a Umberto Bossi. Il leader leghista lo ha esplicitato ieri, inaugurando a Monza il reparto di un supermecato dove si vendono unicamente prodotti del nord: “Per adesso abbiamo solo il Veneto”. La Lega blinda Tremonti e si accontenta di una presidenza di Regione (con Zaia): se Berlusconi osa sostenere Giancarlo Galan o abbandonare Tremonti, allora la Lega potrebbe iniziare a creare davvero problemi. Intanto Fabrizio Cicchitto, capo dei deputati Pdl, guarda avanti e prepara la sua fondazione, guidata da un pezzo da novanta della politica economica craxiana come Francesco Forte.
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Martedì 27 ottobre 2009
La petroliera livornese che ha difeso la vita di quasi 300 persone
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CRONACHE
on mare forza 8 e fortissime raffiche di vento, i quasi 300 extracomunitari a bordo del barcone non avrebbero avuto alcuna speranza. Fortunatamente due eritrei, venerdì scorso, sono riusciti a chiamare con un telefono satellitare i loro famigliari in Italia. Uno ha contattato la moglie, che vive in Calabria, l’altro, il fratello che abita a Roma. Da queste telefonate è partita la trafila che ha ha portato ai
soccorsi. Di fatto, però, in quel momento l’imbarcazione di appena 17 metri stava navigando in acque libiche ed era in procinto di entrare nella zona di competenza maltese. La Guardia costiera italiana ha quindi segnalato la presenza della barca sia alle autorità di Tripoli sia a Malta. Che non sono intervenute. L’Italia ha invece inviato la petroliera livornese Antignano, che per tre giorni ha scortato e protetto il barcone dal
mare in tempesta. La petroliera, però, in condizioni così avverse non poteva prelevare i profughi: troppo alta per trasbordare le persone i sicurezza. Domenica notte, due motovedette sono partite ma sono dovute tornare indietro a causa delle pessime condizioni del mare. Alla fine, due motovedette e un rimorchiatore d’altura sono riuscite ieri a mettere in salvo gli immigrati.
I MIGRANTI TROVANO TERRA Una vera odissea per salvarli dal mare e nessun aiuto da parte di Malta di Elisa Battistini
on sono arrivati tutti. Anche questa volta si aggiunge un morto nella conta delle vittime del Mediterraneo. La vicenda del barcone di pochi metri salpato dalla Libia con quasi 300 persone si è conclusa così: tra i migranti ci sono 50 donne, quattro delle quali incinte, decine di bambini e anche un cadavere. Tredici persone sono poi state trasferite in ospedale, provate da un viaggio terribile. Perchè questi migranti, di nazionalità prevalentamente somala ed eritrea, pur di arrivare in Europa hanno affrontato venti di oltre 20 nodi, onde altissime, condizioni meteorologiche estreme. E sulla loro testa, sottotraccia, si è svolto nei giorni scorsi il consueto balletto diplomatico tra stati. Ora sono in Italia, sbarcati a Pozzallo, nel ragusano. Trasportati da due motovedette e da un rimorchiatore che ieri mattina hanno raggiunto la carretta del mare, da tre giorni scortata e protetta dalla petroliera livornese Antignano. Ma le trattative per soccorrere i migranti non sono state semplici. Venerdì scorso l’Italia dà l’allarme e avvisa La Valletta e Tripoli di una nave in condizioni tragiche, tra le acque territoriali libiche e acque Sar di competenza maltese. La zona Sar è una zona di ‘Ricerca e Soccorso’, la cui disciplina è regolata dalla Convenzione di Amburgo del 1979. Quando si ha notizia di un Sos in queste zone gli stati sono obbligati a intervenire. Eppure Malta non lo ha fatto. Così come non lo ha fatto la Libia. A quanto pare, però,
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Malta ha cercato di chiamare un’imbarcazione libica per riportare gli immigrati in Africa. Forse per paura di dover gestire l’arrivo di centinaia di richiedenti asilo sul proprio territorio. Ma sul tentato intervento della nave libica, le indiscrezioni non sono state confermate. Persino la portavoce della sezione italiana dell’Achnur, Laura Boldrini, dice: “nei giorni scorsi la situazione è stata del tutto confusa. Malta non ha chiarito se, davvero, c’è stata l’ipotesi di un intervento libico. Posso dire che, dopo aver ricevuto i primi Sos, noi ci siamo attivati immediatamente, ma non è stato facile localizzare la barca”. È certo, invece, che il portavoce delle Forze armate maltesi, Ivan Consiglio, appena raggiunto dalla richiesta di Sos abbia subito messo le mani avanti. Dicendo che la Marina del suo paese non avrebbe prestato soccorso. Anche perchè gli immigrati avevano contattato l’Italia, quindi i soccorsi spettavano a noi. Ma è proprio così? “Dal punto di vista del diritto internazionale -
spiega Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d’Asilo all’Università di Palermo - la giustificazione non regge. Ma va ricordato che La Valletta non ha aderito al protocollo aggiuntivo Sar del 2006. Oggi Italia e Malta rispondono a due modalità di intervento differenti. Malta si è posta al di fuori dei salvataggi nella zona Sar di sua competenza. Una zona, per altro, molto vasta. Che va dalle Egadi fino a 30 miglia a nord della Libia. E cha fa comodo a Malta per ragioni economiche: gli aerei che volano su questa zona pagano al paese una tassa di soccorso per eventuali ammaraggi”. Al cuore del problema c’è, però, forse la Convenzione di Dublino per la quale, quando un richiedente asilo arriva in un paese, questo Stato ha l’obbligo di esaminare la richiesta. E di ospitare le persone che dichiarano di avere lo status di rifugiati. Come avvenne per il famoso caso della Cap Anamur, ci si rimpalla quindi il potenziale rifugiato. Ma l'italia, questa volta, ha rispettato gli obblighi di protezione interna-
Nella foto, una barca di migranti (FOTO ANSA)
zionale. Dalle autorità di Malta è arrivata, però, anche una versione differente: sarebbero stati i migranti a non voler raggiungere La Valletta. Richiedendo espressamente di sbarcare in Italia. Comunque siano andate le cose, due degli scafisti che hanno organizzato il viaggio sono stati arrestati in Libia. E l’Italia in questa situazione si è assunta la responsabilità dei soccorsi. Laura Boldini esprime infatti “un grande apprezzamento
per l’azione della petroliera Antignano, che ha gestito un’operazione difficile. La vicenda dovrebbe poi far capire a tutti, se ancora ce ne fosse bisogno, che condizioni pericolosissime non impediscono alle persone di fuggire dai condizioni disperate. Speriamo che l’Italia continui a monitorare le acque del Mediterraneo e a prestare soccorso”. Anche se, va ricordato, l’Sos è partito da due telefonate. Fatte su un barcone alla deriva.
Un morto, tredici in ospedale, bambini salvi: questo il bilancio di una strage evitata
STUPRO DI MONTALTO, LO SCEMPIO DI “BUONA DOMENICA” Bersani non parla, ma la senatrice Vittoria Franco chiede le dimissioni del sindaco Carai di Beatrice Borromeo
er le donne Montalto di Castro è peggio di Ka“P bul sotto i talebani, quello che sta succedendo attorno alla ragazza stuprata ricorda una caccia alla
strega medievale con tanto di rogo”, così commenta una donna di Montalto che ha visto la trasmissione di Barbara D’ Urso “Buona Domenica”, andata in onda tre giorni fa su canale 5. Nel pomeriggio domenicale milioni di telespettatori hanno assistito al collegamento con il comune laziale vicino Viterbo dove, due anni VIOLENZA A ROMA fa, un branco di otto ragazzi ha violentato una quindicenne. Hanno visto i volti e ascoltato le voci dei cittadini, tutti na frattura del setto nasale, una costola uniti attorno agli stuprarotta, traumi allo zigomo. Ovvero i postumi tori, concitati, urlanti, dell’ennesima aggressione di stampo fascista a spesso violenti. Tutti dalla stessa parte, tranne Roma. Nella notte tra venerdì e sabato scorsi, un una signora, Iride Allegiovane di 30 anni è stato massacrato di botte da gri, l’unica che ha preso tre persone a Ostia, sul litorale della capitale. Lo il microfono per difenhanno avvicinato alla fermata di un autobus, lui dere la vittima, suscitanrientrava da un concerto, gli hanno gridato do gli applausi degli “frocio comunista”, e poi giù, botte da orbi. ospiti di Milano, che aveOrmai non le contiamo più, le violenze a Roma. vano assistito attoniti alQuelle contro gli immigrati, quelle contro gli le accuse, rivolte alla ragazza, di essere stata omosessuali, quelle contro le donne. Tutti “consenziente, facile, di soggetti “deboli”, che evidentemente, però, essersela cercata”. Iride danno fastidio. E’ come se in città circolasse la è stata netta nel suo giusensazione che si può massacrare di botte dizio: “Non è giusto che qualcuno e farla franca. Una sensazione una ragazza venga vioalimentata dal fatto che mancano le politiche di lentata e pure accusata. integrazione e di prevenzione dell’intolleranza. Come donna e come abitante di Montalto mi Non bastano le fiaccolate o le espressioni di scandalizzo”. Appena solidarietà a rendere tutti più buoni. pronuncia queste parole, Iride viene insultata e
ABBIAMO PERSO IL CONTO U
aggredita dalla folla. Contattata dal “Fatto Quotidiano”, racconta cos’è successo: “Sono andata nella piazza dove c’era il collegamento apposta per parlare, anche se non conosco personalmente la vittima, perchè non sopportavo l’idea che nessun cittadino di Montalto difendesse quella ragazza”. La reazione? Iride racconta: “Le donne mi urlavano ‘Puttana!’, ‘Vattene da Montalto, non tornare neanche per andare al mare’. Gli uomini mi hanno spintonata e attaccata a un muro. Un giornalista mi ha accompagnata alla macchina perchè aveva paura che mi facessero del male. Tutte le persone presenti al collegamento erano parenti, più o meno lontani, degli stupratori. La donna che in diretta ha insultato la vittima lavora in Comune, col sindaco Salvatore Carai, zio di uno dei violentatori. Un uomo che ha fatto delle porcate pazzesche, come finanziare gli otto stupratori con 20mila euro. C’è tanta gente che, come me, non ha rapporti familiari con quelle persone, ma in molti hanno paura a parlare, perchè il paese è piccolo. Adesso mi aspetto una reazione, anche perchè mi hanno pesantemente minacciata”. La madre della ragazza stuprata era davanti alla televisione, quanto “Buona Domenica” si è occupata di Montalto, e racconta al “Fatto” le sue impressioni: “Capisco ascoltare i pareri di tutti, ma non mi sarei mai aspettata di vedere queste cose in tv. Ho sentito insultare mia figlia senza una presa di posizione da parte del programma. In paese si devono vergognare. Dopo tutto quello che mia figlia ha subito, dopo che gli stupratori hanno confessato, non si può mandare in onda uno scempio del genere. Mia figlia non capisce questa cattiveria. Mi chiede: ‘Mamma, cos’ho fatto di male?’ E io non so cosa risponderle. Mio marito stava salendo in macchina per andare a Montalto, abbiamo dovuto fermarlo. Siamo dei genitori, la nostra vita è distrutta”. Il critico Vittorio Sgarbi, presente in studio, afferma: “Questo non è uno stupro, qui non c’è reato. Lo stupro lo subiscono anche i maschi, invece si dice sempre : ‘la povera ragazza, la povera bambina’. Al-
lora ditemi perchè, se lo stupro c’è stato, la mamma della vittima ha stretto la mano agli otto carnefici”. La signora, tramite il “Fatto”, risponde: “L’avvocato di mia figlia mi ha detto che se non avessi accettato le scuse dei ragazzi, queste non sarebbero state messe a verbale. Scusandosi, gli otto hanno confessato. L’ho fatto solo per quello, perchè ammettessero e la verità fosse scritta nel verbale. E non potete immaginare come mi sia sentita a toccare le loro mani. Ogni giorno ci sono accuse sempre più disgustose.” Intanto il sindaco di Montalto, Carai, si rifiuta di rilasciare qualunque dichiarazione. Dopo la presa di posizione, pochi giorni fa, delle donne del Partito democratico, parla oggi la senatrice Vittoria Franco, responsabile Pari Opportunità del Pd: “Il sindaco Carai deve dimettersi. Dopo il comunicato, con cui gli abbiamo chiesto di rinunciare alle liste, ci ha risposto che non poteva, altrimenti le avrebbero invalidate. Ora però le primarie sono passate, non ci sono più scuse, Carai ha la responsabilità di rispondere per una comunità che colpevolizza una vittima, e per le sue azioni”. Altrimenti dice la senatrice - ci si deve rassegnare “a un imbarbarimento inaccettabile dell’Italia. Il Pd si schiera con forza a sostegno delle donne e contro ogni violenza. Il sindaco non condivide? Se ne vada”. Invece Pierluigi Bersani, nel suo primo giorno da segretario del Pd, alla domanda su Montalto risponde che: “Oggi parlo solo di artigiani”, anche perché, come ricordaq il suo portavoce, c’è già in programma un vertice interno al partito per confrontarsi sulla questione.
La madre della vittima: “programma vergognoso, hanno lasciato che in studio e in piazza difendessero gli animali che hanno violentato mia figlia”
Martedì 27 ottobre 2009
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Telecamere, ricatti, indecenze: quando la cattedra è a luci rosse
F
CRONACHE
inì con la più dolorosa tra le assoluzioni, la storia di Ezio Capizzano, docente all’Università di Camerino, accusato di corruzione, concussione e violenza sessuale. Era il 2002, e il primo scandalo a luci rosse del nuovo millennio sbocciò come un fiore del male, tra i banchi dell’Ateneo marchigiano, da allora e per sempre, soprannominato “Decamerino”. Solo pochi mesi prima, il Ministro La Loggia ad inaugurare il suo corso,
un attimo dopo, per Capizzano, flash, confessioni di pletore di studentesse (una cinquantina) piegate all’indecente patto (voto in cambio di prestazione) dal quasi settantenne docente che “per avere un ricordo”, filmava gli incontri. Nel 2008, ad Aprile, la vergogna sfiorò Bari. Facoltà di Medicina. Cronaca e magistratura si occuparono delle numerose specializzande indignate per i “palpeggiamenti e i primari che allungano le mani anche in sala operatoria. Chi non accetta è
emarginata, non lavora, non va ai convegni”. Appena due mesi e toccò alla vicina Matera. Sott’accusa il professor Emanuele Giordano, docente di storia della Lingua italiana all'Università degli studi della Basilicata. Le accuse, concussione sessuale e falso in atto pubblico, riguardarono anche altri due docenti, anche in quel caso, telecamere accese sul piacere estorto.
LAUREARSI A CATANIA
Un professore chiede favori sessuali alle studentesse. Una non ci sta e denuncia
di Paola
PALERMO E STRAGI
Porciello
atania. Un docente universitario della facoltà di Scienze politiche e una studentessa escono da un motel a due stelle. Ad aspettarli le telecamere delle Iene. Cosa ci fanno in quel motel? “Siamo venuti a prendere il registro”, balbetta il professore. All'Università di Catania la voce gira per i corridoi già da anni. Il docente adescherebbe le studentesse promettendo un bel 30 e lode in cambio di favori sessuali. Se accetti, bene, altrimenti porti a casa un 18 o la bocciatura. Il professore attira le ragazze nel suo ufficio, promette di portarsi a casa l’esame, ma anche quelli condotti da altri professori. Che le allieve abbiano studiato o no, poco importa: ciò che conta – precisa – è che “ci fidanziamo per dieci minuti”. Tutti lo sanno. Ma nessuno, prima della studentessa che per motivi di privacy chiameremo D., ha deciso di denunciare lo scandalo e di prendere provvedimenti. Nelle prime fasi dell'adescamento, l’insegnante si tiene sul vago. Esame a porte chiuse, il “piedino” e poi l'appuntamento fuori dall'università, al bar, dove la proposta si fa più esplicita. La ricompensa in cambio dell'esame? Andare a letto con il professore. D. decide di stare al gioco e fa finta di accettare. Si ritrova in un motel di seconda categoria con il professore che non perde tempo e passa subito ai fatti. Lei tentenna, lui abbassa la posta. Solo sesso orale. Lei prende ancora tempo, ma alla fine rifiuta. Le Iene,
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QUATTRO RAGAZZI ALLO SBARAGLIO CONTRO I CORLEONESI di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza l primo era un agente di polizia, Nino Agostino, e fu ammazzato ICastelluccio, a Palermo a colpi di pistola il 5 agosto 1989. Sua moglie, Ida aspettava un bambino, ma i killer fecero fuoco anche
L’università di Catania
A Catania esami a porte chiuse: “Ci fidanziamo per dieci minuti e in cambio prendi 30 e lode” nel frattempo, intervistano altre tre ragazze che confermano - se ancora ce ne fosse bisogno - la versione di D. La ragazza ha 20 anni: senza esitazioni e con il massimo candore, ha deciso di dare voce al silenzio e all'omertà, rivelando uno scandalo che farà parlare a lungo. Specie perché il professore è un uomo potente che, prima della carriera universitaria, aveva calcato le scene politiche della provincia catanese, non senza strascichi giudiziari per
un’accusa di tangenti poi risoltasi in un'assoluzione. La notizia del ricatto sessuale ai danni di D. ha suscitato l'indignazione degli studenti dell'Università di Catania, che stanno preparando una petizione per chiedere l'allontanamento del professore dall'ateneo. Ora si attende l’intervento della magistratura. E si spera che le altre ragazze rimaste vittima del prof. sporcaccione prendano esempio da D. e si decidano a denunciare.
Divieto di insulto per Gentilini TRE ANNI DI COMIZI VIETATI PER L’EX SINDACO DI TREVISO e panchine segate per impedire agli Lbattute stranieri di sedere ai giardinetti, le atroci sui «leprotti» da impallinare con i fucili, il plauso trasversale per “aver saputo interpretare le istanze della cittadinanza”, la ricerca dell’iperbole per sublimare un manifesto di autarchica chiusura e rifiuto in salsa leghista. Il 14 settembre di un anno fa, l’ex sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, alternando proclami a strafalcioni verbali, esagerò. La condanna del Tribunale di Venezia per aver usato parole inaccettabili nei confronti degli immigrati, è arrivata ieri con rito abbreviato. Il Gup Luca Marini ha deciso per Gentilini l’interdizione dai comizi pubblici per tre anni e una multa di quattromila euro. Pronunciamento che segue la denuncia di un cittadino alla Procura di Venezia per istigazione al razzismo. Il Tribunale di Venezia ha accolto la tesi dell'accusa anche se il procuratore Vittorio Borraccetti, aveva chiesto 6000 euro di multa pari a 1 anno e 5 mesi di reclusione. In quella gioranta pre-autunnale, Gentilini salì sul palco, arrotò la voce e nella cornice livida della “festa dei popoli”,
a Venezia, parlò di rivoluzione. Una serie di “voglio”, scagliati contro le minoranze, tra i gridolini di giubilo dei militanti di un partito che occupa le più alte cariche dello Stato. Più di Borghezio, oltre cappi, provocazioni, eccessi folkloristici. Gentilini andò oltre. “Voglio la rivoluzione contro gli extra-comunitari, la pulizia delle strade da queste etnìe che distruggono il Paese, pulizia dei nomadi dei (sic) zingari” e poi, in un agghiacciante crescendo: “Voglio eliminare tutti i bambini dei (sic) zingari che vanno a rubare(...) voglio tolleranza a doppio zero, voglio la rivoluzione contro tutti coloro che desiderano aprire Moschee e centri islamici (...) vadano a pregare nel deserto, gli apro una fabbrica di tappeti”. Il difensore di Gentilini, l’avvocato Luca Ravagnan, ha gia' annunciato ricorso in appello sostenendo che “non c'era alcuna malizia contro le razze”. Gentilini ha scelto di percorrere lo stretto vicolo della recitata amarezza e del ridicolo involontario: “C'e' sempre qualcuno pronto a spararmi alle spalle”. Amen. (M.P.)
su di lei che ebbe appena il tempo di gridare al suo sicario: “Io ti conosco!’’ Sette mesi dopo toccò al secondo, un ex agente di polizia con il pallino delle investigazioni: Emanuele Piazza scomparve dalla sua casa di Sferracavallo il 16 marzo 1990. Dopo pochi giorni, il 31 marzo, sparì il terzo: Gaetano Genova, vigile del fuoco, amico di Piazza. Del quarto si sa solo che si chiamava Giacomo Palazzolo: non si trovò più e anni dopo si seppe che era stato ucciso in un garage. Dei quattro, solo Piazza aveva ufficialmente rapporti con i servizi segreti: dopo mesi di richieste, il Sisde ammise di averlo stipendiato dal 31 dicembre ‘89. Tranne Agostino, che indossava una divisa, gli altri erano semplici cittadini. Questa è la storia di quattro picciotti sguinzagliati per le strade di Palermo a caccia di latitanti mafiosi, nella stagione più calda dell’antimafia e dei “veleni’’, e assassinati nell’arco di pochi mesi. Oggi, a vent’anni di distanza, la procura di Palermo traccia un’ipotesi inedita: Agostino, Piazza, Genova e Palazzolo erano “cacciatori di taglie’’, infiltrati senza rete nelle borgate mafiose di Palermo, alla ricerca di contatti con i boss di Cosa Nostra. E con tutta probabilità, agivano alle direttive di un’unica struttura di intelligence. L’ipotesi dei pm di Palermo è che “i corleonesi, a mezzo di alcuni politici nelle loro mani, fossero riusciti ad infiltrare nei servizi segreti soggetti a loro vicini. E che questo avesse messo in grave pericolo, tra gli altri, Agostino e Piazza’’, entrambi evidentemente sovraesposti alle delazioni di un doppiogiochista in quest'area di confine tra politica e apparati di intelligence. Per questo la Procura ha acquisito i fascicoli dei tre delitti agli atti di un’unica inchiesta, quella su Agostino, rileggendo tutta la vicenda per la prima volta in modo univoco. E adesso sta valutando se inoltrare una nuova richiesta ufficiale ai servizi di sicurezza nella quale sollecitare informazioni sul rapporto di lavoro di alcuni agenti operanti sotto copertura a Palermo negli anni delle stragi. Sarebbe la terza richiesta, dopo quella inviata circa un anno fa al Sisde (e dopo che una prima volta il ‘servizio’ civile aveva già opposto sulla vicenda il segreto di Stato) nella quale la procura chiedeva di conoscere se oltre a Piazza, anche Nino Agostino e una terza persona, “il cui volto sarebbe stato sfigurato dall’acne, il viso sottile e i capelli biondastri”’, fossero collaboratori in qualsiasi veste del servizio segreto. É qui che appare l'uomo dal volto sfigurato. Nella storia dei cacciatori di taglie ha un ruolo di primo piano la figura del “mostro”, l'agente segreto dall'aspetto deforme ritenuto il braccio operativo della struttura di intelligence, a cavallo tra mafia e Stato che, secondo la Procura nazionale antimafia, potrebbe aver fornito input decisivi alla stagione stragista del ’92. Le indagini ora sono dirette ad accertare proprio il ruolo di questo “mostro”. Anzi sono due i “mostri”: uno è un personaggio con un vistoso lipoma sul volto, in contatto certamente con Emanuele Piazza, e forse anche con Agostino. Un uomo con queste caratteristiche fisiche è stato individuato recentemente in Vincenzo Monterosso, funzionario della Regione siciliana vicino all’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino. Ora i pm vogliono accertare se Monterosso, morto nel 2002, fosse un agente dei servizi. L'altro è ancora un personaggio senza nome: ed è il “mostro”, come ipotizzano a Caltanissetta e a Palermo, che potrebbe aver partecipato alle stragi. Di uno 007 col volto sfigurato ha parlato recentemente anche Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito, sostenendo che “era in contatto con il padre”. E ancora di una persona con una deformità del viso, ha parlato pure il boss Luigi Ilardo, accusando i servizi segreti dei delitti Agostino e Piazza, “commessi a Palermo dagli 007 deviati, ma attribuiti a Cosa nostra”. Qualcuno ha lasciato che i ''cacciatori di taglie'' venissero sacrificati sull'altare dell'antimafia senza le dovute coperture? Quattro ragazzi “mandati allo sbaraglio da gente irresponsabile'' . Parola dell'avvocato Giustino Piazza, padre di Emanuele.
Infiltrati “senza rete” dai servizi segreti tra i mafiosi e poi uccisi
Sanzionati i magistrati che tolsero l’inchiesta a Luigi de Magistris di Antonio Massari
potrà dirigere alcun Nanno.onufficio giudiziario per un È la sanzione decisa dal Csm per l’ex procuratore generale di Catanzaro Enzo Iannelli. La sezione disciplinare chiude così il cerchio sulle vicissitudini del dicembre 2008 quando la procura di Salerno sequestrò alcuni fascicoli (dell’indagine Why Not) ai magistrati di Catanzaro. E l’ennesimo episodio del “caso de Magistris” sfociò in giorni di grande tensione. Riepiloghiamo: due pm salernitani – Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, coordinati dal procuratore capo Luigi Apicella – indagavano su alcuni magistrati di Catanzaro per gravi reati, tra i quali la corruzione in atti giudiziari. Secondo l’accusa, il pool di magistrati calabresi, che aveva ereditato le inchieste Why Not e Poseidone, “sottratte” all’ex pm Luigi de Magistris, non aveva indagato a dovere. Un’accusa grave che, secondo i pm di Salerno, poteva essere verificata soltanto visionando tutte le carte lasciate in eredità, da de Magistris e dai suoi consulenti, al pool che era subentrato all’indagine. Più volte, nell’arco di dieci mesi, i pm di Salerno avevano chiesto i fascicoli di “Why Not”, senza risultato. Decisero così di sequestrarli. Il procuratore generale Enzo Iannelli reagì drasticamente: “contro-sequestro” degli atti e iscrizione, nel registro degli indagati, dei pm che stavano indagando su di lui. E proprio su questo macroscopico corto circuito - il magistrato indagato, che iscrive, nel registro degli indagati, i magistrati che lo indagano - è intervenuto il Csm. La punizione per Iannelli è esemplare: “incapacità” di dirigere per un anno qualsiasi ufficio giudiziario. Alla sanzione va aggiunto il trasferimento di sede e di funzione. Trasferimento per il sostituto Alfredo Garbati, che perde anche sei mesi d’anzianità. Per il pm Salvatore Curcio, invece, sanzione della censura. Non luogo a procedere, infine, per Domenico De Lorenzo: s’è dimesso dalla magistratura. Lunedì scorso il Csm ha punito anche i pm di Salerno Nuzzi e Verasani (trasferimento di sede e funzione e perdita d’anzianità). Il procuratore Luigi Apicella, al quale avevano tolto persino lo stipendio, s’era già dimesso. Partita chiusa, quindi. Il Csm, quanto a sanzioni, mette tutti sullo stesso piano. Eppure, i pm di Salerno, erano legittimati ad agire: indagavano sui colleghi di Catanzaro. E per gravi reati.
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Martedì 27 ottobre 2009
Lo spionaggio del 2005 alla vigilia delle Regionali
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VELENI ITALIANI
on è la prima volta che Marrazzo diventa vittima di un’incursione nella sua vita privata. Il precedente è datato 2005, quando era in corsa per la carica di Governatore. La vicenda è nota come “Qui, Quo e Qua”, dove Qui stava per Alessandra Mussolini, Quo per Piero Marrazzo e Qua per Gianpiero Antonioli, un uomo dello staff di
Storace. Con i tre nomi disneyani alcuni degli arrestati nell'inchiesta sui detective privati corrotti e sulle intercettazioni abusive definivano gli oggetti del presunto 'spionaggio' politico prima delle elezioni regionali nel Lazio. Le indagini e l’esito delle intercettazioni fatte dagli inquirenti portarono a dimostrare che l'incarico di investigare sui tre personaggi venne "affidato"
alla fine di febbraio 2005 a Pierpaolo Pasqua, titolare della Security Service Investigation, "da un soggetto inserito presso la Regione Lazio ed interessato all'esito delle elezioni regionali del Lazio che si sono svolte il 3 e 4 aprile 2005”. Il committente fu individuato in Niccolò Accame, portavoce dell’allora Governatore del Lazio, Francesco Storace.
LA MIA NOTTE CON NATALIE
L’interrogatorio del Governatore, i dubbi degli inquirenti sul blitz e sulla droga: “Cinquemila euro solo per il sesso?” di Marco Lillo
n uomo senza difese, in balia di carabinieri ricattatori, viados affamati di soldi, papponi di ogni risma e persino dei rivali politici. Piero Marrazzo era precipitato in un vortice senza fine dal quale è uscito dopo l’arresto dei quattro militari che lo tenevano in scacco con un video. Il prezzo in termini dei credibilità è stato altissimo ma forse il giornalista si sarà sentito liberato. Lo scenario che emerge dagli ultimi sviluppi delle indagini è davvero incredibile. Tutti sapevano che Marrazzo era stato filmato nei primi giorni di luglio insieme a un trans. La notizia e il video rimbalzavano tra i quotidiani del centrodestra e i settimanali che dipendono dalla famiglia Berlusconi e lo sapeva persino il premier in persona.
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Il transessuale Natalie (FOTO ANSA) (
RETROSCENA
SIGNORINI E IL VIDEO: LE DATE NON TORNANO di Antonella Mascali
ra le tante cose che non tornano del caso Tvideo Marrazzo ci sono anche le date in cui il è stato visionato dal direttore di “Chi”, Alfonso Signorini, l’uomo più vicino a Marina Berlusconi. Signorini, domenica scorsa a La Stampa ha confermato di aver visto le immagini del governatore del Lazio con una trans: “Effettivamente una decina di giorni fa dall’agenzia fotografica Masi mi è stato proposto”. A Il Fatto risulta che Signorini visiona il filmato il 5 ottobre, almeno dieci giorni prima di quanto dica. Signorini, come lui stesso ha confermato a Skytg24, avverte Marina Berlusconi e l’amministratore delegato della Mondadori, Maurizio Costa, ma smentisce di aver parlato con il premier. «Le foto mi sono state offerte dall'agenzia fotografica Masi alla modica cifra di 200 mila euro trattabili e non appena ho visto le immagini - ha spiegato - ho ritenuto che non fosse assolutamente il caso di renderle pubbliche, né di acquistarle…. Credo proprio sia vero che Berlusconi abbia contattato Marrazzo, ma non sono stato io ad avvertire Berlusconi». Questa la sua versione ieri, nella giornata in cui uno dei vice direttori di “Chi”, Rita Pinci, è stata licenziata (stessa sorte era capitata nello scorso luglio a Paola Bergna, photoeditor, non proprio in linea con la direzione di Signorini). La comunicazione alla Pinci è arrivata a mezzogiorno, un quarto d’ora dopo è stata direttamente “accompagnata” fuori dalla Mondadori. “Chi” è l’unico giornale che ha ottenuto una copia del filmato di Marrazzo per visionarlo, non era stato possibile né per “Ogg” né per
Il filmato arriva a “Chi” Ma non il 5 ottobre come dice il direttore
“Libero”. Il settimanale della Rizzoli è stato il primo giornale a cui la Photo Masi si è rivolta. Lo conferma il condirettore, Umberto Brindani: “Sono stato contattato nella prima metà di agosto da Carmen Masi, titolare dell’agenzia. Ha chiamato subito me perché c’è un rapporto di fiducia, è un’agenzia molto seria con cui lavoro da anni. La signora Masi mi ha detto che, come mediatrice di personaggi romani, mi proponeva un video che ritraeva il governatore Marrazzo con un trans, mi ha detto anche che su un tavolo si vedevano strisce di cocaina e denaro. Rientrato dalle vacanze il direttore Andrea Monti, decidiamo di comune accordo di mandare il nostro cronista più esperto, Giangavino Sulas, a Roma per prendere visione. Il nostro inviato va il primo di settembre a Roma dove, alla trattoria ‘Cacio e pepe’ incontra due dei quattro carabinieri arrestati, ma quel giorno non rivelano certo la loro identità. Portano Sulas in un appartamento della periferia romana e gli mostrano il video, di un paio di minuti e di scarsa qualità, su un computer. Sulas li avverte che deve parlare con Monti e con me prima di qualsiasi decisione e chiarisce che sarà necessaria una perizia e rintracciare il trans”. L’inviato di “Oggi” torna a Milano il 2 settembre e racconta quanto visto a Monti e Brindani che nel giro di una paio di giorni rifiutano di aprire qualsiasi trattativa: “In primo luogo - spiega Brindani - pensiamo che c’è di mezzo la vita di un uomo, prima ancora che di un politico, inoltre bisogna tenere conto che all’epoca non avevamo notizie di estorsione e ricatti, di carabinieri coinvolti. Valutiamo solo che non era pubblicabile per violazione della privacy e per probabile violazione di domicilio. In più non avevamo potuto parlare con il transessuale e non era chiaro che il video fosse autentico. Per noi la vicenda era archiviata. In questi casi la correttezza professionale impone di “dimenticarsi” della cosa, e non usare la notizia ricevuta in alcun modo, come purtroppo altri fanno”.
Tanto che il Cavaliere aveva chiamato il governatore tre giorni prima degli arresti per promettere silenzio e comprensione sui suoi giornali. Parole che a rileggerle oggi fan sorridere. Nemmeno allora Marrazzo aveva avuto il coraggio della verità. Dopo aver pagato i carabinieri infedeli a luglio era pronto a pagare di nuovo pur di tamponare il baratro che si stava aprendo nella sua immagine di politico, di giornalista e di uomo. Dopo quella telefonata poteva ancora limitare i danni e invece si è giocato tutto pensando di risolvere i suoi problemi segretamente con generali amici e avversari politici. Invece di affrontare la realtà con le uniche persone a cui doveva rendere conto: gli elettori e la famiglia. Ma il suo segreto forse era davvero troppo difficile da confessare prima di tutti a sé stesso. Nell’ordinanza che conferma gli arresti per i quattro carabinieri infedeli, il gip Sante Spinaci riporta brani della sua testimonianza su quella maledetta mattinata: “tra il primo e il quattro luglio del 2009 sono andato in un appartamento per avere un incontro sessuale a pagamento con Natalie. Qui, dopo essermi parzialmente spogliato, ho deposto tremila euro su un tavolinetto. In realtà era solo la prima parte della somma concordata, pari a 5 mila euro, i restanti 2 mila erano riposti nel portafogli insieme ai documenti. Mentre mi accingevo a consumare il rapporto sessuale concordato, si presentavano alla porta d’ingresso due uomini qualificandosi come carabinieri. Appena entrati nell’appartamento assumevano un atteggiamento estremamente arrogante, tanto da incutermi soggezione e paura”. I due carabinieri erano Luciano Simeone, napoletano e Carlo Tagliente, pugliese di Ostuni, entrambi trentenni e in servizio all’antidroga della Compagnia Trionfale. Secondo la loro versione sarebbe stato il
presidente della Regione a offrire subito denaro in cambio del silenzio: “non fate nulla vi ricompenserò”. Ma i giudici credono alla versione della vittima, anche perché altrimenti Marrazzo avrebbe assunto le vesti del corruttore, il che sarebbe davvero grottesco. Prima di continuare ad ascoltare il rac-
conto dei protagonisti però è bene fotografare un punto chiave della scena, ammesso da tutti: Marrazzo entra a via Gradoli accettando di pagare 5 mila euro al trans. Il pubblico ministero Giancarlo Capaldo, nella riunione di ieri pomeriggio con i carabinieri del Ros avrà certamente esaminato questo passaggio: Marrazzo paga ben 5 mila euro per un solo rapporto sessuale o quel prezzo spropositato (con tutto il rispetto per Natalie) includeva anche altro? Magari il silenzio o magari la cocaina? Si indaga anche sulle voci relative ad altri personaggi pubblici ricattati.
Marrazzo aggiunge che “la polvere non c’era più quando sono uscito dall’appartamento”. E annota che i carabinieri lo hanno filmato con l’auto (della regione Lazio, secondo chi ha visto il filmato) mentre arrivava. Una circostanza imbarazzante per un politico che conduceva “Mi manda RAI tre”, che però potrebbe non essere contestata dalla Procura come peculato perché l’uso privato dell’auto blu sarebbe permesso da contratto al Governatore del Lazio (a differenza del portavoce del ministro degli esteri, come Salvo Sottile, condannato per una storia simile). A parte l’auto blu, comunque, il punto più delicato dal punto di vista penale è la presenza della cocaina sulla scena. Mentre dal punto di vista politico è il cedimento di Marrazzo al ricatto. Quando Simeone e Tagliente gli gridarono a brutto muso: “se non hai i soldi valli a a prendere”, Marrazzo, intimorito e mezzo nudo, staccò tre assegni: due da cinquemila e uno da diecimila. Perché “gli fecero capire che altrimenti vi sarebbero state rappresaglie o comunque conseguenze negative”. Era solo l’inizio. I carabinieri, secondo Marrazzo, si fecero dare il numero della regione per battere cassa ancora. E la telefonata arrivò puntale. Gli indagati si sono difesi sostenendo che il video sarebbe stato girato a loro insaputa dal pusher e pappone di Natalie, Rino Cafasso. Il gip non dà alcun credito a questa versione. Anche perché Cafasso è morto un mese fa.
Nel video che i carabinieri offrivano al miglior offerente si vede la polvere bianca sul tavolo. Quando il pm Capaldo il 23 ottobre mostra le immagini a un Marrazzo scioccato, il Governatore precisa subito: “ho notato la polvere bianca solo durante la permanenza dei due carabinieri non nel momento in cui ero entrato”. In questo modo, “ricollegando la presenza della polvere all’attività dei carabinieri”.
Forse altri vip sotto ricatto Il presidente ai carabinieri: “Non fate nulla vi premierò”
Marrazzo con l’auto blu a via Gradoli: sul reato di peculato la procura frena
SENTENZA A MILANO
SKY BATTE MEDIASET (IN TRIBUNALE) ondannata dal Tribunale di Milano. Sì, perché il “pregiudiziale rifiuto” di Publitalia ’80 “ad accogliere e proseguire le campagne pubblicitarie di Sky Italia al solo fine di avvantaggiare l'offerta Mediaset Premium” è “espressione di un accordo anti-concorrenziale, con la società consociata titolare dell’offerta stessa”. Insomma la prima sezione civile del capoluogo lombardo si è espressa su un ricorso d'urgenza presentato da Sky Italia contro Mediaset “accusata” dalla rivale di aver rifiutato il passaggio di spot dell'offerta sulle proprie reti. Il giudice ha quindi deciso che Mediaset
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non può opporre rifiuti pregiudiziali, il che significa che le parti dovranno tornare a trattare senza che Mediaset (Publitalia per essa) possa opporre la concorrenzialità dello spot come motivo di un eventuale rifiuto. La società di Murdoch nel ricorso lamentava che il 31 luglio scorso Mediaset aveva “improvvisamente interrotto il rapporto commerciale, rifiutandosi di trasmettere la campagna pubblicitaria pianificata dal mese di settembre”. “Sky Italia - spiega una nota - è certa che in seguito a questa decisione si potrà riaprire una trattativa commerciale serena e costruttiva tra le parti”.
Martedì 27 ottobre 2009
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Cede le deleghe di commissario di governo alla sanità
VELENI ITALIANI
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l ciclone Marrazzo travolge anche la sanità della Regione Lazio. Il presidente ieri ha infatti rimesso presso il ministero del Welfare le deleghe che gli spettavano in qualità di commissario regionale. Una volta accettate le dimissioni, il ministero dovrà nominare il nuovo commissario che, presumibilmente, sarà l’attuale subcommissario
Mario Morlacco. Marrazzo aveva assunto la carica di commissario nel 2008, dovendo affrontrare un buco di 580 milioni. Nei giorni scorsi proprio Marrazzo aveva presentato un nuovo piano. Prevedeva tagli alla Asl Rm/A per 500 posti, il S. Giacomo riaprirà e sarà riconvertito in ospedale del territorio, da pronto soccorso si trasformerà in un centro
sociosanitario. Al Grassi di Ostia, nella asl Rm/D, si stima una riduzione di 216 posti letto ma un investimento di 5,8 milioni di euro nel tentativo di recuperare nuovi locali. Nella Asl Rm/E l’obiettivo del piano è quello di ridurre l'indice di posti letto per mille abitanti: saranno tagliati 800 posti. Sul piano pesa in no del governo.
MARRAZZO, QUEGLI ABISSI E IL “PATTO DEL SILENZIO” TRADITO Da anni rapporti con i trans, la solitudine, le avvisaglie
Veronica era il suo nome d'arte”. Nonostante questo, spiega l'amico, “Piero non ha avuto prudenze. Non si è tutelato, ha continuato a frequentare quel mondo. E' scivolato sempre più giù. Non voglio fare il Freud da bar dello sport, ma ho come l'impressione che abbia deciso di flagellarsi facendo in modo che tutto venisse fuori”. Basta, gli amici che in queste ore sono allarmati per le condizioni dell'ex governatore, non dicono altro. Marrazzo è a pezzi. “Forte stress psico-fisico”, si legge sul certificato rilasciatogli dagli specialisti del “Gemelli”. Un pezzo di carta che non salva l’ex governatore ma contribuisce ad accrescere la confusione istituzionale. Dicono che in queste ore Marrazzo stia recuperando il rapporto con sua moglie. Che il legame dei due abbia ritrovato un suo equilibrio. “Ma a Piero è crollato una montagna addosso e ora ha un solo desiderio: sparire, eclissarsi, non vedere nessuno”. Chi lo ha conosciuto da ragazzo ti racconta di un vita non facile. Vissuta sempre nel mito di un padre grandissimo: Giuseppe Marrazzo, che tutti chiamavano Joe. L'inventore della tv d'inchiesta. Il cronista che per primo ha piazzato il microfono davanti a boss del calibro di Raffaele Cutolo. Una vita vissuta sempre a cento all'ora. “Piero è cresciuto nel mito e nella solitudine.
dei dossier. Perchè non ne ha parlato con nessuno? di Enrico Fierro
a domanda che sta facendo impazzire chi gli è vicino da sempre è “perché non ne ha parlato con nessuno”. Perché Piero Marrazzo, nel pieno di un vortice capace di spazzar via una montagna, non ha chiesto aiuto. “Mettiti nei suoi panni – dice uno degli amici -, si può confessare tutto, un rapporto extraconiugale, un figlio segreto avuto da un'altra donna, finanche la droga. Ma come si fa a farsi capire da un amico quando racconti che da anni frequenti un trans, che hai con lui una relazione, che vai sulla Cassia, allo “sprofondo”, in un monolocale fetente per incontrarlo mettendo a rischio tutto, la tua famiglia, la tua carriera politica, la tua storia e il tuo nome”. Perché Piero non ha parlato lo ha detto: “Per paura, una paura fottuta, per vergogna. Perché tuo padre era il grande Joe Marrazzo...”. Ma c'è un altro punto su cui gli amici che in queste ore cercano disperatemente di stare vicino all'ex governatore del Lazio, invitano a riflettere: “Piero era sicuro di farcela da solo. Aveva avuto delle rassicurazioni, era sicuro che la storia delle sue frequentazioni con i trans non sarebbe mai uscita. Si era fidato”. Sbagliando. E di grosso. “C'era stato un impegno tra uomini delle istituzioni a rispettare il segreto istruttorio. Io l'ho fatto, altri hanno violato il patto d'onore”, ha detto l'ex giornalista in una intervista. Ma non è proprio così. Perché ad un certo punto della storia, all'inizio di questa vicenda, c'è stata una improvvisa accelerazione. Un corto circuito, che è stato lo stesso Marrazzo a provocare.
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ESTERINO MONTINO
Piero Marrazzo
Dei veleni in arrivo aveva parlato con la moglie a settembre Fino all’ultimo è stato convinto di fermare la bufera Quando, dopo l'arresto dei quattro carabinieri infedeli e le prime indiscrezioni, ha parlato di manovre torbide, di un filmato che non esisteva, di una trappola costruita ad arte per incastrarlo. Le cose successe nei giorni successive si sono incaricate di dimostrare che i fatti stavano in modo di-
di al. fer.
Lasciatelo in pace Piero sta male
“L
o trovo seriamente provato. Devo dire che a me preoccupa. Per amicizia, la condizione di Piero Marrazzo mi preoccupa molto”. Ruolo istituzionale, approccio personale. Nessuna presa di distanza, alcun silenzio imbarazzato: il vicepresidente della Giunta regionale del Lazio, Esterino Montino, esce allo scoperto e affronta lo stato psico-fisico in cui ha visto il presidente Piero Marrazzo. “Spero che possa riprendere a lavorare e lo sforzo che dobbiamo fare tutti è lasciare a lui la gestione di questo momento: non c’è più necessità di accanimento per una persona che ormai, di fatto, non è nulla. È un cittadino come un altro. Lo sforzo che dobbiamo fare è di lasciarlo in pace”. Parole giuste. C’è chi non scappa nei momenti difficili.
verso. Marrazzo sapeva dell'esistenza di un filmato e di qualcuno che stava tentando di piazzarlo a giornali e tv. Pochi mesi prima dell'esplosione dello scandalo, Silvio Berlusconi lo aveva avvisato che strani figuri avevano tentato di vendere un videotape ad agenzie che lavorano con le tv Mediaset o a periodici della “Mondadori”. Sapeva, Marrazzo, e soprattutto temeva che anche in questa campagna elettorale potesse ripetersi lo scenario del 2005. Pedinamenti, veleni, dossier costruiti ad arte per incastrarlo. Ne aveva parlato con sua moglie, la giornalista del Tg3 Roberta Serdoz, e con gli uomini del suo staff. Aveva anche lanciato un appello. 20 settembre, intervista a “Il Messaggero”. “Proporrò ai miei av-
versari un decalogo sulla campagna elettorale, senza attacchi personali e veleni. Roma e il Lazio devono essere d'esempio al Paese”. Così non è stato. Lo scandalo è scoppiato subito. Con la potenza di una atomica ha cancellato dal dibattito politico a Roma e dintorni altri scandali a carico della destra. Il buco della sanità lasciato dalla giunta Storace, l'incredibile vicenda del mancato scioglimento per mafia del comune di Fondi, con il quadro documentato di collusioni, protezioni politiche di alto livello, di amministratori corrotti, di politici coinvolti fino al collo in vicende di droga. Quanto basta per far dire ad una amica carissima dell'ex governatore che “Piero è stato tradito, diciamo che qualcuno
lo ha venduto al miglior offerente”. È una chiave di lettura. Che però non vede le tante fragilità e le debolezze dell'uomo. “Sapeva di essere nel mirino. Piero Sapeva bene che nel 2005 tentarono di incastrarlo proprio con una storia di trans”. È il famoso dossier preparato dalla banda che lavorava per la destra di Ciccio Storace. Nell'inchiesta sull’“Operazione Quo” (questo il nome del fascicolo) preparata dal gruppo di 007 privati dell'investigatore Pierpaolo Pasqua, una telefonata: “Marrazzo? Mandiamogli un viados”. Pasqua ha spiegato al nostro giornale il significato di quelle parole. “Una nostra fonte ci informò che Marrazzo aveva una relazione con un transessuale,
La politica spesso dà vertigini ma crea il vuoto intorno Il certificato medico - “stress” alimenta il pasticcio Pd Con un padre sempre presente per la sua grandezza, ma assente. Forse ha cercato altrove quello che non ha avuto da ragazzo”, ci dice uno dei suoi più cari amici. “Ma non voglio fare psicologismi da quatttro soldi. Vorrei solo aiutarlo ad uscire dall'incubo”. Ma Piero non ha chiesto aiuto a nessuno.
PD ALLE REGIONALI DEL LAZIO
LA PARTITA A NASCONDINO PER LA POLTRONA CHE SCOTTA di Alessandro Ferrucci
l passo avanti, spontaneo, I“sponsor” non c’è. Candidati e restano tutti chiusi in un fortino, preoccupati di una candidatura a forte rischio: la presidenza del Lazio. Già prima dello scandalo esploso giovedì la poltrona di governatore era in bilico, soprattutto a causa di un piano di rientro nella sanità, devastante. Ciononostante, nei mesi scorsi, Piero Marrazzo aveva comunque lavorato “per” e voluto a tutti i costi la ricandidatura. Il Pd, obtorto collo, l’aveva concessa. Adesso c’è il vuoto. Tra una telefonata di congratulazioni e un’altra di valutazioni per l’esito delle primarie, a
Roma e nel Lazio, i vari capi bastone o semplici dirigenti cercano di capire come muoversi e su chi puntare. Dolori, non attenuati dopo la decisione comunicata da Esterino Montino delle dimissioni del Governatore dopo metà novembre. Ora c’è un primo nodo da sciogliere: le primarie. Quasi nessuno dei big è intenzionato a mettersi in discussione due volte, l’investitura deve venire dall’alto, a furor di dirigenza, in modo da incarnare il ruolo di “salvatore della patria”. Eppure il Pd, forte dei 3milioni di domenica scorsa, non vuole rinunciare all’idea di un bagno purificatore attraverso il coinvolgimento diretto dell’elettorato. Il tempo è
poco, è a giorni la soluzione. “Se Marino fosse disponibile a partecipare alle primarie io sarei contentissimo”, spiega Goffredo Bettini. “Non possiamo dare l’idea - prosegue - che un’oligarchia possa decidere sulle teste dei cittadini. È un momento difficile”. Sì, specialmente per l’ex eminenza grigia capitolina: è stata sua l’idea di candidare Francesco Rutelli nel 2008 al Campidoglio; così come, nel 2005, di coinvolgere Marrazzo (con Walter Veltroni complice e co-ispiratore). Da Marino nessuna conferma. Anzi, in molti hanno riso: per vincere nel Lazio è fondamentale un’alleanza con l’Udc, e le posizioni laicisti del chirurgo non sarebbero un buon viatico. Quindi... Ecco allora spuntare Enrico Gasbarra. L’ex presidente della
Provincia di Roma, ex margheritino, è ora un dalemiano di prima fattura: con il “lìder” passeggia sovente per i corridoi di Montecitorio. È uno dei suoi più intimi. Certo, dopo la stra-vittoria di Pierluigi Bersani, e la conquista dal 90% delle segreterie regionali, sembrerebbe un’occupazione eccessiva da parte dei D’Alema boys. Una terza via ci sarebbe, si chiama Nicola Zingaretti. Attuale presidente della provincia di Roma, 44 anni, sposato con due figli, è uno dei pochi politici del Pd salvi e vincenti nell’ultima tornata elettorale. Per molti sarebbe perfetto, anche perché equidistante dalle correnti. C’è un “però”: lui vorrebbe scalare il Campidoglio nel 2013, e per rinunciarci il Pd lo dovrebbe far sorridere. Molto.
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QUESTIONE MORALE
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FIUMI DI COCA NEI CORRIDOI DEI PALAZZI L
Politici manager, cantanti, o semplici consumatori In Italia sono quasi un milione
di Gianni Barbacetto e Davide Milosa
A COCAINA è entrata nella vicenda Marrazzo come un velo di polvere depositato per caso su una scena dove succedeva tutt’altro. Portata a casa del trans frequentato dal presidente della Regione Lazio dai carabinieri poi arrestati per il ricatto. Ora questi continuano a ripetere: “La cocaina l’abbiamo trovata là”. Saranno le indagini a dire chi mente. Certo è che la polvere bianca è ormai sempre più frequentemente ingrediente delle storie che incrociano trasgressione, politica e potere. C’è una pista di coca nella vicenda dell’imprenditore pugliese Gianpaolo Tarantini e delle sue escort, arrivate fin dentro le camere da letto di Silvio Berlusconi. È di pochi giorni fa il rinvio a giudizio di Armando De Bonis, nipote del cardinal Donato De Bonis, un tempo potente, ma soprattutto stretto collaboratore del deputato dell’Udc (oggi passato al Pdl) Giuseppe Galati, ex sottosegretario alle Attività produttive. Le intercettazioni telefoniche ricostruiscono una storia in cui, nel 2007, Galati riceve escort dai nomi esotici, Sally, Linette, ma anche robuste dosi di cocaina. Fornitore di entrambe le merci (e per questo arrestato insieme ai suoi complici) è Carmelo Di Ianni, gestore del Club 84 di Roma, locale un tempo famoso per la Dolce vita: una volta vi scorrevano fiumi di champagne, ora sono recapitati a domi-
FRANCO GRILLINI
cilio dosi di cocaina ed escort da duemila euro a notte. Poco più in là, all’Hotel Flora di via Veneto, ha passato la sua notte di passione il deputato Udc (poi passato all’Alleanza di centro di Francesco Pionati) Cosimo Mele, con cocaina e due ragazze. Beccato perché una di queste, Francesca Zenobi detta Pocahontas, aveva avuto un malore. È del 2002 l’informativa dei carabinieri che raccontava Gianfranco Micciché, uomo di Forza Italia e allora viceministro delle Finanze, come un consumatore abituale di cocaina, che gli veniva fornita fin dentro gli uffici del ministero. Corriere d’eccezione, il suo collaboratore Alessandro Martello, che gli faceva spesso visita in ufficio. Ancora nel dicembre del 2008, a Palermo, veniva fermato Ernesto D’Avola, autista di Miccichè. Nella sua auto aveva una busta piena di cocaina con su scritto “On. Gianfranco Miccichè”. Il politico ha sempre
Piero Marrazzo: “Bisognerà accertare se l’avevano portata per lui o l’avevano messa lì i carabinieri per ricattarlo, ma in ogni caso non ci sarebbe da stupirsi. Tra i banchi del Parlamento tutti sanno, ma nessuno parla. Sembra il segreto di Pulcinella. E poi basta guardare negli occhi tanti colleghi: l’uso di cocaina è difficile da nascondere. Tra l’altro mentire è pericolosissimo perchè, come nel caso di Marrazzo, rischia di rovinare le carriere. Sarebbe più utile se facessimo tutti un bel coming out”. Quello che lo fa indignare, invece, è che molti di quelli che assumono droga, il giorno prima hanno firmato una legge che inasprisce le pene. “La stessa cosa si può dire del sesso prosegue Grillini - ci sono moltissimi politici che vanno con le prostitute, o con i transessuali. Lo sanno tutti. Eppure sono gli stessi che fanno i moralisti e difendono la famiglia. C’è un noto esponente del centrodestra, per esempio, che è stato scoperto con un trans in un luogo pubblico; la vicenda è conosciuta in tutti gli ambienti del palazzo, ma nessuno la racconta. Lo scandalo è che si tratta della stessa persona che in questi giorni chiede a gran voce le dimissioni di Marrazzo”.
“COSA HO VISTO ALLA CAMERA” “Le battute alla bouvette sugli occhi fuori di testa si sprecano! Le Camere sono piene di moralisti da strapazzo”. Non usa mezzi termini Franco Grillini, presidente di Gaynet ed ex parlamentare, per definire quanto accade nei palazzi del potere. “Quando ci fu l’inchiesta delle Iene sul consumo di droga (mai andata in onda), io mi feci fare il tampone senza problemi, perchè al massimo poteva venire fuori che ero drogato di tortellini. La stessa cosa non si può dire di molti altri parlamentari, che fanno uso di stupefacenti, in particolare di cocaina, così come il resto del paese”. Per Grillini non c’è dunque da scandalizzarsi se emerge che in un appartamento frequentato da un politico viene trovata droga, come accaduto in questi giorni con
(si.d’o)
smentito categoricamente, lamentandosi di essere vittima di un servizio d’ordine deviato. Così, di fronte alle smentite imbarazzate e ai piagnucolii dei nuovi politici, si staglia la reazione di un uomo della Prima Repubblica come l’ex ministro democristiano Emilio Colombo che, seppure con qualche reticenza, quando è stato il suo momento ha ammesso di far uso di coca. Sono poco meno di un milione in Italia i consumatori di cocaina, una percentuale doppia rispetto alla media europea. Dal 2001 a oggi la crescita è stata continua. Quasi 400 mila i consumatori che, secondo i dati ministeriali, avrebbero bisogno di un trattamento di disintossicazione, mentre sono solo 174 mila quelli in cura presso i Sert, i servizi pubblici per le tossicodipendenze. A questi si aggiunge il gruppo, non quantificabile con certezza, di coloro che si affidano a servizi privati e a psicoterapie individuali. La coca è sempre di più assunta insieme ad altre droghe, la cannabis ma ora anche l’eroina, sniffata o fumata come sedativo dopo una nottata di piste. “Chi fa uso di cocaina non si sente un tossicodipendente, è di solito ben integrato nella vita e nel lavoro”, spiega Achille Saletti, presidente dell’associazione Saman, che ha aperto cinque centri di aiuto: “Spazi neutri, non frequentati da altri tossicodipendenti, dove arrivano manager, broker finanziari, cantanti, ma anche tassisti. Non abbiamo ancora politici, ma qualche figlio di politico c’è”. A Roma la coca, che un tempo costava 160-180 mila lire al grammo, viene ormai venduta anche in piccole dosi da 15 euro l’una, che permettono due o tre sniffate. Ma la qualità (e anche il prezzo) cambia molto a seconda dei fornitori. A Milano, diventata una delle capitali europee della coca, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha valutato che ogni giorno in città si consumano 12 mila dosi di cocaina, fatte affluire in Italia dalla ’ndrangheta, in associazione con i cartelli colombiani. Il connubio sesso-cocaina è centrale: “La coca è considerata droga prestazionale per eccellenza. Chi comincia, lo fa quasi sempre nell’illusione di migliorare le proprie prestazioni sessuali”, dice Saletti. Diffusissimo anche il connubio coca-trans: “La sostanza serve per aumentare la trasgressione, ma anche per superare il trauma inconscio di una sessualità considerata dai confini incerti”. E Riccardo Gatti, specialista in Psichiatria e dirigente del dipartimento dipendenze dell’Asl di Milano:
Martedì 27 ottobre 2009
Dalle strade alle case la prostituzione trans passa da Roma di Monica Raucci
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“Da noi, in Italia, la cocaina viene usata come una sorta di doping della vita quotidiana. E questo le ha permesso di farsi strada nelle classi dirigenti. Ma la classe dirigente che fa uso di cocaina diventa estremamente ricattabile. Non solo: l’uso della cocaina alza il nostro livello di ricerca del piacere, per cui per raggiungerlo si arriva a fare cose che
non si sarebbe mai pensato di fare”. Ormai le cronache sono ricche di storie di professionisti e cocaina. A Milano un banchiere e professore universitario è stato trovato in un centro massaggi con la sua dose di polvere. E cinque avvocati penalisti sono stati fermati mentre invece acquistavano coca vicino ai parcheggi della clinica Mangiagalli.
N VIALE PALMIRO TOGLIATTI fino a poco tempo fa, nell’area delle trans, erano arrivati perfino i venditori ambulanti. Per quei clienti che volevano placare la fame dopo aver placato i sensi. Panini con la porchetta e hot dog nella zona con il divieto di transito più trafficata d’Italia. La notte, durante il week end, sembra il sabato pomeriggio a via del Corso. E si fa la fila con le macchine. Il mercato della libidine sotto il cielo aperto di Roma ha la sessualità sfumata. Una sessualità trans gender. Qui la prostituzione transessuale rende molto meglio dell’altra. E non è un affare solo per vip, politici o colletti bianchi. Via Gradoli, nella zona Cassia, dove si è consumata la serata (e non solo) di Marrazzo, è solo una faccia della prostituzione trans. Quella degli appuntamenti a casa, dove viene garantita riservatezza. L’altra è sotto gli occhi di tutti, nelle strade delle transessuali affollate dal tramonto all’alba. Una volta si chiamava, scherzosamente, puttantour, il giro anche un po’ goliardico tra le prostitute della città. Oggi il transtour attraversa la città: Cassia, Collatina, Prenestina, Tiburtina, Salaria, Caracalla, la pineta di Ostia. La notte all’Acqua Cetosa, vicino al bowling e a due passi dalla moschea, si svuota di facce anonime e si riempie di silicone. E’ un’area distinta, della Roma benestante. E anche molti clienti delle trans lo sono. Ma il costo spesso è così a buon mercato, che le zone della prostituzione diventano non luoghi e dentro ci trovi di tutto. Una prestazione può costare dai 40 ai 150 euro. Il guadagno medio al giorno è di 500 euro. A volte il cliente offre di più, in cambio di sesso non protetto. “Io non faccio questo. Le più brutte sì”, confida Lula, 25 anni, con quel suo accento così brasiliano. Lei è “pronta a gioccare sia attivamente che passivamente”, scrive in italiano un po’ sgrammaticato su Puntotrans.com, uno dei siti di annunci di trans più gettonati. “Le trans piacciono tanto anche per questo: perché sono attive”, dice Antonello De Pierro dell’Italia dei Diritti, che da anni si occupa della questione delle trans sulle strade. “La maggior parte dei clienti, uomini sposati, vuole essere passiva”. L’altro motivo per cui sono così richieste, lo si capisce facendo un giro per Roma la mattina presto. Verso le sei e mezza ricomincia il via vai di auto, nelle zone della prostituzione. Quello è l’orario dei mariti e dei padri di
Quando il disonore provoca Il sentimento vergogna che prova chi è
Le prestazioni vanno dai 40 ai 150 euro Ogni quartiere ha i suoi segreti famiglia, per i quali assentarsi durante la notte è più difficile, e che si fermano mezz’ora prima di andare al lavoro. E molte prostitute trans sono disposte a lavorare anche fino a quell’ora. Secondo Leila Daianis, dell’associazione Libellula2001: “Roma è la città dove il mercato è più fiorente”. Basta dare un’occhiata agli annunci, centinaia ogni giorno su internet e i giornali, di chi cerca e offre sesso trans. Sono nati perfino i gruppi su facebook, degli amanti del genere, suddivisi per città. E contano migliaia di iscritti. Ma non basta dire: “Voglio una trans”. Perché c’è trans e trans. Ci sono le brasiliane, le colombiane, le argentine e le uruguagi. E tra di loro non corre buon sangue. E così bisogna difendere il territorio: a piazza dei Navigatori all’Eur, oltre alle prostitute, fanno tappa fissa gli scambisti, e spesso tra trans e coppie finisce in rissa. Difenderlo e a volte pagarlo: perché il mercato non è solo quello del cliente che offre soldi, ma è anche racket e speculazioni, nei confronti di chi spesso è discriminato o senza documenti. Un posto sulla strada della capitale può costare anche 2000 euro, gli affitti attorno ai 1200 euro al mese. Ed è nato un nuovo mestiere: l’autista delle trans. Venti euro a persona per portare la prostituta da casa al lavoro, che moltiplicato per quattro posti, fa ottanta euro a corsa. Un nuovo mestiere tutto italiano, nato da un ingegno napoletano. Nella foto grande, identificazione in questura (FOTO ANSA) A sinistra, una donna assume cocaina Accanto, la copertina del libro “L’onore e il rispetto”
imbarazzanti, riguardanti atteggiamenti del corpo di natura stigmatizzante. Esiste, infatti, uno specifico carattere corporeo della vergogna spesso legato ad uno stigma (Goffman, 1963: 17).
di Giuseppe Licari
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A PERDITA DELL’ONORE sembra potersi verificare in due modi: per opera di un agente esterno a chi lo subisce, o per opera dello stesso soggetto che subisce la perdita. Nel primo caso la vittima del dis-onore vivrà il sentimento di umiliazione, nel secondo il sentimento di vergogna; entrambi questi sentimenti sono molto sgradevoli e possono anche mettere a rischio l’equilibrio emotivo della persona. Tuttavia la responsabilità della perdita, determinando il sentimento della vergogna, sembra scatenare una reazione più “virulenta” nella persona, in quanto il soggetto si sente l’artefice del sentimento che sta vivendo; nell’umiliazione, invece, il soggetto può scaricare la responsabilità del suo sentimento sgradevole su altri rimanendone meno condizionato.
DIS-ONORE E UMILIAZIONE Violare l’onore di una persona significa umiliarla, gettarla a terra e calpestarla e per estensione privarla di rispetto. L’umiliazione è quel sentimento che costituisce per una persona una ragione sufficiente a considerare offesa se stessa, la propria dignità e il proprio onore.(...) La perdita di onore per umiliazione è dunque un’azione subita, per la quale non si ha, di norma, alcuna responsabilità. (...) Un caso emblematico nel quale compare umiliazione e vergogna, in contemporanea, è quello descritto da Sofocle nella tragedia “Aiace” dove l’eroe si toglie la vita dopo avere subito un’umiliazione infamante ad opera di Agamennone e Menelao. L’episodio narra che alla morte di Achille, nella guerra di Troia, i greci dovevano consegnare le sue armi all’eroe più forte dopo di lui. Costui era Aiace. Essi però consegnarono le armi a Ulisse, non tanto perché fosse il più forte, quanto perché era il più
colto in attività degradanti o indegne
temuto dai Troiani. Aiace, sicuro di meritarle, senti di subire un gesto infamante e, per riparare il suo onore, progetta di punire gli argivi uccidendo Ulisse, e i loro capi, ma viene schernito da Atena che è la protettrice di Ulisse la quale gli fa perdere la lucidità mentale; così una notte esce dalla tenda per coprirsi di gloria e portare la prova che egli era il più forte, ma fuori dalla tenda preso dalla furia e credendo di combattere gli argivi e i loro capi, massacra del bestiame che girovagava attorno al campo. Al risveglio dalla follia Aiace, pur sapendo che essa era opera di una dea, preso dall’umiliazione e dalla vergogna si getta sulla sua spada uccidendosi. (...) La tragedia vuole dimostrare che l’umiliazione e la vergogna sono sentimenti sgradevoli nonché pericolosi per la persona che li subisce, specialmente se vissuti in contemporanea.
DIS-ONORE E VERGOGNA Il termine vergogna deriva dal latino vereor, che significa rispetto e timore rispettoso, mentre il corrispettivo inglese, shame, rimanda alla radice indoeuropea kam, la quale è collegata a nascondere e coprire. (...) Sul piano fenomenologico la vergogna sembra essere il sentimento che prova chi viene colto in attività degradanti o indegne, oppure di chi viene meno all’adempimento di quelle che consideriamo i dettami principali della condizione umana. Infine, è la condizione sentimentale di chi viene colto in situazioni
“SOCIETÀ DELLA VERGOGNA” E “SOCIETÀ DELLA COLPA”.
La questione è ovviamente connessa alla distinzione tra “società della vergogna” e “società della colpa”. La filosofia politica definisce “società della vergogna” le società come quella greca antica o quella beduina contemporanea in cui ogni cosa è esteriorizzata e il motivo predominante dei suoi membri è quello di evitare sanzioni agli occhi degli altri; e definisce, invece, “società della colpa” quella cristiana o quella islamica, i cui membri interiorizzano le norme al punto tale da sentirsi in colpa se non le rispettano (Rigotti, 1988). Sulla scorta della moderna antropologia, le società basate sulla vergogna sono quelle centrate sul mondo esterno, dove l’opinione altrui è tenuta in notevole considerazione, mentre le società della colpa sono quelle basate sul mondo interno, dove è importante rispondere coerentemente alla propria coscienza più che alle critiche esterne. (...) Come per i greci antichi, tuttavia, anche noi riconosciamo che una persona, o il suo comportamento, sono vergognosi e la disapproviamo soprattutto quando la vediamo in atteggiamenti e ruoli per i quali riteniamo che una persona onesta dovrebbe provare vergogna. E i fatti degli ultimi tempi che hanno investito la nostra classe dirigente ne sono un esempio. “La vergogna, scrive Sartre, è il sentimento generale di essere divenuto un oggetto, cioè di riconoscermi in quell’essere degradato, dipendente e cristallizzato che io sono per gli altri”. Questa riflessione, in definitiva, vorrebbe restituirci la responsabilità del nostro sguardo e del nostro modo di guardare: noi stessi, l’altro, il mondo, al fine di ridurre, per quanto possibile, “l’effetto Gorgone”da cui siamo circondati, ovvero “lo sguardo che pietrifica”, immagine simbolicamente evocativa della sofferenza connessa al sentimento di vergogna. Dal libro “L’onore e il rispetto”
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Martedì 27 ottobre 2009
DAL MONDO
Il guerrigliero e l’ex presidente l’Uruguay sceglie in allegria
Iraq
DOPO GLI ATTENTATI PROTESTE AI FUNERALI
Ballottaggio tra Mujica e Lacalle dopo una campagna elettorale dai toni sempre civili di Anna
Vullo Buenos Aires
a vinto lui, José “Pepe” Mujica, l’ex guerrigliero tupamaro. Settantaquattro anni, look da campesino, sguardo malinconico. Le mani forti e le sopracciglia arruffate. L’aria da vecchio gaucho della pampa uruguayana. Il primo guerrigliero tupamaro a essere eletto in Parlamento. 14 anni in carcere, nove dei quali in isolamento. Leader del Frente Amplio, la colazione di centrosinistra, nelle elezioni di domenica scorsa in Uruguay Mujica si è imposto con il 48%o dei voti contro il 29 del conservatore Luis Alberto Lacalle, 68 anni, candidato del Partido Nacional ed ex presidente dell’Uruguay dal 1990 al 1995. Ma per sapere chi sarà il nuovo presidente dell’Uruguay bisognerà aspettare ancora un mese. Mujica non ha raggiunto la soglia del 50% più uno dei suffragi necessaria
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per arrivare alla presidenza, quindi sarà costretto al ballottaggio. La battaglia decisiva è fissata per il 29 novembre. Quello che si gioca in Uruguay è il futuro di un Paese che da tempo spicca per le sue politiche progressiste. Un Paese piccolo, schiacciato da economie poderose. Un Paese-cuscinetto, creato per evitare conflitti tra Argentina e Brasile. Apparentemente ininfluente all’interno del continente latinoamericano. E che però ha saputo imporsi con posizioni che hanno suscitato l’ammirazione di questa parte del mondo. Un computer connesso a Internet per ogni alunno delle scuole elementari. Il sì al matrimonio tra omosessuali: sono solo alcune delle politiche che negli ultimi mesi hanno catalizzato l’attenzione di giornali e osservatori politici. Ammirazione anche per come è stata condotta la campagna presidenziale, improntata a toni civili. Niente scorrettezze né colpi bassi tra i
due candidati, né denunce di brogli o irregolarità. In un clima di contenuta euforia, si è presentato alle urne ben il 90 per cento degli elettori. Per un Paese sudamericano non è poco. Con appena 3 milioni e mezzo di abitanti, il Paese sulla sponda orientale del charco (pozzanghera) del Rio de la Plata è considerato la Svizzera del Sud America. La banca degli argentini, con numeri da capogiro: 150 miliardi di dollari custoditi nei forzieri uruguayani. Un sistema bancario ultra sviluppato, additato da alcune forze politiche come eccessivamente garantista: sullo sfondo c’è un segreto bancario che favorirebbe il flusso di capitali di dubbia provenienza. Il presidente uscente Tabaré Vazquez, primo presidente socialista della storia del Paese (anch’egli del Frente Amplio), si ritira con un record di consensi: oltre il 60%. Durante il suo mandato l’economia è cresciuta del 30,6%; la di-
soccupazione è diminuita dal 20% del 2002 al 7 attuale; l’inflazione si è mantenuta stabile e il salario reale è cresciuto oltre il 20%. La crescita economica e l’inflazione controllata hanno permesso di ridurre la povertà dal 31,9% del 2004 a meno del 20 di quest’anno. Inoltre il governo ha promosso una riforma tributaria a favore delle fasce meno abbienti e un nuovo sistema di salute per coloro che non avevano diritto alla copertura sanitaria. Gli uruguayani sono stati i primi, nel Cono Sud, a permettere il matrimonio tra omosessuali; con il Plan Ceibal il governo è riuscito a garantire computer e connessione a Internet a tutti gli alunni delle elementari. Su queste sponde del Rio de la Plata il concetto di nazione ha un senso. E un peso. La parola più usata dai politici è “istituzionalità”, ovvero rispetto per le istituzioni. Un esempio molto lontano dalla Colombia di Uribe o dal Venezuela di Chavez. “Tu non costruisci
Centinaia di persone hanno partecipato a Bagdad ai funerali delle oltre 150 persone rimaste uccise domenica nel duplice attentato; la folla non ha mancato di contestare l'operato del premier Nuri al Maliki.
nessun socialismo, bensì una burocrazia piena di impiegati pubblici”, ha detto di recente Mujica a Chavez. Il modello del probabile futuro presidente dell’Uruguay si ispira al Brasile di Lula da Silva. Come Lula, Mujica ha origini umili e un passato da luchador. Ma come Lula ha saputo addolcire i modi bruschi, stemperare le posizioni più ortodosse e rivedere un’immagine giudicata troppo understatement (di recente ha indossato per la prima
volta un abito). Domenica, uscito dal seggio, ha raggiunto la fattoria dove coltiva bietole con la moglie Lucia Topolansky, senatrice e anch’essa ex guerrigliera, è saltato sul trattore e si è diretto verso l’orizzonte ondulato della campagna. Ha salutato con la mano i suoi sostenitori, convinto che al ballottaggio gli uruguayani voteranno “per difendere l’allegria”, come scrisse il poeta Mario Benedetti. Difenderla “dagli scandali e dalla routine”.
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Nella Spianata scavi e polemiche: i motivi della rivolta
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DAL MONDO
a Spianata delle moschee su cui si erge al Aqsa, terzo luogo di culto più iportante per l'Islam si trova nel quartiere arabo della Città vecchia di Gerusalemme. Per l'ebraismo è un luogo altrettanto sacro chiamato Monte del tempio, dove sorgeva il Tempio poi distrutto. A ridosso della spianata c'è il Muro del Pianto. Fu, nel 2000, teatro dell'inizio della seconda intifada, dopo
la provocatoria passeggiata di Ariel Sharon. Oggi a scatenarla potrebbe essere non tanto l'ingresso provocatorio - avvenuto un mese fa - di un gruppo di ebrei ultraortodossi e domenica una conferenza dei rabbini, quanto i lavori in corso nei tunnel sotterranei dell'area della spianata. Lavori gestiti e pagati da un'associazione ebraica di coloni. Sotto il grande quartiere arabo di Silwan, nella zona attorno
al sito archeologico City of David a ridosso della spianata sono in corso dei lavori di scavo. Le autorità religiose musulmane hanno più volte denunciato l'ampliamento dei tunnel che sarebbe arrivati sotto la moschea di Al Aqsa, compromettendone le fondamenta. Nonostante le smentite da parte del governo israeliano, i lavori inquietano la comunità internazionale e soprattutto i Paesi arabi moderati.
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LA BATTAGLIA DELLE COLONIE
CUBA
La sorella di Castro collaboratrice Cia
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uanita Castro, la sorella più giovane di Fidel e Raul Castro, emigrata nel 1964 negli Usa, ha rivelato di avere collaborato per 3 anni con la Cia mentre viveva ancora a Cuba. La donna, che ha 76 anni ha parlato in occasione del lancio del suo libro “I miei fratelli Fidel e Raul: la Storia Segreta”.
A Gerusalemme Est sfida israeliana e frustrazione araba di Roberta Zunini Gerusalemme
entre nei nuovi scontri di domenica a Gerusalemme un ex ministro palestinese è stato arrestato dalla polizia israeliana e circa cinquanta palestinesi si rifiutano di uscire dalla moschea di Al Aqsa, crescono i malumori dei gerosolimitani palestinesi per la debole razione dell'Autorità nazionale palestinese. “Il fatto è che non ci può più salvare nessuno, nemmeno Obama, sempre chevoglia o possa davvero, se anche la nostra classe politica ci svende”, dice Walid, abitante di Gerualemme Est. Jawad Syam che coordina il ’centro informazioni alternativo’ sul sito archeologico City of David, nel quartiere arabo di Silwan a ridosso della Città vecchia spiega: “Qui, come a Sheik Jarrah, stanno arrivando coloni armati che demoliscono le nostre case e i nostri negozi con la scusa che non sono a norma, poi loro però ci costruiscono sopra senza problemi. Ma ai nostri politici non interessa se noi rimaniamo senza casa, loro hanno altre priorità”. Jeff Alpert e Meir Margalit, gli antropologi ebrei fondatori dell'Icahd - il comitato contro la demolizione delle case dei palestinesi - hanno messo a punto una banca dati che dimostra il divario tra il numero di permessi di costruzione rilasciati ai palestinesi e agli ebrei a Gerusalemme Est. “Gli Usa chiedono il congelamento delle colonie ma non la fine dell'abbattimento delle case dei palestinesi. Da due generazioni viene impedito ai palestinesi di costruire, mentre 250mila coloni si sono stabiliti nella parte orientale della città", dice Alpert (i palestinesi di Gerusalemme Est sono 300mila)”. “E ce ne saranno sempre di più visti i piani per la costruzio-
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ne di centinaia di nuove unità abitative”, aggiunge Margalit. Ciò che dice diventa evidente tra le gru e i cantieri della colonia di Har Homa; siamo a sud di Gerusalemme Est: l'insediamento si erge su un promontorio. Da lontano sembra una fortezza di cemento disegnata da De Chirico. Una volta entrati l'atmosfera cambia e ci travolge la fisica. Il rumore e l’andirivieni dei bulldozer che sbancano la collina per costruire un altro massiccio nucleo di palazzi, non si placano neanche all'arrivo del crepuscolo, quando i settlers tornano dal lavoro. Secondo le mappe vicino ad Har Homa dovrebbe esserci il villaggio palestinese di Nu'man. Qualche tempo fa re-
La riunione del governo dell’Autorità palestinese di sabato scorso (FOTO ANSA)
datto un appello internazionale, sottoscritto anche da politici italiani, a causa della situazione kafkiana in cui si trovavano i suoi abitanti. Difficile trovarlo e arrivarci: strade interrotte, sentieri sterrati, muro, filo spinato e un labirinto di bretelle e svincoli che rallenta il traffico di Gerusalemme; vengono in mente le parole del professore ara-
bo-americano Saree Makdisi a proposito di Nu'man:”Il villaggio è stato annesso alla città di Gerusalemme - scrive in Palestina borderline - dopo l'occupazione israeliana nel 1967,ma i suoi cittadini sono stati registrati come cisgiordani, perciò considerati dalla legge come persone che risiedono illegalmente a Gerusalemme. Per istruzione,
Coeclerici, la spina tra Italia e Turchia UNO SCONTRO TRA SOCIETÀ PUÒ INCRINARE LE ALLEANZE ENERGETICHE di Rosaria Talarico
La vicenda prende le mosse nel 1998, quando Coeclerici Armatori entra in società con entre i rapporti con la Turchia e il suo la Zihni Gemi Isletmeleri A.S. La joint venture premier Recep Tayyp Erdogan escono è al 50%, per cui costi e profitti verranno fortificati da ogni vertice internazionale divisi a metà. L’accordo per Coeclerici è ne(non ultimo il colloquio tra Berlusconi, Pu- cessario poiché per partecipare alla gara tin e lo stesso Erdogan sul corridoio South per la fornitura di carbone all’acciaieria Stream per il trasporto di petrolio e gas) non Isdemir occorrevano navi che battessero sempre le relazioni commerciali tra i due bandiera turca. Due trasporti vanno a buon Paesi procedono senza intoppi. Ci sono a fine. Con il carico della nave Marine Couesempio due imprese da tempo protago- rage invece iniziano i problemi. Sulla nave niste di un contenzioso internazionale. E ci sono 35mila tonnellate di carbone arrinon due società qualunque: da una parte il vate al porto di Iskenderun, nel Sud della gruppo Coeclerici (fondato a Genova nel Turchia, dal Queensland, in Australia. No1895 dallo scozzese Henry Coe e da Alfon- nostante il servizio e il nolo offerti da Coeso Clerici) attivo nel commercio e nel tra- clerici secondo gli accordi, il partner turco sporto via mare di materie prime; dall’altra non paga quanto dovuto raggiungendo la Zihni Ship Management che ha come un’esposizione di oltre 2,5 milioni di dolcliente Oyak (sorta di Iri turca con parte- lari. Per tutelarsi dal mancato introito Coecipazioni in diversi settori economici clerici si avvale di una norma del diritto madall’energia all’alimentare, e in cui ha un rittimo (il lien, diritto di pegno che permetsignificativo interesse l’esercito turco). La te di rivalersi sulla merce trasportata e di battaglia, a dimostrazione che la lentezza trattenerla a garanzia del credito) e, con dei procedimenti legali non è solo italiana, l’autorizzazione del tribunale turco, riesce dura da dieci anni e ha visto coinvolti mi- a rientrare del credito per 1,2 milioni di dolnisteri e ambasciate. lari, cioè il corrispettivo valore del carico di carbone. Zihni sostiene invece di aver ricevuto da di Alessandro Oppes MANUALE DELL’ETA Isdemir il pagamento per il trasporto e di averlo girato alla Coeclerici in osservanza llevare figli e organizzare attentati spagnola, è considerata una attività ad dello schema di sono due attività incompatibili fra alto rischio. joint venture, come loro. Lo ha stabilito, con un barlume di Il “manuale” dell’Eta prevede per gli dimostrano i documenti bancari probuon senso, il vertice dell’Eta in un attivisti clandestini la possibilità di un dotti in tribunale. documento che, secondo quanto rivela faccia a faccia con i loro familiari una In pratica, l’acciaiela radio spagnola Cadena Ser, è stato volta ogni cinque anni e per un periodo ria Isdemir si è ritrosequestrato nei mesi scorsi dalla di due settimane. vata a pagare due polizia. Non che i terroristi abbiano Appare sempre più evidente che per i volte il trasporto particolarmente a cuore il triste futuro terroristi sono tempi particolarmente delle merci, mendei piccoli, nati nella clandestinità. È duri: mentre proseguono gli arresti a tre Coeclerici ha inuna pura questione organizzativa, una raffica dei loro leader, il braccio cassato due volte lo stesso importo. Dei misura precauzionale: allattare un politico della banda, Batasuna, ha due diversi procesbebè mentre si è impegnati a sfuggire avviato un dibattito interno mettendo si avviati in Turchia (trasferendosi da un covo all’altro) per la prima volta in discussione la uno ha stabilito il leall’assedio delle polizie francese e lotta armata. gittimo operato di Coeclerici. Ma nel
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IL BON TON DEL TERRORISTA
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assistenza medica e forniture d'acqua devono far riferimento alla West Bank, ma essendo all'interno di Gerusalemme, questi accordi sono illegali e passibili di interdizione”. Alla fine arriviamo a Nu’man: per entrare bisogna passare da un checkpoint. È buio, c'è poca luce. La maggior parte degli abitanti è andata a vivere altrove.
procedimento intentato dall’acciaieria Isdemir, i giudici hanno ribaltato il verdetto dando torto a Coeclerici, che ha impugnato la sentenza ed è attualmente oggetto di ricorso davanti alla Suprema corte. La posizione della società italiana è che “sono stati interpretati alcuni documenti in modo difforme. Ed è significativo che non sia stato avviato il riconoscimento della sentenza in Italia”. In realtà in una lettera inviata dalla presidenza del Consiglio turca all’ambasciata italiana di Ankara si legge che non si è proceduto con l’esecuzione della delibera in Italia per evitare un’“ulteriore perdita di tempo e ulteriori danni materiali alla Isdemir e alla Zihni”. "Siamo infastiditi da tutta questa storia”, racconta al Fatto Quotidiano un portavoce della società italiana “ma 2 milioni di dollari rispetto al nostro giro di affari sono un fatto modesto, non certo preoccupante”. La faccenda rischia però di creare un incidente diplomatico perché – come è scritto nella lettera inviata dal ministro dell’Industria e del Commercio turco a Scajola, ministro dello Sviluppo economico - “Ogni ulteriore inadempimento o elusione del pagamento del debito descritto danneggerà le relazioni commerciali tra Italia e Turchia, dal momento che il Gruppo Oyak è considerato uno dei pilastri dell’economia turca”. Per risolvere l’impasse non resta che attendere il verdetto finale della Suprema corte, dal momento che anche il ministro Scajola, rispondendo alla lettera del suo omologo turco, ha preferito soprassedere per non interferire con il lavoro della magistratura di Ankara. Dalla Turchia invece evidenziano come una sentenza definitiva a sfavore di Coeclerici sia già stata emessa dalla Suprema corte e risalga al dicembre 2008. Di questo verdetto però l’azienda italiana afferma di non aver ricevuto nessuna notifica ufficiale. Fonti del ministero fanno dunque sapere che l’argomento verrà quasi certamente affrontato nel prossimo vertice intergovernativo tra Italia e Turchia in programma ai primi di dicembre a Roma. Di certo il dossier è sul tavolo anche del nuovo ambasciatore turco in Italia, Ali Yakital, che si è insediato ai primi di ottobre.
TUNISIA
Ben Ali presidente per la quinta volta
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ine Al Abidine Ben Ali guiderà per altri 5 anni la Tunisia, rimanendo al posto che occupa dal 1987 quando sostituì Habib Bourghiba, padre dell’indipendenza dalla Francia. Il voto di domenica ha tributato un plebiscito con l’89,62% delle preferenze, in calo rispetto al 99% dei primi 3 mandati e al 94,48% del 2004.
ARABIA SAUDITA
Il re salva la giornalista
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l re d'Arabia Saudita Abdallah ha salvato la giornalista Rozana Al Yami dalla condanna a 60 frustate, chiedendo al ministero della Giustizia di abbandonare il caso. La donna era stata condannata per aver lavorato part-time per il canale satellitare libanese Lbc, che aveva mandato in onda l’intervista a una saudita che si vantava della sua vita sessuale.
TURCHIA
Influenza A chiuse le scuole
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cuole chiuse a partire da ieri e sino a lunedì prossimo in tutta la Turchia: lo ha deciso il ministero dell’Istruzione per contrastare il diffondersi tra gli studenti del virus dell’influenza H1N1 che domenica ha provocato la sua prima vittima, un uomo di 29 anni. Lo riferisce l'agenzia Anadolu.
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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
IL LIBRO DI BERSELLI
“Biografia morale di un cane”
Amore 14 In oltre 450 sale, l’amore di Moccia secondo gli adolescenti
Registi Kenny Ortega esautorato dal Remake di Footloose
Totti Il capitano della Roma si opera di urgenza al ginocchio
Capello Il Ct dei leoni inglesi: “Calcio in mano agli ultras”
LA LIÙ FENOMENOLOGIA DEL BAU di Silvia Truzzi
Letteraria
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spasso per l’ultimo libro di Edmondo Berselli si danno la mano Weber, Churchill, de Mita, Shel Shapiro, Kant, Mario Pannunzio, Mendel, Zidane, Marx e un mucchio di altra gente che in apparenza ha poco da dirsi. L’autore mette il guinzaglio a tutti e li porta a passeggio con la Liù, la sua pupa di 32 chili e un manto nero di tutto rispetto. Infatti il libro (melting pot di aneddotica, etica, religione e soprattutto poesia) è a lei intitolato: Liù, biografia morale di un cane (Mondatori, 177 pagg - 18 euro). La Liù, sappiate, è molto più di un quadrupede che prende la vita a musate, capitato tra capo e collo nella tranquilla esistenza di una coppia di lungo corso, Edmondo e Marzia, sposati da oltre trent’anni. Molto più delle sveglie all’alba, dei timori, della goffaggine di un padrone neofita che all’inizio non sa bene come maneggiare l’articolo: è il motore (immobile no) che mette in circolo le storie e le teorie sul mondo dell’Edmondo. Perché, come si vedrà, è un universo complicato quello con cui la bestiola ti costringe a fare i conti. Non solo per un signore che, in quanto a igiene e pulizia, era uno “schifiltoso imbranato” e in due settimane di convivenza animale diventa un magnifico sporcaccione all’urlo (davvero) di “sono tutti anticorpi”. La fanciulla (del resto è femmina) è fenomenologicamente impegnativa. Ad un certo punto, per esempio, si parla di carne, debolissima ancorché lo spirito sia forte, che si fa inquietante dilemma etico. Anche senza scomodare il gran tedesco, Max Weber, che un giorno disse: “Chi ha bisogno di visioni vada al cinematografo”. In alternativa si compri un labrador affamato e per nulla pietoso nei confronti del pollo. Perché -
Da Tomasi di Lampedusa (Benedicò nel Gattopardo) a Calvino, da Montale a Pirandello. In molti, nel corso della storia della letteratura, hanno scritto di cani, con i cani e per i cani. Della loro fedeltà (indimenticabile l’amore di Argo nell’Odissea). E che dire del Cerbero infernale? Ma non solo: pensiamo a Thomas Mann, Bulgakov o Jack London. Del resto è un “compagno di specie”, come lo definisce Alberto Asor Rosa in “Storie di animali e di altri viventi”.
ia chiaro, questo non è un “S libro sul cane”: lettore avvisato, mezzo salvato. Alla fine di
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dice Berselli - non appena il rapporto con la Liù diventa consolidato e pieno di consonanti affetti, una cosa si manifesta chiaramente, non senza imbarazzi di un certo rilievo: “Comincio ad amare tutti gli esseri viventi”. E allora ecco servito un problema spirituale ingente ed urgente, il piatto in cui si mangia e le creature che ci finiscono dentro. il pasto è accompagnato Ccuidaosìfa uncapolino monologo interiore, in la colpa verso la natura. “Alla nostra età è impensabile diventare vegetariani. Quelle sono scelte che si fanno in gioventù, quando non si ha
paura di inchiodare i prossimi quarant’anni delle propria vita a decisioni irrevocabili. Dopo i 50, il solo pensiero di dover rinunciare a un bicchiere di Sorbara (lambrusco, ndr) provoca evidenti stati depressivi. Eppure, con un generoso sfoggio di ragion pratica, ci convinciamo che è meglio risparmiare il più possibile gli animali. Vale a dire che è bene non sprecare vita odorosa, calda e fragrante”. In questo modo, ci racconta Berselli, Mazzarino risolse un analogo dilemma carnivoro, durante una lunga quaresima che agli occhi di Luigi XIV doveva essere sembrata troppo lunga. Davanti
a un sontuoso piccione tartufato il cardinale si decise, con tanto di segno della croce sull’ormai defunto pennuto, a celebrare il rito di transustanziazione: “Ego te baptizo piscem”. Quando la Liù deglutisce il suo prelibato pollo con la naturalezza più amorale e potenzialmente assassina del mondo, i due coniugi (non senza aver chiamato in causa l’illustre ingegner Vilfredo Pareto e le di lui corna) convengono che “viviamo tutti in una grande discrasia”. Amen. Anzi, bau. Certo la comunicazione tra i due mondi, quello dell’homo sapiens e quello del vivente non umano, è un problema. Ma si aprono varchi, all’improvviso, tra cane e padrone. Anche se sono “due computer di generazioni differenti. Uno giurassico, l’altro contemporaneo. Uno a ricaduta quantica, l’altro a diesel”. Talvolta il miracolo avviene e nella mente dei due si ricompone lo stesso puzzle. Gioiosamente commentato dall’autore (qui un po’ Rino Gaetano): “Viva l’anarchismo epistemologico, viva la teoria del caos, viva uno scuotimento d’orecchie a Hol-
gli animali dell’Africa volessero commiserare il loro amico e fargli sentire quel loro dolore, che forse era il pianto dell’Africa intera e raccoglieva come in una pioggia d’amore, ogni lacrima del mondo, lacrime calde, lacrime dolci, lacrime di quella strana famiglia d’erbe e d’animali di cui dovremmo far parte anche noi con tutto il nostro dolore così spesso senza senso e senza suono”.
lywood che scatena un ciclone di codate nel salotto di casa mia. Vivano in gloria tutti gli epistemologi e gli scienziati, specialmente gli anarchici incalliti, quei matti come Lakatos e Feyerabend e Maradona, che hanno sempre sostenuto che la ricerca e il dribbling procedono per stili, per salti, tutt’al più per intuizioni”. Voilà, il miracolo. Non ci credete? Ne abbiamo le prove. In soccorso viene una storiella (vera): c’era il parroco cattolico di una casa d’anime congolese che amava intrattenersi con le sue bestie. Gli girava intorno un’Arca di Noè: due cani, gatti, una decina di pappagalli, un paio di scimmie, un elefante femmina di media taglia e via così. Quando il parroco morì, al suo funerale un animale lanciò un grido. “Sarà stato un odore, un riflesso condizionato, un’eco dell’anima, il riemergere di una coscienza preistorica”, annota Berselli (qui un po’ Francesco, un po’ Withman). “Sarà stato quello che volete, sta di fatto che a quel muggito rispose un barrito, poi un abbaio e un miagolio. In pochi istanti si scatenò quello che sembrava un coro stonato e che poi invece si rivelò un lamento corale. Come se tutti
Un coltissimo zibaldone a quattro zampe in cui si affacciano Weber, Pareto e Shel Shapiro
questo zibaldone a quattro zampe - coltissimo eppure scritto con irriverente semplicità, complesso e insieme facile da comprendere perché è al cuore che punta l’autore - cosa resta? Un incantevole impasto di ragioni e sentimenti, ça va sans dire tutti profusi dalla Liù, puzzetta compresa. È amore? Sì, amore vigilato dal timore del ridicolo e dell’idolatria, ma assolutamente incontenibile, mai pago dell’altro, curioso, sfrontato. Lei, sei anni di pulci (qualcuna resta addosso, alla faccia dei trattamenti antiparassitari) e altruismo (nonostante le fauci di un pastore tedesco piantate nella carne) è oltraggiosamente inconsapevole della polarizzazione di emozioni e conoscenze di cui è protagonista. Si limita a essere: pelo, felicità e sguardo sul mondo. “La cultura, diceva uno che non mi ricordo più, è quel che rimane dopo che si è dimenticato tutto”. E quindi, Edmondo? “L’importante è stare insieme, noi, a farci compagnia davanti alla tv”. Alla fine, dopo 18 capitoli, un epilogo, un epilogo dell’epilogo, c’è un backstage. E l’ultimo capoverso che illumina anche il più perplesso dei lettori (per esempio lo sfortunato che non abbia mai ha provato l’indescrivibile piacere del bacio di un cane). “Ciascuno ha i suoi difetti. Nonostante una discreta conoscenza delle convenzioni grammaticali e del galateo, tutti noi in famiglia preferiamo dire la Liù. Siamo nati sopra l’Appennino e il nome femminile senza l’articolo ci ispira un che di lezioso. Anche quando eliminiamo per decenza e galateo il suddetto articolo davanti ai nomi di donna, avvertiamo un’assenza, il risuonare di un vuoto. Gli altri ci perdonino”.
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SECONDO TEMPO
OGNI MALEDETTA DOMENICA
ROSSI, MEGLIO DI GALLIANI Valentino è tra i migliori di sempre E nel pallone dominano le solite ovvietà
di Oliviero Beha
punto anche per il rapporto in alto informazione-politica tout court. La cosa più grave è quella che accade in basso, e non solo nel calcio. Parlo dello sport dilettantistico e giovanile in questo Paese di barbari, che sottovalutano o meglio non si peritano minimamente del valore formativo dello sport per trasformarlo in un fattore D, o meglio GD, acronimo che sta per Grande Deformazione, per fenomeno di abbrutimento del ragazzino ancora inizialmente propenso a seguire un minimo stato di lealtà sportiva. Il denaro e le carriere avvelenano gli inizi, per sfociare poi in quello che vediamo come sport/spettacolo. Ma nessuno ci pensa, nessuno ha mai speso una parola fattiva per questo, certo non Berlusconi massimo tycoon del contrario, e neppure Bersani/Franceschini/Marino, dico una parola sola in tre…
a prima parola è per Valentino Rossi, ed è una parola di stima e di comprensione. Di stima perché il “dottore”, accumulato il nono titolo mondiale a Sepang, in un misto di avventura e ragionevolezza che lo fanno un ragazzino maturo, si avvia a essere forse il più forte motociclista di tutti tempi, fino ad oggi.Anche se le classifiche dipendono da tante variabili che non sto a elencare. Ma anche di comprensione perché se avesse avuto i capitali all’estero oggi, in odore di “scudo fiscale”, non avrebbe sborsato da evasore la cifra (pur relativa) concordata e se la sarebbe cavata con molto meno.Un “derapage” mancato, e non per sua colpa (demerito)…
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a seconda parola è per i DelLritorno la Valle.E non tanto perché il dell’ex presidente (ha lasciato per dare una lezione: ma a chi?) in tribuna al Franchi per Fiorentina-Napoli ha coinciso con la prima sconfitta interna, il primo gol subito, un serio ridimensionamento di classifica della squadra di Prandelli. Succede: ha forse il miglior portiere del mondo in questo momento, che si distrae però appena a un attimo dalla fine, nella convinzione esaltata e esaltante (forse) di essere invulnerabile. Basta un Maggio neppure odoroso, ed oplà, il cursore sembra un brasiliano e il portiere un tordo. Non può esserci una correlazione cabalistica tra il ritorno di Andrea e la giornata più nera che viola. Detesto il sentore di jella. Quindi non è per lui, questa parolina. E’ invece per il Della Valle maggiore, il Della Valle dei Della Valle, il Diego (Armando) del lusso. Che in un’intervista a “Le Figaro”, oltre a sottolineare che appunto per la sua tipologia
Il vicepresidente del Milan, Adriano Galliani e in basso, Alessia Marcuzzi (FOTO ANSA)
industriale, quella del consumo per ricchi, “la crisi è certamente alle spalle” (pensate ai disgraziati della Fiesole che si svenano per i biglietti dello stadio…,saranno felici), ha anche detto che per lui “con la Fiorentina l’importante è non perderci”. Ah sì? Fantastica “igiene” imprenditoriale, naturalmente condivisibile sul piano della logica del capitale. Ma Diego, che ovviamente non ha risposto a nessuna delle domande postegli qui meno di un mese fa sui rapporti club-sindaco-stadio ecc.,non ci dice nulla dei conti di questi sette anni a Firenze, né di quanto viene valutata la pubblicità a lui e al suo marchio del lusso derivata dal possedere la Fiorentina. Avrà un valore mediatico e di marketing monetizzabile, oppure no? E invece evidentemente pensa che il tifoso sia un becero che nulla
capisce, e a giudicare dalle reazioni del popolino deve avere persino ragione… terza parola è per il livello Lin amediocre del calcio italiano, cui si stagliano un paio di squadre,l’Inter e la Juventus, zoppicanti in Europa, e le altre attraversano buone o cattive stagioni.Penso oltre che alla Fiorentina alle due genovesi, o alle due romane dopo tanti anni in cima da parte della Roma svenata dei Sensi (ma che fa,vende?), o a sortite episodiche come quella del Palermo o dell’Udinese.Resta un equilibrio tendente al basso, per cui diventa sempre più delicato il fattore A, ossia gli arbitri.Che infatti non paiono affatto una garanzia di stabilità, equità, equilibrio, serenità, in un ambiente che è remotissimo da tutto ciò.In realtà ciò che conta è il denaro, e la carrie-
ra.Per tutti.Chi comanda nel calcio non è come si crede la Federazione, bensì la Lega e nella Lega (calcio,non pensate subito a Calderoli…) le società più “pesanti” economicamente.Che incidono sulle scelte di tutte, compresa la famosa “autonomia” arbitrale.Quindi conta di più Abete o Galliani? Galliani.Galliani o Blanc? Galliani. Galliani o Moratti? Tavaroli o consimili. parola è che la cosa Lnonapiùquarta grave nonostante tutto è ciò che succede in alto, per cui bene o male c’è sempre una moviolata che ti fa vedere ciò che accade in campo, anche se non ti spiega mai perché accade davvero. Se te lo spiegasse, cadrebbe come un castello di carte tutto il baraccone calcio-spettacolo-diritti tv-sponsor-politica sportiva-politica tout court.Ma tutto ciò vale ap-
quinta parola è: stadio,o Lnatoameglio stadi. E’ passata al Sela legge bipartisan sugli stadi, necessaria a farli costruire in fretta perché si vogliono ospitare i primi Europei possibili,in attesa dei primi Mondiali o dei primi Interspaziali…Vedremo che accade alla Camera. Solo che è ormai chiaro che del calcio che si gioca negli stadi non frega quasi niente a quasi nessuno.
Importa il loro business, sono pretesto per altro, centri commerciali, outlet, speculazioni edilizie ecc. E’ una specie dei “non luoghi” teorizzati da Marc Augé ma rotondolatrici, e se vogliamo una contraddizione straordinaria in terminis, cioè il massimo dell’anomia e dell’anonimato travestito da passione per una squadra e quindi da appartenenza sia pure posticcia….L’ennesima presa per i fondelli. E noi zitti, vero, ci mancherebbe altro….Che ne dice Bersani?E D’Alema, tifoso insciarpato della “magica”? Ne vogliamo parlare? Sempre a disposizione, come diceva quello nelle fiction girate in Sicilia… parola non la scrivo Lni.aio,Ilsesta la dicono Capello e Galliaprimo, una vita nel calcio, recita un'ovvietà dolente sul calcio nostrano in mano agli ultras, con tutta una letteratura su questo. Gli risponde Galliani: tutto falso, almeno per il Milan. Come se niente fosse, nessuna intercettazione di Calciopoli parlasse di quello, il reggente di Via Turati non fosse stato (sia) sotto scorta ecc. Va tutto bene così, facciamo finta di niente. Il business continua se continua lo show, e lo show continua se è catapultato in pubblico dall'ipocrisia "del tutto bene, madama la marchesa".
In Italia nessuno si interessa dello sport dilettantistico o di quello giovanile: una grave pecca
Grande fratello: una Carmen senza copione Parte la decima edizione del programma: tra i concorrenti, la faccia pulita di una ragazza siciliana di Michele
De Gennaro
l reality più lungo della storia della teleIedizione visione italiana è cominciato. La decima del Grande Fratello, condotto per la quinta volta da Alessia Marcuzzi, intende tenere gli spettatori incollati alle vicende della casa per cinque mesi, per un totale di 16 puntate, Natale e ultimo dell’anno compresi. Mantenere un’audience ai livelli della scorsa edizione per un lasso di tempo così lungo sembra una scommessa rischiosa, per Mediaset e per gli sponsor. Per raggiungere lo scopo, oltre alla finestra quotidiana, che diventa doppia nel fine settimana, l’ammiraglia del biscione sarà mobilitata al massimo, con ampi spazi dedicati all’interno di Pomeriggio 5, Mattino 5 e Domenica 5. E se a questi aggiungiamo Mai Dire Grande Fratello della Gialappa’s, diventa davvero molto difficile non imbattersi nei reclusi facendo zapping da qui a marzo. Mentre per seguire la diretta 24 ore su 24 i vouyeristi più accaniti, per la prima volta nella storia del reality,
non si sintonizzano più sull’apposito canale Sky del detestato Murdoch, bensì su Mediaset Premium, che ne ha l’esclusiva. Veniamo al cast dei concorrenti, vero cardine attorno cui ruota il successo della trasmissione. Come per il vincitore della nona edizione, Ferdi, rom arrivato in Italia dall’Albania a bordo di un gommone di disperati, anche in questa edizione tra le storie di vita dei concorrenti del Gf spicca quella drammatica di Carmen Andolina, 19enne siciliana di Bagheria. Da bambina Carmen ha perso la madre per malattia, quindi è rimasta sola con il fratello più piccolo dopo che il padre, travolto dalla depressione per l’incombenza di tirar su la famiglia da solo, si è suicidato. La ragazza ha quindi scelto di vivere in una comunità col fratello, rifiutando l’affidamento in una famiglia, e da quando ha 16 anni lavora senza sosta per costruirsi finalmente una vita tutta sua. Prima di metter piede nella casa, dice, lavorava come sommelier in un ristorante del suo paese. Un personaggio, insomma, che si posiziona subito tra i favoriti per la vittoria finale. La sua storia di sofferenza, lotta e ri-
Belli, giovani, disoccupati Per tenere alto lo share, Endemol va in onda anche a Natale
scatto fa tanto sequel televisivo del Baarìa di Tornatore, con sicura grande soddisfazione anche per Medusa di Rossella. Come da copione l’eterogeneità degli altri concorrenti dovrebbe soddisfare tutti i gusti: non poteva mancare il macho tutto muscoli, il barese Massimo che mangia solo carni bianche e beve otto litri d’acqua al giorno; la donna forte e in carriera, l’imprenditrice sarda Daniela Caneo (i blog in rete parlavano della sua partecipazione al Grande Fratello già prima della scorsa estate); George, il belloccio di Terni, anche lui orfano di padre, con la mania per i capi di abbigliamento indiani; quindi Alberto, studente di 26 anni, cattolico praticante e da sempre disinteressato alla sfera sessuale (ci attendono lunghi interrogatori allibiti e tentativi di abbordaggio per una redenzione in diretta); e, quantomai di attualità, la donna che dopo un percorso da trans è definitivamente approdata alla metà maschile del cielo. Salvo futuri nuovi inserimenti, nell’attuale schiera di giovanotti spiati dalle telecamere 24 ore su 24 anche quest’anno manca all’appello qualcuno pronto a intervallare le di-
scussioni su quanti chili di farina comprare nella spesa settimanale parlando di politica. Come ha dichiarato Alessia Marcuzzi in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni, sotto questo punto di vista gli autori ce l’hanno messa proprio tutta per scovare persone coinvolte politicamente, ma i giovani in questo senso “hanno paura d’esporsi e non hanno punti di riferimento”. Quindi, per ora, missione fallita. Eppure noi sappiamo per certo che la produzione di Endemol ha contattato direttamente e provinato più volte persone che la politica la seguono costantemente e hanno pure delle idee ben chiare a proposito. Forse è il punto di riferimento che non andava bene. Perché sia chiaro, come ha detto uno degli autori durante un provino a un aspirante concorrente: “di Mr.B. nella casa non si può parlare”.
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SECONDO TEMPO
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IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO TG PAPI
Il “debutto” di Bersani di Paolo Ojetti
g1 T E chi c’è al “centro del confronto politico” da circa ventiquattr’ore? Francesco Giorgino ne è certo: al centro c’è Bersani, nuovo segretario del Pd, uomo che deve essere stato in ozio per anni, visto che – sempre secondo Giorgino – questo è il suo “primo giorno di lavoro”. Natalia Augias ci racconta questo primo giorno e già si capisce che tipo deve essere Pierluigi Bersani: le primarie sono state una festa, c’era il sole, “hanno votato in 3 milioni e a 2 euro l’uno…”. Contabilità ballerina, visto che in moltissimi hanno lasciato ben di più. Ma il “centro del confronto” è affollato. Ci sarebbe anche il Pdl che vuol far fuori Tremonti e Bossi che lo vuole vice-premier. Enrico Castelli, davanti ai cipressi di Arcore, alti e schietti e in duplice filare, non tira fuori una notizia e riferisce di “un collega” che ha saputo da La Russa che “non era Tremonti l’argomento del giorno”. Giorgino in studio rimedia a modo suo: “Ehm, è così quando le notizie sono un work in progress”. Non è la Bbc, ma siamo sulla buona strada.
g2 T Anche il Tg2 brilla per assenza di notizie dal “ver-
tice” di Arcore. Non c’è alcun tentativo di spiegare come mai Bossi ha aperto la partita Tremonti che, di fatto, metterebbe sotto tutela la campagna elettorale di Berlusconi, basata come sempre su promesse irrealizzabili. Decoroso servizio su Bersani esordiente a Prato, ma nei titoli passa un Rutelli sul punto di lasciare il Pd, ipotesi che però non ha seguito nel servizio politico di Daniele Rotondo. Paginone su Marrazzo: sesso no limts, certificati medici per “stress”, cocaina, ricatti, complotti, peculato per uso privato di auto blu. Sembra un racconto di Borroughs. Purtroppo, non lo è. g3 T Nel centrodestra il “caso Tremonti continua a creare tensioni”. Nel Pdl ci sono “i nemici di Tremonti”, ma tutti cercano di “barcamenarsi”. Nel servizio di Pierluca Terzulli tornano le parole che hanno senso e raccontano di una lotta senza quartiere attorno all’irresistibile ascesa del superministro dell’Economia, ascesa che rischia di “oscurare lo stesso Berlusconi”. Il Bossi mandato in onda, sponsor di Tremonti, assicura tutti e ritrova la famosa quadra: “Berlusconi non è mica cretino”. Per ora, tace: avrebbe la scarlattina, malattia di solito contratta in età prepubere, non il solito torcicollo. Seconda pagina per Bersani che ha già “l’incognita Rutelli” (Nadia Zicoschi), salita a dignità di “grana” nella nota di Roberto Toppetta. Viene tirato in ballo anche il saggio della montagna, Prodi, intervistato da Giovanna Botteri: “Se qualcuno se ne va, non succede niente”.
di Fulvio
Bonolis torna bambino Abbate
Bonolis è il Dottor CaPliana.aolo ligari della televisione itaUna sorta di stregone in grado di mettere i brividi allo spettatore mite. Come, appunto, il personaggio del capolavoro del cinema espressionista appena detto. Nel “gabinetto” del dottor Bonolis c’è all’opera un conduttore-mattatore degno di un radioso cinismo prossimo alla crudeltà, modello Alberto Sordi meschino e untuoso mercante di bambini ne “Il giudizio universale” di Vittorio De Sica, un altro capolavoro ancora. Anche le trasmissioni di Bonolis sono, a loro modo, pezzi unici. E questo grazie al talento proprio del presentatore che ha il merito di trasformare ciò che in mano d’altri sarebbe nient’altro che orrore nazional-popolare in vero circo carnivoro, dove il mostruoso, l’ovvio, il banale, l’inguardabile non viene mai né blandito né occultato, semmai evidenziato di giallo con disinvolta e puntigliosa maniacalità, con sguardo puntuto, quasi Bonolis stesse sempre lì lì pronto per pronunciare un anvedi questo, anvedi come siete bbrutti, ma io che cazzo ce sto a fa’ co’ vojar tri? Una implicita disso-
ciazione morale. Bonolis nasce con la tivù dei ragazzi di “Bim Bum Bam”, e a questa ha fatto ritorno attraverso con l’inenarrabile “Chi ha incastrato Peter Pan” (prodotto da Endemol per Canale 5), dove alcuni bambini quasi ancora alle prese con la piena dentizione provano a mostrare quanto sono già bravi, quanto sono simpaticissimi, quanto sono adatti a diventare famosi o anche, in subordine, quanto ce la stanno mettendo tutta per diventare futuri mostri. Il talento, in molti casi, è già lì che sfavilla, e Bonolis, come non dargliene merito, non fa nulla per nascondere il quasi futuro invidiabile che sarà forse di questi campioncini già assetati di gratificazioni spettacolari sotto gli occhi dei genitori, i loro mandanti. “Chi ha incastrato” è dunque un’autobiografia futura della nazione al primo mattino, nel senso dell’infanzia che già si sputtana. Dal gabinetto di Bonolis-Dottor Caligari in molti contano d’uscire conformati come ballerine (vedi la Cuccarini, “la più amata”), come attori di fiction, come cantanti o anche, perché no, in posPaolo Bonolis, passato in un decennio da “Bim Bum Bam” all’intrattenimento in prima serata
sesso di un’ottima credenziale per la corte di Lele Mora o di Fabrizio Corona, il livello successivo, il liceo, dopo “l’avviamento” di Paolo. Ma anche, chi può escluderlo? come futuri amministratori di condominio, come addetti allo sportello comunale dove avviene il rilascio delle carte d’identità: “Ancora qua sei? Te sto a di’ che te ne devi anna’”. E ancora: tifosi della “maggica” o perfino laziali. In questo senso il molto romano Bonolis, se ci fosse davvero giustizia politica a questo mondo, potrebbe essere detestato da chiunque nutra un sentimento di astio verso l’Urbe paracula, come dopo una intossicazione conquistata in trattoria dalle parti di fontana di Trevi, la scintilla che ti trasforma in “camicia verde”. Identificato come il concentrato del romano al cui estro si deve l’epica frase (rivolta al “barbaro” del Nord): “Quando voi stavate ancora sulle palafitte, noi eravamo già froci”. E invece? Scusi, dottor Bonolis, mica sono già iniziate le selezioni per il suo programma? Ci sarebbe anche mio figlio. L’ho già detto che Paolo Bonolis è il Dottor Caligari della televisione italiana, uno strego? www.teledurruti.it
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SECONDO TEMPO
MONDO Facebook dopo la morte l tema non è facile da afIfarlo, frontare. Eppure è utile perchè Internet e i social network sono ormai parte integrante di tutta la nostra vita. La domanda che si è posto lo staff di Facebook è la seguente: quando una persona cara viene a mancare, cosa succede al suo profilo? Il tema non è affatto frivolo, né tanto meno offensivo per chi conserva il ricordo di una persona scomparsa. La domanda appare inevitabile: In Italia sono oltre dieci milioni gli iscritti al social network e in vari episodi di cronaca è stata raccontata la vita di una persona scomparsa, e l'affetto dei suoi cari, anche tramite i messaggi lasciati sulla pagina personale: senza regole tale situazione può prestarsi ad intollerabili abusi. La decisione di Facebook, in questo senso, appare saggia ed equilibrata. Né da notizia sul blog FB, Max Kelly, che racconta come siano arrivati a questa decisione dopo la scomparsa, in un incidente stradale, di un collega appena entrato nel team di
Facebook: “Abbiamo pensato di dare l'opportunità, a chi lo vorrà, di 'memorizzazione' un profilo - scrive Kelly La bacheca diventerà un luogo dove potranno essere salvati e condivisi tutti i ricordi che ci legano a chi ci ha lasciato. Quando un account viene 'memorizzato' - aggiunge - tutte le informazioni sensibili (come aggiornamenti di status e informazioni di contatto) vengono eliminate e nessuno che non sia autorizzato dalla famiglia, o dagli amici che la famiglia indica, potrà visualizzare il profilo e lasciare un ricordo”. Gli utenti si dicono d’accordo con questa decisione. Ma non manca qualche critica. “L'ultima cosa che mi verrebbe in mente dopo un lutto è di avvertire FB” è il commento di un utente.
feedback$
WEB di Federico
è SOLO PER “BEAUTIFUL PEOPLE” UN SITO DI APPUNTAMENTI ONLINE
Mello
è FALSO ALLARME-TERREMOTO TAM TAM ONLINE. PANICO NELLE MARCHE
Sono partite da Facebook delle voci incontrollati su un devastante terremoto che oggi dovrebbe colpire le Marche. Le voci circolate parlano di un allarme di Giampaolo Giuliani, il geologo che aveva lanciato ripetuti allarmi alla vigilia del terremoto di L’Aquila. Ma Giuliani smentisce tutto su un eventuale sisma nelle Marche. Anche la Protezione Civile regionale tranquillizza e ricorda che “non è possibile indicare quando potrà verificarsi un terremoto”.
Un sito di appuntamenti per “cuori solitari” a numero chiuso: solo i “beautiful”, i bellissimi saranno ammessi. Questo il sito beautifulpeople.com nato in Danimarca e poi sbarcato anche in Inghilterra, negli Usa e il Giappone (da questa settimana opererà come se fosse un unico sito mondiale). Per entrare nel club, come in ogni sito di dating, bisogna caricare una foto, ma in questo caso sono i membri a decidere se si è abbastanza attraenti per essere ammessi. Contenti loro...
DAGOSPIA
PIERINO FASSINO, CENA CON SIGNORA
1) Da palazzo di giustizia dicono che molti politici che fanno i moralisti sui trans con "anatemi" nei confronti di Marrazzo farebbero meglio a stare zitti soprattutto se provengono dalle fila di un noto ex grande partito di centrodestra... 2) Non riferite a Ignazio Marino che Walterloo lo ha soprannominato nel suo giro "l'allegro chirurgo"... 3) Chissà perché tutta la scorsa settimana Flebuccio De Bortoli non ha fatto altro che passare da un'ospitata tv all'altra, da Matrix per finire a "Parla con Me" 4) Che ci faceva, martedì scorso, Pierino Fassino al ristorante scicchissimo dell'Hotel Hilton - la Pergola - del mitologico cuoco Heinz Beck? Cosa avrà da festeggiare in compagnia di una signora tardona e frizzante? 5) Ieri, per la prima volta dalle dimissioni e dopo una bella serie di vittorie viola, i Della Valle (Andrea) erano allo stadio per vedere la Fiorentina. Che ha perso...
Il modulo di decesso su Fb, Dot Gay, Beautiful people, Al Gore
GRILLO DOCET MERCATI DEL TEMPIO
1) A San Francisco chi porterà la propria borsa della spesa al supermercato o in farmacia avrà diritto a uno sconto di 10 centesimi. La legge proposta da Ross Mirkarimi segue al divieto di utilizzo dei sacchetti di plastica, disponibili solo in carta. I punti di vendita che violeranno la legge pagheranno una multa di 500 dollari. La misura servirà a diminuire l'inquinamento dovuto ai tremiliardi e ottocentomila sacchetti di plastica usati ogni anno nella Bay Area. A quando le stesse leggi in Italia? Chi guadagna dai sacchetti di plastica che hanno invaso il nostro Paese, dalle spiagge ai centri cittadini, dai fiumi ai parchi pubblici? 2) Il segretario del Vaticano Tarcisio Bertone, ha risposto alle critiche di don Farinella (il prete che aveva criticato il comportamento delle gerarchie cattoliche nella gestione del papi-gate, ndr) : "Dopo un tempo di silenzio e di paziente sopportazione sento in prima persona il dovere di rispondere alle tue aspre critiche. Non commento le tue esternazioni tanto sono marcate da accuse ed interpretazioni infondate. Ti ricordo solo che come sacerdoti possiamo e dobbiamo lavorare con cuore puro, senza odio e senza preconcetti ideologici, ma con la forza dell’annuncio evangelico, per il bene della Chiesa e di ogni persona umana". Il cardinale Bertone ha inaugurato di recente una è I DOMINI DEL WEB/2 mostra a Palazzo ORA TOCCA AGLI ALFABETI NON LATINI Venezia insieme a un Novità in vista per i domini, gli indirizzi noto corruttore e Internet che permettono in maniera è I DOMINI DEL WEB/1 frequentatore di inequivocabile di collegarsi ad ogni sito ARRIVANO “.ECO” E “.GAY ”? escort. Cristo web. L'Icann, l'autorità intergovernativa L’Icann, l’autorità che gestisce scacciava i mercanti che gestisce i domini, si riunisce da oggi a i domini mondiali, ha dal Tempio, questi ce Seul, capitale della Corea del Sud. Tra i recentemente liberalizzato gli li fanno entrare. punti all’ordine del giorno, la decisione di indirizzi web. Adesso dei assegnare anche alle lingue non latine la gruppi “di interesse pubblico” possibilità di avere i propri domini. possono richiedere la Attualmente si possono utilizzare solo gestione di un suffisso web. Al caratteri latini, quindi non esistono Gore ha colto la palla al balzo: “Creiamo un indirizzi con caratteri arabi, coreani, dominio ‘.eco’ e teniamo metà dei proventi della giapponesi, greci, indi e cirillici. Il maggior registrazione per i gruppi ambientalisti”. Stessa problema tecnologico da affrontare per proposta arriva adesso dagli attivisti dei diritti civili, ammettere le altre lingue è quello delle e in particolare dalle organizzazioni che si battono traduzioni: è necessario un sistema per i diritti degli omosessuali: “Potremmo creare automatico che permetta agli indirizzi di dei domini con desinenza ‘.gay’ per finanziare le essere accessibili in tutti gli alfabeti (un organizzazione per i diritti dei gay” ha proposto al indirizzo greco, per esempio, deve essere New York Times Joe Dolce, fondatore della “Dot accessibile anche nelle altre lingue). Gay Alliance”. Su queste proposte l’Icann si Finora le difficoltà tecnologica avevano pronuncerà a breve. fermato tutto. Ma dopo due anni di test, i domini multilingua potrebbero diventare realtà già da metà del 2010.
è ANTEFATTO.IT Commenti al post: “Nelle mani di Silvio e di Brenda” di Luca Telese
Un pubblico ufficiale che viene a conoscenza di un illecito ha l'obbligo di segnalarlo all'autorità giudiziaria. Il premier ha preferito avvisare Marrazzo. Non si integra l'omissione di atti d'ufficio? (Luigi) Berlusca centra in qualunque storiaccia…uhauhauha (TK) Ripeto una mia convinzione : se invece di un trans si trattava di una escort la vicenda avrebbe avuto meno clamore. Ottimo comunque l'articolo che afferma una grande verità : a volte vi è una solidarietà più reale tra potenti che non tra politici ed elettori ! (Roberto T.) E' chiaro che questi signori il manganello lo usano su quelli che cantano fuori dal coro, mentre fra loro si usano ogni cortesia. Per loro il nemico non è l'avversario politico, ma il cittadino che chiede di render conto. (Alessandro Scalzo) Ma allora é proprio il caso di dire che loro pensano che i vizi privati siano pubbliche virtù. (M.G.in Progress) Io mi sono chiesta una cosa: Marrazzo ha avuto un malore, barba lunga non dorme la notte (comprensibile), la moglie, la figlia piccola, la tua vita rovinata dalle sue stesse scelte. Mr. B. stessa situazione(anche se diversa sessualmente), non gli è venuto neanche il raffreddore, anzi più convinto di prima. Ma che c'ha dentro quest'uomo? (Daniela) Quella della telefonata di Berlusconi, al momento, trovo che sia l'aspetto più inquietante di tutta la vicenda. Da paura! Il presidente del consiglio che chiama il presidente della regione Lazio e gli dice: "guarda che c'è una cosa su di te ma non ti preoccupare noi (il gruppo...) non diciamo nulla.... Forse Marrazzo l'avrà ringraziato per la gentilezza... oddio, non c'è limite (Lalla) Un uomo che si è rivelato non all'altezza del compito che gli elettori gli hanno affidato, ha "trescato" con il leader del partito di Governo al fine di "troncare.... sopire..." consegnandosi così, corpo e pa..e comprese, nelle mani dei suoi antagonisti politici. Resta sempre il problema su come il Pd seleziona la classe dirigente.... (Salvo) Oltre l'interessante analisi di Telese, che per altro condivido, c'è da domandarsi come quattro carabinieri si siano esposti in questo modo, chiedendo soldi e favori, il loro comportamento così sicuro e disinibito è quanto meno sospetto, è molto probabile che avessero coperture d'un certo valore, si sentivano in una botte di ferro, la quale purtroppo s'è messa a rotolare... (Ivo Serenthà) Il "Presidente" mani in pasta ovunque. (Robs)
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Martedì 27 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE Carriere separate, teoria e pratica di Bruno Tinti
anno ricominciato con la separazione delle carriere tra pubblico ministero e giudice. Non spiegano nemmeno più perché sarebbe giusta, dicono semplicemente che adesso è arrivato il momento. Che coincide con la condanna di Fininvest a pagare 750 milioni di euro, con l’incostituzionalità del Lodo Alfano, con la ripresa dei processi a carico di Berlusconi, con il fatto che molti cittadini hanno capito che le sue assoluzioni perché i reati erano prescritti significano che, in realtà, li aveva commessi. Ma, naturalmente, è un puro caso… Faccio finta che la separazione delle carriere sia un progetto di persone in buona fede, che sanno ciò di cui parlano; e provo a spiegare perché si tratta di una riforma sbagliata e pericolosa. La separazione delle carriere sarebbe necessaria per due ragioni: pm e giudici fanno un lavoro diverso, dunque non c’è ragione che appartengano alla stessa carriera; e, siccome il giudice deve essere imparziale, una delle parti del processo non può essere un suo collega, magari un suo amico. So già che mi occorrerà un mucchio di spazio; e quindi qui tratto del primo problema. Poi ci saranno altri articoli. Dunque pm e giudici fanno un lavoro diverso. Non è vero, è smentito dai fatti e, se davvero fosse così, nell’interesse dei cittadini bisognerebbe evitarlo. Cosa fa un pm? Riceve le denuncie; delega alla polizia, quando lo ritiene necessario, di raccogliere le prove; qualche volta le raccoglie lui stesso; esamina le prove raccolte dalla difesa. Quando ha finito, nel senso che gli sembra di aver fatto tutto il possibile per accertare quello che è successo, compie una valutazione: queste prove mi convincono che l’imputato è innocente; oppure, mi convincono che è colpevole. Nel primo caso decide di chiedere al giudice di assolverlo. Nel secondo caso decide di rinviarlo a giudizio. Cosa fa il giudice se il pm gli porta l’imputato perché sia processato? Esamina le prove raccolte dal pm e dalla difesa. Se non gli
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LA STECCA di
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Questa notte è stata ripristinata l'ora solare. Purtroppo. Abbiamo così perduto l'ultima cosa legale che fosse rimasta in Italia. 26 settembre 1982, da Il meglio di Controcorrente, Rizzoli
bastano e pensa che sia necessario acquisirne altre, lo fa personalmente (art. 507 cpp). Dopodiché si trova esattamente nella stessa situazione in cui si è trovato il pm alla fine delle indagini: deve compiere una valutazione; queste prove mi convincono che l’imputato è innocente; oppure mi convincono che è colpevole. Ed emette la sentenza. uale sarebbe dunque la diffeQgiudice? renza professionale tra pm e E’ naturale che il pm che si è convinto, alla fine delle indagini, che l’imputato è colpevole, sosterrà questa tesi nel processo, sempre che non arrivino nuove prove che lo convincano che invece è innocente, nel qual caso chiederà l’assoluzione. Così come è naturale che il giudice che si è convinto, alla fine del processo, che l’imputato è colpevole, emetterà una sentenza di condanna, sempreché non si convinca che invece è innocente, nel qual caso emetterà una sentenza di assoluzione. Non si tratta proprio dello stesso lavoro? Cerco di spiegarmi meglio con un esempio. La Polizia arresta un uomo e lo denuncia alla Procura: ha rubato, si è introdotto di notte in un alloggio e si è portato via soldi e gioielli. il pm sente i poliziotti che lo hanno arrestato. “Come è avvenuto l’arresto?”. “Il 113 ci allerta via radio, furto in alloggio. Corriamo. Le 3 di notte. Fermiamo un tizio che si sta allontanando. Gli chiediamo cosa fa da quelle parti ma non ci risponde. Intanto scende il derubato che lo vede e dice subito: è lui, è lui. Cerchiamo la refurtiva ma non aveva nulla, si vede che l’aveva passata a qualche
Perché il posto fisso non esiste di Stefano Sacchi*
i è discusso molto, in questi giorni, intorno alle parole del ministro Giulio Tremonti sul «posto fisso». Alcuni ne hanno tratto spunto per biasimare la flessibilità e proporre l’abolizione dei contratti a termine, delle collaborazioni a progetto. Insomma, di tutti quei contratti di lavoro che hanno una durata prefissata. Altri si sono affrettati ad affermare che, proprio grazie alla flessibilità, sono stati creati in Italia milioni di posti di lavoro. Il guaio di questo dibattito è che ruota intorno a un oggetto, il posto fisso, che non esiste se non nella pubblica amministrazione. Detta in altri termini: il posto fisso in Italia esiste nel settore pubblico, ma non in quello privato, neppure tra i lavoratori a tempo indeterminato: nel privato la metà dei
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contratti a tempo indeterminato si interrompe prima di due anni, e nel 40% dei casi a questa interruzione fa seguito un periodo di non occupazione: i lavoratori quindi non lasciano un posto di lavoro perché ne hanno trovato un altro, ma solo perché lo hanno perso. Questo serva a sfatare il mito del mercato del lavoro italiano come ingessato, addirittura uno tra i più rigidi al mondo: non è vero. Già a metà degli anni Ottanta, il turnover dei lavoratori in Italia era più simile a quello degli Stati Uniti e del Canada che a quello di Germania e Francia. Secondo le graduatorie dell’Ocse, già a inizio anni Novanta la protezione legislativa dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato era simile a quella della Danimarca (un modello di riferimento internazionale quanto a flessibilità), e più vicina al Regno Unito
complice”. Sembra fatta. Però … Si sente il derubato. “Come è andata?” “Stavo dormendo ma ho sentito un rumore. Mi sono svegliato e ho visto un uomo in camera da letto. Ho urlato. Lui è scappato ed è saltato in strada dalla finestra (abito al primo piano). Poi la polizia lo ha fermato. Ha rubato 1000 euro e la collana di mia moglie”. “Ma lei lo ha riconosciuto?” “Si, si, era proprio lui, quello che hanno fermato”. “Ma lei lo ha visto in faccia?” “Beh no, perché era buio, ma aveva un paio di pantaloni scuri e una giacca scura; e poi era alto proprio come quello che hanno fermato e grosso uguale”. “Ma quanto tempo è passato tra il momento in cui lei ha visto il ladro e l’arrivo della polizia?” “Pochissimo, 5, 10 minuti”. Uhm. Si sente il presunto ladro. Un precedente per furto. “Sono innocente”. E ti pareva. “Che ci faceva lì dove è stato arrestato?” “Non lo posso dire”. “Guardi che è messo male, c’è stato un furto, è stato riconosciuto (beh, insomma), ha precedenti (uno …), questa volta finisce in galera per un pò”. “Si ma, guardi, proprio non posso…” Tira e molla, poi spiega. “Io ho una relazione con una signora che abita al pianoterra di quella palazzina; è sposata e, quando il marito non c’è… Quella sera ero da lei solo che il marito, che doveva tornare il giorno dopo, invece verso le 3 è arrivato a casa; ho fatto a tempo a uscire dalla finestra … Adesso però se questa cosa si viene sapere succede un casino”. “Faremo più discretamente che si può”. Si sente la signora. “Ma che dice, io donna onesta sono etc. etc.” Tira e molla “Beh si è vero, ci frequentiamo da un pò, quella sera mio marito è tornato prima etc”. Naturalmente bisogna controllare: la donna potrebbe mentire per dare un alibi all’imputato. Si
sente il marito. “Scusi il disturbo ma stiamo facendo un’indagine per un furto avvenuto nel palazzo dove abita lei (si cerca di non fare casino). Per caso quella sera ha sentito rumori, ha visto qualcuno che scappava?” “No, sa io quella notte non c’ero, ero fuori per lavoro, sono tornato tardi, saranno state le 3. Poi, dopo un po’ è arrivata la polizia". "Ah". Fine della storia. Il pm chiede al giudice non doversi procedere perché l’imputato è innocente. Il giudice emette la sua sentenza. Adesso immaginiamo che questa indagine la faccia un pm diverso, uno pigro, poco scrupoloso. Arresto in quasi flagranza, riconoscimento, che vuoi di più? Rinvio a giudizio, richiesta al giudice: 3 anni di galera, è anche recidivo. Ma il giudice invece è una persona preparata e scrupolosa e fa lui (art. 507) tutta quell’indagine che ho raccontato e che avrebbe dovuto fare il pm; e, naturalmente, alla fine assolve l’imputato. Ora, che differenza c’è tra il lavoro fatto dal pm numero 1 (quello che fa il suo mestiere come deve essere fatto) e quello fatto dal giudice che deve supplire allo scempio fatto dal pm numero 2? Ovviamente non c’è nessuna differenza, è proprio lo stesso lavoro, lo stesso metodo, la stessa preparazione professionale, lo stesso atteggiamento di imparzialità, di ricerca della verità. Vedete come l’argomentazione di quelli (in buona fede) che vogliono la separazione delle carriere perché si tratta di due lavori diversi, uno sostiene l’accusa e l’altro giudica, è sbagliata? Allora la domanda è: ma perché invece Berlusconi e i suoi esecutori le vogliono separare? 1-continua
Contro la “flexinsecurity” italiana non servono contratti unici o provvedimenti discrezionali, ma un’indennità per chi viene licenziato, per disincentivare il lavoro precario usa e getta
ziati con facilità, e quelli delle imprese medie e grandi, che invece godono di una protezione rafforzata. Inoltre, le piccole imprese muoiono con relativa facilità (quelle grandi, come sappiamo, molto meno). Da tutto questo, un primo dualismo del mercato del lavoro italiano.
che alla Germania. Queste graduatorie sono fondate su medie e, come tali, nascondono un elemento macroscopico del mercato del lavoro italiano: la disparità di trattamento tra i lavoratori delle piccole imprese con meno di 16 dipendenti, che non godendo della tutela prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori possono essere licen-
Giulio Tremonti ( FOTO ANSA)
n secondo dualismo è più reUi lavoratori cente, ed è quello che divide a tempo indeterminato da quelli con contratti di durata prefissata, quei lavoratori flessibili ai quali Tremonti vorrebbe trovare il posto fisso. Ammettiamo pure (ma le valutazioni rigorose degli effetti delle riforme sono ardue) che le iniezioni di flessibilità introdotte nel mercato del lavoro italiano nell’ultimo quindicennio abbiano massicciamente contribuito alla crescita dell’occupazione di cui siamo stati testimoni sino a poco fa. Resta il fatto (scientificamente provato) che i lavoratori «atipici» sono svantaggiati, rispetto ai loro colleghi a tempo indeterminato, in termini sia di carriere occupazionali, sia di
Noi&loro
É
di Maurizio Chierici
TRENI PERSI I
l 23 dicembre inaugurazione del primo cantiere televisivo sul Ponte di Messina. Occasione per gli auguri di Natale in camicia nera. Dopo l’annuncio ( che resterà annuncio ) gli uomini del Ponte (Berlusconi e Matteoli ) potrebbero andare in treno a Ragusa in compagnia pacificante con Tremonti, tesoriere unico di Trenitalia. Viaggio come in Afghanistan. Sei ore tartaruga. Primo trasbordo a Catania, direzione Siracusa. Secondo trasloco a Siracusa. Passo del cavallo stanco che Elio Vittoriani racconta in “Conversazioni in Sicilia”, 1938. Figlio di una capostazione che scriveva poesie, lo scrittore attraversava lentamente i ricordi. Sarebbe ingiusto dire che in 70 anni non è cambiato niente. Stazioni ridipinte di rosa, ma nessun capostazione sull’attenti come quando passavano i gerarchi di Roma. Non per allergia politica: i capostazione non ci sono più. Chiusa anche la biglietteria di Ragusa, l’ultimo impiegato in pensione dal primo ottobre. Biglietti dal tabaccaio, ma quando il viaggio è per il continente bisogna scendere e rifare a Siracusa. Dei 30 treni che si spingevano nell’ultima Sicilia, sono rimaste 12 littorine, nome che riassume lo slancio degli investimenti Trenitalia. E non sempre il binario unico ferma alle stazioni vuote. Convogli di un solo locomotore con ritardi insopportabili. Insomma, condannati a morte. Già sostituiti dagli autobus di compagnie private. Sul come Trenitalia decida le concessioni meglio non indagare. Illuso dallo spot di Luca Zingarelli, commissario Montalbano, prenoto la littorina del barocco, idea turistica di un copywriter che non deve essere mai uscito da Milano. Per Sicli? Ridono. Cancellata. Italia che non conta. Miopia dei piccoli lombardi perché Ragusa è il bacino dell’alluminio. Industrie scese dal nord. Arrivano tondini, partono i profilati dell’edilizia. Fa concorrenza a Carrara nel taglio del marmo. E dalle campagne di Vittoria vanno in continente mille Tir al giorno, frutta e verdura delle nostre tavole. In fila sulle strade del Dopoguerra nel tormento di tornanti impossibili. Una volta c’era il treno senza trasbordi, 9 ore per Palermo. rmai solo passeggeri e un po’ corriere e un po’ littorine: merci e blocchi di marmo devono arrangiarsi. Arranca l’autostrada Siracusa-Gela: 37 chilometri in 30 anni. Perfino la Salerno Reggio Calabria diventa un fulmine. Sopravvive una superstrada, ma era super nel 1980, adesso budello più lento del treno. L’impressione è che i politici locali contino la metà dei politici di Palermo e meno di un quarto di quelli di Roma. Umiliati nella mansione di collettori di voti, mantengono la dignità dispensando piccole regalie. I Berlusconi ragusani si chiamano Minardo, zio deputato regionale per l’ autonomia di Lombardo; nipote a Montecitorio, Popolo della Libertà e poi Tv, radio, deposito carburante per la Sicilia orientale. Nell’altra Sicilia i benzinai sono i Cuffaro, famiglia del senatore condannato a 5 anni. Soffre Pippo Guzzieri, ferroviere e sindacalista. Vede morire i suoi treni un giorno dopo l’altro. Chi va in pensione non viene sostituito. Alla fine scioglieranno i binari sopravissuti. E dopo il Ponte dei miliardi, niente. mchierici2@libero.it
O
protezione sociale. A parità di altre condizioni i lavoratori atipici hanno carriere lavorative più frammentate, se trovano un’occupazione dopo averla persa la trovano con altri contratti atipici, hanno salari inferiori e trovano difficile accedere alle prestazioni del welfare italiano. Per molti giovani (almeno i due terzi dei nuovi entranti sul mercato del lavoro vengono assunti con un contratto di durata prefissata) i contratti atipici non costituiscono una fase transitoria delle loro carriere, ma le accompagnano a lungo. Contro la flex-insecurity italiana non ha senso, quindi, fantasticare di ritorni al posto fisso. Occorrono altre ricette che passano in primo luogo per una riforma degli ammortizzatori sociali che li renda dei diritti accessibili a tutti, non delle elargizioni altamente discrezionali (il contrario di quanto è stato fatto con l’introduzione degli ammortizzatori in deroga). In secondo luogo, occorre disincentivare le imprese a ruotare manodopera su posti di lavoro fissi, solo per sfruttare i
vantaggi di costo di tale operazione a danno del lavoratore. In questa direzione andrebbe l’introduzione di un’indennità di terminazione, dovuta al lavoratore licenziato (che non potrebbe più contestare davanti al giudice il licenziamento per motivi economici) o il cui contratto non venga rinnovato, e proporzionale al monte salari da questi maturato in azienda. Il vantaggio dell’indennità di terminazione, rispetto ai vari schemi di contratto unico che circolano nel dibattito, è che abolirebbe i dualismi del mercato del lavoro italiano e disincentiverebbe l’utilizzo usa e getta del lavoratore, proteggendolo senza però distruggere la flessibilità «genuina». Naturalmente, la proposta prevede il superamento dell’attuale regime previsto dall’articolo 18. Se solo riconoscessero come per i giovani tale regime faccia parte di un altro sistema solare, decisori pubblici e parti sociali non dovrebbero temere di discuterne laicamente. * Università Statale di Milano e Collegio Carlo Alberto
Martedì 27 ottobre 2009
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SECONDO TEMPO
MAIL L’influenza suina e l’affare del vaccino
BOX A DOMANDA RISPONDO IMMIGRATI, IL BARCONE DELLA VERGOGNA
Furio Colombo
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In questo ultimo periodo, tramite e mail da amici e conoscenti, mi sono arrivate molte notizie relative al vaccino per la febbre suina H1N1. Notizie a dir poco sconcertanti. Sembra che la pericolosità della suina sia in realtà minima, addirittura inferiore alle normali influenze stagionali a cui siamo abituati (non così il vaccino che vogliono iniettare a milioni di persone). E tutto questo perchè? Per il dio denaro (il vaccino è un 'affare' che vale milioni e milioni). È possibile fare una indagine seria su questo problema e informare correttamente tutti i cittadini sulla reale pericolosità ?
aro Colombo, ancora una volta l’Italia di Maroni e Berlusconi sta per essere protagonista di un delitto; il respingimento in mare di un barcone con più di duecento disperati che cercano di arrivare in Italia. Il fatto che il governo maltese opponga ai profughi una colpevole e ottusa indifferenza non giustifica l’Italia. Vuole solo dire che i criminali sono due. Come uscire da un simile incubo? Anita e molte altre firme
C
Ettore Baretton
NON ne usciamo. Ci sono ragioni
Le donne si vendono per sopravvivere
politiche e ragioni morali per giudicare un delitto contro l’umanità. É ciò che il governo Berlusconi, a guida leghista, sta compiendo. La ragione politica è il patto con la Libia, una vera e propria alleanza militare. L’Italia paga . E la Libia, in un modo o nell’altro, toglie di mezzo i “clandestini” definiti portatori di crimine dalla legge italiana detta “pacchetto sicurezza”. Ciò significa impedire ogni richiesta di asilo politico, di accoglienza di donne incinte e bambini. Ciò significa che il nostro Paese viola le leggi e i trattati
Salve, ho appena terminato la lettura del pezzo di Massimo Fini "Preferisco il burqa", e devo dire che sono rimasta parecchio delusa. Da un esponente della Lega (o del Pdl, o della Chiesa) i discorsi sessisti e i più luoghi comuni uno se li aspetta; ma quando certe parole escono dalla penna degli uomini intelligenti,
LA VIGNETTA
internazionali. Guardata più da vicino la vicenda di questi giorni, di queste ore appare tragica e moralmente inaccettabile. Primo, noi sappiamo di una barca respinta in un mare in tempesta perché un disperato è riuscito a telefonare gridando aiuto a una congiunta in Italia. Quante altre barche in cui nessuno a bordo è in grado di chiamare vengono respinte e scompaiono in mare o in Libia? Secondo, una petroliera italiana è sul posto ma non ha osato prendere a bordo nessuno, neppure i bambini. I marinai e il comandante avrebbero rischiato l’incriminazione come “ mercanti di schiavi”. Terzo, non si muove foglia, nel mondo politico e in quello giornalistico italiano, non fra coloro che, a destra, vorrebbero apparire meno Berlusconi-dipendenti, non da una opposizione che dovrebbe fare sua la bandiera della protezione urgente, immediata, di queste vittime della barbarie leghista. L’immagine del paese Italia in questo momento è il più basso e umiliante dal 1945. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it
ciali su un argomento che è doloroso per molte persone. Con immutata stima (perchè nessuno è perfetto). Elena Scarbocci
Diritto di Replica Le infrastrutture lombarde e Sandra Amurri
allora c'è davvero da preoccuparsi. Io non ho i mezzi dialettici per contestare quello che ha scritto, non ho la sua laurea e la sua proprietà di linguaggio, ma la invito ugualmente a riflettere ancora su questo argomento che non può essere liquidato con parole tanto superficiali. Davvero pensa che molte donne siano felici di svendersi in cambio di un posto di lavoro? Parlando per esperienza personale: non sono ancora laureata, e nel frattempo vado avanti con i classici lavoretti part-time (barista, cameriera, ecc), e in questo microcosmo del lavoro nero e temporaneo ho visto moltissime donne andare a letto con il padrone per avere il posto o per mantenerlo. Ma sa cosa le dico? Che queste donne erano tutte (e sottolineo: tutte) disperate. Madri con figli a carico, donne
straniere senza permesso di soggiorno, persone ricattate perchè bisognose. Certo, mi sono passate avanti. Certo, qualcuna mi ha fregato il posto. Ma io non ce l'ho con loro, perchè vendendosi si sono sacrificate per sopravvivere, e sono certa che se io avessi dei figli, allo stesso modo mi sacrificherei perchè abbiano da mangiare. Lei parla di "fica power", ma non è affatto un potere: è semplicemente l'unico "valore" che certi uomini capiscono, è l'unica "qualità" che certi uomini vedono e cercano nelle donne; è l'unica e ultima difesa di chi non ha più nulla da perdere, e che farebbe volentieri a meno di darla via al porco di turno. Sul serio, ci rifletta ancora: perchè è triste vedere che anche le persone dalla mente aperta (come io la considero) abbiano delle idee così superfi-
In riferimento all’articolo “Finanziamenti bluff e consulenti indagati”, pubblicato sul vostro giornale, desidero precisare quanto segue. Regione Lombardia ha contribuito interamente alla costruzione della Casa dello Studente e alla fornitura di moduli prefabbricati da utilizzare come scuola primaria nella città di L’Aquila con un finanziamento totale pari a 7.750.000 euro. Infrastrutture Lombarde SpA (società di capitali interamente partecipata da Regione Lombardia, nata nel 2003 per attuare concretamente il “Piano straordinario per lo sviluppo delle infrastrutture lombarde 2002/2010” e per gestire e valorizzare il patrimonio regionale) ha assunto il ruolo di stazione appaltante, bandendo la gara per l’aggiudicazione dei lavori. La gara, alla quale sono state invitate a partecipare 6 imprese, è stata vinta dalla Rubner Objektbau s.con.r.l. di Chienes (BZ). I lavori sono stati avviati il 6 agosto scorso e l’edificio, completamente arredato e funzionante, sarà consegnato il prossimo 4 novembre, dopo soli 3 mesi. La scelta di avvalersi di Infrastrutture Lombarde deriva dall’Accordo di Programma Quadro sottoscritto da Ministero dello Sviluppo Economico, Regione Abruzzo e Regione Lombardia, la quale si avvale della Società
per lo svolgimento del ruolo di Stazione Appaltante. Non è pertanto corretto affermare che Formigoni ha imposto al Presidente della Regione Abruzzo, Chiodi, la nomina dell’Ing. Antonio Rognoni come soggetto attuatore per la ricostruzione delle opere offerte dalla Regione Lombardia. Per quanto riguarda inoltre l’inchiesta sulla costruzione dell’Altra Sede di Regione Lombardia, smentisco ancora oggi, come ho già fatto ripetute volte, ogni mio coinvolgimento nei presunti episodi illeciti relativi a subappalti nei lavori e ribadisco la mia fiducia nella magistratura, certo della correttezza e trasparenza dell’operato di Infrastrutture Lombarde.Cordialmente Antonio Rognoni, direttore generale Infrastrutture Lombarde SpA
Quanto da Lei precisato conferma quanto da me scritto. Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nell'inchiesta confermo quanto scritto. Cordiali saluti (S.A.)
I passeggeri di Alitalia Nell’articolo “I passeggeri portano Alitalia dalla polizia”, pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 18 ottobre, Oliviero Beha dà conto della denuncia presentata insieme a un gruppo di passeggeri a seguito della cancellazione del volo AZ 1492 del 17 ottobre da Verona a Roma, spingendosi a ipotizzare un abuso, quando non una truffa, sospettando una cancellazione motivata dal fatto che il volo avrebbe viaggiato con pochi passeggeri. In realtà le cose sono andate diversamente da come le ha immaginate Beha.
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IL FATTO di ieri27 Ottobre 1962 “…un filo di perle e maquillage garbato”, “… i trucchi sulla messa in piega fai da te”, “…l’arte dell’uncinetto e dell’innaffiatura dei gerani”, “…la vera tecnica del car ta-modello”, “….come non perdere un fidanzato” “… i segreti del tè delle 5”. Idee, consigli su affari di cuore, pillole di economia domestica, moda e bon ton, tratti dall’Enciclopedia delle Donne, must editoriale firmato Fratelli Fabbri e dedicato alle Desperate Housewives Anni Sessanta. Un manuale a dispense modello femminile vagamente vintage, in edicola tutti i sabati, a 150 lire, a partire da quel 27 ottobre del 1962. Un anno di culto, se vogliamo, in cui Pasolini gira “Mamma Roma”, Dino Risi esce con “Il sorpasso”, Edward Albee stupisce con “ Chi ha paura di Virginia Woolf?” e Marco Ferreri presenta “ L’Ape regina”. L’anno della morte di Marylin. E anche quello d’inizio dei duecento fascicoli con preziosa brochure che per quattro anni diventeranno la bibbia della perfetta donna-angelo del focolare. Immagini quasi commoventi di un mondo domestico rassicurante e illusorio, fatto di donne devote in cucina e nell’intimità, di mogli e madri senza capricci, di padrone di casa irreprensibili. Altri tempi, signora mia … Giovanna Gabrielli
L’abbonato del giorno GREGORIO MALDINI “Sono Gregorio Maldini, forse il vostro abbonato piu' lontano”. Nonostante l’invidia, abbiamo scelto il nostro abbonato di oggi: “Sono un chirurgo e mi sono trasferito alle Hawaii per non sentire l'odore dell'Italia in putrefazione. Spero che con il vostro lavoro cambi l'aria”. E, come se la foto non fosse sufficente, ci saluta in lingua locale: “ Mahalo (grazie in hawaiiano)” e ancora: “Aloha!” Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it
Sull’aereo che doveva effettuare il volo AZ 1489 da Roma a Verona lo stesso giorno sono state riscontrate anomalie di funzionamento ad un computer di bordo e all’impianto di riscaldamento. Questo ha reso necessario far rientrare al parcheggio l’aeromobile su cui già erano stati imbarcati i passeggeri. L’intervento di ripristino, ancorché avviato tempestivamente, ha comportato tempi tali per cui i passeggeri sono stati ricollocati sul primo volo successivo in partenza per Verona. La stessa cosa si è resa necessaria per i passeggeri del volo AZ 1492 che da Verona avrebbero dovuto viag-
giare con lo stesso aeromobile proveniente da Roma. Questo è ciò che è avvenuto nel rispetto delle procedure e delle norme, ovvero, in sintesi, della sicurezza dei passeggeri, che per la nostra Compagnia è il valore più importante. Il tutto sarebbe stato facilmente verificabile ed è pertanto del tutto fuori luogo l’accusa, sostenuta nell’articolo, di una cancellazione “commerciale”, dovuta cioè allo scarso numero di passeggeri. Anche in questa occasione ribadisco che Alitalia non effettua questo tipo di cancellazioni. A conferma di ciò, segnalo che la regolarità dei voli Alitalia, indicatore delle cancellazioni (dato anche questo ufficiale e verificabile), negli ultimi 3 mesi è stata la seguente: a luglio 99,5%, in agosto 99,8%, a settembre 99,7%. Porgiamo comunque le nostre scuse ai passeggeri per il disagio subito. E le porgiamo anche a Beha, nonostante il fatto che ci abbia voluto denunciare, formalmente e attraverso le pagine del Suo giornale, per un comportamento che proprio non ci appartiene. Paolo Di Prima, responsabile relazioni con i Media Alitalia
Ci mancava solo che l’aereo fosse decollato senza le condizioni di sicurezza! Addiritura dopo che avevamo presentato la denuncia-querela al posto di Polizia dell’aereoporto “Catullo” di Verona-Villafranca, un addetto Alitalia ha accennato a ben due “decolli non riusciti”. Debbo sentirmi più tranquillo? E comunque, dopo decenni di Alitalia e voli accorpati, si capisce bene come il sospetto e la diffidenza siano obbligatori. (O. B.)
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